Sentenza della Corte di giustizia dell'UE sulla legittimità del bail-in
20 luglio 2016
Il 19 luglio 2016 la Corte di giustizia dell'UE ha emanato una sentenza nella quale rileva la legittimità della comunicazione della Commissione europea sugli aiuti al settore bancario. In particolare, secondo la Corte, la ripartizione degli oneri tra azionisti e creditori subordinati in vista dell'autorizzazione, da parte della Commissione, degli aiuti di Stato a favore di una banca sottocapitalizzata, non viola il diritto dell'Unione.
Il caso era stato sollevato a seguito di un ricorso della Corte Costituzionale slovena circa la legittimità delle misure di ricapitalizzazione, liquidazione e salvataggio a favore cinque banche slovene: a fronte di 3 miliardi di euro di aiuti concessi dal Governo sloveno si imponeva agli obbligazionisti subordinati e agli azionisti di partecipare alle perdite e al salvataggio attraverso la liquidazione del capitale degli azionisti e dei titoli subordinati. La Commissione europea, sulla base della sopra citata comunicazione, aveva autorizzato gli aiuti di Stato destinati alle cinque banche e avallato la partecipazione al salvataggio di azionisti e obbligazionisti subordinati. Ad avviso della Corte, la Commissione ha agito correttamente, dal momento che le misure di ripartizione degli oneri mirano a garantire che, prima della concessione di qualsivoglia aiuto di Stato, le banche in carenza di capitale operino, con i propri investitori, una riduzione del deficit, in particolare attraverso la raccolta di capitale nonché attraverso contributi dei creditori subordinati, essendo tali misure idonee a limitare l'entità dell'aiuto di Stato concesso. Una diversa soluzione rischierebbe di provocare distorsioni della concorrenza, in quanto le banche, i cui azionisti e creditori subordinati non avessero contribuito alla riduzione del deficit di capitale, riceverebbero un aiuto di Stato maggiore rispetto a quanto sarebbe stato sufficiente per colmare il residuale deficit di capitale. La Corte aggiunge, tuttavia, che le misure di conversione o svalutazione dei titoli subordinati non devono andare oltre a quanto è necessario per rimediare al deficit di fondi propri della banca interessata.
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