Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale - Schema di D.Lgs. n. 292 - (artt. 2, 11, 12, 21 e 26, L. 42/2009)
Riferimenti:
SCH.DEC 292/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 260
Data: 22/11/2010
Descrittori:
FEDERALISMO   IMPOSTE E TRIBUTI COMUNALI
ORGANIZZAZIONE FISCALE     
Altri riferimenti:
L N. 42 DEL 05-MAG-09     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

Disposizioni in materia di
federalismo fiscale municipale

Schema di D.Lgs. n. 292

(artt. 2, 11, 12, 21 e 26, L. 42/2009)

 

 

 

 

 

 

 

n. 260

 

 

 

22 novembre 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Area finanza pubblica

( 066760-9496 * st_finanze@camera.it
( 066760-9932 * st_bilancio@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier il:

Servizio Bilancio dello Stato

Nota di verifica - dossier n. 239

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

 

 

 

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File: FI0418.doc


INDICE

 

Schede di lettura

Quadro sinottico sulla devoluzione dei tributi immobiliari

§      Articolo 1 (Devoluzione ai Comuni della fiscalità immobiliare)5

§      Articolo 2 (Cedolare secca sugli affitti)30

§      Articolo 3 (Federalismo fiscale municipale a regime)45

§      Articolo 4 (Imposta municipale propria)46

§      Articolo 5 (Applicazione dell’imposta municipale propria nell’ipotesi di possesso)54

§      Articolo 6 (Applicazione dell’imposta municipale propria nell’ipotesi di trasferimento)66

§      Articolo 7 (Imposta municipale secondaria facoltativa)78

§      Articolo 8 (Ambito di applicazione del decreto legislativo, regolazioni finanziarie e norme transitorie)85


Premessa

 

 

Lo schema di decreto in esame è stato assegnato in data 9 novembre 2010 alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, nonché alle Commissioni bilancio delle Camere, stabilendosi il termine per l’espressione del parere nella data dell’8 gennaio 2011.

Il provvedimento, trasmesso dal Governo in assenza dell’intesa in sede di Conferenza Unificata, è a tale riguardo corredato della relazione prevista dall’articolo 2, comma 3, della legge n. 42 del 2009. Tali disposizioni prevedono che qualora non si sia conclusa in Conferenza Unificata l’intesa sugli schemi di decreto legislativo nel termine di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281 (termine di 30 giorni), il Consiglio dei Ministri può comunque deliberare la trasmissione degli schemi alle Camere, approvando una relazione che indica le specifiche motivazioni per le quali l’intesa medesima non è stata raggiunta.

In tali motivazioni si precisa che il provvedimento è stato inviato il 13 agosto 2010 alla Conferenza unificata, che ne ha avviato formalmente l’esame il successivo 23 settembre; non essendosi in seguito pervenuti all’intesa entro il prescritto termine dei 30 giorni, il 5 novembre il Consiglio dei ministri ha deliberato la trasmissione dello schema di decreto legislativo alle Camere, atteso che il mancato rispetto dei termini avrebbe comportato il rinvio dell’entrata in vigore dello schema oltre il 1° gennaio 2011. Ciò, precisa la relazione, avrebbe determinato difficoltà tecniche, legate alla vigenza da tale data di molte delle disposizioni contenute nel provvedimento, oltre ad un conseguente nocumento per i comuni, che non avrebbero potuto beneficiare per l’anno 2011 dei vantaggi derivanti da alcune misure fiscali introdotte dal decreto.

 

 

 

 

 

 


Schede di lettura

 


 


 

 



Articolo 1
(Devoluzione ai Comuni della fiscalità immobiliare)

 


1. In attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, ed in anticipazione rispetto a quanto poi previsto a regime in base al disposto del seguente articolo 3, è devoluto ai Comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio, il gettito derivante dai seguenti tributi:

a) imposta di registro ed imposta di bollo sugli atti indicati all'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131;

b) imposte ipotecaria e catastale, salvo quanto stabilito dal comma 4, lettera a);

c) imposta sul reddito delle persone fisiche, in relazione ai redditi fondiari, escluso il reddito agrario;

d) imposta di registro ed imposta di bollo sui contratti di locazione relativi ad immobili;

e) tributi speciali catastali;

f) tasse ipotecarie;

g) cedolare secca sugli affitti.

2. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione ai Comuni della fiscalità immobiliare di cui al precedente comma, è istituito un Fondo sperimentale di riequilibrio. La durata del Fondo è stabilita in cinque anni. Il Fondo cessa a decorrere dalla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall'articolo 13 della legge n 42 del 2009. Il Fondo sperimentale di riequilibrio è articolato in due sezioni.

3. La prima sezione è finanziata con i tributi di cui alle lettere a), b), d), e) ed f), del comma 1. La seconda sezione è finanziata con il gettito dei tributi di cui alle lettere c) e g) del comma 1. A decorrere dall'anno 2014 entrambe le sezioni sono finanziate con quote del tributo di cui all'articolo 4, comma 2, lettera b).

4. Il gettito delle seguenti imposte resta o è attribuito allo Stato:

a) imposte ipotecaria e catastale relativi agli atti soggetti ad imposta sul valore aggiunto;

b) addizionale all'accisa sull'energia elettrica di cui all'articolo 6, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20.

5. Previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di alimentazione e di riparto delle due sezioni del Fondo sperimentale di cui al comma 2, nonché le quote del gettito dei tributi di cui al comma 1 che, anno per anno, sono devolute al Comune ove sono ubicati gli immobili oggetto di imposizione. Nel riparto si tiene conto della determinazione dei fabbisogni standard, ove effettuata, e dei risultati della partecipazione dei Comuni all'attività di accertamento tributario, anche ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Per i Comuni con popolazione infe­riore a 5.000 abitanti sono, in ogni caso, stabilite modalità di riparto differenziate, forfettizzate e semplificate.

6. Allo Stato è attribuita una compartecipazione sul gettito dei tributi di cui al comma 1 ed all'articolo 4. La percentuale di compartecipazione è stabilita, in sede di prima applicazione, entro il 30 novembre 2010, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base dei trasferimenti suscettibili di fiscalizzazione e di quanto previsto dalla lettera b) del comma 4, in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. I trasferimenti erariali sono conseguentemente ridotti, con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in misura corrispondente al gettito che confluisce nel Fondo sperimentale di riequilibrio di cui al comma 3 o, comunque, devoluto ai Comuni. L'efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 del presente articolo è subordinata alla determinazione della quota di compartecipazione. La predetta quota di compartecipazione può essere successivamente ridotta, con le modalità indicate nel presente comma, in misura corrispondente alla individuazione di ulte­riori trasferimenti suscettibili di riduzione. La predetta quota di partecipazione può essere comunque rivista, nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica, in relazione alla determinazione dei fabbi­sogni standard.

7. In ogni caso, al fine di rafforzare la capacità di gestione delle entrate comunali e di incentivare la partecipazione dei Co­muni all'attività di accertamento tributario:

a) è assicurato al Comune interessato il maggior gettito derivante dall'accatasta­mento degli immobili finora non dichiarati in catasto;

b) è elevata al 50 per cento la quota dei tributi statali riconosciuta ai Comuni ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, con­vertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248;

c) i singoli Comuni hanno accesso, secondo le modalità stabilite con provvedi­mento del direttore dell'Agenzia delle entrate d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ai dati contenuti nell'anagrafe tributaria relativi:

1) ai contratti di locazione nonché ad ogni altra informazione riguardante il possesso o la detenzione degli immobili ubicati nel proprio territorio;

2) somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio;

3) ai soggetti che hanno il domicilio fiscale nel proprio territorio;

4) ai soggetti che esercitano nello stesso un'attività di lavoro autonomo o di impresa;

d) il sistema informativo della fiscalità è integrato, d'intesa con l'ANCI, con i dati relativi alla fiscalità locale, al fine di assicurare ai Comuni i dati, le informazioni ed i servizi necessari per la gestione dei tributi di cui agli articoli 3 e 7 e per la formulazione delle previsioni di entrata.


 

 

L’articolo 1 reca la disciplina della devoluzione ai comuni del gettito derivante da alcuni specifici tributi statali inerenti al comparto territoriale e immobiliare.

In linea con l’impianto della legge delega, a fronte di tale devoluzione, vengono ridotti i trasferimenti erariali a favore dei comuni, nella misura corrispondente alle entrate devolute.

Al fine di garantire progressività ed equilibrio territoriale al processo di devoluzione, la norma prevede, per un periodo transitorio non superiore a cinque anni, l’istituzione di un Fondo sperimentale di riequilibrio, finanziato con il gettito dei tributi immobiliari devoluti, i cui criteri di riparto saranno definiti con decreto del Ministro dell’interno, previo in accordo con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (cfr.oltre).

 

Per quanto concerne l’ambito di applicazione delle disposizioni recate dall’articolo 1, va sottolineato, in via preliminare, che il successivo articolo 8, comma 2, dello schema di decreto, ne circoscrive l’applicazione ai soli comuni delle regioni a statuto ordinario.

Per i comuni ubicati nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome, la decorrenza e le modalità di applicazione della disciplina della devoluzione saranno stabilite in conformità con i rispettivi statuti. Come precisato nella Relazione illustrativa, l’impianto della riforma delineato dall’articolo 1 non può trovare automatica ed integrale applicazione nelle regioni a statuto speciale in quanto il gettito di alcuni dei tributi erariali devoluti è attualmente, in tutto o in parte, attribuito alle regioni.

In merito, si segnala che ai fini della definizione del nuovo quadro di finanziamento, sia con riferimento alla determinazione del gettito dei tributi immobiliari devoluti che dell’ammontare complessivo dei trasferimenti erariali da portare in riduzione, sono state considerate, in sede di Relazione tecnica, anche le poste finanziarie riferibili ai comuni ricadenti nelle regioni a statuto speciale (sul punto si rinvia al paragrafo relativo ai profili finanziari).

 

L’articolo 8, comma 8, fissa l’entrata in vigore dell’assetto finanziario transitorio relativo ai comuni al 1° gennaio 2011.

 

In linea generale, il decreto prevede un’attuazione progressiva e graduale dell’attuazione della riforma, articolata sulla base di due regimi transitori: uno, relativo al regime fiscale, della durata di tre anni (2011-2013), destinato ad essere superato dal 2014 a seguito dell’istituzione della imposta municipale propria; l’altro, concernente il sistema di riequilibrio territoriale delle risorse, imperniato intorno ad un apposito fondo sperimentale di riequilibrio destinato a durare sino all’attivazione del regime di perequazione ordinario previsto dalla legge delega e comunque non oltre un periodo di cinque anni.

Imposte oggetto di devoluzione (commi 1 e 4)

I commi 1 e 4 dell’articolo in esame recano la disciplina concernente l’individuazione delle imposte, tasse e tributi il cui gettito è oggetto di devoluzione in favore dei Comuni.

 

Il comma 1 reca disposizioni dirette a prevedere, in attuazione della delega sul federalismo fiscale di cui alla legge n. 42 del 2009 e in attesa dell’entrata in vigore del regime dell’imposta municipale propria di cui al successivo articolo 3, la devoluzione ai Comuni del gettito relativo all’applicazione di specifici tributi sugli immobili ubicati nel loro territorio.

In merito all’ammontare del gettito devoluto si ricorda, rinviando per gli approfondimenti alle relative schede, che ai sensi dell’articolo 1, comma 6, del provvedimento in esame è riconosciuta allo Stato una compartecipazione sul gettito dei tributi di cui all’art. 1, comma 1 e all’art. 4 (imposta municipale propria in caso di possesso introdotta con decorrenza 2014).

La legge n. 42/2009 reca nel Capo III (articoli da 11 a 14) la disciplina a regime concernente la “Finanza degli enti locali”.

In particolare, nell’ambito dei criteri e principi direttivi individuati nell’articolo 11, viene stabilito che:

-        le spese connesse alle funzioni fondamentali indicate dall’art. 117, 2°c, lett. p), Cost.[1] sono finanziate dai tributi propri, dalle compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali, da addizionali a tali tributi, la cui manovrabilità è stabilita tenendo conto della dimensione demografica dei comuni per fasce, e dal fondo perequativo;

-        le spese connesse a funzioni non fondamentali[2] sono finanziate da tributi propri, da compartecipazioni al gettito di tributi e dal fondo perequativo.

I tributi interessati alla devoluzione del gettito sono:

§       imposta di registro e imposta di bollo applicata negli atti di trasferimento di proprietà e di altri diritti reali su immobili di cui all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986[3] (lettera a)) e nei contratti di locazione relativi ad immobili (lettera d)).

L’imposta di registro, istituita e disciplinata dal D.P.R. n. 131 del 1986, è un’imposta indiretta che si applica sugli atti individuati nella Tariffa allegata al decreto medesimo, tra i quali rientrano quelli relativi alla compravendita e alla locazione di immobili. La Parte prima della Tariffa individua, in maniera articolata, gli atti soggetti a registrazione in termine fisso[4], ossia gli atti relativamente ai quali è prescritto l’obbligo di effettuare la registrazione entro un determinato numero di giorni.

L’imposta di bollo, istituita e disciplinata dal D.P.R. n. 642[5] del 1972, è dovuta su tutti gli atti indicati nella tariffa allegata al citato decreto tra i quali rientrano, a titolo esemplificativo, gli atti aventi ad oggetto il trasferimento ovvero la costituzione di diritti reali di godimento su beni immobili.

Si segnala che l’articolo 2 del provvedimento in esame introduce un nuovo regime tributario opzionale ai sensi del quale viene introdotta una imposta (cedolare secca sugli affitti) da versare in sostituzione di imposte ordinarie tra le quali rientra anche l’imposta di registro sui contratti di locazione.

§       imposte ipotecaria e catastale (lettera b)) ad eccezione di quelle relative ad atti soggetti ad IVA, tributi speciali catastali (lettera e)) nonché tasse ipotecarie (lettera f)).

Le imposte ipotecarie e catastali, istituite e disciplinate dal D.Lgs. n. 347 del 1990, sono tributi autonomi generalmente dovuti a seguito di atti civili, giudiziali o amministrativi, tra vivi o a causa di morte (compravendite, donazioni, sentenze o successioni, accettazione d’eredità, ecc.) che comportano il trasferimento di proprietà di immobili o che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono diritti reali sugli stessi. La stipulazione degli atti sopra indicati comporta l’obbligo di eseguire alcune formalità presso la Conservatoria dei pubblici registri immobiliari (imposta ipotecaria) nonché il compimento di variazioni degli atti del Catasto (imposta catastale). La misura dell’imposta è determinata in misura fissa in alcuni casi (ad es. è stabilita in 168 euro ciascuna per l’acquisto della prima casa), ovvero in misura proporzionale applicando alla base imponibile l’aliquota indicata nella Tariffa allegata al D.Lgs. n. 347/90 e corrispondente alla tipologia di atto stipulato.

Le tasse ipotecarie (D.Lgs. n. 347/90) e i tributi speciali catastali (D.L. n. 533/54) sono dovuti, rispettivamente, per le operazioni relative ai servizi ipotecari fruiti presso la Conservatoria (quali, ad es. la consultazione e la ricerca della nota di trascrizione di un atto o la richiesta di certificati ipotecari) ovvero presso il Catasto (quali, ad es. la consultazione di atti ed elaborati catastali o la richiesta di estratti). L’ammontare della tassa ipotecaria e del tributo speciale catastale varia in funzione della tipologia di servizio richiesto. Gli importi sono indicati, rispettivamente, nella tabella allegata al D.Lgs. n. 347/90 e nella Tabella A allegata al D.L. n. 533/1954).

§       IRPEF relativa ai redditi fondiari, con esclusione del reddito agrario (lettera c)).

L’Imposta sul reddito delle persone fisiche è istituita e disciplinata dal D.P.R. n. 917 del 1986 il quale, al Capo II del Titolo I, reca disposizioni in materia di reddito fondiario. In particolare, concorrono alla formazione della base imponibile IRPEF i redditi dei terreni e dei fabbricati posseduti dal contribuente. In linea generale, ai terreni è attribuito dal catasto un reddito dominicale e un reddito agrario, mentre ai fabbricati è attribuita una rendita catastale. Sono, in ogni caso, esenti da IRPEF in quanto non concorrono alla formazione della base imponibile, i redditi relativi all’immobile adibito ad abitazione principale e sue pertinenze. Nel caso di immobili locati, il reddito imponibile è pari al maggior valore tra la rendita catastale rivalutata e il reddito di locazione ridotto sulla base di appositi coefficienti stabiliti per legge.

§       cedolare secca sugli affitti, introdotta e disciplinata dall’articolo 2 del provvedimento in esame e alla cui scheda illustrativa si rinvia (lettera g)).

 

Ai sensi del comma 4, lettera a), il gettito relativo alle imposte ipotecarie e catastali versate in corrispondenza di atti soggetti ad IVA rimane attribuito allo Stato; la disposizione conferma quanto previsto dalla lettera b) del comma 1.

La lettera b) del comma 4 stabilisce che il gettito dell’addizionale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’articolo 6, comma 1, lettere a) e b) del D.L. n. 511/1988 sia attribuito allo Stato.

Il richiamato articolo 6, interamente sostituito dall’art. 5 del D.Lgs. n. 26/2007, stabilisce che le addizionali comunali e provinciali all’accisa sull’energia elettrica sono versate direttamente ai comuni ed alle province nell’ambito del cui territorio sono ubicate le utenze qualora siano relative a forniture di energia elettrica con potenza disponibile non superiore a 200 kW; le addizionali relative a forniture di energia elettrica con potenze superiori a 200 kW sono versate all’erario, ad eccezione di quelle riscosse nell’ambito delle province autonome di Trento e di Bolzano che sono versate direttamente ai comuni ed alle province stessi.

Il Fondo sperimentale di riequilibrio (commi 2-3 e 5)

Per assicurare un processo di devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare progressivo e ispirato ad un principio di equilibrio territoriale, lo schema di decreto prevede l’istituzione di un Fondo sperimentale di riequilibrio (comma 2), la cui durata è fissata in un periodo di cinque anni.

Va segnalato che il comma non precisa la data di istituzione del Fondo, il quale dovrebbe verosimilmente essere istituito già nel 2011, posto che il provvedimento entra in vigore il 1° gennaio 2011.

In ogni caso, la norma dispone che la funzione del Fondo cessi a decorrere dalla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall'articolo 13 della legge n 42 del 2009.

 

Al riguardo si rileva che il successivo articolo 8, comma 6, del presente schema rinvia ad un successivo decreto legislativo correttivo, la definizione del sistema di perequazione ordinario contemplato dall’articolo 13 della legge delega, in base alla quale i decreti legislativi correttivi devono essere adottati entro due annidalla data di entrata in vigore dei decreti attuativi della delega cui si riferiscono. Sul punto ed in ordine alle questioni connesse alla disciplina della perequazione per gli enti locali, si rinvia a quanto illustrato all’articolo 8, comma 6, del provvedimento (cfr. relativa scheda di lettura).

 

Il Fondo è articolato in due sezioni, finanziate con il gettito derivante dai tributi sugli immobili devoluti ai comuni (comma 3).

La prima sezione è finanziata con i gettiti derivanti[6]:

§       dall’imposta di registro e dall’imposta di bollo, applicata negli atti di trasferimento di proprietà e di altri diritti reali su immobili;

§       dalle imposte ipotecaria e catastale, ad eccezione di quelle relative ad atti soggetti ad IVA;

§       dall’imposta di registro e dall’imposta di bollo, applicata sui contratti di locazione relativi ad immobili;

§       dai tributi speciali catastali;

§       dalle tasse ipotecarie;

La seconda sezione è finanziata con i gettiti rivenienti:

§       dall’IRPEF relativa ai redditi fondiari, con esclusione del reddito agrario;

§       dalla cedolare secca sugli affitti, di nuova istituzione.

In sostanza, alla prima sezione sono devolute le entrate connesse all’imposizione indiretta e ai tributi speciali catastali; alla seconda sono invece devolute le entrate relative all’imposizione diretta.

Restano esclusi dall’ambito di applicazione della riforma l’IVA, nonché l’IRES sui redditi immobiliari e l’IRPEF sui redditi agrari.

 

A decorrere dall'anno 2014, entrambe le sezioni saranno finanziate con quote dell'imposta municipale propria sul trasferimento di immobili istituita, a decorrere dal medesimo 'anno, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, lettera b), del presente provvedimento.

 

Sulla base delle proiezioni del gettito dei tributi interessati dalla norma, riportate nella Relazione tecnica, il massimo gettito potenzialmente devolvibile che potrà confluire nel Fondo sperimentale di riequilibrio è stimato, per l’anno 2011, in 15.583 milioni di euro, di cui 6.559 milioni afferenti alla prima sezione e 9.024 milioni alla seconda sezione. Per una analisi approfondita della stima del gettito dei tributi devoluti, si rinvia al successivo paragrafo relativo ai profili finanziari.

 

Il comma 5 prevede che, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono definite:

§       le modalità di alimentazione e di riparto delle due sezioni del Fondo sperimentale di riequilibrio;

§       la determinazione delle quote del gettito dei tributi che, anno per anno, sono devolute ai singoli Comuni ove sono ubicati gli immobili oggetto di imposizione.

 

Una disciplina speciale è prevista con riferimento ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, per in quali si dispone che siano in ogni caso stabilite modalità di riparto differenziate, semplificate e forfettizzate.

In relazione alle disposizioni di cui al comma 5, si osservano sussistere, anche in ragione della complessità dell’impatto innovativo, rispetto alla legislazione vigente, determinato dall’articolo in esame, i seguenti profili problematici che possono essere oggetto di chiarimenti. In primo luogo va considerato che la norma demanda ad una fonte di rango secondario sia la definizione modalità di alimentazione e di riparto delle due sezioni del Fondo, sia la determinazione delle quote di gettito da devolvere ai singoli comuni sulla base del criterio territoriale di insistenza del cespite immobiliare. Quanto all’accordo preventivo da realizzare in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, non ne viene specificata la natura e la valenza eventualmente vincolante; andrebbe pertanto chiarito se, in mancanza dello stesso, il Ministro dell’interno possa comunque procedere all’adozione del predetto decreto di riparto del Fondo. In relazione alla ripartizione tra i comuni delle somme derivanti dal gettito delle imposte devolute, i criteri sono individuati solo con riferimento all’esigenza di tenere conto:

-        della determinazione, “ove effettuata”, dei fabbisogni standard, i quali si ricorda verranno determinati, ai sensi del relativo decreto legislativo[7], nel 2011 con riguardo ad almeno il primo terzo delle funzioni fondamentali, ed entreranno in vigore a partire dal 2012, con un processo di gradualità diretto a garantirne l’entrata a regime, con riferimento al complesso delle funzioni, nell’arco di cinque anni;

-        dei risultati della partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario, anche ai sensi dell'articolo 18 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78[8].

Potrebbe inoltre essere necessario chiarire meglio i meccanismi di funzionamento del fondo, al quale sembrerebbe affluire in maniera indifferenziata ed aggregata il gettito dei predetti tributi devoluti, al netto della compartecipazione da riservare allo Stato di cui al comma 6 (cfr. oltre). Andrebbero, altresì, meglio enucleati i principi in base ai quali dovranno essere adottati criteri differenziati per il riparto delle risorse del fondo a favore dei comuni con meno 5.000 abitanti, che, si rammenta, rappresentano circa il 75 per cento del complesso degli enti in oggetto.

Infine si osserva come la previsione in base alla quale con il decreto ministeriale si provvede altresì a definire “le quote del gettito dei tributi” che annualmente vengono devolute al Comune ove sono ubicati gli immobili oggetto d’imposizione, sembri introdurre un principio di territorialità della destinazione del gettito dei cespiti immobiliari; al riguardo, andrebbe chiarito se tale principio possa incidere sulle modalità di alimentazione del fondo (nel senso che ogni anno verrebbe stabilita una quota di gettito che non affluisce al Fondo, ma viene riservata ai comuni nel quale sono ubicati gli immobili che generano il gettito medesimo) ovvero se esso costituisce un criterio imprescindibile di riparto del complesso del gettito destinato ad alimentare il Fondo medesimo.

Nella relazione illustrativa, si precisa in proposito che, in accordo con la Conferenza Stato – città ed autonomie locali, dovrebbe essere stabilito quanta parte del gettito di competenza dei comuni debba essere attribuito al Fondo, lasciando dunque ipotizzare la sussistenza di una quota di risorse connesse ai cespiti immobiliari da riservare, a monte, ai comuni ove sono ubicati i relativi immobili. La medesima relazione prefigura, inoltre, un possibile graduale ridimensionamento dell’ammontare delle risorse da attribuire al fondo, dal quale potrebbe discendere, specularmente, un corrispondente graduale aumento della quota di gettito da destinare ai comuni dove sono ubicati gli immobili. Al riguardo, la citata relazione sottolinea, del resto, che anno per anno, in accordo con la Conferenza Stato-Città, dovrebbe essere stabilita “quanta parte del gettito debba essere attribuito direttamente al comune nel quale sono ubicati gli immobili che generano il gettito e quanta parte debba invece essere attribuito al Fondo e ripartito con altri criteri”.

 

Si rileva, più in generale, l’esigenza di valutare il meccanismo transitorio di finanziamento e perequazione definito dalle norme in esame alla luce dei principi e criteri direttivi di delega formulati dall’articolo 21 della legge n. 42 del 2009, che disciplinano espressamente la fase transitoria nel passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard per il finanziamento degli enti locali.

 

In proposito, si ricorda, in primo luogo, che ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b), della legge n. 42/2009, nel periodo transitorio il legislatore delegato è tenuto ad assicurare che la somma del gettito delle nuove entrate di comuni e province sia, nel complesso dei relativi comparti, corrispondente al valore dei trasferimenti oggetto di soppressione e fiscalizzazione[9]. Ai fini della valutazione della corrispondenza delle nuove entrate all’entità dei trasferimenti soppressi, la medesima norma prevede che in sede di Conferenza Unificata si effettui una verifica in ordine alla congruità del gettito delle nuove entrate di comuni e province.

 

Sul punto, si osserva che il quadro generale delle modalità di finanziamento sopra delineato dovrebbe comunque garantire ai comuni, nella fase di transizione, un complesso di risorse adeguato al finanziamento delle funzioni, secondo i principi indicati nell’articolo 21 della legge delega n. 42/2009.

Si rileva, inoltre, che lo schema di decreto in esame non contempla la predetta verifica di congruità da parte della Conferenza Unificata del gettito delle nuove entrate dei comuni in relazione ai trasferimenti soppressi: esso prevede, tuttavia, un coinvolgimento nella fase transitoria della Conferenza Stato-città e autonomie locali, che partecipa sia alla definizione dei criteri di alimentazione e riparto del fondo, sia alla individuazione della percentuale di compartecipazione statale e di riduzione dei trasferimenti di cui al comma 6 (cfr.oltre).

 

Con riferimento alla determinazione dei fondi perequativi di comuni e province, si rammenta, che l’articolo 21, comma 1, lettera d), della legge delega, prevede che, nella fase di transizione, tali fondi siano quantificati, per ciascun livello di governo, in misura pari alla differenza tra i trasferimenti statali soppressi e le maggiori entrate spettanti a comuni e province in sostituzione di tali trasferimenti, in ragione dell’autonomia finanziaria, tenendo conto del principio del graduale superamento del criterio della spesa storica in favore del fabbisogno standard e della capacità fiscale in base alla tipologia di funzioni da finanziare.

 

Sul punto, si osserva che il meccanismo di perequazione individuato, ancorché in via sperimentale, dallo schema di decreto prevede una perequazione che prende a riferimento il solo gettito delle imposte connesse ai cespiti immobiliari – in relazione alle quali non è peraltro prevista alcuna forma di manovrabilità - e non la capacità fiscale complessiva dei comuni, ai quali lo schema di decreto in esame non attribuisce, almeno sino al 2014, tributi propri, né, successivamente, alcuna forma di compartecipazione diretta a tributi regionali.

 

La legge delega, in relazione alla fase transitoria, prevede inoltre che nel processo di determinazione del fabbisogno standard sia considerata l’esigenza di riequilibrio delle risorse in favore degli enti locali sottodotati in termini di trasferimenti erariali ai sensi della normativa vigente rispetto a quelli sovradotati (art. 21, co. 1, lett. c).

In proposito, si ricorda che il parere espresso, nella seduta del 10 novembre 2010, dalla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale sul testo dello schema di decreto legislativo in materia di determinazione dei fabbisogni standard, reca una osservazione che invita il Governo a valutare le modalità più idonee affinché, in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 21, comma 1, lettera c), della legge 5 maggio 2009, n. 42, si tenga conto nella fase transitoria dell’esigenza di riequilibrio delle risorse in favore degli enti locali sottodotati in termini di trasferimenti erariali ai sensi della normativa vigente rispetto a quelli sovra dotati.

Si rammenta, infine, che nella fase transitoria, l’articolo 21, comma 1, lettera e), prevede che il finanziamento delle spese degli enti locali debba essere effettuato assumendo l’ipotesi che l’80 per cento delle spese sia considerato come riconducibile alle funzioni fondamentali e che il residuo 20 per cento si riferisca alle funzioni non fondamentali.

In particolare, ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera e), è previsto che siano definite regole, tempi e modalità della fase transitoria in modo da garantire il superamento del criterio della spesa storica in un periodo di cinque anni sia per le spese riconducibili all'esercizio delle funzioni fondamentali sia per le altre spese. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni concernenti l'individuazione delle funzioni fondamentali degli enti locali il fabbisogno delle funzioni di comuni e province è finanziato considerando l'80 per cento delle spese come fondamentali ed il 20 per cento di esse come non fondamentali. In base alle legge delega, le risorse destinate al finanziamento delle funzioni fondamentali sono ripartite secondo criteri che, a partire dalla spesa storica, raggiungano nella fase transitoria, il finanziamento dei fabbisogni standard; le funzioni diverse da quelle fondamentali sono invece ripartite secondo criteri che, a partire dalla spesa storica, raggiungano nella fase transitoria una distribuzione correlata alla capacità fiscale dei diversi territori, assoggettata ad una perequazione parziale. In particolare, nella fase transitoria, ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera e), punto b), per comuni e province l'80 per cento delle spese è finanziato dalle entrate derivanti dall'autonomia finanziaria, comprese le compartecipazioni a tributi erariali, e dal fondo perequativo; il restante 20 per cento è finanziato dalle entrate derivanti dall'autonomia finanziaria, ivi comprese le compartecipazioni a tributi regionali, e dal fondo perequativo.

 

In proposito, si osserva che la disposizione in esame non reca un esplicito richiamo all’articolo 21 della legge delega; andrebbe pertanto chiarito se le suddette percentuali di finanziamento delle spese degli enti locali siano riferibili anche al riparto delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio previsto dallo schema di decreto. In tale ipotesi, soltanto il 20 per cento dell’importo del Fondo potrebbe essere ripartito tenendo conto della transizione verso i principi della capacità fiscale e della territorialità del gettito connesso all’imposizione immobiliare, mentre il restante 80 per cento del Fondo dovrebbe essere ripartito tra gli enti ai fini del finanziamento delle spese fondamentali tenendo conto della transizione verso i fabbisogni standard, senza alcuna correlazione con la territorialità del gettito dei tributi affluiti al Fondo.

 

Il successivo comma 6 dispone la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti ai comuni, in misura corrispondente al gettito che confluisce nel Fondo sperimentale di riequilibrio o, comunque, devoluto ai Comuni.

La riduzione è operata con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, su parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

In merito alla riduzione dei trasferimenti erariali, la Relazione tecnica - che si basa sui dati già forniti dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), nel documento allegato alla Relazione sul federalismo fiscale, presentata dal Governo a giugno 2010 – stima l’entità complessiva dei trasferimenti suscettibili di fiscalizzazione – e, dunque, di riduzione - nell’esercizio finanziario 2011 nell’importo di 12.952 milioni di euro.

 

La riduzione dei trasferimenti erariali avviene contestualmente alla devoluzione del gettito ai comuni, delineandosi in tal modo, ad opera della norma in esame, un nuovo meccanismo di finanziamento dei bilanci comunali integralmente sostitutivo, a regime, di quello attuale basato prevalentemente sui trasferimenti. In proposito, si osserva che nel meccanismo proposto non sembrano disciplinati i profili temporali secondo i quali avviene l’acquisizione delle risorse da parte dei comuni.

La compartecipazione statale sul gettito dei tributi devoluti ai comuni (comma 6)

Al fine di assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento e garantire il rispetto dei saldi di finanza pubblica, il comma 6 prevede, a fronte della devoluzione ai comuni del gettito dei tributi sopra descritti e in aggiunta alla riduzione dei trasferimenti erariali, l’attribuzione allo Stato di una compartecipazione sul gettito dei tributi devoluti ai comuni - a regime, sul gettito dell’imposta municipale propria, istituita ai sensi dell'articolo 4 - la cui percentuale è stabilita, in sede di prima applicazione, entro il 30 novembre 2010 – termine che potrebbe intervenire prima della data di entrata in vigore del provvedimento, in relazione ai tempi di esame parlamentare dello stesso – sulla base dei trasferimenti suscettibili di fiscalizzazione e, dunque, di riduzione.

Tale percentuale è stabilita con decreto del Ministro dell'economia, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Nella determinazione della percentuale di compartecipazione statale, va inoltre tenuto conto del fatto che il comma 4 dell’articolo 1 dispone l’attribuzione allo Stato dell’addizionale all'accisa sull'energia elettrica, attualmente di spettanza comunale.

 

La quota di compartecipazione può essere successivamente ridotta, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti suscettibili di riduzione, o comunque rivista, nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica, in relazione alla determinazione dei fabbisogni standard.

 

Si ricorda che la Corte Costituzionale[10], ha sancito la natura erariale, sotto il profilo formale e giuridico, di tributi devoluti quali, ad esempio, l’IRAP e l’ICI.

Andrebbe quindi chiarito se l’attribuzione allo Stato di una quota del gettito di tributi devoluti ai comuni configuri una fattispecie inedita di “compartecipazione”, posto che i tributi in questione, essendo previsti e regolati da legge statale, sono e restano erariali ancorché il relativo gettito sia devoluto.

 

Alla determinazione della predetta quota di compartecipazione è subordinata l'efficacia delle disposizioni introdotte dai commi da 1 a 5 del presente articolo.

 

Secondo quanto indicato nella relazione tecnica, la percentuale di compartecipazione statale al gettito dei tributi devoluti ai comuni verrebbe ad essere determinata, per l’anno 2011, come differenza tra il gettito dei tributi devoluti (al netto di quellodell’addizionale all’accisasull'energia elettrica, attribuito allo Stato) e l’ammontare dei trasferimenti portati in riduzione.

 

Per una analisi approfondita circa la stima dei trasferimenti erariali suscettibili di fiscalizzazione, nonché delle problematiche connesse alla determinazione della compartecipazione statale, si rinvia al paragrafo che segue, relativo ai profili finanziari.

Attività di accertamento e riscossione dei Comuni (comma 7)

Il comma 7 reca disposizioni dirette a potenziare l’attività di gestione delle entrate comunali nonché l’attività di accertamento da parte dei Comuni.

A tal fine si dispone che:

a)   il maggior gettito derivante dall’accatastamento degli immobili finora non dichiarati in catasto è riconosciuto al Comune interessato.

Alla lettera a) sarebbe utile chiarire se con il termine “finora” si intenda la data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Inoltre, andrebbe chiarito se la norma intenda riferirsi alle sole imposte catastali pagate dal contribuente al momento della iscrizione in catasto, ovvero anche alle altre imposte pagate successivamente con riferimento al medesimo immobile. Tale chiarimento risulta necessario ai fini dell’applicazione del comma 3 dell’articolo in esame, ai sensi del quale il gettito di alcuni tributi viene utilizzato per finanziare il Fondo sperimentale di riequilibrio.

Sarebbe altresì utile chiarire come sia possibile procedere alla individuazione degli immobili, tra quelli registrati in data successiva alla entrata in vigore del provvedimento in esame, la cui iscrizione in catasto è determinata dall’attività di accertamento.

b)   la quota del maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento del Comune nell’attività di accertamento riconosciuta agli enti locali ai sensi dell’art.1, comma 1, D.L. 203/2005[11] è elevata dal 33% al 50%. Si tratta, in particolare, delle somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo;

c)   ai Comuni è riconosciuto, sulla base delle modalità da stabilire con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, un maggiore potere di accesso ai dati contenuti nell’anagrafe tributaria ed in particolare i dati relativi:

1)    ai contratti di locazione nonché ad ogni altra informazione riguardante il possesso o la detenzione degli immobili ubicati nel proprio territorio;

2)    alla somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio (c.d. “catasto elettrico”);

3)    ai soggetti che hanno il domicilio fiscale nel proprio territorio;

4)    ai soggetti che esercitano nel Comune un’attività di lavoro autonomo o di impresa;

d)   si proceda alla integrazione tra il sistema informativo della fiscalità con i dati relativi alla fiscalità locale, previa intesa con l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), al fine di assicurare ai Comuni i dati, le informazioni ed i servizi necessari per la gestione della imposta municipale propria e dell’imposta municipale secondaria facoltativa nonchè per la formulazione delle previsioni di entrate.


Profili finanziari

 

La relazione tecnica sintetizza brevemente il contenuto delle disposizioni. Queste ultime prevedono, in attuazione della legge n. 42 del 2009 e per un periodo transitorio antecedente la fase a regime disciplinata dal successivo articolo 3, la devoluzione ai comuni, in riferimento agli immobili ubicati nel loro territorio, del gettito derivante dai tributi diretti ed indiretti di natura immobiliare espressamente elencati dal comma 1.

Al fine di garantire gradualità ed equilibrio territoriale al processo di devoluzione, è prevista l’istituzione di un Fondo sperimentale di durata quinquennale e con scadenza comunque alla data di attivazione del Fondo perequativo, di cui all’articolo 13 della legge n. 42 del 2009.

Il Fondo si articola in due sezioni. Confluiscono sostanzialmente nella prima sezione le voci di entrata relative all’imposizione indiretta, compresa la quota di tributi speciali catastali relativa ai trasferimenti di immobili. La seconda sezione è alimentata, invece, dalle voci di entrata relative all’imposizione diretta, costituite dalla cedolare secca sugli affitti, di nuova istituzione, e dall’IRPEF sui redditi fondiari, escluso il reddito agrario.

 

a)   Stima dei gettiti dei tributi devoluti

La relazione precisa che, ai fini della determinazione del gettito dei tributi oggetto di devoluzione è stata adottata la seguente metodologia:

§       per le imposte indirette ed i tributi speciali catastali, sono stati elaborati i dati contenuti nei singoli atti soggetti a registrazione e nelle deleghe di versamento (modelli F23, F24), relativi all’anno 2008, nonché i dati sulle volture catastali desunti dalla banca dati dell’Agenzia del territorio, procedendo alla distribuzione territoriale del gettito in base all’ubicazione dell’immobile e distinguendo il gettito complessivo tra le regioni a statuto ordinario e quelle a statuto speciale;

§       per l’IRPEF, il gettito è stato calcolato con riferimento alla base imponibile dei redditi fondiari ed all’aliquota marginale del dichiarante. Si è quindi proceduto alla distribuzione regionale del gettito in base all’ubicazione dell’immobile.

Nella tavola che segue, tratta dalla relazione tecnica, sono indicati per l’anno 2008 i dati di gettito dei tributi elencati nel comma 1. Per le imposte ipotecarie e catastali, è separatamente indicato il gettito degli atti di trasferimento soggetti ad IVA, che, ai sensi del comma 4, lettera a), resta attribuito allo Stato. Nella tavola, non sono indicati gli effetti della cedolare secca sugli affitti, la cui introduzione, ai sensi dell’articolo 2 del provvedimento, è prevista dal 2011.

Il gettito dell’addizionale all’accisa sull’energia elettrica, che è attribuito allo Stato, ai sensi del comma 4, lettera b), è stimato per il 2008 in complessivi 707 milioni di euro, di cui 580 riferiti agli enti locali appartenenti alle regioni a statuto ordinario.

(milioni di euro)

ANNO 2008
Voci di entrata

Gettito tributi inclusi atti imp. IVA

Gettito tributi atti imp. IVA

Gettito tributi esclusi atti imp. IVA

Imposta di registro ed imposta di bollo atti di cui Tariffa, Parte I, allegata DPR n. 131/1986 (parte cap. 1201 e parte cap. 1205)

RSO

RSS

3.342

 

 

2.990

352

 

3.342

 

 

2.990

352

Imposte ipotecaria e catastale (parte cap. 1210 e parte cap. 1243)

RSO

RSS

3.243

 

2.903

339

987

 

878

110

2.256

 

2.026

230

IRPEF redditi fondiari (parte cap. 1023)

RSO

RSS

8.572

7.606,5

965,5

 

8.572

7.606,5

965,5

Imposta di registro ed imposta di bollo su contratti di locazione immobili (parte cap. 1201 e parte cap. 1205)

RSO

RSS

1.120

 

1.001

119

 

1.120

 

1.001

119

Tributi speciali catastali (parte cap. 2054)

RSO

RSS

26,5

22

5

 

26,5

22

5

Tasse ipotecarie (cap. 1400)

RSO

RSS

118

103

15

 

118

103

15

Totale

16.422

978

15435

Totale RSO

14.637

878

13.758

Totale RSS

1.785

110

1.675

 

I dati di gettito esposti nella tavola che precede sono stati, quindi, proiettati all’esercizio 2011. La proiezione include per tale anno anche gli effetti derivanti dall’introduzione della cedolare secca sugli affitti e dalla sostituzione dell’imposta di registro sui contratti di locazione. La relazione precisa che la proiezione dei dati di gettito esposta nella tavola che segue, è limitata al 2011, anno di entrata in vigore del provvedimento in esame, anche in considerazione del vincolo di neutralità finanziaria di cui al comma 6 dell’articolo in esame, volto ad assicurare il rispetto dei saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

Voci di entrata

2008

2009

2010

2011

Finanziamento Fondo sperimentale di riequilibrio 1^ Sezione

Imposta di registro ed imposta di bollo atti di cui Tariffa, Parte I, allegata DPR n. 131/1986 (parte cap. 1201 e parte cap. 1205)

RSO

RSS

3.342

 

 

2.990

352

3.234

 

 

2.893

341

3.284

 

 

2.938

346

3.333

 

 

2.982

351

Imposte ipotecaria e catastale (parte cap. 1210 e parte cap. 1243)

RSO

RSS

2.256

 

2.026

230

1.948

 

1.750

199

1.964

 

1.763

200

1.993

 

1.790

203

Imposta di registro ed imposta di bollo su contratti di locazione immobili (parte cap. 1201 e parte cap. 1205)

RSO

RSS

1.120

 

 

1.001

119

1.083,6

 

 

968,7

114,7

1.100,4

 

 

983,7

116,4

1.096,9

 

 

980,5

116,1

Tributi speciali catastali (parte cap. 2054)

RSO

RSS

26,5

22

5

25,4

21,0

4,4

25,5

21,2

4,3

25,9

21,5

4,4

Tasse ipotecarie (cap. 1400)

RSO

RSS

118

103

15

107,6

93,5

14,0

108,7

94,4

14,2

110,3

95,8

14,4

Totale 1^ Sezione dal 2011

RSO

RSS

 

 

 

6.559

5.869

689

Finanziamento Fondo sperimentale di riequilibrio 2^ Sezione

IRPEF redditi fondiari (parte cap. 1023)

RSO

RSS

8.572

7.606,5

965,5

8678

7.697,4

980,6

8.782

7.789,6

992,4

6.380

5.678,2

701,8

Cedolare secca sugli affitti (gettito dal 2011)

RSO

RSS

 

 

 

2.644

2.364

280

Totale 2^ Sezione dal 2011

RSO

RSS

 

 

 

9.024,0

8.041,9

982,1

TOTALE 1^ e 2^ Sezione dal 2011

 

 

 

15.583

Gettito dei tributi che resta o è attribuito allo Stato

Imposte ipotecaria e catastale su atti soggetti ad IVA

RSO

RSS

978

 

878

110

853

 

758

95

859

 

764

96

872

 

775

97

Addizionale accisa sull’energia elettrica

RSO

RSS

707

580

127

715

587

128

722

593

129

733

602

131

 

Il totale della prima e della seconda sezione del Fondo, pari a 15.583 milioni di euro, rappresenta il massimo gettito potenzialmente devolvibile che potrà confluire nel Fondo sperimentale di riequilibrio.

La relazione afferma che il finanziamento delle due sezioni in cui si articola il Fondo dovrà, comunque, essere determinato tenendo conto della fissazione della percentuale di compartecipazione statale, di cui al comma 6, calcolata sui tributi di cui al comma 1 e, a regime, sull’ imposta municipale propria, di cui all’articolo 4, al netto del gettito dell’addizionale dell’accisa sull’energia elettrica.

 

In proposito, si ricorda che, in sede di prima applicazione, tale percentuale è determinata, entro il 30 novembre 2010, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base dei trasferimenti suscettibili di fiscalizzazione e del gettito dell’addizionale all’accisa sull’energia elettrica, le cui entrate sono attribuite allo Stato, in modo da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. Il comma 6 dell’articolo in esame subordina l’efficacia delle disposizioni di cui ai primi cinque commi del medesimo articolo alla determinazione della predetta quota di compartecipazione. Tale quota può essere successivamente ridotta in misura corrispondente all’individuazione di ulteriori trasferimenti suscettibili di riduzione. Può essere comunque rivista, nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica, in relazione alla determinazione dei fabbisogni standard.

La relazione precisa che le proiezioni di gettito sono state elaborate a partire dai dati di consuntivo del 2008, per i quali, in relazione ad ogni tributo, è disponibile la distribuzione territoriale.

Ai fini della proiezione sono state, inoltre, effettuate le seguenti elaborazioni:

§       le quote di gettito dei singoli tributi sono state poste a raffronto con il gettito dei predetti tributi risultante per il 2009 dal rendiconto generale dello Stato. La variazione risultante è stata applicata alle quote del 2008 al fine di individuare le quote dei singoli tributi per il 2009;

§       per l’Irpef, in particolare, è stato applicato il coefficiente di rivalutazione Istat per i canoni di locazione, registrato nel 2009, pari allo 0,7 per cento, ed il deflatore del PIL per gli anni 2010 e 2011 (pari rispettivamente ad 1,2 ed a 1,8 per cento); per i redditi determinati su base catastale non è stata applicata alcuna variazione. Sulla base degli imponibili così aggiornati, mediante il modello di microsimulazione Irpef, sono stati ricalcolati gli ammontari di gettito;

§       per i tributi indiretti, con esclusione dei tributi speciali catastali, sono state poste a raffronto le previsioni di gettito del ddl di assestamento 2010 con le risultanze del conto consuntivo 2009, applicando la variazione risultante alle quote di gettito 2009, al fine di individuare le quote di gettito 2010; a queste ultime sono stati applicati gli indici del quadro macroeconomico sottostante alle stime presentate nella RUEF (maggio 2010) per la determinazione delle quote di gettito 2011;

§       per i tributi speciali catastali, la quota di gettito devoluta, contabilizzata sul capitolo 2054 dello stato di previsione dell’entrata, riguarda solo la parte di entrate relative alle volture catastali connesse ad atti giudiziari e ad atti di successione, estratti dall’archivio statistico dell’Agenzia del territorio (pari a 26,5 milioni di euro nel 2008). Ai fini della proiezione di tale dato agli esercizi successivi, è stata applicata, per il 2009, la variazione registrata per l’intero capitolo 2054, per il 2010 la variazione registrata nelle previsioni assestate 2010 e, per il 2011, la variazione del Pil reale prevista nella RUEF per tale anno (1,5 per cento). La relazione tecnica precisa che, a seguito dell’approvazione dell’articolo 9, comma 33, della legge n. 122 del 2010, l’ammontare del Fondo di previdenza di cui al capitolo 3985 dello stato di previsione del MEF non è più correlato, a decorrere dal 2011, alla dinamica del gettito di tali tributi speciali catastali.

 

A completamento dell’analisi riguardante il gettito dei tributi devoluti, la relazione tecnica ricorda che il comma 7 dell’articolo in esame prevede l’assegnazione al comune interessato del maggior gettito derivante dall’accatastamento degli immobili finora non dichiarati in catasto ed eleva dal 33 al 50 per cento la quota dei maggiori tributi erariali riscossi a titolo definitivo, a seguito dell’intervento del comune nell’attività di accertamento.

In proposito la relazione asserisce che tale previsione normativa, in ragione del maggior vantaggio riconosciuto ai comuni, potrebbe produrre sia un rafforzamento degli effetti rispetto alla normativa vigente – in particolare l’articolo 18 del decreto legge n. 78 del 2010[12] – sia un incentivo ad effettuare nuovi accertamenti. La norma nel suo complesso può pertanto determinare risorse aggiuntive e, quindi, un miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

 

b)  Stima dei trasferimenti fiscalizzabili e della compartecipazione erariale

A fronte della quantificazione, sopra riportata, del gettito dei tributi erariali devoluti agli enti locali, la relazione tecnica individua l’entità degli attuali trasferimenti suscettibili di fiscalizzazione, nonché, come differenza tra tali due grandezze, la compartecipazione statale al gettito dei tributi devoluti necessaria al fine di assicurare la neutralità del provvedimento sui saldi di finanza pubblica.

La quantificazione dei trasferimenti oggetto di fiscalizzazione è basata sulle risultanze della relazione della Copaff, allegata alla Relazione governativa sul finanziamento degli enti territoriali presentata il 30 giugno 2010. In particolare, rispetto ai trasferimenti ivi indicati, sono stati presi in considerazione quelli di “tipo A”, aventi natura generale e permanente, e quelli di “tipo B”, aventi natura permanente ma non destinati alla totalità degli enti, mentre non sono stati considerati quelli di “tipo C”, inequivocabilmente riconducibili alla nozione di “contributo speciale”.

(milioni di euro)

Trasferimenti del Ministero dell’interno ai comuni

2008

Capitoli COPAFF 2008

Di cui: Trasferimenti tipo A

Trasferimenti tipo B

Totale Trasf fiscalizzabi-li (A+B)

Regioni a statuto ordinario

13.111

12.274

238

12.512

Regioni a statuto speciale

1.990

1.883

18

1.901

di cui isole

1.867

1.772

18

1.790

TOTALE

15.101

14.157

256

14.413

Fonte: relazione tecnica, che richiama a sua volta l’Allegato 2 alla Relazione del Governo sul federalismo fiscale[13]. La relazione tecnica specifica che la colonna “Capitoli Copaff 2008” non include il Fondo per lo sviluppo degli investimenti, mentre include i trasferimenti di tipo A, B e C.

 

Viene specificato che la stima sopra riportata sarà aggiornata in sede di definizione del disegno di legge di bilancio dello Stato 2011-2013 e dovrà altresì tenere conto dell’ìntesa da raggiungere in Conferenza Stato-città ed autonomie locali sui trasferimenti suscettibili di fiscalizzazione e sulla quota di compartecipazione statale al gettito devoluto ai comuni.

Con riferimento alle modalità di proiezione dei dati agli esercizi 2011-2013, la relazione tecnica specifica che, a partire dagli stanziamenti di bilancio per l’anno 2010 considerati dalla Relazione Copaff, è stata operata una stima applicando le riduzioni disposte dal comma 183 dell’articolo 2, della legge n. 191[14], nonché integrando i dati con le informazioni inerenti le spettanze comunali, comunicate allo scopo dal Ministero dell’interno. I dati sono presentati evidenziando separatamente i trasferimenti al lordo e al netto della riduzione operata dall’articolo 14, comma 2, del DL n. 78/2010[15] e il riparto dei dati tra regioni a statuto ordinario e autonomie speciali, con il dettaglio delle isole, è effettuato utilizzando l’incidenza delle predette voci nella tabella 9 della citata relazione Copaff.

(milioni di euro)

Trasferimenti del Ministero dell’interno ai comuni

Proiezione

Capitoli COPAFF

Di cui: Trasferim. tipo A

Trasferim. tipo B

Totale Trasf fiscalizzabi-li (A+B)

Trasferim. (A+B) con taglio DL 78/2010

 

2011

Regioni a st. ordinario

13.194

12.352

214

12.566

11.243

Regioni a st. speciale

1.876

1.870

16

1.886

1.709

di cui isole

1.754

1.770

16

1.787

1.609

TOTALE

15.070

14.222

230

14.452

12.952

 

2012

Regioni a st. ordinario

13.166

12.394

198

12.592

10.388

Regioni a st. speciale

1.872

1.860

15

1.875

1.579

di cui isole

1.750

1.768

15

1.783

1.487

TOTALE

15.038

14.254

213

14.467

11.967

 

2013

Regioni a st. ordinario

13.251

12.479

198

12.677

10.474

Regioni a st. speciale

1.872

1.860

15

1.875

1.579

di cui isole

1.750

1.768

15

1.783

1.487

TOTALE

15.123

14.339

213

14.552

12.052

 

La percentuale di compartecipazione statale al gettito dei tributi devoluti ai comuni è quantificata con riferimento all’esercizio 2011 come differenza tra il predetto gettito - al netto di quello dell’addizionale all’accisa sull’energia elettrica[16] che è invece trattenuta dall’erario – e l’ammontare dei trasferimenti fiscalizzabili individuati dalla relazione Copaff (tipo A e B), ridotti ai sensi dell’art. 14, comma 2, del DL 78/2010:


(milioni di euro)

Entrate devolute ai comuni

15.583

Addizionale all’accisa sull’energia elettrica

-733

Trasferimenti fiscalizzabili (Fondo sperimentale di riequilibrio)

-12.952

Compartecipazione dello Stato alle entrate devolute ai comuni

1.898

La relazione tecnica specifica infine che, ferma restando la neutralità finanziaria del provvedimento, la percentuale di compartecipazione potrà essere oggetto di successiva riduzione in misura corrispondente all’individuazione di ulteriori trasferimenti suscettibili di riduzione, nonché in relazione alla determinazione dei fabbisogni standard.

 

In merito ai profili di quantificazione, appare necessario, in via preliminare, chiarire alcuni aspetti riguardanti il quadro generale della modalità di finanziamento delineata dall’articolo in esame. In particolare:

§       l’articolo 1, comma 1, stabilisce che, in attuazione della riforma ed in anticipazione rispetto a quanto previsto a regime ai sensi dell’articolo 3, è devoluto ai Comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio, il gettito derivante da taluni tributi erariali specificatamente elencati. Occorre, tuttavia osservare che, in base a quanto previsto dai successivi commi, quanto devoluto ai singoli comuni a valere sul gettito delle imposte erariali interessate risulta, almeno nel periodo di funzionamento del Fondo sperimentale di riequilibrio, in parte indipendente da quanto effettivamente riscosso in riferimento agli immobili ubicati nel territorio dei medesimi.

Ai fini della devoluzione, infatti, il gettito delle imposte erariali affluisce in forma aggregata al Fondo sperimentale di riequilibrio per essere ripartito, nella fase iniziale, in riferimento ai trasferimenti soppressi e, successivamente, secondo i criteri stabiliti dalla legge n. 42 del 2009, con l’avvio della procedura di determinazione dei fabbisogni standard, in relazione a tale parametro.

La citata legge delega prevede infatti: a) che le risorse destinate a finanziare le funzioni fondamentali siano ripartite secondo criteri che, a partire dalla spesa storica, raggiungano nell’arco della fase transitoria il finanziamento dei fabbisogni standard; b) che le risorse destinate a finanziare le funzioni diverse da quelle fondamentali siano ripartite secondo criteri che, a partire dalla spesa storica, raggiungano nell’arco della fase transitoria una distribuzione correlata alla capacità fiscale dei diversi territori, assoggettata ad una perequazione solo parziale. In particolare, per la fase transitoria, l’articolo 21, comma 1, lettera e), della citata legge 42/09 prevede che l’ammontare di risorse finanziarie destinato alle funzioni fondamentali sia considerato pari all’80% del totale.

Al riguardo andrebbe chiarito se tale percentuale, riferibile al complesso delle risorse a disposizione di ciascun ente, sia applicabile anche al riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio. In tal caso, solo il 20 per cento di quest’ultimo potrebbe essere ripartito tenendo conto della transizione verso il principio della territorialità del gettito (parzialmente perequata), mentre l’80 per cento del fondo dovrebbe essere ripartito tenendo conto della transizione verso i fabbisogni standard, senza alcuna correlazione con la territorialità del gettito dei tributi affluiti nel Fondo.

A valere sul gettito complessivo dei tributi devoluti è prevista una quota di compartecipazione attribuita allo Stato, il cui ammontare è inizialmente fissato in base ai trasferimenti oggetto di fiscalizzazione ed al gettito dell’addizionale all’accisa sull’energia elettrica, che è attribuito allo Stato. Tale quota di compartecipazione statale resta, in seguito, determinata in relazione all’individuazione di ulteriori trasferimenti erariali suscettibili di fiscalizzazione, nonché in relazione alla determinazione dei fabbisogni standard.

La previsione di tale quota, di fatto, correla la dinamica di quanto devoluto effettivamente agli enti locali, all’ammontare annuo dei trasferimenti fiscalizzabili, nonché al progressivo processo di individuazione dei fabbisogni standard.

Andrebbe chiarito se, nella fase di transizione, la compartecipazione si intenda determinata in cifra fissa anno per anno, ovvero in termini percentuali. Nel primo caso, le successive variazioni del gettito dei tributi attribuiti rimarrebbero acquisite al bilancio dello Stato e sarebbe, pertanto, garantita l’invarianza rispetto ai trasferimenti soppressi, che la relazione tecnica quantifica fino al 2013; nel secondo caso, invece, la predetta dinamica sarebbe attribuita ai comuni. In tale ultimo caso, si segnala l’esigenza di chiarire con quali modalità resterebbe assicurata la neutralità finanziaria in caso di divergenti dinamiche del gettito dei tributi devoluti e dei trasferimenti soppressi.

Si segnala inoltre che la stessa imposta municipale propria sul trasferimento di immobili, che a decorrere dal 2014 finanzia il Fondo di riequilibrio in sostituzione delle attuali imposte indirette sui trasferimenti immobiliari, ancorché deliberata dai comuni, dovrebbe essere liquidata e riscossa a livello di amministrazione erariale, confluendo complessivamente nel Fondo;

§       la relazione tecnica quantifica il gettito dei tributi immobiliari devoluti e l’ammontare dei trasferimenti fiscalizzabili con riferimento sia alle regioni a statuto ordinario, sia alle regioni a statuto speciale. La stessa quota di compartecipazione statale alle entrate devolute ai comuni, quantificata per l’esercizio 2011, è calcolata con riferimento all’intero territorio nazionale.

Il comma 2 dell’articolo 8 del provvedimento in esame limita l’applicazione dell’articolo 1, ad esclusione delle norme riguardanti l’accesso dei Comuni ad alcuni contenuti dell’anagrafe tributaria, ai soli Comuni ubicati nelle regioni a statuto ordinario. Per i Comuni ubicati nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano, la decorrenza e le modalità di applicazione delle predette disposizioni di cui all’articolo 1 saranno stabilite in conformità con i relativi statuti e con le procedure di cui all’articolo 27 della legge n. 42 del 2009.

Al riguardo andrebbero acquisiti chiarimenti in merito a tale disallineamento tra il disposto normativo e le valutazioni della relazione tecnica, che appaiono non considerare alcuna difformità nei tempi e nelle modalità di applicazione della riforma fra le regioni a diverso ordinamento.

 

In proposito, si ricorda, in particolare, con riferimento alla regione Trentino- Alto Adige, che l’articolo 2, comma 107, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010), che ha integralmente sostituito l’articolo 79 del DPR n. 670 del 1972 (Testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino Alto Adige) ha previsto che le norme statali relative all’attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarietà, nonché al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilità interno non trovino applicazione con riferimento alla regione ed alle province autonome e siano in ogni caso sostituite da quanto già disposto, in merito all’ordinamento finanziario delle medesime, dalla medesima legge finanziaria per il 2010.

Poiché tale disposizione è stata approvata successivamente alla legge n. 42 del 2009, andrebbe chiarito come le previsioni in essa contenute possano conciliarsi con gli obiettivi di perequazione e solidarietà contenuti nella riforma e richiamati espressamente dal comma 2 dell’articolo 8 del provvedimento in esame.

Analoga problematica si pone con riferimento alla legge di stabilità per il 2011 (A.C. 3779), che prevede disposizioni dello stesso tenore, con riferimento ai Friuli Venezia Giulia e alla Valle d’Aosta.

 

Nella tavola che segue, a titolo conoscitivo, si espongono i calcoli relativi alla determinazione della quota di compartecipazione statale alle entrate devolute ai Comuni per l’esercizio 2011, separatamente per le regioni a statuto ordinario e per le regioni a statuto speciale.

Dai dati esposti si rileva che, per le regioni a statuto speciale, che evidenziano una quota di compartecipazione erariale negativa, al fine di compensare i trasferimenti soppressi e la devoluzione allo Stato dell’addizionale sull’energia elettrica, sarà necessario integrare il gettito dei tributi devoluti con trasferimenti statali.

(milioni di euro)

Quota di compartecipazione erariale al gettito dei tributi devoluti – Anno 2011

 

RSO

RSS

Totale

A. Gettito delle imposte devolvibile ai comuni

13.911

1.671

15.582

B. Addizionale all’accisa su l’energia elettrica

602

131

733

C. Ammontare dei trasferimenti fiscalizzabili

11.243

1.709

12.952

D=(A-B-C). Compartecipazione erariale

2.066

-169

1.897

Fonte: Elaborazione su dati contenuti nella relazione tecnica.

§       si segnala, inoltre, l’esigenza di un chiarimento in merito alla rilevanza, ai fini della determinazione dei trasferimenti oggetto di fiscalizzazione, delle riduzioni operate dal DL 78/2010. Tale provvedimento reca, infatti, una disposizione che prevede che delle predette riduzioni non si tenga conto in sede di attuazione della legge delega sul federalismo fiscale e, conseguentemente, le riduzioni stesse non sono state considerate nella stima operata dalla Relazione Copaff. Viceversa, la stima operata dalla relazione tecnica in esame considera anche gli effetti di riduzione dei trasferimenti derivanti dal predetto decreto, dovendosi altrimenti reperire equivalenti risparmi alternativi al fine di assicurare l’invarianza finanziaria del provvedimento.

 

Con riguardo ad alcuni aspetti specifici della quantificazione dei gettiti dei tributi devoluti si osserva, inoltre, quanto segue:

§       la relazione tecnica afferma che la proiezione al 2011 dei gettiti delle imposte immobiliari suscettibili di devoluzione è stata in parte effettuata utilizzando i parametri macroeconomici stimati nella RUEF, presentata nel maggio 2010.

In proposito, si segnala che lo schema della Decisione di finanza pubblica, presentato dal Governo nell’ottobre 2010, ha ridotto di 0,2 punti percentuali la stima di crescita del PIL reale nel 2011. Nel medesimo documento, inoltre, sono state riviste, in riferimento a tale anno, le previsioni delle entrate tributarie, sia per effetto del diverso scenario macroeconomico, che per effetto delle misure adottate con il decreto legge n. 78 del 2010.

Pertanto, ai fini del rispetto degli equilibri finanziari, occorrerebbe procedere ad un aggiornamento delle proiezioni dei gettiti stimati nella relazione tecnica;

§       il comma 7, lettera b), dell’articolo 1 in esame dispone che sia assicurato al Comune interessato il maggior gettito derivante dall’accatastamento degli immobili finora non dichiarati. La disposizione non specifica a partire da quale termine temporale decorra tale attribuzione né a quali tributi si faccia riferimento.

Andrebbe, altresì chiarito come tale disposizione si coordini, anche per il profilo finanziario del rispetto dei saldi di finanza pubblica, con quanto previsto dall’articolo 19, commi da 1 a 16, del decreto legge n. 78 del 2010.

Le norme richiamate prevedono, tra l’altro, che l’Agenzia del territorio completi, entro il 30 settembre 2010 la procedura di individuazione degli immobili non censiti nel catasto – prevista ai sensi dell’articolo 2, comma 36, del decreto legge n. 262 del 2006 – a seguito della quale i titolari di diritti reali sui suddetti immobili devono procedere all’accatastamento dei medesimi entro il 31 dicembre 2010. Ove non vi provvedano nel termine stabilito, l’Agenzia procede all’attribuzione di una rendita catastale presunta, da iscrivere transitoriamente in catasto, anche sulla base degli elementi tecnici forniti dai comuni. L’Agenzia, inoltre, procede agli accertamenti di competenza in collaborazione con i comuni.

A decorrere dal 1° gennaio 2011 l’Agenzia avvia un nuovo monitoraggio del territorio per individuare ulteriori unità immobiliari non censite in catasto, avvalendosi della collaborazione dei comuni.

Al complesso delle disposizioni richiamate è ascritto un effetto di ripresa di gettito a titolo di IRPEF a decorrere dal 2011, stimato sulla base di un recupero di circa 1,3 milioni di unità immobiliari attualmente non censite, cui corrisponde una rendita catastale di 627 milioni di euro.

Tali effetti di gettito concorrono alla determinazione dei saldi per gli esercizi di riferimento della manovra di finanza pubblica 2011-2013.

In particolare, andrebbe chiarito l’effetto dell’attribuzione agli enti locali del maggior gettito derivante dall’accatastamento di immobili attualmente non censiti, dal momento che tali entrate appaiono già scontate in bilancio.

 

In merito specificatamente alla quantificazione dei trasferimenti fiscalizzabili, operata dalla relazione tecnica, si osserva quanto segue:

§       con riferimento ai trasferimenti di “tipo B”, esplicitamente considerati dalla relazione tecnica in esame, si segnala che la Relazione Copaff evidenzia che la loro inclusione nel computo dei trasferimenti fiscalizzabili appare suscettibile di generare profili problematici sul fronte della perequazione, dovuti alla circostanza che i trasferimenti in questione non risultano attribuiti alla generalità degli enti. La Relazione Copaff evidenzia che una scelta in proposito potrà essere compiuta solo a seguito della definizione del grado di dettaglio con cui verrà implementata la perequazione. Poiché tale ultimo aspetto non è invece preso in considerazione dal provvedimento in esame, appare opportuno che sia chiarito se la scelta di includere nell’ambito delle risorse da fiscalizzare i trasferimenti di tipo B sia compatibile con l’effettiva possibilità di ricondurre, mediante una perequazione puntuale, l’attribuzione delle relative risorse in coerenza con i criteri stabiliti dalla legge delega;

§       la relazione tecnica non considera i trasferimenti erogati da enti diversi dal Ministero dell’interno, che la relazione Copaff stima, in via di prima approssimazione, in 225 milioni per la parte corrente e in 230 milioni per la parte in conto capitale, senza fornire una disaggregazione della quota di risorse spettanti ai comuni e alle province. Non è chiaro, pertanto, se tali trasferimenti siano o meno assoggettabili a fiscalizzazione.

 

Si segnala in ultimo che la relazione Copaff evidenzia l’opportunità di un chiarimento circa il trattamento dei residui attivi degli enti locali corrispondenti ai trasferimenti non percepiti nel periodo 2005-2007, in applicazione della norma sui limiti di giacenza di cassa[17].


 

Articolo 2
(Cedolare secca sugli affitti)

 


1. In alternativa facoltativa rispetto al regime ordinario vigente per la determi­nazione del reddito fondiario, il proprietario di unità immobiliari ad uso abitativo locate può optare per il seguente regime.

2. A decorrere dall'anno 2011 il canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all'abitazione, può essere assoggettato, in base alla decisione del locatore, ad un'imposta, operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché dell'imposta di bollo sul contratto di locazione. Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti la cedolare secca si applica in ragione di un'aliquota del 20 per cento. La cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l'obbligo di registrazione.

3. Fermi gli obblighi di presentazione della dichiarazione dei redditi, la registra­zione del contratto di locazione assorbe gli ulteriori obblighi di comunicazione, incluso l'obbligo previsto dall'articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191. Nei casi di omessa richiesta di registrazione del con­tratto di locazione si applica l'articolo 69 del decreto del Presidente della Repub­blica 26 aprile 1986, n. 131.

4. La cedolare secca è versata entro il termine stabilito per il versamento dell'im­posta sul reddito delle persone fisiche. Non si fa luogo al rimborso delle imposte già pagate. Per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso ad essa relativi si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedi­mento, sono stabilite le modalità di versamento in acconto della cedolare secca dovuta, nella misura dell'85 per cento per l'anno 2011 e del 95 per cento dal 2012, e del versamento a saldo della medesima cedolare, nonché ogni altra disposizione utile, anche dichiarativa, ai fini dell'attuazione del presente articolo.

5. Se nella dichiarazione dei redditi il canone derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo non è indicato o è indicato in misura inferiore a quella effet­tiva, si applicano in misura raddoppiata, rispettivamente, le sanzioni amministrative previste dall'articolo 1, comma 1, secondo periodo, e comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. In deroga a quanto previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, per i redditi derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo, nel caso di definizione dell'accer­tamento con adesione del contribuente ovvero di rinuncia del contribuente all'im­pugnazione dell'accertamento, si applica­no, senza riduzione, le sanzioni ammini­strative previste dall'articolo 1, comma 1, secondo periodo, e comma 2, e dall'art. 13, comma 1, del citato decreto legislativo n. 471 del 1997.

6. La cedolare secca di cui al comma 2 sostituisce anche l'imposta di registro sul contratto di locazione:

a) a decorrere dall'anno 2011, per i contratti stipulati secondo le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 3 e 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, relativi ad abitazioni ubicate nei comuni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del decreto-legge 30 dicembre 1998, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal CIPE;

b) a decorrere dall'anno 2014, per i contratti diversi da quelli indicati alla lettera a) del presente comma.

7. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 del presente articolo non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di una attività d'impresa o di arti e professioni o da enti non commerciali. Il reddito derivante dai contratti di cui al presente articolo non può essere, comunque, inferiore al reddito determinato ai sensi dell'articolo 37, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

8. Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina:

a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio;

b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431;

c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.

9. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed al comma 8 del presente articolo si applicano anche ai casi in cui:

a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo;

b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio.

10. La disciplina di cui ai commi 8 e 9 non si applica ove la registrazione sia effettuata entro il 31 dicembre 2010.


 

 

L’articolo 2 introduce, con decorrenza 2011, la facoltà per il contribuente di applicare un regime tributario sostitutivo (aliquota 20%) su specifiche tipologie di redditi da locazione di immobili in luogo del regime ordinario di tassazione (cedolare secca sugli affitti).

 

Si rammenta che nella normativa vigente tale istituto, recante una diversa denominazione, è stato introdotto in via sperimentale e con un ambito di applicazione circoscritto ad opera dell’articolo 2, comma 228, della legge 23 dicembre 2009 n.191 (legge finanziaria 2010), con riferimento ai territori della provincia dell’Aquila colpiti dagli eventi sismici dell’aprile 2009. Tale norma ha disposto, in via sperimentale per l’anno 2010, che relativamente agli immobili ad uso abitativo il canone di locazione relativo ai contratti stipulati ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge n. 431 del 1998 (canone concordato) tra persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di un’impresa, arte o professione, può essere assoggettato, su decisione del locatore, ad una “imposta sostitutiva del reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali” nella misura del 20 per cento. A tale disposizione è stato assegnato un effetto finanziario di minore entrata a titolo di IRPEF e relative addizionali pari a 1,5 milioni di euro nel 2010 e a 0,2 milioni di euro nel 2011.

 

Nel dettaglio, il comma 1 introduce un regime fiscale opzionale in favore del proprietario di unità immobiliari ad uso abitativo che realizza, con riferimento a tali beni, un reddito da locazione. L’esercizio dell’opzione consente al contribuente di applicare, in luogo del regime ordinario vigente, un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali IRPEF e dell’imposta di bollo nonché, con le modulazioni indicate nel comma 6, dell’imposta di registro.

In merito alla formulazione della norma si segnala che il comma in esame si limita ad introdurre la facoltà di applicare una diversa determinazione “del reddito fondiario” e non anche - come invece sembrerebbe necessario, atteso che l’articolo in esame introduce un regime di imposta sostitutiva - della nuova imposta disciplinata nei commi successivi.

Si valuti, inoltre, l’opportunità di eliminare dal testo il termine “facoltativo” atteso che il testo medesimo già attribuisce carattere opzionale al regime della cedolare secca.

Il comma 2 individua l’ambito di applicazione della nuova imposta precisando che essa opera “nella forma della cedolare secca”.

Tale espressione sembrerebbe voler rinviare ad una forma di prelievo tributario già esistente nell’ordinamento. Poiché tale forma non appare sussistere, sembra utile chiarire se il termine ”cedolare secca” costituisca il nome della nuova imposta.

Viene stabilito, in primo luogo, che il nuovo regime tributario trova applicazione a decorrere dal 2011.

In secondo luogo, il comma in esame, pur non qualificando espressamente l’ambito soggettivo di applicazione, consente di individuare i soggetti destinatari. Infatti, viene previsto che il regime di imposta facoltativo è applicato in sostituzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e relative addizionali nonché dell’imposta di bollo sul contratto di locazione. In proposito, peraltro, la relazione illustrativa allegata al provvedimento evidenzia che il regime alternativo è previsto “per le persone fisiche proprietarie di immobili ad uso abitativo locati”. Si ritiene, pertanto, che la disciplina in oggetto interessi i soggetti passivi IRPEF indicati nell’articolo 2 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), ai sensi del quale sono soggetti passivi dell’imposta “le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato.”

Il richiamato articolo 2 del TUIR stabilisce inoltre che ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile (comma 2) nonché, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale (comma 2-bis).

In merito all’ambito soggettivo si segnala che il comma 7 esclude espressamente dall’ambito di applicazione le locazioni realizzate nell’esercizio di attività d’impresa, arte e professione nonché quelle realizzate da enti non commerciali.

In terzo luogo, il comma in esame prevede che il pagamento della cedolare secca è considerata una imposta sostitutiva di:

§       IRPEF, addizionale regionale IRPEF e addizionale comunale IRPEF. Si tratta di imposte dirette il cui ammontare annuo è determinato in dichiarazione dei redditi applicando alla base imponibile le aliquote corrispondenti.

La base imponibile ai fini IRPEF e relative addizionali è determinata applicando al canone annuo di locazione una riduzione forfetaria del 15%[18]; ad essa è aggiunta una ulteriore riduzione forfetaria del 30% per le locazioni a canone concordato di immobili situati ad alta tensione abitativa (art. 8 della L. n. 431/1998).

Appare evidente, poiché la cedolare assorbe anche l’addizionale regionale all’IRPEF, che le regioni perderanno la corrispondente quota di gettito.

§       imposta di bollo sul contratto di locazione. Si tratta di un’imposta indiretta che viene pagata al momento della registrazione del contratto. L’ammontare dovuto è determinato moltiplicando l’importo di 14,62 euro per il numero il numero dei fogli di cui si compone il contratto (art. 2 della Tariffa dell’imposta di bollo annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642);

§       imposta di registro sul contratto di locazione. La sostituzione in commento è prevista dal comma 6 (cui si rinvia) che disciplina una fase transitoria (2011-2013) prima della sua completa attuazione (dal 2014).

Per quanto concerne l’ambito oggettivo di applicazione, il comma in esame stabilisce che possono essere assoggettati all’imposta sostitutiva i redditi relativi alla locazione di immobili ad uso abitativo e delle relative pertinenze. In proposito, viene precisato che la cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione.

Ai sensi dell’art. 2-bis, Tariffa, Parte seconda,allegata al D.P.R. n. 131/196 per i contratti di locazione di durata non superiore a 30 giorni non sussiste l’obbligo di registrazione e possono essere registrati in caso d’uso.

Infine, il comma in esame stabilisce la misura dell’imposta che è determinata applicando l’aliquota del 20% ai redditi di locazione annui realizzati. Il successivo comma 7 prevede, a fini antielusivi, un ammontare minimo di base imponibile cui applicare l’imposta.

Il comma 3 precisa che, fermo restando l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi, la registrazione del contratto di locazione assorbe gli ulteriori obblighi di comunicazione, ivi incluso quello di cui all’art. 12 del D.L. n. 59/1978 ai sensi del quale il contribuente è tenuto a comunicare, entro 48 ore, alle autorità locale di pubblica sicurezza le generalità del conduttore.

In caso di omessa richiesta di registrazione del contratto di locazione, si applica l’art. 69 del D.P.R. n. 131/1986 ai sensi del quale “Chi omette la richiesta di registrazione degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell'applicazione dell'imposta, ovvero la presentazione delle denunce previste dall'articolo 19 è punito con la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'imposta dovuta”.

Il comma 4 disciplina le modalità di versamento dell’imposta sostitutiva stabilendo che il pagamento deve essere effettuato entro il termine fissato per il versamento dell’IRPEF.

L’acconto dell’imposta, le cui modalità di versamento saranno stabilite con apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, è fissato in misura pari al 85% per l’anno 2011 e al 95% a decorrere dal 2012.

Ai sensi della normativa vigente, l’IRPEF è pagata:

-        versando un acconto entro il 30 novembre dell’anno di riferimento determinato in misura corrispondente al 99% dell’imposta dovuta per l’anno precedente[19]. Più in particolare, esso è versato in due rate scadenti il 16 giugno e il 30 novembre dell’anno di riferimento in misura pari, rispettivamente, al 40% e al 60% dell’acconto complessivamente dovuto. Tuttavia, qualora l’ammontare dell’acconto risulti inferiore a 257,52 euro il pagamento può essere effettuato in un’unica soluzione nel mese di novembre;

-        versando il saldo, determinato come differenza tra imposta dovuta e acconto versato, entro il 16 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento.

Poiché la norma non indica espressamente in favore di chi deve essere effettuato il versamento, non appare chiaro quale sia il profilo temporale secondo il quale avviene l’acquisizione delle risorse da parte dei comuni.

Ai sensi del comma 4, inoltre, in materia di liquidazione, accertamento, riscossione, rimborsi, sanzioni, interessi e contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi. In ogni caso, non si fa luogo al rimborso delle imposte già pagate.

Per quanto riguarda il rinvio alla disciplina vigente in materia di sanzioni, si segnala che il successivo comma 5 prevede ipotesi di applicazione di misure diverse da quelle vigenti.

Il comma 5 interviene in materia di sanzioni disponendo che:

§       in caso di omessa indicazione dei redditi da locazione nella dichiarazione dei redditi si applicano, in misura raddoppiata, le sanzioni previste dall’art. 1, co. 1, secondo periodo, del d.lgs. n. 471 del 1997.

Il richiamato comma 1 stabilisce le sanzioni applicabili in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ed in particolare:

-        sanzione amministrativa di ammontare compreso tra il 120% e il 240% delle imposte dovute, con un minimo di 258 euro (primo periodo del comma 1);

-        sanzione amministrativa di ammontare compreso tra 258 euro e 1.032 euro nel caso in cui, per i redditi non dichiarati, non siano dovute imposte (secondo periodo del comma 1).

Il terzo periodo del comma 1, infine, stabilisce che le predette misure possono essere aumentate fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili.

Il comma 1 richiamato dalla norma in esame stabilisce, in sostanza, l’applicazione di sanzioni in misura proporzionale all’ammontare evaso (primo periodo) fermo restando che, qualora l’importo evaso sia nullo, la sanzione applicabile per il mancato adempimento dichiarativo sia di ammontare compreso tra 258 e 1.032 euro (secondo periodo).

In proposito si segnala che la formulazione del comma 5 in esame, rinviando al secondo periodo del comma 1 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 471/1997, sembrerebbe prevedere l’applicazione di una sanzione in misura fissa entro i limiti indicati, escludendo, quindi, l’applicazione di una sanzione in misura proporzionale all’ammontare evaso.

§       in caso di indicazione in dichiarazione di redditi da locazione inferiori a quelli effettivi si applicano le sanzioni previste dall’art. 1, co. 2 del D.Lgs. n. 471/1997.

Ai sensi del richiamato comma 2, qualora in dichiarazione sia indicato un reddito inferiore a quello accertato si applica una sanzione amministrativa dal 100% al 200% della maggiore imposta liquidata.

§       nei casi di definizione dell’accertamento con adesione ovvero di rinuncia del contribuente all’impugnazione dell’accertamento il contribuente non può, in deroga a quanto previsto dal d.lgs. n. 218/1997, usufruire della riduzione delle sanzioni amministrative previste.

Il D.Lgs. n. 218/1997 disciplina sia l’accertamento con adesione sia l’acquiescenza. L’adesione all’accertamento con adesione comporta la riduzione a un quarto della sanzione ordinaria minima prevista mentre la rinuncia all’impugnazione determina una riduzione ad un quarto ovvero a un ottavo della sanzione irrogata qualora l’avviso di accertamento, rispettivamente, sia stato preceduto o non sia stato preceduto da un processo verbale di constatazione o da un invito dell’amministrazione.

A decorrere dal 2014 il pagamento della cedolare secca sostituisce, oltre alle imposte indicate nel comma 2, anche il pagamento dell’imposta di registro per tutte le tipologie di contratto (comma 6). Nel periodo transitorio (2011-2013) la suddetta sostituzione opera per le imposte di registro dovute sui contratti di locazione stipulati ai sensi degli artt. 2, comma 3, e 8 della legge n. 431/1998 e relativi ad immobili ubicati nei comuni di cui all’art. 1. co. 1, lettere a) e b) del D.L. n. 551/1998 e nei comuni ad alta tensione abitativa individuati dal CIPE.

Si ricorda che l’art. 2, comma 3, della legge n. 431 del 1998, oltre i contratti a canone libero prevede anche contratti a canone concordato o convenzionato o calmierato. In tal caso sono le associazioni più rappresentative a livello locale dei proprietari e degli inquilini a stabilire le modalità di valutazione degli immobili residenziali e, per ogni tipologia individuata, a definire un canone minimo e massimo. Tali contratti, rispetto a quelli a canone libero (art. 2 comma 1), recano due differenze fondamentali: la prima riguarda la durata (tre anni più due di rinnovo automatico alla prima scadenza), la seconda il profilo economico, in quanto il canone concordato è inferiore alla misura dei canoni correnti di mercato dato che esso e le altre condizioni contrattuali devono conformarsi agli accordi sindacali stabiliti a livello territoriale.

Inoltre, l’art. 8, come già illustrato in precedenza, prevede alcune agevolazioni fiscali per i proprietari di alloggi dati in locazione a canone concordato ubicati nei comuni di cui all'art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551.

Si ricorda che ai sensi del citato art. 1 del decreto legge n. 551 del 1998 i comuni interessati sono quelli di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, nonché i comuni confinanti con gli stessi (lett. a) e gli altri comuni capoluogo di provincia (lett. b). I comuni considerati ad alta tensione abitativa (lett. c) sono invece quelli individuati nella delibera CIPE 30 maggio 1985, pubblicata nella G.U. n. 143 del 19 giugno 1985, non compresi nelle lettere precedenti[20].

 

La relazione illustrativa allegata al provvedimento evidenzia che “l’applicazione della cedolare secca comporta una evidente semplificazione nell’imposizione delle unità immobiliari locate per uso abitativo ed un vantaggio per gli inquilini (immediato, nel caso dei contratti stipulati nei comuni ad alta tensione abitativa, ovvero a partire dal 2014, per i restanti contratti di locazione interessati) consistente nel venir meno dell’obbligo di applicazione dell’imposta di registro e nel risparmio della quota (1 per cento del canone) a loro carico”.

Il comma 7 esclude dall’ambito di applicazione le locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di attività d’impresa, arte o professione ovvero effettuate da enti non commerciali.

Inoltre, il medesimo comma 7, stabilisce i criteri per la determinazione di un valore minimo della base imponibile la quale, ai sensi del comma 2 (v. supra) è fissata in misura corrispondente al canone di locazione annua. In particolare, rinviando all’art. 37, comma 1 del TUIR, si stabilisce che l’imponibile non può essere inferiore al reddito medio ordinario delle unità immobiliari determinato mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta.

In proposito appare opportuno ricordare che la normativa vigente stabilisce che la base imponibile ai fini IRPEF e relative addizionali sia determinata, per gli immobili non locati, applicando alle rendite catastali attribuite un coefficiente di rivalutazione. In particolare, per le unità abitative, l’articolo 3, comma 48, della legge n. 662/1996 stabilisce che le rendite catastali urbane, fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, sono rivalutate del 5 per cento ai fini dell’applicazione dell’ICI e di ogni altra imposta.

Sarebbe opportuno un chiarimento diretto a precisare se il valore minimo imponibile previsto dal comma 7 debba essere determinato anche tenendo conto dei coefficienti di rivalutazione applicati ai fini IRPEF.

Il comma 8 reca disposizioni di natura sanzionatoria applicabili nei casi di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili ad uso abitativo. In tali ipotesi:

a)   la durata della locazione viene fissata automaticamente in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d’ufficio.

Tale disposizione sembra volta ad estendere la durata del contratto di locazione a canone libero, che è di quattro anni, anche ai contratti a canone concordato (durata minima tre anni), a quelli di natura transitoria e per studenti universitari previsti dall’art. 5 della legge n. 431 del 1998.

Si ricorda che il DM 30 dicembre 2002 ha quindi stabilito, per i contratti di natura transitoria, una durata non inferiore ad un mese e non superiore a diciotto mesi e, per i contratti di locazione per studenti universitari, una durata da sei mesi a tre anni.

b)   al rinnovo si applica la disciplina di cui all’art. 2, co. 1, della legge n. 431/1998;

La disciplina relativa al rinnovo dei contratti di locazione dell’art. 2, comma 1, della citata legge n. 431 sui contratti a canone libero prevede che, trascorso il secondo quadriennio e fatti salvi i casi tassativi di disdetta del locatore indicati dal successivo art. 3, ciascuna delle parti abbia il diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione, con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni e, in mancanza di risposta o di accordo, il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. In mancanza della comunicazione indicata il contratto si intende rinnovato tacitamente alle stesse condizioni.

c)   a decorrere dalla data di registrazione, il canone annuo è fissato in misura corrispondente al minor valore tra il canone stabilito tra le parti e il triplo della rendita catastale adeguata, dal secondo anno, in base al 75% dell’aumento degli indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai.

Il comma 9 estende l’applicazione delle disposizioni in materia di nullità dei contratti di locazione, attualmente applicabile ai contratti non registrati ai sensi dell’art. 1, comma 346, della legge n. 311/2004, anche ai casi in cui:

a)   nel contratto di locazione registrato sia indicato un importo inferiore a quello effettivo;

b)   sia stato registrato un contratto di comodato fittizio, ossia in presenza di una gratuità in luogo del canone di locazione.

Ai sensi del richiamato comma 346 dell’art. 1 della legge finanziaria 2005, i contratti di locazione di unità immobiliari o di loro porzioni comunque stipulati sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.

Si tratta di una disposizione sanzionatoria che dalla mancata registrazione dei contratti sopra richiamati fa discendere la nullità degli stessi.

La disposizione era stata introdotta con lo scopo di scoraggiare la mancata registrazione dei contratti richiamati, attraverso una sanzione che mette nelle condizioni una delle due parti del contratto di sottrarsi agli obblighi previsti dal vincolo contrattuale in qualunque momento, qualora il contratto non sia stato registrato.

 

Il comma 10 stabilisce che le disposizioni di cui ai commi 8 e 9 non si applicano per i contratti registrati entro il 31 dicembre 2010.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica sintetizza brevemente il contenuto delle norme e la disciplina fiscale attualmente applicata ai redditi da locazione.

In particolare, ricorda che l’articolo in esame introduce a decorrere dal 2011 la possibilità per il proprietario di unità immobiliari locate ad uso abitativo di optare per il regime di tassazione sostitutiva del reddito da locazione applicando un’aliquota del 20 per cento. Il regime di tassazione opzionale è operato nella forma di cedolare secca e sostituisce l’imposta sul reddito delle persone fisiche, le relative addizionali e l’imposta di bollo gravante sui contratti di locazione.

La nuova disciplina non si applica alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di attività d’impresa o di arti e professioni o da enti non commerciali.

I contratti a canone concordato, stipulati ai sensi degli articoli 2, comma 3, e 8 della legge n. 431 del 1998, relativi ad abitazioni ubicate in comuni ad alta tensione abitativa sono esenti anche dall’imposta di registro. Tale esenzione è estesa a tutte le tipologie di contratti a decorrere dal 2014.

Attualmente, in base alla normativa vigente[21], il canone risultante dal contratto, ove superiore al reddito medio ordinario determinato mediante applicazione delle tariffe d’estimo, è assoggettato ad IRPEF, previa riduzione forfetaria del 15 per cento (25 per cento per le unità immobiliari abitative situate a Venezia centro, Giudecca, Murano e Burano). Per le locazioni a canone concordato di immobili situati in comuni ad alta tensione abitativa è prevista una ulteriore deduzione del 30 per cento[22], che porta al 40,5 per cento la deduzione complessiva applicata a tali canoni[23].

La relazione precisa, inoltre, che per stimare gli effetti dell’introduzione della cedolare secca sono stati utilizzati i dati provvisori delle dichiarazioni dei redditi 2009 (periodo d’imposta 2008), dai quali risulta un ammontare imponibile di redditi da locazione, estrapolato all’anno 2011, di circa 22.600 milioni di euro, che sconta l’applicazione delle deduzioni attualmente vigenti.

In base alla banca dati immobiliare integrata 2008 si stima che la quota di redditi da locazione di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze riferibile a locatori non esercenti attività di impresa, arti o professioni, sia pari al 55 per cento del totale. Applicando tale percentuale all’imponibile complessivo e considerando per intero i redditi da locazione derivanti da contratti a canone concordato, la relazione stima un ammontare di canoni di locazione di immobili potenzialmente interessati dalla norma pari a circa 12.763 milioni, cui corrisponde un ammontare integrato delle deduzioni attualmente vigenti di circa 15.389 milioni di euro.

Per valutare gli effetti delle disposizioni in relazione al regime di opzionalità della cedolare secca, è stato utilizzato il modello di microsimulazione IRPEF, basato sui dati delle dichiarazioni estrapolati al 2011, ipotizzando che il nuovo regime sia scelto esclusivamente dai contribuenti che realizzino un vantaggio fiscale. In base a tali elaborazioni si stima una perdita di gettito IRPEF di competenza per il 2011 di 3.295 milioni di euro, cui si aggiunge una perdita di gettito a titolo di addizionali regionale e comunale, rispettivamente di 147 milioni di euro e 49 milioni di euro.

La perdita di gettito a titolo di imposta di registro e di bollo afferente gli immobili locati a canone concordato è stimata in 7 milioni di euro annui a decorrere dal 2011. La perdita di gettito a titolo di imposta di bollo sul contratto di locazione riguardante gli altri immobili è stimata in 13 milioni di euro annui dal 2011 al 2013. A decorrere dal 2014 a tale perdita si aggiunge il mancato gettito dell’imposta di registro sul contratto di locazione: si perviene pertanto ad una perdita annua complessiva di 265 milioni di euro (imposte di registro e bollo).

La relazione tecnica ipotizza, inoltre, che, per effetto del vantaggio fiscale derivante dall’applicazione della cedolare secca e del forte inasprimento delle sanzioni, recato dal comma 5 dell’articolo in esame, per i casi di omessa o infedele dichiarazione dei redditi da locazione, si determini annualmente, a partire dal 2011, un crescente fenomeno di emersione di base imponibile relativa a locazioni non dichiarate riguardanti immobili ad uso abitativo tenuti a disposizione. Tale effetto è stimato nella misura del 15 per cento nel 2011, del 25 per cento nel 2012 e del 35 per cento nei due anni successivi. Dalle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2009 risulta che il reddito derivante da immobili ad uso abitativo tenuti a disposizione è pari a 2.468 milioni di euro, cui corrisponde un ammontare di rendita catastale di circa 1.851 milioni di euro[24].

La variazione di utilizzo dei predetti immobili, per effetto dell’emersione, determina, pertanto, una ulteriore perdita di gettito IRPEF, valutabile, scontando un’aliquota marginale media del 32 per cento, in 118 milioni di euro (2.468*15%*32%) per il 2011, 197 milioni di euro (2.468*25%*32%) nel 2012 ed in 276 milioni di euro annui (2.468*35%*32%) dal 2013.

Dalle elaborazioni descritte dalla relazione tecnica sono pertanto individuabili complessivamente i seguenti effetti di perdita di gettito per competenza, conseguenti all’introduzione della cedolare secca:

(milioni di euro)

Minori entrate tributarie

2011

2012

2013

2014

Irpef unità locate

3.295

3.295

3.295

3.295

Irpef emersione unità non locate

118

197

276

276

Totale perdita Irpef

3.413

3.492

3.571

3.571

Addizionale Reg. unità locate

147

147

147

147

Addizionale Reg. unità non locate

5

8

11

11

Totale perdita Addizionale Reg.

152

155

158

158

Addizionale com. unità locate

49

49

49

49

Addizionale com. inità non locate

1

2

3

3

Totale perdita Addizionale com.

50

51

52

52

Registro/bollo canone concordato

7

7

7

7

Registro/bollo altri contratti

13

13

13

265

Totale minori entrate

3.635

3.718

3.801

4.053

 

Con riguardo al recupero di gettito di competenza annua conseguente all’applicazione della cedolare secca del 20 per cento ai redditi da locazione, cui non sono applicate le deduzioni attualmente vigenti, la relazione stima una ripresa di gettito complessiva di 3.110 milioni di euro nel 2011, 3.459 milioni di euro nel 2012, e di 3.807 milioni di euro dal 2013.

Tale gettito è comprensivo degli effetti dell’emersione dei redditi da locazione attualmente non dichiarati, stimati utilizzando il rapporto tra reddito medio da locazione delle abitazioni e la rispettiva rendita catastale. In base ai dati della banca dati immobiliare integrata 2008, tale rapporto risulta essere pari ad otto.

Pertanto gli effetti netti complessivi in termini di gettito per competenza derivanti dall’introduzione della cedolare secca sono così stimabili:

(milioni di euro)

Competenza

2011

2012

2013

2014

Minori entrate

3.635

3.718

3.801

4.053

Maggiori entrate (cedolare)

3.110

3.459

3.807

3.807

Effetto netto

-525

-259

6

-246

 

Ai fini del calcolo degli effetti di cassa, la relazione tecnica assume le seguenti ipotesi riguardanti le percentuali di acconto:

§       75% ai fini IRPEF. Per il 2011 è stata indicata prudenzialmente una perdita di gettito conseguente alla riduzione dei versamenti in acconto in applicazione del metodo previsionale, ipotizzando che tale modalità di calcolo dell’acconto sia applicata, in alternativa al metodo storico, dalla totalità dei soggetti interessati;

§       30% ai fini dell’addizionale comunale;

§       85% nel 2011 e 95% per gli anni successivi, ai fini della cedolare secca, come previsto dal comma 4;

 

In base a tali ipotesi, la relazione stima i seguenti effetti complessivi di cassa, precisando che la perdita di gettito di 246 milioni di euro annui che si determina a regime dal 2014 è compensata dalle maggiori entrate nette derivanti, a decorrere dal medesimo anno, dall’introduzione dell’imposta municipale propria sui trasferimenti immobiliari, di cui agli articoli 4 e 6 dello schema di decreto in esame.

(milioni di euro)

Cassa

2011

2012

2013

2014

Minori entrate Irpef

2.560

3.473

3.552

3.571

Minori entrate Addizionale reg.

0

152

155

158

Minori entrate Addizionale com.

0

65

51

52

Minori entrate registro/bollo canone concord.

7

7

7

7

Minori entrate registro/bollo altri contratti

13

13

13

265

Maggiori entrate cedolare secca

2.644

3.752

3.790

3.807

Effetto netto

64

42

12

-246

 

In merito ai profili di quantificazione, dall’analisi degli elementi conoscitivi disponibili, emergono alcuni aspetti sui quali appare opportuno acquisire chiarimenti finalizzati ad una migliore comprensione delle metodologie e delle ipotesi utilizzate.

 

 

In particolare:

§       la cedolare secca si applica sui redditi da locazione di unità abitative, i quali non concorrono più alla formazione della base imponibile IRPEF. Tale base imponibile, costituita dal reddito complessivo del soggetto passivo d’imposta, rappresenta il parametro cui sono correlate, in funzione inversa, la fruizione e la modulazione di alcune detrazioni d’imposta previste dal TUIR (ad esempio, le detrazioni per carichi di famiglia di cui all’articolo 12). In merito, sarebbe opportuno chiarire se, nelle elaborazioni effettuate per il calcolo della perdita di gettito IRPEF conseguente all’introduzione della cedolare secca si sia tenuto conto della ulteriore perdita di gettito ascrivibile al fatto che, per i contribuenti che esercitano l’opzione, potrebbe determinarsi un incremento dell’ammontare delle detrazioni d’imposta fruibili per effetto di una riduzione del reddito complessivo assoggettato ad IRPEF ordinaria;

§       da un’elaborazione[25] dei dati disponibili si riscontra che, mentre la perdita di gettito IRPEF che si determina in capo ai soggetti optanti che attualmente dichiarano redditi da locazione risulta costante in ciascun anno del periodo di riferimento, e pari a 3.295 milioni di euro, il maggior gettito derivante, in capo ai medesimi soggetti, dall’applicazione della cedolare secca presenta un andamento crescente dal 2011 al 2013. Andrebbero, pertanto, fornite indicazioni sulle motivazioni di tale diversa dinamica, dal momento che sia l’IRPEF che la cedolare si applicano su una base imponibile che si ipotizza stabile nel periodo di riferimento e che si diversifica esclusivamente in base alla mancata applicazione – nel caso della cedolare secca – delle deduzioni previste a legislazione vigente.

Si rileva che tale diversa dinamica incide nel senso di una riduzione degli effetti netti di perdita di gettito.

Ai fini della suddetta elaborazione, il gettito della cedolare secca sugli immobili attualmente locati è stato ottenuto scorporando, dai dati di gettito complessivo della cedolare secca, forniti dalla stessa relazione tecnica, il gettito attribuibile all’emersione di immobili attualmente non locati. Quest’ultimo è stato calcolato applicando al reddito catastale degli immobili non locati (1.851 milioni di euro) le percentuali di emersione annuali ipotizzate dalla relazione tecnica; al dato annuo così ottenuto sono stati, quindi, applicati il rapporto tra reddito da locazione e rendita catastale (pari ad 8, secondo la relazione tecnica) e l’aliquota del 20 per cento.

(milioni di euro)

Gettito cedolare secca affitti

2011

2012

2013

2014

Unità abitative attualmente locate

2.666

2.719

2.770

2.770

Unità abitative non locate ( effetto emersione)

440

740

1.037

1.037

Totale gettito

3.110

3.459

3.807

3.807

 

§       la tavola che precede mostra come, a regime, una parte non trascurabile del gettito per competenza della cedolare sia ascritta al fenomeno dell’emersione di base imponibile, relativa a locazioni non dichiarate, riguardanti immobili ad uso abitativo tenuti a disposizione.

Poiché tale gettito concorre alla neutralità finanziaria del provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica, andrebbero forniti elementi volti a suffragare le percentuali di emersione adottate dalla relazione tecnica ai fini della stima di gettito, al fine di poterne valutare il grado di effettiva realizzabilità.

A tale proposito si segnala che, a decorrere dal 2014, con l’introduzione dell’imposta municipale propria avente come presupposto il possesso di immobili – che, nell’ipotesi di immobile locato, si applicherebbe in misura dimezzata –migliorano, rispetto al triennio precedente, le condizioni di convenienza fiscale che sarebbero, in parte, alla base dell’effetto di emersione di base imponibile. Non sembra, tuttavia, che la relazione tecnica consideri tale circostanza, dal momento che ipotizza che la quota di base imponibile emersa si stabilizzi al 35 per cento a decorrere dal 2013;

§       nell’esame delle stime di cassa, la sostanziale neutralità finanziaria delle misure in esame nel corso del primo triennio di applicazione appare condizionata dalle ipotesi adottate dalla relazione tecnica circa le modalità di versamento in acconto delle imposte interessate. In particolare, mentre per il versamento della cedolare secca si adottano le aliquote di acconto legali previste dal comma 4, per la stima degli effetti della perdita di gettito IRPEF si utilizza una percentuale di acconto effettiva (75%) inferiore a quella legale (99%). Inoltre, sempre in riferimento alle stime IRPEF, si ipotizza che l’intera platea di contribuenti interessati adotti, in sede di determinazione dell’acconto dovuto per il 2011, il metodo di calcolo previsionale, presumendo che l’imposta dovuta per tale anno sia inferiore al debito d’imposta dell’anno precedente.

In merito alla prima ipotesi si ricorda che l’aliquota effettiva dell’acconto dovuto per un determinato periodo d’imposta, desumibile ex post dai dati sui versamenti effettuati, è minore dell’aliquota legale per la presenza di contribuenti che, in base all’ammontare dell’imposta dovuta per il periodo precedente, non sono tenuti al versamento in acconto. Poiché, nel caso in esame, la platea dei soggetti in capo ai quali si realizzano la perdita di gettito IRPEF e la ripresa di gettito a titolo di cedolare è la stessa, andrebbe chiarito se l’utilizzo di un’aliquota effettiva per l’IRPEF e di aliquote legali per la cedolare, sia imputabile al fatto che, con il provvedimento direttoriale di cui al comma 4, si intendano fissare per la cedolare secca criteri riguardanti l’obbligo di versamento in acconto diversi da quelli previsti per l’IRPEF.

In merito all’utilizzo del metodo previsionale da parte dell’intera platea dei soggetti beneficiari si rileva che tale ipotesi appare razionale alla luce della considerazione che, in caso di utilizzo del metodo storico - che avrebbe imposto la commisurazione dell’acconto IRPEF dovuto per il 2011 al debito d’imposta del 2010 - i medesimi contribuenti avrebbero dovuto versare in acconto nel 2011 sui redditi da locazione sia l’IRPEF, che la cedolare secca. Inoltre, l’acconto IRPEF versato sarebbe stato riassorbito a saldo nel 2012, pressoché raddoppiando la perdita di gettito IRPEF stimata per tale anno.

Occorre, tuttavia, ricordare che l’utilizzo del metodo previsionale richiede, da parte del contribuente, una stima precisa dell’IRPEF complessivamente dovuta per l’anno in cui si versa l’acconto, in quanto, nell’ipotesi di insufficiente versamento in acconto saranno dovuti, l’anno successivo, una sanzione pari al 30 per cento dell’IRPEF eccedente quella stimata ed i relativi interessi di mora.


 

Articolo 3
(Federalismo fiscale municipale a regime)

 

1. In attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, per il finanziamento dei Comuni, in sostituzione delle attuali, sono introdot­te nell'ordinamento fiscale le seguenti due nuove forme di imposizione municipale:

a) una imposta municipale propria;

b) una imposta municipale secondaria facol­tativa.

 

 

L’articolo 3 prevede l’istituzione di due nuove imposte municipali il cui gettito è destinato al finanziamento dei Comuni. Le due nuove forme di imposizione municipale sono:

a)   imposta municipale propria, introdotta e disciplinata con decorrenza dal 2014 dagli articoli 4, 5 e 6 del provvedimento in esame;

b)   imposta municipale secondaria facoltativa, introdotta e disciplinata con decorrenza dal 2014 dall’articolo 7 del provvedimento in esame.

Ulteriori disposizioni, di natura transitoria nonché di natura finanziaria, sono contenute anche nell’articolo 8.

L’unico comma dell’articolo in esame stabilisce che le nuove imposte sono da introdurre in sostituzione delle attuali.

La relazione illustrativa allegata allo schema di decreto legislativo in esame evidenzia che “la seconda fase della riforma sul federalismo municipale prevede che gli attuali tributi statali e municipali che, a vario titolo e forma, insistono sul comparto immobiliare siano sostituiti da un numero ridotto di forme di prelievo”.

In merito alla individuazione delle “attuali” imposte da sostituire, potrebbe risultare opportuno - al fine di evitare incertezze interpretative data la necessaria genericità del termine in questione - inserire un esplicito rinvio al comma 1 dell’articolo 4 (imposta municipale propria) e al comma 1 dell’articolo 7 (imposta municipale secondaria facoltativa) nei quali sono elencati singolarmente i tributi, le imposte e le tasse che saranno oggetto di sostituzione.


 

Articolo 4
(Imposta municipale propria)

 


1. L'imposta municipale propria è istituita, a decorrere dall'anno 2014, con deliberazione del consiglio comunale adottata entro il 30 novembre dell'anno precedente e sostituisce, per la com­ponente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, l'imposta di registro, l'imposta ipotecaria, l'imposta catastale, l'imposta di bollo, l'imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipote­carie, i tributi speciali catastali e l'imposta comunale sugli immobili.

2. L'imposta municipale propria ha per presupposto:

a) il possesso di immobili diversi dall'abitazione principale;

b) il trasferimento di immobili.

3. L'imposta municipale propria, in conformità con quanto stabilito dall'articolo 47 della Costituzione, non si applica al possesso dell'abitazione principale ed alle pertinenze della stessa. Si intende per effettiva abitazione principale l'immobile, iscritto nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente. L'esclusione si applica alle pertinenze classificate, in quanto magazzini e locali di deposito, stalle, scuderie, rimesse ed autorimesse, nonché tettoie, nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di una unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo. L'esclusione non si applica alle unità immobiliari classificate, in quanto abitazioni di tipo signorile, abitazioni in ville, castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici, nelle categorie catastali A1, A8 e A9.

4. L'imposta municipale propria ha per base imponibile il valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

5. Nel caso di possesso di immobili non costituenti abitazione principale ai sensi del comma 3, l'imposta è dovuta annualmente in ragione di un'aliquota percentuale stabilita, entro il 30 novembre 2010, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. I Comuni possono, con deliberazione del consiglio comunale adottata entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, modificare, in aumento o in diminuzione, sino a 0,3 punti percentuali l'aliquota fissata dal primo periodo del presente comma.

6. Nel caso in cui l'immobile sia locato, l'imposta di cui al comma 5 è ridotta alla metà; nel caso di contratto di locazione avente ad oggetto immobili ad uso abitativo, sul canone di locazione stabilito dalle parti continua a potersi applicare la cedolare secca prevista dall'articolo 2.

7. L'imposta di cui al comma 5 è ridotta alla metà anche nel caso in cui abbia ad oggetto immobili relativi all'esercizio di attività di impresa, arti e professioni ovvero posseduti da enti non commerciali. l predetti immobili continuano ad essere assoggettati alle ordinarie imposte erariali sui redditi.

8. Nel caso di trasferimento di immobili, l'imposta municipale propria è calcolata con le modalità indicate nell'articolo 6.



L’articolo 4, comma 1, prevede l’istituzione, a decorrere dal 2014, dell’imposta municipale propria la cui disciplina è contenuta anche nei successivi articoli 5 (imposta municipale propria nell’ipotesi di possesso) e 6 (imposta municipale propria nell’ipotesi di trasferimento).

 

L’istituzione dell’imposta municipale è espressamente prevista dall’articolo 12 della legge delega n. 42/2009 ai sensi del quale i tributi propri dei Comuni e delle Province sono fissati dalla legge statale che deve individuare i presupposti, i soggetti passivi, le basi imponibili e le aliquote di riferimento valide per tutto il territorio nazionale garantendo una adeguata flessibilità.

 

Sul piano della formulazione della norma si segnala che i commi 3, 5, 6 e 7 dell’articolo in esame, recando disposizioni relative all’applicazione dell’imposta municipale propria nell’ipotesi di possesso, potrebbero essere più opportunamente inseriti nell’ambito dell’articolo 5.

Imposta municipale propria

La nuova imposta, da istituire con deliberazione del consiglio comunale da adottare entro il 30 novembre 2013, sarà introdotta in sostituzione, per la componente immobiliare, delle seguenti forme di prelievo:

§       l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e le relative addizionali dovute sui redditi fondiari determinati con riferimento ai beni non locati.

Per quanto concerne i redditi da locazione di immobili, si ricorda, rinviando per approfondimenti alle relative disposizioni, che l’art. 2 del provvedimento in esame introduce la facoltà di applicare, in luogo della tassazione ordinaria, l’imposta sostitutiva sui redditi di locazione e che il comma 6 dell’articolo in commento stabilisce che l’aliquota dell’imposta municipale dovuta sui redditi di locazione di cui all’articolo 2 è ridotta alla metà.

In altre parole, per i beni immobili non locati il proprietario dovrà corrispondere l’imposta municipale propria mentre, in caso di locazione, dovrà corrispondere l’imposta municipale ad aliquota ridotta nonché l’l’IRPEF e le relative addizionali (ovvero, in alternativa a quest’ultima la cedolare secca sugli affitti).

Come già evidenziato in una analoga disposizione contenuta nel comma 2 dell’articolo 2, poiché la nuova imposta assorbe anche l’addizionale regionale all’IRPEF le regioni perderanno la corrispondente quota di gettito.

§       l’imposta di registro;

§       l’imposta ipotecaria;

§       l’imposta catastale;

§       l’imposta di bollo;

§       l’imposta sulle successioni e donazioni;

§       le tasse ipotecarie;

§       i tributi speciali catastali;

§       l’imposta comunale sugli immobili (ICI)

 

Sulla base di come il provvedimento configura la nuova forma impositiva, si rileva che non ne risulta chiara la natura in quanto l’imposta municipale propria viene introdotta in sostituzione sia di imposte dirette che di imposte indirette nonché in sostituzione di altre tasse e tributi speciali. Tale questione appare assumere un possibile rilievo atteso che eventuali incertezze sulla natura dell’imposta sono suscettibili di riflettersi sulle vicende giuridiche della stessa. Tale riflessione trova conferma nella considerazione che il provvedimento introduce due specifiche e diverse discipline relative alla medesima imposta applicabili, rispettivamente, nelle ipotesi di possesso (che sembrerebbe presentare natura di imposta diretta) e nelle ipotesi di trasferimento (che sembrerebbe presentare natura di imposta indiretta).

Come è noto, le imposte dirette hanno quale presupposto oggettivo il possesso di un reddito o di un patrimonio e, pertanto, colpiscono direttamente la capacità contributiva del soggetto passivo. L’IRPEF è un’imposta diretta il cui ammontare è determinato in base al principio di progressività. Infatti, l’art. 11 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR) stabilisce misure di aliquote d’imposta crescenti al crescere della base imponibile; in sostanza, l’ammontare dell’imposta aumenta in misura più che proporzionale rispetto all’imponibile.

Le imposte indirette, invece, colpiscono la ricchezza nel momento in cui viene trasferita (es. la vendita di un bene), consumata (es. fruizione di un servizio o di una prestazione) o prodotta. Le imposte indirette sono, in linea generale e salvo alcune norme agevolative specifiche, imposte proporzionali caratterizzate dalla presenza di un’aliquota costante, determinata dalla legge, da applicare alla base imponibile; in sostanza, quindi, l’ammontare dell’imposta indiretta aumenta in misura proporzionale all’aumentare dell’imponibile.

Si evidenzia, inoltre, che la diversa natura tributaria produce differenti effetti nel nostro ordinamento; a titolo esemplificativo si ricordano le norme contenute nel Codice civile in materia di privilegi per crediti tributari (artt. 2752, 2758, 2772, 2778 nn. 7 e 18, 2780 n. 4), nonché le norme contenute nel D.P.R. n. 917 del 1986 Testo Unico delle Imposte sul Reddito) e nel D.P.R. n. 603 del 1973 Modifiche ed integrazioni al testo unico delle leggi sui servizi della riscossione delle imposte dirette approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1963, n. 858.

 

Ai sensi del comma 2, il presupposto dell’imposta municipale è rappresentato da:

a)   possesso di immobili diversi dall’abitazione principale, la cui disciplina è prevista nell’articolo 5 del provvedimento in esame;

b)   trasferimento di immobili, la cui disciplina è prevista nell’articolo 6 del provvedimento in esame.

 

Come sopra ricordato, nell’ordinamento tributario vigente, il possesso di immobili rappresenta il presupposto per l’applicazione di imposte dirette (ad es. ICI sul valore del bene e IRPEF sul reddito ad esso attribuito) mentre il trasferimento rappresenta il presupposto per l’applicazione di imposte indirette (es. imposta registro e ipocatastali). Si rinvia al commento relativo al comma 1 in merito alla qualificazione della natura tributaria della nuova imposta.

Per quanto concerne il presupposto oggettivo, si valuti l’opportunità di individuare con maggiore precisione gli “immobili” interessati dalla nuova imposta.

In proposito, si ricorda che, in base alla normativa vigente, il presupposto per l’applicazione dell’ICI è il possesso “di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa”.

 

Al riguardo sarebbe utile chiarire la correlazione tra la lettera a) del comma in esame - che esclude dal regime impositivo gli immobili adibiti ad abitazione principale dall’ambito di applicazione – e il successivo comma 3, a norma del quale non sono esclusi gli immobili iscritti nelle categorie catastali A1, A8 e A9.

 

La base imponibile (comma 4) corrisponde al valore dell’immobile determinato secondo i vigenti criteri per la determinazione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) di cui all’articolo 5 del D.Lgs. n. 504/1992.

Ai sensi del richiamato articolo 5, il valore è costituito, per i fabbricati iscritti in catasto, dal prodotto tra le rendite catastali rivalutate del 5%[26] e uno dei seguenti coefficienti determinati dal D.M. 14 dicembre 1991:

-        coefficiente 140, per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B (collegi, convitti, ecc.)[27];

-        coefficiente 100, se si tratta di fabbricati classificati nei gruppi catastali A (abitazioni) e C (magazzini, depositi,laboratori, ecc.), con esclusione delle categorie A/10 e C/1;

-        coefficiente 50, se si tratta di fabbricati classificati nel gruppo catastale D (opifici, alberghi, teatri, ecc.) e nella categoria A/10 (uffici e studi privati);

-        coefficiente 34, se si tratta di fabbricati classificati nella categoria C/1 (negozi e botteghe).

Disposizioni specifiche sono, inoltre, previste per i terreni[28], per i fabbricati di interesse storico, per i fabbricati posseduti dalle imprese nonché per le aree fabbricabili.

Si segnala, infine, che ai fini dell’applicazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, il valore dei fabbricati è determinato:

-        rivalutando i coefficienti moltiplicatori del 10% (decorrenza 1° gennaio 2004, ai sensi dell'art. 2, comma 63, L. 24 dicembre 2003, n. 350);

-        rivalutando i coefficienti moltiplicatori del 20% (decorrenza 1° agosto 2004, ai sensi dell’art. 1-bis, comma 7, D.L. n. 168/2004).

 

Il comma 8 prevede che in caso di trasferimento di immobili, l’imposta municipale propria è calcolata con le modalità indicate nell’articolo 6.

Si segnala che tale disposizione appare priva di contenuto normativo, atteso che la disciplina sul trasferimento è recata dall’articolo 6 del provvedimento.

Imposta municipale propria nell’ipotesi di possesso

La disciplina relativa alla imposta municipale propria nell’ipotesi di possesso è contenuta nell’articolo 5 del provvedimento in esame. Tuttavia, come già evidenziato, i seguenti commi dell’articolo in esame recano disposizioni applicabili al possesso degli immobili e, pertanto, andrebbero più opportunamente collocati nel richiamato articolo .

 

Il comma 3 disciplina l’esclusione dall’applicazione dell’imposta municipale sul possesso per gli immobili adibiti ad abitazione principale e sue pertinenze.

Il comma in esame prevede che la predetta esclusione sia disposta in conformità all’articolo 47 della Costituzione[29].

Il beneficio della esenzione per l’abitazione principale è riconosciuto solo se l’immobile:

§       è il luogo in cui il contribuente ha sia la residenza anagrafica sia la dimora abituale del contribuente;

§       risulti iscritto in catasto in una categoria diversa da A/1, A/8 e A/9 corrispondenti, rispettivamente, alle abitazioni di tipo signorile, abitazioni in ville e ai castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici.

Il beneficio è esteso alle unità pertinenziali classificate, in quanto magazzini e locali di deposito, stalle, scuderie, rimesse ed autorimesse, nonché tettoie, nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 nella misura massima di una unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo.

In base alla classificazione operata dall’Agenzia del territorio, rientrano nella categoria C/2 i magazzini e locali di deposito, nella categoria C/6 le stalle, scuderie, rimesse, autorimesse (senza fine di lucro) e nella categoria C/7 le tettoie chiuse od aperte.

In riferimento al profilo tributario relativo all’abitazione principale e alle sue pertinenze si segnala che le disposizioni contenute nel comma 3 determinano, rispetto alla normativa vigente, un diverso ambito di applicazione del regime di esenzione con riferimento sia alle ipotesi di esclusione sia alla definizione di abitazione principale.

In primo luogo, la disciplina IRPEF vigente dispone l’esenzione in favore di tutti gli immobili adibiti ad abitazione principale, ivi compresi quelli iscritti nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. L’esclusione dall’esenzione per gli immobili inclusi nelle predette categorie è invece disciplinata ai fini dell’imposta comunale sugli immobili (ICI).

Inoltre, ai fini IRPEF, si considera abitazione principale quella nella quale il contribuente o i suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo grado) dimorano abitualmente. Il beneficio spetta anche quando l’unità immobiliare costituisce la dimora principale soltanto dei familiari del contribuente che vi risiedono; tuttavia, se un contribuente possiede due immobili, uno adibito a propria abitazione principale ed uno utilizzato da un proprio familiare, il beneficio spetta esclusivamente per il reddito dell’immobile adibito ad abitazione principale del contribuente. Ai fini ICI per abitazione principale si intende, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica del soggetto passivo (art. 8 D.Lgs. n. 504/1992) nonché quelle ad esse assimilate dal comune con regolamento o delibera comunale ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9 (art. 1, D.L. n. 93/2008).

 

Il comma 5 reca disposizioni concernenti la determinazione dell’aliquota dell’imposta municipale propria dovuta nel caso di possesso di immobili non costituenti abitazione principale ai sensi del comma 3.

In primo luogo, si stabilisce che la misura dell’aliquota sarà stabilita, entro il 30 novembre 2010, termine che, peraltro, potrebbe intervenire prima della entrata in vigore del provvedimento, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. L’aliquota dovrà essere fissata in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del provvedimento in esame, ai fini dei saldi di finanza pubblica.

 

Sul piano generale, la determinazione dell’aliquota dell’imposta da applicare in caso di possesso di immobili dovrà tenere conto dei seguenti aspetti:

1)    la neutralità finanziaria del provvedimento in termini di saldi di finanza pubblica che deve essere assicurata ai sensi del comma 5;

2)    il rispetto del limite massimo della pressione fiscale complessiva di cui all’articolo 10 della legge n. 196/2009 come previsto dall’articolo 8, comma 5, del provvedimento in esame.

In base al regime tributario vigente il possessore di immobili è soggetto passivo ai fini IRPEF e relative addizionali (comunale e regionale) sul reddito catastalmente attribuito ovvero su quello realizzato in caso di locazione nonché ai fini ICI sul valore dell’immobile determinato applicando appositi coefficienti al valore catastale.

In particolare, la normativa vigente colpisce il reddito dell’immobile (IRPEF e addizionali) nonché il patrimonio, ossia il valoredell’immobile (ICI). Le misure delle aliquote, da rapportare alle diverse basi imponibili sono le seguenti:

-        IRPEF. L’art. 11 del DPR n. 917/1986 (TUIR) stabilisce le seguenti aliquote per scaglioni di reddito imponibile: 23% fino a 15.000 euro, 27% da 15.001 a 28.000 euro; 38% da 28.001 a 55.000 euro; 41% da 55.001 a 75.000 e 43% oltre 75.000;

-        addizionale regionale IRPEF. L’art. 50 del D.Lgs. n. 446/1997 stabilisce che le aliquote applicabili dalle regioni ai redditi imponibili possono assumere un valore non inferiore a 0,9% e non superiore a 1,4%;

-        addizionale comunale IRPEF. E’ stata istituita dall’art. 1 del D.Lgs. n. 360/1998 e la sua applicazione, facoltativa e variabile, è rimessa a ciascun comune che ne determina la misura nei limiti fissati dalla legge. L'ente locale può deliberare incrementi annui non superiori a 0,2 punti percentuali, e la misura dell'aliquota non può, in ogni caso, essere superiore allo 0,5 per cento;

-        imposta comunale sugli immobili. La misura è fissata dall’articolo 6 del D.Lgs. n. 504/1992 ai sensi del quale le aliquote stabilite dai comuni devono essere comprese tra il 4 per mille e il 7 per mille.

Ai comuni è concessa la facoltà di modificare, in aumento o in diminuzione, l’aliquota fissata a livello nazionale fino ad un massimo di 0,3 punti percentuali.

Con riferimento al criterio di flessibilità, viene in rilievo il principio posto dall'articolo 2, comma 2, lettera bb), della legge delega n. 42 del 2009 che sancisce la garanzia - nella costituzione di insiemi di tributi e compartecipazioni da attribuire alle regioni e agli enti locali - del mantenimento di un adeguato livello di flessibilità fiscale, stabilendo che essi dovranno essere composti in misura rilevante da tributi manovrabili; viene inoltre in rilievo il principio di cui al medesimo articolo 2, comma 2, lettera cc), la quale sancisce che la flessibilità fiscale deve essere adeguata e rispondere a specifiche seguenti caratteristiche: secondo quel principio di delega, una tale base imponibile dovrà consentire a tutti gli enti territoriali, compresi quelli a più basso potenziale fiscale, di finanziare il livello di spesa non riconducibile ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali.


Ai sensi dei commi 6 e 7 l’aliquota ordinaria è ridotta alla metà qualora:

§       l’immobile sia locato (comma 6). In particolare, in caso di locazione del bene il contribuente è tenuto al pagamento dell’imposta municipale propria nell’ipotesi di possesso ad aliquota ridotta e all’imposta sul reddito da locazione (IRPEF ovvero cedolare secca di cui all’articolo 2);

§       l’immobile sia relativo “all’esercizio di attività di impresa, arti e professioni” ovvero sia posseduto da ente non commerciale. Il comma 7 precisa, inoltre, che tali immobili continuano ad essere assoggettati alle ordinarie imposte erariali sui redditi (comma 7).

 

Per la parte relativa ai profili finanziari si rinvia alle schede degli articoli 5 e 6


 

Articolo 5
(Applicazione dell’imposta municipale propria
nell’ipotesi di possesso)

 


1. Soggetti passivi dell'imposta municipale propria di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfi­teusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione su aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è l’utilizzatore a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.

2. L'imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell'anno nei quali si è protratto il posses­so; a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero. A ciascuno degli anni solari corrisponde una autonoma obbligazione tributaria.

3. I soggetti passivi effettuano il versamento dell'imposta dovuta al Comu­ne per l'anno in corso in quattro rate di pari importo, scadenti la prima il 31 marzo, la seconda il 16 giugno, la terza il 30 settembre e la quarta il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell'imposta complessivamente dovuta in unica solu­zione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

4. L'imposta è corrisposta con le modalità del Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

5. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i Comuni possono introdurre l'istituto dell'accertamento con adesione del contribuente e gli altri strumenti di deflazione del contenzioso, sulla base dei criteri stabiliti dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, prevedendo anche che il pagamento delle somme dovute possa essere effettuato in forma rateale senza la maggiorazione di interessi.

6. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani, sono approvati i modelli della dichiarazione, i modelli per il versamento, nonché di trasmissione dei dati di riscos­sione, distintamente per ogni contribuente, ai comuni e al sistema informativo della fiscalità.

7. Per l'accertamento, la liquidazione; la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano gli articoli da 11 a 15 del citato decreto legislativo n. 504 del 1992 e l’articolo 1, commi da 161 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

8. Sono esenti dall'imposta municipale propria gli immobili posseduti dallo Stato, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusiva­mente ai compiti istituzionali. Si applicano, inoltre, le esenzioni previste dall'articolo 7, comma 1, lettere b), d), e), f), ed h), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

9. Il reddito agrario di cui all'articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, i redditi da locazione diversi da quelli indicati all'articolo 4, comma 6, i redditi derivanti dagli immobili relativi all'esercizio di attività di impresa, arti e professioni e dagli immobili degli enti non commerciali, continuano ad essere assoggettati alle ordinarie imposte erariali sui redditi. Il gettito della cedolare secca di cui all'arti­colo 2 e deIl’IRPEF relativa ai redditi da locazione diversi da quelli assoggettati alla cedolare secca resta attribuito ai Comuni.


L’articolo 5 reca la disciplina concernente l’applicazione dell’imposta municipale propria nell’ipotesi di possesso di immobili.

Si segnala che una parte della disciplina, concernente l’esenzione in favore dell’abitazione principale e le modalità di determinazione della misura dell’aliquota ordinaria e ridotta d’imposta, è prevista nei commi 3, 5, 6 e 7 dell’articolo 4 del provvedimento in esame.

 

Ai sensi del comma 1 sono soggetti passivi dell’imposta municipale:

§       il proprietario o il titolare di un diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi o superficie) di immobili. Sono considerati immobili anche i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, nonché quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa.

§       il concessionario, nel caso di concessione su aree demaniali;

§       l’utilizzatore per tutto il periodo del contratto leasing[30], qualora l’immobile, anche da costruire o in corso di costruzione, sia concesso in locazione finanziaria.

 

Il comma 2 stabilisce che l’imposta, dovuta per anni solari, è determinata in proporzione alla quota di proprietà o altro diritto reale e al numero dei mesi nei quali si è protratto il possesso; a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno 15 giorni è computato per intero. A ciascuno degli anni solari corrisponde una autonoma obbligazione tributaria.

La formulazione utilizzata dal comma in esame richiama quella contenuta nel D.Lgs. n. 504/1992, art. 10, ai sensi del quale l’ammontare dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) dovuta è determinato “proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell'anno nei quali si è protratto il possesso”.

Si ricorda che ai sensi dell’art. 1140 cod.civ. “il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa.”

In materia di ICI, la Corte di Cassazione (sentenza n. 25376 del 17 ottobre 2008) ha evidenziato che “Il soggetto passivo dell’imposta comunale sugli immobili è, in via esclusiva, il titolare del diritto di proprietà o altro diritto reale gravante sul cespite avendo il termine normativo tributario di possesso, ex art. 1, D.Lgs. n. 504/1992, esattamente la medesima portata di cui all’art. 1140 c.c., ovvero di esercizio del potere di fatto sulla cosa - immediato o per il tramite di altro soggetto che ne ha la detenzione - quale manifestazione del diritto di proprietà o di altro diritto reale”.

 

Il comma 3 disciplina le modalità di versamento dell’imposta da parte del contribuente in favore del Comune.

Il pagamento dell’imposta può essere effettuato in quattro rate di uguale importo con scadenza il 31 marzo, il 16 giugno, il 30 settembre e il 16 dicembre di ciascun anno oppure in un unico versamento entro il 16 giugno dell’anno di riferimento.

 

Il comma 4 prevede che l’imposta sarà corrisposta con le modalità del Capo III (artt. da 17 a 29) del decreto legislativo n. 241/1997[31].

 

L’articolo 17 del citato decreto legislativo dispone la possibilità di effettuare un versamento unitario, con compensazione, per i crediti ed i debiti relativi a:

-        imposte sui redditi, relative addizionali e ritenute alla fonte;

-        imposta sul valore aggiunto;

-        imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell’Iva;

-        imposta regionale sulle attività produttive e addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche;

-        contributi previdenziali ed assistenziali;

-        premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro;

-        altre entrate individuate con decreto del Ministro delle finanze (fra cui le tasse automobilistiche e le entrate di competenza dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato);

-        credito d’imposta spettante agli esercenti le sale cinematografiche.

L’articolo 18 definisce i termini di versamento. L’articolo 19 è relativo alle modalità di versamento mediante delega ad una banca convenzionata o alle Poste Italiane, rinviando ad una convenzione approvata con decreto del Ministro delle finanze la definizione delle modalità di conferimento della delega e di svolgimento del servizio: gli adempimenti delle banche sono poi precisati dal successivo articolo 21. L’articolo 20 riguarda la possibilità di effettuare pagamenti rateali per le somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte e dei contributi dovuti dai soggetti titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate dall’Inps. L’articolo 22 demanda ad un’apposita struttura di gestione, individuata con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri del tesoro e del lavoro, la suddivisione delle somme tra gli enti destinatari. Il pagamento può essere effettuato anche con mezzi diversi dal contante (articolo 23). Gli articoli 24 e 25 dettano disposizioni per il periodo transitorio di prima applicazione; l’articolo 26 dispone sanzioni al concessionario in caso di minore versamento e di ritardato invio.

 

Si ricorda inoltre che l'art. 1, comma 2, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63[32], attribuisce al Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione delle modalità di riscossione, che prevedano anche sistemi di rateazione e di compensazione di entrate anche di natura non tributaria, o non erariale, anche degli enti non territoriali. In attuazione di quanto previsto dalla disposizione citata, il D.M. 21 maggio 2003 ha stabilito che l'Agenzia delle entrate, sulla base di convenzioni preventivamente definite con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, può riscuotere, secondo le modalità stabilite dal sopra commentato capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entrate anche di natura non tributaria, di competenza di enti pubblici, anche territoriali.

 

Il comma 5 concede ai Comuni la facoltà di introdurre l’istituto dell’accertamento con adesione e gli altri strumenti di deflazione del contenzioso, sulla base dei criteri stabiliti dal decreto legislativo n. 218 del 1997[33] emanato in attuazione dei principi e dei criteri direttivi indicati nell’articolo 3, comma 120, della legge 23 dicembre 1996, n. 662[34].

 

Anche se la lettera della norma lascerebbe presumere che la facoltà concessa ai comuni dal comma 5 si applichi esclusivamente all’IMU nell’ipotesi di possesso, sarebbe opportuno confermare tale intenzione del legislatore delegato, al fine di evitare dubbi interpretativi.

Andrebbe, inoltre, chiarito quali siano “gli altri strumenti di deflazione del contenzioso” cui la norma intende riferirsi.

Ulteriori chiarimenti, infine, sarebbero necessari relativamente al rinvio ai “criteri stabiliti dal decreto legislativo” n. 218/1997. Ciò in quanto il citato decreto disciplina una parte degli istituti vigenti finalizzati alla deflazione del contenzioso individuando, per ciascuna tipologia di strumento, specifiche procedure e criteri applicativi. Sussistono infatti altri istituti - quali ad esempio la transazione fiscale – disciplinati in altri provvedimenti recanti criteri diversi da quelli contenuti nel richiamato decreto legislativo.

 

Gli strumenti deflativi del contenzioso sono finalizzati ad accelerare l’attività di riscossione dei tributi attraverso la definizione, in via amministrativa e in contradditorio con il contribuente (persona fisica, società di persone, associazioni e assimilati, società di capitali), delle pretese tributarie. Essi consentono, da un lato, di concordare un piano di rientro del debito maturato dal contribuente nei confronti dell’Amministrazione attraverso la rateizzazione delle somme dovute e, dall’altro lato, agevolano il debitore mediante l’applicazione di misure quali la riduzione delle sanzioni. In sostanza, tali strumenti consentono sia di ridurre l’incertezza circa il buon esito dei crediti vantati dall’Amministrazione nei confronti dei contribuenti debitori, con particolare riferimento alla loro reale solvibilità e ai tempi di riscossione, sia di ridurre i costi di riscossione in quanto cercano di evitare l’attivazione di procedure coattive. In alcune ipotesi (transazione finanziaria) l’Amministrazione può intervenire sul valore nominare del debito.

L’adesione ai processi verbali di constatazione[35] (articolo 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997) è consentita per le violazioni sostanziali in materia di imposte dirette e di IVA che consentono l’emissione di accertamenti parziali previsti dall'articolo 41-bis del D.P.R. n. 600/1973 (imposte dirette) e dall’articolo 54, quarto comma, del D.P.R. n. 633/1972 (IVA). L’adesione ai pvc non è ammessa per le attività di accertamento rilevanti ai fini delle altre imposte indirette (successioni e donazioni, registro, ipotecaria e catastale) alle quali, invece, si applicano le disposizioni di cui al Capo III del D.Lgs. n. 218/1997. Il contribuente interessato deve presentare la comunicazione di adesione entro 30 gg dalla data di consegna del pvc. Entro i successivi 60 gg viene effettuata la notificazione dell’atto e, da tale momento, il contribuente ha 20 gg di tempo per effettuare il pagamento di quanto dovuto ovvero della prima rata in caso di pagamento dilazionato. L’adesione al pvc comporta la riduzione a un ottavo della sanzione ordinaria minima prevista e, in caso di rateazione del debito, il contribuente non deve prestare alcuna garanzia.

L’adesione all’invito al contraddittorio[36](art. 5, c. 1-bis e art. 11, c. 1-bis del D.Lgs. n. 218/1997) è consentita solo se non sia stata preceduta da un processo verbale di constatazione per il quale poteva essere effettuata l’adesione ai sensi dell’art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997 (v. supra). Il contribuente che intende aderire deve, entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione, presentare la comunicazione di adesione e la quietanza dell’avvenuto versamento. L’adesione all’invito al contraddittorio comporta la riduzione a un ottavo della sanzione ordinaria minima prevista e, in caso di rateazione del debito, il contribuente non deve prestare alcuna garanzia.

L’istituto dell’accertamento con adesione (articoli 5 e 11 del D.Lgs. n. 218/1997) può essere attivato:

a)    d'ufficio, per iniziativa dell’Amministrazione finanziaria prima della notifica dell'avviso di accertamento o di rettifica;

b)    su istanza del contribuente, subordinatamente all'avvenuta notifica di un avviso di accertamento o di rettifica non preceduto dall'invito dell'ufficio nella fase istruttoria ovvero di un processo verbale di constatazione.

Il procedimento inizia con una fase di contraddittorio tra Amministrazione e contribuente nel corso della quale deve essere redatta, per ciascun incontro, una sintetica verbalizzazione con la quale si dà atto, tra l’altro, della documentazione eventualmente prodotta dal contribuente e delle motivazioni addotte. Raggiunto l’accordo tra la pretesa dell’Amministrazione e la disponibilità del contribuente a soddisfare la stessa, si procede alla sottoscrizione dell’atto di adesione. Dalla data di tale sottoscrizione, il contribuente ha 20 giorni di tempo per effettuare il versamento della prima o unica rata, momento in cui l’adesione si perfeziona ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. n. 218/1997. L’accertamento con adesione comporta la riduzione a un quarto della sanzione ordinaria minima prevista e, in caso di rateazione del debito, il contribuente deve prestare garanzia se l’ammontare complessivo delle rate dovute è superiore a 50.000 euro.

L’articolo 15 del D.Lgs. n. 218/1997 disciplina l’ipotesi in cui il contribuente sceglie di non opporsi giudizialmente alla pretesa dell’Amministrazione e di non avviare alcun procedimento di adesione da parte del contribuente (acquiescenza). In questa ipotesi, se il pagamento viene effettuato entro 60 gg dalla data di notifica dell’avviso di accertamento il contribuente beneficia di una riduzione della sanzione ed in particolare:

a)    riduzione a un quarto della sanzione irrogata, se l’avviso di accertamento era stato preceduto da un pvc o da un invito dell’Amministrazione;

b)    riduzione a un ottavo della sanzione irrogata in assenza di precedenti inviti o pvc ai quali non sia stata prestata adesione.

In caso di rateazione del debito, il contribuente deve prestare garanzia se l’ammontare complessivo delle rate dovute è superiore a 50.000 euro.

Un ulteriore strumento finalizzato alla compressione dei tempi e dei costi dell’attività di riscossione del contenzioso è quello della conciliazione giudiziale disciplinato dall’articolo 78 del D.Lgs. n. 546/1992[37]. In base a tale istituto ciascuna delle parti del processo tributario può presentare idonea istanza e proporre all’altra la conciliazione totale o parziale della controversia. Quest’ultima può aver luogo solo davanti alla commissione provinciale e non oltre la prima udienza, nella quale il tentativo di conciliazione può essere esperito d’ufficio anche dalla commissione. Le somme dovute a seguito di conciliazione giudiziale possono essere rateizzate; il contribuente deve prestare garanzia qualora l’importo complessivo delle rate successive alla prima sia superiore a 50.000 euro.

Appare opportuno evidenziare, inoltre, che l’ordinamento vigente disciplina un particolare istituto per il recupero dei crediti tributari vantati dall’Amministrazione nei confronti di imprese in crisi. Si tratta della transazione fiscale, originariamente introdotta nell’ambito della legge fallimentare[38], la cui applicabilità è stata estesa alle ipotesi di concordato preventivo[39] e di ristrutturazione dei debiti (art. 16, comma 5, d.lgs. n. 169/2007). La transazione fiscale, che vede come controparti nella procedura l’imprenditore e l’Amministrazione finanziaria, concerne la possibilità di corrispondere in misura ridotta e/o dilazionata uno o più crediti tributari anche se non iscritti a ruolo.

In caso di concordato preventivo l’imprenditore, contestualmente alla presentazione della domanda di concordato presso il Tribunale competente, deposita presso l’Amministrazione finanziaria interessata la propria richiesta di transazione nella quale può anche proporre il pagamento in misura ridotta e/o dilazionata dei propri debiti tributari. L’Amministrazione partecipa alla votazione del concordato insieme agli altri creditori secondo le disposizioni previste dalla legge fallimentare; se la domanda di concordato preventivo ottiene l’approvazione e il tribunale procede con la procedura di omologazione, tutti i creditori (compresi quelli che non hanno fornito il proprio assenso alla proposta) vengono soddisfatti secondo le percentuali indicate nel piano di ristrutturazione.

La transazione fiscale nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti consente all’imprenditore di risolvere la situazione di crisi tramite una soluzione semplificata di natura stragiudiziale consistente in un accordo con i creditori rappresentanti almeno il 60% delle obbligazioni gravanti sul debitore. In questa ipotesi, la transazione fiscale assume le caratteristiche di un contratto tra il debitore e l’Amministrazione finanziaria, il cui contenuto (anche su percentuali, tempi e modi di soddisfazione dei crediti) è lasciato con una certa ampiezza alla volontà delle parti.

 

I regolamenti di cui al comma 5 devono essere adottati ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997 recante Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

Ai sensi del richiamato articolo 52 i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti (comma 1). I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune entro il termine di approvazione del bilancio di previsione e hanno effetto dopo il 1° gennaio dell'anno successivo. I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati, unitamente alla relativa delibera comunale al Ministero dell’economia entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale (comma 2). Il Ministero dell’economia può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità avanti gli organi di giustizia amministrativa (comma 4). Il comma 5 individua i seguenti criteri relativi ai regolamenti emanati dai Comuni in materia di accertamento e riscossione di tributi ed altre entrate:

a)    l'accertamento dei tributi può essere effettuato dall'ente locale anche nelle forme associate previste negli articoli 24, 25, 26 e 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142;

b)    qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, ad alcuni soggetti individuati dalla norma in esame;

c)    l'affidamento di cui alla precedente lettera b) non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente;

d)    il visto di esecutività sui ruoli per la riscossione dei tributi e delle altre entrate è apposto, in ogni caso, dal funzionario designato quale responsabile della relativa gestione.

La lettera a) del comma 5 dell’articolo 52 del d.lgs. n. 446/1997, richiamato dalla norma in esame, contiene un rinvio alla legge n. 142 del 1990 interamente abrogata dall'art. 274, comma 1, lett. q), D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in vigore dal 13 ottobre 2000.

 

Il regolamento del Comune potrà prevedere anche una forma di pagamento rateale senza la maggiorazione di interessi.

 

Nell’ordinamento vigente, le modalità di rateizzazione delle somme dovute è diversamente disciplinata in ciascuna tipologia di strumento deflativo del contenzioso previsto dall’ordinamento vigente. In linea generale, quando il contribuente opta per il pagamento rateale delle somme dovute, le norme dispongono l’obbligo di corrispondere gli interessi al saggio legale (artt. 5, 5-bis, 8 e 14 del D.Lgs. n. 218/1997).

 

Il comma 6 stabilisce che con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) sono approvati i modelli relativi alla dichiarazione, ai versamenti nonché alla trasmissione dei dati di riscossione, distintamente per ogni contribuente, ai comuni e al sistema informativo della fiscalità.

 

Ai fini dell’attività di accertamento, liquidazione, riscossione coattiva, sanzioni, interessi e contenzioso nonché dei rimborsi si applicano gli articoli da 11 a 15 del d.lgs. n. 504 del 1992 e l’articolo 1, commi da 161 a 170, della legge n. 296 del 2006 (comma 7).

Le norme richiamate recano disposizioni in materia autonomia degli enti locali con riferimento alle procedure di accertamento e riscossione dei tributi al fine di contrastare l’evasione fiscale. Si stabilisce, in linea generale, che gli enti locali possono procedere alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli, all’accertamento di ufficio nonché all’irrogazione delle sanzioni ai sensi del decreto legislativo n. 472 del 1997.

 

Ai sensi del comma 8 sono esenti dall’imposta municipale propria:

§       gli immobili posseduti dallo Stato nonché quelli posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti[40], dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;

§       i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9 (art. 7, c. 1, lett. b) del d.lgs. n. 504/1992). Sono classificati nella categoria catastale E gli “immobili a destinazione particolare” ossia: stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei; ponti comunali e provinciali soggetti a pedaggio; costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche; recinti chiusi per speciali esigenze pubbliche; fabbricati costituenti fortificazioni e loro dipendenze; fari, semafori, torri per rendere d’uso pubblico l’orologio comunale; fabbricati destinati all’esercizio pubblico dei culti; fabbricati e costruzioni nei cimiteri, esclusi i colombari, i sepolcri e le tombe di famiglia; edifici a destinazione particolare non compresi nelle categorie precedenti del gruppo E;

§       i fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8[41] e 19[42] della Costituzione, e le loro pertinenze (art. 7, c. 1, lett. d) del d.lgs. n. 504/1992);

§       i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato lateranense, sottoscritto l'11 febbraio 1929 e reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810 (art. 7, c. 1, lett. e) del d.lgs. n. 504/1992);

§       i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali è prevista l'esenzione dall'imposta locale sul reddito (ILOR[43]) dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia (art. 7, c. 1, lett. f) del d.lgs. n. 504/1992);

§       i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984, recante Coordinamento degli interventi pubblici nei settori della zootecnia, della produzione ortoflorofrutticola, della forestazione, dell'irrigazione, delle grandi colture mediterranee, della vitivinicoltura e della utilizzazione e valorizzazione dei terreni collinari e montani (art. 7, c. 1, lett. h) del d.lgs. n. 504/1992).

 

Poiché l’articolo in esame disciplina l’IMU nell’ipotesi del possesso, l’esenzione disposta dal comma 8 apparirebbe riferibile solo a tale ipotesi. Qualora, invece – atteso che il comma fa riferimento alla esenzione “dalla imposta municipale propria” senza distinguere l’ipotesi del possesso da quella del trasferimento – l’esenzione in questione debba ricomprendere l’IMU nel suo complesso tale aspetto andrebbe precisato in norma.

 

Ai sensi del comma 9, primo periodo, continuano ad essere assoggettati ad IRPEF:

§       il reddito agrario di cui all’articolo 32 del TUIR (D.P.R. n. 917/1986);

§       i redditi da locazione diversi da quelli indicati all’articolo 4, comma 6, del provvedimento in esame.

Il punto in esame sembrerebbe confermare che continuano ad essere assoggettati ad IRPEF i redditi da locazione relativamente ai quali il contribuente non abbia optato per l’applicazione della cedolare secca;

§       i redditi derivanti dagli immobili relativi all’esercizio di attività di impresa, arti e professioni;

§       i redditi derivanti dagli immobili degli enti non commerciali.

 

Il secondo periodo del comma 9 stabilisce che il gettito della cedolare secca di cui all’articolo 2 del provvedimento in esame nonché dell’IRPEF relativa ai redditi di locazione diversi da quelli assoggettati alla cedolare secca resta attribuito ai Comuni.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica ricorda sinteticamente che l’imposta municipale propria è istituita, in base alle norme in esame, a decorrere dal 2014 e sostituisce, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le relative addizionali dovute sui redditi fondiari dei beni non locati, l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria, l’imposta catastale, l’imposta di bollo, l’imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali e l’ICI.

Presupposti dell’imposta sono il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale ed il trasferimento di immobili.

La base imponibile dell’imposta è costituita dal valore dell’immobile come determinato ai fini ICI.

L’imposta municipale propria dovuta nell’ipotesi di possesso si applica, in particolare, al possesso di immobili diversi dall’abitazione principale ed alle relative pertinenze. L’imposta è dovuta annualmente in ragione di un’aliquota percentuale stabilita, entro il 30 novembre 2010, con DPCM, in modo da assicurare la neutralità finanziaria del provvedimento in esame ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica.

I comuni possono, con propria delibera, modificare in aumento o in diminuzione sino a 0,3 punti percentuali l’aliquota stabilita in via ordinaria.

L’aliquota dell’imposta municipale propria dovuta nell’ipotesi di possesso è ridotta alla metà nel caso di immobili locati; immobili relativi all’esercizio di attività d’impresa, arti e professioni; immobili posseduti da soggetti IRES.

Restano assoggettati alla tassazione ordinaria i redditi agrari (articolo 32 del TUIR); i redditi derivanti da contratti di locazione ad uso diverso da quello abitativo; i redditi derivanti dagli immobili locati ad uso abitativo i cui locatori non abbiano esercitato l’opzione per la cedolare secca; i redditi derivanti dagli immobili relativi all’esercizio di attività d’impresa, arti e professioni, nonché i redditi derivanti dagli immobili degli enti non commerciali.

La relazione, inoltre, fornisce una tavola, di seguito riprodotta, nella quale sono indicati i dati di gettito delle imposte che, a decorrere dal 2014, saranno sostituite dall’imposta municipale propria sul possesso.

In merito a tali dati la relazione tecnica precisa quanto segue:

§       il gettito IRPEF e delle relative addizionali è stato stimato attraverso il modello di microsimulazione utilizzando i dati delle dichiarazioni dei redditi presentate nell’anno 2009 (anno d’imposta 2008). Complessivamente il gettito dell’IRPEF e delle addizionali interessato è pari a 1.650 milioni di euro;

§       per il gettito ICI è stato assunto il valore riportato dall’ISTAT nei Conti economici aggregati delle amministrazioni pubbliche per l’anno 2008.

(milioni di euro)

Imposte sostituite dall’imposta municipale propria sul possesso

Gettito stimato

Irpef sui redditi fondiari relativi ad immobili non locati

1.545

Addizionale regionale IRPEF

79

Addizionale comunale IRPEF

26

ICI

9.920

TOTALE

11.570

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la compensatività degli effetti dell’introduzione della imposta municipale propria nell’ipotesi di possesso, rispetto al gettito delle imposte sostituite, potrà essere verificata solo a seguito della fissazione, con DPCM da adottarsi entro il 30 novembre 2010, della relativa aliquota, tenendo conto delle agevolazioni introdotte dai commi 7 ed 8 dell’articolo 4.

Si rileva in proposito che, trattandosi di un atto di normativa secondaria, la procedura di verifica appare risolversi esclusivamente in ambito governativo, in quanto le norme in esame non prevedono alcun obbligo preliminare di trasmissione dell’atto alle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, né il DPCM con il quale sarà determinata l’aliquota d’imposta può ritenersi sottoposto agli obblighi di redazione della relazione tecnica e di esame parlamentare, di cui all’articolo 2, comma 3, della legge n. 42 del 2009, che riguardano espressamente i soli schemi di decreti legislativi attuativi della riforma.

Si rileva, inoltre, che l’imposta è istituita a decorrere dal 2014. Pertanto, la compensatività finanziaria dovrebbe essere verificata in riferimento a tale esercizio.

La relazione tecnica, con riguardo agli ammontari di gettito delle singole imposte sostituite, espone dati riferiti al periodo d’imposta 2008. Come si legge nella parte della medesima relazione riguardante l’articolo 1, infatti, non si è proceduto ad effettuare la proiezione agli anni successivi relativamente ai gettiti delle imposte aventi imponibili determinati sulla base di rendimenti catastali.

In proposito, va tuttavia rilevato che, nella valutazione del gettito dell’IRPEF e delle relative addizionali dovute sui redditi fondiari dei fabbricati non locati, dovrebbe tenersi conto, a decorrere dal 2014, dell’effetto di graduale emersione indotto, a decorrere dal 2011, dall’introduzione della cedolare secca ed, in particolare, del più severo regime sanzionatorio. Il gettito sui redditi fondiari degli immobili ad uso abitativo oggetto di emersione non dovrebbe essere incluso nella perdita di gettito che si determina per effetto della sostituzione con l’imposta municipale propria in quanto tali immobili nel 2014 dovrebbero risultare locati.

In merito, appare opportuno acquisire ulteriori chiarimenti.


 

Articolo 6
(Applicazione dell’imposta municipale propria
nell’ipotesi di trasferimento)

 


1. L'imposta municipale propria, in caso di trasferimento, è dovuta per gli atti traslativi tra vivi, a titolo oneroso o gratuito, della proprietà di beni immobili in genere e per gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, nonché per i provvedimenti di espro­priazione per pubblica utilità e per i trasferimenti coattivi. L'imposta si applica anche in relazione agli atti indicati al comma 9.

2. L'aliquota dell'imposta municipale propria che si applica in via ordinaria è abbattuta dal 10 per cento complessivo, previsto dalla vigente normativa in materia di imposte di registro, ipotecaria e catastale, all'8 per cento.

3. L'aliquota è ulteriormente abbattuta dal 3 per cento complessivo, previsto dalla vigente normativa in materia di imposte di registro, ipotecaria e catastale, al 2 per cento nei seguenti casi:

a) se il trasferimento ha per oggetto la prima abitazione, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis) dell'arti­colo 1 della tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 e sempre che non si tratti di un immobile di categoria catastale A1, A8 e A9;

b) se il trasferimento è a causa di morte.

4. Quando il trasferimento è a causa di morte e ricorrono in capo al beneficiario ovvero, nel caso di pluralità di beneficiari, in capo ad almeno uno di essi le condizioni di cui alla lettera a) del comma 3, l'imposta si applica nella misura fissa di 1.000 euro.

5. Nei casi di cui ai commi 2 e 3 l'imposta, comunque, non può essere inferiore a 1.000 euro.

6. Per i contratti preliminari degli atti di cui al comma 1 l'imposta di cui ai commi 2, 3, lettera a), e 5, è ridotta alla metà. L'importo pagato ai sensi del presente comma è imputato all'imposta dovuta per il trasferimento definitivo.

7 A decorrere dall'anno 2015 i Comuni possono, con deliberazione adottata dal consiglio comunale entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, modificare di 1 o 2 punti percentuali l'ali­quota fissata dal comma 2.

8. Gli atti assoggettati all'imposta di cui ai commi 2, 3 e 6 e tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari sono esenti dall'imposta di registro, dall'im­posta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale, dall'imposta sulle successioni e donazioni, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie.

9. L'imposta di cui al presente articolo si applica anche nei casi in cui debbano essere effettuati adempimenti presso il catasto o i registri immobiliari in conse­guenza di atti che non comportano trasferimento, diversi da quelli indicati al comma 8; in tal caso si applica l'imposta nella misura fissa di euro 500. Gli atti assoggettati all'imposta di cui al presente comma e quelli direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adem­pimenti presso il catasto ed i registri immobiliari sono esenti dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie.

10. Le disposizioni di cui all'articolo 4 ed al presente articolo non si applicano agli atti sottoposti all'imposta sul valore aggiunto, agli atti costitutivi di diritti di garanzia su beni immobili ed alle opera­zioni di finanziamento a medio e lungo termine.

11. In relazione agli atti di cui ai commi 2, 3, 8 e 9 sono soppresse tutte le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali.

12. Ferma la riduzione della base imponibile prevista dall’articolo 4, comma 4, le parti hanno comunque l'obbligo di indicare nell'atto il corrispettivo pattuito. Si applicano l'articolo 1, commi 497, terzo periodo, e comma 498, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

13. Sino alla revisione della disciplina in materia, all'imposta municipale propria dovuta in caso di trasferimento si applica­no, per quanto attiene alla individuazione dei soggetti passivi, alla solidarietà, all'accertamento, alla liquidazione, alla riscossione coattiva, alle sanzioni, ai rimborsi, agli interessi ed al contenzioso, le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.


 

 

L’articolo 6 dello schema disciplina l’applicazione dell’imposta municipale propria nell’ipotesi di trasferimento immobiliare.

La disciplina generale dell’imposta municipale propria è contenuta nell’articolo 4 dello schema in commento (al quale si rinvia): in questa sede occorre ricordare che l’IMU è istituita con delibera comunale, a decorrere dall'anno 2014, in sostituzione di alcune imposte immobiliari dirette ed indirette.

Per quanto concerne l’applicazione dell’imposta ai trasferimenti immobiliari, l’IMU sostituisce l'imposta di registro, l'imposta ipotecaria, l'imposta catastale, l'imposta di bollo, l'imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali.

Anche in applicazione di tale presupposto, l’IMU (sia nella forma propria, che nella forma facoltativa di cui al successivo articolo7) si qualifica come tributo proprio derivato, rientrando nelle previsioni dell’articolo 12, comma 1, lettera a) della legge delega sul federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009). Spetta infatti alla legge statale l’individuazione dei tributi propri dei comuni e delle province, anche in sostituzione o trasformazione di tributi già esistenti e anche attraverso l’attribuzione agli stessi comuni e province di tributi o parti di tributi già erariali. La legge statale ne definisce presupposti, soggetti passivi e basi imponibili e stabilisce, garantendo una adeguata flessibilità, le aliquote di riferimento valide per tutto il territorio nazionale.

Presupposto e ambito operativo dell’imposta

Il comma 1 dell’articolo 6disciplina il presupposto d’imposta, coerentemente all’articolo 4, comma 2, lettera b) dello schema in esame.

L’IMUP è dovuta per il caso di trasferimento e, in particolare, per i seguenti atti:

§       atti traslativi tra vivi, a titolo oneroso o gratuito, della proprietà di beni immobili in genere;

§       atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi;

§       provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità;

§       trasferimenti coattivi.

 

Per quanto attiene all’ambito operativo dell’imposta per l’ipotesi di trasferimento, le norme specificano che essa opera anche “in relazione agli atti indicati al comma 9”, ovvero si applica nel caso in cui debbano essere effettuati adempimenti presso il catasto o i registri immobiliari in conseguenza di atti che non comportano trasferimento (diversi dai trasferimenti assoggettati a imposta, nonché da atti e formalità catastali/immobiliari ad essi direttamente conseguenti).

Dal momento che il predetto comma 9 prevede esplicitamente l’applicazione dell’imposta in misura fissa (500 euro) agli atti testé citati, il rinvio operato dalla norma in commento non appare strettamente necessario per individuare l’ambito operativo dell’IMU.

 

Come già ricordato in precedenza, lo schema in esame stabilisce, in via generale (articolo 4, comma 1), che l’imposta municipale propria sia istituita con delibera comunale a decorrere dall'anno 2014.

Sembrerebbe opportuno, in proposito, delineare con maggiore precisione il momento di effettiva operatività della nuova disciplina relativa ai trasferimenti; occorrerebbe infatti chiarire se il legislatore intende far coincidere il presupposto di imposta con la formazione degli atti colpiti dall’IMUP – la quale, dunque, si applicherebbe agli atti formati successivamente alla data della delibera comunale istitutiva – ovvero con il verificarsi di altre circostanze e adempimenti (quali, ad esempio, la trascrizione dell’atto).

 

Il comma 10 esclude l’applicazione dell’imposta municipale propria ai seguenti atti:

§       gli atti soggetti ad IVA;

§       gli atti costitutivi di garanzia su beni immobili (quali, ad esempio, l’iscrizione di ipoteca);

§       le operazioni di finanziamento a medio e a lungo termine (ad esempio, atti relativi a mutui e finanziamenti bancari).

 

In proposito, si osserva che sembrerebbe opportuno specificare maggiormente la portata della locuzione “atti costitutivi di garanzia su beni immobili”, al fine di chiarire se in tale espressione sono compresi i soli atti che attribuiscono diritti o situazioni giuridiche attive, ovvero se si riferisce alla più generale categoria di atti aventi efficacia costitutiva (atti, cioè, che producono “effetti costitutivi”, modificando situazioni e rapporti giuridici).

Tale precisazione appare necessaria in quanto, aderendo alla prima interpretazione, non soggiacerebbero ad imposta i soli atti dai quali nasce la garanzia su beni immobili (ad esempio, l’iscrizione di ipoteca), mentre nella seconda ipotesi non sarebbero soggetti ad IMU anche gli atti che consentono di modificare o estinguere tale garanzia (di conseguenza, anche la cancellazione di ipoteca).


Soggetto passivo

Per quanto attiene al soggetto passivo dell’imposta, il comma 13 rinvia genericamente alle disposizioni contenute nel Testo Unico dell’Imposta di Registro, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986.

L’articolo 57 del predetto D.P.R. individua i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta.

Oltre ai pubblici ufficiali che hanno redatto, ricevuto o autenticato l'atto, nonché i soggetti nel cui interesse è stata richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell'imposta le parti contraenti, le parti in causa, coloro che hanno sottoscritto o avrebbero dovuto sottoscrivere le denunce per la registrazione di contratti verbali e la denuncia di eventi successivi alla registrazione (di cui agli articoli 12 e 19), nonché coloro che hanno richiesto alcuni provvedimenti indicati dal codice di procedura civile (tra cui ingiunzione di pagamento, deposito del lodo arbitrale).

E’ previsto che gli agenti immobiliari obbligati a chiedere la registrazione degli atti (ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera d-bis), siano altresì tenuti al pagamento dell'imposta per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari

Anche le parti interessate al verificarsi della condizione sospensiva apposta ad un atto sono solidalmente obbligate al pagamento dell'imposta dovuta, quando si verifica la condizione o l'atto produce i suoi effetti prima dell'avverarsi di essa.

Per gli atti soggetti a registrazione in caso d'uso e per quelli presentati volontariamente alla registrazione, obbligato al pagamento dell'imposta è esclusivamente chi ha richiesto la registrazione.

Nei contratti in cui è parte lo Stato, obbligata al pagamento dell'imposta è unicamente l'altra parte contraente, a meno che non si tratti di imposta dovuta per atti presentati volontariamente per la registrazione dalle amministrazioni dello Stato. Infine, negli atti di espropriazione per pubblica utilità o di trasferimento coattivo della proprietà o di diritti reali di godimento l'imposta è dovuta solo dall'ente espropriante o dall'acquirente senza diritto di rivalsa. L’imposta non è dovuta se espropriante o acquirente è lo Stato.

Base imponibile

Stante la generale disposizione di cui all’articolo 4, comma 2, lettera b) dello schema in esame, anche in tale ipotesi la base imponibile è costituita dal valore dell’immobile a fini ICI (ai sensi dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 504 del 1992[44]), analogamente a quanto previsto per l’imposta dovuta in caso di possesso (cfr. scheda di lettura del citato articolo 4).


Aliquote

I commi 2 e 3 dell’articolo 6 fissano le aliquote applicabili nell’ipotesi in commento; ai sensi del successivo comma 5, tuttavia è prescritta una misura minima dell’imposta pari a 1000 euro.

A differenza di quanto previsto per l’ipotesi di possesso, l’IMU applicata in caso di trasferimento non presenta esenzioni per gli atti concernenti la cd. “prima casa”, ma un’aliquota ridotta.

 

Il comma 2 prevede infatti un'aliquota ordinaria dell’ 8 per cento, in luogo dell’aliquota complessiva del 10 per cento prevista per le attuali imposte di registro, ipotecarie e catastali.

Secondo la normativa vigente, l’imposta di registro applicabile ai trasferimenti di immobili diversi dall’abitazione principale è pari al 7 per cento; l’imposta ipotecaria è al 2 per cento e quella catastale all’1 per cento (articolo 1 della tariffa allegata al D.Lgs. 31 ottobre 1990 n. 347 e articolo 10, comma 1 del medesimo D.Lgs n. 347/1990).

 

Il comma 3 prevede un’aliquota agevolata del 2 per cento - in luogo dell’attuale aliquota del 3 per cento prevista attualmente per le imposte di registro, ipotecarie e catastali - per:

§       i trasferimenti a causa di morte (lettera b)del comma 3) (salvo che ricorrano, in capo ad almeno uno dei beneficiari, i requisiti soggettivi richiesti per le agevolazioni sull’abitazione principale, come stabilisce il comma 4, su cui si veda infra);

§       il trasferimento avente a oggetto la prima abitazione, ove ricorrano le condizioni indicate dalla nota II-bis) dell'articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (Testo unico sull’imposta di registro) e sempre che non si tratti di un immobileappartenente alle categorie catastali A1, A8 e A9 (immobili signorili, ville e castelli) (lettera a)del comma 3).

Lanota II-bis disciplina le condizioniper l’applicazione dell’imposta di registro con aliquota agevolata del 3 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o constitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni.

In particolare, si prescrive che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto. Inoltre, nell'atto di acquisto l'acquirente deve dichiarare di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare; di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge, con le agevolazioni fiscali indicate dalla norma stessa. Infine, in caso di cessioni soggette ad imposta sul valore aggiunto, la norma consente di effettuare le suddette dichiarazioni, comunque riferite al momento in cui si realizza l'effetto traslativo, oltre che nell'atto di acquisto, anche in sede di contratto preliminare.

Ai sensi della normativa vigente, all’acquisto dell’abitazione principale si applica l’imposta di registro nella misura del 3 per cento, mentre le imposte ipotecarie e catastali sono dovute in misura fissa (articolo 1 della tariffa allegata al D.Lgs. 31 ottobre 1990 n. 347 e articolo 10, comma 2 del medesimo D.Lgs n. 347/1990).

Applicazione dell’imposta in ipotesi specifiche

Il comma 4 prescrive l’applicazione dell’imposta in misura fissa, pari a 1000 euro, ai trasferimenti a causa di morte nei quali il beneficiario (se più di uno, almeno uno di essi) sia nelle predette condizioni di cui alla lettera a) del comma 3, ovvero si tratti di abitazione principale, non “di lusso” e in capo all’acquirente sussistano le condizioni richieste dal DPR n. 131 del 1986 per l’applicazione dell’imposta di registro con aliquota agevolata.

Si ricorda che, ai sensi della normativa vigente, nel caso di trasferimento per donazione (o successione), sono dovute le relative imposte di successione e donazione, l’imposte ipotecaria e catastale, oltre alla tassa ipotecaria, l’imposta di bollo e i tributi speciali[45].

L’articolo 2, commi da 47 a 54, del D. L. n. 262 del 2006 ha reintrodotto l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (testo vigente alla data del 24 ottobre 2001), fatto salvo quanto previsto dalle stesse norme del D.L. 262/2006.

In particolare, le predette disposizioni assoggettano i trasferimenti di beni e diritti mortis causa ad un’imposta la cui base imponibile è il valore complessivo netto dei beni, con aliquote differenziate e graduate (a seconda della presenza o meno di legami di parentela con il de cuius, e in relazione al grado di parentela stesso) e con specifiche franchigie (in favore dei parenti più stretti).

Come precisa al riguardo la Relazione illustrativa, in relazione ai trasferimenti immobiliari mortis causa l’imposta sostituisce con un solo tributo onnicomprensivo - pari al due per cento del valore catastale a fini ICI - una serie di imposte (imposta sulle successioni, imposte di registro, ipotecarie e catastali; tassa ipotecaria, bollo e tributi speciali). Di conseguenza, l’introduzione della nuova imposizione restringe l’ambito applicativo dell’imposta sulle successioni, che rimane applicabile solo al trasferimento mortis causa di beni e diritti diversi da quelli immobiliari.

Dal tenore complessivo dell’articolo in commento si evince inoltre che il nuovo tributo elimina, tra l’altro, anche il sopra illustrato regime delle franchigie previsto dalla legislazione vigente, dal momento che per i trasferimenti mortis causa è stabilita una misura minima di imposta pari a 1000 euro.

 

Ai sensi del comma 6, l’imposta dovuta per i contratti preliminari dei trasferimenti indicati al comma 1 è ridotta alla metà, sia nel caso di aliquota ordinaria che di aliquota ridotta, sia per l’ipotesi di applicazione della misura minima. L'importo pagato, in tal caso, è imputato all'imposta dovuta per il trasferimento definitivo.

 

Il comma 7 assegna - a partire dal 2015 - ai Comuni la facoltà, con deliberazione adottata dal consiglio comunale entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, di modificare di 1 o 2 punti percentuali l’aliquota ordinaria dell’8 per cento.

La disposizione in commento attua l’articolo 12, comma 1, lettera h) della già citata legge sul federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009), secondo cui tra i principi e i criteri direttivi dei decreti di attuazione della delega vi è la previsione che gli enti locali, entro i limiti fissati dalle leggi, possano disporre del potere di modificare le aliquote dei tributi loro attribuiti da tali leggi e di introdurre agevolazioni.

 

Il comma 8 dispone l’esenzione da una serie di imposte (imposta di registro, imposta di bollo, imposte ipotecaria e catastale, imposta sulle successioni e donazioni, tributi speciali catastali e tasse ipotecarie) tutti gli atti assoggettati all'imposta municipale sui trasferimenti con aliquota ordinaria e aliquota agevolata, i contratti preliminari oggetto della medesima imposizione, nonché tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari.

 

Il successivo comma 9 prevede invece l’applicazione dell’imposta municipale propria nella misura fissa di 500 euro nei casi in cui debbano essere effettuati adempimenti presso il catasto o i registri immobiliari in conseguenza di atti che non comportano trasferimento, diversi dagli atti di cui al predetto comma 8 (atti assoggettati a imposta sul trasferimento, relativi contratti preliminari, nonché atti e formalità ad essi direttamente conseguenti, al fine di effettuare gli adempimenti catastali e presso i registri immobiliari).

L’applicazione dell’imposta in misura fissa comporta l’esenzione dall'imposta di registro, di bollo, ipotecaria e catastale, dai tributi speciali catastali e delle tasse ipotecarie.

 

Il comma 11, con finalità di riordino della disciplina, dispone la soppressione di tutte le agevolazioni tributarie, comprese quelle previste in leggi speciali, in relazione agli atti cui si applica l’IMU (atti cui si applica l’aliquota ordinaria e ridotta, atti e le formalità direttamente conseguenti, contratti preliminari).

L’ordinamento prevede attualmente una serie di agevolazioni tributarie in relazione ai trasferimenti immobiliari nei diversi settori produttivi. A titolo esemplificativo si ricorda che l’articolo 2, comma 4-bis del decreto-legge 30 dicembre 2009, n 194[46] che dispone l’applicazione in misura agevolata delle imposte di registro, ipotecaria e catastale per gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni agricoli e loro pertinenze a favore di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali. Per quanto poi riguarda la cessione di immobili o di diritti reali immobiliari alle Onlus, la Tariffa, Parte Prima, del testo unico dell'imposta di registro prevede l'applicabilità dell'imposta di registro in misura fissa, purché sia dichiarato in atto dalla Onlus che essa intende utilizzare direttamente il bene per lo svolgimento della propria attività e che realizzi l'effettivo utilizzo diretto entro due anni dall'acquisto.

Si osserva, in merito, che la previsione di una generale “soppressione di tutte le agevolazioni tributarie, comprese quelle previste in leggi speciali”, senza elencare con precisione quali agevolazioni debbano essere effettivamente soppresse e senza individuare la decorrenza di tali soppressioni e/o una disciplina delle situazioni giuridiche già consolidate, potrebbe dar luogo a incertezze interpretative, come rilevato anche nella parte relativa ai profili finanziari.

 

Il comma 12 esplicitamente sancisce, ferma restando la riduzione della base imponibile operata con le disposizioni dello schema in esame – all'articolo 4, comma 4 – al fine di determinare l’ammontare dell’IMUP, l’obbligo delle parti di indicare nell'atto il corrispettivo pattuito.

In tal caso si applica la riduzione del trenta per cento degli oneri notarili connessi all’atto (in applicazione dell’articolo 1, comma 497, terzo periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, legge finanziaria 2006); non si applicano gli speciali controlli sui trasferimenti di immobili (operati da parte dell’Agenzia dell’entrate e della Guardia di finanza, ai sensi dell’articolo 1, comma 498 della medesima legge).

Infine, il comma 13 dispone che - sino alla revisione della disciplina in materia - all'imposta municipale propria dovuta in caso di trasferimento si applichino, per quanto attiene alla individuazione dei soggetti passivi, alla solidarietà, all'accertamento, alla liquidazione, alla riscossione coattiva, alle sanzioni, ai rimborsi, agli interessi ed al contenzioso, le disposizioni contenute nel Testo Unico dell’Imposta di Registro, di cui al citato D.P.R. n. 131 del 1986.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica ricorda sinteticamente che l’imposta municipale propria dovuta in caso di trasferimento di beni immobili si applica con aliquota del 2 per cento ai trasferimenti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo i cui acquirenti possiedano i requisiti soggettivi richiesti per le agevolazioni “prima casa”, nonché ai trasferimenti mortis causa, con esclusione di quelli per i quali ricorrano, in capo ad almeno uno dei beneficiari, i predetti medesimi requisiti. In tale ultimo caso l’imposta si applica nella misura fissa di 1.000 euro.

L’imposta municipale propria si applica nella misura dell’8 per cento agli atti traslativi inter vivos della proprietà di beni immobili in genere, a titolo oneroso o gratuito, ed agli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, nonché per i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e per i trasferimenti coattivi, in tutti i casi in cui i trasferimenti non abbiano ad oggetto immobili costituenti abitazione principale.

In ogni caso l’imposta municipale non può essere inferiore a 1.000 euro.

In riferimento agli atti per i quali si applica l’aliquota dell’8 per cento, a decorrere dal 2015, i comuni possono modificare di 1 o 2 punti percentuali l’aliquota fissata.

Gli atti relativi ai trasferimenti soggetti all’imposta municipale propria e quelli direttamente conseguenti sono esenti da imposte di registro, bollo, ipotecarie e catastali, successioni e donazioni, tributi speciali catastali e tasse ipotecarie.

Sono esenti dall’imposta gli atti di trasferimento soggetti ad IVA, gli atti costitutivi di diritti di garanzia su beni immobili e le operazioni di finanziamento a breve e lungo termine.

Con riguardo agli atti assoggettati all’imposta sono soppresse tutte le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali.

Si ricorda, infine, che ai sensi dell’articolo 4, comma 4, dello schema di decreto in esame, l’imposta municipale si applica alla base imponibile costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 504 del 1992 (base imponibile ICI).

La relazione tecnica quantifica gli effetti finanziari derivanti dall’introduzione dell’imposta municipale propria nell’ipotesi di trasferimento, ponendo a confronto il gettito generato da tale imposta e la perdita di gettito relativa alle imposte indirette ed ai tributi speciali catastali che, per effetto del comma 8 dell’articolo in esame, non si applicheranno più sugli atti di trasferimento in questione.

Il gettito della nuova imposta è stimato in 6.457 milioni di euro annui.

La stima è stata effettuata ricostruendo, in base ai criteri di determinazione della base imponibile fissati per l’ICI, la base imponibile dei trasferimenti immobiliari desunti dalla banca dati Registro riferiti al 2008. Alla base così ottenuta sono state quindi applicate le diverse aliquote d’imposta previste dalle norme in esame, distinguendo tra le diverse tipologie di atti e tenendo conto dell’importo minimo comunque dovuto, pari a 1.000 euro.

La relazione precisa che, nella stima, si è prudenzialmente considerato un effetto disincentivante della nuova tassazione sugli atti traslativi inter vivos a titolo gratuito.

La relazione precisa, inoltre, che il meccanismo in base al quale, in sede di contratto preliminare, è versata la metà dell’imposta, successivamente scomputata dall’importo dovuto in sede di versamento per il contratto di trasferimento definitivo (articolo 6, comma 6), sostanzialmente non altera il meccanismo previsto dalla legislazione vigente.

Infatti, ai sensi della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, è dovuta l’imposta di registro in misura fissa o proporzionale a seconda che il contratto preliminare preveda o meno la dazione di somme. Se tali somme sono previste a titolo di caparra confirmatoria si applica l’aliquota dello 0,50 per cento, se a titolo di acconto sul prezzo, l’aliquota del 3 per cento.

In ragione, tuttavia, della maggiore entità dell’importo da versare in sede di atto preliminare, si stima che dall’introduzione della disposizione possa derivare un effetto positivo di cassa nel primo esercizio di applicazione. Tale effetto non è considerato nella stima, in quanto ritenuto di non rilevante entità.

La perdita di gettito derivante dalla mancata applicazione delle imposte indirette e dei tributi speciali catastali è stimata in 5.958 milioni di euro annui.

Ai fini della metodologia di stima, la relazione tecnica precisa che il gettito delle imposte indirette sugli atti di trasferimento non soggetti ad IVA è stato quantificato elaborando i dati sia degli atti di registrazione desunti dalla banca dati Registro sia quelli contenuti nelle deleghe di versamento (modelli f23 e F24).

Il gettito dei tributi speciali catastali è stato stimato sulla base delle volture estratte dall’archivio statistico dell’Agenzia del Territorio.

Sempre in base ai dati della medesima Agenzia è stato stimato in 4 milioni di euro annui il maggior gettito ascrivibile alla disposizione di cui al comma 9 dell’articolo 6, che prevede l’applicazione dell’imposta municipale propria, nella misura fissa di 500 euro, agli adempimenti posti in essere in conseguenza di atti diversi dal trasferimento immobiliare (annotazioni, postergazioni, iscrizioni).

Nella tavola che segue sono riepilogati gli effetti delle disposizioni in esame. Complessivamente, l’introduzione dell’imposta municipale propria sui trasferimenti assicurerebbe un maggior gettito netto annuo dal 2014 di 503 milioni di euro. Una parte di tale gettito, pari a 246 milioni di euro annui è utilizzabile a compensazione del minore gettito netto che si determina, a decorrere dal medesimo anno, a seguito dell’introduzione della cedolare secca sui redditi da locazione di cui all’articolo 2.

(milioni di euro)

Effetti introduzione Imposta municipale propria sui trasferimenti

Gettito stimato

Trasferimenti prima casa e successioni

Aliquota 2%

Successioni prima casa 1.000 €

Imposta minima 1.000 €

1.346

Trasferimenti altri immobili

Aliquota 8%

Imposta minima 1.000 €

5.111

Adempimenti nei casi diversi dal trasferimento

Imposta fissa 500 €

4

A. Totale gettito imposta municipale

6.461

B. Perdita di gettito esenzione tributi indiretti e tributi speciali catastali

-5.958

A-B. Effetto netto

503

 

In merito ai profili di quantificazione, una più dettagliata esposizione dei dati e delle elaborazioni alla base dei risultati sintetici indicati nella relazione tecnica e riportati nella tavola che precede appare necessaria in quanto, rispetto al gettito realizzato attualmente, le norme introdotte in riferimento al trattamento fiscale delle diverse tipologie di atti appaiono suscettibili di determinare effetti di segno opposto.

Ad esempio, opererebbero in senso riduttivo del gettito sia la riduzione delle aliquote, sia le diverse modalità di determinazione della base imponibile. Agirebbero, invece, in senso opposto il diverso regime previsto per i trasferimenti a titolo gratuito inter vivos, che prevede un sostanziale incremento di aliquota e l’abolizione della franchigia, la previsione di un’imposta minima di 1000 euro, nonché l’integrale soppressione delle agevolazioni tributarie attualmente previste.

In merito a tale ultima previsione si rileva, altresì, che la genericità della norma soppressiva potrebbe sollevare problematiche di ordine interpretativo.

Analoghe problematiche potrebbero crearsi anche in relazione alla decorrenza dell’applicazione della nuova imposta municipale, fissata genericamente a decorrere dal 2014. Poiché l’imposta municipale si applica ad atti per i quali è previsto un termine fisso per la registrazione e l’assolvimento delle relative imposte, sarebbe stato opportuno stabilirne l’applicazione agli atti posti in essere a decorrere da una data certa.

Appare, infine, opportuno rilevare che, di fatto, le disposizioni in esame determinerebbero dal 2014 un inasprimento dell’imposizione tributaria sugli atti di trasferimento di immobili, non soggetti ad imposizione IVA, di circa 500 milioni di euro annui.

Tale risultato tiene conto di una possibile contrazione della base imponibile, a causa dell’effetto disincentivante della nuova tassazione sugli atti traslativi tra vivi a titolo gratuito, di cui, peraltro, non è esplicitata la portata. Non considera, altresì, il possibile utilizzo in termini incrementativi della facoltà concessa ai comuni, dal 2015, di modificare di uno o due punti percentuali l’aliquota d’imposta di cui al comma 2 dell’articolo 6 in esame.

Considerando che circa la metà (246 milioni) del suddetto maggior gettito di 500 milioni compensa la perdita di gettito che si determina a decorrere dal 2014 per effetto dell’introduzione della cedolare secca si rileva che, ove il residuo surplus di entrate non fosse assorbito in sede di determinazione dell’aliquota dell’imposta municipale propria nell’ipotesi di possesso di immobili, permarrebbe complessivamente un aggravio di imposizione nell’ambito del settore immobiliare inciso dal provvedimento.


 

Articolo 7
(Imposta municipale secondaria facoltativa)

 


1. L'imposta municipale secondaria facoltativa può essere introdotta, a decorrere dall'anno 2014, con esclusione degli immobili ad uso abitativo e sul presupposto di consultazioni popolari svolte secondo lo statuto comunale e della conseguente deliberazione del Consiglio Comunale, per sostituire una o più delle seguenti forme di prelievo: la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pub­blicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari, l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.

2. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, d'intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali, è dettata la disciplina generale dell'imposta municipale secondaria facoltativa, in base ai seguenti criteri:

a) il presupposto del tributo è l'occu­pazione dei beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni, nonché degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico, anche a fini pubblicitari;

b) soggetto passivo è il soggetto che effettua l'occupazione. Se l'occupazione è effettuata con impianti pubblicitari è obbli­gato in solido il soggetto che utilizza l'impianto per diffondere il messaggio pubblicitario;

c) l'imposta è determinata in base ai seguenti elementi:

1) durata dell' occupazione;

2) entità dell'occupazione, espressa in metri quadrati o lineari;

3) fissazione di tariffe differenziate in base alla tipologia ed alle finalità dell'occupazione, alla zona del ter­ritorio comunale oggetto dell'occu­pazione ed alla classe demografica del Comune;

d) le modalità di pagamento, i modelli della dichiarazione, l'accertamento, la liquidazione, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso sono disciplinate in conformità con quanto previsto dall’articolo 5, commi 4, 6 e 7, del presente decreto legislativo;

e) nei casi in cui il Comune, con la deliberazione di cui al comma 1, stabilisce che il tributo sostituisca anche l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, l'istituzione del servizio di pubbliche affissioni non è obbli­gatoria e sono individuate idonee modalità, anche alternative all'affissione di manifesti, per l'adeguata diffusione degli annunci obbligatori per legge, nonché per l'agevo­lazione della diffusione di annunci dì rilevanza sociale e culturale;

f) i Comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, hanno la facoltà di disporre esenzioni ed agevolazioni.


 

 

L’articolo 7 disciplina l’imposta municipale secondaria facoltativa, che potrà essere istituita dai Comuni a partire dal 2014, in coerenza a quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, lettera a) dello schema in esame.

Il comma 1 dell’articolo 7 prevede che tale imposta sia deliberata con delibera del Consiglio Comunale e previo svolgimento di consultazioni popolari, secondo lo Statuto del Comune interessato; essa non riguarda gli immobili ad uso abitativo.

Le forme di prelievo eventualmente sostituite

L’imposta municipale facoltativa è volta a sostituire una o più delle seguenti forme di prelievo:

§       la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche;

§       il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche;

§       l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni;

§       il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari;

§       l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.

La tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche - TOSAP

La TOSAP - Tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche è disciplinata dagli articoli 38 a 57 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507[47], come successivamente modificato.

Essa era stata abolita, a seguito dell’introduzione del canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, dall’articolo 51 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446[48]; è stata tuttavia successivamente reintrodotta dall'art. 31, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448[49].

In merito si ricorda che:

-        alla TOSAP sono sottoposte le occupazioni di qualsiasi natura effettuate - anche senza titolo - nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province (articolo 38 del D.Lgs. 507/93);

-        soggetto passivo del tributo (articolo 39) – dovuto al comune o alla provincia – è il titolare dell'atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall'occupante di fatto, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all'uso pubblico nell'ambito del rispettivo territorio;

-        la disciplina applicativa del tributo è affidata all’ente territoriale, tenuto ad approvare il regolamento per l'applicazione della TOSAP;

-        la normativa statale distingue occupazioni permanenti e temporanee (articolo 42) e disciplina altresì le modalità di graduazione e determinazione della tassa. In particolare (articolo 42, commi 3 e 4) la tassa è graduata a seconda dell'importanza dell'area sulla quale insiste l'occupazione; essa si determina in base all'effettiva occupazione, espressa in metri quadrati o in metri lineari con arrotondamento all'unità superiore della cifra contenente decimali;

-        l’articolo 49 del D.Lgs. 507/93 elenca i casi di esenzione. Sono tra l’altro esenti da imposta le occupazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, province, comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l'esercizio di culti ammessi nello Stato, dagli enti pubblici per finalità specifiche di assistenza, previdenza, sanità, educazione, cultura e ricerca scientifica.

Il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche – COSAP

Il D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446 all’articolo 63[50]ha autorizzato i comuni e le province, con apposito regolamento, ad escludere l'applicazione della TOSAP.

L’articolo ha autorizzato i medesimi enti ad assoggettare l'occupazione permanente e temporanea di suolo pubblico al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione ed in base a tariffa. Tra l’altro, il regolamento (articolo 63, comma 2):

-        deve prevedere le procedure per il rilascio, il rinnovo e la revoca degli atti di concessione;

-        reca l’indicazione analitica della tariffa, dell'entità dell'occupazione, del valore economico della disponibilità dell'area, nonché del sacrificio imposto alla collettività;

-        reca altresì l’indicazione delle modalità e termini di pagamento del canone e la previsione di speciali agevolazioni per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico;

-        infine, il regolamento comunale deve fissare un limite minimo (516,5 euro) di ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o provincia e detta i criteri il versamento del canone stesso.

L'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni

L’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni sono disciplinati dal Capo I del D.Lgs. 507/1993.

In particolare, si ricorda che:

-        la pubblicità esterna è soggetta all’imposta comunale, mentre le pubbliche affissioni sono soggette ad un diritto, entrambi in favore del comune nel cui territorio sono effettuate;

-        l’ente territoriale (articolo 3) è tenuto ad adottare uno specifico regolamento ed a deliberare le relative tariffe. Il regolamento sancisce, tra l’altro, le modalità di effettuazione della pubblicità e può stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse;

-        ai fini dell’applicazione dell’imposta, i comuni sono suddivisi in classi sulla base della popolazione residente;

-        presupposto per l'applicazione del tributo è la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche - diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni - in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile;

-        la distinzione tra imposta di pubblicità e diritti sulle pubbliche affissioni è desumibile dall'articolo 18 del decreto: i diritti si applicano ai mezzi pubblicitari esposti a cura del comune negli appositi spazi riservati dall'ente locale nell'ambito del proprio territorio;

-        soggetto passivo dell'imposta sulla pubblicità, tenuto al pagamento in via principale, è colui che dispone a qualsiasi titolo del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso (articolo 6).

La legge disciplina la misura delle tariffe per i diversi tipi di pubblicità (articoli da 12 a 15), le riduzioni e le esenzioni (articoli 16 e 17, rispettivamente): è esente da imposta, tra le altre, la pubblicità comunque effettuata in via esclusiva dallo Stato e dagli enti pubblici territoriali, nonché le insegne, le targhe e simili la cui esposizione sia obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento. Sono previste esenzioni e riduzioni (articoli da 20 a 21). Gli articoli 22 e ss.gg. recano le modalità e le regole per l’effettuazione del servizio.

Il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari

L'articolo 62, comma 2, lett. d) del D.Lgs. n. 446/1997 permette (comma 1) che i comuni, con regolamento, escludano l'applicazione nel proprio territorio dell'imposta comunale sulla pubblicità (di cui al capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507), sottoponendo le iniziative pubblicitarie che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente ad un regime autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base a tariffa.

In particolare, tra i criteri cui è informato il regolamento comunale, si prescrive (comma 2) che la tariffa sia determinata con criteri di ragionevolezza e gradualità (lettera d)), tenendo conto di alcuni elementi (popolazione residente, flussi turistici, caratteristiche urbanistiche delle zone del territorio comunale, impatto ambientale) e in modo che essa non ecceda di oltre il 25 per cento le tariffe stabilite dalle norme (citato D.Lgs. n. 507 del 1993) per l'imposta comunale sulla pubblicità in relazione all'esposizione di mezzi pubblicità esterna che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente; l regolamento può anche prevedere (comma 3) divieti, limitazioni e agevolazioni.

L'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.

L'art. 1 del R.D.L. 30 novembre 1937, n. 2145 ha previsto l'istituzione di un'addizionale, in origine destinata a costituire un fondo per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza (Eca), da applicarsi su imposte, tasse e contributi comunali e provinciali "riscuotibili per ruolo", ai sensi del testo unico della finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175 e successive modificazioni.

La legge L. 10 dicembre 1961 n. 1346 ha aumentato al 10 per cento la misura della predetta addizionale. L’articolo 3, comma 39, della legge 28 dicembre 1995, n.549 ha disposto, a decorrere dell'anno 1996, la devoluzione diretta dei proventi della predetta addizionale, applicata alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, ai comuni da parte dei concessionari della riscossione.[51].

La disciplina dell’imposta facoltativa

Il comma 2 affida a un regolamento governativo (adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400[52], d'intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali) la disciplina generale dell'imposta municipale secondaria facoltativa, in base a criteri predeterminati dalla norma.

Si ricorda in proposito che l’articolo 12, comma 1, lettera a) della legge delega sul federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009) affida alla legge statale l’individuazione dei tributi propri dei comuni e delle province, anche in sostituzione o trasformazione di tributi già esistenti e anche attraverso l’attribuzione agli stessi comuni e province di tributi o parti di tributi già erariali. La legge statale ne definisce presupposti, soggetti passivi e basi imponibili e stabilisce, garantendo una adeguata flessibilità, le aliquote di riferimento valide per tutto il territorio nazionale.

Ai sensi della successiva lettera i), gli enti locali, nel rispetto delle normative di settore e delle delibere delle autorità di vigilanza, dispongono della piena autonomia nella fissazione delle tariffe per prestazioni o servizi offerti anche su richiesta di singoli cittadini.

Nell’istituire la nuova imposta, la disposizione in commento non ne reca tuttavia la complessiva disciplina, rinviando in proposito ad apposito regolamento governativo con predeterminazione di alcuni dei criteri cui quest’ultimo dovrà essere informato (tra cui il presupposto del tributo, l’individuazione del soggetto passivo, durata ed entità dell’occupazione, le modalità di dichiarazione e pagamento),

 

La disciplina di rango secondario deve essere informata ai seguenti criteri:

a)   il presupposto del tributo è l'occupazione dei beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni, nonché degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico, anche a fini pubblicitari;

b)   soggetto passivo è colui che effettua l'occupazione. Se l'occupazione è effettuata con impianti pubblicitari, si richiede che l’obbligazione tributaria sia solidale, e che dunque soggetto passivo sia anche chi utilizza l'impianto per diffondere il messaggio pubblicitario;

c)   l'imposta è determinata in base alla durata dell'occupazione, alla sua entità (espressa in metri quadrati o lineari) e con la fissazione di tariffe differenziate in base alla tipologia ed alle finalità dell'occupazione, alla zona del territorio comunale oggetto dell'occupazione ed alla classe demografica del Comune;

d)   le modalità di pagamento, i modelli della dichiarazione, l'accertamento, la liquidazione, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso sono disciplinate in conformità con i principi desumibili dall'articolo 5, commi 4, 6 e 7 dello schema in commento;

L’articolo 5 dello schema in commento, per quanto attiene alla corresponsione dell’imposta municipale propria in caso di possesso, fa esplicito rinvio (comma 4) alla disciplina contenuta dal capo III del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni). Inoltre, si consente (comma 5) ai Comuni, per l’IMU, di introdurre l'istituto dell'accertamento con adesione del contribuente e gli altri strumenti di deflazione del contenzioso, come anche il beneficio della rateizzazione delle somme dovute senza interessi. Infine (comma 7) per l'accertamento, la liquidazione, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si rimanda alle norme generali previste per l’imposta comunale sugli immobili (articoli da 11 a 15 del decreto legislativo n. 504 del 1992) e alle disposizioni, contenute nella legge finanziaria 2007 (articolo 1, commi da 161 a 170 della legge 27 dicembre 2006, n. 296), in materia di autonomia impositiva degli enti locali, che sono intervenute su molti aspetti (accertamento, sanzioni, riscossione, possibilità di effettuare compensazioni) dettando una normativa di carattere generale, in luogo delle disposizioni specifiche dettate per i diversi tributi (imposta comunale sulla pubblicità, imposta sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, imposta comunale sugli immobili).

e)   ove il Comune, con la deliberazione istitutiva dell’imposta facoltativa, preveda la sostituzione anche dell'imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni, l'istituzione del servizio di pubbliche affissioni non è obbligatoria; vengono individuate idonee delle modalità, anche alternative all'affissione di manifesti, per l'adeguata diffusione degli annunci obbligatori per legge, nonché per l'agevolazione della diffusione di annunci di rilevanza sociale e culturale;

Il servizio di pubbliche affissioni è previsto dagli articoli 18 e seguenti del già citato D.Lgs. n. 507 del 1993 e, come visto supra, sottoposto al pagamento di appositi diritti la cui disciplina è, in parte, lasciata agli enti territoriali. Esso è inteso a garantire specificatamente l'affissione, a cura del comune, in appositi impianti a ciò destinati, di manifesti di qualunque materiale costituiti, contenenti comunicazioni aventi finalità istituzionali, sociali o comunque prive di rilevanza economica, ovvero, ove previsto, e nella misura stabilita nelle disposizioni regolamentari di cui all'art. 3, di messaggi diffusi nell'esercizio di attività economiche. Secondo la disciplina vigente, il servizio è obbligatorio per i Comuni aventi un determinato numero di abitanti.

Il D.Lgs. n. 507/1993 demanda alla fonte regolamentare comunale la disciplina delle di modalità per le pubbliche affissioni, salvo affermare alcuni principi generali; affida al Comune anche la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti l'effettuazione della pubblicità.

f)     i Comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, hanno la facoltà di disporre esenzioni ed agevolazioni.

La vigente disciplina dei tributi da sostituire affida alla legge statale la disciplina delle esenzioni e delle agevolazioni fiscali.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica ricorda che la norma prevede, a decorrere dal 2014, la facoltà per i comuni di introdurre l’imposta municipale secondaria facoltativa, con esclusione degli immobili ad uso abitativo, in sostituzione di uno o più dei seguenti tributi: la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità ed i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l’autorizzazione all’istallazione di mezzi pubblicitari, l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.

La disciplina generale dell’imposta è rinviata ad un regolamento da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. La norma in esame fissa, tuttavia i criteri riguardanti il presupposto del tributo, il soggetto passivo, la determinazione dell’imposta, i parametri finalizzati alla differenziazione delle tariffe. I comuni, con proprio regolamento, possono disporre esenzioni ed agevolazioni.

La relazione afferma che alle disposizioni non sono attribuiti effetti finanziari.

 

In merito ai profili finanziari, si rileva che la nuova imposta appare conservare, rispetto ai tributi che dovrebbe sostituire, il carattere di imposta derivata, la cui disciplina generale è fissata a livello centrale, lasciando agli enti territoriali margini di autonomia in ambito applicativo e tariffario.

Si segnala in proposito che mentre le norme istitutive dei tributi sostituibili prevedono attualmente delle specifiche esenzioni, i criteri fissati dal comma 2, cui deve ispirarsi la disciplina generale della nuova imposta facoltativa, affidano direttamente ai comuni il compito di individuare le fattispecie suscettibili di esenzione.

Si segnala, altresì, che le norme non impongono agli enti territoriali vincoli di neutralità finanziaria rispetto al gettito dei tributi sostituiti.


 

Articolo 8
(Ambito di applicazione del decreto legislativo,
regolazioni finanziarie e norme transitorie)

 


1. L'imposta municipale propria è indeducibile dalle imposte erariali sui redditi e dall'imposta regionale sulle attività produttive.

2. Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, lettere a) e b), si applicano con riferimento ai Comuni ubicati nelle regioni a statuto ordinario; per i Comuni ubicati nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano, la decorrenza e le modalità di applicazione delle predette disposizioni sono stabilite in conformità con i relativi statuti e con le procedure di cui all'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

3. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 7, lettere c), e d), ed agli articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 7 si applicano su tutto il territorio nazionale.

4. Il presente decreto legislativo concorre ad assicurare, in prima applica­zione della legge 5 maggio 2009, n. 42, e in via transitoria, l'autonomia di entrata dei Comuni. Gli elementi informativi necessari all'attuazione del presente decreto sono acquisiti alla banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alla banca dati di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), della legge 5 maggio 2009, n. 42.

5. In coerenza con quanto stabilito con la decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di limite massimo della pressione fiscale complessiva, la Conferenza permanente per il coordina­mento della finanza pubblica, avvalendosi della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, monitora gli effetti finanziari del presente decreto legislativo al fine di garantire il rispetto del predetto limite e propone al Governo le eventuali misure correttive.

6. Con distinto decreto legislativo correttivo, adottato ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, che tenga conto della determinazione dei fabbisogni standard e del conseguente superamento del criterio della spesa storica, sono distinte le fonti di finanziamento dei comuni ai sensi dell'articolo 11 della citata legge n. 42 del 2009. Con il medesimo decreto è disciplinato il riparto del fondo perequativo ai sensi dell'articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009.

7. Per il perseguimento delle finalità istituzionali, di quelle indicate nell'articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n. 504 del 1992, nonché dei compiti attribuiti con i decreti legislativi emanati in attuazione della legge n. 42 del 2009, anche al fine di assistere i comuni nell'attuazione del presente decreto e nella lotta all'evasione fiscale, l'ANCI si avvale delle risorse indicate nell'articolo 10, comma 5, del citato decreto legislativo n. 504 del 1992. A decorrere dal 1° gennaio 2011 l'aliquota percentuale indicata nel predetto articolo è calcolata con riferimento al fondo di cui all'articolo 1, comma 2 del presente decreto. A decorrere dal 1° gennaio 2014 la stessa percentuale è calcolata con riferimento al gettito annuale prodotto dalla stessa imposta. Con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità di attribuzione delle risorse in sostituzione di quelle vigenti, nonché le altre modalità di attuazione del presente comma.

8. Il presente decreto legislativo entra in vigore il 1° gennaio 2011.

 


 

Il comma 1 dell’articolo 8 dispone la non deducibilità dell’istituita imposta municipale propria dalle imposte erariali sui redditi e dall’IRAP.

 

Il comma 2 reca disposizioni in materia di applicazione territoriale di alcune disposizioni introdotte con lo schema in esame.

In particolare:

§       tutte le disposizioni dell’articolo 1 in materia di devoluzione ai Comuni della fiscalità immobiliare si applicano ai Comuni siti nelle Regioni a statuto ordinario, con l’eccezione delle lettere c) e d) del comma 7 (rispettivamente concernenti l’accesso dei Comuni ai dati dell’Anagrafe tributaria e prevedono l’integrazione del sistema informativo della fiscalità coi dati relativi alla fiscalità locale). Le predette norme si applicano anche ai Comuni ubicati nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano, ma con modalità e con decorrenza previste in conformità ai rispettivi statuti e con applicazione delle procedure previste dall’articolo 27 della legge n. 42 del 2009.

§       le altre disposizioni dello schema in esame (articolo 1, comma 7, lettere c), e d), nonché gli articoli da 2 a 7, che disegnano il nuovo modello impositivo immobiliare) si applicano su tutto il territorio nazionale.

 

Si ricorda che per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano la legge 42/2009 (articolo 1, comma 2) ha introdotto un principio di esclusività, o di riserva di disciplina, inteso a delimitare l’efficacia delle disposizioni del testo e ad integrarne i principi, così da rendere la disciplina del federalismo fiscale compatibile e coerente con le prerogative dell’autonomia speciale.

Il comma in parola elenca nominativamente gli articoli cui deve rifarsi il legislatore delegato, tra cui l’articolo 27, che prevede l’introduzione della riforma tramite norme di attuazione degli statuti speciali.

La disciplina speciale dettata dall’articolo 27 adatta, (anche avvalendosi di specifici “tavoli di confronto” tra Governo e ciascuna autonomia speciale) alle specialità il procedimento di attuazione del federalismo fiscale in quegli ordinamenti ed elenca – con esclusione degli altri – i principi ed i criteri direttivi che potranno applicarsi.

In particolare:

1.    le modifiche all’ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale e delle province autonome saranno introdotte con la procedura delle norme di attuazione degli statuti speciali, negli stessi termini temporali previsti dalla delega conferita per l’emanazione dei decreti delegati relativi alle regioni a statuto ordinario e agli enti locali;

2.    ferme le prerogative statutarie previste per ciascuna regione e provincia autonoma, la nuova disciplina sarà comunque informata ai principi del federalismo fiscale posti come attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.

Si ricorda inoltre che, ai sensi dell’art. 116, co. 1, Cost., lo statuto delle Regioni ad autonomia speciale è adottato con legge costituzionale[53].

La scelta di affidare l’applicazione di alcune disposizioni del presente schema alle procedure di cui all’articolo 27 della legge 42/2009 trova la sua ratio nell’attuale assetto normativo-contabile della finanza territoriale nelle Regioni ad autonomia speciale.

In proposito, la relazione della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale concernente il quadro generale di finanziamento degli enti territoriali e ipotesi di definizione su base quantitativa della struttura fondamentale dei rapporti finanziari tra lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, con l’indicazione delle possibili distribuzioni delle risorse[54], nell’Allegato 2[55] rileva che “i trasferimenti da fiscalizzare in sede di esercizio diretto della delega dovrebbero riguardare solo gli enti locali situati nelle regioni a statuto ordinario, rimanendo nelle RSS [Regioni a Statuto Speciale, ndr] la fiscalizzazione affidata al percorso particolare che la legge 42/2009 ha riservato loro in ossequio all’autonomia statutaria. Invero, la questione si pone solo per gli enti locali situati in Sicilia e in Sardegna, perché le regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e di Bolzano hanno già provveduto ad attuare la propria autonomia in materia di finanza locale, assumendo a proprio carico gli oneri corrispondenti. In Sicilia e Sardegna, invece, gli enti locali sono ancora destinatari di cospicui trasferimenti da parte dello Stato”.

Si ricorda in proposito che sono titolari di competenza primaria in materia di finanza locale le regioni Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e le Province autonome di Trento e Bolzano. Per quanto attiene alla disciplina della finanza locale, alla Regione Valle d’Aosta spetta la potestà legislativa di integrare e attuare le leggi statali in materia di finanza (regionale e) comunale (art. 3, co. 1, lett. f), l. cost. n. 4 del 1948). Su tale materia, la Valle d’Aosta è titolare, altresì, delle relative funzioni amministrative (art. 4 l. cost. n. 4 del 1948).

Si ricorda inoltre che, ai sensi dell’articolo 8, comma 2-bis,del decreto legislativo recante “Norme in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province” – ferme restando le illustrate disposizioni dell’articolo 27 della legge n. 42/2009, in particolare per quanto riguarda le competenze e il rispetto dei tempi ivi previsti – le misure da esso recate non trovano applicazione nei confronti degli enti locali appartenenti ai territori delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il comma 4 precisa che l’intervento recato con lo schema in esame concorre ad assicurare, in prima applicazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, e in via transitoria, l'autonomia di entrata dei Comuni.

 

La norma prescrive che gli elementi informativi necessari all'attuazione del presente decreto sono acquisiti alla banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alla banca dati di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), della legge 5 maggio 2009, n. 42.

 

L’articolo 13 della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica) dispone che, al fine di assicurare un efficace controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, nonché per acquisire gli elementi informativi necessari per dare attuazione e stabilità al federalismo fiscale, le amministrazioni pubbliche provvedano a inserire in una banca dati unitaria, istituita presso il Ministero dell’economia e delle finanze, i dati concernenti i bilanci di previsione, le relative variazioni, i conti consuntivi, quelli relativi alle operazioni gestionali, nonché tutte le informazioni necessarie all’attuazione del provvedimento. In apposita sezione della banca dati sono contenuti tutti i dati necessari a dare attuazione al federalismo fiscale. Tali dati sono messi a disposizione, anche mediante accesso diretto, della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale e della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica per le rispettive finalità.

L’articolo 5 della legge sul federalismo affida ai decreti legislativi di attuazione il compito di istituire la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, composta, nell’ambito della Conferenza Unificata, dai rappresentanti dei diversi livelli istituzionali di governo e destinata a fungere da organismo stabile di coordinamento della finanza pubblica. Il comma 1, lettera g) dell’articolo 5 prevede che la Conferenza si avvalga della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze, quale segreteria tecnica per lo svolgimento delle attività istruttorie e di supporto necessarie (lettera g)). A tale fine, si dispone l’istituzione di una banca dati comprendente indicatori di costo, di copertura e di qualità dei servizi, utilizzati per definire i costi e i fabbisogni standard e gli obiettivi di servizio, nonché per valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi di servizio.

 

Il comma 5 affida alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica – non ancora istituita - il monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dall’applicazione del nuovo sistema di finanziamento dei comuni attraverso la devoluzione a tali enti della fiscalità immobiliare, come delineata dal provvedimento in esame, al fine di valutarne i riflessi sul livello della pressione fiscale. Nello svolgimento di tale attività la Conferenza si avvale del supporto della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale.

Alla suddetta Conferenza è altresì attribuito il potere di proposta al Governo delle eventuali misure correttive atte a garantire il rispetto del limite massimo della pressione fiscale complessiva, in coerenza con quanto stabilito con la decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

In linea generale, la legge n. 42/2009 prevede che, in sede di attuazione della delega, dovrà essere salvaguardato l'obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva, anche nel corso della fase transitoria.

 

Sul tema, l’articolo 28, relativo alle norme sulla salvaguardia finanziaria, stabilisce che i decreti legislativi attuativi della delega debbano individuare meccanismi idonei:

-        a garantire la determinazione periodica del limite massimo della pressione fiscale generale e del suo riparto tra i diversi livelli di governo

-        ad evitare aumenti della pressione fiscale complessiva, neppure nella fase transitoria.

 

Il monitoraggio e le eventuali proposte di misure correttive dovranno avere come riferimento il livello della pressione fiscale complessiva come definita nella Decisione di finanza pubblica, quale nuovo documento di programmazione economico-finanziaria previsto dalla legge di contabilità n. 196/2009.

Nel relativo documento presentato al Parlamento nel settembre scorso (Decisione di finanza pubblica per gli anni 2011-2013, DOC. LVII, n. 3), il livello della pressione fiscale è previsto al 42,8% del PIL per il 2010 e al 42,4% per il 2011.

 

In merito alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, si ricorda che l’articolo 5 della legge n. 42/2009 ne prevede l’istituzione nell’ambito della Conferenza Unificata, di cui fanno parte i diversi livelli istituzionali di governo. La Conferenza si avvale della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale quale segreteria tecnica per lo svolgimento delle attività istruttorie e di supporto necessarie alla sua attività.

Tra i compiti istituzionali, previsti dall’articolo 5 della legge n. 42/2009, vi è quello che impegna la Conferenza a concorrere alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, anche in relazione ai livelli di pressione fiscale e di indebitamento, nonché alla definizione delle procedure per accertare eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica e a promuovere l’attivazione degli eventuali interventi necessari per il rispetto di tali obiettivi, in particolare per ciò che concerne la procedura del Patto di convergenza di cui all’articolo 18 (art. 5, comma 1, lettera a).

 

Il comma 6 stabilisce che con un successivo decreto legislativo correttivo del presente, adottato ai sensi della legge n. 42/2009, siano individuate distintamente le fonti di finanziamento dei comuni, in attuazione dell’articolo 11 della legge delega, che tenga conto della determinazione dei fabbisogni standard e del conseguente superamento del criterio della spesa storica.

Il medesimo decreto dovrà altresì recare la disciplina del riparto del fondo perequativo, in attuazione dell'articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009.

In base alla tempistica indicata in via generale dalla legge delega, i decreti legislativi correttivi devono essere adottati entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti di delega cui si riferiscono.

 

Poiché la definizione dei Fondi perequativi è strettamente dipendente dalla determinazione dei fabbisogni standard - quale parametro di riferimento cui ancorare il finanziamento delle spese degli enti locali in sostituzione del criterio della spesa storica - va rilevato, come già segnalato in ordine all’articolo 1, comma 2, del presente schema, che il decreto legislativo relativo alla determinazione dei fabbisogni standard (in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) prevede un percorso graduale per la transizione verso l’integrale finanziamento dei fabbisogni standard.

In particolare, il decreto individua nel 2012 l’anno di avvio della fase transitoria, a partire dal quale, il criterio del fabbisogno standard verrà progressivamente applicato ad un numero sempre maggiore di funzioni fondamentali, al fine di pervenire al nuovo assetto finanziario nell’arco di un quinquiennio. Secondo la tempistica illustrata dall’articolo 6 del decreto citato, nel 2013 il sistema dei fabbisogni standard dovrebbe essere determinato con riguardo a tutte le funzioni fondamentali degli enti locali ed entrare a regime nell’arco del triennio successivo.

 

I citati articoli 11 e 13 della legge n. 42/2009 definiscono il nuovo assetto finanziario con riguardo al finanziamento delle funzioni di comuni, province e città metropolitane.

Nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento degli enti locali, l’articolo 11 della legge delega distingue tra le spese connesse alle funzioni fondamentali degli enti locali di cui all’art. 117, secondo comma, lett. p) Cost. - la cui individuazione è rimessa alla legislazione statale - per le quali si prevede la garanzia del finanziamento integrale, con riferimento al fabbisogno standard, e le altre funzioni, per le quali si prevede la perequazione delle capacità fiscali.

a)    Il finanziamento integrale delle funzioni fondamentali è assicurato, in via prioritaria, dai tributi propri, dalle compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e dalle addizionali a tributi erariali e regionali e dall’intervento del fondo perequativo. L’articolo 12 individua specificamente quali entrate devono essere destinate, in via prioritaria, al finanziamento delle funzioni fondamentali: per icomuni è fatto riferimento al gettito della compartecipazione all’IVA, alla compartecipazione all’IRPEF e alla imposizione immobiliare, con esclusione dell'abitazione principale; per le province, al gettito di tributi relativi al trasporto su gomma e alla compartecipazione a un solo tributo erariale. E’ rimessa, invece, alla facoltà delle città metropolitane la scelta circa l’applicazione dei tributi in relazione al finanziamento delle spese fondamentali.

b)    Per quanto concerne le spese relative alle funzioni "non fondamentali", per le qualinon è stabilito il finanziamento integrale, il provvedimento ne prevede il finanziamento con i tributi propri, con le compartecipazioni al gettito di tributi e con le risorse provenienti dal fondo perequativo.

L’entità e il riparto della perequazione per gli enti locali è disciplinata dall’articolo 13. L'articolo prevede l’istituzione di due fondi perequativi, uno a favore dei comuni, l’altro a favore delle province e delle Città metropolitane, iscritti nel bilancio delle singole regioni ed alimentati attraverso un apposito fondo perequativo dello Stato. Nel fondo perequativo statale è data separata indicazione degli stanziamenti spettanti a comuni, province e città metropolitane, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni svolte da tali enti. Il Fondo perequativo dello Stato, che finanzia i fondi perequativi regionali per gli enti locali, è alimentato con le risorse provenienti dalla fiscalità generale.

La dimensione del fondo perequativo statale è determinata, per ogni tipologia di ente, con riguardo all’esercizio delle funzioni fondamentali, in misura pari alla differenza tra:

-        il totale dei fabbisogni standard per le funzioni fondamentali e

-        il totale delle entrate standardizzate spettanti ai comuni e alle province (intendendosi come tali tutte le entrate spettanti agli enti locali come individuate ai sensi dell’articolo 12 (con esclusione dei c.d. tributi propri di scopo e dei contributi per gli interventi speciali di cui all’articolo 16), valutate ad aliquota standard (art. 13, lett. e).

Il riparto tra gli enti delle risorse della perequazione avviene:

-        con riferimento alle funzioni fondamentali, in base a due indicatori: un indicatore di fabbisogno finanziario, per il finanziamento della spesa corrente, e un indicatore di fabbisogno di infrastrutture, per il finanziamento della spesa in conto capitale;

-        per il finanziamento delle funzioni diverse da quelle fondamentali, l’intervento del fondo perequativo è basato soltanto sulla capacità fiscale per abitante ed è diretto a ridurre le differenze tra le capacità fiscali dei singoli enti. Per gli enti locali con minor popolazione, ai fini della perequazione va tenuto conto inoltre di alcune specificità, quali il fattore della dimensione demografica, in relazione inversa alla dimensione demografica stessa, e la loro eventuale partecipazione a forme associative.

-        In relazione al finanziamento del livello di spesa relativo alle funzioni non fondamentali, i criteri generali di delega riconoscono agli enti territoriali la necessità di una adeguata flessibilità fiscale, articolata su più tributi, in modo tale da consentire di finanziare il livello di spesa per funzioni non fondamentali attivando “le proprie potenzialità”.

 

L’attuazione del nuovo sistema di finanziamento delle spese degli enti locali determinerà la soppressione dei trasferimenti statali e regionali attualmente diretti al finanziamento degli enti locali. Dalla soppressione sono esclusi soltanto gli stanziamenti destinati alla costituzione dei fondi perequativi e quelli ancora in essere sulle rate di ammortamento dei mutui contratti dagli enti locali.

 

Il comma 7 reca disposizioni per assicurare all’Associazione Nazionale dei comuni italiani (ANCI) le risorse necessarie al perseguimento delle sue finalità istituzionali, di quelle indicate dall’articolo 10, comma 5, del D.Lgs. n. 504/1992, nonché degli ulteriori compiti attribuiti ad essa con i decreti legislativi emanati in attuazione della legge n. 42 del 2009, anche al fine di assistere i comuni nell'attuazione del presente decreto e nella lotta all'evasione fiscale.

A tal fine, la norma richiama le risorse assegnate all’ANCI, ai sensi dell'articolo 10, comma 5, del citato decreto legislativo n. 504 del 1992.

 

La norma richiamata prevede, quale supporto finanziario per l’effettuazione di una serie di servizi finalizzati a fornire strumenti conoscitivi per un’efficace azione accertativa dei comuni nonché per agevolare i processi telematici di integrazione nella pubblica amministrazione ed assicurare il miglioramento dell'attività di informazione ai contribuenti, l’assegnazione all’ANCI di un contributo pari allo 0,6 per mille del gettito ICI a carico dei soggetti che provvedono alla riscossione.

 

Il comma 7 precisa che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, le risorse destinate all’ANCI siano calcolate applicando l'aliquota percentuale allo 0,6 per mille, indicata nell’art. 10 del D.Lgs. n. 504/1992, con riferimento al Fondo sperimentale di riequilibrio, istituito dall’articolo 1, e, a decorrere dal 1° gennaio 2014, con riferimento al gettito annuale prodotto dall’imposta municipale propria, istituita dall’articolo 4 del provvedimento in esame.

Con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità di attribuzione delle risorse in sostituzione di quelle vigenti, nonché le altre modalità di attuazione del presente comma.

 

Il comma 8 dispone che il provvedimento entri in vigore il 1° gennaio 2011.

 

Stante la diversa efficacia temporale delle norme introdotte, l’entrata in vigore delle disposizioni non coincide con la piena operatività a regime degli interventi da esso recati.


Profili finanziari

 

La relazione tecnica afferma che tra le disposizioni previste dall’articolo rileva il comma 1 che prevede l’indeducibilità dell’imposta municipale propria dalle imposte sui redditi e dall’imposta regionale sulle attività produttive, confermandosi la disciplina attualmente prevista per l’ICI.

All’articolo in esame non sono ascritti effetti finanziari.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

Si segnala, tuttavia, la disposizione di cui al comma 7, che prevede che la quota di risorse destinate all’ANCI, ai sensi dell’articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n. 504 del 1992, sia calcolata a valere sull’ammontare del Fondo sperimentale di riequilibrio di cui all’articolo 1, comma 2, del provvedimento. Tale norma individua, pertanto, le risorse per il finanziamento dei nuovi compiti assegnati all’Associazione nel quadro della riforma, a riduzione dei tributi erariali devoluti ai comuni, ovvero, a regime, a riduzione del gettito delle nuove imposte municipali istituite.


 



[1]     Ai sensi della norma della Costituzione richiamata, lo Stato ha legislazione esclusiva, tra le altre, in materia di “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”. Attualmente si riconducono ad essa le funzioni amministrative assegnate all’ente locale dalla legge, senza che ne esista una elencazione specifica ed esaustiva. La legge n. 42/2009 individua, in via transitoria, tali funzioni e ne determina nell’80% il valore delle spese di ciascun comune da ascrivere a spese per funzioni fondamentali.

[2]     Si tratta di una categoria residuale di spesa, alla quale appartengono le voci non incluse tra le spese per funzioni fondamentali ovvero tra le spese finanziate dallo Stato, dall’Unione europea da cofinanziamenti regionali per gli interventi di cui al quinto comma dell’articolo 119 Cost..

[3]     Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro.

[4]     Nelle Parti seconde e terze della Tariffa vengono individuati, rispettivamente, gli atti soggetti a registrazione in caso d’uso e quelli la cui registrazione è volontaria.

[5]     Disciplina dell'imposta di bollo.

[6]     Va precisato che non tutto il gettito derivante dagli indicati tributi affluisce al Fondo di riequilibrio, posto che il successivo comma 7 prevede l’assegnazione diretta al comune interessato di quota parte di tali entrate, quali il maggior gettito derivante dall’accatastamento degli immobili finora non dichiarati in catasto nonché della quota del 50% dei maggiori tributi erariali riscossi a titolo definitivo, a seguito dell’intervento del comune nell’attività di accertamento (cfr. comma 7).

[7]     In corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

[8]     L’articolo 18 del D.L. n. 78/2010 disciplina, incentivandola, la partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento di tributi e contributi, prevedendo altresì, a tal fine, la costituzione e il funzionamento dei Consigli tributari.

[9]     A regime, l’articolo 11 della legge n. 42/2009 prevede, alla lettera e), la soppressione di tutti i trasferimenti sia statali che regionali destinati al finanziamento delle spese riconducibili alle funzioni fondamentali e non fondamentali degli enti locali, fatta eccezione degli stanziamenti destinati alla costituzione dei fondi perequativi e dei contributi erariali e regionali in essere sulle rate di ammortamento dei mutui contratti dagli enti locali.

[10]    Vedi da ultimo sentenze n. 75 del 2006 (ICI) e n. 216 del 2009 (IRAP).

[11]    Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria.

[12]    La disposizione disciplina la partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento tributario e contributivo. Prevede, tra l’altro, l’obbligo per i Comuni di istituire i Consigli tributari ed eleva dal 30 al 33 per cento la quota attribuita a tali enti delle maggiori entrate erariali riscosse a seguito della loro partecipazione all’attività di accertamento.

[13]    Cfr. in particolare le tavole 7, 8 e 9 della sezione 1 dell’Allegato. In base a quanto ivi specificato, gli importi sono tratti dai Certificati di rendiconto al bilancio 2008, fatta eccezione per quelli relativi ai trasferimenti compensativi della minore ICI sulla prima casa, per i quali, al fine di tenere conto delle intervenute integrazioni rispetto agli importi originariamente previsti, i dati fanno riferimento alle spettanze per il 2010.

[14]    Riduzione degli stanziamenti al fondo ordinario in relazione alle previste misure di contenimento degli oneri per organi istituzionali.

[15]    La riduzione dei trasferimenti disposta dal comma 2 del DL 78/2010 è stata ripartita, in sede di prima elaborazione, proporzionalmente tra gli enti delle regioni a statuto ordinario e delle isole in base alla distribuzione del fondo ordinario del Ministero dell’interno.

[16]    Di cui all’art. 6, comma 1, lettere a) e b) del DL n. 511/1988.

[17]    Di cui all’art. 47, comma 1, della legge 449/1998.

[18]    Ai sensi dell’art. 37, co. 4-bis, del TUIR la percentuale del 15% è elevata al 25% per i fabbricati situati nelle città di Venezia centro, isole della Giudecca, Murano e Burano.

[19]    Il metodo illustrato è il c.d. “metodo storico” e si basa sul presupposto che i redditi dichiarati in un anno dal contribuente non si discostino di molto rispetto a quelli dell’anno precedente. Rimane salva, in ogni caso, la facoltà per il contribuente di rideterminare l’ammontare dell’acconto da versare entro il 30 novembre sulla base del metodo previsionale. In ogni caso, l’acconto non è dovuto se il suo ammontare è inferiore a 51,65 euro.

[20]    Si ricorda che all'aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa provvede, ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 431 del 1998, il CIPE con propria delibera, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di intesa con i Ministri dell'interno e della giustizia. Il CIPE ha aggiornato gli elenchi con una serie di delibere e, da ultimo, con delibera 13 novembre 2003, n. 87 (G.U. 18 febbraio 2004, n. 40). L’elenco dei comuni è consultabile anche sul sito internet: http://www.confedilizia.it/ELENCO%20COMUNI%20ALTA%20TENSIONE%20ABITATIVA.htm.

[21]    Articolo 37 del TUIR.

[22]    Articolo 8 della legge n. 431 del 1998.

[23]    15%+(30%*85%) = 40,5%.

[24]    Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 41 del TUIR, se le unità immobiliari ad uso abitativo, possedute in aggiunta a quelle adibite ad abitazione principale del possessore e dei suoi familiari, sono tenute a propria disposizione, il reddito calcolato in base alle tariffe d’estimo, è aumentato di un terzo. Pertanto: 1.851 + (1.851/3) = 2.468.

[25]    Elaborazione del Servizio Bilancio dello Stato sui dati contenuti nella Relazione tecnica.

[26]    Ai sensi dell’articolo 3, comma 48, della legge n. 662/1996 le rendite catastali urbane, fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, sono rivalutate del 5 per cento ai fini dell’applicazione dell’ICI e di ogni altra imposta.

[27]    Il coefficiente è stato aumentato da 100 a 140 dall’art. 2, comma 45, del D.L. n. 262 del 2006, a decorrere dalla data di entrata in vigore del citato decreto-legge, e cioè dal 3 ottobre 2006.

[28]    Ai terreni iscritti in catasto vengono attribuiti, in luogo della rendita catastale, il reddito dominicale e il reddito agrario i quali, ai fini fiscali, sono rivalutati, rispettivamente, dell’80% e del 70%.

[29]    Ai sensi dell’art. 47 Cost. “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.”.

[30]    Al termine del contratto di locazione finanziaria, l’utilizzatore continua ad essere soggetto passivo in qualità di proprietario dell’immobile se esercita l’opzione per il riscatto del bene.

[31]    Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni. Il Capo III reca Disposizioni in materia di riscossione.

[32]    D.L. n. 63/2002, convertito nella legge 15 giugno 2002, n. 112, recante “Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture”.

[33]    Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

[34]    Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[35]    I verbali di constatazione sono tipicamente redatti a seguito di accessi, ispezioni o verifiche presso le aziende oppure sono originati da specifiche segnalazioni da parte di pubbliche amministrazioni che evidenziano l’esistenza, in capo al contribuente, di redditi non dichiarati ovvero di maggiori redditi rispetto a quelli dichiarati dal soggetto passivo.

[36]    Con l’invito al contraddittorio l’Amministrazione rappresenta al contribuente una ipotesi di pretesa fiscale e i motivi che la determinano.

[37]    Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

[38]    L’articolo 146 del D.Lgs. n. 5/2006 ha inserito l’articolo 182-ter nella legge fallimentare (R.D. n. 267/1942).

[39]    L’istituto del concordato preventivo è una particolare procedura concorsuale che mira ad evitare il fallimento dell’imprenditore in crisi. A tal fine viene approvato dalle parti un piano di ristrutturazione dei debiti e il pagamento parziale di essi con il quale sono estinti tutti i debiti gravanti sull’impresa. A differenza di altre procedure concorsuali, il concordato preventivo è uno strumento che agisce ex ante rispetto al fallimento e non costituisce, quindi, uno strumento di chiusura della procedura fallimentare.

[40]    L’articolo 31, comma 18, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003) ha precisato che “l'esenzione degli immobili destinati ai compiti istituzionali posseduti dai consorzi tra enti territoriali, prevista all'articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ai fini dell'imposta comunale sugli immobili, si deve intendere applicabile anche ai consorzi tra enti territoriali ed altri enti che siano individualmente esenti ai sensi della stessa disposizione”.

[41]    L’art. 8 Cost. dispone “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.”.

[42]    L’art. 19 Cost. dispone “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.

[43]    L’imposta locale sui redditi (ILOR), inizialmente introdotta dal D.P.R. n. 599/1973 e successivamente ridisciplinata nell’ambito del Titolo III del TUIR (D.P.R. n. 917/1986 previgente) è stata abolita a seguito dell’introduzione dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) di cui al d.lgs. n. 446/1997 con decorrenza 1 gennaio 1998.

[44]    D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 50, recante il riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[45]    I tributi speciali catastali hanno assunto tale denominazione con il D.L. 31 luglio 1954, n. 533, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 26 settembre 1954, n. 869. Prima della entrata in vigore di tale provvedimento, essi rientravano nella generale categoria dei diritti, proventi e compensi posti a carico dei cittadini per l'erogazione, da parte delle amministrazioni dello Stato o di altri enti, di servizi di varia natura. Gli importi dei tributi speciali catastali vigenti sono stabiliti dal Titolo III della Tabella A allegata al citato D.L. n. 533 del 1954, come sostituita dall'allegato 2-quinquies alla L. 30 dicembre 2004, n. 311.

[46]    Recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e convertito con la legge 26 febbraio 2010, n. 25.

[47]    Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.

[48]    Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

[49]    Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

[50]    Come già commentato supra, la TOSAP era stata abolita dall’articolo 51 del D.Lgs. 15 dicembre 1997 a seguito dell’introduzione del COSAP - canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche. Dal momento che la tassa è stata reintrodotta nell’ordinamento dall'art. 31, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, attualmente coesistono entrambe le forme di prelievo.

[51]    Il D.M. 2 maggio 1996 ha recato le modalità di devoluzione ai comuni dei proventi delle addizionali erariali alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, tra cui l'addizionale ex ECA.

[52]    Ovvero nella forma di decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi previa deliberazione del Consiglio dei ministri e sentito il parere del Consiglio di Stato.

[53]    La legge cost. n. 2 del 2001 è intervenuta nella materia statutaria, uniformandone il procedimento di revisione; essa ha disposto, altresì, che le future modifiche degli Statuti speciali non siano sottoposte a referendum costituzionale; inoltre, si è previsto che le norme relative alla forma di governo possano essere modificate con legge regionale.

      Gli Statuti delle Regioni ad autonomia differenziata prevedono che all’attuazione dello Statuto, nonché al trasferimento delle funzioni, degli uffici e del personale dallo Stato alla Regione, si provveda con un decreto legislativo, emanato dal Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta di un’apposita commissione paritetica formata da membri designati in parti uguali dal Governo e dalla Regione. Si tratta di atti con forza di legge a cui è attribuita una competenza specifica e riservata: la loro emanazione avviene senza una delega legislativa del Parlamento. In alcuni casi, la legge costituzionale di adozione dello statuto dispone un’attenuazione del grado di rigidità del processo di revisione: per es., l’art. 54 dello Statuto della Regione Sardegna (l. cost. n. 3 del 1948) prevede che le disposizioni statutarie in materia di finanze, demanio e patrimonio possano essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta del Governo o della Regione, in ogni caso sentita la Regione. Previsioni analoghe sono contenute nell’art. 63 dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia (l. cost. n. 1 del 1963) e nell’art. 104 dello Statuto per il Trentino-Alto Adige (D.P.R. n. 670 del 1972).

[54]    Presentata alle Camere ai sensi dell’articolo 2, comma 6, della legge 5 maggio 2009, n. 42.

[55]    Pagina 21, La questione di Sicilia e Sardegna.