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PDL 2260

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2260



DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
(ZAIA)

di concerto con il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
(PRESTIGIACOMO)

con il ministro per i rapporti con le regioni
(FITTO)

e con il ministro per le politiche europee
(RONCHI)

Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare

Presentato il 4 marzo 2009


      

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Onorevoli Deputati! - Il disegno di legge persegue l'obiettivo di rilanciare il settore agroalimentare, avuto riguardo principalmente all'attività di contrasto delle frodi nel medesimo settore nonché a un impiego efficace ed efficiente delle risorse destinate all'amministrazione dell'agricoltura.
      Il provvedimento si compone dei seguenti sette articoli.
      L'articolo 1, rubricato «Estensione dei contratti di filiera e di distretto a tutto il territorio nazionale», interviene a novellare quanto disposto in materia dall'articolo 66, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni.
      In particolare, la norma proposta elimina il vincolo presente nella suddetta legge, che, rebus sic stantibus, circoscrive l'ambito di operatività dei contratti di filiera e di distretto alle sole aree sottoutilizzate.
      Nella nuova formulazione dei contratti di filiera e di distretto, di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 22 novembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 42 del 19 febbraio 2008, infatti, lo strumento in argomento è chiamato ad operare attivando sia risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) sia risorse del «Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca», istituito presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, che, com'è noto, prescindono da qualsivoglia vincolo di natura territoriale (fondi della Cassa depositi e prestiti Spa, altri appositi fondi del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali).
      L'introduzione a livello ordinamentale della disposizione de qua è di primaria rilevanza sotto un duplice profilo: da un lato, essa promuove l'accesso allo strumento «contratto di filiera» da parte della complessiva platea di imprese eleggibili, compatibilmente con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato; dall'altro, pone rimedio alla inevitabile e ingiustificata penalizzazione delle imprese ubicate nelle aree non svantaggiate (sostanzialmente del centro-nord).
      Al riguardo, giova sottolineare che l'intervento normativo in questione e la formulazione testuale proposta hanno già ottenuto il parere positivo della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      Dal punto di vista finanziario la norma non determina nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
      L'articolo 2, rubricato «Rafforzamento della tutela e della competitività dei prodotti a denominazione protetta», modifica l'articolo 6 della legge 11 aprile 1974, n. 138.
      In particolare si prevede l'applicazione di sanzioni più severe nelle ipotesi in cui le violazioni previste dalla medesima legge n. 138 del 1974 abbiano ad oggetto prodotti a denominazione protetta ai sensi dei regolamenti (CE) n. 509/2006 e n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006.
      Dal punto di vista finanziario la norma non determina maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
      L'articolo 3, rubricato «Promozione della produzione diffusa di energia elettrica da biomassa», reca misure intese a promuovere la produzione di energia elettrica da biomassa agricola in impianti a produzione diffusa.
      La norma nasce dall'esigenza di riconoscere un incentivo maggiore all'energia elettrica prodotta a partire da biomasse e da biogas derivanti da attività agricola, di allevamento e forestale, ivi inclusi i sottoprodotti, per impianti di taglia non superiore a 1 MW; infatti tale sistema di incentivazione si rende necessario per coprire i maggiori costi derivanti dall'utilizzo di materia prima agricola per la produzione di energia elettrica.
      L'utilizzo ai fini della produzione di energia elettrica in impianti di potenza elettrica non superiore a 1 MW, la cosiddetta «generazione diffusa» di biomasse agricole, di allevamento e forestali, inoltre, costituisce la migliore soluzione per lo sviluppo delle aziende agricole e per il loro coinvolgimento diretto rispetto ai benefìci economici che ne derivano. La ridotta dimensione degli impianti garantisce che l'approvvigionamento sarà prevalentemente circoscritto al mercato locale, consentendo, al contempo, di minimizzare le esternalità legate alla movimentazione delle biomasse.
      La norma proposta ha il vantaggio di rendere di fatto operativo il principio della legge 27 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) superando i ritardi legati alla definizione e al recepimento dei princìpi di filiera e di filiera corta. Questo permetterà di dare avvio operativo ai progetti basati sulle filiere agricole locali impostati a seguito della citata legge finanziaria 2008 e fino ad ora rimasti bloccati in attesa dei provvedimenti attuativi.
      Sulla base di tali considerazioni, si ritiene opportuno fissare l'importo della tariffa, pari a 0,28 euro per ogni kWh. La nuova formulazione dell'articolo 3, risultante dall'accoglimento delle modifiche richieste dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, permette di interpretare con maggiore efficacia l'obiettivo espresso dalle regioni di estendere agli oli vegetali puri l'accesso all'incentivo della tariffa onnicomprensiva di 0,28 euro definito dalla norma.
      In pratica, con la nuova formulazione rimangono esclusi da tale incentivo solo gli oli vegetali puri di origine extracomunitaria, in quanto non rispondenti ai requisiti di tracciabilità previsti dal regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009, nonché gli altri biocombustibili liquidi (ad esempio, il biodiesel e il bioetanolo) che già sono legati a specifiche norme di promozione e di incentivo per l'uso in qualità di biocarburanti.
      Dal punto di vista finanziario, la norma non determina maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, in quanto i costi della tariffa onnicomprensiva ivi definita incidono direttamente ed esclusivamente sulla tariffa elettrica (e quindi sono posti a carico degli utenti).
      L'articolo 4, rubricato «Disciplina delle attività selvicolturali», al comma 1, introduce nell'articolo 6 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, una nuova disposizione in forza della quale, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono approvati i criteri e le buone pratiche di gestione forestale.
      La norma si rende necessaria e urgente in connessione con l'attivazione delle misure forestali presenti nei programmi di sviluppo rurale di cui al regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005. La Commissione europea, nelle numerose riunioni negoziali per l'approvazione dei predetti programmi, ha comunicato la necessità che siano definite delle linee guida nazionali per la gestione selvicolturale, al fine di poter «misurare» gli impegni dei singoli agricoltori eccedenti la «normale» gestione forestale.
      La norma non reca nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato in quanto si limita a disciplinare le pratiche di «buona forestazione».
      Il comma 2 stabilisce il termine per l'adozione del decreto di approvazione dei criteri e delle buone pratiche di gestione forestale.
      L'articolo 5, rubricato «Impiego del personale ministeriale nei controlli comunitari agricoli», si propone di potenziare le attività di controllo previste dalla normativa comunitaria mediante l'impiego del personale ministeriale nei controlli comunitari agricoli e si articola in due commi.
      Il comma 1, novellando l'articolo 18 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, consente all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) e all'Agecontrol Spa di avvalersi, oltre che dell'Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari (ICQ), anche del personale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sulla base di un'apposita convenzione approvata dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
      Il comma 2 interviene sull'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 10 dicembre 2002, n. 305, estendendo la qualifica di pubblico ufficiale al personale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali chiamato a svolgere le predette attività di controllo.
      Dal punto di vista finanziario la norma non determina maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, in considerazione del fatto che il costo delle ispezioni di cui al citato articolo 18 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, rientra nei limiti del costo del servizio coperto dalla convenzione attualmente in essere tra l'AGEA e l'ICQ.
      L'articolo 6, rubricato «Indicazione obbligatoria dell'origine dei prodotti alimentari nell'etichettatura», reca disposizioni urgenti in materia di etichettatura dei prodotti agroalimentari e realizza un duplice obiettivo. In primis, esso interviene ad abrogare formalmente le disposizioni recate dall'articolo 1-bis del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204, in materia di etichettatura di alcuni prodotti agroalimentari, allo scopo di risolvere il dubbio tra l'amministrazione e la Commissione europea in ordine alla presunta illegittimità comunitaria delle norme ivi contenute (si fa riferimento alla nota del 13 agosto 2006 della Direzione generale dell'agricoltura e dello sviluppo rurale della Commissione europea).
      Sotto un altro profilo, l'articolo in esame consente di armonizzare del tutto la normativa nazionale con quanto previsto dal diritto comunitario in materia di regolamentazione relativa all'etichettatura dei prodotti alimentari, avuto riguardo anzitutto alla necessità di informare pienamente e di tutelare i consumatori.
      In particolare, l'articolo adegua il quadro normativo vigente alla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, e realizza un'obiettiva funzione deterrente verso comportamenti commercialmente o legalmente scorretti a danno dei consumatori.
      Le disposizioni che si propongono sottendono la logica della tutela «preventiva» del consumatore e la rafforzano, introducendo nel settore agroalimentare i princìpi dell'educazione del consumatore, già positivizzati a livello nazionale dal codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
      In altri termini, si vuole consentire al consumatore di apprendere il funzionamento del mercato e di superare le «asimmetrie» informative, migliorandone la capacità di agire in qualità di «consumatore di prodotti agroalimentari».
      In tale contesto, l'articolato proposto non assume in alcun modo una finalità promozionale del consumo di determinati prodotti agroalimentari, ma si limita a evidenziare la centralità dell'indicazione dell'origine o della provenienza dei prodotti alimentari, quali attributi dell'offerta che consentono al consumatore di poter conoscere le caratteristiche del prodotto e di operare una scelta con cognizione di causa, senza alcun ostacolo per la libera circolazione delle merci nel mercato comune e in piena sintonia con quanto richiesto nell'ottavo «considerando» della citata direttiva 2000/13/CE. Si fa presente, inoltre, che la stessa direttiva prevede la piena indicazione proprio al fine di evitare l'induzione dei consumatori in errore.
      Da ultimo, giova sottolineare come la normativa in argomento risponda alla logica della tracciabilità e della rintracciabilità dei prodotti agroalimentari che, a partire dall'adozione del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, ha permeato tutta la successiva produzione normativa nazionale e comunitaria in materia di sicurezza alimentare.
      In definitiva, la normativa proposta si pone in armonia con l'articolo 23 del Trattato istitutivo della Comunità europea, non creando alcun «ostacolo», né diretto né indiretto, alla libera circolazione delle merci, ma imponendo l'indicazione piena delle notizie relative ai prodotti agroalimentari, allo scopo di tutelare la parte debole del rapporto e cioè il consumatore finale.
      Dall'altro lato, in piena conformità con la citata direttiva 2000/13/CE e con il menzionato codice del consumo di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005 (successivo alla ricordata contestazione relativa al decreto-legge n. 157 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 204 del 2004), la normativa proposta si muove nella logica della piena informazione del consumatore. Si rappresenta, inoltre, che tale piena informazione è consentita proprio al fine di evitare l'induzione dei consumatori in errore.
      Non vi è dubbio che, soprattutto nell'attuale contesto commerciale nazionale e internazionale, la mancanza di conoscenza o l'ignoranza quale mancanza di rappresentazione della realtà su aspetti essenziali del contratto coincide con l'errore (quale falsa o difettosa rappresentazione della realtà), sicché è pienamente giustificata la pretesa della conoscenza dell'origine o della provenienza di un prodotto.
      Sotto il profilo strutturale, la normativa che si propone si articola in cinque commi e innova profondamente le prescrizioni contenute nel citato articolo 1-bis del decreto-legge n. 157 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 204 del 2004.
      In particolare, al comma 1 la previsione che l'etichettatura dei prodotti alimentari deve riportare l'indicazione del luogo di origine o di provenienza «nei casi in cui l'omissione di tale indicazione può indurre in errore il consumatore» si rende opportuna al fine di adeguare il dettato normativo alla citata direttiva 2001/13/CE (si veda la ricordata messa in mora della Commissione europea relativa al decreto-legge n. 157 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 204 del 2004), che impone l'obbligo di indicare il luogo di origine o di provenienza dei prodotti.
      Il comma 2 prevede l'adozione di decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dello sviluppo economico preordinati a individuare, in relazione a ciascuna filiera e in considerazione delle valutazioni espresse dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative della filiera, i prodotti che soggiacciono agli obblighi previsti al comma 1.
      Il comma 3 demanda, altresì, ai predetti decreti l'individuazione delle modalità per l'indicazione del luogo di origine o di provenienza, nonché del requisito della prevalenza della materia prima utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti.
      Per quanto concerne le sanzioni in caso di violazione delle disposizioni relative alle indicazioni obbligatorie, la norma in esame dispone, in sostanza, una sanzione simile a quelle previste dall'articolo 18 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109.
      Il comma 5 provvede alla formale abrogazione dell'articolo 1-bis del decreto-legge n. 157 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 204 del 2004. Tale abrogazione formale si rende necessaria, essendosi provveduto alla riscrittura completa della disciplina, in adeguamento alle ricordate contestazioni comunitarie.
      Si fa presente, altresì, che la precedente disciplina era rimasta sostanzialmente inattuata, sia perché la Commissione europea, in mancanza della previa notifica (trattandosi di regole tecniche), ne sosteneva l'inopponibilità e l'inapplicabilità, sia perché non sono mai stati emanati i decreti attuativi che, soli, potevano consentire l'entrata in vigore dell'intera disciplina, sia perché con circolare del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 1o dicembre 2004, pur essendo ampiamente decorso il termine semestrale (non perentorio) per l'adozione dei decreti attuativi, si rinviò a tempo indeterminato l'emanazione dei suddetti decreti in attesa delle determinazioni da assumere d'intesa con la Commissione europea.
      Dalla presente norma non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
      Le disposizioni di cui all'articolo 7, rubricato «Misure sanzionatorie per la produzione o per il commercio dei mangimi», hanno lo scopo, pur mantenendo un adeguato regime sanzionatorio, di eliminare la rilevanza penale di infrazioni per le quali è di norma da escludere il fatto intenzionale e che non comportano rischi per la salute umana e animale. Per assicurare, comunque, adeguate sanzioni in caso di reati di particolare gravità, sono stati lasciati i relativi riferimenti e sono state mantenute sanzioni elevate in caso di comportamenti fraudolenti. L'inserimento della reiterazione, quale presupposto dell'eventuale prima sospensione dell'attività, trova la sua giustificazione nella forte deterrenza del futuro provvedimento in relazione alle caratteristiche dell'attività di produzione dei mangimi; tale attività comporta infatti un ciclo pressoché continuo con scorte praticamente inesistenti, a causa della necessariamente limitata capacità di stoccaggio soprattutto per i mangimi da consegnare sfusi. Ne consegue che una sospensione, anche breve, dell'attività, comporta danni in buona parte irreversibili per il produttore, i cui clienti sarebbero in pratica obbligati a rivolgersi altrove per le forniture. Il termine massimo di tre mesi appare adeguato quale sanzione di gravità tale da determinare una decisiva riduzione dell'attività, specie per la maggior parte dei produttori dotati di un'unica unità produttiva.
      Dal presente provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e pertanto non viene redatta la relazione tecnica.

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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Estensione dei contratti di filiera e di distretto a tutto il territorio nazionale).

      1. All'articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Al fine di favorire l'integrazione di filiera del sistema agricolo e agroalimentare e il rafforzamento dei distretti agroalimentari, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nel rispetto della programmazione regionale, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, promuove, nel limite finanziario complessivo fissato con deliberazione del CIPE in attuazione degli articoli 60 e 61 della presente legge e nel rispetto dei criteri di riparto territoriale stabiliti dalla medesima deliberazione del CIPE, dall'articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, nonché dagli eventuali altri stanziamenti previsti dalla legge, contratti di filiera e di distretto a rilevanza nazionale con gli operatori delle filiere, ivi comprese le forme associate di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, finalizzati alla realizzazione di programmi di investimenti aventi carattere interprofessionale, in coerenza con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura».

Art. 2.
(Rafforzamento della tutela e della competitività dei prodotti a denominazione protetta).

      1. All'articolo 6 della legge 11 aprile 1974, n. 138, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «Le sanzioni di cui ai commi primo e secondo sono raddoppiate se la violazione riguarda prodotti a denominazione protetta ai sensi dei regolamenti (CE) n. 509/2006 e n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, o se la violazione riguarda locali in cui sono lavorati i predetti prodotti».

Art. 3.
(Promozione della produzione diffusa di energia elettrica da biomasse).

      1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, il comma 382-ter è abrogato.
      2. Alla tabella 3 allegata alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il punto 6 è sostituito dal seguente:

      «6. Biogas e biomasse, esclusi i biocombustibili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri tracciabili attraverso il sistema integrato di gestione e di controllo previsto dal regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009: 28»;

          b) il punto 7 è abrogato;

          c) il punto 8 è sostituito dal seguente:

      «8. Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biocombustibili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri tracciabili attraverso il sistema integrato di gestione e di controllo previsto dal regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009».

      3. All'articolo 2, comma 150, lettera c), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: «di cui alle tabelle 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «di cui alla tabella 2».
      4. All'articolo 2, comma 152, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per gli impianti, di proprietà di aziende agricole o gestiti in connessione con aziende agricole, agro-alimentari, di allevamento e forestali, alimentati dalle fonti di cui al punto 6 della tabella 3, allegata alla presente legge, l'accesso alla tariffa fissa onnicomprensiva è cumulabile con altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto capitale o in conto interessi con capitalizzazione anticipata, non eccedenti il 40 per cento del costo dell'investimento».

Art. 4.
(Disciplina delle attività selvicolturali).

      1. All'articolo 6 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

      «1-bis. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono approvati i criteri e le buone pratiche di gestione forestale, nel rispetto degli impegni assunti dall'Italia nell'ambito delle convenzioni internazionali che perseguono specifici programmi di lavoro per gli ecosistemi forestali e delle Conferenze ministeriali per la protezione delle foreste in Europa e in attuazione di quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005».

      2. Il decreto di cui all'articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è adottato entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 5.
(Impiego del personale ministeriale nei controlli comunitari agricoli).

      1. All'articolo 18 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, il comma 3 è sostituito dal seguente:

      «3. Per lo svolgimento delle attività di controllo di rispettiva competenza, l'AGEA e l'Agecontrol Spa possono avvalersi dell'Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari di cui all'articolo 1, comma 1047, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonché del personale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sulla base di un'apposita convenzione approvata dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato».

      2. All'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 10 dicembre 2002, n. 305, e successive modificazioni, dopo le parole: «regolamento (CEE) n. 4045/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989,» sono inserite le seguenti: «nonché i controlli eseguiti congiuntamente all'AGEA e all'Agecontrol Spa».

Art. 6.
(Indicazione obbligatoria dell'origine dei prodotti alimentari nell'etichettatura).

      1. Al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori finali, in tutti i prodotti posti in commercio in Italia, l'etichettatura dei prodotti alimentari, nei casi in cui l'omissione di tale indicazione può indurre in errore il consumatore circa l'origine o la provenienza del prodotto alimentare, deve riportare l'indicazione del luogo di origine o di provenienza.
      2. Con decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dello sviluppo economico, tenuto conto delle valutazioni delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative della filiera, sono determinati, relativamente a ciascuna filiera, i prodotti alimentari soggetti all'obbligo di indicazione di cui al comma 1. Per i prodotti alimentari non trasformati, l'indicazione del luogo di origine o di provenienza riguarda il Paese di origine ed eventualmente la zona di produzione dei prodotti. Per i prodotti alimentari trasformati, l'indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione sostanziale ovvero il luogo di origine o di provenienza della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti. Per luogo di origine o di provenienza si intende la zona di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola stessa ovvero il luogo di ultima trasformazione sostanziale.
      3. Con i decreti di cui al comma 2 sono altresì definiti le modalità per l'indicazione del luogo di origine o provenienza e il requisito della prevalenza della materia prima agricola utilizzata nella preparazione o produzione dei prodotti.
      4. La violazione delle disposizioni relative alle indicazioni obbligatorie di cui ai commi 1, 2 e 3 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro.
      5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è abrogato l'articolo 1-bis del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204.

Art. 7.
(Misure sanzionatorie per la produzione e per il commercio dei mangimi).

      1. L'articolo 22 della legge 15 febbraio 1963, n. 281, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 22. - 1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto di terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, prodotti disciplinati dalla presente legge non rispondenti alle prescrizioni stabilite, o risultanti all'analisi non conformi alle dichiarazioni, indicazioni e denominazioni, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 6.000 euro.
      2. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita, mette altrimenti in commercio o prepara per conto di terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, prodotti disciplinati dalla presente legge contenenti sostanze di cui è vietato l'impiego, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 20.000 euro.
      3. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto di terzi o, comunque, per la distribuzione e per il consumo, sostanze vietate o prodotti, con dichiarazioni, indicazioni e denominazioni tali da trarre in inganno sulla composizione, specie e natura della merce, è punito con la sanzione amministrativa da 20.000 euro a 66.000 euro.
      4. Le sanzioni previste dai commi 2 e 3 si applicano anche all'allevatore che detiene e somministra i prodotti richiamati ai medesimi commi».

      2. L'articolo 23 della legge 15 febbraio 1963, n. 281, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 23. - 1. In caso di reiterazione della violazione delle disposizioni previste dall'articolo 22, commi 2 e 3, l'autorità competente dispone la sospensione dell'attività per un periodo da tre giorni a tre mesi.
      2. Se il fatto è di particolare gravità e da esso è derivato pericolo per la salute umana, l'autorità competente dispone la chiusura definitiva dello stabilimento o dell'esercizio. Il titolare dello stabilimento o dell'esercizio non può ottenere una nuova autorizzazione allo svolgimento della stessa attività o di un'attività analoga per la durata di cinque anni».


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