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PDL 3357

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3357



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GOISIS, CAPARINI, COTA, REGUZZONI, FEDRIGA, MACCANTI, RIVOLTA, GRIMOLDI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, LUCIANO DUSSIN, FAVA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, LANZARIN, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PIONATI, POLLEDRI, RAINIERI, RIXI, RONDINI, SIMONETTI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI, VOLPI

Disposizioni concernenti il sistema dell'istruzione, il governo delle istituzioni scolastiche, il trasferimento delle funzioni amministrative relative al personale della scuola alle regioni, nonché il reclutamento, l'organizzazione e l'inquadramento del personale scolastico nei ruoli regionali e l'istituzione di autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa regionale

Presentata il 30 marzo 2010


      

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Onorevoli Colleghi! - Il tema dell'istruzione e della formazione, ricollocato nel nuovo scenario istituzionale definito dal nuovo titolo della parte seconda della Costituzione, produce effetti sul sistema educativo con un nuovo riparto delle competenze tra Stato e autonomie territoriali.
      In sintesi il nuovo assetto costituzionale delinea un sistema educativo di istruzione e di formazione unitario nel quale:

          1) lo Stato detta le norme generali; individua i livelli delle prestazioni, ne controlla l'attuazione ed eventualmente interviene

 

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in sostituzione dell'ente territoriale inadempiente; definisce i princìpi fondamentali;

          2) le regioni, nel quadro di princìpi fondamentali stabiliti dallo Stato, disciplinano le funzioni di organizzazione e di amministrazione di carattere generale, definendo le linee programmatiche di sviluppo dei servizi;

          3) le autonomie locali sono competenti per la gestione dei servizi;

          4) le istituzioni scolastiche hanno piena autonomia funzionale;

          5) le regioni dispongono di competenza legislativa esclusiva in materia di istruzione e di formazione professionale.

      Le regioni sono chiamate a svolgere per l'area istruzione un ruolo di indirizzo, di programmazione e di coordinamento accompagnato da un'attività di monitoraggio dei processi e di valutazione degli esiti ispirato ai princìpi di sussidiarietà e di autonomia.
      La definizione dell'ambito di competenza statale e di quello regionale presuppone un lavoro legislativo - come sottolineato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 13 del 2003 - per consentire alle regioni di divenire i soggetti terminali del trasferimento di competenze postulate dal titolo V della parte seconda della Costituzione.
      Tale lavoro concerne due ambiti:

          a) normativo statale e regionale;

          b) regolamentare e organizzativo-amministrativo.

      Nel nuovo contesto istituzionale si collocano le proposte delle regioni e delle province autonome, che il 14 dicembre 2006, in sede di Conferenza unificata, hanno approvato e condiviso all'unanimità il master plan delle azioni da porre in essere per realizzare compiutamente il titolo V della parte seconda della Costituzione nel settore istruzione.
      Le indicazioni fanno riferimento ad alcuni criteri fondamentali, quali:

          «1) l'ambito territoriale di operatività costituisce elemento fondamentale per la delimitazione dell'ambito delle competenze nazionali e regionali previste dalla Costituzione;

          2) la programmazione dell'offerta di istruzione e formazione e della rete scolastica e formativa deve trovare coerente realizzazione nella potestà regionale di allocazione delle risorse umane disponibili operata nell'ambito territoriale;

          3) la gestione regionale del servizio scolastico e formativo deve avvenire nel rispetto dei Livelli Essenziali delle Prestazioni e secondo criteri che ne garantiscono l'unitarietà».

      Viene sottolineata la prospettiva che il cambiamento deve avvenire tenendo conto che:

          «a) lo stato giuridico ed economico rimangono oggetto di contrattazione nazionale e decentrata;

          b) le procedure di assegnazione del personale nel territorio di competenza sono attuate dalle Regioni per ambiti provinciali;

          c) l'intero processo di trasferimento di competenze alle Regioni dovrà essere caratterizzato dalla valorizzazione delle relazioni sindacali».

      Nel documento era stata individuata la data del 1o settembre 2009 quale termine finale entro il quale le regioni avrebbero dovuto completare la predisposizione delle condizioni per l'esercizio delle funzioni loro attribuite dal titolo V, demandando ad un apposito accordo quadro tra Stato e regioni, da definire in sede di Conferenza unificata, l'individuazione dell'oggetto, delle fasi e delle modalità del processo di trasferimento e di riorganizzazione istituzionale delle sole funzioni amministrative con la nuova allocazione delle competenze. La proposta delle regioni e delle province autonome analizza, in definitiva, il testo costituzionale e formula norme che possano influire sul miglioramento del servizio di istruzione, sulla qualità della scuola e su alcune condizioni organizzative relative al personale scolastico, perché l'obiettivo

 

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principale della trasformazione istituzionale e della soluzione prospettata (dipendenza organica dallo Stato e dipendenza funzionale dalla regione) è la valorizzazione di tutto il personale della scuola e il sostegno al suo lavoro.
      A nostro avviso, la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione non ha realizzato per la scuola quella devoluzione coraggiosa che avrebbe dovuto liberarla dagli antichi vincoli centralistici. Sono stati fatti passi parziali e a volte contraddittori, come è il caso delle diverse responsabilità assegnate alle regioni per «l'istruzione e formazione professionale» rispetto a quelle relative a tutti gli altri settori dell'istruzione. Riteniamo quindi che occorra maggiore chiarezza nella decentralizzazione dei poteri dello Stato e senza distinguo e separazioni tra i diversi settori dell'istruzione. Occorre, cioè, una devoluzione impostata su due princìpi fondamentali:

          a) il mantenimento in capo allo Stato della definizione del quadro normativo generale di tutta l'istruzione, compresa quella professionale, se non altro perché i diplomi e le qualifiche devono avere valenza nazionale ed essere equiparabili in ambito europeo;

          b) il trasferimento alle regioni dell'amministrazione di tutta l'istruzione, senza distinzioni. Il processo avviato con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ha attribuito alle regioni solo le competenze «di programmazione dell'offerta formativa e della rete scolastica», mentre sono rimaste agli uffici scolastici regionali, di diretta emanazione ministeriale, quelle, ad esempio, della programmazione e della gestione degli organici del personale.

      La presente proposta di legge, tenuto conto anche della legge 5 maggio 2009, n. 42, (che all'articolo 8, comma 2, introduce la possibilità di estendere la competenza regionale in materia di istruzione) incrementa il ruolo delle regioni e degli enti locali sull'istruzione, dando un'attuazione più ampia alla norma costituzionale che attribuisce l'istruzione alla competenza «concorrente» tra Stato e regioni. Con l'attuazione del federalismo si prevede l'autonomia fiscale per regioni, province e comuni, da attuare con imposte proprie, aliquote riservate e compartecipazioni sui grandi tributi erariali. Tale prelievo fiscale dovrà finanziare integralmente, sulla base dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e dei costi standard (che sostituiranno gradualmente la spesa storica), le funzioni fondamentali degli enti territoriali, inclusa la dipendenza del personale dirigenziale, docente e amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA). Per i territori disagiati, a minore capacità contributiva, la legge n. 42 del 2009 istituisce, agli articoli 9 e 13, i fondi perequativi per la regione e gli enti locali.
      Il primo e più delicato problema del nuovo assetto costituzionale risiede nell'individuazione di cosa sia «norma generale» sull'istruzione, ossia quella parte di disciplina riservata alla competenza esclusiva dello Stato e quale sia l'oggetto della competenza concorrente regionale, per la quale sussiste per lo Stato solo la possibilità di porre in essere i princìpi fondamentali e non la normativa di dettaglio. Come è evidente, la distinzione tra tali ambiti è assolutamente fondamentale per definire i rispettivi compiti di Stato e regioni e anche per impedire che un'interpretazione troppo ampia delle «norme generali» implichi un intervento pervasivo della regolamentazione statale, tale da comprimere sensibilmente la nuova competenza legislativa regionale, ovvero un'interpretazione troppo ristretta, tale da compromettere l'unitarietà del sistema. Il contenuto delle norme generali sull'istruzione e la loro delimitazione rispetto alle «altre norme» in materia è completamente rimesso al legislatore statale e, in seconda battuta, alla Corte costituzionale, se sarà chiamata a dirimere questioni di «delimitazioni di confini» tra competenze diverse.
      La giurisprudenza costituzionale è intervenuta in diverse occasioni in materia di «norme generali sull'istruzione».
      Con la sentenza n. 13 del 2004, la Corte non ha proceduto a una precisa definizione delle rispettive competenze tra Stato e regioni, ma ha comunque escluso che la «nuova» competenza regionale

 

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concorrente possa essere interpretata come riduttiva rispetto a ciò che la regione era già chiamata a fare in forza del decreto legislativo n. 112 del 1998. In quest'ottica, la Corte conferma la competenza regionale in materia di «programmazione della rete scolastica», estesa a tutti quegli ambiti di disciplina che possano considerarsi «strettamente connessi» con tale competenza. Sotto il profilo delle «norme generali», la Corte esclude che attraverso il riferimento alle «norme generali» possa essere ritrattata allo Stato una competenza che già nel contesto precedente alla riforma costituzionale del titolo V della parte seconda non esercitava più. In particolare, la Corte stabilisce che nella materia dell'istruzione si intrecciano «norme generali, princìpi fondamentali, leggi regionali», oltre che «determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche». In tale contesto, come ribadito anche dalla sentenza della stessa Corte n. 200 del 2009, «assume particolare importanza l'individuazione di una precisa linea di demarcazione tra le "norme generali sull'istruzione" e i "princìpi fondamentali" di tale materia, atteso che le prime sono espressive di competenza legislativa esclusiva dello Stato e i secondi di competenza, pure statale, ma nel quadro di una competenza di tipo concorrente con quella regionale». Alla luce dei princìpi enunciati dalla giurisprudenza richiamata, può ritenersi che appartengono alla categoria delle «norme generali sull'istruzione» quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante un'offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali in possesso dei requisiti richiesti dalla legge. In quest'ambito si colloca anche la disciplina relativa all'«autonomia delle istituzioni scolastiche», facenti parte del sistema nazionale di istruzione, autonomia cui fa espresso riferimento il terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione. Tali norme - che, dettando discipline che non necessitano di ulteriori svolgimenti normativi a livello di legislazione regionale, delineano le basi del sistema nazionale di istruzione - sono funzionali, anche nei loro profili di rilevanza organizzativa, ad assicurare, mediante - come ribadito dalla sentenza n. 200 del 2009 - la previsione di un'offerta formativa sostanzialmente uniforme sull'intero territorio nazionale l'identità culturale del Paese, nel rispetto della libertà di insegnamento di cui all'articolo 33, primo comma, della Costituzione. Dalla lettura del complesso delle disposizioni costituzionali riportate negli articoli 33 e 34 della Costituzione si ricava, dunque, una chiara definizione vincolante, ma ovviamente «non tassativa».

      Tali norme generali, dunque, concernono gli aspetti ordinamentali del sistema dell'istruzione, e cioè:

          1) gli ordinamenti scolastici (ordinamenti essenziali degli studi);

          2) la carriera degli alunni;

          3) i contenuti essenziali dei programmi necessari per il conseguimento di titoli spendibili a livello nazionale ed europeo;

          4) i criteri per l'organizzazione generale dell'istruzione scolastica;

          5) i criteri e meccanismi di selezione e di reclutamento del personale dirigente, docente e non docente;

          6) la regolamentazione della funzione docente e della dirigenza scolastica con esclusione della parte contrattualizzata;

          7) il sistema di valutazione nazionale;

          8) le garanzie a tutela della libertà d'insegnamento;

          9) la disciplina concernente le scuole paritarie.

      Sul piano della legislazione ordinaria, va sottolineato come la legge 28 marzo

 

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2003, n. 53 («Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale»), abbia delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi proprio per la definizione delle «norme generali sull'istruzione». Sulla base della citata delega legislativa sono stati emanati sei decreti legislativi volti a definire specificamente le norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione.
      Si tratta, in particolare:

          1) del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59 («Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53»);

          2) del decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286 («Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, nonché riordino dell'omonimo istituto, a norma degli articoli 1 e 3 della legge 28 marzo 2003, n. 53»);

          3) del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76 («Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53»);

          4) del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77 («Definizione delle norme generali relative all'alternanza scuola-lavoro, a norma dell'articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53»);

          5) del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 («Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53»);

          6) del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 227 («Definizione delle norme generali in materia di formazione degli insegnanti ai fini dell'accesso all'insegnamento, a norma dell'articolo 5 della legge 28 marzo 2003, n. 53), poi abrogato dall'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008»).
      Inoltre, in via interpretativa, sono, in linea di principio, considerate norme generali sull'istruzione anche quelle sull'autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche, di cui all'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 («Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa»), quelle sull'assetto degli organi collegiali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 1999, n. 233 («Riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, a norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59»), nonché quelle sulla parità scolastica e sul diritto allo studio e all'istruzione, di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62 («Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione»).
      Appartengono, invece, alla categoria delle disposizioni espressive di princìpi fondamentali della materia dell'istruzione, anch'esse di competenza statale, quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare l'esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema di istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione, dall'altro, «necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale il quale deve conformare la sua azione all'osservanza dei princìpi fondamentali stessi».
      In particolare, lo svolgimento attuativo dei predetti princìpi è necessario quando si tratta di disciplinare situazioni legate a valutazioni coinvolgenti le specifiche realtà territoriali delle regioni, anche sotto il profilo socio-economico. In questa prospettiva viene in rilievo, sia il settore della programmazione scolastica regionale, sia quello inerente al dimensionamento sul territorio della rete scolastica. La relazione tra «normativa

 

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di principio» e «normativa di dettaglio» va intesa nel senso che alla prima spetta prescrivere «criteri e obiettivi», essendo riservata alla seconda l'individuazione degli «strumenti concreti» da utilizzare per raggiungere tali obiettivi (sentenze della Corte costituzionale n. 430 del 2007 e n. 181 del 2006). In altri termini, la funzione dei princìpi fondamentali è quella di costituire un punto di riferimento in grado di orientare l'esercizio del potere legislativo regionale (sentenza della Corte costituzionale n. 177 del 1988). Ciò implica, nella concreta attuazione, che «i princìpi fondamentali della materia, operando sostanzialmente da raccordo tra le «norme generali» e quelle di competenza regionale in tema di istruzione, passano attraverso il termine medio della legislazione delle Regioni, adottata nell'ambito di scelte riservate all'autonomia del legislatore regionale; scelte che, legate a valutazioni coinvolgenti le specifiche realtà territoriali delle Regioni, anche sotto il profilo socioeconomico, operino nel quadro di una discrezionalità volta a garantire la diretta presenza delle Regioni medesime nella disciplina del servizio scolastico sul territorio, nel rispetto dei princìpi fondamentali fissati dal legislatore statale, nonché, ovviamente, delle «norme generali sull'istruzione». In questa prospettiva, dunque, la legislazione di principio svolge una funzione di coordinamento e collegamento tra il sistema scolastico nazionale, nella sua essenza strutturale, e gli ambiti di disciplina, connessi alle specificità territoriali, demandati alla competenza delle Regioni. Il sistema generale dell'istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall'osservanza dei princìpi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di «uniformità» di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e, dall'altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l'esercizio di scelte programmatiche gestionali rilevanti soltanto nell'ambito del territorio di ciascuna Regione» (sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2009). Resta fermo, beninteso, che, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, possono essere attribuite alle regioni a statuto ordinario - con legge dello Stato approvata su iniziativa della regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119 della stessa Costituzione - ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti, tra l'altro, le «norme generali sull'istruzione».
      Un distinto titolo di legittimazione dello Stato a intervenire con la sua legislazione in materia è, inoltre, rinvenibile nella competenza legislativa esclusiva relativa alla determinazione dei LEP concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale (articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione). Non vi è dubbio, infatti, che tra i suddetti «diritti civili e sociali» rientrano anche quelli connessi al sistema dell'istruzione, con riferimento ai quali deve essere garantito agli utenti del servizio scolastico un adeguato livello di fruizione delle prestazioni formative sulla base di standard uniformi applicabili sull'intero territorio nazionale; ferma comunque «la possibilità delle singole Regioni, nell'ambito della loro competenza concorrente in materia, di migliorare i suddetti livelli di prestazioni e, dunque, il contenuto dell'offerta formativa, adeguandola, in particolare, alle esigenze locali» (sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2009).
      La determinazione dei LEP contiene almeno tre diverse prospettive di equilibrio:

          1) la prima è quella tra unità e territorialità, omogeneità e condizioni di vita per tutti i soggetti, indipendentemente dal loro luogo di residenza, con la conseguente necessità di prevedere interventi perequativi laddove ce ne sia la necessità;

          2) la seconda riguarda la correlazione tra risorse disponibili e LEP e livelli essenziali dei diritti, ossia la possibilità, sia

 

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per lo Stato che per le regioni, di coniugare la realizzazione delle istanze di eguaglianza e solidarietà con il buon andamento finanziario della pubblica amministrazione e con l'utilizzazione dello strumento fiscale;

          3) la terza concerne la gestione-organizzazione dei LEP, il loro raccordo con i doveri e con la moralità individuali, il controllo delle prestazioni e della spesa, la ristrutturazione degli apparati amministrativi e il rafforzamento dei valori che caratterizzano gli interessi collettivi.

      Il percorso di definizione dei LEP non interferisce comunque con il trasferimento di competenze dallo Stato alle regioni: esso può iniziare subito, ovvero in un momento successivo.
      Ulteriori titoli di legittimazione dello Stato a dettare norme in materia possono, inoltre, essere rinvenuti nella competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere g) e l), della Costituzione, in materia di organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali e in materia di ordinamento civile relativamente, in particolare, alla disciplina privatistica del rapporto di lavoro del personale della scuola.
      Fanno attualmente capo alle regioni le seguenti competenze legislative già loro attribuite, con il meccanismo di trasferimento delle funzioni, dal decreto legislativo n. 112 del 1998, articolo 138, in materia di programmazione e gestione amministrativa del servizio scolastico:

          «a) la programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale;

          b) la programmazione, sul piano regionale, nei limiti delle disponibilità di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione di cui alla lettera a);

          c) la suddivisione, sulla base anche delle proposte degli enti locali interessati, del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell'offerta formativa;

          d) la determinazione del calendario scolastico;

          e) i contributi alle scuole non statali;

          f) le iniziative e le attività di promozione relative all'ambito delle funzioni conferite».

      La presente proposta di legge, anche alla luce delle citate sentenze costituzionali, è caratterizzata dai seguenti aspetti:

          a) il superamento dell'equazione scuola uguale Stato. La scuola è un servizio su cui lo Stato mantiene responsabilità decisive, importantissime, ma le «norme generali sull'istruzione», i «livelli essenziali» e «i princìpi fondamentali» non rappresentano il servizio dell'istruzione. Le norme sono prescrizioni di carattere generale, sono un «prevedere». Il servizio è un fare in concreto, un «provvedere»: servizio vuol dire organizzare, erogare prestazioni, rilevare e soddisfare bisogni;

          b) il superamento dell'equazione docente uguale personale statale. Si tratta di una questione strettamente legata alla decentralizzazione del sistema scolastico se si pensa che quasi tutto il bilancio dell'istruzione è assorbito da questa voce. Il fatto che il personale insegnante (articolo 1) sia trasferito alle dipendenze delle singole regioni e che alle medesime regioni spetti la definizione degli organici (articolo 2) costituisce un eccellente elemento d'impatto nell'organizzazione del servizio che incide direttamente anche nelle scelte di programmazione dell'offerta. La possibilità in ambito regionale di procedere attraverso valutazioni poste in capo alle singole giunte regionali consente sia una migliore utilizzazione delle risorse sia il sostegno alla qualità dell'offerta. In base alla proposta di legge la gestione del servizio e quindi del personale docente è di competenza regionale e locale (enti locali e istituti scolastici). Le regioni, ai sensi dell'articolo 4, predispongono con legge regionale le condizioni atte a garantire la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali. Analoghe disposizioni sono previste anche per il personale dirigente e ATA. Ai sensi del titolo I della

 

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presente proposta di legge, la dipendenza organica del personale docente, dirigente e ATA è attribuita alle regioni (che curano gli atti relativi al reclutamento e al rapporto di lavoro), mentre la dipendenza funzionale è attribuita alle istituzioni scolastiche, che fissano le regole relative allo svolgimento delle diverse attività sul luogo di lavoro, il rispetto e la flessibilità dell'orario di servizi, eccetera. Allo Stato competono solo le regole generali di stato giuridico ossia le regole di accesso all'insegnamento, le garanzie di libertà d'insegnamento, le incompatibilità, eccetera. La citata sentenza n. 13 del 2004 della Corte costituzionale ha chiarito che anche la distribuzione del personale tra le scuole è materia di competenza regionale, «solo transitoriamente ancora esercitata dallo Stato». La riorganizzazione del territorio in ambiti funzionali al miglioramento dell'offerta formativa comporta, peraltro, che anche i contributi di funzionamento per le scuole passino per la programmazione regionale, sia che si tratti di contributi ordinari sia che si tratti di contributi perequativi;

          c) la previsione di uno specifico potere delle regioni nella contrattazione sindacale, attraverso le seguenti azioni:

              l'ingresso delle regioni in relazione alla contrattazione nazionale (articolo 7);

              l'attivazione di autonomi livelli di contrattazione collettiva regionale, nel rispetto della determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale delle singole regioni (articolo 6);

              il superamento del comparto unico della scuola attraverso la previsione dell'articolazione in aree contrattuali funzionali al riconoscimento delle specifiche professionalità (direttivi, docenti e ATA).
      Al riguardo si sottolinea che il rapporto di lavoro del personale scolastico (dirigenti, docenti/ATA) ha natura privatistica e contrattuale. Rimane infatti assoggettato all'antico regime pubblicistico solamente il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Di conseguenza:

          la competenza legislativa in materia di disciplina dei rapporti individuali e collettivi anche del personale scolastico, così come del personale alle dipendenze della pubblica amministrazione in genere, è dello Stato in via esclusiva ai sensi della lettera l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione (ordinamento civile: Corte costituzionale, sentenza n. 50 del 2005) e la legge statale che attualmente regola tali rapporti è il decreto legislativo n. 165 del 2001;

          il decreto legislativo n. 165 del 2001 costituisce la base normativa del trasferimento di competenze dallo Stato alle regioni per quanto riguarda il personale e tale base normativa non può essere modificata se non con legge statale. Il decreto legislativo dispone, infatti, che la contrattazione collettiva determini:

              il trattamento economico e normativo del personale (articoli 2, comma 3, 45 e 51, comma 1): esso non può essere determinato unilateralmente dal datore di lavoro pubblico;

              il sistema contrattuale: quanti e quali debbano essere i livelli di contrattazione; quante e quali siano le materie affidate alla contrattazione integrativa; quale debba essere il rapporto tra i differenti livelli; quale debba essere la durata del contratto eccetera (articolo 40, comma 3). Ogni eventuale variazione dell'assetto contrattuale, introdotto perché ritenuto in ipotesi più congruo con il nuovo assetto istituzionale, deve essere concordata con le organizzazioni sindacali in sede di contrattazione collettiva;

              i diritti e le relazioni sindacali. A questo proposito occorre sottolineare che sul piano delle relazioni contrattuali attualmente il potere di impartire indirizzi all'Agenzia per la rappresentanza regionale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) nella sua attività contrattuale nazionale - per il sistema scolastico - è

 

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esercitato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri tramite il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze nonché, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (articolo 41, comma 2) e agli stessi soggetti spetta esprimere parere favorevole sull'ipotesi d'accordo raggiunta dall'ARAN e dai sindacati ammessi alla trattativa.
      La proposta di legge, alla luce della dipendenza giuridico - economica del personale scolastico dalle regioni, estende il predetto concerto alle regioni, attraverso la modifica delle citate norme, l'articolo 40, comma 3, e l'articolo 41, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001);

          d) la decentralizzazione delle funzioni attualmente svolte dagli uffici periferici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. La proposta di legge prevede, all'articolo 31, il trasferimento delle funzioni esercitate dall'ufficio scolastico regionale, nonché quelle svolte dagli uffici scolastici provinciali, al centro servizi amministrativi per la comunità scolastica territoriale, considerato quale organo di partecipazione e di corresponsabilità delle regioni con lo Stato nel governo del sistema nazionale d'istruzione. Tale decentralizzazione consente di risparmiare risorse consistenti a vantaggio del sistema d'istruzione. Dopo il 1997, infatti tutti i provveditorati furono eliminati e sostituiti con le direzioni generali, per essere infine «resuscitati» con il nome di uffici scolastici provinciali, in un processo di costante espansione dell'apparato burocratico centrale e periferico del Ministero. L'aumento delle direzioni generali è paradossalmente avvenuto di pari passo con l'istituzione dell'autonomia scolastica. Si tratta di una contraddizione in termini e di una sorta di cristallizzazione di tale autonomia all'interno della predetta struttura burocratico-amministrativa. Al riguardo ricordiamo che in tutta Europa le riforme scolastiche sono state costruite negli ultimi vent'anni sul decentramento dei poteri dello Stato e sull'autonomia delle scuole. Esemplari sono i casi della Spagna, dove la riforma, che ha avuto un iter più che decennale, si è strettamente intrecciata alla costruzione delle regioni («comunità autonome»), e della Svezia, dove successivi provvedimenti hanno portato nel corso di circa venti anni al totale decentramento del governo dell'istruzione. Vogliamo anche ricordare che questi processi non sono stati né di destra né di sinistra: in Spagna, ad esempio, sono stati promossi dal governo socialista di Gonzales e in Svezia dai conservatori tornati al potere nel 1976 dopo quarantatré anni di ininterrotto governo socialdemocratico. In entrambi i Paesi, quando la maggioranza governativa è cambiata, il decentramento non è assolutamente stato rimesso in discussione;

          e) la realizzazione dell'autonomia amministrativa e finanziaria delle istituzioni scolastiche. La proposta di legge mira a creare un collegamento tra l'istituzione scolastica e gli altri soggetti istituzionali, pubblici e privati territoriali. Le scuole, ai sensi dell'articolo 40, ottengono dalla regione una dotazione finanziaria, in modo da garantire, attraverso la qualificazione e la razionalizzazione della spesa, le risorse necessarie per lo svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di orientamento, nonché per il riequilibrio di situazioni di svantaggio. Le entrate delle istituzioni comprendono:

              le assegnazioni della regione per spese di funzionamento e d'investimento;

              il contributo e le assegnazioni di altri enti pubblici;

              i contributi di istituzioni, imprese o privati, ivi compresi i versamenti degli studenti o delle famiglie;

              i proventi derivanti da convenzioni o contratti con soggetti esterni;

              qualsiasi altra oblazione, provento o erogazione liberale.

      Le assegnazioni ordinarie sono stabilite sulla base di parametri oggettivi per la determinazione dei fabbisogni, tenendo conto dell'entità e della complessità dell'istituzione scolastica.
      Le assegnazioni straordinarie sono finalizzate alla copertura di spese imprevedibili

 

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o alla realizzazione di progetti di particolare complessità.
      Le istituzioni scolastiche possono prevedere anche il versamento da parte degli studenti e delle famiglie di contributi per il rimborso delle spese relative alla realizzazione di attività facoltative, integrative o di laboratorio con forme di esonero totale o parziale, in base al merito e alla capacità economica della famiglia;

          f) determinazione, selezione e reclutamento dell'organico docente. L'attuale modello concorsuale ha un alto grado di inefficienza, poiché non stabilisce nessun rapporto tra risorse impiegate e qualità del risultati ottenuti. Inoltre si basa su criteri uniformi che non tengono conto dei più moderni sistemi di reclutamento in uso sia nel settore privato sia in quello pubblico. La presente proposta di legge intende mettere fine al vecchio sistema con:

              il superamento della dimensione nazionale del mercato del lavoro scolastico, causa principale dei maggiori difetti dell'attuale modello;

              l'eliminazione del rischio di riproduzione del precariato;

              la garanzia di una selezione pertinente e meritocratica. Si prevedono le medesime disposizioni contenute dall'atto Camera n. 1710 (presentatori Cota, Goisis e altri): l'articolo 9 della presente proposta di legge istituisce il «concorso regionale», al quale accede il 100 per cento dei docenti iscritti all'albo regionale di cui all'articolo 17, riservando, in caso di un esiguo numero di candidati, a determinate classi di concorso ordinarie o relativamente a discipline di particolare specializzazione, una quota di partecipazione interregionale ai docenti iscritti agli albi delle regioni limitrofe (articolo 15); la selezione concorsuale, prevista nella presente proposta di legge, consiste nella simulazione di una lezione in classe, allo scopo di valutare le capacità relazionali e metodologiche del docente. Le procedure concorsuali (articolo 11) sono espletate direttamente dalle istituzioni scolastiche, a meno che l'esigenza di contenere gli oneri relativi al funzionamento delle commissioni giudicatrici non obblighi la regione a disporre l'aggregazione territoriale dei concorsi. La graduatoria degli idonei (articolo 13) ha validità ai fini della copertura delle cattedre o dei posti che si rendano disponibili nei tre anni intercorrenti tra il primo e il secondo bando di concorso successivo e decade trascorsi i tre anni, a prescindere da eventuali dilazioni nei tempi di realizzazione dell'intera procedura concorsuale, compresa la pubblicazione della graduatoria di merito. I vincitori del concorso (articolo 19) sono assunti con la qualifica di docenti ricercatori, per un periodo massimo di tre anni, con contratto a tempo determinato, prevedendo la possibilità di trasformarlo in assunzione definitiva, a tutti gli effetti giuridici, contrattuali, normativi e retributivi, al terzo incarico annuale, previo accertamento meritocratico del servizio prestato. Tali docenti ricercatori partecipano ad accordi di rete, promossi dalle istituzioni scolastiche, allo scopo di inserire i docenti in progetti di ricerca, sperimentazione e sviluppo, nonché di formazione e aggiornamento, tenuto conto della relativa classe di specializzazione. I più meritevoli sono assunti a tempo indeterminato e ottengono lo status giuridico di docenti esperti, salvo successive valutazioni inerenti la garanzia e la qualità del servizio prestato;

              gli incarichi pluriennali. L'articolo 21 prevede che i contratti di incarico dei docenti che hanno superato il concorso siano stipulati per un minimo di cinque e un massimo di dieci anni scolastici, con eventuale conferma subordinata alla valutazione periodica del comitato di valutazione;

              l'albo regionale dei dirigenti (articolo 25). Alla figura del dirigente scolastico va riconosciuta una specificità che va al di là del ruolo meramente amministrativo, connotandosi anche per la sua forte valenza educativa. La collegialità delle deliberazioni diviene, di conseguenza,

 

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l'espressione più alta delle libertà costitutive del processo di insegnamento-apprendimento e, per certi versi, è garanzia del pluralismo culturale. La regione indìce concorsi regionali per l'assunzione di personale dirigente; può comunque conferire ai dirigenti iscritti all'albo dei dirigenti delle istituzioni scolastiche del territorio, nel limite dei posti vacanti e disponibili e della dotazione organica complessiva, incarichi a tempo determinato di durata non superiore a cinque anni (articolo 27). Il dirigente scolastico è sottoposto a valutazione annuale (articolo 28);

          g) dotazione organica del personale ATA. La distribuzione degli incarichi del personale ATA è finalizzata a garantire la continuità nell'erogazione del servizio offerto all'utenza; a valorizzare le competenze professionali e a favorire l'acquisizione di competenze specifiche;

          h) il titolo III prevede l'autonomia statutaria e l'istituzione degli organi di Governo della scuola:

          il consiglio dell'istituzione:

              1) indica gli obiettivi generali dell'intervento formativo;

              2) adotta il piano dell'offerta formativa, deliberato dal collegio dei docenti, verificandone la compatibilità in base alle risorse professionali e finanziarie disponibili;

              3) approva il bilancio preventivo e consuntivo dell'istituzione;

              4) approva il regolamento dell'istituzione.

      Il collegio dei docenti, in quanto organo preposto alla programmazione degli interventi educativi, definisce in piena autonomia gli obiettivi formativi, tenendo conto delle proposte espresse dalle realtà scolastiche e delle indicazioni che pervengono dalle comunità operanti sul territorio.

      Ogni istituzione scolastica approva la carta dei servizi, quale strumento che definisce i diritti dell'utente in relazione all'organizzazione e all'erogazione del servizio e informa gli studenti e le famiglie sui princìpi fondamentali, sui contenuti specifici e sull'organizzazione dell'offerta formativa (articolo 38). Nell'ambito della propria autonomia le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado utilizzano una parte del curricolo obbligatorio per la costruzione di percorsi interdisciplinari dedicati alla conoscenza del territorio di appartenenza, dal punto di vista storico, culturale, ambientale, urbanistico, economico e sportivo (articolo 39);

          i) disposizioni per il controllo amministrativo e contabile delle istituzioni scolastiche. Le istituzioni scolastiche sono sottoposte al controllo di regolarità amministrativa e contabile da parte di uno o più nuclei di controllo, nominati dal dirigente del distretto scolastico regionale competente. I nuclei sono composti da personale regionale qualificato in materia amministrativa e contabile o da esperti esterni appositamente incaricati;

          l) riqualificazione della spesa complessiva per l'istruzione nelle scuole. La regione provvede alla riqualificazione della spesa complessiva per l'istruzione sulla base dei seguenti princìpi, al fine della riduzione della spesa corrente e della diversificazione degli investimenti:

              1) ridefinire la rete scolastica territoriale sulla base di parametri oggettivi, che consentano il dimensionamento del numero minimo e massimo degli alunni;

              2) attribuire alla scuola un organico secondo parametri e standard anche pluriennali in rapporto al numero degli alunni, all'interno del quale sia possibile esercitare liberamente scelte organizzative da parte degli organi di governo delle scuole;

              3) riqualificare la spesa per il personale al fine della miglior efficacia nell'erogazione del servizio educativo.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Titolo I
DISPOSIZIONI PER IL RECLUTAMENTO, L'ORGANIZZAZIONE, LA VALUTAZIONE E L'INQUADRAMENTO NEI RUOLI REGIONALI DEL PERSONALE DOCENTE, DIRIGENTE E AMMINISTRATIVO, TECNICO ED AUSILIARIO

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Trasferimento del personale docente, dirigente e amministrativo, tecnico ed ausiliario nei ruoli regionali).

      1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base di accordi da concludere in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, di seguito denominata «Conferenza unificata», sono individuati modalità e tempi per il trasferimento alle regioni del personale docente, dirigente e amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) della scuola dipendente dallo Stato.
      2. L'individuazione del contingente del personale scolastico da trasferire alle singole regioni ai sensi del comma 1 avviene sulla base di criteri concertati con le organizzazioni sindacali, tenendo conto delle singole domande di trasferimento nel ruolo della regione di preferenza.
      3. All'atto del trasferimento del personale scolastico sono trasferite alle regioni le funzioni amministrative concernenti il reclutamento, lo stato giuridico e il trattamento economico del personale docente, dirigente e ATA delle scuole.
      La gestione del personale di cui al presente articolo è attuata nel rispetto dello stato giuridico definito a livello statale.

 

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      4. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 3, lo Stato versa alle singole regioni la quota parte degli stanziamenti del bilancio statale necessaria per la realizzazione dell'attività stessa, sulla base dei costi prestabiliti.
      5. Sono altresì trasferite alle regioni le competenze degli organi centrali e periferici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in materia di personale scolastico. Tali organi provvedono a consegnare, con elenchi descrittivi, a ciascuna regione interessata, gli atti degli uffici centrali e degli uffici periferici concernenti le funzioni amministrative trasferite alle regioni e relativi ad affari non ancora esauriti.
      6. Ai sensi del comma 5 si intendono sostituiti gli organi centrali dello Stato con gli organi della regione in tutti i casi in cui le disposizioni vigenti per materia fanno riferimento, per quanto riguarda le funzioni decentrate a livello territoriale, a funzioni amministrative degli organi o degli uffici centrali dello Stato.

Art. 2.
(Inquadramento nei corrispondenti ruoli regionali).

      1. Il personale di cui all'articolo 1 è inquadrato in un apposito ruolo regionale, nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti per lo svolgimento dei compiti propri dei relativi profili, ed è collocato negli istituti scolastici di ogni ordine e grado.
      2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 1, l'immissione nei ruoli del personale di cui al comma 1 del presente articolo è effettuata con la prima legge regionale di istituzione dei relativi ruoli regionali.
      3. Al personale di cui al comma 1 continuano ad applicarsi, fino al suo inquadramento nei ruoli regionali, le norme relative allo stato giuridico e al trattamento economico di attività, previdenza,

 

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assistenza e quiescenza dei dipendenti dello Stato.
      4. A decorrere dall'anno in cui hanno effetto le disposizioni di cui al presente articolo si procede alla progressiva riduzione dei trasferimenti statali in favore delle regioni in misura pari alle spese comunque sostenute dallo Stato nell'anno finanziario precedente a quello dell'effettivo trasferimento del personale. I criteri e le modalità per la determinazione degli oneri sostenuti dallo Stato sono stabiliti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca emanato di concerto con i Ministri dell'interno, dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e l'innovazione, sentita la Conferenza unificata.
      5. Fino alla data di inquadramento nei ruoli regionali, alla gestione e all'organizzazione del personale da trasferire continua a provvedere l'amministrazione di provenienza.

Art. 3.
(Funzioni degli operatori delle istituzioni scolastiche autonome).

      1. I dirigenti delle istituzioni scolastiche, i docenti, il personale ATA e assistente educatore che svolgono la propria attività nelle istituzioni scolastiche autonome partecipano al sistema educativo ai sensi di quanto previsto dalla presente legge e nel rispetto dei contratti collettivi di lavoro nazionali e regionali.
      2. I dirigenti e i docenti provvedono ad attuare il servizio educativo. A tale fine prestano la propria attività in funzione dei servizi attivati presso le istituzioni scolastiche del sistema educativo e collaborano con gli organismi di valutazione e di ricerca, sia interni alle istituzioni scolastiche, sia esterni, regionali e nazionali.
      3. La libertà di insegnamento dei docenti si esplica in particolare nell'autonomia didattica, nonché nella libertà di ricerca.
      4. Il personale ATA e assistente educatore concorre al funzionamento delle

 

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istituzioni scolastiche alle dipendenze funzionali del dirigente dell'istituzione.
      5. Il personale assistente educatore collabora, altresì, con il personale docente nella programmazione, organizzazione e realizzazione dell'attività educativa e di assistenza diretta agli studenti che necessitano di attività di sostegno, allo scopo di favorirne l'integrazione.
      6. Gli operatori delle istituzioni scolastiche autonome sono sottoposti a valutazione della loro attività.
      7. I contratti collettivi di lavoro regionali, stipulati ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come da ultimo modificato dall'articolo 6 della presente legge, disciplinano le forme e le modalità della valutazione dei dirigenti, dei docenti e del personale ATA e assistente educatore riconoscendo le distinte professionalità.

Art. 4.
(Funzioni esercitate dalle regioni).

      1. Le regioni hanno l'obbligo di predisporre, con legge regionale, le condizioni atte a garantire la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali del sistema dell'istruzione.
      2. La regione, nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera n), della Costituzione, svolge le seguenti funzioni di governo:

          a) emanazione di regolamenti;

          b) adozione del piano regionale per il sistema dell'istruzione e degli altri atti di programmazione e di indirizzo, di cui all'articolo 31;

          c) controllo e valutazione delle attività e dei risultati;

          d) produzione di attività tecnica e amministrativa a supporto del sistema dell'istruzione;

          e) svolgimento dell'attività ispettiva, compresa la vigilanza, nonché dell'attività di supporto alle istituzioni scolastiche;

 

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          f) gestione dei servizi di rete, informatici e telematici;

          g) riconoscimento e vigilanza sulle istituzioni scolastiche paritarie;

          h) certificazione e vigilanza sulle attività formative organizzate da soggetti privati;

          i) assegnazione delle risorse e attuazione di interventi diretti per il funzionamento del sistema dell'istruzione.

      3. Ogni regione determina l'organico regionale del personale docente in considerazione dei limiti previsti dalla propria legge di bilancio, nonché delle deliberazioni delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'articolo 5.
      4. La legge di bilancio di ogni regione stabilisce:

          a) la dotazione complessiva dei dirigenti, dei docenti e del personale ATA delle istituzioni scolastiche assunto con contratto a tempo indeterminato;

          b) la spesa massima per il personale delle istituzioni scolastiche, compreso quello assunto a tempo determinato.

Art. 5.
(Funzioni delle istituzioni scolastiche autonome).

      1. Le funzioni di definizione dell'organico funzionale d'istituto, nonché degli strumenti di indirizzo, di coordinamento e di trasparenza dell'azione didattica, di ricerca e organizzativa del personale docente sono attribuite alle istituzioni scolastiche che definiscono gli obiettivi prioritari attraverso regolamenti interni.
      2. Il consiglio dell'istituzione di cui all'articolo 35, nei limiti dei parametri stabiliti dalla normativa regionale, delibera annualmente l'organico funzionale d'istituto, costituito da:

          a) i posti coperti da personale incaricato a tempo indeterminato ovvero pluriennale, ai sensi della presente legge;

 

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          b) i posti da mettere a concorso;

          c) i posti disponibili per incarichi a tempo determinato;

          d) i posti da assegnare a contratti di prestazione d'opera per particolari insegnamenti o attività;

          e) la composizione oraria, anche a tempo parziale, dei posti d'insegnamento;

          f) le tipologie e le caratteristiche funzionali dei posti necessari al supporto e all'attuazione dell'offerta formativa e da ricoprire con una delle modalità di cui al presente comma.

      3. Ai fini della definizione dell'organico funzionale, il numero dei posti stabiliti dalla normativa regionale costituisce il limite massimo della disponibilità di personale dell'istituzione scolastica. All'interno di tale limite, la composizione dell'organico, la formazione delle cattedre, la dimensione delle classi e le modalità di copertura dei posti sono determinati dal consiglio dell'istituzione in coerenza con il piano dell'offerta formativa e con gli indirizzi generali di gestione dell'istituzione scolastica.
      4. La proposta di organico funzionale, i criteri generali e le modalità di conferimento degli incarichi, sono oggetto di informazione preventiva degli organi regionali.
      5. L'organico funzionale è soggetto a certificazione di compatibilità finanziaria del dirigente competente dell'amministrazione scolastica. In ogni caso, la procedura di certificazione deve concludersi entro trenta giorni dalla deliberazione del consiglio dell'istituzione.

Art. 6.
(Modifiche all'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di contrattazione collettiva regionale autonoma integrativa).

      1. All'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni,

 

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sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 2, le parole: «quattro comparti» sono sostituite dalle seguenti: «cinque comparti, di cui uno concernente le figure professionali del personale della scuola,» e le parole: «quattro separate aree» sono sostituite dalle seguenti «tre separate aree»;

          b) dopo il comma 3-sexies è inserito il seguente:

      «3-septies. Per il personale della scuola, ferma restando la determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, le regioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa regionale, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale».

Art. 7.
(Aree contrattuali autonome e rappresentanze sindacali unitarie d'area).

      1. Ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, coma da ultimo modificato dall'articolo 6, comma 1, della presente legge, e tenuto conto della dimensione quantitativa e della specificità delle diverse figure professionali, il comparto scuola è distinto in tre aree separate:

          a) area della docenza;

          b) area del personale ATA;

          c) area dei dirigenti scolastici.

      2. Alle rappresentanze sindacali unitarie d'area di cui al comma 1 del presente articolo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 43, commi 3 e seguenti, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché all'accordo collettivo quadro 7 agosto 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 150 alla Gazzetta Ufficiale n. 207 del 5 settembre 1998, concernente la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie

 

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per il personale dei comparti delle pubbliche amministrazioni e la definizione del relativo regolamento elettorale. La rappresentanza sindacale unitaria dell'istituzione scolastica è soppressa.
      3. Sono abrogate le seguenti disposizioni:

          a) la legge 14 agosto 1971, n. 821;

          b) l'articolo 24 della legge 9 agosto 1978, n. 463;

          c) l'articolo 6 della legge 20 maggio 1982, n. 270;

          d) il comma 7 dell'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

      4. Dopo il comma 2 dell'articolo 41 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

      «2-bis. Ai fini dell'adeguamento della contrattazione di livello regionale nell'ambito del comparto scuola, il comitato di settore di cui al comma 2 è integrato da due rappresentanti nominati dalle regioni in sede di Conferenza unificata».

Capo II
PERSONALE DOCENTE

Art. 8.
(Accesso del personale docente).

      1. L'accesso ai posti di lavoro per il personale docente con contratto a tempo indeterminato avviene mediante:

          a) iscrizione all'albo regionale di cui all'articolo 17;

          b) distinti concorsi regionali per merito.

      2. La regione definisce i criteri di programmazione delle assunzioni del personale docente a tempo indeterminato e determinato.

 

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      3. Per la copertura dei posti vacanti e disponibili, con regolamento della regione è stabilita la quota di assunzioni da effettuare con le modalità individuate dal comma 1, lettere a) e b).
      4. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la regione promuove intese con le università statali nonché con altri istituti di livello universitario volte all'integrazione dei percorsi di formazione iniziale dei docenti che tengano conto del raccordo tra gli obiettivi educativi della scuola, le innovazioni della ricerca, le esigenze del territorio e i fabbisogni professionali e tecnici espressi dal mondo produttivo locale.
      5. La regione definisce le modalità per lo svolgimento delle attività di tirocinio da realizzare presso le istituzioni scolastiche e formative, nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla normativa nazionale.
      6. La regione programma e coordina lo svolgimento dell'anno di formazione dei docenti che hanno conseguito l'abilitazione presso le istituzioni scolastiche tenendo conto delle esigenze espresse dalle istituzioni medesime. Le istituzioni interessate stipulano con il docente interessato un contratto di inserimento formativo al lavoro.

Art. 9.
(Concorsi regionali).

      1. Per il reclutamento del personale docente la regione, con cadenza triennale, indice concorsi regionali, sulla base delle cattedre vacanti e disponibili nella rispettiva regione, a mezzo di procedure curate dal centro servizi amministrativi per la comunità scolastica territoriale di cui all'articolo 31 e con la formazione di graduatorie distinte per ciascun ordine e per ciascuna classe di specializzazione.
      2. Le modalità e l'effettuazione dei concorsi regionali sono disciplinati dall'articolo 11.
      3. Gli articoli 399, 400 e 401 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti

 

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in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, e l'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 333, sono abrogati.

Art. 10.
(Bandi dei concorsi).

      1. I bandi dei concorsi regionali per titoli ed esami, di cui all'articolo 9, stabiliscono il numero dei posti messi a concorso, i requisiti e le modalità di partecipazione, il calendario delle prove e le sedi di esame, nonché il termine di presentazione delle domande e dei documenti necessari.
      2. I concorsi di cui al comma 1 sono banditi per ciascun ordine e per ciascuna classe di specializzazione.

Art. 11.
(Modalità ed effettuazione dei concorsi del personale docente).

      1. I concorsi regionali, di cui all'articolo 9, sono disciplinati secondo le modalità stabilite con regolamento regionale, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) la regione delibera annualmente il contingente massimo di personale docente per ciascun ordine e per ciascuna classe di specializzazione, allo scopo di effettuare la copertura dei posti vacanti in ogni singola istituzione scolastica;

          b) i centri servizi amministrativi per la comunità scolastica territoriale di cui all'articolo 31 di ciascuna regione pubblicizzano, con cadenza triennale, le cattedre eventualmente vacanti presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, disponendo la preparazione di elenchi speciali, contenenti i nominativi dei docenti iscritti

 

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all'albo della regione di riferimento di cui all'articolo 17;

          c) per la selezione dei candidati, le istituzioni scolastiche singole o associate in rete espletano direttamente i concorsi, avvalendosi di una commissione giudicatrice composta ai sensi dell'articolo 12;

          d) la selezione dei candidati avviene mediante una prova orale di esame, finalizzata all'accertamento delle capacità comunicative e metodologiche dei concorrenti;

          e) qualora, in ragione dell'esiguo numero di candidati, si ponga l'esigenza di contenere gli oneri relativi al funzionamento delle commissioni giudicatrici di cui all'articolo 12, il centro servizi amministrativi per la comunità scolastica territoriale dispone l'aggregazione territoriale dei concorsi;

          f) le istituzioni scolastiche o il centro servizi amministrativi per la comunità scolastica territoriale, che curano l'espletamento del concorso, provvedono anche all'approvazione delle relative graduatorie e all'assegnazione delle sedi ai vincitori;

          g) i provvedimenti di nomina, di cui all'articolo 14, sono comunque adottati dal dirigente del centro servizi amministrativi per la comunità scolastica;

          h) ai concorsi sono ammessi coloro che sono in possesso dei titoli di formazione previsti dalla normativa nazionale vigente e dai bandi di concorso regionali;

          i) per i concorsi dei docenti di religione cattolica la regione definisce i programmi di esame e i titoli dei componenti la commissione esaminatrice d'intesa con la rappresentanza diocesana.

Art. 12.
(Composizione delle commissioni giudicatrici).

      1. Le commissioni giudicatrici sono composte, avuto riguardo alle finalità e

 

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alle materie dei singoli concorsi regionali di cui all'articolo 9, da:

          a) il presidente, scelto tra i professori universitari o tra il personale direttivo delle scuole o delle istituzioni scolastiche cui si riferisce il concorso;

          b) da due membri scelti tra il personale docente con almeno cinque anni di servizio di ruolo e appartenente alle scuole o alle istituzioni scolastiche cui si riferisce il concorso.

      2. Qualora sia impossibile disporre di docenti di ruolo, le nomine possono essere conferite a docenti di ruolo titolari dell'insegnamento di discipline affini alle materie di concorso; ove ciò non sia possibile, possono essere conferite a persone esperte, membri del comitato di valutazione di cui all'articolo 23.
      3. Con proprio regolamento la regione determina i criteri per l'integrazione dei componenti delle commissioni giudicatrici, nonché l'eventuale costituzione di sottocommissioni.

Art. 13.
(Superamento della prova di esame e graduatorie di merito).

      1. La prova di esame del concorso è finalizzata all'accertamento delle capacità comunicative e metodologiche dei concorrenti.
      2. Le commissioni giudicatrici di cui all'articolo 12 dispongono di 45 punti:

          a) 40 punti per la prova di esame;

          b) 5 punti per la valutazione dei titoli.

      3. I candidati che si sono collocati, anche a pari merito, tra i primi trenta posti d'iscrizione all'albo regionale, di cui all'articolo 17, possono avvalersi del maggior punteggio ottenuto alla prova d'iscrizione al medesimo albo prevista dall'articolo 18.

 

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      4. I titoli sono valutati esclusivamente previo superamento della prova d'esame.
      5. Superano il concorso i concorrenti che hanno riportato alla prova di esame un punteggio non inferiore a 35/40.
      6. La graduatoria di merito è compilata sulla base della somma del punteggio riportato nella prova di esame e nelle valutazioni dei titoli, nonché del punteggio ottenuto alla prova d'iscrizione all'albo regionale di cui all'articolo 18.
      7. Ai fini della valutazione dei titoli, i vincitori del concorso che hanno prestato servizio con continuità per periodi non inferiori a tre anni nelle scuole di ogni ordine e grado operanti sul territorio regionale possono usufruire di uno specifico punteggio; a tale fine sono stabiliti i criteri in base ai quali il servizio risulta essere stato prestato con continuità.

Art. 14.
(Nomina dei candidati e conferimento dei posti disponibili agli idonei).

      1. Conseguono le nomine i candidati che si collocano in una posizione utile nella graduatoria del concorso regionale in relazione alle cattedre messe a concorso, nonché in relazione alle cattedre o ai posti da assegnare a eventuali dotazioni organiche aggiuntive eventualmente disponibili dopo i trasferimenti nell'anno scolastico cui si riferiscono le medesime nomine.
      2. Ai docenti nominati è assegnato lo status giuridico di cui all'articolo 19, comma 1.
      3. Ai fini della continuità didattica, i vincitori del concorso regionale non possono godere di alcuna mobilità in istituti di altre regioni prima dei cinque anni di effettivo servizio e si impegnano a mantenere la residenza nel territorio di espletamento della loro attività per tutta la durata dell'incarico. La disposizione del presente comma non si applica al personale di cui agli articoli 21 e 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.

 

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      4. Qualora si determini la situazione di cui all'articolo 11, comma 1, lettera e), l'assegnazione della sede è disposta, con riferimento alle cattedre o ai posti di dotazione organica aggiuntiva disponibili nelle istituzioni scolastiche, secondo l'ordine delle singole graduatorie di merito, tenuto conto delle aspirazioni dei candidati.
      5. La graduatoria degli idonei ha validità ai fini della copertura delle cattedre o dei posti che si rendono disponibili nei tre anni intercorrenti tra il primo e il secondo bando di concorso successivo, a causa di rinuncia, decadenza o dimissione dei vincitori, e decade trascorsi i tre anni a prescindere da eventuali dilazioni nei tempi di realizzazione dell'intera procedura concorsuale, compresa la pubblicazione della graduatoria di merito.

Art. 15.
(Quota interregionale).

      1. Qualora per le classi di concorso ordinarie o relative a discipline di particolare specializzazione si abbia un numero limitato di candidati, il concorso riserva una quota di partecipazione agli iscritti agli albi di cui all'articolo 17 delle regioni limitrofe.
      2. In ogni caso, in relazione al numero delle cattedre o dei posti previsti dai bandi di concorso, non sono assegnabili ai trasferimenti da altre regioni altrettante cattedre o posti disponibili nell'ambito regionale.

Art. 16.
(Mobilità del personale docente).

      1. La mobilità del personale docente s'informa al principio della continuità didattica ed è disciplinata, in modo da garantire il regolare avvio dell'anno scolastico, dai contratti collettivi regionali integrativi per il personale dirigente e docente all'interno del territorio regionale.

 

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      2. Il personale docente assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato, o trasferito con mobilità territoriale o professionale da un'altra regione, garantisce comunque la permanenza effettiva per almeno cinque anni nelle scuole della regione della sede di nuovo insediamento. La disposizione del presente comma non si applica al personale di cui agli articoli 21 e 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.
      3. I contratti previsti dal comma 1 sono sottoscritti dalla regione sulla base dell'intesa raggiunta in seno al comitato di settore di cui all'articolo 41 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come da ultimo modificato dall'articolo 7, comma 4, della presente legge.
      4. Fino a quando il contratto collettivo regionale integrativo non disponga diversamente, il centro servizi amministrativi per la comunità scolastica territoriale di cui all'articolo 31 può disporre il trasferimento d'ufficio del personale docente per accertata situazione di incompatibilità di permanenza nella scuola o nella sede. Qualora ricorrano ragioni di particolari urgenza e gravità, il trasferimento può essere disposto anche in corso d'anno; in attesa del provvedimento di trasferimento il centro servizi amministrativi per la comunità scolastica territoriale può disporre, a fini cautelari, la sospensione dal servizio per un periodo massimo di quindici giorni.

Art. 17.
(Albo regionale dei docenti).

      1. Ogni ufficio scolastico regionale istituisce l'albo regionale dei docenti, di seguito denominato «albo», distinto per la scuola dell'infanzia, per la scuola primaria e per la scuola secondaria di primo e di secondo grado. All'albo possono iscriversi i docenti che hanno conseguito la laurea magistrale, il diploma accademico di secondo livello e l'abilitazione all'insegnamento e che sono residenti in uno dei comuni del territorio regionale.

 

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      2. L'albo contiene le seguenti indicazioni:

          a) il voto ottenuto alla prova d'iscrizione di cui all'articolo 18;

          b) i titoli e le altre eventuali specializzazioni e qualifiche di avanzamento della carriera;

          c) l'indicazione della residenza nella regione d'istituzione dell'albo.

      3. L'albo è compilato in base al voto ottenuto alla prova d'iscrizione di cui all'articolo 18.
      4. Le deliberazioni in ordine alle domande d'iscrizione all'albo sono controllate dagli organismi tecnici rappresentativi regionali, che ne curano la tenuta e l'aggiornamento.
      5. Si può essere iscritti a un solo albo.
      6. L'albo è comunicato al presidente della regione, al presidente della provincia, ai sindaci e alle singole istituzioni scolastiche pubbliche, private e paritarie.
      7. Possono esercitare l'attività di insegnamento presso le istituzioni scolastiche pubbliche, private e paritarie, i docenti iscritti ai relativi albi.

Art. 18.
(Prova d'iscrizione all'albo).

      1. Il comitato di valutazione, di cui all'articolo 23, somministra ai docenti prove omogenee di valutazione, costituite da una serie di domande, per verificare la conoscenza dei processi di trasformazione e d'innovazione nella scuola dell'autonomia.
      2. Il comitato di valutazione di cui al comma 1 valuta in particolare la conoscenza:

          a) dei processi di innovazione in corso nei sistemi scolastici e formativi europei;

          b) delle disposizioni del titolo V della parte seconda della Costituzione in materia di rapporti tra Stato, regioni ed enti

 

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locali e della loro applicazione in campo scolastico e formativo;

          c) dell'attuazione del sistema educativo di istruzione e formazione;

          d) degli aspetti formativi, giuridici, amministrativi, organizzativi, comunicativi e relazionali dell'istituzione scolastica autonoma;

          e) dell'organizzazione della scuola per quanto concerne i rapporti con il territorio, l'uso delle tecnologie didattiche, l'educazione alla cittadinanza e alla legalità, nonché la valutazione dei processi sociali in atto.

Art. 19.
(Docenti ricercatori e docenti esperti).

      1. I docenti nominati ai sensi dell'articolo 14 sono assunti con lo status giuridico di docenti ricercatori, per un periodo massimo di tre anni.
      2. In deroga a quanto stabilito dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, l'assunzione con contratto a tempo determinato del personale docente è trasformata in assunzione definitiva, a tutti gli effetti giuridici, contrattuali, normativi e retributivi, al terzo incarico annuale, previa valutazione meritocratica del servizio prestato a cura del comitato di valutazione di cui all'articolo 23 della presente legge.
      3. Le istituzioni scolastiche promuovono accordi di rete volti a inserire i docenti di cui al comma 1 in progetti di ricerca, sperimentazione e sviluppo, nonché di formazione e aggiornamento obbligatori, tenuto conto della relativa classe di specializzazione.
      4. I docenti che ottengono parere favorevole in merito allo svolgimento del proprio servizio, nonché delle attività didattiche e di sperimentazione ottengono lo status giuridico di docenti esperti, salvo successive valutazioni sulla garanzia e sulla qualità del servizio prestato a cura del comitato di valutazione di cui all'articolo 23.

 

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Art. 20.
(Accesso ai ruoli del personale docente).

      1. L'accesso ai ruoli del personale docente della scuola ha luogo a livello regionale, per il 100 per cento dei posti pianificati annualmente da ciascuna regione.

Art. 21.
(Incarichi pluriennali).

      1. I contratti di incarico dei docenti che hanno superato il concorso regionale sono stipulati per un minimo di cinque e per un massimo di dieci anni scolastici, con eventuale conferma subordinata alla valutazione periodica del comitato di valutazione di cui all'articolo 23.
      2. Limitatamente al primo concorso indetto per ciascuna classe di concorso, i vincitori sono assunti con contratto a tempo indeterminato.

Art. 22.
(Forme flessibili di impiego del personale docente).

      1. Le istituzioni scolastiche, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento previste dalla presente legge, anche ai fini della copertura del tempo pieno, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
      2. Ai fini della copertura dell'orario settimanale a tempo pieno, nell'ambito di un'organizzazione della didattica improntata all'unitarietà della programmazione e alla sua articolazione flessibile, le istituzioni scolastiche possono raddoppiare i criteri per l'utilizzazione del doppio organico per gli insegnanti.

 

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      3. Nel caso della costituzione di reti di scuole previste dai regolamenti di cui all'articolo 21, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, le istituzioni scolastiche utilizzano gli organici funzionali di rete, per incarichi di almeno un anno, eventualmente rinnovabili.
      4. Le competenze attribuite dalla presente legge all'istituzione scolastica sono esercitate dall'organo di rete, nei limiti e con le modalità stabiliti dall'accordo stipulato tra le istituzioni scolastiche consorziate.
      5. Per le finalità di cui al comma 3 si provvede anche con il personale docente non di ruolo, residente nell'ambito regionale, che ha prestato almeno centottanta giorni di servizio, al quale può essere affidata l'attività di sostegno, escluse le funzioni normalmente attribuite al personale assistente educatore.
      6. I centri servizi amministrativi di cui all'articolo 31 provvedono all'istituzione di un elenco del personale non di ruolo in possesso dei requisiti previsti dal comma 5 del presente articolo.

Art. 23.
(Comitato di valutazione dell'offerta formativa e del personale scolastico delle istituzioni scolastiche autonome).

      1. Al fine di migliorare i livelli di soddisfazione degli studenti e delle famiglie, la regione istituisce il comitato di valutazione dell'offerta formativa e del personale scolastico delle istituzioni scolastiche autonome, di seguito denominato «comitato di valutazione», che dura in carica cinque anni, quale organismo tecnico-scientifico con il compito di valutare la qualità e l'efficienza del sistema educativo delle istituzioni scolastiche pubbliche e paritarie.
      2. Il comitato di valutazione definisce i criteri e la procedura di valutazione delle istituzioni e del personale scolastico, garantendo

 

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omogeneità con la valutazione disciplinata dalla normativa nazionale vigente. In particolare:

          a) verifica i risultati del sistema educativo svolto dalle istituzioni scolastiche a livello territoriale;

          b) promuove la valutazione interna delle istituzioni scolastiche;

          c) verifica l'organizzazione ai fini dell'efficacia, efficienza ed economicità della gestione delle istituzioni scolastiche;

          d) valuta i livelli professionali dei dirigenti, dei docenti e del personale ATA e assistente educatore;

          e) interviene a livello consultivo per la conferma e per il passaggio di ruolo dei docenti, prevista all'articolo 19, nonché per la loro iscrizione all'albo.

      3. Con regolamento regionale sono disciplinati le competenze, la sede e le modalità di funzionamento di ciascun comitato di valutazione e dei nuclei operativi di supporto a livello provinciale, nonché il numero massimo dei componenti.
      4. Il regolamento regionale di cui al comma 3 stabilisce, altresì, le forme di raccordo con il sistema nazionale di valutazione, anche al fine della partecipazione alle iniziative di valutazione del sistema di istruzione di competenza del livello nazionale.
      5. I nuclei operativi di cui al coma 3 coordinano le proprie attività attraverso incontri da tenere almeno due volte nel corso dell'anno scolastico e possono collaborare anche con analoghe istituzioni estere.

Capo III
DIRIGENTI SCOLASTICI

Art. 24.
(Dirigente scolastico).

      1. Il dirigente scolastico è l'organo che assolve ai compiti di natura amministrativo-didattica

 

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che gli sono conferiti dall'ordinamento scolastico.
      2. Nel rispetto dell'articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell'istituzione scolastica, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio, organizza l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative. Adotta i provvedimenti di gestione delle risorse e del personale in attuazione degli indirizzi generali di organizzazione didattica deliberati dal collegio dei docenti ed è responsabile dei risultati per gli atti di sua competenza. Nell'espletamento dei suoi compiti, al servizio della comunità scolastica, mantiene i rapporti con le altre istituzioni scolastiche a livello centrale e periferico, con le istituzioni locali e con le altre realtà territoriali, con il mondo dell'impresa e del lavoro.
      3. Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente scolastico, nel rispetto dei criteri fissati dal collegio dei docenti, può avvalersi di docenti da lui individuati ed è coadiuvato dal direttore dei servizi amministrativi.
      4. Per eventuali provvedimenti che afferiscono alla sfera della didattica promossi dal dirigente scolastico nei confronti dei singoli docenti, lo stesso è tenuto ad acquisire in merito il parere del collegio dei docenti.

Art. 25.
(Albo regionale dei dirigenti scolastici).

      1. È istituito l'albo regionale dei dirigenti scolastici delle istituzioni scolastiche pubbliche e paritarie del territorio, di seguito denominato «albo dei dirigenti».
      2. L'albo dei dirigenti contiene elementi conoscitivi di carattere formativo e professionale utili per assicurare una corretta gestione della mobilità della dirigenza. Gli elementi conoscitivi e le modalità di costituzione dell'albo sono definiti con regolamento

 

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regionale, in conformità alle disposizioni dei commi 3, 4, 5, 6 e 7.
      3. L'albo dei dirigenti è suddiviso nella sezione dei dirigenti delle istituzioni scolastiche primarie e secondarie di primo grado e in quella dei dirigenti delle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado.
      4. L'albo dei dirigenti contiene le seguenti indicazioni:

          a) il voto ottenuto al concorso regionale;

          b) i titoli e le altre eventuali specializzazioni e qualifiche;

          c) l'indicazione della residenza nella regione d'istituzione dell'albo dei dirigenti.

      5. L'albo dei dirigenti è compilato in base al voto ottenuto al concorso regionale.
      6. Le deliberazioni in ordine alle domande di iscrizione all'albo dei dirigenti sono controllate dagli organismi tecnici rappresentativi regionali, che ne curano la tenuta e l'aggiornamento.
      7. Si può essere iscritti a un solo albo dei dirigenti.
      8. L'albo dei dirigenti è comunicato al presidente della regione, al presidente della provincia, ai sindaci e alle singole istituzioni scolastiche pubbliche, private e paritarie.
      9. Gli incarichi di dirigenza a tempo determinato, di cui all'articolo 27, possono essere assegnati esclusivamente ai dirigenti iscritti all'albo dei dirigenti.

Art. 26.
(Reclutamento dei dirigenti scolastici).

      1. Il reclutamento dei dirigenti scolastici è effettuato mediante un concorso selettivo che comprende anche un corso di formazione, indetto dalla regione per la copertura dei posti di dirigente relativi alle istituzioni scolastiche regionali del primo e del secondo ciclo di istruzione. Al corso-concorso è ammesso il personale docente in servizio a tempo indeterminato, in possesso

 

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del diploma di laurea magistrale, del diploma accademico di secondo livello e dell'abilitazione all'insegnamento, che ha maturato almeno tre anni di servizio effettivo, anche a tempo determinato, nelle scuole pubbliche e paritarie.
      2. Con regolamento, adottato in sede di comitato di settore di cui all'articolo 41 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, come da ultimo modificato dall'articolo 7, comma 4, della presente legge, sono disciplinati:

          a) le modalità e i tempi di svolgimento del corso-concorso di cui al comma 1;

          b) l'eventuale pre-selezione per la partecipazione al corso-concorso;

          c) le materie oggetto del corso-concorso;

          d) il numero di posti messi a concorso, da calcolare tenendo conto, tra l'altro, dei posti vacanti e disponibili alla data d'indizione del concorso utili per l'assunzione a tempo indeterminato e delle previsioni di collocamento a riposo per raggiunti limiti di età o di cessazione dal servizio per altri motivi nel periodo di vigenza della graduatoria, che è almeno triennale;

          e) la dichiarazione a vincitori di coloro che hanno superato l'esame finale, in numero non superiore ai posti messi a concorso;

          f) i criteri per la composizione delle commissioni giudicatrici e per la valutazione.

      3. La regione nomina la commissione giudicatrice composta da esperti provenienti da amministrazioni e da organizzazioni pubbliche o private, in particolare con competenze in campo organizzativo, gestionale, formativo o educativo e tra dirigenti scolastici, anche collocati a riposo, con un'anzianità nella direzione della scuola di almeno cinque anni. Il presidente è scelto tra dirigenti di amministrazioni pubbliche, anche collocati a riposo, che ricoprono o hanno ricoperto

 

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un incarico di direzione in uffici dirigenziali, tra magistrati amministrativi o contabili, tra avvocati dello Stato o tra docenti universitari.
      4. I compensi dovuti ai componenti delle commissioni giudicatrici sono definiti con normativa regionale.

Art. 27.
(Incarichi a tempo determinato).

      1. La regione può conferire ai dirigenti iscritti all'albo dei dirigenti, nel limite dei posti vacanti e disponibili e della dotazione organica complessiva, incarichi a tempo determinato di durata non superiore a cinque anni.
      2. La regione stabilisce le modalità e i criteri di conferimento, di rotazione e di revoca degli incarichi di cui al comma 1, nonché della sostituzione in caso di vacanza dell'incarico, di assenza o di impedimento dei dirigenti scolastici.

Art. 28.
(Verifica dei risultati e valutazione dei dirigenti scolastici).

      1. Per la verifica della rispondenza dei risultati dell'attività svolta dai dirigenti scolastici alla programmazione e all'attuazione del piano dell'offerta formativa, secondo i princìpi dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, la regione si avvale del comitato di valutazione.
      2. La regione integra il comitato di valutazione con due esperti dotati di particolare conoscenza ed esperienza nelle tecniche organizzative o valutative della gestione delle istituzioni scolastiche.
      3. La valutazione della dirigenza scolastica è effettuata annualmente, anche sulla base di una relazione predisposta dai dirigenti scolastici, con riferimento ai risultati raggiunti. L'attribuzione degli emolumenti accessori è connessa alle risultanze della valutazione.

 

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      4. La conferma o la revoca degli incarichi dirigenziali è sottoposta alle modalità previste dal contratto collettivo di lavoro regionale integrativo, di cui all'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come da ultimo modificato dall'articolo 6 della presente legge.

Capo IV
PERSONALE ATA

Art. 29.
(Modalità di utilizzazione del personale ATA e degli assistenti educatori).

      1. Nel rispetto della salvaguardia della qualità del servizio, la distribuzione degli incarichi del personale ATA è finalizzata a:

          a) garantire la continuità nell'erogazione del servizio offerto all'utenza;

          b) valorizzare le competenze professionali;

          c) favorire l'acquisizione di competenze specifiche.

      2. Ai fini di cui al comma 1, il dirigente scolastico, nell'utilizzazione del personale ATA e nell'assegnazione degli incarichi in rapporto ai diversi profili professionali previsti nella scuola, può prevedere opportune forme di collaborazione nello svolgimento degli incarichi, nonché opportune forme di rotazione.
      3. L'organizzazione del servizio deve garantire un'equa ripartizione dei carichi di lavoro tra il personale appartenente allo stesso profilo, in coerenza e in modo strumentale alle finalità del piano dell'offerta formativa.
      4. Il dirigente scolastico predispone il piano generale relativo allo svolgimento dei servizi amministrativi, tecnici ed ausiliari.
      5. Il funzionario amministrativo notifica ai dipendenti gli incarichi individuali di lavoro, unitamente all'orario e a eventuali turnazioni, nonché le modalità generali

 

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relative all'effettuazione del lavoro straordinario, tenuto conto delle richieste individuali compatibili con le esigenze di servizio.
      6. L'assunzione degli assistenti educatori avviene previa valutazione delle competenze e delle esperienze professionali.
      7. Nella definizione degli organici funzionali di rete, di cui all'articolo 22, comma 3, è compresa la razionale assegnazione e distribuzione del personale ATA nel limite massimo della consistenza numerica complessiva delle unità di personale previste dalle disposizioni regionali.

Titolo II
GOVERNO DEL SISTEMA DELL'ISTRUZIONE A LIVELLO TERRITORIALE

Art. 30.
(Piano regionale per il sistema dell'istruzione).

      1. La regione adotta il piano regionale per il sistema dell'istruzione di durata coincidente con la legislatura regionale; l'efficacia del piano è prorogata fino all'approvazione del piano successivo. Il piano può essere aggiornato. Il piano specifica in particolare:

          a) gli indirizzi generali delle politiche dell'istruzione, stabilite a livello nazionale, anche con riferimento ai fabbisogni del contesto economico-sociale e alle esigenze culturali delle minoranze linguistiche;

          b) gli obiettivi generali del sistema dell'istruzione;

          c) i criteri e i livelli dimensionali delle istituzioni scolastiche;

          d) le forme di coordinamento per attuare l'integrazione delle politiche dell'istruzione e della formazione con quelle del lavoro e della formazione per il lavoro, nonché con le politiche dello sviluppo economico e sociale del territorio.

 

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      2. La definizione e l'attuazione del piano previsto dal comma 1 sono effettuate al fine di garantire:

          a) la tendenziale stabilità nel tempo delle istituzioni scolastiche;

          b) l'utilizzo delle dotazioni umane e finanziarie assegnate alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado in rapporto alle effettive necessità e alle complessive risorse disponibili;

          c) la determinazione dell'organico di ciascuna istituzione scolastica autonoma, secondo parametri e criteri anche pluriennali, in relazione al numero degli studenti, alla continuità didattica e al sostegno degli studenti con particolari o gravi deficit cognitivi, alla distribuzione delle istituzioni sul territorio e alle relative situazioni socio-economiche, alle esigenze di funzionamento delle istituzioni scolastiche nell'attuazione dell'autonomia didattica e organizzativa, nonché in relazione all'attivazione di reti di istituzioni scolastiche;

          d) la pluralità di scelte didattiche e formative articolate sul territorio, in grado di soddisfare i bisogni della comunità territoriale.

      3. La regione coordina l'attuazione degli interventi relativi alla programmazione delle istituzioni scolastiche e formative con quelli delle scuole dell'infanzia, tenendo conto dell'offerta educativa, dei relativi orientamenti e della diffusione delle scuole dell'infanzia sul territorio.
      4. Il piano regionale per il sistema dell'istruzione rileva la distribuzione sul territorio delle istituzioni scolastiche private.
      5. Ai fini della formazione del piano di cui al presente articolo sono sentiti la competente commissione permanente del consiglio regionale, il consiglio regionale della comunità scolastica territoriale, il consiglio delle istituzioni scolastiche nonché tutti i soggetti della comunità educativa territoriale.

 

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Art. 31.
(Istituzione del centro servizi amministrativi per la comunità scolastica territoriale).

      1. In ciascun capoluogo di regione è istituito il centro servizi amministrativi per la comunità scolastica territoriale, di seguito denominato «centro servizi», organo di partecipazione e di corresponsabilità delle regioni nel governo del sistema nazionale dell'istruzione.
      2. Le funzioni esercitate dall'ufficio scolastico regionale, ai sensi dell'articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 2009, n. 17, nonché i compiti svolti dagli uffici scolastici provinciali sono trasferiti, con modalità e tempi da definire in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità a quanto stabilito dal presente articolo, ai centri servizi. In particolare si provvede:

          a) al trasferimento del personale dipendente dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che esercita le funzioni amministrative dei soppressi uffici scolastici regionali e provinciali, secondo i princìpi di economicità ed efficienza di impiego, conservando per tale personale le posizioni giuridiche ed economiche in atto al momento del trasferimento o loro equivalenti;

          b) al trasferimento presso il centro servizi delle funzioni, dei beni e delle risorse finanziarie, strumentali e organizzative dei soppressi uffici periferici statali e la successione nei rispettivi rapporti giuridici e finanziari. Il trasferimento dei beni e delle risorse deve comunque essere congruo rispetto alle funzioni amministrative conferite.

      3. A decorrere dalla data di trasferimento delle funzioni e dei compiti di cui al comma 2, gli uffici scolastici regionali e provinciali sono soppressi.

 

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      4. Qualora, in sede di prima attuazione della presente legge, il centro servizi destinatario delle funzioni di cui al comma 2, non sia ancora in grado di provvedere al loro effettivo esercizio, il presidente della giunta regionale e la giunta regionale esercitano le funzioni già spettanti agli organi degli uffici scolastici regionali e provinciali soppressi nei rispettivi territori.
      5. Il centro servizi costituisce un autonomo centro di responsabilità amministrativa.

Art. 32.
(Consiglio regionale della comunità scolastica territoriale).

      1. In ciascun capoluogo di regione è istituito il consiglio regionale della comunità scolastica territoriale, organo di corresponsabilità delle regioni nel governo del sistema nazionale dell'istruzione. Il consiglio esprime pareri sugli atti regionali d'indirizzo e di programmazione del piano regionale per il sistema dell'istruzione e della distribuzione dell'offerta formativa e fornisce il supporto tecnico-scientifico per l'esercizio delle funzioni di governo nazionale nelle materie degli ordinamenti scolastici, dell'organizzazione generale dell'istruzione scolastica, del sistema di valutazione e dello stato giuridico del personale.
      2. Ai fini di cui al comma 1, il consiglio regionale della comunità scolastica:

          a) sostiene le autonomie scolastiche e la loro interazione con le autonomie locali, con i settori economici e produttivi, con gli enti pubblici e con le associazioni del territorio, ai fini dell'arricchimento dell'offerta formativa;

          b) definisce, in sinergia con gli enti regionali preposti, le linee programmatiche in materia di politica scolastica;

          c) promuove sul territorio iniziative condotte in partenariato tra enti, associazioni e istituzioni scolastiche;

 

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          d) prevede interventi volti a garantire l'efficacia del sistema scolastico territoriale attraverso azioni di monitoraggio e di valutazione;

          e) vigila sull'educazione permanente svolta dalle istituzioni scolastiche;

          f) formula pareri in merito ai criteri per la definizione degli organici delle istituzioni scolastiche;

          g) promuove la prevenzione contro la dispersione scolastica, il bullismo e la tossicodipendenza da droga e da alcol;

          h) promuove l'istituzione del percorso di orientamento scolastico, condotto da uno psicologo iscritto al relativo albo professionale;

          i) promuove l'attivazione delle necessarie risorse e competenze per la realizzazione di un servizio di psicologia scolastica regionale destinato all'attuazione di interventi specifici e integrati con il territorio, fornendo anche un contributo teorico e tecnico-scientifico ai dirigenti scolastici, ai docenti, al personale ATA, agli studenti e alle loro famiglie.

      3. Il consiglio regionale della comunità scolastica territoriale svolge le funzioni e i compiti di indirizzo relativi anche all'ambito territoriale provinciale attraverso:

          a) la ricognizione, il monitoraggio e la raccolta di dati in ordine allo stato di attuazione delle disposizioni in materia di sicurezza e di messa a norma degli edifici scolastici, ai sensi del comma 21 dell'articolo 80 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, e del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;

          b) la ricognizione e il monitoraggio degli edifici scolastici;

          c) la ricognizione, il monitoraggio e la verifica, anche attraverso le funzioni attivate dal Sistema informativo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dei progetti realizzati dalle istituzioni scolastiche nell'ambito della programmazione dei fondi strutturali europei;

 

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          d) il raccordo e la collaborazione con i comuni, al fine di promuovere azioni di ricognizione, monitoraggio e verifica dell'osservanza dell'obbligo di istruzione e formazione, con particolare riferimento ai minori stranieri presenti sul territorio nazionale, in attuazione della normativa nazionale vigente;

          e) il raccordo e la collaborazione con le autonomie locali e con le aziende sanitarie locali al fine di individuare le condizioni che consentono una migliore integrazione scolastica degli alunni disabili, in attuazione del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 febbraio 2006, n. 185;

          f) l'assistenza, la consulenza, l'informazione, la formazione e il monitoraggio finalizzati allo sviluppo delle condizioni per la piena realizzazione dell'autonomia didattica, organizzativa e di ricerca delle istituzioni scolastiche, anche attraverso la costituzione di reti di scuole;

          g) la creazione di occasioni di confronto con tutti gli attori della comunità scolastica;

          h) la ricognizione, per ogni opportuna azione di supporto, dell'offerta formativa realizzata dalle istituzioni scolastiche, con riferimento alle attività curriculari ed extra curriculari, nonché ai risultati raggiunti in relazione agli obiettivi preventivati;

          i) la ricognizione e il monitoraggio dello stato di assegnazione e di utilizzazione dei finanziamenti attribuiti alle istituzioni scolastiche.

      4. Il consiglio regionale della comunità scolastica territoriale è composto:

          a) dall'assessore regionale competente in materia di istruzione;

          b) dal responsabile del coordinamento degli assessori provinciali competenti in materia di istruzione e di formazione professionale;

          c) dal relativo componente del dipartimento per i servizi alla persona e alla

 

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comunità dell'Unione delle province d'Italia o, se mancante, da un altro componente del medesimo dipartimento;

          d) da un rappresentante della commissione istruzione dell'Associazione nazionale dei comuni italiani;

          e) da esponenti della cultura, esperti nel sistema dell'istruzione italiano ed europeo;

          f) dai rappresentanti dei dirigenti scolastici selezionati, a livello provinciale, dall'istituzione scolastica o dalle reti di scuole.

      5. Le modalità di validità delle deliberazioni e di espressione dei pareri del consiglio regionale della comunità scolastica territoriale sono definiti dalla giunta regionale.
      6. Il consiglio regionale della comunità scolastica territoriale si dota di un proprio regolamento che prevede un comitato ristretto composto dai rappresentanti eletti all'interno di ciascuna delle componenti di cui alle lettere e) e f) del comma 4.
      7. Per le province autonome di Trento e di Bolzano è prevista l'istituzione del rispettivo consiglio provinciale della comunità scolastica territoriale, secondo le modalità previste dal presente articolo, intendendosi sostituito il livello regionale con quello provinciale e quello provinciale con quello comunale.

Titolo III
GOVERNO DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE AUTONOME

Art. 33.
(Princìpi generali).

      1. Alle istituzioni scolastiche è attribuita la personalità giuridica. Esse sono dotate di autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sviluppo e sperimentazione, nonché amministrativa e finanziaria, ai sensi della presente legge.

 

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      2. Le istituzioni scolastiche autonome sono responsabili della definizione e realizzazione dell'offerta formativa. A tal fine collaborano tra loro e con gli enti locali promuovendo il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali della persona e gli obiettivi generali del sistema dell'istruzione.
      3. L'autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, di formazione e di istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo educativo-formativo, coerentemente con le finalità e con gli obiettivi generali del sistema dell'istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento.
      4. La personalità giuridica e l'autonomia delle istituzioni scolastiche sono deliberate dal presidente della giunta regionale.

Art. 34.
(Organi di autogoverno della scuola).

      1. Per il perseguimento degli obiettivi di progettazione educativa e per la realizzazione dei relativi percorsi formativi, le istituzioni scolastiche, nella loro autonomia, istituiscono gli organi di autogoverno di cui al comma 2 e ne disciplinano il funzionamento secondo i princìpi e le modalità indicate nel proprio statuto.
      2. Gli organi di autogoverno delle istituzioni scolastiche sono:

          a) il consiglio dell'istituzione;

          b) il collegio dei docenti;

          c) il dirigente scolastico.

 

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Art. 35.
(Consiglio dell'istituzione).

      1. Il consiglio dell'istituzione ha funzioni di indirizzo e di programmazione e approva:

          a) lo statuto e il regolamento interno;

          b) gli indirizzi generali per l'attività, la gestione e l'amministrazione della scuola;

          c) il piano dell'offerta formativa, deliberato dal collegio dei docenti, verificandone la compatibilità in base alle risorse professionali e finanziarie disponibili;

          d) il bilancio e il conto consuntivo;

          e) le attività definite nell'ambito delle forme di collaborazione socio-territoriale, nonché le convenzioni che regolano eventuali accordi di rete o consortili con le istituzioni scolastiche;

          f) gli accordi e le intese con soggetti pubblici istituzionali o privati per la realizzazione di progetti formativi coerenti con il piano dell'offerta formativa dell'istituzione scolastica.

Art. 36.
(Collegio dei docenti).

      1. Il collegio dei docenti, in quanto organo preposto alla programmazione degli interventi educativi, definisce in piena autonomia gli obiettivi formativi, tenendo conto delle proposte espresse dalle realtà scolastiche e delle indicazioni che pervengono dalle comunità operanti sul territorio, ai sensi dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275. Definisce gli indirizzi generali dell'organizzazione didattica, individua e approva i curricoli formativi, programma le attività curriculari ed extracurriculari, integrative e aggiuntive, e definisce i criteri di utilizzazione del personale docente.

 

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      2. Il collegio dei docenti si articola in commissioni disciplinari e interdisciplinari, in organismi di programmazione didattico-educativa di norma corrispondenti ai consigli dei docenti della classe, nonché in altre articolazioni funzionali necessarie per l'esplicarsi della propria attività.
      3. Il collegio dei docenti elegge al suo interno un coordinatore didattico al quale il dirigente scolastico fa riferimento per la piena attuazione del piano dell'offerta formativa, fatte salve le competenze spettanti al medesimo collegio.
      4. Le deliberazioni del collegio dei docenti, in quanto espressione della libertà d'insegnamento, non costituiscono materia contrattuale.
      5. Il collegio dei docenti è composto da tutti i docenti di ruolo e non di ruolo in servizio ed è presieduto dal dirigente scolastico.

Art. 37.
(Autonomia statutaria).

      1. Alle istituzioni scolastiche è riconosciuta autonomia statutaria.
      2. Lo statuto delle istituzioni scolastiche regola in particolare:

          a) i princìpi e i criteri di organizzazione dell'istituzione scolastica;

          b) i contenuti vincolanti e le modalità di approvazione del piano dell'offerta formativa;

          c) le funzioni, la composizione e le modalità di nomina del collegio dei docenti e degli organi di indirizzo e di controllo, di gestione e di coordinamento;

          d) i contenuti e le modalità di approvazione del regolamento interno che, in attuazione dello statuto, definisce, tra l'altro, le modalità del sistema di valutazione degli aspetti organizzativi attinenti al funzionamento dell'istituzione e dei relativi organi;

 

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          e) le modalità di formazione e di approvazione del bilancio e del conto consuntivo;

          f) la predisposizione della carta dei servizi di cui all'articolo 38;

          g) la partecipazione dell'istituzione e della comunità scolastica a progetti o a iniziative d'integrazione, collaborazione e scambio con altri soggetti in ambito nazionale, europeo e internazionale;

          h) i rapporti con gli enti locali e con i rappresentanti delle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi socio-territoriali.

      3. Lo statuto è adottato dal consiglio dell'istituzione a maggioranza dei due terzi dei componenti ed è inviato al presidente della regione che, entro sessanta giorni, ne verifica la legittimità, nonché l'eventuale e conseguente adeguamento, tenuto conto anche della conformità dello statuto agli atti regionali di programmazione e di indirizzo; decorso tale termine il consiglio dell'istituzione approva in via definitiva lo statuto. Le modifiche allo statuto sono adottate con la procedura prevista dal presente comma.

Art. 38.
(Carta dei servizi).

      1. Ogni istituzione scolastica approva la carta dei servizi, quale strumento che definisce i diritti dell'utente in relazione all'organizzazione e all'erogazione del servizio, e informa gli studenti e le famiglie sui princìpi fondamentali, sui contenuti specifici e sull'organizzazione dell'offerta formativa di ciascuna istituzione, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 3 e 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e delle disposizioni della presente legge.

 

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Art. 39.
(Rapporto tra le istituzioni scolastiche e la realtà territoriale).

      1. Le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado concorrono allo sviluppo del territorio in cui operano attraverso la programmazione di un'offerta formativa coerente ai bisogni del territorio delle comunità e operano per l'integrazione e per la collaborazione tra le stesse istituzioni scolastiche e gli altri soggetti istituzionali.
      2. Nell'ambito della propria autonomia le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado utilizzano una parte del curricolo obbligatorio per la costruzione di percorsi interdisciplinari dedicati alla conoscenza del territorio di appartenenza, dal punto di vista storico, culturale, ambientale, urbanistico, economico e sportivo.
      3. I percorsi di cui al comma 2 sono volti altresì a fornire le conoscenze necessarie a esercitare consapevolmente i diritti di cittadinanza attiva, di legalità e di partecipazione democratica a livello locale, in un'ottica di mantenimento delle diversità e delle specificità territoriali aperte e inserite nella comunità nazionale, europea e internazionale.
      4. Nell'ambito del piano dell'offerta formativa è definita la quota curricolare da dedicare ai percorsi di cui ai commi 2 e 3.

Titolo IV
DISPOSIZIONI FINANZIARIE PER L'AUTOGOVERNO DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE

Art. 40.
(Dotazione e autonomia finanziarie delle istituzioni scolastiche).

      1. L'autonomia amministrativa e finanziaria delle istituzioni scolastiche è finalizzata alla migliore gestione delle risorse

 

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definite dal relativo bilancio regionale e assegnate alle medesime istituzioni.
      2. L'esercizio finanziario delle istituzioni scolastiche ha durata annuale e coincide con l'anno solare.
      3. La dotazione finanziaria per spese di funzionamento e di investimento è attribuita secondo criteri e modalità diretti a garantire la qualificazione e la razionalizzazione della spesa nonché il riequilibrio di situazioni di svantaggio, senza altro vincolo di destinazione che quello dell'utilizzazione per lo svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di orientamento proprie di ciascuna tipologia, di ciascun indirizzo e di ciascun percorso. Le istituzioni scolastiche possono prevedere il versamento da parte degli studenti e delle famiglie di contributi per il rimborso delle spese relative alla realizzazione di attività facoltative, integrative o di laboratorio con forme di esonero totale o parziale, in base al merito e alla capacità economica della famiglia.
      4. Le entrate delle istituzioni scolastiche comprendono:

          a) le assegnazioni della regione per spese di funzionamento e di investimento;

          b) il contributo e le assegnazioni di altri enti pubblici;

          c) i contributi di istituzioni, imprese o privati, compresi i versamenti degli studenti o delle famiglie;

          d) i proventi derivanti da convenzioni o da contratti con soggetti esterni;

          e) qualsiasi altra oblazione, provento o erogazione liberale.

      5. Le assegnazioni della regione per il finanziamento dell'attività scolastica sono distinte in assegnazioni ordinarie e straordinarie. Le assegnazioni sono disposte sulla base di criteri fissati dalla giunta regionale.
      6. La giunta regionale determina le assegnazioni ordinarie di cui al comma 5 sulla base di parametri oggettivi per la determinazione dei fabbisogni, tenendo

 

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conto dell'entità e della complessità della singola scuola.
      7. Le assegnazioni straordinarie di cui al comma 5 sono finalizzate alla copertura di spese imprevedibili o alla realizzazione di progetti di particolare complessità.
      8. La regione e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, garantiscono a tutte le istituzioni scolastiche una dotazione di base finalizzata ad assicurare il regolare funzionamento didattico-amministrativo dell'attività scolastica.

Art. 41.
(Disposizioni per il controllo amministrativo e contabile delle istituzioni scolastiche).

      1. Le istituzioni scolastiche sono sottoposte al controllo di regolarità amministrativa e contabile da parte di uno o più nuclei di controllo, nominati dal dirigente del centro servizi competente. I nuclei sono composti da personale regionale qualificato in materia amministrativa e contabile o da esperti esterni appositamente incaricati. I criteri e le modalità di funzionamento dei nuclei sono stabiliti con il regolamento di cui al comma 2.
      2. Con regolamento della regione sono stabilite le disposizioni per la gestione finanziaria, amministrativa e contabile delle istituzioni scolastiche, per la formazione del conto consuntivo e dei relativi adempimenti contabili nonché per la regolazione del servizio di cassa, per la redazione degli inventari e per il riscontro della gestione finanziaria.

Art. 42.
(Riqualificazione della spesa complessiva per l'istruzione).

      1. La regione provvede alla riqualificazione della spesa complessiva per l'istruzione sulla base dei seguenti princìpi, al

 

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fine della riduzione della spesa corrente e della diversificazione degli investimenti:

          a) ridefinire la rete scolastica territoriale sulla base di parametri oggettivi, che consentano il dimensionamento del numero minimo e massimo degli alunni;

          b) attribuire alla scuola un organico secondo parametri e criteri anche pluriennali stabiliti in conformità alle deliberazioni approvate dai relativi consigli dell'istituzione ai sensi dell'articolo 35.

          c) riqualificare la spesa per il personale al fine della miglior efficacia nell'erogazione del servizio dell'istruzione.


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