Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio Schema di D.Lgs. n. 196 (art. 2 e 19, L. n. 42/2009)
Riferimenti:
SCH.DEC 196/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 179
Data: 20/04/2010
Descrittori:
ENTI LOCALI   PATRIMONIO DEGLI ENTI LOCALI
PATRIMONIO REGIONALE   REGIONI
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze
Altri riferimenti:
L N. 42 DEL 05-MAG-09   L N. 42 DEL 05-MAG-09

 

 

 

Camera dei deputati

Senato della Repubblica

 

 

XVI LEGISLATURA

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

 

 

Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio

Schema di D.Lgs. n. 196

(art. 2 e 19, L. n. 42/2009)

 

 

 

 

 

 

 

Camera dei deputati
Atti del Governo n. 179

Senato della Repubblica
Dossier n. 208

 

 

 

 

 

20 aprile 2010


 

 

Camera dei deputati:

Servizio Studi – Area finanza pubblica

( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it

 

 

Senato della repubblica:

Servizio Studi

( 066706 2451 – * studi1@senato.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier è destinato alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: FI0314.doc


 

INDICE

 

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Oggetto)3

§      Articolo 2 (Attribuzione del patrimonio)12

§      Articolo 3 (Trasferimento dei beni)19

§      Articolo 4 (Status dei beni)27

§      Articolo 5 (Tipologie dei beni)30

§      Articolo 6 (Semplificazione delle procedure di attuazione del federalismo demaniale)40

§      Articolo 7 (Disposizioni finali)47

Allegati

§      Adempimenti previsti dallo schema di decreto. 51

§      Testo dello Schema di D.Lgs. n. 196 posto a fronte con il testo allegato allo schema che tiene conto delle richieste avanzate dalle Autonomie locali53


Schede di lettura


Articolo 1
(Oggetto)

 

1. Nel rispetto della Costituzione, con le disposizioni del presente decreto legislativo e con uno o più decreti attuativi del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati i beni statali che, su richiesta dell’ente territoriale interessato, possono essere attribuiti a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

2. Gli Enti territoriali cui sono attribuiti i beni sono tenuti a garantirne la massima valorizzazione funzionale.

 

 

L'articolo 1 definisce l'oggetto del provvedimento, consistente nell'individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

Ai sensi del comma 1, tale individuazione è operata attraverso lo schema di decreto legislativo in esame e con uno o più decreti attuativi del presidente del Consiglio dei ministri, nel rispetto della Costituzione.

I beni sono attribuiti a domanda degli enti territoriali.

Lo schema di decreto è emanato in attuazione della delega contenuta nell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42[1].

 

L'attribuzione di un patrimonio alle Regioni e agli enti locali trova il suo fondamento nell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante riforma del Titolo V della Costituzione. Esso prevede l'attribuzione di un patrimonio a Regioni, Comuni, Province e Città metropolitane (non soltanto, quindi, alle sole Regioni come nel testo previgente). Rispetto alla formulazione originaria dell'articolo 119, inoltre, la riforma del 2001 utilizza la nozione di "patrimonio" in luogo di quella di "demanio".

 

Al riguardo, è da osservare che il testo non si conforma alla tradizionale distinzione, operata dal codice civile, fra beni del demanio e beni del patrimonio statale. Tuttavia tale distinzione - che secondo la dottrina sarebbe superata dall'evoluzione legislativa - non emerge dalla norma di delega. Potrebbe tuttavia sorgere il dubbio se i beni del demanio statale che venissero attribuiti a Regioni ed enti locali lo sarebbero a titolo di demanio o di patrimonio.

 

La norma di delega

L’articolo 19 della legge n. 42 del 2009 reca i principi e criteri direttivi finalizzati all’attribuzione alle regioni e agli enti locali di un proprio patrimonio. La disposizione va ricollegata a quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, della stessa legge n. 42, che, nell’indicarne l’ambito di intervento, prevede che essa rechi la disciplina dell’attribuzione di un proprio patrimonio agli enti territoriali.

I criteri direttivi sono i seguenti:

a)  attribuzione, a titolo non oneroso, a ciascun livello di governo di distinte tipologie di beni, commisurate all’estensione territoriale, alle capacità finanziarie, alle competenze e alle funzioni effettivamente esercitate dalle diverse regioni ed enti locali. È fatta salva la definizione da parte dello Stato di apposite liste di singoli beni da attribuire;

b)  attribuzione dei beni immobili secondo il criterio di territorialità;

c)  ricorso alla concertazione in sede di Conferenza unificata ai fini dell’attribuzione dei beni alle autonomie territoriali;

d)  individuazione di tipologie di beni di rilevanza nazionale che non possono essere trasferiti, inclusi quelli rientranti nel patrimonio culturale nazionale.

La procedura di adozione del decreto legislativo

Per quanto riguarda la procedura di adozione dei decreti legislativi di attuazione, si ricorda che l'articolo 2 della legge n. 42 stabilisce che essi siano adottati su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro delle riforme per il federalismo, del Ministro per la semplificazione normativa, del Ministro per i rapporti con le regioni e del Ministro per le politiche europee, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione (nonché con gli altri ministri eventualmente competenti nelle materie oggetto dei decreti), entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 42 (avvenuta il 21 maggio 2009) richiedendo peraltro che almeno uno dei decreti legislativi attuativi sia adottato entro dodici mesi dalla stessa data.

 

I decreti vanno adottati previa intesa in sede di Conferenza unificata e successiva sottoposizione degli schemi di provvedimento:

§      alle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari;

§      alla apposita Commissione bicamerale istituita dall’articolo 3 della legge n. 42 (Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale).

 

L’intesa da raggiungersi in sede di Conferenza unificata non è considerata presupposto necessario e vincolante per l’esercizio del potere delegato da parte del Governo: in caso di mancato raggiungimento dell'intesa entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza in cui i decreti legislativi siano posti all’ordine del giorno, il Consiglio dei ministri può comunque deliberare, approvando allo stesso tempo una relazione in cui vengano motivate le ragioni per cui l’intesa non è stata raggiunta. Tale relazione viene trasmessa alle Camere.

Nell’ipotesi in cui il Governo non intenda conformarsi ai pareri, esso ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni al riguardo davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva dal Governo. In questo secondo passaggio parlamentare non è più coinvolta, dunque, la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, né le Commissioni competenti in materia finanziaria, ma – sembra di intendere – le Assemblee di ciascuna Camera.

Al termine dell’iter parlamentare relativo alla procedura di adozione dei decreti, il Governo, qualora, anche a seguito dei pareri parlamentari, intenda discostarsi dall’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata, debba trasmettere alle Camere e alla stessa Conferenza unificata una relazione in cui siano indicate le motivazioni per il possibile esito difforme rispetto all’intesa precedentemente raggiunta.

 

Si segnala che riguardo allo schema di decreto legislativo in esame, non è stata raggiunta l'intesa in Conferenza unificata e che, conseguentemente, è stata trasmessa alle Camere la relazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge n. 42, sui lavori svolti in quella sede.

 

Secondo quanto riportato dalla relazione, lo schema di decreto è stato trasmesso alla Conferenza in data 28 dicembre 2009, dopo la deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2009 e, dopo alcuni approfondimenti informali, il 20 e il 26 gennaio 2010 si sono svolte riunioni presso la Conferenza. Successivamente, la prevista convocazione della conferenza per il 27 gennaio non ha avuto luogo e non è stato possibile quindi raggiungere l'intesa entro il termine prescritto di trenta giorni.

La relazione ricorda, inoltre, che lo schema di decreto è stato comunque sottoposto alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e che tale organismo ha espresso parere favorevole su un testo che ha recepito una serie di indicazioni emerse dal confronto con le Autonomie locali ed, in particolare, con l'ANCI e l'UPI.

 

Il comma 2 stabilisce che gli enti territoriali cui sono attribuiti i beni sono tenuti ad assicurarne la massima valorizzazione funzionale.

 

Si evidenzia che l'articolo 19 della legge delega n. 42, stabilendo i principi e criteri direttivi in materia di decentramento patrimoniale, non prevede espressamente un obbligo di valorizzazione dei beni del patrimonio attribuiti. L'espressione "valorizzazione funzionale" non sembra avere precedenti nella legislazione italiana.

 

Al riguardo si ricorda che l'articolo 24, comma 3, della legge delega prevede invece l'attribuzione al solo comune di Roma di competenze in ordine al concorso alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali, previo accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali.

La valorizzazione del patrimonio culturale

Per quanto concerne la funzione di valorizzazione, questa trova un'espressa previsione legislativa, in relazione al patrimonio culturale, con il decreto legislativo n. 112 del 1998, art. 148, cui si è ricollegato successivamente il Codice dei beni culturali (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42)[2]. L'articolo 6 del Codice afferma che la valorizzazione consiste "nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura". La stessa norma, in riferimento al paesaggio, stabilisce che "la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati".

 

Si ricorda, altresì, che l’articolo 117 della Costituzione, a seguito della riforma del Titolo V del 2001, attribuisce la "tutela" dei beni culturali alla legislazione esclusiva dello Stato (lettera s) del secondo comma) e la "valorizzazione" alla legislazione concorrente ("valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali")[3].

Sempre in relazione alla funzione di valorizzazione, si osserva che l'articolo 5, comma 5, dello schema di decreto legislativo in esame (alla cui scheda si rinvia), prevede che il Ministero per i beni e le attività culturali operi il trasferimento di quei beni culturali che sono indicati negli accordi stipulati ai sensi dell'articolo 112 del Codice dei beni culturali tra Stato, Regioni e altri enti pubblici territoriali per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare conseguenti piani strategici di sviluppo culturale.

 

Qualora l'attribuzione a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni dei compiti di valorizzazione del patrimonio dovesse essere riconducibile al previsto coinvolgimento degli enti territoriali nella disciplina relativa ai beni culturali, sembrerebbe opportuno specificare meglio l'attribuzione del carattere "funzionale" di tali operazioni di valorizzazione.

La valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico

Più in generale, in tema di procedure di valorizzazione del patrimonio pubblico (demanio e patrimonio indisponibile e disponibile) si può segnalare che la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006, art. 1, comma 262) ha disciplinato, nell’ambito delle procedure di dismissione, programmi unitari di valorizzazione (PUV) degli immobili pubblici per la promozione dello sviluppo locale.

In particolare, il citato comma 262 ha inserito due nuovi commi (il 15-bis e il 15-ter) nell’articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001 n. 351 (recante "Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare"), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410: il nuovo comma 15-bis prevede che l’Agenzia del demanio possa individuare, d’intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, che possa costituire, nell’ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo locale. Nella predisposizione dei programmi in commento dovrà essere valutata in maniera prioritaria la possibilità di valorizzare gli immobili pubblici, mediante concessione d’uso o locazione, nonché attraverso l’allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l’istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità.

Il successivo comma 15-ter fa riferimento ai beni immobili in uso al Ministero della difesa: esso attribuisce al Ministero della difesa la possibilità di individuare beni immobili di proprietà dello Stato - mantenuti in uso al Ministero medesimo per proprie finalità istituzionali – che siano suscettibili di permuta con gli enti territoriali[4].

La disciplina sulla valorizzazione dei beni del patrimonio pubblico contenuta nella legge finanziaria per il 2007 è stata successivamente integrata dalla legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007, art. 1, commi 313-319), che ha introdotto il “Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali”, costituito dal complesso dei programmi unitari di valorizzazione (PUV), al fine di attivare significativi processi di sviluppo locale attraverso il recupero e il riuso di beni immobili pubblici, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, economico e sociale e con gli obiettivi di sostenibilità e qualità territoriale e urbana.

 

Si ricorda, infine, che l’articolo 58 del decreto-legge 25, giugno 2008, n. 112 (recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria", convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) prevede che regioni, province, comuni e altri enti locali predispongano un “Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari” individuando, con delibera dell’organo esecutivo, i singoli beni immobili non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali che ricadono nel territorio di propria competenza. La finalità della norma è di procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni ed enti locali.

Strumenti per la privatizzazione e la valorizzazione del patrimonio pubblico

Le misure sulla valorizzazione del patrimonio pubblico qui sopra brevemente ricordate si inseriscono nel complesso dei processi di privatizzazione del patrimonio stesso di cui il già citato decreto legge n. 351 del 2001, e successive modificazioni, costituisce il principale quadro di riferimento normativo. Al fine di procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, l’articolo 1 del decreto-legge ha previsto che l’Agenzia del demanio, con propri decreti dirigenziali, individui, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso gli archivi e gli uffici pubblici, i singoli beni, distinguendo tra beni demaniali e beni facenti parte del patrimonio indisponibile e disponibile. Si prevede inoltre che l’Agenzia del demanio, con propri decreti dirigenziali, individui i beni degli enti pubblici non territoriali, i beni non strumentali in precedenza attribuiti a società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, riconosciuti di proprietà dello Stato, nonché i beni ubicati all'estero. L'individuazione dei beni degli enti pubblici e di quelli già attribuiti alle società suddette è effettuata anche sulla base di elenchi predisposti dagli stessi.

 

Cartolarizzazioni

Il decreto n. 351 ha introdotto la disciplina relativa alla privatizzazione mediante cartolarizzazione. La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria intesa a consentire la conversione di attività non agevolmente negoziabili, quali gli immobili di proprietà pubblica, in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui mercati. In particolare, gli immobili sono trasferiti ad una o più società a responsabilità limitata (c.d. società veicolo), appositamente costituite, che ne finanziano l'acquisto attraverso l’emissione di titoli o mediante finanziamenti acquisiti da terzi. La società veicolo versa l’importo raccolto attraverso tali operazioni, a titolo di “prezzo iniziale”, agli enti che hanno ceduto gli immobili, quindi gestisce gli immobili e li rivende sul mercato. Il decreto disciplina, quindi, le procedure per la vendita di diverse categorie di immobili e di terreni attraverso la procedura di cartolarizzazione.

 

Alienazioni

L'articolo 3, comma 15, del decreto n. 351 prevede procedure finalizzate ad alienazioni di beni statali ad esito di processi di valorizzazione (anche mediante accordi di programma) con possibilità di riconoscere agli enti territoriali interessati dal procedimento di valorizzazione una quota, non inferiore al 5 % e non superiore al 15 %, del ricavato della vendita.

 

Fondi immobiliari

Altro strumento rilevante ai fini dei processi di valorizzazione del patrimonio pubblico è costituito dalla promozione, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, di fondi comuni di investimento immobiliare previsto dall'articolo 4 del decreto-legge n. 351, come modificato dall'articolo 4 del decreto-legge n. 12 luglio 2004, n. 168[5]. I fondi sono costituiti conferendo o trasferendo beni immobili, a uso diverso da quello residenziale, dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali. I beni sono individuati con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze. Tali decreti disciplinano, inoltre, le procedure per l'individuazione o l'eventuale costituzione della società di gestione, per il suo funzionamento e per il collocamento delle quote del fondo, nonché i criteri di attribuzione dei proventi derivanti dalla vendita delle quote (sul punto cfr. oltre, anche la scheda di lettura dell’articolo 6).

 

Concessioni di valorizzazione

La legge finanziaria del 2007 (legge n. 296 del 2006) ha introdotto, con il comma 259 dell'articolo 1, un nuovo articolo 3-bis nel decreto n. 351 del 2001 prevedendo la possibilità di concedere o locare a terzi i beni immobili individuati ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge n. 351. La concessione e la locazione sono assentite a titolo oneroso per un periodo non superiore a cinquanta anni e risultano finalizzate alla riqualificazione e riconversione dei beni attraverso interventi di recupero, restauro e ristrutturazione anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o di servizio dei cittadini, nel rispetto delle previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio. La disposizione di cui al comma 4 dell’articolo 3-bis prevede che le concessioni e le locazioni siano assegnate con procedura ad evidenza pubblica, per un periodo tale da garantire il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario e comunque non eccedente i cinquanta anni. Si ricorda inoltre che il comma 6 dell'articolo 58 del decreto legge n. 112 del 2008 ha esteso tali procedure al patrimonio immobiliare di Regioni, comuni ed altri enti locali con riferimento ai beni immobili non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali che ricadono nel territorio di propria competenza.

 

Concessioni ordinarie

Agli strumenti riconducibili essenzialmente alle norme recate dal decreto n. 351, si deve altresì aggiungere lo strumento delle concessioni a canone ordinario o a canone agevolato previsto del "Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato" (decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296).

 

Le novità introdotte dalla legge finanziaria 2010

 

Tra gli interventi più recenti compiuti dal Legislatore in materia di ricognizione, dismissione e valorizzazione del patrimonio particolarmente significativa è la norma introdotta con l'articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010)

 

Il comma 222 ha previsto una serie di obblighi di comunicazione all’Agenzia del demanio relativi agli immobili utilizzati dalle amministrazioni dello Stato, allo scopo di riunificare in capo alla stessa Agenzia le procedure riguardanti le locazioni passive e di razionalizzare gli spazi utilizzati dalle medesime amministrazioni, nonché obblighi di comunicazione da parte delle altre amministrazioni pubbliche, anche al fine di redigere il conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato.

In particolare sono stati previsti, a decorrere dal 1o gennaio 2010, specifici obblighi di comunicazione da parte delle Amministrazioni dello Stato che rientrano nell’ambito individuato dall'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, ivi inclusa la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le agenzie, anche fiscali.

Le Amministrazioni dello Stato sono chiamate a comunicare all’Agenzia del demanio:

-        entro il 31 gennaio di ogni anno, la previsione triennale:

a)    del loro fabbisogno di spazio allocativo;

b)    delle superfici da esse occupate che non risultano più necessarie.

-        entro il 31 gennaio 2011, le istruttorie in corso per reperire immobili in locazione.

 

L'Agenzia del demanio, verificata la corrispondenza dei fabbisogni comunicati con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, svolge i seguenti compiti:

a)       accerta l'esistenza di immobili da assegnare in uso fra quelli di proprietà dello Stato ovvero trasferiti ai fondi immobiliari;

b)       verifica la congruità del canone degli immobili di proprietà di terzi, individuati dalle predette amministrazioni tramite indagini di mercato.

c)       stipula i contratti di locazione ovvero rinnova, qualora ne persista il bisogno, quelli in scadenza sottoscritti dalle predette amministrazioni, nonché adempie i predetti contratti;

d)       consegna gli immobili locati alle amministrazioni interessate che, per il loro uso e custodia, ne assumono ogni responsabilità ed onere.

 

La norma ha previsto ulteriori obblighi di comunicazione all’Agenzia del demanio. Entro il 30 giugno 2010 le amministrazioni dello Stato sono tenute a comunicare l'elenco dei beni immobili di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo. Sulla base di tali comunicazioni l'Agenzia del demanio elabora un piano di razionalizzazione degli spazi, trasmettendolo alle amministrazioni interessate e al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze.

Fermo quanto previsto dalla legge finanziaria per il 2008, inoltre, le amministrazioni interessate comunicano entro il 31 dicembre di ciascun anno all'Agenzia del demanio gli interventi manutentivi effettuati sia sugli immobili di proprietà dello Stato, alle medesime in uso governativo, sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo, nonché l'ammontare dei relativi oneri.

 

Il comma 222 ha stabilito, infine, obblighi di comunicazione in capo a tutte le amministrazioni pubbliche che utilizzino o detengano, a qualunque titolo, immobili di proprietà dello Stato o di proprietà delle stesse amministrazioni, che sono tenute a trasmettere al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze l'elenco contenente l’identificazione di tali beni.

La trasmissione dell’elenco è finalizzata ai fini della redazione del conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato e del conto generale del patrimonio dello Stato.

Entro il 31 gennaio di ciascun anno successivo a quello di trasmissione del primo elenco tutte le amministrazioni pubbliche - come sopra individuate - comunicano le eventuali variazioni intervenute rispetto a tale elenco e, qualora emerga l'esistenza di immobili di proprietà dello Stato non in gestione dell'Agenzia del demanio, tali immobili vengono fatti rientrare nella gestione dell'Agenzia.

 


 

Articolo 2
(Attribuzione del patrimonio)

 


1. Lo Stato, previa intesa conclusa in sede di Conferenza Unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, secondo i criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplifica­zione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, nonché valorizzazione ambientale.

2. Comuni, Province, Città metro­politane e Regioni possono chiedere l’attribuzione a titolo non oneroso dei beni già individuati a tal fine dallo Stato. Lo Stato, sulla base delle richieste degli enti territoriali, procede all’attribuzione dei beni.

3. In applicazione del principio di sussidiarietà lo Stato, qualora un bene non sia attribuito a un ente territoriale di un determinato livello di governo, può comunque procedere, sulla base delle richieste avanzate, all’attribuzione del medesimo bene a un ente territoriale di un diverso livello di governo.

4. L’ente territoriale, a seguito dell’attribuzione, dispone del bene nell’interesse della collettività rappresen­tata ed è tenuto a favorire la massima valorizzazione funzionale del bene attribuito, a vantaggio diretto o indiretto della collettività territoriale rappresen­tata. Ciascun ente assicura l’informa­zione della collettività circa il processo di valorizzazione anche tramite pubblica­zione sul proprio sito internet istitu­zionale. I Comuni possono indire forme di consultazione popolare, anche in forma telematica, in base alle norme dei rispettivi Statuti.

5. I beni statali sono attribuiti, a titolo non oneroso, a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, anche in quote indivise, sulla base dei seguenti criteri:

a) sussidiarietà, adeguatezza e territorialità. In applicazione di tali criteri, i beni sono attribuiti, considerando il loro radicamento sul territorio, ai Comuni, salvo che per l’entità o tipologia dei beni trasferiti, esigenze di carattere unitario richiedano l’attribuzione a Province, Città metropolitane o Regioni quali livelli di governo maggiormente idonei a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione;

b) semplificazione. In applicazione di tale criterio, i beni possono essere inseriti dalle Regioni e dagli Enti locali in processi di alienazione e dismissione secondo le procedure di cui all’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

c) capacità finanziaria, intesa come idoneità finanziaria necessaria a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene. A tal fine, l’attribuzione dei beni immobili appar­tenenti allo Stato può avvenire, su richiesta dell’ente territoriale interessato e senza ulteriori oneri a carico dello Stato, mediante attribuzione diretta dei beni a fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti, o da costituire, da uno o più enti territoriali, anche ai sensi dell’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

d) correlazione con competenze e funzioni, intesa come connessione tra le competenze e funzioni effettivamente svolte o esercitate dall’ente cui è attribuito il bene e le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene;

e) valorizzazione ambientale. In applicazione di tale criterio la valoriz­zazione del bene è realizzata avendo riguardo alle caratteristiche fisiche, morfologiche, ambientali, paesaggisti­che, culturali e sociali dei beni trasferiti, al fine di assicurare lo sviluppo del territorio e la salvaguardia dei valori ambientali.



L’articolo 2, comma 1, prevede che lo Stato, previa intesa in sede di Conferenza unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, sulla base dei criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplificazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni e valorizzazione ambientale, criteri specificati dal comma 5.

 

La norma non precisa le modalità con cui pervenire all’individuazione dei beni; non risulta in particolare chiaro se l’individuazione di cui all’articolo 2, comma 1, coincida con quella disciplinata dall’articolo 3 o abbia invece carattere preventivo rispetto a quest’ultima.

Il testo trasmesso contenente le modifiche concordate con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali specifica che l’individuazione avviene in base a quanto previsto dall’articolo 3, assicurando un’equa attribuzione di beni tra i diversi livelli di governo.

 

Più in generale, con riferimento alle modalità di individuazione e attribuzione dei beni pubblici a favore di Regioni ed Enti locali, occorre valutare la conformità delle disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 dello schema – che prevedono spetti allo Stato individuare e attribuire i beni da trasferire previa intesa da sancire in Conferenza unificata - con i criteri di delega di cui alle lettere a) e c) dell’art. 19 della legge n. 42/09, che sembrano invece riservare allo Stato il compito di stilare le apposite liste contenenti i beni da attribuire, limitando la concertazione in sede di Conferenza unificata alla fase di assegnazione di tali beni agli enti territoriali.

 

Il comma 2 prevede che Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni possano chiedere l’attribuzione a titolo non oneroso dei beni già individuati a tal fine dallo Stato. Successivamente, lo Stato potrà procedere all’attribuzione dei beni sulla base delle richieste degli enti territoriali.

La previsione di un’attribuzione a titolo non oneroso attua il corrispondente criterio di delega stabilito nell’articolo 19, comma 1, lettera a), della legge n. 42 del 2009.

 

Il comma 3 dispone che, in applicazione del principio di sussidiarietà, qualora un bene non sia attribuito ad un ente territoriale di un determinato livello di governo, lo Stato può comunque procedere, sulla base delle richieste avanzate, all’attribuzione del bene medesimo ad un ente territoriale di un diverso livello di Governo.

 

Il comma 4 prevede che l’ente territoriale, dopo l’attribuzione, dispone del bene nell’interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorirne la massima valorizzazione funzionale, a vantaggio, sia diretto che indiretto, della collettività territoriale rappresentata.

Ciascun ente assicura l’informazione della collettività sul processo di valorizzazione, anche tramite pubblicazione sul proprio sito internet istituzionale.

I Comuni possono indire forme di consultazione popolare (si presume con riferimento all’utilizzazione del bene attribuito), anche in forma telematica, in base alle norme dei rispettivi statuti.

Anche se la disposizione fa riferimento unicamente ai Comuni, resta ferma, sulla base dei principi generali, la possibilità di indire consultazioni popolari anche da parte degli altri enti territoriali.

 

Sulla base del comma 5 i beni statali sono attribuiti, a titolo non oneroso, aComuni, Province, Città metropolitane e Regioni, anche in quote indivise.

I singoli beni possono dunque essere attribuiti a più enti corrispondenti a diversi livelli di governo o – sembrerebbe - a più enti del medesimo livello di governo o ancora in maniera mista, ad esempio a più enti del medesimo livello di governo e ad un ente di un diverso livello di governo. Devono in questi casi essere indicate le quote dei singoli enti, ma senza divisione del bene.

 

A tale riguardo, si rileva come l’attribuzione di un medesimo bene tra più enti territoriali possa determinare criticità in ordine alla gestione del bene, anche in relazione alle scelte, evidentemente da concertare tra diversi enti, inerenti alla sua concreta valorizzazione.

 

I criteri con cui procedere all’attribuzione sono:

a)  sussidiarietà, adeguatezza e territorialità. In applicazione di tali criteri, i beni sono attribuiti, considerando il loro radicamento sul territorio, ai Comuni, salvo che esigenze di carattere unitario richiedano l’attribuzione a Province, Città metropolitane o Regioni quali livelli di governo maggiormente idonei a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione, in considerazione dell’entità o tipologia dei beni trasferiti;

b)  semplificazione, prevedendosi che in applicazione di tale criterio i beni possano essere inseriti dalle Regioni e dagli Enti locali in processi di alienazione e dismissione secondo le procedure di cui all’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il quale prevede, da parte di Regioni ed enti locali, la possibilità di predisporre un «piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari», che deve essere presentato con riguardo agli immobili non strumentali all’esercizio delle funzioni istituzionali degli enti.

Nel dettaglio, il citato articolo 58 (Ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, comuni ed altri enti locali) ha previsto, al comma 1, che per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali, ciascun ente con delibera dell'organo di Governo individua redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione. Ai sensi del comma 2, l'inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica. Gli elenchi di cui al comma 1, da pubblicare mediante le forme previste per ciascuno di tali enti, hanno effetto dichiarativo della proprietà, in assenza di precedenti trascrizioni, e producono gli effetti previsti dall'articolo 2644 del codice civile, nonché effetti sostitutivi dell'iscrizione del bene in catasto (comma 3). Ai sensi del comma 6, la procedura prevista dall'articolo 3-bis del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, per la valorizzazione dei beni dello Stato si estende ai beni immobili inclusi negli elenchi di cui al comma 1. In tal caso, la procedura prevista al comma 2 dell’ articolo 3-bis del citato decreto-legge n. 351 del 2001 si applica solo per i soggetti diversi dai Comuni e l'iniziativa è rimessa all'Ente proprietario dei beni da valorizzare. I bandi previsti dal comma 5 dell’ articolo 3-bis del citato decreto-legge n. 351 del 2001 sono predisposti dall'Ente proprietario dei beni da valorizzare. I soggetti di cui al comma 1 possono in ogni caso individuare forme di valorizzazione alternative, nel rispetto dei principi di salvaguardia dell'interesse pubblico e mediante l'utilizzo di strumenti competitivi (comma 7). Il comma 8 facultizza infine gli enti proprietari degli immobili inseriti negli elenchi di cui al comma 1 a conferire i propri beni immobili anche residenziali a fondi comuni di investimento immobiliare ovvero promuoverne la costituzione secondo le disposizioni degli articoli 4 e seguenti del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 35. Ai conferimenti nonché alle dismissioni degli immobili inclusi negli elenchi di cui al comma 1, si applicano le disposizioni dei commi 18 e 19 dell'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410 (comma 9).

La Corte costituzionale, con sentenza n. 340 del 2009, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 58, comma 2, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, per contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui disponeva che “la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni costituisce variante allo strumento urbanistico generale. Tale variante, in quanto relativa a singoli immobili, non necessita di verifiche di conformità agli eventuali atti di pianificazione sovraordinata di competenza delle Province e delle Regioni. La verifica di conformità è comunque richiesta e deve essere effettuata entro un termine perentorio di trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, nei casi di varianti relative a terreni classificati come agricoli dallo strumento urbanistico generale vigente, ovvero nei casi che comportano variazioni volumetriche superiori al 10 per cento dei volumi previsti dal medesimo strumento urbanistico vigente”. Ciò in quanto nella materia “governo del territorio”, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, ultimo periodo, Cost., lo Stato ha soltanto il potere di fissare i principi fondamentali, spettando alle Regioni il potere di emanare la normativa di dettaglio, dovendo la relazione tra normativa di principio e normativa di dettaglio essere intesa nel senso che alla prima spetta prescrivere criteri ed obiettivi, essendo riservata alla seconda l’individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere detti obiettivi.

Da tale pronuncia di incostituzionalità la Corte ha escluso la proposizione iniziale del comma 2 dell’articolo 58, secondo cui «l’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica», poiché, secondo la Corte, mentre la classificazione degli immobili come patrimonio disponibile è un effetto legale conseguente all’accertamento che si tratta di beni non strumentali all’esercizio delle funzioni istituzionali dell’ente, la destinazione urbanistica va determinata nel rispetto delle disposizioni e delle procedure stabilite dalle norme vigenti.

Si segnala dunque l’esigenza di tener conto di tale declaratoria di incostituzionalità. Tale questione appare tenuta in considerazione nelle modifiche proposte nel testo allegato allo schema di decreto che tengono conto di alcune richieste delle autonomie locali e sul quale si è espressa favorevolmente la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Sotto altro profilo, si osserva come l ’articolo in esame, pur ponendo in capo agli enti territoriali beneficiari del trasferimento di beni statali un obbligo generale di “valorizzazione funzionale” dei beni medesimi - assistito peraltro anche da obblighi informativi nei confronti della collettività territoriale di riferimento relativi ai processi di valorizzazione intrapresi (comma 4) - preveda al contempo che i beni attribuiti possano essere inseriti in processi di alienazione e dismissione; processi i cui proventi potrebbero, in ipotesi, essere utilizzati da parte degli enti territoriali anche solo per porre rimedio a situazioni di disavanzo finanziario.

c)  capacità finanziaria, dovendo tale criterio essere inteso come idoneità finanziaria necessaria a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene.

Si prevede al riguardo che l’attribuzione dei beni immobili appartenenti allo Stato possa avvenire, per i fini sopra indicati, mediante attribuzione diretta dei beni a fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti o da costituire, da parte di uno o più enti territoriali, anche ai sensi del sopra richiamato articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Si rammenta, brevemente, che un fondo comune di investimento è un patrimonio autonomo, suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti e gestito in monte; il patrimonio del fondo può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote (v. l’articolo 35 del testo unico della finanza di cui al d.lgs. n. 58 del 1998 – TUF). L’investimento nei fondi immobiliari, introdotti nel panorama finanziario italiano con la legge n. 86 del 1994, si realizza, oltre che tramite la sottoscrizione delle relative quote (fondi ordinari), anche mediante conferimento di beni immobili, di diritti reali immobiliari o di partecipazioni in società immobiliari, per una parte o per la totalità del patrimonio complessivo (fondi ad apporto). L’articolo 37 del TUF, comma 1, lettera d-bis), prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, con regolamento adottato sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, determina i criteri generali cui devono uniformarsi i fondi comuni di investimento con riguardo alle condizioni e alle modalità con le quali devono essere effettuati gli acquisti o i conferimenti dei beni, sia in fase costitutiva che in fase successiva alla costituzione del fondo, nel caso di fondi che investano esclusivamente o prevalentemente in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari. Il comma 2, lettera b-bis), stabilisce che dovrà comunque prevedersi che gli stessi fondi possano assumere prestiti sino a un valore di almeno il 60 per cento del valore degli immobili, dei diritti reali immobiliari e delle partecipazioni in società immobiliari e del 20 per cento per gli altri beni nonché che possano svolgere operazioni di valorizzazione dei beni medesimi.

Per un approfondimento in materia si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 6.

L’attribuzione ai fondi può effettuarsi dietro richiesta dell’ente territoriale interessato, senza che ciò comporti oneri a carico dell’erario.

d)  correlazione con competenze e funzioni, intesa come connessione tra le competenze e funzioni effettivamente svolte o esercitate dall’ente cui è attribuito il bene e le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene.

 

Sul punto occorre osservare che le funzioni effettivamente svolte dall'ente, menzionate dall'art. 2, comma 5, lett. d), sono individuate e disciplinate dal T.U. degli enti locali n. 267 del 2000. Sulle disposizioni stabilite da tale testo dovrebbe incidere il disegno di legge recante la c.d. Carta delle autonomie (A.C. 3118) all'esame della I Commissione della Camera. In particolare, tale provvedimento ridisegna le funzioni fondamentali di province, comuni e città metropolitane e prevede, all’art. 13, una delega biennale per "riunire e coordinare sistematicamente in un codice le disposizioni statali relative alla disciplina degli enti locali". L'approvazione di questo disegno di legge avrà l'effetto di modificare l'attuale assetto delle competenze degli enti locali, alla luce del quale, anche sulla base delle specifiche previsioni della legge n. 42/09, lo schema di decreto legislativo in esame provvede all'attribuzione dei beni statali ai suddetti enti. In altre parole, l'attribuzione di beni prevista dallo schema in esame – di cui non si prevede peraltro alcuna forma di eventuale retrocessione - verrebbe a fondarsi su un quadro di funzioni che potrebbe essere modificato a seguito dell'entrata in vigore della Carta delle Autonomie, con la possibilità di effetti da valutare sul piano della congruità della corrispondenza dei beni attribuiti alla luce delle competenze effettivamente spettanti agli enti all'esito dell'iter legislativo della riforma. Iter che risulta peraltro assai articolato, in quanto potenzialmente non esaurito con l'entrata in vigore del testo dell'A.C. 3118 in conseguenza di eventuali ulteriori modifiche dell'assetto complessivo delle funzioni in sede di attuazione della delega biennale recata dal citato l'art. 13.

e)  valorizzazione ambientale, tenendo presente le caratteristiche fisiche, morfologiche, ambientali, paesaggistiche, culturali e sociali dei beni trasferiti, al fine di assicurare lo sviluppo del territorio e salvaguardare, nel contempo, i valori ambientali.

Tale criterio appare conforme ai principi per la tutela e valorizzazione del paesaggio indicati nella parte terza del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e, in particolare, nell’art. 131 come modificato dal D.Lgs. 26 marzo 2008 n. 63 aseguito della sentenza della Corte costituzionale n. 367 del 2007.

Si ricorda, infatti, che la parte terza del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, cd. Codice Urbani – reca la disciplina dei beni paesaggistici. Nello specifico, l’art. 131 relativo alle disposizioni generali, prevede che la tutela del paesaggio sia volta a riconoscere, salvaguardare e recuperare i valori culturali che esso esprime e che lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali - nonché tutti i soggetti che nell'esercizio di pubbliche funzioni intervengono sul territorio nazionale – siano tenuti, qualora intervengano sul paesaggio stesso, ad assicurare la conservazione dei suoi aspetti e caratteri peculiari. Viene, quindi, specificato che la valorizzazione del paesaggio concorre a promuovere lo sviluppo della cultura e i soggetti sopraindicati sono tenuti ad informare la loro attività ai principi di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche e di realizzazione di nuovi valori paesaggistici integrati e coerenti, rispondenti a criteri di qualità e sostenibilità.

Tali principi hanno così recepito le indicazioni della Corte costituzionale nella richiamata sentenza n. 367 del 2007. La Corte ha chiarito che “sul territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni. La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali”.

 


 

Articolo 3
(Trasferimento dei beni)

 


1. I beni sono individuati e attribuiti ad uno o più livelli di governo territoriale mediante l’inserimento in appositi elenchi adottati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per gli affari regionali e con gli altri Ministri competenti per materia, sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto legislativo. Con il medesimo procedimento possono essere adottati ulteriori decreti del Presidente del Consiglio dei ministri integrativi o modificativi. Gli elenchi sono corredati da adeguati elementi infor­mativi e producono effetti dalla data della pubblicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri nella Gazzetta Ufficiale.

2. Relativamente alle aree e ai fabbricati, le Regioni e gli Enti locali che intendono acquisirli presentano, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, un’apposita domanda di attribuzione alla Agenzia del Demanio. Sulla base delle richieste di asse­gnazione pervenute è adottato, entro i successivi trenta giorni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, un ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, riguardante l’attribuzione dei beni, che produce effetti dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e che costituisce titolo per la trascrizione e per la voltura catastale dei beni a favore di ciascuna Regione o ciascun Ente locale.


 

 

L’articolo in esame delinea la disciplina relativa al procedimento di individuazione e attribuzione dei beni oggetto del trasferimento dallo Stato agli enti territoriali, a fronte del quale dovranno essere ridotte, ai sensi dell’articolo 7, le risorse attribuite a regioni ed enti locali corrispondentemente alle minori entrate statali.

 

Il comma 1 dispone che i beni siano individuati e attribuiti ad uno o più livelli di governo territoriale mediante l’inserimento in appositi elenchi adottati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

I decreti dovranno essere emanati entro il termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata, secondo le modalità previste dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 281 del 1997[6].

Si rileva in proposito l’opportunità di coordinare la norma in esame con il disposto di cui all’art. 2, comma 1, al fine di meglio delimitare la fase dell’individuazione dei beni rispetto a quella dell’attribuzione degli stessi ai diversi livelli di governo. Occorre peraltro segnalare che il testo recante le modifiche proposte dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali allegato allo schema in esame[7], prevede, al comma 1 dell’articolo 3, che “i beni sono individuati ai fini dell’attribuzione ad uno o più livelli di governo territoriale”, prefigurando pertanto un’unica fase di concertazione per il raggiungimento dell’intesa con la Conferenza unificata. Anche in tal caso possono essere richiamate le osservazioni sopra svolte in relazione all’esigenza di valutare se la procedura di concertazione con gli enti territoriali anche con riguardo alla fase di individuazione dei beni da trasferire possa essere considerata conforme ai criteri di delega di cui alle lettere a) e c) dell’art. 19 della legge n. 42/09, che sembrano limitare la concertazione in sede di Conferenza unificata alla fase di assegnazione dei beni.

 

I predetti D.P.C.M.devono essereadottati su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per gli affari generali e con gli altri Ministri competenti per materia, sulla base dei criteri sanciti agli articoli 1 e 2 del presente decreto legislativo, relativi all’oggetto e all’attribuzione del patrimonio da trasferire.

Con lo stesso procedimento si prevede che possano essere eventualmente adottati ulteriori decretidel Presidente del Consiglio dei ministri integrativi e modificativi.

Tali D.P.C.M. pertanto possono essere adottati oltre il termine di 180 giorni previsto per i decreti che avranno ad oggetto l’individuazione e l’attribuzione dei beni da trasferire agli enti territoriali.

Si osserva che nella disposizione in esame non sono contenuti ulteriori termini che limitano temporalmente l’adozione dei decreti correttivi e integrativi.

 

I predetti elenchi vengono corredati da adeguati elementi informativi e sono suscettibili di produrre effetti solo a partire dalla data di pubblicazione dei sopra indicati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri nella gazzetta ufficiale.

 

Il comma 2 detta una disciplina specifica disponendo che, relativamente alle “aree” e ai “fabbricati”, le regioni e gli enti locali che intendono acquisirli siano chiamati a presentare un’apposita domanda di attribuzione all’Agenzia del demanio, entro 30 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dei suddetti decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1.

 

In base alle richieste di assegnazione pervenute entro tale termine, viene adottato, entro i successivi 30 giorni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, un ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, riguardante l’attribuzione dei beni, che produce a sua volta effetti dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale e costituisce titolo per la trascrizione e per la voltura catastale dei beni a favore di ciascuna regione o di ciascun ente locale.

 

Si rileva, in proposito, che lo schema di decreto sembra introdurre due procedimenti differenziati per l’attribuzione dei beni agli enti territoriali. Per quelli ricompresi tra le “aree” e i “fabbricati”, in base alla procedura definita dal comma 2, l’attribuzione dei beni spetta – previa richiesta degli enti interessati all’Agenzia del demanio - ad un apposito D.P.C.M. da adottare senza una preventiva concertazione in sede di Conferenza unificata (e dunque, in questo caso, in apparente contrasto con l’art. 19 della legge delega), mentre per quanto concerne l’individuazione e l’attribuzione delle altre tipologie di beni non ricompresi tra le “aree” e i “fabbricati” lo schema di decreto prevede, al comma 1, l’adozione di DPMC previa concertazione in sede di Conferenza unificata ma non individua le modalità attraverso le quali gli enti territoriali debbono procedere alle richieste di assegnazione, né i soggetti cui inviare tali richieste ed i relativi termini entro i quali effettuarle. Sul punto, si segnala peraltro che il testo allegato recante, a mero scopo conoscitivo, le proposte emendative formulate dalle autonomie locali e sul quale si è espressa favorevolmente la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sopprime il riferimento alle categorie “aree” e “fabbricati”, rendendo applicabile la procedura delineata dal comma 2 alla generalità dei beni suscettibili di trasferimento.

Nel testo dello schema di decreto oggetto del parere parlamentare la circostanza che soltanto per le “aree” e i “fabbricati” sia stata esplicitamente prevista una disciplina di dettaglio che consenta a Regioni ed Enti locali di avanzare le proprie richieste, potrebbe invece indurre a ritenere che, per quanto riguarda gli altri beni di cui al comma 1, siano i D.P.C.M. a determinarne l’attribuzione agli enti territoriali anche senza che questi ultimi ne abbiano fatto richiesta in precedenza; tale interpretazione non risulterebbe tuttavia coerente con l’articolo 1, comma, 1, dello schema, in base al quale i beni possono essere attribuiti su richiesta dell’ente interessato.

 

In tema di ricognizione, dismissione e valorizzazione del patrimonio, in particolare immobiliare, dello Stato, delle regioni e degli enti locali, si ricorda come negli ultimi anni il Legislatore sia più volte intervenuto anche ai fini di razionalizzazione e contenimento della spesa; in tale prospettiva sono stati, ad esempio, introdotti stringenti limiti alle spese di manutenzione degli immobili; si è altresì provveduto a riunificare in capo all’Agenzia del Demanio rilevanti compiti di gestione degli immobili, tra i quali le procedure di locazione passiva; sono stati introdotti obblighi di comunicazione al Ministero dell’economia in ordine ai portafogli immobiliari, detenuti anche dagli enti territoriali, finalizzati alla redazione del conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato e del conto generale del patrimonio.

Con riferimento alla fase di individuazione ai fini dell’attribuzione agli enti territoriali dei beni statali, si richiamano nuovamente le recenti disposizioni concernenti la gestione del patrimonio pubblico e, segnatamente, i commi 222 e ss., dell’articolo 2 della legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009) che oltre a riunificare in capo alla Agenzia del demanio le procedure riguardanti le locazioni passive e di razionalizzare gli spazi utilizzati dalle amministrazioni pubbliche, hanno delineato alcuni specifici obblighi di comunicazione concernenti il patrimonio immobiliare in capo a tutte le amministrazioni dello Stato individuate dall'articolo 1, comma 2, del D. Lgs. n. 165/2001[8]. Ai sensi di tale disciplina le predette amministrazioni, che utilizzino o detengano, a qualunque titolo, immobili di proprietà dello Stato o di proprietà delle stesse amministrazioni, sono infatti tenute a trasmettere al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze l'elenco contenente l’identificazione di tali beni. La trasmissione dell’elenco è finalizzata ai fini della redazione del conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato di cui all'articolo 6, comma 8, lettera e), del D.P.R. n. 43 del 2008[9] e del conto generale del patrimonio dello Stato di cui all'articolo 14 del D. Lgs. n. 279 del 1997[10]. Entro il 31 gennaio di ciascun anno successivo a quello di trasmissione del primo elencotutte le amministrazioni pubbliche comunicano le eventuali variazioni intervenute rispetto a tale elenco e, qualora emerga l'esistenza di immobili di proprietà dello Stato non in gestione dell'Agenzia del demanio, tali immobili vengono fatti rientrare nella gestione dell'Agenzia[11].

 

Alla luce di tali innovazioni, si segnala in via generale un’esigenza di coordinamento delle norme introdotte dallo schema di decreto in esame con la più recente disciplina introdotta in materia di immobili pubblici, anche al fine di approfondire gli aspetti connessi ai criteri di determinazione dei valori degli immobili suscettibili di attribuzione agli enti territoriali per la loro corretta imputazione nell’ambito del conto patrimoniale dello Stato.

 

Il Patrimonio immobiliare dello Stato

 

Si ricorda che in base ai dati forniti nel Conto del patrimonio (Parte II del Rendiconto generale dello Stato per l’esercizio 2008), al 31 dicembre 2008 la consistenza delle attività non finanziarie, e in particolare dei beni immobili di proprietà dello Stato, ubicate nelle diverse regioni, ammonta a oltre 51 miliardi di euro, di cui circa il 30% risulta ubicato nella regione Lazio.

 

Nel prospetto 4 allegato al Conto si evince che, in base alla classificazione degli immobili secondo la definizione delle attività del SEC 95, i fabbricati definiti come abitazioni ammontano a circa 1,9 miliardi di euro; la consistenza dei fabbricati non residenziali risulta invece pari a 29 miliardi di euro, mentre il valore dei terreni, comprese le aree edificabili, i parchi e le aree archeologiche sottoposte a tutela, ammonta a circa 3,8 miliardi. I beni immobili di valore culturale (beni artistici e beni archeologici) ammontano infine a circa a 15,9 miliardi di euro.

 

Dell’ammontare complessivo di beni iscritti nel conto del patrimonio, tuttavia, una larga parte dovrebbe essere considerata non disponibile ai fini del provvedimento in esame. Secondo il prospetto n. 5 allegato al Conto, che indica la consistenza dei beni per categoria, si evidenzia, infatti, che dei 51 miliardi iscritti nel conto, oltre 25 miliardi si riferiscono a beni assegnati in uso governativo (compresa la dotazione della Presidenza della Repubblica – categoria 05); i beni demaniali artistici e storici (categoria 08) rappresentano una consistenza pari a circa 16 miliardi. Risultano inoltre come non disponibili (ai sensi della categoria 06) altri beni per un ulteriore ammontare di circa 4,4 miliardi.

 

In merito alla effettiva consistenza del patrimonio dello Stato suscettibile di essere incluso nell’ambito di applicazione del provvedimento, va segnalato che nel corso di una Audizione del Direttore dell’Agenzia del demanio, tenutasi l'11 giugno 2009 presso la Commissione Finanze e Tesoro del Senato, sono stati forniti alcuni dati, aggiornati al mese di maggio 2009, relativi ai beni immobili di proprietà dello Stato e, in particolare, ai beni rientranti nel patrimonio dello Stato e alla loro classificazione e valutazione[12].

 

I suddetti dati, come precisato dal Direttore dell’Agenzia del demanio, risultano ottenuti sia in base al censimento operato nel 2007 sui beni del patrimonio gestito dall’Agenzia stessa[13] sia sulla base dei dati successivamente acquisiti in via amministrativa, confluiti in un nuovo Sistema di Gestione immobiliare avviato nel 2008.

 

Sulla base di un’analisi del portafoglio immobiliare rilevato, sono state individuate quattro categorie di beni classificati in base alla loro maggiore o minore “manovrabilità” di destinazione, la cui consistenza è indicata nella seguente Tabella (i valori riportati sono riferiti al Conto patrimoniale dello Stato, aggiornato al mese di maggio 2009, con eccezione della categoria dei beni parzialmente manovrabili il cui valore riportato fa riferimento, invece, al valore potenziale di mercato).


Fonte: Agenzia del demanio, dati aggiornati a maggio 2009

(valori in miliardi di euro)

 

Manovrabili
(Beni disponibili)

Parzialmente
Manovrabili
(Prevalentemente Usi Governativi)

Non Manovrabili
(Demanio Storico Artistico)

Altro
non disponibile a vario titolo(
1)

Totale

Valore totale

4,70(2)

53,10(3)

16(4)

4,40(5)

78,20

di cui Fabbricati

3,76

53,10

15,09

4,23

76,18

di cui Terreni

0,94

N/A

0,90

0,17

2,01

 

(1) Include i beni che fanno parte del cosiddetto patrimonio non disponibile. In particolare comprende gli immobili realizzati in base a leggi speciali (ex IACP, abitazioni per lavoratori agricoli, profughi, ecc.) e gli immobili in consegna alle Università in uso gratuito e perpetuo.

(2) Il dato è ottenuto considerando il valore dei beni ex Difesa inclusi nei primi 3 decreti emanati (2000 MI/€ stimati sulla base del criterio del “costo di ricostruzione deprezzato” in funzione della obsolescenza tecnica e della vetustà dell’immobile) e del valore inventariale dei beni inclusi nella categoria 23A1.

(3) Valore stimato sulla base delle superfici destinate ad Uso Governativo e dei valori unitari di mercato rilevati dalla Banca Dati OMI dell’Agenzia del Territorio; il risultato ottenuto è stato integrato con il valore inventariale di una aliquota di beni in Uso Governativo per i quali la stima aggiornata sarà prossimamente resa disponibile.

(4) Il Conto Generale del Patrimonio contiene la valorizzazione di alcuni beni del Demanio Storico Artistico: infatti, a partire dall’esercizio 2008 l’Agenzia, in accordo con la Ragioneria Generale dello Stato, ha avviato una attività finalizzata alla stima del valore dei beni di tale categoria sulla base dei dati fisici disponibili e di quelli presenti nella Banca Dati OMI.

(5) Valore inventariale dei beni inclusi nelle categorie patrimoniali 23A6 (Altri beni non disponibili o temporaneamente non disponibili) e 23A4 (Miniere e relative pertinenze).

 

Secondo la tabella riportata, nelle indicate categorie rientrano:

1)  beni manovrabili: comprende tutti i beni patrimoniali disponibili, liberi o locati (fabbricati e aree). Secondo le informazioni fornite in sede di audizione, il valore complessivo, indicato in 4,7 miliardi, comprenderebbe una quota con problematiche di vario tipo (es. contenzioso, parziali occupazioni abusive, degrado manutentivo) e una quota valutata di modesta appetibilità commerciale. Soltanto il 60% di tali beni può essere considerato effettivamente manovrabile. Pertanto, l’effettivo valore dei beni manovrabili è stimato in circa 2,82 miliardi di euro. Viene inoltre precisato che i fabbricati e le aree inclusi in questa categoria determinano, mediamente, incassi per circa 32,5 milioni annui;

2)  beni parzialmente manovrabili: comprende circa 4.300 beni immobili utilizzati per finalità istituzionali della Pubblica Amministrazione Centrale (non vi rientrano i beni del demanio storico artistico consegnati in uso governativo). Con riguardo al valore complessivo della categoria, viene indicato un valore di inventario pari a circa 25 miliardi cui corrisponde, peraltro, un valore potenziale di mercato pari a circa 53 miliardi. Le entrate annue dello Stato relativo ai beni in uso governativo sono indicate in circa 20 milioni annui[14];

3)  beni non manovrabili: comprende, oltre ad una quota di beni in uso governativo, i beni edificati e le aree riconducibili ai beni del demanio storico artistico in consegna al Ministero per i beni culturali – e non oggetto di diretta gestione da parte dell’Agenzia del demanio - i quali, per caratteristiche intrinseche e per vincoli imposti dalle normative di settore, non possono essere oggetto di trasformazione;

4)  altri beni non disponibili a vario titolo: comprende varie tipologie di beni inclusi nel patrimonio indisponibile quali, ad esempio, gli immobili realizzati in base a leggi speciali (per i profughi, per i lavoratori agricoli, per i terremotati, gli ex IACP), immobili in uso gratuito e perpetuo alle università, i luoghi di culto non ricompresi nel demanio storico artistico ed i compendi minerari.

 

Rispetto alla base conoscitiva attualmente disponibile, come risultante dai dati sopra richiamati, non appare possibile una compiuta valutazione degli assets di proprietà dello Stato potenzialmente suscettibili di essere trasferiti agli enti locali ai sensi dello schema di decreto in esame.

Sul punto si rinvia anche alle osservazioni formulate nella scheda di lettura relativa all’articolo 5.

 


 

Articolo 4
(Status dei beni)

 


1. I beni, trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, entrano a far parte del patrimonio disponibile dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni, salvo quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, che restano assoggettati al regime stabilito dal codice civile, nonché alla disciplina di tutela e salvaguardia dettata dal medesimo codice, dal codice della navigazione e dalle leggi regionali, statali e comunitarie di settore. Ove ne ricorrano i presupposti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attribuzione dei beni demaniali diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, indica motivata­mente l’inclusione dei beni nel demanio o nel patrimonio indisponibile.

2. Il trasferimento dei beni ha effetto dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 3, comma 2, secondo periodo. Il trasferimento ha luogo nello stato di fatto e di diritto in cui i beni si trovano, con contestuale immissione di ciascuna Regione ed Ente locale nel possesso giuridico e subentro in tutti i rapporti attivi e passivi relativi ai beni trasferiti, fermi restando i limiti derivanti dai vincoli storici, artistici e ambientali.


 

 

L’articolo 4 stabilisce che, a seguito del D.P.C.M. di trasferimento, i beni demaniali e patrimoniali dello Stato indicati dall’art. 5 – salvo alcune eccezioni (cfr.oltre) - entrano a far parte, con pertinenze ed accessori, del patrimonio disponibile degli enti pubblici territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni); questi ultimi si fanno carico, a seguito del trasferimento, degli eventuali oneri e pesi di cui è gravato il bene.

Il regime giuridico dei beni pubblici

La disciplina giuridica dei beni pubblici è contenuta principalmente nel codice civile (art. 822 e ss.). Secondo la classificazione tradizionale, i beni appartenenti alla pubblica amministrazione si dividono in tre categorie: beni demaniali, beni patrimoniali disponibili e beni patrimoniali indisponibili.

L’articolo 822, primo comma, del codice civile stabilisce che appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale (cd. demanio necessario).

L’articolo 28 del codice della navigazione indica specificamente i beni del demanio marittimo nel lido, la spiaggia, i porti, le rade, le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare; i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo.

L’art. 822, secondo comma, specifica che fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato (possono, infatti, essere anche di proprietà di regioni, province e comuni, art. 828), le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche degli archivi, delle biblioteche e, infine, gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico (cd. demanio eventuale).

In relazione al loro regime giuridico, l’art. 823 c.c. precisa l’inalienabilità di tali beni, i quali non possono inoltre essere oggetto di diritti in favore di terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.

I beni non demaniali di proprietà dello Stato e degli enti territoriali ne costituiscono il patrimonio; una parte di tale patrimonio è qualificata come indisponibile (art. 826 c.c.). Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo, le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della presidenza della Repubblica, le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle province, dei comuni o delle regioni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio.

I beni disponibili invece sono beni di proprietà degli enti pubblici generalmente produttivi di un reddito e sono tradizionalmente distinti in quattro categorie: beni corporali (beni immobili); incorporali (diritti di credito, diritti reali su cose altrui); titoli di credito (azioni, titoli di Stato); denaro (che l’ente pubblico ha diritto di incassare).

Per quanto riguarda il regime giuridico, i beni appartenenti al patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalla legge speciale (art. 828 c.c.). Come i beni demaniali, tali ultimi beni non possono essere oggetto di usucapione né di esecuzione forzata; di essi invece è possibile disporre, sempre che sia fatto salvo il vincolo di destinazione e ne è inoltre riconosciuta l’espropriabilità per motivi di pubblica utilità (quando si intenda perseguire un interesse pubblico di rilievo superiore a quello soddisfatto con la precedente destinazione pubblica)[15].

I beni del patrimonio disponibile sono soggetti alle regole particolari che li concernono e, in quanto non diversamente disposto, alle regole dello stesso codice civile. Tali beni non si distinguono da quelli del privato essendo “riconducibili al regime di appartenenza del diritto comune, ferma restando la rilevanza (indiretta) di alcune regole di organizzazione amministrativa della gestione dei beni o di particolari principi di trasparenza contrattuale in relazione alle attività di alienazione (si pensi alle regole in materia di “dismissioni immobiliari”) (Consiglio di Stato, Sez. V, 6 dicembre 2007, sentenza n. 6265). La vendita di beni del patrimonio disponibile, infatti, deve avvenire nelle forme del diritto pubblico (pubblico incanto o asta pubblica) salvo alcuni limitati casi in cui è ammessa la licitazione privata. Tali beni, oltre che alienabili, sono usucapibili, possono essere espropriati per pubblica utilità e sottoposti ad esecuzione forzata.

Spetta all’autorità amministrativa competente dichiarare il passaggio di un bene dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato; dell’atto viene dato annuncio nella Gazzetta ufficiale della Repubblica (art. 829).

Il regime giuridico dei beni trasferiti appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale rimane quello dettato per i beni demaniali dal codice civile e della navigazione nonché dalle altre leggi di settore.

Tali beni pertanto rimangono, anche dopo il trasferimento, ai sensi dell’art. 823 c.c., inalienabili (con la conseguenza che qualsiasi atto di disposizione è nullo), non usucapibili, insuscettibili di espropriazione forzata; i medesimi beni non possono formare oggetto di diritti in favore di terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.

Lo Stato, inoltre, si riserva la possibilità di ampliare ulteriormente la lista dei beni trasferiti da considerare come “demaniali” o facenti parte del patrimonio indisponibile. Tuttavia, proprio in ragione del vincolato regime giuridico, il DPCM di assegnazione deve specificamente motivare l’inclusione di alcuno dei beni trasferiti - diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico, e aeroportuale - tra quelli del demanio o del patrimonio indisponibile.

Ai sensi del comma 2, l’effetto del trasferimento dei beni si produce dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del D.P.C.M. di attribuzione, di cui all’art. 3, comma 2, secondo periodo, del provvedimento.

 

Si segnala che il citato richiamo all’articolo 3, comma 2, fa riferimento ad un D.P.C.M. che non riguarda tutti i beni pubblici, ma soltanto l’assegnazione di aree e fabbricati. Si rinvia al riguardo alle osservazioni svolte su tale disposizione.

 

La norma specifica, infine, che il trasferimento dei beni ha luogo nello stato di fatto e di diritto in cui i beni si trovano, con contestuale immissione di ciascuna Regione ed Ente locale nel possesso giuridico e subentro in tutti i rapporti attivi e passivi relativi ai beni trasferiti, fermi restando i limiti derivanti dai vincoli storici, artistici e ambientali.

Si ricorda in proposito che il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42), emanatoin attuazione della delega prevista dall’articolo 10 della L. 137/2003[16], individua le cose mobili e immobili da considerare beni culturali (art. 10) nonché gli immobili e le aree da considerare beni paesaggistici (art. 134); il provvedimento indica altresì specifiche disposizioni di tutela per entrambe le tipologie di beni.

 


 

Articolo 5
(Tipologie dei beni)

 


1. I beni immobili statali che, a titolo non oneroso, sono trasferiti a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni che li richiedono sono i seguenti:

a) tutti i beni appartenenti al demanio marittimo e relative pertinenze, come definiti dall’articolo 822 del codice civile e dall’articolo 28 del codice della navigazione, con esclusione di quelli direttamente utilizzati dalle ammini­strazioni statali;

b) tutti i beni appartenenti al demanio idrico di interesse regionale o provinciale e relative pertinenze, nonché le opere idrauliche e di bonifica di competenza statale, come definiti dagli articoli 822, 942, 945, 946 e 947 del codice civile e dalle leggi speciali di settore;

c) tutti gli aeroporti di interesse regionale appartenenti al demanio aero­nautico civile statale e le relative pertinenze, come definiti dall’articolo 698 del codice della navigazione;

d) tutte le miniere e le relative pertinenze ubicate su terraferma;

e) tutte le aree e i fabbricati di proprietà dello Stato, diversi dalle tipologie di cui alle precedenti lettere, ad eccezione di quelli esclusi dal trasfe­rimento ai sensi del comma 2 del presente articolo.

2. Fatto salvo quanto previsto al comma 4, sono in ogni caso esclusi dal trasferimento: gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istitu­zionali alle Amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, agli Enti Pubblici destinatari di beni immobili dello Stato in uso governativo e alle Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni; i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e inter­nazionale, secondo la normativa di settore; i beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente; i beni oggetto di accordi o intese con gli Enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizza­zione dei rispettivi patrimoni immobiliari sottoscritti alla data di entrata in vigore del presente decreto; le reti di interesse statale, ivi comprese quelle energetiche; le strade ferrate in uso.

3. Ai fini dell’esclusione di cui al comma 2, le amministrazioni statali e gli altri enti di cui al medesimo comma 2 comunicano, in modo adeguatamente motivato, alla Agenzia del Demanio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo gli elenchi dei beni di cui richiedono l’esclusione. Entro i successivi trenta giorni, con provvedimento del direttore dell’Agenzia l’elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento è redatto ed è reso pubblico, a fini notiziali, anche con l’indicazione delle motivazioni per­venute, sul sito internet dell’Agenzia. Con il medesimo procedimento, il predetto elenco può essere integrato o modificato.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per le riforme per il federalismo, sono individuati i beni im­mobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti ai sensi del comma 1, in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e sicurezza nazionale, non oggetto delle procedure di cui all’articolo 14-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e di cui all’articolo 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché non funzionali alla realizza­zione dei programmi di riorganizzazione dello strumento militare finaliz­zati all’efficace ed efficiente esercizio delle citate funzioni, attraverso gli specifici strumenti riconosciuti al Ministero della difesa dalla normativa vigente.

5. Sono in ogni caso esclusi dai beni di cui al comma 1 i beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repubblica.


 

 

L’articolo 5 individua le tipologie dei beni immobili statali potenzialmente trasferibili a richiesta di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

 

L’art. 19 della legge delega n. 42 del 2009 sul punto si limita a prevedere che il legislatore delegato individui le tipologie di beni di rilevanza nazionale che non possono essere trasferiti, tra i quali in particolare i beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale (lett. d).

 

I beni trasferibili sono quindi:

§      tutti i beni del demanio marittimo indicati dall’art. 822 c.c. e 28 del codice della navigazione (tale ultima disposizione in particolare fa riferimento ai seguenti beni: il lido, la spiaggia, i porti, le rade, le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare; i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo). Sono esclusi i beni direttamente in uso alle amministrazioni statali (quali, ad esempio, i litorali appartenenti al Ministero della Difesa);

§      tutti i beni del demanio idrico di interesse regionale e provinciale (es.: i fiumi e i laghi), nonché le opere idrauliche e di bonifica di competenza statale (analogamente a quanto avvenuto in Friuli Venezia Giulia e in Trentino Alto Adige); i terreni abbandonati dalle acque correnti, dal mare, dai laghi, dalle lagune e dagli stagni appartenenti al demanio pubblico (art. 942 c.c.); le isole e unioni di terra che si formano nel letto dei fiumi o torrenti (art. 945 c.c.); gli alvei abbandonati di fiumi e torrenti (art. 946 c.c.); i terreni comunque abbandonati derivanti da mutamenti del letto dei fiumi (art. 947 c.c.);

§      tutti gli aeroporti di interesse regionale facenti parte del demanio aeronautico civile statale e le relative pertinenze, come definiti dall’articolo 698 del codice della navigazione.

L’art. 698 cod. nav., come modificato dall’articolo 3 del 96/2005[17], riguarda gli Aeroporti e sistemi aeroportuali d'interesse nazionale; esso, al primo comma, demanda ad un decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni e sentita l'Agenzia del demanio, l’individuazione, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari da esprimere entro trenta giorni dalla data di assegnazione, degli aeroporti e dei sistemi aeroportuali di interesse nazionale, quali nodi essenziali per l'esercizio delle competenze esclusive dello Stato, tenendo conto delle dimensioni e della tipologia del traffico, dell'ubicazione territoriale e del ruolo strategico dei medesimi, nonché di quanto previsto nei progetti europei TEN. Tale decreto non risulta essere stato adottato. Al secondo comma, prevede l’istituzione di un comitato di coordinamento tecnico, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, allo scopo di coordinare le politiche di sviluppo degli aeroporti di interesse regionale.

§      tutte le miniere (e relative pertinenze) ubicate sulla terraferma;

§      tutte le aree e i fabbricati di proprietà dello Stato, diversi dalle tipologie di beni immobili indicati in precedenza, ad eccezione dei beni esplicitamente non trasferibili ai sensi del comma 2 dell’art. 5 in esame.

 

I commi 2 e 3 recano disposizioni concernenti l’esclusione di alcuni beni dalle procedure di trasferimento.

In particolare, il comma 2 individua le tipologie e le caratteristiche dei beni non trasferibili e il comma 3 stabilisce la procedura per l’individuazione, da parte delle amministrazioni statali e degli altri enti interessati, e per la pubblicazione dell’elenco dei predetti beni sul sito internet dell’Agenzia del demanio.

 

Il comma 2 individua i beni che non possono essere oggetti di trasferimento, fatto salvo quanto previsto al comma 4 per i beni in uso al Ministero della difesa e al quale si rinvia.

 

Si tratta, in particolare, di:

a)      immobili utilizzati dalle Amministrazioni dello Stato, ivi comprese quelle ad ordinamento autonomo, dagli Enti pubblici destinatari di immobili statali in uso governativo e dalle Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300 del 1999. La esclusione opera a condizione che i predetti edifici siano utilizzati per finalità istituzionali.

Il decreto legislativo n. 300 del 1999, recante la Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (legge Bassanini), dispone, tra l’altro, l’istituzione di Agenzie le quali, come definite dall’articolo 8, sono strutture che svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, in atto esercitate da ministeri ed enti pubblici. Le Agenzie hanno piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge, sono sottoposte al controllo della Corte dei conti nonché ai poteri di indirizzo e di vigilanza del ministro cui fanno riferimento.

Una particolare disciplina, in deroga a quella generale, è prevista per le Agenzie fiscali le quali, ai sensi degli articoli da 62 a 65 sono: Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Agenzia del territorio e Agenzia del demanio.

Inoltre, l’articolo 88 del D.Lgs. n. 300/1999 istituisce l’Agenzia per la formazione e l'istruzione professionale.

Si ricorda, inoltre, che ai sensi del terzo comma dell’articolo 826 del codice civile gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato;

b)      porti e aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale, secondo la normativa di settore.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 84/1994[18], i porti di rilevanza nazionale sono quelli sede di Autorità portuali[19].

Per quanto riguarda gli aeroporti, si segnala che l’articolo 698 del codice della navigazione, come modificato dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 96/2005[20], prevede l’emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica[21] con il quale sono individuati gli aeroporti e i sistemi aeroportuali di interesse nazionale, quali nodi essenziali per l'esercizio delle competenze esclusive dello Stato, tenendo conto delle dimensioni e della tipologia del traffico, dell'ubicazione territoriale e del ruolo strategico dei medesimi, nonché di quanto previsto nei progetti di reti di trasporto trans-europee (TEN). Il decreto non è stato ancora emanato;

c)      beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente.

Al riguardo si ricorda che l’art. 19 della L. 42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, ha inserito tra i principi e criteri direttivi dei decreti legislativi concernenti l’attribuzione di un proprio patrimonio a comuni, province, città metropolitane e regioni, l’individuazione delle tipologie di beni di rilevanza nazionale che non possono essere trasferiti, includendovi esplicitamente i beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale (comma 1, lett. d)).

Con riferimento alla normativa vigente, l’art. 54, comma 3 del Codice dei beni culturali e del paesaggio[22] stabilisce che i beni culturali inalienabili – definiti tali ai sensi dei commi 1 e 2 del medesimo articolo 54 – possono essere oggetto di trasferimento tra lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali[23]. Il successivo comma 4 prevede, inoltre, che detti beni possono essere utilizzati esclusivamente secondo le modalità e per i fini previsti dal Titolo II (Fruizione e valorizzazione) della Parte II (Beni culturali) del medesimo Codice[24];

d)      beni oggetto di accordi o intese con gli Enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari sottoscritti alla data di entrata in vigore del presente provvedimenti;

e)      reti di interesse statale, ivi comprese quelle energetiche.

Sarebbero opportuni dei chiarimenti in merito all’individuazione dei beni inclusi nel riferimento alle “reti di interesse statale”;

f)        strade ferrate in uso.

Le strade ferrate in uso, concesse in gestione alla società Rete Ferroviaria Italiana per sessanta anni, sono individuate nell’allegato B dell’atto di concessione (D.M. 31 ottobre 2000, n. 138T). Il citato decreto prevede inoltre la concessione delle linee di nuova realizzazione ed attivazione, individuate nei contratti di programma, e stabilisce che l’eventuale dismissione di linee ferroviarie deve essere autorizzata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero della difesa e il Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 3 stabilisce che, ai fini dell’esclusione di cui al comma 2, le amministrazioni statali e gli altri enti devono predisporre l’elenco dei beni relativamente ai quali si richiede l’esclusione dalle procedure di trasferimento, fornendone adeguata motivazione.

Andrebbero forniti chiarimenti diretti a precisare il regime applicabile (trasferimento o esclusione) per i beni in possesso dei requisiti indicati nel comma 2 che non risultino indicati negli elenchi di cui al comma 3. Ciò in quanto, mentre ai sensi del comma 2 “sono in ogni caso esclusi dal trasferimento” i beni aventi le caratteristiche indicate nel comma medesimo, il successivo comma 3 stabilisce che “ai fini dell’esclusione di cui al comma 2” le amministrazioni statali e gli altri enti devono redigere l’elenco, adeguatamente motivato, dei beni da escludere dalle procedure di trasferimento.

 

L’elenco deve essere inviato da ciascuno dei soggetti interessati, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, all’Agenzia del demanio.

La norma sembrerebbe includere nella definizione “altri enti di cui al medesimo comma 2” anche le agenzie di cui al decreto legislativo n. 300/1999.

 

Entro i successivi trenta giorni, ossia entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, l’Agenzia del demanio dovrà provvedere alla predisposizione e alla pubblicazione sul proprio sito internetdell’elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento.

L’elenco redatto è reso pubblico, a fini notiziali, e sarà completo delle motivazioni pervenute dalle singole amministrazioni o enti.

 

L’ultimo periodo del comma 3 prevede, infine, la possibilità di integrare o modificare il predetto elenco in base al “medesimo procedimento”.

 

Sarebbe opportuno un chiarimento diretto a precisare se le eventuali modifiche o integrazioni debbano essere, in ogni caso, effettuate entro il termine ultimo previsto dal comma 3 (centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento). Ciò in quanto, qualora fossero resi possibili interventi anche oltre il predetto termine, la procedura indicata andrebbe coordinata con le scadenze fissate dall’articolo 3 per l’emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Si segnala, infine, che la procedura indicata nel comma 3 non sembra prevedere alcuna valutazione in sede di emanazione del DPCM in merito agli elenchi dei beni e alle relative motivazioni indicate dalle amministrazioni pubbliche e dagli altri enti interessati ai fini dell’esclusione di cui al comma 2. Si ricorda, tuttavia, che ai sensi dell’articolo 3 l’elenco dei beni da trasferire sarà oggetto di appositi D.P.C.M. da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento.

 

Il comma 4 dell’articolo in esame prevede che, entro un anno dall’entrata in vigore del decreto, con D.P.C.M., su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per le riforme per il federalismo, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 281 del 1997, siano individuati i beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni che li richiedono ai sensi del precedente comma 1, in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e sicurezza nazionale, non oggetto delle procedure di cui all’articolo 14-bis del D.L. n. 112 del 2008 e di cui all’articolo 2, comma 628, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), nonché non funzionali alla realizzazione dei programmi di riorganizzazione dello strumento militare finalizzati all’efficace ed efficiente esercizio delle citate funzioni, attraverso gli specifici strumenti riconosciuti al Ministero della difesa dalla normativa vigente.

 

L’articolo 14-bis (Infrastrutture militari), novella in più parti il comma 13-ter dell'articolo27 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003 che, tra l'altro, ha attribuito al Ministero della difesa il compito di individuare i beni immobili non più utili ai propri fini istituzionali, da dismettere e consegnare all'Agenzia del demanio.

Le modifiche riguardano:

-        la proroga al 31 dicembre 2008 del termine entro il quale individuare gli immobili da dismettere;

-        la soppressione del riferimento al valore complessivo di 2.000 milioni di euro da conseguire in relazione alla dismissione da realizzare nell'anno 2008;

-        la previsione che la riallocazione degli immobili possa avvenire anche attraverso il ricorso ad accordi o a procedure negoziate con società a partecipazione pubblica e con soggetti privati;

-        la previsione concernente l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero della difesa, di un fondo in conto capitale e di un fondo di parte corrente destinati al finanziamento della suddette riallocazione, nonché delle esigenze di funzionamento, ammodernamento e manutenzione dei mezzi delle Forze armate, inclusa l'Arma dei carabinieri. I fondi sono determinati dalla legge finanziaria.

Al fondo in conto capitale concorrono anche i proventi derivanti dalle attività di valorizzazione immobiliare effettuate dall'Agenzia del demanio con particolare riguardo alle infrastrutture militari ancora in uso alle strutture del Ministero della difesa; al fondo di parte corrente affluiscono anche i proventi derivanti dalle alienazioni dei materiali fuori uso della Difesa.

 

In attuazione di tale disposizione è stato adottato il decreto direttoriale 23 dicembre 2008 con cui sono stati individuati gli immobili di proprietà dello Stato in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali.

 

Il comma 13-ter dell’articolo 27 del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, e successive modificazioni, prevedeva che, nella fase di prima applicazione del D.L., il Ministero della difesa, d’intesa con l'Agenzia del demanio del Ministero dell’economia, individuasse:

-        entro il 28 febbraio 2007, beni immobili, per un valore complessivo pari a un miliardo di euro, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 30 giugno 2007;

-       entro il 31 luglio 2007, beni immobili, per un valore complessivo pari a un miliardo di euro, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 31 dicembre 2007.

In attuazione di tali previsioni sono stati adottati i decreti direttoriali 25 luglio 2007 e 20 febbraio 2008.

 

Inoltre, al comma 3 del D.L. n. 112/2008, si attribuisce al Ministero della difesa il compito di individuare, con apposito decreto, ulteriori immobili da alienare, non ricompresi negli elenchi di cui all'articolo 27, comma 13-ter del citato decreto legge n. 269 del 2003, stabilendo, al riguardo, le procedure concernenti le operazioni di vendita, permuta, valorizzazione e gestione dei citati beni. I proventi derivanti dalle suddette procedure possono essere destinati al soddisfacimento delle esigenze funzionali del Ministero della difesa previa verifica della compatibilità finanziaria e dedotta la quota che può essere destinata agli enti territoriali interessati.

 

L’articolo 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), stabilisce, alla lettera a), che vengano individuate tre categorie di alloggi di servizio:

-        alloggi da assegnare al personale per il tempo in cui svolge particolari incarichi di servizio, che richiedano la costante presenza del titolare nella sede di servizio;

-        alloggi da assegnare per una durata determinata e rinnovabile in ragione di esigenze di mobilità e abitative;

-        alloggi da assegnare con possibilità di opzione di acquisto mediante riscatto.

 

Il medesimo comma 628, alla lettera b), stabilisce che il Ministero della Difesa provveda all’alienazione della proprietà, dell’usufrutto, della nuda proprietà di almeno 3.000 alloggi non più funzionali alle esigenze istituzionali. In caso di alienazione prevede inoltre: il diritto di prelazione del conduttore e, in caso di mancato esercizio, del personale militare e civile del Ministero della Difesa che non sia proprietario di altra abitazione nella provincia; che il prezzo di vendita sia stabilito d’intesa con l’Agenzia del demanio. È previsto un regime di maggior favore in caso di particolari situazioni sociali quali: riduzione del prezzo da un minimo del 25% ad un massimo del 100% per tenere conto del reddito del nucleo familiare, di portatori di handicap in tale nucleo, di eventuale perdita nel titolo di concessione; possibilità di permanenza negli alloggi - dietro corresponsione del canone in vigore all’atto della vendita, rivalutato all’indice ISTAT - dei conduttori e delle vedove, con basso reddito familiare (non superiore a quello determinato annualmente con DM di cui all’art. 9, comma 7 della legge n. 537 del 1993[25]) o con componenti del nucleo familiare portatori di handicap.

Viene inoltre stabilito che gli acquirenti degli alloggi non possano rivenderli prima di 5 anni e che i proventi delle alienazioni vengano riassegnati allo stato di previsione del Ministero della Difesa.

 

La lettera c) del comma 628 mira a rendere celeri i procedimenti relativi alle alienazioni di cui alla lettera precedente. Allo scopo, si interviene in due modi: da un lato si prevede una sinergia tra amministrazioni pubbliche, attribuendo al Ministero della Difesa la facoltà di avvalersi dell’attività dei tecnici dell’Agenzia del demanio, tramite la Direzione generale competente; da un altro, le procedure vengono semplificate, attraverso l’esonero dalla consegna della documentazione ordinariamente richiesta per i contratti di alienazione in base alle norme urbanistiche, tecniche e fiscali, in luogo della quale sarà sufficiente un’apposita dichiarazione.

 

La lettera d) del comma 628 completa la disciplina delle alienazioni, trattando i casi in cui esse attengano alla realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità, con esplicito riferimento al Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163). Le alienazioni concernono espressamente immobili ulteriori rispetto a quelli da individuarsi ai sensi del comma 263 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.

In attuazione del comma 628 dell’articolo 2 della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007) il 22 ottobre 2009 è stato trasmesso al Parlamento, per l’acquisizione dei prescritti pareri delle Commissioni, lo schema di decreto ministeriale recante regolamento per l'attuazione del programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale militare. La Commissione difesa della Camera ha espresso parere favorevole con condizione e osservazione il 17 dicembre 2009 mentre la Commissione difesa del Senato ha espresso parere favorevole con osservazioni il 24 novembre 2009.

 

Il comma 263 dell’articolo 1 della legge 296/06 introduce alcune modifiche all’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. In particolare, al comma 13-bis di tale articolo si inverte la procedura di individuazione dei beni immobili in uso all’amministrazione della difesa non più utili per fini istituzionali: tale attività compete ora direttamente al Ministero della difesa. Inoltre, tali beni sono consegnati alla medesima Agenzia del demanio, ai fini dell’inclusione in programmi di dismissione e valorizzazione previsti dalla legislazione vigente. Attraverso una modifica al comma 13-ter del citato articolo 27, si stabilisce altresì il valore complessivo degli immobili da individuare ai fini della dismissione (2 miliardi di euro nel 2007 e 2 miliardi di euro nel 2008) e la relativa tempistica per la cessione.

Il Ministero della Difesa ha facoltà di assegnare la concessione di lavori pubblici di cui agli articoli 153 e seguenti del suddetto Codice,in armonia con le modalità dettate dal vigente Regolamento concernente la disciplina delle attività del Genio militare (D.P.R. 19 aprile 2005, n. 170, adottato a norma dell'articolo 3, comma 7-bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109[26]).

L’articolo 153 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, espressamente citato dalla lettera d) del comma 2 dell’articolo 132qui in esame, riguarda i cosiddetti promotori, vale a dire i soggetti che presentano proposte in risposta ad avvisi indicativi di programmi di interventi realizzabili con capitali privati, pubblicati dalle amministrazioni aggiudicatrici (senza peraltro che ciò, di per sé, determini obblighi di esame e valutazione da parte delle amministrazioni stesse). Gli articoli del Codice che seguono il 153 regolano ulteriori aspetti, tra cui i criteri di valutazione delle proposte pervenute alle amministrazioni e l’eventuale indizione della gara tra le proposte considerate idonee.

Il Regolamento che disciplina le attività del Genio militare, a sua volta, dedica gli articoli 130-134 ai soggetti abilitati ad assumere lavori della difesa. Sono ammessi a presentare offerta per gli appalti sia imprese singole, sia imprese riunite sotto una capogruppo, sia consorzi di imprese.

 

Ai sensi del comma 5, è in ogni caso escluso il trasferimento dei beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repubblica.

 

La dotazione della Presidenza della Repubblica è stata determinata, sulla base dell’art. 84, terzo comma, Cost., dalla legge 9 agosto 1948, n. 1077, e successive modificazioni.

 


 

Articolo 6
(Semplificazione delle procedure di attuazione del federalismo demaniale)

 


1. Al fine di favorire l’attuazione del criterio di cui all’articolo 2, comma 5, lettera c), la disciplina dei fondi immobiliari di cui all'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, è riordinata e adeguata mediante uno o più regolamenti, da emanare entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) attribuzione ai fondi immobiliari dei beni immobili da parte dello Stato in proporzione al valore fissato al momento del trasferimento dei suddetti beni;

b) possibilità che le quote dei suddetti fondi immobiliari possano essere sottoscritte anche da persone fisiche, persone giuridiche e altri enti privati, con versamenti in denaro o apporto di beni immobili o di altri diritti reali, condizionati, nel caso di attribuzione a titolo non oneroso di beni statali, a un contestuale ed equivalente apporto a titolo gratuito dei sottoscrittori privati; possibilità di partecipazione di più Regioni ed Enti territoriali ai fondi immobiliari e di attribuzione a titolo non oneroso di beni statali successivamente alla prima emissione di quote con conseguente trasferimento delle stesse tra le Regioni e gli Enti locali in relazione al beneficio derivante pro-quota dall’apporto suddetto, secondo la stima di un esperto indipendente;

c) possibilità di utilizzare la liquidità per l’acquisto di beni immobili funzionali alla valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo;

d) indicazione espressa delle disposizioni che trovano applicazione in materia di quota minima percentuale dell’apporto degli enti territoriali, di facoltatività dell’apporto in denaro da parte degli enti territoriali, di possibilità di utilizzazione della liquidità per l’acquisto di beni immobili funzionali alla valorizzazione del patrimonio immobi­liare del fondo, di dismissione delle quote, nonché di offerta al pubblico qualora il collocamento delle quote dei fondi avvenga presso investitori istituzionali o qualificati;

e) previsione che, ferma restando l’applicabilità, riguardo agli apporti effettuati dagli enti pubblici, della disciplina fiscale di cui ai commi 10 e 11 dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, agli apporti dei beni immobili effettuati dai privati ai fondi disciplinati dal presente articolo sia applicabile la normativa già in vigore riguardo agli apporti ai fondi immobiliari di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

f) possibilità di prevedere contestuali o successivi conferimenti di altri beni dello Stato, delle Regioni o degli Enti locali.


 

 

Con finalità di semplificazione, l’articolo 6 dello schema in esame demanda ad uno o più regolamenti il riordino e l’adeguamento della disciplina dei fondi comuni di investimento immobiliari con apporto pubblico, di cui all'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86[27].

I fondi comuni sono patrimoni privi di personalità giuridica, suddivisi in quote di pertinenza dei partecipanti, la cui gestione è affidata ad apposite società (Società di gestione del risparmio - SGR) che ne curano l’investimento in strumenti finanziari, crediti o altri beni. Il patrimonio del fondo è distinto sia da quello della società di gestione, sia da quello dei partecipanti. Dal punto di vista economico, il termine fa riferimento agli investitori istituzionali che li gestiscono. Sono definiti fondi comuni di investimento “chiusi” quelli in cui il rimborso delle quote ai partecipanti avviene solo a scadenze predeterminate. Devono assumere la forma chiusa, tra gli altri, i fondi che investono esclusivamente o prevalentemente in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari.

 

Nel dettaglio, si prescrive il riordino e l’adeguamento della disciplina dei suddetti fondi mediante uno o più regolamenti, da emanare entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore delle norme recate dallo schema di decreto in esame, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali.

La forma prevista per i suddetti regolamenti è quella dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400: decreto del Presidente della Repubblica emanato previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta. La legge, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determina le norme generali regolatrici della materia.

 

Scopo dell’articolo in commento è favorire l’applicazione di uno dei principi generali richiamati dallo schema di decreto in esame, ovvero del criterio dellacapacità finanziaria” (di cui dell’articolo 2, comma 5, lettera c) dello schema in commento), ai sensi del quale l’ente cui è attribuito il bene immobile deve disporre di adeguate capacità finanziarie per la tutela, la gestione e la valorizzazione del medesimo.

A tal fine l’articolo 2, comma 5, lettera c) dispone che l’attribuzione di beni immobili di proprietà statale agli enti territoriali possa avvenire – dietro richiesta dell’ente interessato e senza oneri - mediante assegnazione diretta di tali beni a fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti, o da costituire, da uno o più enti territoriali (cfr. la relativa scheda di lettura).

La Relazione tecnica che accompagna il provvedimento afferma in proposito che il riordino è disposto “per favorire il processo di attribuzione a tali fondi immobiliari” dei beni immobili trasferiti dallo Stato.

 

Si osserva, in proposito, che la legge di attuazione del federalismo fiscale non reca un esplicito criterio di delega sul riordino e l’adeguamento della disciplina dei fondi comuni immobiliari “chiusi” istituiti con apporto di beni immobili. Sul tema, l’articolo 19 della legge n. 42/2009 si limita a demandare ai decreti legislativi delegati l’individuazione di “princìpi generali per l’attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio”, nel rispetto di alcuni criteri direttivi individuati dalla legge stessa, tra cui quello in base al quale l’attribuzione non onerosa ad ogni livello di governo di distinte tipologie di beni deve essere commisurata - tra l’altro - alle “capacità finanziarie” esercitate dalle diverse regioni ed enti locali (articolo 19, comma 1, lettera a)).

Sotto un diverso profilo le norme in esame, affidando ad una fonte di rango secondario – ossia uno o più regolamenti ai sensi dell’articolo 17, c. 2 della legge n. 400 del 1988 – il riordino della disciplina (di rango primario) dei suddetti fondi comuni, configurano una fattispecie di delegificazione autorizzata da norma delegata.

L’articolo 14-bis della legge n. 86/1994 e i criteri di riordino indicati dallo schema in commento.

L’articolo 14-bis della legge n. 86/1994 consente la sottoscrizione di quote di fondi comuni di investimento immobiliare “chiusi” - entro un anno dalla costituzione - con apporto di beni immobili o di diritti reali suimmobili, ove l'apporto sia prevalentemente costituito (per oltre il 51 per cento) da beni e diritti apportati esclusivamente dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da regioni, da enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti (comma 1).

 

Le disposizioni dell’articolo 14-bis regolano la costituzione del fondo, il contenuto obbligatorio del relativo regolamento, il collocamento delle quote, l’eventuale liquidazione, la disciplina fiscale applicabile ai conferimenti, ai proventi e ai beni retrocessi a seguito di liquidazione. Sono poi recate puntuali disposizioni sull’utilizzo dei beni immobili conferiti e sulla destinazione dei proventi del fondo.

Nel dettaglio (commi 2 e 3 dell’articolo 14-bis),la società di gestione del fondo non deve essere controllata, neanche indirettamente, da alcuno dei soggetti che procedono all'apporto (con l’eccezione, però, delle partecipazioni detenute dal Ministero del tesoro).

Il regolamento del fondo deve contenere alcune misure restrittive in ordine al conferimento di beni: è infatti previsto l’obbligo di integrazione degli apporti in natura con un apporto in denaro, salvo specifiche eccezioni. La liquidità derivata dagli apporti in denaro non può essere utilizzata per l’acquisto di beni immobili o diritti reali immobiliari(commi 2 e 3).

Ove non ottenga la collocazione del numero minimo di quote prescritto dalle norme stesse, il fondo può essere liquidato, con nomina di un commissario ministeriale, operante secondo le direttive impartite dal Ministro dell’economia e delle finanze medesimo, il quale provvederà a retrocedere i beni immobili e i diritti reali immobiliari apportati ai conferenti (comma 9).

Per quanto attiene alla disciplina fiscale degli apporti al fondo, si ricorda che essi – ove istituiti a norma del già illustrato comma 1 - non danno luogo a redditi imponibili ovvero a perdite deducibili per l'apportante al momento dell'apporto. Le quote ricevute in cambio dell'immobile o del diritto oggetto di apporto mantengono, ai fini delle imposte sui redditi, il medesimo valore fiscalmente riconosciuto anteriormente all'apporto (comma 10). E’ prevista un’imposta sostitutiva pari a 1 milione di lire (516,4 euro), in luogo delle ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale e dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, per l'insieme degli apporti iniziali e delle eventuali successive retrocessioni (in caso di liquidazione del fondo e gestione commissariale) liquidata dall'ufficio del registro a seguito di denuncia del primo apporto in natura, che deve essere presentata dalla società di gestione entro sei mesi dalla data in cui l'apporto stesso è stato effettuato.

Le norme prevedono poi (comma 12) una specifica modalità di gestione dei progetti di utilizzo degli immobili e dei diritti apportati ai fondi dai già ricordati soggetti pubblici. Ove l’importo complessivo dei beni apportati sia superiore a 2 miliardi di lire (euro 1.032.914), tali progetti sono sottoposti all'approvazione della conferenza di servizi; le determinazioni concordate in tale sede sostituiscono a tutti gli effetti i concerti, le intese, i nulla osta e gli assensi comunque denominati. Ove nelle conferenze non si pervenga alle determinazioni conclusive entro novanta giorni dalla convocazione ovvero non si raggiunga l'unanimità, anche in conseguenza della mancata partecipazione ovvero della mancata comunicazione entro venti giorni delle valutazioni delle amministrazioni e dei soggetti regolarmente convocati, le relative determinazioni sono assunte ad ogni effetto dal Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Tale termine può essere prorogato una sola volta per non più di sessanta giorni. I termini stabiliti da altre disposizioni di legge e regolamentari per la formazione degli atti facenti capo alle amministrazioni e soggetti chiamati a determinarsi nelle conferenze di servizi, ove non risultino compatibili con il termine di cui al precedente periodo, possono essere ridotti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per poter consentire di assumere le determinazioni delle conferenze di servizi nel rispetto del termine stabilito nel periodo precedente. Eventuali carenze, manchevolezze, errori od omissioni della conferenza nel procedimento di approvazione del progetto non sono opponibili alla società di gestione, al fondo, né ai soggetti cui sono stati trasmessi, in tutto ovvero anche solo in parte, i relativi diritti.

Il Ministro dell’economia e delle finanze (una volta Ministero del Tesoro) può emettere (comma 13) titoli speciali che prevedono diritti di conversione in quote dei suddetti fondi. Per le quote di propria pertinenza, oltre ad avvalersi della procedura prevista per il collocamento delle quote, il MEF può altresì emettere titoli speciali che prevedano diritti di conversione in quote. Le somme derivanti dal collocamento di tali titoli speciali o dalla cessione delle quote dei fondi sottoscritte con apporti dello Stato o di enti previdenziali pubblici, nonché i proventi distribuiti dagli stessi fondi per dette quote, affluiscono agli enti titolari (comma 14).

Gli enti locali territoriali (comma 15), fino a concorrenza del valore dei beni conferiti, possono emettere prestiti obbligazionari convertibili in quote dei suddetti fondi. Essi, in alternativa alla procedura ordinaria di collocamento delle quote, possono emettere titoli speciali che prevedano diritti di conversione in quote di fondi istituiti o da istituirsi; le somme derivanti dal collocamento dei titoli, dalla cessione delle quote nonché dai proventi distribuiti dai fondi sono destinate al finanziamento degli investimenti e alla riduzione del debito complessivo.

Ove il regolamento del fondo prescriva, per l'utilizzazione o la valorizzazione dei beni e dei diritti da conferire (ai sensi del citato comma 1) da parte degli enti locali territoriali, l'esecuzione di lavori su beni immobili di pertinenza del fondo stesso, gli enti conferenti devono effettuare anche i conferimenti in denaro necessari. A tal fine sono autorizzati ad emettere prestiti obbligazionari convertibili in quote del fondo fino a concorrenza dell'ammontare sottoscritto in denaro. Le quote del fondo spettanti agli enti locali territoriali a seguito dei conferimenti in denaro sono tenute in deposito presso la banca depositaria fino alla conversione.

 

L’articolo 6 in commento enuncia i principi e criteri direttivi (lettere da a) ad f) del comma 1) cui devono essere informati i regolamenti di riordino e adeguamento della disciplina dei fondi immobiliari “chiusi” con apporto pubblico prevalente.

 

La lettera a) richiede che l’attribuzione dei beni immobili statali ai fondi immobiliari avvenga proporzionalmente al valore fissato al momento del trasferimento dei suddetti beni.

L’attuale comma 4 dell’articolo 14-bis prevede che gli immobili apportati al fondo siano sottoposti alle procedure ordinarie di stima (di cui all’articolo 8 della legge n. 86 del 1994) anche al momento dell'apporto; la relazione di stima deve essere redatta e depositata al momento dell'apporto.

 

Ai sensi della successiva lettera b), la possibilità di sottoscrivere quote dei fondi deve essere estesa anche a persone fisiche, persone giuridiche e altri enti privati, con versamenti in denaro, apporto di beni immobili o di altri diritti reali, condizionati, nel caso di attribuzione a titolo non oneroso di beni statali, a un contestuale ed equivalente apporto a titolo gratuito dei sottoscrittori privati.

Deve essere inoltre consentita la possibilità di partecipazione di più Regioni ed Enti territoriali ai fondi immobiliari, nonché di attribuire beni statali a titolo non oneroso, successivamente alla prima emissione di quote, con conseguente trasferimento delle stesse quote tra le Regioni e gli Enti locali, in relazione al beneficio derivante pro-quota dall’apporto suddetto, secondo la stima di un esperto indipendente.

 

La lettera c) prescrive che la liquidità disponibile sia utilizzata per l’acquisto di beni immobili funzionali alla valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo.

Come si è già accennato, il comma 14 dell’articolo 14-bis prescrive che le somme derivanti dal collocamento dei titoli speciali emessi dal Tesoro o dalla cessione delle quote dei fondi sottoscritte con apporti dello Stato o di enti previdenziali pubblici, nonché i proventi distribuiti dagli stessi fondi per tali quote, affluiscano agli enti titolari. Le somme derivanti dal collocamento dei titoli speciali emessi dagli enti locali territoriali, dalla cessione delle quote nonché dai proventi distribuiti dai fondi sono destinate al finanziamento degli investimenti e alla riduzione del debito complessivo.

La successiva lettera d) impone che siano espressamente indicate, nelle disposizioni regolamentari, le norme che si applicheranno in materia di:

§      quota minima percentuale dell’apporto degli enti territoriali;

§      facoltatività dell’apporto in denaro da parte degli enti territoriali e possibilità di utilizzazione della liquidità per l’acquisto di beni immobili funzionali alla valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo;

Come si è visto supra, i commi 2 e 3 dell’articolo 14-bis vietano espressamente tali fattispecie. Il divieto di utilizzo della liquidità derivata dagli apporti in denaro non opera solo per gli acquisti di beni immobili e diritti reali immobiliari “strettamente necessari ad integrare i progetti di utilizzo di beni e diritti” apportati ai sensi del comma 1, “sempreché detti acquisti comportino un investimento non superiore al 30 per cento dell'apporto complessivo in denaro”.

§      dismissione delle quote,

§      offerta al pubblico, qualora il collocamento delle quote dei fondi avvenga presso investitori istituzionali o qualificati;

 

La lettera e) mantiene ferma l’applicabilità, con riguardo agli apporti effettuati dagli enti pubblici, della disciplina fiscale di cui ai già citati commi 10 e 11 dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86.

Si prevede altresì che agli apporti dei beni immobili effettuati dai privati si applichi la normativa generale di cui all’articolo 37 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria – TUF (D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58).

 

L’articolo 37 del TUF ha affidato a un decreto ministeriale il compito di determinare i criteri generali cui devono uniformarsi i fondi comuni di investimento con riguardo ad alcuni specifici aspetti, tra cui le condizioni e le modalità di effettuazione degli acquisti o dei conferimenti - sia in fase costitutiva che in fase successiva alla costituzione del fondo - per i fondi che investano esclusivamente o prevalentemente in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari (comma 1, lettera d-bis)).

Le norme regolamentari (articolo 13 del DM 24 maggio 1999, n. 228[28]) hanno riservato ilconferimento di immobili ai fondi immobiliari con apporto pubblico ai soggetti indicati all’ articolo 14-bis, secondo le modalità ivi indicate.

Ferma restando l'applicazione di tali disposizioni speciali - in quanto compatibili con le disposizioni del regolamento stesso e non penalizzanti rispetto ai fondi con apporto privato - le norme regolamentari sono state estese anche ai fondi immobiliari con apporto pubblico, con riferimento ai fondi chiusi investiti in beni immobili, con specifiche eccezioni previste dal regolamento stesso.

 

Infine, i regolamenti devono contemplare (lettera f)) la possibilità di prevedere contestuali o successivi conferimenti di altri beni dello Stato, delle Regioni o degli Enti locali.

 


 

Articolo 7
(Disposizioni finali)

 


1. Tutti gli atti, contratti, formalità e altri adempimenti necessari per l'attuazione del presente decreto sono esenti da ogni diritto e tributo.

2. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro per la semplifi­cazione normativa, il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali, sono determinati criteri e tempi per ridurre le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli Enti locali in funzione della riduzione delle entrate erariali conseguente alla adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 3.


 

 

Il comma 1 dispone l’esenzione da ogni diritto e da ogni tributo dovuto sugli atti, contratti, formalità e ogni altro adempimento necessario per l’attuazione del provvedimento in esame. La norma esclude dunque da ogni forma impositiva tutte le operazioni di trasferimento dei beni e le operazioni correlate effettuate in attuazione della disciplina in commento.

 

Il comma 2 prevede che con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sono determinati i criteri e i tempi per la riduzione delle risorse spettanti alle regioni e agli enti locali in misura corrispondente alla riduzione delle entrate erariali conseguente al processo di trasferimento dei beni statali.

I decreti sono adottati su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali.

 

Il comma 2 in esame è ascrivibile alla materia “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”, di competenza concorrente tra Stato e regioni, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, Cost. Si segnala che per la definizione dei criteri sulla base dei quali procedere alla riduzione dei trasferimenti spettanti agli enti territoriali, nonché per la effettiva quantificazione delle riduzioni, non è previsto alcun coinvolgimento degli enti territoriali; tale circostanza è stata evidenziata anche dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali che, come risulta nel testo allegato allo schema in esame, ha avanzato la proposta di inserire, ai fini dell’adozione dei suddetti decreti, l’intesa in sede di Conferenza unificata.

Sotto un diverso profilo, si rileva che il comma demanda a un DPCM la determinazione di criteri e tempi “per ridurre le risorse spettanti a qualsiasi titolo” alle Regioni e agli enti locali; le fonti di finanziamento suscettibili di riduzione non vengono indicate dallo schema di decreto e le stesse potrebbero pertanto essere quelle spettanti agli enti territoriali a titolo di trasferimento, compartecipazione, addizionali, ecc.

 

La disposizione in esame ha l’obiettivo di compensare - attraverso una riduzione delle risorse a favore degli enti territoriali - le minori entrate statali derivanti dalla cessione dei beni a tali enti, a seguito dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 3.

 

In base alla relazione tecnica, il gettito erariale potenzialmente interessato da riduzioni, in conseguenza del trasferimento dei beni previsto dall’articolo 3, è quantificato in complessivi 189 milioni di euro, per la gran parte relativi ai canoni demaniali, stimati intorno ai 140 milioni (ulteriori 40 milioni sono relativi ai redditi di beni immobili patrimoniali per affitti, concessioni e altro).

La determinazione degli importi di cui dovranno essere effettivamente ridotte le risorse spettanti a regioni ed enti locali dipenderà, tuttavia, dai beni oggetto di trasferimento, quali saranno individuati nei D.P.C.M. di cu all’articolo 3.

In ogni caso, la disposizione prevista dal comma 2 in esame garantisce la neutralità finanziaria dell’operazione di trasferimento dei beni, attraverso la rideterminazione delle risorse spettanti agli enti territoriali beneficiari.

 

Al riguardo si osserva che le riduzioni in questione si intendono compensative delle minori entrate erariali conseguenti al trasferimento dei beni stessi. Andrebbe tuttavia considerato che il trasferimento dei beni dallo Stato agli enti territoriali dovrebbe comportare, oltre alla riduzione delle entrate statali che vengono qui compensate, anche il trasferimento in capo agli enti medesimi degli oneri di gestione connessi alla proprietà del bene attualmente sostenuti dallo Stato.

La problematica relativa al passaggio degli oneri di gestione dei beni trasferiti è stata considerata dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, cui è stato sottoposto lo schema in esame. Come risulta nel testo allegato allo schema, che tiene conto delle richieste avanzate dalla Conferenza, è stato proposto l’inserimento di una norma di deroga al patto di stabilità interno, che consente di escludere dai vincoli del patto le suddette spese di gestione che dovranno essere sostenute dagli enti territoriali, nella misura dell’importo corrispondente alle spese già sostenute dallo Stato per la gestione del bene trasferito.

Si osserva, infine, che la norma non prevede un termine per l’adozione dei decreti di riduzione delle risorse spettanti agli enti territoriali.


Allegati


Adempimenti previsti dallo schema di decreto

Art. 2, co. 1

Lo Stato, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso.

Art. 2, co. 2

Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni possono chiedere l’attribuzione dei beni già individuati a tal fine dallo Stato.

Art. 2, co. 2

Lo Stato, sulla base delle richieste degli enti territoriali, procede all’attribuzione dei beni.

Art. 2, co. 4

Ciascun ente territoriale assicura l’informazione della collettività circa il processo di valorizzazione anche tramite pubblicazione sul proprio sito internet istituzionale.

Art. 3, co. 1

Formazione degli elenchi dei beni:

-         proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per gli affari regionali e con gli altri Ministri competenti per materia;

-         intesa in sede di Conferenza Unificata;

-         uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo.

Art. 3, co. 2

-         Presentazione alla Agenzia del Demanio da parte delle Regioni e degli enti locali – entro 30 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei D.P.C.M., di una apposita domanda di attribuzione delle aree e dei fabbricati;

-         adozione, entro i successivi 30 giorni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di un ulteriore D.P.C.M., che produce effetti dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e che costituisce titolo per la trascrizione e per la voltura catastale dei beni a favore di ciascuna Regione o ciascun Ente locale.

Art. 4, co. 1

Il D.P.C.M. di attribuzione dei beni demaniali diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, con indicazione motivata in merito all’inclusione dei beni nel demanio o nel patrimonio indisponibile.

Art. 5, co. 3, primo periodo

Comunicazione alla Agenzia del Demanio entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo da parte delle amministrazioni statali e degli altri enti degli elenchi relativi ai beni di cui si richiede l’esclusione.

Art. 5, co. 3, secondo periodo

Nei 30 giorni successivi, provvedimento del direttore dell’Agenzia del Demanio relativo all’elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento, da pubblicare sul sito internet dell’Agenzia.

Art. 5, co. 4

Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per le riforme per il federalismo, di individuazione dei beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti.

Art. 6, co. 1

Emanazione, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, di uno o più regolamenti, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali, recanti il riordino della disciplina dei fondi immobiliari.

Art. 7, co. 2

Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali, in merito alla determinazione dei criteri e tempi per ridurre le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli Enti locali in funzione della riduzione delle entrate erariali conseguente alla adozione dei D.P.C.M. di trasferimento dei beni.

 

Tempistica

Termine dall’entrata in vigore del D.Lgs.

Norma

Oggetto

Entro 60 giorni

Art. 6

Emanazione di uno o più regolamenti, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali, recanti il riordino della disciplina dei fondi immobiliari.

Entro 90 giorni

Art. 5, co. 3, primo periodo

Comunicazione alla Agenzia del Demanio da parte delle amministrazioni statali e degli altri enti degli elenchi relativi ai beni di cui si richiede l’esclusione.

Entro 120 giorni
(nei successivi 30 giorni)

Art. 5, co. 3, secondo periodo

Provvedimento del direttore dell’Agenzia del Demanio relativo all’elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento, da pubblicare sul sito internet dell’Agenzia.

Entro 180 giorni

Art. 3, co. 1

Adozione di uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri contenenti gli elenchi di individuazione dei beni che possono essere trasferiti.

Entro 210 giorni
(nei successivi 30 giorni dalla pubblicazione nella G.U. degli elenchi)

Art. 3, co. 2, primo periodo

Presentazione alla Agenzia del Demanio da parte delle Regioni e degli enti locali di una apposita domanda di attribuzione delle aree e dei fabbricati.

Entro 240 giorni
(nei successivi 30 giorni)

Art. 3, co. 2, secondo periodo

Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di attribuzione dei beni.

Non indicato

Art. 5, co. 4

Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di individuazione dei beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti.

Non indicato

Art. 7, co. 2

Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sulla determinazione dei criteri e tempi per ridurre le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli Enti locali in funzione della riduzione delle entrate erariali conseguente alla adozione dei D.P.C.M. di trasferimento dei beni.

 


Testo dello Schema di D.Lgs. n. 196 posto a fronte con il testo allegato allo schema che tiene conto delle richieste avanzate dalle Autonomie locali

Testo C.d.M. 17 dicembre 2009

Testo allegato allo
Schema di D.Lgs. n. 196

 

 

Articolo 1
(Oggetto)

Articolo 1
(Oggetto)

1. Nel rispetto della Costituzione, con le disposizioni del presente decreto legisla­tivo e con uno o più decreti attuativi del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati i beni statali che, su richiesta dell’ente territoriale interessato, possono essere attribuiti a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

1. Nel rispetto della Costituzione, con le disposizioni del presente decreto legisla­tivo e con uno o più decreti attuativi del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati i beni statali che, su richiesta dell’ente territoriale interessato, possono essere attribuiti a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

2. Gli Enti territoriali cui sono attribuiti i beni sono tenuti a garantirne la massima valorizzazione funzionale.

2. Gli Enti territoriali cui sono attribuiti i beni sono tenuti a garantirne la massima valorizzazione funzionale.

 

 

Articolo 2
(Attribuzione del patrimonio)

Articolo 2
(Parametri per l’attribuzione del patrimonio)

1. Lo Stato, previa intesa conclusa in sede di Conferenza Unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, secondo i criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplifi­cazio­ne, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, nonché valorizza­zione ambientale.

1. Lo Stato, previa intesa conclusa in sede di Conferenza Unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, secondo i criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplifi­cazio­ne, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, nonché valoriz­zazione ambientale, in base a quanto previsto dall’articolo 3, assicurando, in ogni caso, un’equa attribuzione di beni fra i diversi livelli di governo.

2. Comuni, Province, Città metropo­litane e Regioni possono chiedere l’attribu­zione a titolo non oneroso dei beni già individuati a tal fine dallo Stato. Lo Stato, sulla base delle richieste degli enti territoriali, procede all’attribuzione dei beni.

2. Ai sensi dell’articolo 3, Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni possono chiedere l’attribuzione a titolo non oneroso dei beni già individuati a tal fine dallo Stato. Lo Stato, sulla base delle richieste degli enti territoriali, procede all’attribuzione dei beni.

3. In applicazione del principio di sussidiarietà lo Stato, qualora un bene non sia attribuito a un ente territoriale di un determinato livello di governo, può comunque procedere, sulla base delle richieste avanzate, all’attribuzione del medesimo bene a un ente territoriale di un diverso livello di governo.

3. In applicazione del principio di sussidiarietà, qualora un bene non sia attribuito a un ente territoriale di un determinato livello di governo, lo Stato procede, sulla base delle richieste avanzate, all’attribuzione del medesimo bene a un ente territoriale di un diverso livello di governo che ne abbia fatto richiesta.

4. L’ente territoriale, a seguito dell’attribuzione, dispone del bene nell’interesse della collettività rappresen­tata ed è tenuto a favorire la massima valorizzazione funzionale del bene attribuito, a vantaggio diretto o indiretto della collettività territoriale rappresentata. Ciascun ente assicura l’informazione della collettività circa il processo di valorizza­zione anche tramite pubblicazione sul proprio sito internet istituzionale. I Comuni possono indire forme di consultazione popolare, anche in forma telematica, in base alle norme dei rispettivi Statuti.

4. L’ente territoriale, a seguito dell’attribuzione, dispone del bene nell’interesse della collettività rappresen­tata ed è tenuto a favorire la massima valorizzazione funzionale del bene attribuito, a vantaggio diretto o indiretto della collettività territoriale rappresentata. Ciascun ente assicura l’informazione della collettività circa il processo di valorizza­zione anche tramite pubblicazione sul proprio sito internet istituzionale. I Comuni possono indire forme di consultazione popolare, anche in forma telematica, in base alle norme dei rispettivi Statuti.

5. I beni statali sono attribuiti, a titolo non oneroso, a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, anche in quote indivise, sulla base dei seguenti criteri:

5. I beni statali sono attribuiti, a titolo non oneroso, solo a seguito di espressa richiesta in tal senso ai sensi dell’articolo 3, comma 2, a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, anche in quote indivise, sulla base dei seguenti criteri:

a) sussidiarietà, adeguatezza e territorialità. In applicazione di tali criteri, i beni sono attribuiti, considerando il loro radicamento sul territorio, ai Comuni, salvo che per l’entità o tipologia dei beni trasferiti, esigenze di carattere unitario richiedano l’attribuzione a Province, Città metropolitane o Regioni quali livelli di governo maggiormente idonei a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione;

a) sussidiarietà, adeguatezza e territorialità. In applicazione di tali criteri, i beni sono attribuiti, considerando il loro radicamento sul territorio, ai Comuni, salvo che per l’entità o tipologia del singolo bene trasferito, esigenze di carattere uni­tario richiedano l’attribuzione a Province, Città metropolitane o Regioni quali livelli di governo maggiormente idonei a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione;

b) semplificazione. In applicazione di tale criterio, i beni possono essere inseriti dalle Regioni e dagli Enti locali in processi di alienazione e dismissione secondo le procedure di cui all’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

b) semplificazione. In applicazione di tale criterio, i beni possono essere inseriti dalle Regioni e dagli Enti locali in processi di alienazione e dismissione secondo le procedure di cui all’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. A tal fine, per assicurare la massima valorizzazione dei beni la deliberazione del consiglio comunale o provinciale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni è trasmessa ad una apposita conferenza di servizi, secondo le modalità di cui agli articoli da 14 a 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e succes­sive modificazioni, a cui partecipano il Comune, la Provincia e la Regione interessati, volta ad acquisire le autorizzazioni, gli assensi e le ap­provazioni comunque denominati necessari alla variazione di destina­zione urbanistica. La determinazione finale della conferenza di servizi costituisce un provvedimento unico di autorizzazione delle varianti allo strumento urbanistico generale;

c) capacità finanziaria, intesa come idoneità finanziaria necessaria a soddi­sfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene. A tal fine, l’attribuzione dei beni immobili apparte­nenti allo Stato può avvenire, su richiesta dell’ente territoriale interessato e senza ulteriori oneri a carico dello Stato, mediante attribuzione diretta dei beni a fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti, o da costituire, da uno o più enti territoriali, anche ai sensi dell’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

c) capacità finanziaria, intesa come idoneità finanziaria necessaria a soddi­sfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene. A tal fine, l’attribuzione dei beni immobili apparte­nenti allo Stato può avvenire, su richiesta dell’ente territoriale interessato e senza ulteriori oneri a carico dello Stato, mediante attribuzione diretta dei beni a fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti, o da costituire, da uno o più enti territoriali o da unioni di enti locali, anche ai sensi dell’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e mediante attribuzione delle relative quote all’ente;

d) correlazione con competenze e funzioni, intesa come connessione tra le competenze e funzioni effettivamente svol­te o esercitate dall’ente cui è attribuito il bene e le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene;

d) correlazione con competenze e funzioni, intesa come connessione tra le competenze e funzioni effettivamente svol­te o esercitate dall’ente cui è attribuito il bene e le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene;

e) valorizzazione ambientale. In applicazione di tale criterio la valo­rizzazione del bene è realizzata avendo riguardo alle caratteristiche fisiche, morfo­logiche, ambientali, paesaggistiche, cultu­rali e sociali dei beni trasferiti, al fine di assicurare lo sviluppo del territorio e la salvaguardia dei valori ambientali.

e) valorizzazione ambientale. In applicazione di tale criterio la valo­rizzazione del bene è realizzata avendo riguardo alle caratteristiche fisiche, morfo­logiche, ambientali, paesaggistiche, cul­turali e sociali dei beni trasferiti, al fine di assicurare lo sviluppo del territorio e la salvaguardia dei valori ambientali.

 

 

Articolo 3
(Trasferimento dei beni)

Articolo 3
(Trasferimento dei beni)

1. I beni sono individuati e attribuiti ad uno o più livelli di governo territoriale mediante l’inserimento in appositi elenchi adottati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per gli affari regionali e con gli altri Ministri competenti per materia, sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto legislativo. Con il medesimo procedimento possono essere adottati ulteriori decreti del Presidente del Consiglio dei ministri integrativi o modificativi. Gli elenchi sono corredati da adeguati elementi informativi e producono effetti dalla data della pubblicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri nella Gazzetta Ufficiale.

1. I beni sono individuati ai fini dell’attribuzione ad uno o più livelli di governo territoriale mediante l’inserimento in appositi elenchi adottati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per gli affari regionali e con gli altri Ministri competenti per materia, sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto legislativo. Con il medesimo procedimento possono essere adottati ulteriori decreti del Presidente del Consiglio dei ministri integrativi o modificativi. I beni del demanio idrico e i beni del demanio marittimo possono essere individuati singolarmente o per gruppi. Gli elenchi sono corredati da adeguati elementi informativi, anche relativi allo stato giuridico, alla consistenza, al valore del bene, alle entrate corrispondenti e ai relativi costi di gestione, e acquistano efficacia dalla data della pubblicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri nella Gazzetta Ufficiale.

2. Relativamente alle aree e ai fabbricati, le Regioni e gli Enti locali che intendono acquisirli presentano, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, un’apposita domanda di attribuzione alla Agenzia del Demanio. Sulla base delle richieste di assegnazione pervenute è adottato, entro i successivi trenta giorni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, un ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, riguardante l’attribuzione dei beni, che produce effetti dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e che costituisce titolo per la trascrizione e per la voltura catastale dei beni a favore di ciascuna Regione o ciascun Ente locale.

2. Le Regioni e gli Enti locali che intendono acquisire i beni presentano, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, un’apposita domanda di attribuzione alla Agenzia del Demanio. Per i beni del demanio idrico e del demanio marittimo che negli elenchi di cui al comma 1 sono individuati in gruppi, la domanda di attribuzione deve riferirsi a tutti i beni compresi in ciascun gruppo. Sulla base delle richieste di assegnazione pervenute è adottato, entro i successivi trenta giorni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, un ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, riguardante l’attribuzione dei beni, che produce effetti dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e che costituisce titolo per la trascrizione e per la voltura catastale dei beni a favore di ciascuna Regione o ciascun Ente locale.

 

 

Articolo 4
(Status dei beni)

Articolo 4
(Status dei beni)

1. I beni, trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, entrano a far parte del patrimonio disponibile dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni, salvo quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, che restano assoggettati al regime stabilito dal codice civile, nonché alla disciplina di tutela e salvaguardia dettata dal medesimo codice, dal codice della navigazione e dalle leggi regionali, statali e comunitarie di settore. Ove ne ricorrano i presupposti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attribuzione dei beni demaniali diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, indica motivatamente l’inclu­sione dei beni nel demanio o nel patrimonio indisponibile.

1. I beni, trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, salvo quanto previsto dall’articolo 111 del codice di procedura civile, entrano a far parte del patrimonio disponibile dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni, salvo quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, che restano assoggettati al regime stabilito dal codice civile, nonché alla disciplina di tutela e salvaguardia dettata dal medesimo codice, dal codice della navigazione e dalle leggi regionali, statali e comunitarie di settore. Ove ne ricorrano i presupposti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attribuzione dei beni demaniali diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, indica motiva­tamente l’inclusione dei beni nel demanio o nel patrimonio indisponibile.

2. Il trasferimento dei beni ha effetto dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 3, comma 2, secondo periodo. Il trasferi­mento ha luogo nello stato di fatto e di diritto in cui i beni si trovano, con contestuale immissione di ciascuna Regione ed Ente locale nel possesso giuridico e subentro in tutti i rapporti attivi e passivi relativi ai beni trasferiti, fermi restando i limiti derivanti dai vincoli storici, artistici e ambientali.

2. Il trasferimento dei beni ha effetto dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 3, comma 2, secondo periodo. Il trasferi­mento ha luogo nello stato di fatto e di diritto in cui i beni si trovano, con contestuale immissione di ciascuna Regione ed Ente locale nel possesso giuridico e subentro in tutti i rapporti attivi e passivi relativi ai beni trasferiti, fermi restando i limiti derivanti dai vincoli storici, artistici e ambientali.

 

 

Articolo 5
(Tipologie dei beni)

Articolo 5
(Tipologie dei beni)

1. I beni immobili statali che, a titolo non oneroso, sono trasferiti a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni che li richiedono sono i seguenti:

1. I beni statali che, a titolo non oneroso, sono trasferiti a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni che li richiedono sono i seguenti:

a) tutti i beni appartenenti al demanio marittimo e relative pertinenze, come definiti dall’articolo 822 del codice civile e dall’articolo 28 del codice della naviga­zione, con esclusione di quelli diretta­mente utilizzati dalle amministrazioni statali;

a) tutti i beni appartenenti al demanio marittimo e relative pertinenze, come definiti dall’articolo 822 del codice civile e dall’articolo 28 del codice della naviga­zione, con esclusione di quelli diretta­mente utilizzati dalle amministrazioni statali;

b) tutti i beni appartenenti al demanio idrico di interesse regionale o provinciale e relative pertinenze, nonché le opere idrau­liche e di bonifica di competenza statale, come definiti dagli articoli 822, 942, 945, 946 e 947 del codice civile e dalle leggi speciali di settore;

b) tutti i beni appartenenti al demanio idrico di interesse interregionale, regionale, provinciale o comunale e relative pertinenze, nonché le opere idrau­liche e di bonifica di competenza statale, come definiti dagli articoli 822, 942, 945, 946 e 947 del codice civile e dalle leggi speciali di settore;

c) tutti gli aeroporti di interesse regionale appartenenti al demanio aero­nautico civile statale e le relative perti­nenze, come definiti dall’articolo 698 del codice della navigazione;

c) tutti gli aeroporti di interesse regionale o localeappartenenti al demanio aeronautico civile statale e le re­lative pertinenze, come definiti dall’articolo 698 del codice della navigazione;

d) tutte le miniere e le relative pertinen­ze ubicate su terraferma;

d) tutte le miniere e le relative pertinen­ze ubicate su terraferma;

e) tutte le aree e i fabbricati di proprietà dello Stato, diversi dalle tipologie di cui alle precedenti lettere, ad eccezione di quelli esclusi dal trasferimento ai sensi del comma 2 del presente articolo.

e) tutti i beni di proprietà dello Stato, diversi dalle tipologie di cui alle precedenti lettere, ad eccezione di quelli esclusi dal trasferimento ai sensi del comma 2 del presente articolo.

2. Fatto salvo quanto previsto al com­ma 4, sono in ogni caso esclusi dal trasfe­rimento: gli immobili in uso per com­provate ed effettive finalità istituzionali alle Amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, agli Enti Pubblici destinatari di beni immobili dello Stato in uso governativo e alle Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni; i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale, secondo la normativa di settore; i beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente; i beni oggetto di accordi o intese con gli Enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari sottoscritti alla data di entrata in vigore del presente decreto; le reti di interesse statale, ivi comprese quelle energetiche; le strade ferrate in uso.

2. Fatto salvo quanto previsto al com­ma 4, sono in ogni caso esclusi dal trasfe­rimento: gli immobili in uso per com­provate ed effettive finalità istituzionali alle Amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, agli Enti Pubblici destinatari di beni immobili dello Stato in uso governativo e alle Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni; i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale, secondo la normativa di settore; i beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente; i beni oggetto di accordi o intese con gli Enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari sottoscritti alla data di entrata in vigore del presente decreto; le reti di interesse statale, ivi comprese quelle energetiche; le strade ferrate in uso.

3. Ai fini dell’esclusione di cui al comma 2, le amministrazioni statali e gli altri enti di cui al medesimo comma 2 comunicano, in modo adeguatamente motivato, alla Agenzia del Demanio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo gli elenchi dei beni di cui richiedono l’esclusione. Entro i successivi trenta giorni, con provve­dimento del direttore dell’Agenzia l’elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento è redatto ed è reso pubblico, a fini notiziali, anche con l’indicazione delle motivazioni pervenute, sul sito internet dell’Agenzia. Con il medesimo procedimento, il predetto elenco può essere integrato o modificato.

3. Ai fini dell’esclusione di cui al comma 2, le amministrazioni statali e gli altri enti di cui al medesimo comma 2 comunicano, in modo adeguatamente motivato, alla Agenzia del Demanio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo gli elenchi dei beni di cui richiedono l’esclusione. Entro il predetto termine anche l’Agenzia del demanio compila l’elenco relativo ai propri beni. Entro i successivi trenta giorni, previo parere della Conferenza Unificata, da esprimersi entro il termine di quindici giorni, con provvedimento del direttore dell’Agenzia l’elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento è redatto ed è reso pubblico, a fini notiziali, anche con l’indicazione delle motivazioni pervenute, sul sito internet dell’Agenzia. Con il medesimo procedimento, il predetto elenco può essere integrato o modificato.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per le riforme per il federalismo, sono individuati i beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti ai sensi del comma 1, in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e sicurezza nazionale, non oggetto delle procedure di cui all’articolo 14-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e di cui all’articolo 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché non funzionali alla realizzazione dei programmi di riorganizzazione dello strumento militare finalizzati all’efficace ed efficiente esercizio delle citate funzioni, attraverso gli specifici strumenti riconosciuti al Ministero della difesa dalla normativa vigente.

4. Entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per le riforme per il federalismo, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuati i beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti ai sensi del comma 1, in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e sicurezza nazionale, non oggetto delle procedure di cui all’articolo 14-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e di cui all’articolo 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché non funzionali alla realizzazione dei programmi di riorganizzazione dello strumento militare finalizzati all’efficace ed efficiente esercizio delle citate funzioni, attraverso gli specifici strumenti riconosciuti al Ministero della difesa dalla normativa vigente.

 

5. Nell’ambito di specifici accordi di valorizzazione e dei conseguenti programmi e piani strategici di sviluppo culturale, definiti ai sensi e con i contenuti di cui all’articolo 112, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, il Ministero per i beni e le attività culturali provvede, entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto, al trasferimento alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali, ai sensi dell’articolo 54, comma 3, del citato codice, dei beni e delle cose indicati nei suddetti accordi di valorizzazione.

5. Sono in ogni caso esclusi dai beni di cui al comma 1 i beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repub­blica.

6. Sono in ogni caso esclusi dai beni di cui al comma 1 i beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repub­blica.

 

 

Articolo 6
(Semplificazione delle procedure di attuazione del federalismo demaniale)

Articolo 6
(Semplificazione delle procedure di attuazione del federalismo demaniale)

1. Al fine di favorire l’attuazione del criterio di cui all’articolo 2, comma 5, lettera c), la disciplina dei fondi immobiliari di cui all'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, è riordinata e adeguata mediante uno o più regolamenti, da emanare entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:

1. Al fine di favorire l’attuazione del criterio di cui all’articolo 2, comma 5, lettera c), la disciplina dei fondi immobiliari di cui all'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, è riordinata e adeguata mediante uno o più regolamenti, da emanare entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) attribuzione ai fondi immobiliari dei beni immobili da parte dello Stato in proporzione al valore fissato al momento del trasferimento dei suddetti beni;

a) attribuzione ai fondi immobiliari dei beni immobili da parte dello Stato in proporzione al valore fissato al momento del trasferimento dei suddetti beni, secondo la stima di un esperto indipendente;

b) possibilità che le quote dei suddetti fondi immobiliari possano essere sottoscritte anche da persone fisiche, persone giuridiche e altri enti privati, con versamenti in denaro o apporto di beni immobili o di altri diritti reali, condizionati, nel caso di attribuzione a titolo non oneroso di beni statali, a un contestuale ed equivalente apporto a titolo gratuito dei sottoscrittori privati; possibilità di partecipazione di più Regioni ed Enti territoriali ai fondi immobiliari e di attribuzione a titolo non oneroso di beni statali successivamente alla prima emissione di quote con conseguente trasferimento delle stesse tra le Regioni e gli Enti locali in relazione al beneficio derivante pro-quota dall’apporto suddetto, secondo la stima di un esperto indipendente;

b) possibilità che le quote dei suddetti fondi immobiliari siano sottoscritte anche da persone fisiche, persone giuridiche e altri enti privati, con versamenti in denaro o apporto di beni immobili o di altri diritti reali, condizionati, nel caso di attribuzione a titolo non oneroso di beni statali, a un contestuale ed equivalente apporto a titolo gratuito dei sottoscrittori privati; possibilità di partecipazione di più Regioni ed Enti territoriali ai fondi immobiliari e di attribuzione a titolo non oneroso di beni statali successivamente alla prima emissione di quote con conseguente trasferimento delle stesse tra le Regioni e gli Enti locali in relazione al beneficio derivante pro-quota dall’apporto suddetto, secondo la stima di un esperto indipendente;

c) possibilità di utilizzare la liquidità per l’acquisto di beni immobili funzionali alla valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo;

c) possibilità di utilizzare la liquidità per l’acquisto di beni immobili funzionali alla valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo;

d) indicazione espressa delle disposizioni che trovano applicazione in materia di quota minima percentuale dell’apporto degli enti territoriali, di facoltatività dell’apporto in denaro da parte degli enti territoriali, di possibilità di utilizzazione della liquidità per l’acquisto di beni immobili funzionali alla valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo, di dismissione delle quote, nonché di offerta al pubblico qualora il collocamento delle quote dei fondi avvenga presso investitori istituzionali o qualificati;

d) indicazione espressa delle disposizioni che trovano applicazione in materia di quota minima percentuale dell’apporto degli enti territoriali, di facoltatività dell’apporto in denaro da parte degli enti territoriali, di possibilità di utilizzazione della liquidità per l’acquisto di beni immobili funzionali alla valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo, di dismissione delle quote, nonché di offerta al pubblico qualora il collocamento delle quote dei fondi avvenga presso investitori istituzionali o qualificati;

e) previsione che, ferma restando l’ap­plicabilità, riguardo agli apporti effettuati dagli enti pubblici, della disciplina fiscale di cui ai commi 10 e 11 dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, agli apporti dei beni immobili effettuati dai pri­vati ai fondi disciplinati dal presente artico­lo sia applicabile la normativa già in vigore riguardo agli apporti ai fondi immobiliari di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

e) previsione che, ferma restando l’ap­plicabilità, riguardo agli apporti effettuati dagli enti pubblici, della disciplina fiscale di cui ai commi 10 e 11 dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, agli apporti dei beni immobili effettuati dai pri­vati ai fondi disciplinati dal presente artico­lo sia applicabile la normativa già in vigore riguardo agli apporti ai fondi immobiliari di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

f) possibilità di prevedere contestuali o successivi conferimenti di altri beni dello Stato, delle Regioni o degli Enti locali.

f) possibilità di prevedere contestuali o successivi conferimenti di altri beni dello Stato, delle Regioni o degli Enti locali.

 

2. Resta ferma la possibilità per gli enti territoriali di promuovere la costituzione di fondi di investimento immobiliare con apporto privato o di partecipare agli stessi nell’ambito della disciplina dettata, in materia di fondi chiusi che sono investiti in beni immobili, dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e dalla normativa secondaria di attuazione.

 

 

Articolo 7
(Disposizioni finali)

Articolo 7
(Disposizioni finali)

1. Tutti gli atti, contratti, formalità e altri adempimenti necessari per l'attuazione del presente decreto sono esenti da ogni diritto e tributo.

1. Tutti gli atti, contratti, formalità e altri adempimenti necessari per l'attuazione del presente decreto sono esenti da ogni diritto e tributo.

2. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali, sono determinati criteri e tempi per ridurre le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli Enti locali in funzione della riduzione delle entrate erariali conseguen­te alla adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 3.

2. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono determinati criteri e tempi per l’adeguamento delle risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli Enti locali in funzione della riduzione delle entrate erariali conseguente alla adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 3.

 

3. Alle procedure di spesa relative ai beni trasferiti ai sensi delle disposizioni del presente decreto non si applicano i vincoli relativi al patto di stabilità interno, per un importo corrispondente alle spese già sostenute dallo Stato per la gestione del bene trasferito. Tale importo è determinato secondo i criteri e con le modalità individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, da adot­tarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto medesimo.


 

 



[1]     "Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione".

[2]     La valorizzazione, insieme alla tutela, ha quindi ad oggetto non i soli beni culturali ma anche quelli paesaggistici che rientrano nel patrimonio culturale ai sensi dell'articolo 2 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Si ricorda, inoltre, che l'articolo 1, non più vigente, del decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 1975 n. 805, recante norme sull'organizzazione del ministero per i beni culturali e ambientali, attribuiva al ministero "la tutela e la valorizzazione" dei beni culturali, stabilendo altresì, all'articolo 2, parimenti non più vigente, che le Regioni dovessero concorrere all'attività di valorizzazione.

[3]     Sulla distinzione tra tutela e valorizzazione, e quindi sull'ulteriore definizione dei contenuti e dei limiti di quest'ultima, è intervenuta più volte la giurisprudenza della Corte costituzionale. Per gli scopi della presente trattazione, basti qui ricordare che la sentenza n. 9 del 2004 rinviene un criterio di distinzione nel fatto che la tutela è volta "principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale", mentre "la valorizzazione è diretta soprattutto alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest'ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione".

[4]     Sempre in materia di immobili c.d. ex difesa, l'articolo 1, comma 263, della legge finanziaria 2007 ha introdotto alcune modifiche all’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ("Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici" convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326).

      In particolare, con la novella apportata al comma 13-bis del citato articolo 27, è stata invertita la procedura di individuazione dei beni immobili in uso all’amministrazione della difesa non più utili per fini istituzionali: tale attività compete ora direttamente al Ministero della difesa, che vi provvede con decreti da emanarsi di intesa con l’Agenzia del demanio (e non più a quest’ultima di concerto con la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa stesso). Inoltre, tali beni non sono più inseriti in programmi di dismissione per le finalità di cui all’articolo 3, comma 112, della legge n. 662 del 1996 (esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate), ma sono consegnati alla medesima Agenzia del demanio, ai fini dell’inclusione in programmi di dismissione e valorizzazione previsti dalla legislazione vigente.

      Nel corso del 2007 l'Agenzia del Demanio ha avviato il progetto "Valore Paese" per la valorizzazione degli immobili di proprietà dello Stato che comprende, oltre agli ex immobili della Difesa, immobili ad alto pregio e i cosiddetti "beni a rete", beni uniti tra loro da reti naturali e infrastrutturali che possono essere riconvertiti con un progetto integrato di riqualificazione.

[5]     Recante "Contenimento della spesa pubblica", convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2004, n. 191.

[6]     Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 8 del citato D. Lgs. n. 281/1997 la Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni. Ai sensi delle disposizioni previste dal citato articolo 3 del medesimo D. Lgs. n. 281, le intese si perfezionano con l'espressione dell'assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata. Le disposizioni del presente articolo non si applicano in caso di urgenza motivata, ma i provvedimenti che vengono adottati secondo questa procedura sono sottoposti all'esame della Conferenza Stato-regioni nei successivi quindici giorni ed il Consiglio dei Ministri è tenuto ad esaminare le osservazioni della Conferenza Stato-regioni ai fini di eventuali deliberazioni successive.

[7]     E su quale è stato dato parere favorevole da parte della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ai sensi dell’articolo 9, comma 6 del D.Lgs. n. 281 del 1997, nella seduta del 4 marzo 2010.

[8]     Si ricorda che tale norma viene richiamata quando occorre definire l’ambito delle amministrazioni pubbliche, che viene individuato come l’insieme costituito da tutte le amministrazioni dello Stato, dagli istituti e scuole di ogni ordine e grado ed istituzioni educative, nonché dalle aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo. Rientrano in tale ambito altresì le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende ed enti del SSN, l' ARAN e le Agenzie di cui al decreto legislativo di riforma dell’organizzazione del Governo, D.lgs. 30 luglio 1999, n. 300.

[9]     La norma, nell’ambito più generale della riorganizzazione del MEF ai sensi del citato D.P.R. 43/2008, definisce una nuova competenza alla Direzione VIII del Dipartimento del Tesoro del MEF, la quale è deputata alla valorizzazione dell'attivo e del patrimonio pubblico, vale a dire la “elaborazione del rendiconto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato finalizzato alla gestione e valorizzazione degli attivi”. Pertanto, il conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato, denominato anche “Patrimonio della P.A. a valori di mercato”, è a tutti gli effetti un nuovo documento, diverso dal Conto generale del Patrimonio dello Stato, che viene elaborato ex lege dalla Ragioneria generale dello Stato.

[10]    Disciplina il conto generale del patrimonio, prevedendo una specifica classificazione dei beni dello Stato iscritti nel conto generale del patrimonio e la valutazione degli stessi secondo criteri economici, ai fini della loro gestione economica di cui all'articolo 822 del codice civile, fermi restando la natura giuridica ed i vincoli cui sono sottoposti dalle vigenti leggi. In particolare, per l'analisi economica della gestione dei beni dello Stato, al conto generale del patrimonio è allegato un documento contabile in cui sono rappresentati i componenti positivi e negativi, nonché gli indici di redditività della gestione stessa.

[11]    Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l'obbligo di comunicazione può essere esteso ad altre forme di attivo ai fini della redazione dei predetti conti patrimoniali. Peraltro si prevede che, in caso di inadempimento dei predetti obblighi di comunicazione, l'Agenzia del Demanio ne effettua la segnalazione alla Corte dei Conti.

[12]    I beni immobili di proprietà dello Stato sono classificati in:

-     beni demaniali, ossia beni che per natura o per legge soddisfano direttamente i bisogni collettivi e che quindi sono sottoposti a vincoli speciali. Rientrano in questa categoria il demanio marittimo, il demanio militare, il demanio idrico, il demanio aeronautico civile, il demanio stradale, il demanio storico artistico;

-     beni patrimoniali, ossia tutti i beni, non inclusi nel demanio pubblico, sottoposti a vincoli speciali. Il patrimonio dello Stato è a sua volta distinto in patrimonio indisponibile, nel quale rientrano i beni dello Stato che per legge o per uso sono destinati a scopi pubblici (miniere, beni per uso governativo o pubblico, beni in dotazione della Presidenza della Repubblica, edilizia residenza pubblica, beni italiani all’estero). Tutti i restanti beni, non inclusi nel demanio ovvero nel patrimonio indisponibile, rientrano nel patrimonio disponibile al quale si applica la disciplina ordinaria prevista dagli articoli 826 e seguenti del codice civile.

[13]    Si ricorda, al riguardo che l’amministrazione dei beni facenti parte del patrimonio dello Stato è affidata in via prioritaria all’Agenzia del Demanio, fatta salva la gestione di alcuni beni la cui amministrazione è affidata ad altri soggetti (le miniere, le dotazioni della Presidenza della Repubblica e i beni italiani all’estero affidati, rispettivamente, al Ministero per lo sviluppo economico, al Segretariato generale della Presidenza della Repubblica e al Ministero degli Esteri).

[14]    Va considerato, al riguardo, che le Amministrazioni centrali dello Stato utilizzano per fini istituzionali oltre 7.000 immobili di proprietà di terzi che determinano, a carico del bilancio dello Stato, un onere annuo complessivo per canoni di locazione passiva pari a circa un miliardo di euro.

[15]    V. in tal senso, l’art. 4, comma 2, del T.U. espropriazione (DPR 327/2001).

[16]    Legge 6 luglio 2003, n. 137, Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici

[17]    D.Lgs. 9 maggio 2005, n. 96, recante Revisione della parte aeronautica del Codice della navigazione, a norma dell'articolo 2 della Legge 9 novembre 2004, n. 265.  

[18]    Legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante Riordino della legislazione in materia portuale.

[19]    I porti sede di autorità portuali sono quelli di: Ancona; Augusta; Bari; Brindisi; Cagliari; Catania; Civitavecchia; Genova; Gioia Tauro; La Spezia; Livorno; Manfredonia; Marina di Carrara; Messina; Napoli; Olbia e Golfo Aranci; Palermo; Piombino; Ravenna; Salerno; Savona; Taranto; Trieste e Venezia.

[20]    D.Lgs. 9 maggio 2005, n. 96, recante Revisione della parte aeronautica del Codice della navigazione, a norma dell'articolo 2 della Legge 9 novembre 2004, n. 265.  

[21]    Per l’emanazione del decreto si prevede la preventiva deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita l'Agenzia del demanio. Sullo schema di decreto deve essere acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari.

[22]    D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

[23]    Qualora si tratti di beni o cose non in consegna al Ministero, del trasferimento è data preventiva comunicazione al Ministero medesimo per le finalità di vigilanza e ispezione, di cui agli art. 18 e 19 del Codice dei beni culturali.

[24]    Si ricorda, inoltre, che, ai sensi dell’art. 112, comma 4, del D.Lgs. 42/2004 lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono stipulare accordi per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare i conseguenti piani strategici di sviluppo culturale e i programmi, relativamente ai beni culturali di pertinenza pubblica. Lo Stato stipula gli accordi per il tramite del Ministero, che opera direttamente ovvero d'intesa con le altre amministrazioni statali eventualmente competenti.

[25]    La legge n, 537 del 1993, recante Interventi correttivi di finanza pubblica, all’art. 9 comma 7 prevede che i parametri di reddito siano stabiliti nel piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa, approvato con decreto del Ministro, sentite le competenti commissioni permanenti delle due Camere.

[26]    Legge quadro in materia di lavori pubblici.

[27]    Istituzione e disciplina dei fondi comuni di investimento immobiliare chiusi.

[28]    Regolamento recante norme per la determinazione dei criteri generali cui devono essere uniformati i fondi comuni di investimento.