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Comunicati stampa

06/11/2014
Intervento della Presidente della Camera Laura Boldrini, in occasione della Conferenza interparlamentare per la politica estera e di sicurezza comune e la politica comune di sicurezza e difesa
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Care colleghe e cari colleghi, signor Ministro, signori relatori, signore e signori, è per me un vero onore e un piacere partecipare, portandovi il saluto della Camera dei deputati, alla sessione inaugurale di questa Conferenza dedicata a questioni di massima importanza e attualità. La Conferenza odierna è infatti un'occasione importante per discutere dello stato e soprattutto delle prospettive della politica estera e di sicurezza comune. E' questo infatti uno dei settori di attività dell'UE il cui assetto istituzionale è stato investito dalle innovazioni più significative. La cornice giuridica della politica estera e di sicurezza comune si presenta oggi assai più articolata e si avvale di strumenti nuovi, a partire dall'Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza per proseguire con il Servizio europeo per l'azione esterna, il consolidamento dell'esperienza delle missioni internazionali condivise, la definizione di una Strategia europea in materia di sicurezza. Novità che non vanno sottovalutate anche se i risultati concretamente conseguiti su questo terreno sono apparsi talora ancora deludenti. Quello della politica estera è forse l'ultimo baluardo intorno al quale si cristallizzano le resistenze di alcuni Stati membri rispetto alla prospettiva di un rafforzamento del processo di integrazione. Resistenze che traggono origine in fattori radicati in profondità nelle sensibilità e nelle identità dei singoli paesi. Sarebbe dunque velleitario ipotizzare che nel breve termine si possa raggiungere una totale identità di interessi e di vedute all'interno dell'Unione europea. Allo stesso tempo, sarebbe tuttavia assai grave se l'Europa non cogliesse le opportunità offerte dal nuovo quadro della politica estera e di sicurezza comune per rafforzare la sua capacità di intervento negli scenari internazionali e far sentire con maggiore forza la sua voce. Dobbiamo aver chiaro che per molti dei paesi confinanti e in molte aree di crisi una presenza più attiva e un ruolo più incisivo dell'Europa sono stati molte volte esplicitamente auspicati: come dubitare del fatto che in Medio Oriente o ai confini orientali dell'Unione europea potrebbe essere più gradita e forse anche più utile una leadership europea piuttosto che statunitense? Vorrei quindi proporre un approccio ispirato ad un realismo ambizioso che si fondi e tragga origine da una chiara consapevolezza dei dati oggettivi. L'Europa più di chiunque altro può legittimamente rivendicare infatti il ruolo di modello di riferimento per quanto concerne la salvaguardia e la diffusione della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti dell'uomo, della prevenzione dei conflitti, della promozione dello sviluppo sostenibile e dell'aiuto alle popolazioni bisognose. Si tratta di presupposti irrinunciabili, che costituiscono il patrimonio identitario dell'Unione europea e che non possono essere abbandonati né sacrificati anche quando si tratta di affrontare il tema della sicurezza. Viviamo un'epoca segnata dall'incertezza. Si aprono con sempre maggiore frequenza nuovi focolai di crisi; eventi che suscitano un legittimo entusiasmo rapidamente degenerano e finiscono per innescare sviluppi imprevedibili o comunque tali da determinare nuovi squilibri e criticità. Faccio riferimento in particolare alle crisi alle frontiere dell'Unione europea; alla instabilità che da ultimo si vive nella parte orientale dell'Europa e alla vera e propria guerra che si combatte tra uomini e mare nel nostro Mediterraneo. Mediterraneo appunto che è frontiera europea e che chiama quindi in causa le responsabilità dell'Unione europea nel suo complesso. Frontiera, peraltro, dove si gioca un'altra partita decisiva per il futuro dell'Unione stessa: quella del rispetto e della garanzia dei diritti fondamentali delle persone, di tutte le persone, che costituiscono veri e propri valori identitari dell'Europa. Non a caso il titolo I del Trattato si apre con l'affermazione solenne secondo cui l'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. E' evidente quindi come l'Europa non possa minimamente arretrare su questo terreno se non tradendo del tutto i suoi principi fondativi. Accanto a questi fattori di instabilità e incertezza ve ne sono tuttavia altri, di segno positivo, che spesso vengono sottovalutati: l'uscita di molti paesi e popoli dalla povertà estrema; la progressiva affermazione di nuovi sistemi democratici con il superamento di regimi autoritari di lunga durata; la definizione di un assetto giuridico su cui poggiare una politica estera e di sicurezza comune da parte dell'Europa. Questi elementi devono essere sfruttati appieno, con il coinvolgimento di tutti i Paesi membri che devono concorrere a definire strategie e decisioni comuni e poter trarre, dalle scelte che vengono adottate, anche il soddisfacimento di loro interessi prioritari. Ecco allora alcuni quesiti. E' immaginabile ipotizzare oggi una politica energetica europea senza affrontare il nodo degli approvvigionamenti e del rapporto con i paesi fornitori? Non sarebbe più vantaggioso per l'Europa nel suo complesso che questi rapporti non fossero gestiti a livello bilaterale ma sulla base di indirizzi comuni? E' possibile pensare di affrontare il tema dei flussi migratori prescindendo dalla soluzione dei conflitti che sono alla base della fuga delle persone e senza una gestione condivisa del fenomeno? E' pensabile sperare in un ruolo significato dell'Unione europea nella lotta ai cambiamenti climatici se non si rafforza la capacità di interlocuzione della stessa UE verso paesi maggiormente responsabili delle emissioni inquinanti? Allo stesso tempo, è chiaro che l'imprevedibilità e la velocità dei cambiamenti che si registrano a livello internazionale richiedono un approccio trasversale; i temi della sicurezza infatti si intrecciano con quelli dell'economia e con quelli della salvaguardia dei valori fondamentali dell'Unione. In questo quadro il delicato e prestigioso compito affidato a Federica Mogherini appare strategico: si tratta infatti di valorizzare anche la dimensione di Vicepresidente della Commissione europea che l'Alta rappresentante ricoprirà e che corrisponde proprio ad una logica di coerenza e organicità delle scelte fondamentali dell'Unione europea. In particolare, tutte le politiche europee a proiezione esterna, a partire da quella commerciale per proseguire con il vicinato, la cooperazione allo sviluppo, la gestione dei flussi migratori e l'asilo, i cambiamenti climatici e l'energia, richiedono il pieno coinvolgimento e il preventivo coordinamento con l'Alta Rappresentante chiamata a svolgere un vero e fondamentale "ruolo di cerniera" tra le esigenze proprie di sicurezza e politica estera e molti altri profili di interesse generale dell'Unione. Questo stesso approccio deve ispirare le scelte da compiere per quanto concerne la politica di sicurezza e di difesa comuni che richiedono una sempre più stretta interazione fra componenti civili e militari e la valorizzazione di tutte le esperienze e conoscenze utili per prevenire le minacce e i conflitti e gestire le situazioni di crisi. In sostanza, è evidente che la dimensione e l'ampiezza delle questioni da affrontare impongono necessariamente all'Europa di fare il massimo sforzo possibile per adottare posizioni comuni e muoversi di conseguenza. Auspico quindi che questa Conferenza possa contribuire, attraverso un confronto costruttivo, a far prevalere sulle tradizionali resistenze, la consapevolezza dei vantaggi che offre a tutti noi il nuovo quadro del Trattato di Lisbona.

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