"E' potente il messaggio di Malala, che abbiamo appena sentito nel discorso pronunciato alle Nazioni Unite. La formazione, la scuola alla base di una grande rivoluzione pacifica. E' una rivoluzione che libera dal bisogno, dal sottosviluppo, dall'oppressione, perché solo attraverso la consapevolezza che viene dall'istruzione lem cose possono cambiare. E nello stesso messaggio ha dato tanti altri messaggi: quello della pari dignità religiosa, della nonviolenza. Colpisce questa ragazza così giovane che è capace di elaborare tanti concetti attraverso l'istruzione. Mi è sembrato veramente un buon inizio per questi nostri lavori.
Saluto la Ministra Stefania Giannini, i relatori e tutti i componenti della Commissione Cultura, scienza e istruzione che ringrazio per avermi voluto invitare alla presentazione dell'indagine conoscitiva sulle strategie per contrastare la dispersione scolastica. Saluto anche gli alunni e gli insegnanti del Liceo Kennedy di Roma qui presenti.
La Commissione ha svolto un prezioso lavoro per la comprensione e l'approfondimento di un argomento di centrale importanza per il futuro del nostro Paese, come abbiamo sentito anche dalle parole della giovane Malala.
Come è stato affermato nelle premesse al documento conclusivo dell'indagine, non c'è più tempo per descrizioni e diagnosi: è ora di agire attraverso mirate strategie di intervento, che sappiano restituire all'educazione e alla formazione il ruolo di spinta per l'avvenire del Paese.
Vorrei proprio partire da questa considerazione contenuta nel documento che viene oggi presentato: non vi sarà crescita né ripresa se non saranno risolti i nodi storici del nostro sistema di istruzione e di formazione, che vengono evidenziati in questa indagine conoscitiva.
Condivido in pieno questa affermazione. Non si può parlare davvero di strategie per lo sviluppo se non si prende in considerazione un insieme di indicatori sullo stato generale di benessere della popolazione, e tra questi il grado e la qualità dell'istruzione.
Per troppo tempo, invece, è prevalsa la tendenza ad intendere lo sviluppo in termini puramente quantitativi e monetari, senza valutare l'importanza dell'incremento e della diffusione della conoscenza. Abbiamo tutti familiarità con i dati sull'andamento del Pil, che certo sono importanti. Ma mi piacerebbe che media e opinione pubblica tenessero d'occhio con la stessa attenzione le percentuali sulla dispersione scolastica, che sono tra gli indicatori più autentici del tasso di esclusione sociale. E vorrei che, dietro le percentuali, ci sforzassimo tutti di immaginare i volti di quelle ragazze e quei ragazzi e di quelle bambine e di quei bambini, che non si sono ancora affacciati pienamente alla vita ma già hanno davanti, con inesorabile certezza, un destino da emarginati. Nei loro confronti l'articolo 3 della nostra Costituzione perde completamente di significato. Quell'articolo lo ritengo uno dei più fondamentali dal punto di vista democratico, anche per noi che rappresentiamo le istituzioni. Vi rileggo il secondo comma, bellissimo: "È compito della Repubblica [dunque è compito di tutti noi] rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana". Per noi questo è un banco di prova tra i più difficili, ma questo dimostra il concetto di democrazia che abbiamo: uno Stato democratico deve saper rimuovere quei limiti, per dare la possibilità a tutti di avere un pieno sviluppo.
Dunque, la cultura come motore e moltiplicatore dello sviluppo, che accresce il livello di democrazia e di uguaglianza nel nostro Paese. Perché solo attraverso l'istruzione noi possiamo formare cittadini consapevoli, critici, autonomi e più liberi. Valori ai quali ciascuna generazione si appassiona attraverso alcune figure di riferimento. Per la mia generazione, quella che si è formata tra gli Anni Sessanta e i Settanta, ci sono state due figure che più di altre parlavano di scuola. Una fu quella di don Milani: le "Lettere a una professoressa" scritte dai ragazzi della Scuola di Barbiana che sottolineavano l'importanza dell'istruzione come "ascensore sociale". L'altra è l'immagine del maestro Manzi che alla lavagna, con il gesso e tanta pazienza, dalla tv insegnava a scrivere ai tanti analfabeti che ancora c'erano in Italia. L'Italia di Alberto Manzi era l'Italia del boom economico che si preoccupava però di crescere anche dal punto di vista culturale.
Era il secolo scorso, ma il significato di fondo di quella lezione non è cambiato: la scuola di oggi come quella di ieri ha un ruolo insostituibile nella formazione e nella crescita dei ragazzi.
Si va a scuola non solo per apprendere delle nozioni, ma soprattutto per imparare a pensare con la propria testa, per sviluppare il senso critico. La scuola arricchisce le conoscenze, ma aiuta anche a stimolare la curiosità, ad aprire le menti al dialogo tra persone di diversa cultura, specialmente oggi che sui banchi di scuola vi sono alunni di tante provenienze diverse. Quando facevo io il liceo, non avevo l'opportunità di conoscere ragazzi provenienti da tutte le parti del mondo; eventualmente dovevamo essere noi a fare viaggi per avere scambi con loro. Oggi quei ragazzi voi li avete vicini, nei banchi di scuola. E' una grande opportunità: abbiate la curiosità di capire come vivono, le difficoltà che incontrano, quello che possono darvi. E' uno scambio reciproco, è una grande possibilità.
La scuola educa anche alla legalità ed al rispetto degli altri. Non è un caso che laddove si registra una maggiore dispersione scolastica la criminalità trovi terreno fertile per crescere e svilupparsi. Diventa a volte un'alternativa, molto ragazzi sono affascinati dal modello negativo, che viene anche enfatizzato. Con la dispersione scolastica, può capitare di finire tra le braccia di chi non ti darà certo un futuro. L'impegno scolastico è quindi fondamentale per sottrarre manovalanza alle organizzazioni criminali che si nutrono anche di questa nuova forma di precarietà. A questo riguardo vorrei ringraziare sentitamente le nostre insegnanti, i nostri insegnanti, che spesso definisco eroi del nostro tempo, perché sono loro che hanno la grande responsabilità di creare consapevolezza, loro che senza il dovuto riconoscimento sociale portano avanti una missione importante, loro che in alcuni territori sono baluardo di legalità. Noi tutti dobbiamo a voi insegnanti la massima riconoscenza per tutto quello che fate.
L'abbandono scolastico costituisce anche un costo per la collettività: secondo una recente indagine promossa da WeWorld Intervita, insieme alla Associazione Bruno Trentin e alla Fondazione Giovanni Agnelli, l'azzeramento della dispersione scolastica potrebbe avere un impatto sul PIL compreso tra l'1,4% e il 6,8%. Si tratta di un'incidenza molto significativa, che ci dà la misura di come questo fenomeno gravi così pesantemente sull'economia e la crescita del Paese.
Per tutti questi motivi è oggi più che mai necessario ed urgente adottare misure che contrastino in maniera efficace il fenomeno dell'abbandono scolastico in Italia il cui tasso, secondo i dati forniti dall'Eurostat, si attesterebbe intorno al 17%. La trovo una cifra spaventosa. Ma non è tutto, ci sono altre rilevazioni più crudeli, che parlano addirittura di un dato allarmante del 30%. Mi auguro che queste percentuali non abbiano fondamento, perché se così fosse saremmo davvero di fronte ad un problema enorme per il nostro Paese. Tanto più quando si va a vedere il dato disaggregato sul territorio italiano, che ci dice che nel Meridione d'Italia il tasso di dispersione. è del 25%.
Condivido pertanto le conclusioni della Commissione, che accende la luce su un fenomeno insostenibile per il nostro Paese in questi termini. E dice anche come occorrerà calibrare le azioni di prevenzione e di contrasto alla dispersione scolastica. Ringrazio davvero tutti i membri della Commissione, i deputati e le deputate che vi hanno lavorato, perché questo lavoro ci fa capire che in nessun modo noi vogliamo abdicare all'articolo 3 della nostra Costituzione".