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Comunicati stampa

15/01/2015
“Solidarietà, un’utopia necessaria” - Sala della Regina: presentazione del libro di Stefano Rodotà - Saluto introduttivo della Presidente della Camera, Laura Boldrini
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Saluto innanzitutto l'autore, il professor Stefano Rodotà, che in queste settimane è frequentemente qui con noi alla Camera anche in qualità di coordinatore della Commissione per i diritti e i doveri in Internet. Ringrazio gli autorevoli relatori - la giudice costituzionale Silvana Sciarra ed i professori Elena Granaglia ed Eligio Resta - e con loro l'editore Giuseppe Laterza, i deputati e le deputate che sono qui (come sapete, l'aula della Camera sta dibattendo e votando sulla riforma costituzionale) e tutti i nostri gentili ospiti.

Sono particolarmente lieta che Montecitorio ospiti la presentazione di questo libro, perché la parola che ne è il titolo è una delle più idonee per capire quali cambiamenti abbiano attraversato in questi anni la politica e la società italiane. Lo studio del professor Rodotà fa una ricostruzione storica delle varie accezioni di questo principio e del modo in cui esso entra nella definizione del costituzionalismo moderno. "Se diventano difficili i tempi per la solidarietà, lo diventano pure per la democrazia", sottolinea il professor Rodotà, e personalmente ritengo che questo sia il cuore del problema. Appartengo ad una generazione per la quale il termine "solidarietà" aveva un suono inequivocabilmente positivo. Si era solidali di default, per così dire. Per i ragazzi che eravamo, era senza dubbio un valore largamente diffuso, era una parola "di moda" nelle parrocchie così come nelle sezioni dei partiti. Ci chiedevamo eventualmente se la solidarietà non rischiasse di essere troppo simile alla "carità" dei nostri nonni, virtuosa ma inefficace perché incapace di modificare gli squilibri sociali. Cominciavamo per questa via, in questo modo, a scoprire il senso della politica come strumento di intervento realmente incisivo. Ma non potevamo certo immaginare che sarebbe arrivato un tempo in cui quasi ci si dovesse scusare di essere solidali, un tempo in cui saremmo stati con sarcasmo definiti "buonisti". Accusati non solo di essere ingenui, ma anche di aprire la porta a chissà quali devastazioni della società italiana.

Colgo questa occasione per fare qualche considerazione. La solidarietà, l'onestà, l'eguaglianza, sono valori a cui la nostra società deve tornare ad ispirarsi. Coloro che credono in questi principi vengono a volte definiti "anime belle", con tono di sufficienza. Sono sempre più convinta che i sostenitori della solidarietà rispondano invece alle sollecitazioni della realtà in maniera più razionale di quanto non facciano coloro che amano erigere muri, inventarsi nemici, predicare conflitti insanabili tra religioni, etnie, Stati. Per dirla in una frase: essere solidali non solo è giusto, ma conviene, ai singoli e alla collettività. La solidarietà è il collante che tiene insieme le comunità, dalla famiglia all'intera società, e ciò contribuisce a rendere più forte un paese.

Certo, l'"imprenditoria politica della paura" - che in Italia abbiamo conosciuto da tempo, e che ha attecchito in non poche parti d'Europa - ha fatto bene il suo lavoro. Ed è un lavoro che porta nel breve periodo cospicui vantaggi elettorali a coloro che la praticano: la paura del diverso ricompatta, l'esistenza del nemico galvanizza, ma a scapito di lacerazioni pesanti del tessuto sociale, di solchi profondi, di erosioni appunto della solidarietà. Così come, a livello internazionale, possiamo vedere proprio in questi mesi quali siano state le deleterie conseguenze degli interventi decisi in nome dello "scontro di civiltà" da parte di chi, anni fa, invocava con toni duri "l'esportazione della democrazia".

Sono orgogliosa di essere una persona che crede nella solidarietà, e di vivere in un Paese regolato da una Costituzione che all'articolo 2 parla dei "doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale". Questo articolo è oggetto del libro e tornerà nelle analisi dei relatori. Ma, se posso indicare una mia preferenza, accanto all'articolo 2 metto anche l'articolo 3, ed in particolare il secondo comma. Due articoli che si legano e si tengono insieme. Il fatto che sia "compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale" che impediscono "lo sviluppo della persona" e "la partecipazione" mi sembra la motivazione più impegnativa e al tempo stesso più coinvolgente che si possa dare all'azione istituzionale e politica, ma anche l'orizzonte al quale la solidarietà deve tendere. E se lo fa, tutta la società ne trae beneficio.

Sì, contro la retorica diffusa del "cattivismo" - che negli anni ha esercitato una forte influenza, politica e mediatica - è tempo di riscoprire con orgoglio, senza alcuna sudditanza psicologica, la centralità dei valori che sono alla base della nostra Costituzione e della nostra convivenza. Valori che sono stati derisi come valori di una società debole, "molliccia". La solidarietà è tra questi. Ed è il valore fondante di una società sana.

Il professor Rodotà scrive ad un certo punto del libro, riferendosi alla solidarietà: "abbiamo ritrovato la parola, e i luoghi dove pronunciarla legittimamente". Dunque, è più che legittimo che questa parola risuoni qui alla Camera. Dall'inizio del mio mandato affermo che questa deve ambire ad essere "la casa della buona politica". E della buona politica la solidarietà è elemento essenziale.

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