XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 19 ottobre 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,

          premesso che:

              la depressione è una patologia che riguarda oltre tre milioni di italiani, di cui circa un milione soffre della forma più grave, la depressione maggiore. Si manifesta in genere tra la seconda e la terza decade di vita me colpisce in misura decisamente maggiore le donne rispetto agli uomini;

              si stima che nel nostro Paese meno della metà delle persone con depressione maggiore ricevano un'adeguata diagnosi e trattamento e che circa 130 mila persone, con questa forma più grave di depressione, risultino resistenti ai trattamenti e, conseguentemente, necessiterebbero di un intervento clinico e sociale più urgente;

              la forma più severa di questa patologia, se non trattata correttamente, è associata ad un'elevata mortalità, stimata intorno al 15 per cento. Nei pazienti con disturbi dell'umore, uno su tre arriva a cercare di togliersi la vita almeno una volta nella vita. E a volte i farmaci neanche bastano. Basti pensare che, del milione di pazienti con depressione maggiore, circa un terzo non risponde alle terapie tradizionali, pur somministrate in dosi e tempi adeguati;

              la depressione è ancora troppo sottovalutata, anche perché chi ne è afflitto prova a nascondere la sua condizione di sofferenza prima a stesso e poi agli altri. Il rischio troppo frequente è, quindi, quello di tardare la diagnosi e le cure appropriate per affrontare quella che è una vera e propria malattia;

              solo un terzo dei pazienti affetti da questa patologia risulta in terapia. Lo stigma verso la malattia, i pregiudizi rispetto alle possibilità di cura, il timore degli effetti collaterali sono tra i principali ostacoli all'accessibilità ai percorsi terapeutici;

              la depressione è riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità come prima causa di disabilità a livello mondiale e, secondo le stime della stessa Organizzazione mondiale della sanità, questa patologia riduce l'aspettativa di vita di oltre 20 anni e oltre il 60 per cento dei suicidi che si verificano annualmente a livello globale possono essere ad essa ricondotti;

              si prevede che a livello internazionale nel 2030 sarà la prima malattia più invalidante per diffusione, con altissimi costi sociali e un forte impatto economico;

              la depressione ha notevoli effetti sia sulla qualità che sulla quantità di vita, con un aumento della mortalità non solo per il maggiore rischio di suicidi, ma anche per l'adozione di stili di vita negativi e lo sviluppo di altre malattie, come quelle cardiologiche, metaboliche e oncologiche. Sono sempre più numerose le evidenze scientifiche che documentano infatti come la stessa depressione aumenti il rischio di malattie croniche – cardiovascolari, metaboliche, oncologiche, pneumologiche e neurologiche – poiché, connotandosi per una scarsa propensione alla cura di sé, predispone a comportamenti scorretti e ad abitudini quotidiane non sane (alimentazione sbilanciata, fumo, abuso alcol, deprivazione di sonno e altro);

              peraltro, questa patologia ha un pesante impatto non solo sulla qualità della vita delle persone, ma incide fortemente anche sui costi sanitari e sociali che risultano molto elevati. Costi sia diretti, che costi indiretti (sociali e previdenziali). Prendere in carico il paziente nella prima fase della malattia consente non solo un miglioramento della sua qualità di vita, ma anche una riduzione dell'impatto dei costi per il sistema sanitario e sociale;

              complessivamente, secondo i dati Cerismas 2019, i costi indiretti rappresentano ben il 70 per cento dei costi totali. È evidente, quindi, che diagnosi tempestiva e diffusione dei trattamenti sono fondamentali per ridurre questo impatto economico, considerato che le complicanze della malattia e la loro gestione comportano un dispendio nettamente superiore ai soli costi della cura;

              in Italia il costo sociale della depressione, in termini di ore lavorative perse, è di circa 4 miliardi di euro l'anno; a questo si aggiungono i dati relativi all'impatto sociale sulla popolazione, tenendo conto che, per ogni paziente, sono coinvolti almeno due-tre familiari. Per quanto riguarda invece i costi diretti a carico del Servizio sanitario nazionale, la spesa media per il trattamento di un paziente depresso ammonta a circa di 5 mila euro. Costi che tendono ad aumentare con il cronicizzarsi della malattia;

              si ricorda che nell'aprile 2019 la Fondazione Onda ha presentato alla Camera dei deputati un documento istituzionale di inquadramento e un Manifesto in 10 punti per promuovere efficaci azioni di prevenzione mirata, nonché un tempestivo e facilitato accesso ai percorsi di diagnosi e cura della depressione. Successivamente, coinvolgendo un gruppo di clinici e i massimi esperti di patologie psichiche, ha quindi pubblicato un libro bianco sulla salute mentale in Italia;

              la drammatica pandemia da SARS-Cov-2, con tutto quello che questo ha comportato, ha acuito enormemente i fenomeni di disagio mentale nelle sue diverse forme: depressione, ansia, solitudine. Fortissimo è stato l'impatto del lockdown sulla salute fisica e sul benessere psicologico degli individui e, in particolare, dei più giovani, che più di altri hanno subito pesantemente il distanziamento sociale, le limitazioni alla mobilità e la chiusura delle scuole imposte dalla pandemia;

              alla chiusura generale imposta per motivi di salute pubblica si è aggiunta in maniera preoccupante anche la drastica riduzione o sospensione delle terapie socio-sanitarie. Molte persone psicologicamente più fragili hanno avuto ancora più difficoltà, quindi, ad accedere alle cure;

              la pandemia ha prodotto una pressione senza precedenti sul Servizio sanitario nazionale e sui servizi di psichiatria in particolare, con un aumento enorme delle richieste di prestazioni volte a fronteggiare le conseguenze psichiatriche del COVID-19. È stato stimato un aumento di almeno il 30 per cento delle persone con disturbi psichici e psichiatrici rispetto al periodo pre-pandemia, in particolare i sintomi depressivi nella popolazione sono quintuplicati;

              il nostro Paese si è trovato a far fronte a questa vera e propria emergenza con un servizio sanitario e, in particolare, con il settore della salute mentale, in grande difficoltà. Si ricorda che nei Dipartimenti di salute mentale mancano il 20 per cento degli psichiatri (nel 2018 erano circa 5 mila), così come 1.500 psicologi, altrettanti terapisti della riabilitazione psichiatrica e assistenti sociali, 5 mila infermieri;

              con riguardo al settore della salute mentale, il paradosso è che in Italia, a fronte di una domanda crescente di intervento e di bisogni, si assiste da anni ad una riduzione lenta delle capacità di risposta da parte del servizio sanitario nazionale;

              a livello internazionale, è proprio di questi giorni il rapporto Unicef nel quale emerge drammaticamente che in Europa 9 milioni di adolescenti (tra i 10 e i 19 anni) convivono con un disturbo legato alla salute mentale e il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani con 3 ragazzi al giorno che si tolgono la vita. La perdita annuale di capitale umano, che deriva dalle condizioni generali di salute mentale in Europa tra i bambini e i giovani tra 0 e 19 anni, è valutato in 50 miliardi di euro. L'Unicef identifica alcuni interventi prioritari per le istituzioni europee e i Governi nazionali, fra i quali servizi per la salute mentale e migliori infrastrutture regionali,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere un potenziamento della formazione dei medici di medicina generale e degli specialisti coinvolti nella diagnosi e nella cura della depressione, in un'ottica di sempre maggiore integrazione multidisciplinare;

2) ad adottare tutte le iniziative finalizzate a rafforzare le indispensabili attività di prevenzione e di diagnosi precoce della depressione, anche favorendo sempre di più modelli di cura in équipe, nonché innovativi e utili strumenti, quali il teleconsulto e la telemedicina;

3) ad adottare iniziative per potenziare i modelli di presa in carico globale del paziente e i percorsi diagnostico-terapeutici più adeguati per migliorare la gestione della depressione;

4) ad adottare iniziative per incrementare le risorse del Servizio sanitario nazionale destinate ai servizi di psichiatria e al settore di salute mentale, da troppi anni sottofinanziati e con carenza di personale medico e sanitario, in grado di garantire un equo e adeguato accesso alle strutture e rispondere ad una domanda crescente di intervento e di supporto socio-sanitario;

5) a garantire che una quota delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza venga effettivamente destinata al rafforzamento dei servizi sociosanitari, all'assistenza distrettuale e alla riduzione degli squilibri territoriali, con particolare riguardo ai servizi per la gestione e la cura delle persone con disagio mentale, al fine di rimettere la psichiatria nelle condizioni di fronteggiare un sommerso di oltre 4 milioni di italiani con disturbi non ancora intercettati dal sistema sanitario.
(1-00528) «Bagnasco, Novelli, Bond, Versace, Brambilla, D'Attis, Marrocco».


      La Camera,

          premesso che:

              il disturbo depressivo è un disturbo psichico, nello specifico del tono dell'umore, una funzione psichica importante per l'adattamento, caratterizzato da sintomi come profonda tristezza, calo della spinta vitale, perdita di interesse verso le normali attività, pensieri negativi e pessimistici. Chi ne soffre non presenta la funzionale flessibilità dell'umore, bensì esso è costantemente flesso verso il basso, indipendentemente dalle situazioni esterne, oltre a mostrare intensi stati di insoddisfazione e tristezza, tendendo a non provare piacere nella vita quotidiana. La malattia porta l'individuo a isolarsi, a sentirsi inadeguato e senza valore, a considerare il mondo esterno ostile, compromette le relazioni interpersonali che diventano motivo di ansia, di conflitti e difficili da gestire;

              in Italia il costo sociale della depressione, inteso come ore lavorative perse, è pari a 4 miliardi di euro l'anno e per l'intera economia europea di circa 92 miliardi di euro, di cui 54 (pari al 59 per cento), correlati a costi indiretti per assenza lavorativa;

              secondo il rapporto OsMed («Uso dei farmaci in Italia») 2013, presentato dall'Agenzia italiana del farmaco, la depressione colpisce il 12,5 per cento della popolazione assistibile, con solo il 34,3 per cento dei pazienti che assume farmaci antidepressivi;

              a questo si aggiungono i dati relativi all'impatto sociale sulla popolazione. Infatti, considerando che per ogni paziente, sono coinvolti almeno due-tre familiari, in Italia almeno 4-5 milioni di persone sono coinvolte indirettamente dal disturbo depressivo;

              l'impatto economico di questa malattia deve essere valutato in termini di costi diretti e indiretti. I primi sono da ricondurre alla diagnosi, al trattamento – farmacologico e psico-terapeutico –, alla riabilitazione, assistenza e prevenzione delle ricadute nel lungo termine, mentre i secondi si riferiscono alla perdita di produttività del paziente (non solo in fase acuta) e delle persone impegnate nella sua assistenza e alla morte prematura, considerato il rischio di suicidio; per quanto riguarda i costi diretti a carico del servizio sanitario nazionale, nel nostro Paese i costi medi annuali (ricoveri ospedalieri, specialistica ambulatoriale, farmaci antidepressivi e altro) per il trattamento di un paziente depresso ammontano a 4.062,40 euro;

              l'Organizzazione mondiale della Sanità valuta la depressione maggiore come uno dei disturbi più invalidanti al mondo, con un costo sociale elevatissimo, e nel 2015 stimava che nel mondo ne fossero colpite oltre 350 milioni di persone, senza distinzioni di sesso, età e stato sociale. In Italia sarebbero circa 3 milioni i malati di depressione, di cui 2 milioni donne;

              se, fino a qualche tempo fa, la depressione veniva percepita come un disturbo legato esclusivamente alla mente, ora si sa con certezza che l'organismo umano è interconnesso: le persone che soffrono di depressione hanno più probabilità di andare incontro anche ad altri problemi fisici, come diabete, malattie cardiovascolari, osteoporosi, demenza e a un maggiore rischio di mortalità;

              secondo l'Organizzazione mondiale della sanità a livello globale il 90 per cento dei malati non riceve un trattamento adeguato e tempestivo e il 50 per cento non lo riceve affatto. La depressione, se non correttamente curata, è associata ad un'elevata mortalità stimata intorno al 15 per cento, sia per un aumentato rischio suicidario, sia dovuta allo sviluppo di patologie sistemiche di compromissione di organi vitali o per abuso e dipendenza da alcol e sostanze;

              i disturbi psichiatrici in età adulta, come ansia e depressione, nel 75 per cento dei casi hanno un esordio nell'età evolutiva. Per questo motivo è importante agire prontamente per evitare il progredire della malattia e non sottovalutare i segnali di disagio, che nei casi più estremi possono portare al suicidio, che rappresenta la seconda causa di morte nei giovani tra i 10 e i 25 anni. La pandemia ha peggiorato la situazione e per far fronte alle conseguenze che inevitabilmente ricadranno sui giovani è indispensabile incrementare le risorse assistenziali e intensificare i servizi territoriali già carenti prima del COVID-19;

              secondo una recente indagine pubblicata sulla rivista Jama Network Open, più della metà dei guariti dal COVID-19, 236 milioni di persone in tutto, sviluppa sintomi a lungo termine, che persistono anche fino a sei mesi dalla guarigione. La previsione è che ci possa essere un'ondata long COVID per i sistemi sanitari che dovranno gestire pazienti con sintomi fisici e anche psicologici;

              sono stati esaminati i dati di decine di studi realizzati in tutto il mondo, riguardanti un totale di 250.351 tra adulti e bambini non vaccinati che hanno contratto il COVID-19 tra dicembre 2019 e marzo 2021. Il 79 per cento del campione è stato ricoverato in ospedale e la maggior parte dei pazienti, età media 54 anni, vive in Paesi ricchi;

              è emerso, inoltre, che oltre la metà dei guariti manifesta o ha manifestato i sintomi tipici del long COVID. Per la metà di loro si tratta di sintomi fisici (sintomi respiratori, perdita di peso, affaticamento, dolori, riduzione della motilità); ma uno su quattro ha difficoltà a concentrarsi, uno su tre sviluppa un disturbo d'ansia;

              sta quindi emergendo, con una rilevanza sempre più evidente, che la malattia non si esaurisce con la risoluzione dell'infezione;

              niente di tutto questo nasce all'improvviso, naturalmente. Che il disagio mentale dei più giovani covasse da prima del COVID-19 lo si nota da vari segnali. In Italia le prescrizioni di metilfenidato, un farmaco contro i disordini di attenzione prescritto solo da specialisti e nel quadro di una terapia, sono esplosi: non solo 8 per cento di dosi in più a dicembre 2020 rispetto a un anno prima, secondo la società di analisi Iqvia; anche nel 2019, prima del COVID-19, l'aumento annuo dei consumi era stato del 21 per cento;

              la prevenzione del suicidio, specie nei giovani, è uno dei temi più rilevanti e complessi di chi si occupa di salute mentale, ma in Italia non ci sono dati aggiornati su questo tema. Dal 2017 a oggi, nonostante il lungo periodo di emergenza pandemica e le sue conseguenze sulle persone fragili, non ci sono studi ufficiali sul fenomeno del suicidio;

              a questo proposito si fa presente che il 10 settembre 2019, in occasione della Giornata mondiale della prevenzione del suicidio, l'Istituto superiore di sanità aveva annunciato la nascita dell'Osservatorio epidemiologico sui suicidi e sui tentativi di suicidio (Oestes);

              da uno studio pubblicato nel primo semestre 2021, sulla rivista «Translational psychiatry», emerge il dato evidente secondo il quale chi soffre di depressione va incontro anche a un invecchiamento precoce a livello cellulare, quantificato in almeno due anni. I risultati della ricerca confermano la necessità di ripensare la depressione come un disturbo che è parte dello stato generale di salute di un individuo;

              dai dati recentemente pubblicati dall'European Data Journalism Network (EDJNet) emerge che depressione e ansia sono le patologie legate alla salute mentale più comuni riscontrate nell'Unione europea e che sono in crescente aumento i farmaci per il loro trattamento. A quattro persone su cento è stata diagnosticata la depressione, a cinque su cento l'ansia: se tali patologie non sono curate, in tempo e in maniera adeguata, rischiano di generare una disabilità più significativa;

              nell'arco della vita le donne si ammalano di depressione con una percentuale maggiore rispetto agli uomini (14,9 per cento contro il 7,2 per cento), presentandosi prevalentemente nelle fasi in cui si manifestano grandi cambiamenti ormonali, quali pubertà, gravidanza e puerperio, climaterio e menopausa;

              il risultato di uno studio sulle differenze di genere nella depressione, pubblicato dal Journal of youth and adolescence, che descrive le traiettorie dei sintomi depressivi nei maschi e nelle femmine dalla tarda infanzia fino alla giovane età adulta, ha dimostrato che durante l'adolescenza le giovani donne hanno quasi il doppio delle probabilità di essere depresse rispetto ai giovani uomini. Di depressione post partum, che si manifesta generalmente nei primi mesi successivi al parto, si stima siano afflitte oltre il 10 per cento delle madri, con conseguenze, oltre che sulla loro salute, anche sullo sviluppo psicofisico del bambino. In età fertile, il 10 per cento delle donne possono sviluppare disturbi disforici premestruali che compaiono nei 7-10 giorni prima e permangono fino alla fine del ciclo mestruale. Recenti studi hanno evidenziato che il rischio di depressione nelle donne in menopausa aumenta da 2 a 5 volte, soprattutto durante la fase di transizione (peri-menopausa), ma anche in caso di menopausa precoce e nel post-menopausa. In questi casi, se la donna riceve cure efficaci, la depressione si risolve in un periodo che va dai 2 ai 4 anni dopo la completa scomparsa del ciclo;

              a maggiore probabilità di sviluppare forme di depressione è anche la fascia di persone al di sopra dei 65 anni, dovuta a fattori di rischio quali il pensionamento, il possibile decadimento cognitivo, la stretta associazione tra la sintomatologia depressiva, le multiple comorbidità, ed è più frequente negli ospiti di case di riposo o in istituti di lungodegenza. In Italia, la depressione nelle persone over 65 oscilla tra lo 0,9 per cento e il 9,4 per cento, ma sintomi depressivi sono stati rilevati nel 49 per cento della popolazione anziana, con serie conseguenze di carattere patologico e di impatto sociosanitario;

              la salute mentale e molti disturbi mentali sono plasmati in larga misura dal contesto sociale, economico e fisico in cui le persone vivono;

              forti evidenze mostrano che molte condizioni di salute fisica e mentale, fino alla depressione, si manifestano in fasi di vita avanzate ma hanno origine da fasi di vita precoci;

              i Governi dovrebbero adottare un approccio bilanciato nella redazione delle politiche nazionali di salute mentale, che abbia ripercussioni in termini di promozione e prevenzione, e allo stesso tempo tenga in considerazione le disuguaglianze in salute mentale ed i vari determinanti sociali di salute;

              la tendenza a trattare prevalentemente le diverse forme di depressione con cure farmacologiche, al posto di terapie alternative, preoccupa per la dipendenza che possono provocare e mette in evidenza gli scarsi investimenti in terapie innovative e psicologiche nell'Unione europea;

              già nel 2019 l'Agenzia italiana del farmaco, nel suo rapporto sull'uso dei farmaci, segnalava anche in Italia l'incremento eccessivo del consumo di antidepressivi e ansiolitici e che era necessario «ottimizzare e migliorare l'approccio terapeutico, soprattutto valutando il sotto-dosaggio nell'utilizzo di alcune terapie, nonché il trattamento precoce della condizione depressiva e l'uso incongruo di alcune classi di farmaci». L'Agenzia italiana del farmaco, tra l'altro, riportava sintomi depressivi nel 6 per cento degli adulti tra i 18 e i 69 anni, con una percentuale maggiore di donne, che fanno maggiormente ricorso a farmaci ansiolitici, ipnotici e sedativi, soprattutto con l'aumentare dell'età, quando invece sarebbe necessario ridurne il dosaggio;

              nell'Unione europea, la preferenza a curare i disturbi legati a depressione e ansia attraverso trattamenti farmacologici potrebbe essere in parte collegata alla difficoltà, aumentata durante la pandemia, di accedere a trattamenti psicologici messi a disposizione dalla sanità pubblica. La maggior parte dei Paesi membri ha un numero esiguo di psicologi, meno di 20 ogni 100 mila, come anche di psichiatri. Secondo l'European Data Journalism Network, la sanità pubblica italiana, ad esempio, dispone di circa 17 psichiatri ogni 100 mila persone, un numero insufficiente a garantire la necessaria copertura sanitaria;

              questo comporta che solo un numero molto limitato di persone con problemi di salute mentale possa accedere alle cure prestate dal servizio sanitario nazionale e, poiché per molti non è possibile rivolgersi a professionisti privati, i disturbi legati a depressione e ansia rimangono irrisolti e persistono nel tempo nelle persone, si cronicizzano andando spesso a incidere sull'insorgere di altre patologie, aggravando i costi dell'assistenza sanitaria nazionale;

              l'Organizzazione mondiale della sanità, già nell'edizione 2012 del World mental health day, prevedeva che entro il 2020 la depressione sarebbe stata la seconda malattia più diffusa nel mondo e, nel 2017, sostenne che nel 2030 sarebbe diventata la prima causa di disabilità e la principale voce di spesa sanitaria con una perdita per l'economia globale di un trilione di dollari ogni anno; da uno studio pubblicato a giugno 2021 e condotto da un consorzio di ricercatori da Istituto superiore di sanità, Università di Genova e Pavia e Istituto Mario Negri, su un campione rappresentativo della popolazione adulta italiana, emerge un peggioramento dei sintomi ansiosi e depressivi durante il lockdown nazionale per l'emergenza da COVID-19 del 2020, con una riduzione della qualità di vita in più del 69 per cento dei soggetti e ripercussioni sul ritmo sonno-veglia in più del 30 per cento delle persone coinvolte nella ricerca. L'utilizzo di psicofarmaci, prevalentemente ansiolitici, è aumentato del 20 per cento rispetto al periodo pre-lockdown e tutti gli indicatori di salute mentale sono peggiorati, soprattutto nelle donne (32 per cento e 63 per cento maggiore rispetto agli uomini). Lo studio sottolinea la necessità di intervenire con azioni mirate di prevenzione primaria;

              una buona salute mentale è parte integrante della salute e del benessere. La salute mentale e molti disturbi mentali sono plasmati dai vari contesti sociale, ambientale, economico e fisico che operano lungo tutto l'arco di vita. I fattori di rischio per la maggior parte dei disturbi mentali sono profondamente correlati alle disuguaglianze sociali, per cui maggiore è la disuguaglianza più alta l'ineguale esposizione al rischio;

              è di importanza cruciale intraprendere azioni per migliorare le condizioni di vita quotidiana, a partire dal momento della nascita, proseguendo durante la prima infanzia, l'adolescenza, la fase di creazione della famiglia, l'età lavorativa, fino alla vecchiaia,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per fronteggiare l'aumento dei casi di disagio psicologico e di depressione nei giovani, incrementando le risorse socio-assistenziali e intensificando i servizi sui territori realizzando una rete territoriale sociosanitaria;

2) a rendere pienamente operativo l'Osservatorio epidemiologico sui suicidi e sui tentativi di suicidio, attivandosi affinché siano condotti in tempi brevi studi ufficiali riguardanti il fenomeno del suicidio, in particolare nei giovani;

3) a garantire la piena attuazione dell'articolo 3 della legge n. 3 del 2018, sull'applicazione e sulla diffusione della medicina di genere nel servizio sanitario nazionale, al fine di rendere operativo il relativo piano e adottare su tutto il territorio nazionale cure più appropriate per le donne, anche relative alle malattie legate ad ansia e depressione, con un approccio interdisciplinare, di ricerca, di formazione e aggiornamento professionale e di informazione;

4) a considerare ogni possibile soluzione per incrementare la presenza di professionisti della salute mentale nel servizio sanitario nazionale, per permettere l'accesso alle cure ad un numero maggiore di cittadini e, in questo modo, far sì che in futuro non vengano aggravati i costi dell'assistenza sanitaria nazionale da patologie conseguenti alla rinuncia alle cure per disturbi depressivi, da parte delle persone meno abbienti;

5) ad adottare iniziative per prevedere interventi mirati per intensificare la prevenzione primaria legata ai disturbi di depressione e ansia, come auspicato dall'Agenzia italiana del farmaco, nel suo rapporto sull'uso dei farmaci del 2019;

6) ad adottare iniziative per definire soluzioni adeguate a favore della popolazione anziana, prevedendo attività di diagnosi precoci e per prevenire le conseguenze emotive e fisiche della depressione;

7) ad adottare iniziative per ridurre le disparità di accesso legate a condizioni economico-sociali ai percorsi di psicoterapia fondamentali nel trattamento del disturbo depressivo;

8) ad adottare iniziative per potenziare la formazione dei medici di medicina generale al fine di prevenire il disagio psicologico, oltre a intervenire attraverso una presa in carico tempestiva, multidisciplinare e integrata;

9) ad adottare iniziative per prevedere la formazione di docenti di scuole di ogni ordine e grado in modo che possano cogliere preventivamente i segnali della presenza di disagio psicologico;

10) ad avviare una campagna di informazione e sensibilizzazione sulle malattie legate alla salute mentale.
(1-00529) «Ianaro, Carnevali, Noja, Stumpo, D'Arrando, Siani, Sportiello, Federico, Lorefice, Mammì, Misiti, Nappi, Provenza, Ruggiero, Villani, De Filippo, Lepri, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Penna».


      La Camera,

          premesso che:

              per grave cerebrolesione acquisita (Gca) si intende un danno cerebrale tale da determinare, a seguito di fatti traumatici o di altra natura, uno stato comatoso grave, ovvero menomazioni sensorimotorie, cognitive e comportamentali, che possono causare disabilità significativa e permanente;

              tra le maggiori cause che provocano la grave cerebrolesione acquisita vi è il trauma cranio-encefalico, che può verificarsi a seguito di cadute accidentali, incidenti domestici o incidenti stradali, oppure accadimenti non traumatici, come l'emorragia cerebrale seguita da un danno post anossico;

              un paziente affetto da grave cerebrolesione acquisita necessita di un ricovero ospedaliero atto a fornire trattamenti rianimatori o neurochirurgici di durata variabile da alcuni giorni ad alcune settimane: in quest'ultimo caso si parla di fase acuta. A seguito di questa fase, invece, subentra la necessità di interventi medico-riabilitativi di tipo intensivi, generalmente da effettuare in regime di ospedalizzazione, anch'essi dalle tempistiche variabili. Infine, dopo questi ultimi interventi, segue la fase di assistenza domiciliare, laddove risulti necessario affrontare menomazioni, disabilità persistenti e talvolta permanenti, difficoltà di reinserimento familiare e sociale, altresì in ambiti formativi o professionali;

              le conseguenze delle cerebrolesioni, in particolare di quelle derivanti da fatti traumatici, costituiscono ad oggi un problema di particolare rilevanza per il sistema sanitario nazionale e per il welfare del nostro Paese: il trattamento dei pazienti, infatti, così come la presa in carico delle loro famiglie e del caregiver principale che si occupa della fase di assistenza domiciliare, costituiscono un impegno estremamente complesso, sia sul piano clinico quanto su quello organizzativo, ma anche dal punto di vista economico, psicologico e di accesso alle cure;

              l'attuale fase pandemica, che ha costretto il nostro Paese – come il resto della comunità internazionale – ad attuare pesanti restrizioni per fronteggiare la diffusione del COVID-19, non ha fatto altro che accentuare la problematica citata per tutte quelle persone che, in seguito a gravi danni cerebrali acquisiti, mostrano condizioni cliniche di persistente e grave disabilità, sia dal punto di vista cognitivo che dal punto di vista motorio, come altresì nei casi in cui si verifichi l'esistenza di uno stato vegetativo (Sv) o di minima coscienza (Smc). In alcuni casi, inoltre, si verificano menomazioni legate alla capacità di motilità, masticazione e deglutizione, che causa l'impossibilità di una ripresa dell'alimentazione attraverso il cavo orale, giustificando dunque un immediato ricorso all'alimentazione tramite gastrostomia endoscopica percutanea (Peg), e alterazioni della fase di respirazione, con conseguente necessità di ventilazione meccanica;

              un ulteriore problema è rappresentato dalla mancanza di aggiornamenti sulle stime di incidenza della grave cerebrolesione acquisita e del relativo sottogruppo dei disordini della coscienza (tra cui stato vegetativo e stato di minima coscienza), che, oltre a dare una rappresentazione diversificata da regione a regione all'interno del nostro Paese, denota l'estrema difficoltà con la quale ancora si procede al riconoscimento delle diverse gravi cerebrolesioni acquisite;

              stando ai dati ad oggi in possesso, con riferimento ai pazienti con lesioni cerebrali ad eziologica neuro-traumatica, viene stimato – a livello europeo – un tasso di incidenza pari a 235 soggetti per 100 mila abitanti ogni anno: il 9 per cento di questi raggiunge un livello di entità considerato severo; per le eziologie definite invece non traumatiche, i dati vengono stimati nell'ordine di 114-350 pazienti ogni 100 mila abitanti;

              in Italia, dai dati aggiornati al 2017 (Pisa, 17° Congresso nazionale della Società italiana di riabilitazione neurologica), vengono stimati 10/15 casi di grave cerebrolesione acquisita ogni 100 mila abitanti, laddove ogni anno l'incidenza appare aumentare con particolare riferimento ai casi in cui manchi apporto di ossigeno al cervello (casi di origine vascolare e anossica). In circa il 40 per cento dei casi questa condizione è di natura traumatica, nel 20 per cento di natura vascolare, nel restante 40 per cento la causa è un difetto di apporto di ossigeno al cervello (ad esempio, arresto cardiaco);

              per i pazienti caratterizzati da disordini della coscienza l'incidenza, invece, sarebbe pari a 1,9 ogni 100 mila abitanti: per quelli in stato vegetativo, invece, l'incidenza è pari a circa 2,1 ogni 100 mila abitanti. Non esistono, invece, stime indicative sulla condizione di minima coscienza, anche se la maggior parte degli esperti del mondo scientifico presuppone che proprio questi ultimi casi incidano in misura maggiore rispetto agli altri sottogruppi patologici;

              per quanto riguarda l'età anagrafica, invece, un dato che desta particolare attenzione è quello relativo alla fascia di bambini compresa tra 0 e 15 anni: essi rappresentano un terzo del totale, in Italia, tra le persone che vengono colpite dal coma; basti pensare che il 3 per cento dei bambini rimane in coma oltre un mese. Solo nel 2017, nel nostro Paese, si stimava la presenza di circa 700 bambini in stato vegetativo. Un dato che appare allarmante, soprattutto alla luce del mutato contesto storico e sociale, anche e soprattutto a seguito della pandemia da Coronavirus;

              la valutazione della persona con grave cerebrolesione acquisita, ai fini della presa in carico riabilitativa, rappresenta elemento fondamentale ed indispensabile nel percorso terapeutico-riabilitativo della persona in ogni sua fase e richiede un approccio multidimensionale ed interprofessionale, che tenga conto dell'insieme delle problematiche che influiscono sulla sua condizione di salute, compresi i fattori ambientali;

              le cure ad oggi indicate per questo tipo di patologia, oltre a cercare di limitare le conseguenze che subiscono i pazienti affetti da grave cerebrolesione acquisita, mirano a evitare che questa particolare condizione di salute possa in qualche modo rappresentare un fattore di esclusione dalla tutela dei diritti umani fondamentali e dal contesto sociale in cui il medesimo soggetto vive;

              nonostante in Italia siano stati compiuti importanti passi per la tutela della persone affette da disabilità estreme, come appunto le grave cerebrolesione acquisita in fase acuta, e per i loro caregiver – ad esempio la legge 3 marzo 2009, n. 18, che ha ratificato la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, il report del gruppo di lavoro ministeriale «Stato vegetativo e di minima coscienza» del 4 dicembre 2009, le linee di indirizzo per l'assistenza alle persone in stato vegetativo e di minima coscienza del 5 maggio 2011, le raccomandazioni finali delle tre Consensus Conference sulle gravi cerebrolesioni acquisite (2000, 2005 e 2010) sulle «modalità di trattamento del paziente traumatizzato cranio-encefalico in fase acuta», sulla «riabilitazione ospedaliera» e sui «bisogni riabilitativi ed assistenziali nella fase post-ospedaliera», ponendo l'accento sui percorsi organizzativi nelle varie fasi dopo uno stato di coma, il riconoscimento della figura del caregiver con la legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per i 2018) – tutto ciò non basta, ad oggi, per garantire il massimo supporto sanitario, organizzativo, economico, psicologico e sociale sia ai pazienti affetti da queste gravi disabilità, sia ai familiari che li assistono nella fase di cura ospedaliera e domiciliare;

              già nel 2012 le associazioni dei familiari che in Italia si occupano di tutelare i pazienti affetti da disabilità estreme e le loro famiglie, hanno proposto l'istituzione di un «Osservatorio nazionale per definire gli standard di qualità nei percorsi di cura» in collaborazione con il Ministero della salute, realizzando poi ben due edizioni del Consensus Conference, in cui sono state prodotte raccomandazioni incluse nei documenti conclusivi dei due incontri. Queste associazioni negli anni, grazie al loro costante impegno, hanno ottenuto molti risultati per i pazienti interessati da grave cerebrolesione acquisita e a sostegno delle loro famiglie;

              la drammatizzazione delle situazioni riportate si sono acutizzate con l'avvento della pandemia tuttora in corso ed il relativo stato d'emergenza che nel nostro Paese risulta prorogato sino al 31 dicembre 2021, mettendo ancor più in evidenza le lacune presenti all'interno del sistema sanitario nazionale – e in particolare dalla diversificazione data dai sistemi sanitari regionali – soprattutto per quel che riguarda i percorsi di cura e di accesso alle stesse, la presa in carico dei pazienti affetti da grave cerebrolesione acquisita, ovvero la frammentarietà dei percorsi terapeutico-amministrativi per la presa in carico precoce,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per reperire risorse economiche, con l'istituzione di un fondo dedicato a sostegno dei servizi sanitari e sociali in favore delle persone affette da grave cerebrolesione acquisita e dei loro caregiver, implementando altresì l'assistenza domiciliare integrata;

2) a promuovere iniziative volte a omogeneizzare la normativa a tutela dei pazienti affetti da grave cerebrolesione acquisita e dei loro familiari, in tutte le regioni italiane, affinché gli stessi possano trovare risposte adeguate nella propria regione di residenza, senza dover subire l'ulteriore trauma del trasferimento in altra regione d'Italia o, in alcuni casi, in altri Stati;

3) ad adottare tutte le iniziative possibili per sostenere la ricerca sulle gravi cerebrolesioni acquisite e sui disordini della coscienza, come lo stato vegetativo e lo stato di minima coscienza, prevedendo finanziamenti e l'istituzione di collaborazioni volte a creare progetti di indagine e ricerca, anche a livello europeo;

4) a sostenere la realizzazione di percorsi di cura virtuosi per la presa in carico precoce dei pazienti affetti da grave cerebrolesione acquisita, in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, anche sulla base di accordi tra i maggiori istituti di cura – pubblici e privati – presenti nelle varie regioni d'Italia, interessando gli specialisti del settore;

5) a sostenere, nella fase post-ospedaliera, i percorsi di reinserimento sociale del paziente, nella vita familiare, formativa ovvero professionale, prevedendo anche seminari o percorsi di formazione patrocinati dal Ministero della salute e rivolti ai dipendenti della pubblica amministrazione (come scuole, università e altro), alle associazioni, ai familiari, ai caregiver e a tutti coloro che possano ritrovarsi, in qualche modo, quotidianamente a contatto con persone affette da grave cerebrolesione acquisita;

6) ad adottare iniziative volte a garantire la massima pubblicizzazione, anche attraverso i canali istituzionali del Governo e del Ministero della salute, per porre i cittadini a conoscenza dei risultati della ricerca scientifica, dell'utilizzo dei farmaci innovativi e della possibilità di accesso a cure e terapie all'avanguardia ovvero sperimentali;

7) ad adottare le iniziative di competenza per prevedere la creazione di un registro nazionale per le persone affette da grave cerebrolesione acquisita, allo scopo di meglio monitorare l'incidenza epidemiologica in tutto il Paese, utile a migliorare la programmazione ed il trasferimento di risorse economiche dedicate a tale scopo;

8) ad adottare le iniziative di competenza per facilitare i processi burocratici per la nomina d'urgenza di eventuali amministratori di sostegno per quei pazienti che perdano la capacità di intendere e volere in maniera temporanea ovvero permanente;

9) ad adottare tutte le iniziative di competenza volte a istituire una Giornata nazionale del trauma cranico e una Giornata nazionale dei risvegli per la ricerca sul coma, come più volte chiesto dalle associazioni impegnate in questa importante opera di sensibilizzazione.
(1-00530) «Lapia, Cardinale, Ermellino, Sangregorio, Termini, Sarli, Trizzino, Siragusa, Acunzo, Tondo».


      La Camera,

          premesso che:

              l'Organizzazione mondiale della sanità dichiarava già dieci anni fa che nel 2020 la depressione sarebbe diventata la più diffusa al mondo tra le malattie mentali e, in generale, la seconda malattia più diffusa dopo le patologie cardiovascolari;

              i dati che si registravano già nel primo decennio degli anni duemila erano alquanto significativi: più della metà delle patologie mentali era avvertita all'età di 14 anni e la metà delle nazioni mondiali avevano un solo psichiatra infantile per ogni 2 milioni circa di abitanti; i suicidi erano circa 800.000 all'anno, la maggior parte avvenivano nei Paesi più poveri e l'età era compresa tra i 14 e i 45 anni. La depressione è più diffusa nei Paesi economicamente poco sviluppati e, nei Paesi ricchi, sono le persone povere a soffrirne maggiormente;

              la prima ondata di COVID-19 ha avuto un impatto violento sulla salute mentale delle persone, il 93 per cento dei Paesi monitorati dall'Organizzazione mondiale della sanità (report, «The impact of COVID-19 on mental, neurological and substance use services: results of a rapid assessment») hanno sofferto di paralisi in uno o più servizi dedicati a pazienti con problemi mentali, neurologici o di abuso di sostanze stupefacenti. Quasi il 40 per cento dei Paesi europei partecipanti allo studio hanno riferito situazioni addirittura peggiori: tre servizi di igiene mentale su quattro sono stati sospesi; più è stato rigido il confinamento, più grave è stato il suo impatto;

              nei casi più gravi chi è stato ricoverato in ospedale ha avuto esperienze di gran lunga più traumatiche, come coloro che soffrono di patologie psichiche gravi in genere perché sono più isolati e vulnerabili e, di conseguenza, nel loro caso il confinamento e l'isolamento sociale hanno inciso con un impatto particolarmente negativo, come confermato da molti psichiatri;

              la pandemia ha inoltre rivoluzionato l'assistenza sanitaria, compresa quella per la salute mentale: in Italia il numero degli appuntamenti è stato considerevolmente ridotto già da giugno del 2020, a ciò si aggiungono i tagli ai servizi di igiene mentale per le persone con problemi psichici; è anche calata drasticamente la richiesta di assistenza;

              con il termine generico «depressione» si intendono tutte le varie forme di malessere psichico, non necessariamente di interesse psichiatrico, caratterizzate da una sofferenza depressiva, più o meno correlata con gli eventi di vita o con la personalità del soggetto. Il genere femminile è correlato a un rischio doppio di incorrere in un disturbo depressivo rispetto al genere maschile;

              i disturbi mentali sono la principale causa di morte, disabilità e impatto economico al mondo. Le patologie che colpiscono il sistema nervoso centrale e, in particolare la «depressione maggiore» sono molto più frequenti di quanto si possa pensare e dovrebbero essere considerate la principale sfida per la salute globale del XXI secolo. Basti pensare che circa un terzo dei pazienti affetti da depressione maggiore non ottiene una risoluzione dei propri sintomi di malattia, andando incontro a cronicizzazione del disturbo. La persistenza e l'aggravamento di sintomi, quali apatia, anedonia, insonnia, pensieri di colpa e ideazione suicidaria, generano una frattura sempre più marcata tra la persona e la sua vita precedente all'episodio depressivo;

              la «depressione maggiore», anche chiamata disturbo unipolare e più correttamente definita come «disturbo depressivo maggiore», è caratterizzata da molti sintomi presenti in modo duraturo e quotidiano per diverse settimane o mesi consecutivamente. Oltre all'umore depresso, si presentano anedonia, abulia, apatia, insonnia, inappetenza, profonda sofferenza interiore, sensi di colpa e inadeguatezza, fino a pensieri di morte e gesti di suicidio;

              all'interno del disturbo «depressivo maggiore», gli episodi di malessere possono essere codificati in base alla gravità o in base alla risposta alle cure proposte. In particolare, quando un paziente non migliora dai propri sintomi di depressione, nonostante almeno due trattamenti adeguati, si parla di depressione resistente al trattamento, forma estremamente grave di sofferenza;

              la «depressione maggiore», se non correttamente trattata, è associata a una mortalità stimata intorno al 15 per cento. Secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, avviene un suicidio ogni 40 secondi. Nei pazienti affetti da disturbi dell'umore, la messa in atto di almeno un tentativo suicidario nel corso della vita arriva a coinvolgere un individuo ogni tre;

              la depressione è stata riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità come la prima causa di disabilità a livello mondiale (fino a venti anni fa si trovava al quarto posto) ed è destinata a diventare la prima causa di spesa sanitaria entro il 2030. Nonostante questo, solamente 1 paziente su 2 riceve un trattamento corretto e tempestivo;

              nel solo decennio 2005-2015 si è assistito a un aumento dei casi di circa il 20 per cento e, ad oggi, la depressione coinvolge nel mondo oltre 300 milioni di persone;

              in Italia, oltre tre milioni di persone soffrono di depressione, considerando tutte le sue forme. Tra queste, più di 2 milioni sono donne. La «depressione maggiore» colpisce circa il 2 per cento della popolazione italiana (più di un milione di persone), anche in questo caso con una netta prevalenza femminile. Si stima che soltanto una persona su due con «depressione maggiore» abbia ottenuto diagnosi e trattamento;

              circa il 30 per cento dei pazienti con «depressione maggiore», ossia circa 130.000 pazienti, non risponde ai trattamenti tradizionali, nonostante una corretta aderenza alle terapie somministrate a dosi e per tempi adeguati. Questo comporta una mancata risoluzione dei propri sintomi di malattia, andando incontro a cronicizzazione del disturbo;

              l'Italia è al ventesimo posto in Europa per i servizi di salute mentale, ossia il 3,5 per cento della spesa sanitaria totale rispetto all'8-15 per cento degli altri Paesi del G7;

              i risultati di una nuova indagine, che ha coinvolto più di 300 pazienti italiani con «depressione maggiore» resistente al trattamento, dicono che il costo medio sanitario relativo ai costi diretti della depressione maggiore è di 2.612 euro per ogni paziente ed ancor più impressionante è il dato relativo ai costi indiretti ovvero legati alla perdita di produttività;

              le giornate di lavoro perse ogni anno sono mediamente 42, circa 1 giorno a settimana. In media, i costi indiretti possono essere stimati a 7.140 euro (media nazionale), pari a circa il 70 per cento del costo totale della patologia;

              si stima che in Italia il costo sociale della depressione, in termini di ore lavorative perse, sia complessivamente pari a 4 miliardi di euro l'anno. A questi costi si aggiungono i costi legati ai caregiver, tenendo presente che per ogni paziente sono coinvolti almeno 2-3 familiari;

              con riferimento alla spesa out of pocket, ovvero la spesa sanitaria sostenuta direttamente dal privato cittadino, invece si stima un valore medio nazionale pari a 615 euro a paziente;

              depressione e ansia sono le patologie legate alla salute mentale più comuni diagnosticate nell'Unione europea. A quattro persone su cento è stata diagnosticata depressione, a cinque su cento ansia, queste patologie vengono spesso sottovalutate dalle politiche sanitarie dei Governi e delle istituzioni territoriali che hanno il dovere costituzionale di evitare che ciò avvenga;

              non è più rinviabile la «call to action» che coinvolga gli attori istituzionali con l'obiettivo di arrivare ad avere anche in Italia un «piano nazionale per la gestione della malattia», con l'obiettivo di potenziare gli investimenti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale fino a giungere ad un «piano nazionale di lotta alla depressione»;

              il Coronavirus ha demolito il mito dell'eccellenza lombarda nel campo sanitario. La mancanza della medicina territoriale ha cristallizzato l'assenza nel e per il territorio. È importante ripensare gli approcci e le metodologie di prossimità, perché l'assenza di questa presenza ingombrante del vuoto territoriale ha creato una geografia della sanità fatta a «macchia di leopardo». Le regioni non spendono i fondi in maniera uniforme, si procede in ordine sparso e in alcune regioni del Sud, come anche in alcune sacche del Nord, vi è un'assenza che spaventa perché non si conosce lo stato di salute mentale di chi ci vive e quali sono stati gli effetti prodotti dal lockdown. Vi è un'anomia del curare la mente e il corpo. Non tutte le persone che hanno bisogno di un trattamento per l'ansia o la depressione lo ricevono o ricevono una diagnosi; si ha idea che l'incidenza sia bassa. Si potrebbero ricevere le cure appropriate per tempo e non nel tempo;

              un numero elevato di persone con sintomi depressivi non cerca un trattamento, perché crede che questo non funzionerà, che non ci sia soluzione o che i sintomi siano normali dopo un evento di vita traumatico;

              il dottor Francesco Saverio Mennini, docente di economia sanitaria all'Università Tor Vergata, spiega che: «(...) la valutazione dei costi diretti legati ad una patologia è legata all'analisi di tutta una serie di voci di spesa: ospedalizzazioni, visite, spese farmaceutiche, accessi al pronto soccorso. Ma i costi diretti non sono l'unico tassello da tenere in considerazione: abbiamo visto che i costi indiretti possono gravare in maniera importante, basti pensare ai costi previdenziali legati all'elevato numero di giorni di assenza dal lavoro causato da una patologia come la depressione maggiore (nel periodo considerato nell'analisi, 2009-2015, 650 milioni di euro per assegni ordinari di invalidità e pensioni di inabilità, con un incremento dei costi di circa il 40 per cento). Questi dati testimoniano che stiamo parlando di una malattia fortemente invalidante, che impatta in maniera significativa sulla vita dei pazienti e della società, da molteplici punti di vista (...)»;

              la Società italiana di psichiatria, in occasione del quarantennale della «legge Basaglia», ha ribadito le gravi difficoltà dei servizi di salute mentale italiani. Per rendere efficiente la rete dei servizi di un dipartimento di salute mentale è necessario introdurre l'innovazione organizzativa, tecnologica e farmacologica, in modo da poter utilizzare al meglio le competenze delle équipe multidisciplinari. Maggiori investimenti culturali ed economici dovranno, quindi, concretizzarsi in migliori e più tempestivi percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione nell'ambito della salute mentale, in particolar modo per le persone che soffrono di «depressione maggiore», resistente ai trattamenti e a rischio di suicidio, nei confronti delle quali il giusto investimento in risorse organizzative, tecnologiche e farmacologiche è cruciale; in definitiva non c'è salute se non c'è salute mentale;

              il primo «Libro bianco sulla salute mentale» in Italia (2019), presentato in occasione dell'evento «Depressione sfida del secolo, verso un piano nazionale per la gestione della malattia» organizzato a Milano da Janssen e da Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, si pone l'obiettivo di accendere i riflettori sulla «depressione maggiore», una patologia grave ma molto spesso dimenticata e sottovalutata nonostante i dati allarmanti e preoccupanti dell'Organizzazione mondiale della sanità. Lo scopo del documento è quello di testimoniare l'impegno condiviso e concreto volto a combattere gli stereotipi, a facilitare l'accesso alle cure anche innovative e a migliorare la qualità della vita di chi soffre di depressione, contribuendo al tempo stesso a ridurre l'alto impatto di risorse socio-economiche legato a questa patologia;

              un'analisi del 2016 («Access to mental health care in Europe») mostra come l'accesso alle cure di salute mentale può essere insoddisfacente anche nei Paesi ad alto reddito con copertura sanitaria universale e sistemi di assistenza ben sviluppati. Tuttavia, nessuno di questi numeri riporta il totale delle persone che soffrono di disturbi mentali non diagnosticati. E mentre la maggior parte dei sistemi sanitari pubblici dei Paesi europei sostiene di fornire accesso alle cure, nella pratica molti non riescono a raggiungere gli utenti. Il 6,4 per cento della popolazione europea potrebbe soffrire di depressione, secondo uno studio pubblicato su The Lancet public health;

              secondo un rapporto del 2017 finanziato dalla Commissione europea («Joint action on mental health and well-being – depression, suicide prevention and e-health – situation analysis and recommendations for action»), è emerso che spesso si consulta un medico per sintomi fisici come l'insonnia o la stanchezza e si assumono farmaci per questi disturbi, ma non segue un trattamento psicologico sufficiente per individuare l'origine del problema;

              fattori demografici, culturali e socio-politici, come l'accesso ai servizi sanitari, la precarietà del lavoro (la depressione è due volte più frequente nei disoccupati) o l'aumento del costo della vita (l'impatto economico ostacola la crescita economica e l'inclusione sociale), la solitudine possono essere fattori determinanti. Le persone più colpite dalla depressione sono i disabili, i malati oncologici, le persone anziane, quelle che vivono in aree densamente popolate, gli individui con malattie croniche e che svolgono poca attività fisica, le persone con livelli di istruzione e reddito inferiori. A ciò si è aggiunto che la durata all'esposizione al lockdown ha amplificato e rappresentato un fattore predittivo significativo del rischio di presentare peggiori sintomi ansioso-depressivi;

              in tutti i Paesi le conoscenze sull'impatto della pandemia sulla salute mentale sono ancora limitate e perlopiù derivate da esperienze solo parzialmente assimilabili all'attuale epidemia, come quelle che si riferiscono alle epidemie di Sars o Ebola: è verosimile che la domanda di interventi psicosociali aumenterà notevolmente nei prossimi mesi e anni;

              l'investimento nei servizi e in programmi di salute mentale a livello nazionale hanno sofferto per anni di limitati finanziamenti. Non ci si può limitare ad un approccio farmacologico. È importante più che mai raccogliere le sfide che negli ultimi mesi la pandemia ha lanciato, perché la sottrazione della dignità sociale e umana spinge la società a conformarsi alla ripetizione degli eventi senza vedere un futuro differente. Il tema sociale della depressione va inquadrato anche per coloro che hanno dovuto fronteggiare, con armi spuntate, la virulenza e la velocità della propagazione del virus. Degli operatori sanitari e dei medici s'è parlato più come un evento di trincea e non anche come l'operare in una realtà sanitaria malata e depressa;

              il gruppo di lavoro «Salute mentale ed emergenza COVID-19», istituito con decreto del presidente dell'Istituto superiore di sanità ad aprile 2020, ha promosso un programma di intervento per gestire l'impatto dell'epidemia di COVID-19 sulla salute mentale e un programma di intervento per la gestione dell'ansia e della depressione perinatale nell'emergenza e post-emergenza COVID-19. Entrambi i programmi erano mirati a garantire la presa in carico delle persone con disturbi psichiatrici o a elevato rischio di disturbi d'ansia e depressione. In particolare, per quanto riguarda il programma di salute mentale perinatale (che comprende uno screening e un intervento precoce di dimostrata efficacia) si è proposto di adattarlo per agevolarne l'integrazione, nell'attuale situazione di emergenza, nell'ambito dei diversi programmi di intervento a livello regionale. Il «Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale» dell'Istituto superiore di sanità è stato attivo sin dalle prime fasi della pandemia, sia attraverso la partecipazione e la conduzione di studi, sia attraverso indagini valutative dello stato dei servizi disponibili per la popolazione; il Centro, inoltre, ha fornito indicazioni per la gestione dei bisogni dei familiari di pazienti ricoverati in reparti ospedalieri COVID-19;

              per quanto riguarda la presa in carico della cittadinanza in generale e la gestione dell'ansia e dello stress derivanti dall'isolamento e dalla paura delle conseguenze della pandemia, il Centro ha fatto una valutazione sullo stato dei servizi telefonici di primo e secondo livello, stilando due rapporti che raccolgono raccomandazioni e criticità in materia importanti per la gestione di successive ondate pandemiche o per altre situazioni emergenziali;

              il Centro è attualmente impegnato con il Ministero della salute e le principali società scientifiche nel campo della psichiatria in un'indagine conoscitiva sul funzionamento dei servizi di salute mentale dall'inizio dell'epidemia, per verificare se ai pazienti sia stata offerta la continuità delle cure e con quale modalità. La rilevazione, che sarà rivolta a tutti i dipartimenti di salute mentale sul territorio nazionale, sarà importante per riorganizzare la presa in carico e l'assistenza alla luce del permanere delle condizioni emergenziali;

              il 4 agosto 2021 la Conferenza Stato-regioni (intesa 153/CSR) ha sancito il riparto del fondo sanitario nazionale per il 2021 e, in base all'articolo 1, comma 403, della legge n. 178 del 2020, è stato determinato il fabbisogno standard nazionale. Con successivi provvedimenti e in base alla legge richiamata sono state stanziate quote aggiuntive;

              sono 28 i milioni di euro destinati al potenziamento dei servizi territoriali e ospedalieri di neuropsichiatria infantile e adolescenziale (articolo 33 del decreto-legge n. 73 del 2021);

              fra gli obiettivi del piano sanitario nazionale per il 2021 sono stati stanziati 60 milioni di euro per il rafforzamento dei dipartimenti di salute mentale;

              in data 15 ottobre 2021 è stato presentato il rapporto Unicef dal titolo «La condizione dell'infanzia del mondo: nella mia mente». Dal rapporto emerge che in Europa 9 milioni di adolescenti, tra i 10 e i 19 anni, convivono con un disturbo legato alla salute mentale e il suicidio rappresenta la seconda causa di morte (la prima sono gli incidenti stradali) tra i giovani, con 3 ragazzi al giorno che si suicidano;

              nel 2019 nel nostro Paese si stima che il 16,6 per cento dei ragazzi e delle ragazze, tra i 10 e i 19 anni, soffrono di problemi di salute mentale. In totale è una platea di circa 956.000 soggetti. Si registra una percentuale più alta tra le ragazze, che è del 17,2 per cento pari a 478.554, rispetto ai ragazzi, che è del 16,1 per cento pari a 477.518;

              nel 2019 la percentuale di suicidio fra i ragazzi è stimata di gran lunga superiore rispetto alle ragazze, rispettivamente il 69 per cento e il 31 per cento, e la fascia di età più colpita è quella tra i 15 e i 19 anni (1.037 contro i 161 fra i 10 e i 14 anni);

              il rapporto si sofferma anche sulla qualità della vita scolastica, sociale (si intenda anche il bullismo), relazionale e famigliare, cristallizzando lo stress quale componente scatenante del malessere mentale;

              il rapporto dà una fotografia impietosa dello stato del benessere mentale, evidenziando come le politiche di welfare fin qui adottate dai Governi sono state pressappochiste, entropiche e di scarsissima conoscenza del tessuto sociale italiano, ossia di questa strage silenziosa che inesorabilmente continua a mietere vittime;

              sono diversi gli stati di allerta lanciati dai Garanti per l'infanzia e l'adolescenza regionali che evidenziano lo stato di carenza di servizi di neuropsichiatria infantile sui territori, determinando la migrazione sanitaria in altre regioni dove o si è assistiti privatamente oppure si determinano congestioni prestazionali che creano un aggravio di spese, senza con ciò produrre alcun beneficio di sorta per i piccoli pazienti;

              più del 50 per cento dei disturbi neuropsichici dell'adulto hanno inizio in età evolutiva, spesso non intercettati e presi in carico all'esordio, quando, tra l'altro, il margine di intervento e di remissione è maggiore. I disturbi depressivi rendono conto del 40 per cento del carico (burden) di sofferenza e disabilità legato ai disturbi mentali in età evolutiva;

              le risorse previste, nell'ambito di riparto del fondo sanitario nazionale per il 2021, dimostrano quanto il Governo non dia né preminenza al tema e né, tantomeno, il supporto necessario affinché la salute mentale venga affrontata in modo strutturale e non con spot economici e politici, visto che l'Organizzazione mondiale della sanità denuncia che la salute mentale rappresenta la principale sfida per la salute globale del XXI secolo;

              in occasione della Giornata mondiale della salute mentale 2021 è importante addivenire alla strutturazione di un programma d'azione che non sia un puro esercizio di stile (si veda il recente documento sulla salute mentale approvato al G20), ma dia realmente seguito, con azioni concrete, al potenziamento dei servizi e a politiche di intervento che coinvolgano e integrino diversi sistemi e settori che vanno da quello della sanità all'istruzione, dalla ricerca al welfare e al mercato del lavoro,

impegna il Governo:

1) ad avviare in sede governativa un'indagine conoscitiva che certifichi lo stato di salute mentale della popolazione italiana e un conseguente piano d'azione nazionale sulla depressione che affronti gli effetti depressivi prodotti dalle politiche di lockdown legati alla pandemia e non solo;

2) ad avviare urgenti e mirate politiche sanitarie pubbliche, come il potenziamento della qualità e dei servizi di salute mentale sul territorio nazionale, in special modo nelle aree densamente popolate;

3) ad adottare iniziative per inserire, nei percorsi scolastici di ogni ordine e grado e nei luoghi di lavoro, programmi di promozione e sensibilizzazione sul tema della salute mentale;

4) a porre in essere tutte le iniziative di competenza necessarie, e non più rinviabili, per il superamento delle diseguaglianze dei servizi offerti dalle singole regioni, adoperandosi con spirito collaborativo in seno alla Conferenza Stato-regioni;

5) ad adottare iniziative concrete di politiche di intervento che siano integrative e d'insieme dei diversi sistemi e settori, come la ricerca, il welfare e il mercato del lavoro;

6) ad adottare iniziative per costituire un fondo per la cura della depressione che funga da supporto economico per quelle situazioni di salute mentale depressiva certificate nel mondo del lavoro, e non solo, affinché si elimini la spesa out of pocket, si dia la possibilità di curarsi per tempo e non si perda la dignità sociale e la vita;

7) in sede della Conferenza Stato-regioni, a promuovere iniziative urgenti che consentano le necessarie assunzioni per far fronte alla carenza di personale specializzato, di difficile reclutamento, per permettere il turn over e garantire la continuità dei servizi territoriali;

8) a destinare, nel prossimo disegno di legge di bilancio, le necessarie risorse finanziarie con cui portare l'Italia dal ventesimo posto in Europa per i servizi di salute mentale, con una spesa sanitaria del 3,5 per cento, ad una spesa che riduca drasticamente la forbice esistente, in rapporto agli altri Paesi del G7, che oscilla tra l'8 e il 15 per cento;

9) ad adottare iniziative per finanziare, nel disegno di legge di bilancio, lo stanziamento sufficiente a potenziare i servizi territoriali di neuropsichiatria infantile per portarli a una unità complessa ogni 150 mila–250 mila abitanti, necessità questa già indicata dalla Società italiana di neuropsichiatria infantile, dalle associazioni rappresentative e dalla risoluzione n. 8-00115 approvata all'unanimità dalla Commissione affari sociali della Camera dei deputati il 6 maggio 2021;

10) ad avviare, nelle scuole di ogni ordine e grado e sui luoghi di lavoro, questionari anonimizzati al fine di avere dati statistici reali, che certifichino il tasso di pervasività del malessere mentale tra la popolazione italiana, e, conseguentemente, ad adottare iniziative per prevedere risorse finanziarie adeguate con cui potenziare i servizi offerti dai dipartimenti di salute mentale nell'ottica di una vera prossimità di medicina territoriale.
(1-00531) «Leda Volpi, Sapia, Colletti, Forciniti, Cabras, Corda, Paolo Nicolò Romano, Trano, Maniero, Testamento, Spessotto, Giuliodori, Vallascas, Costanzo».


      La Camera,

          premesso che:

              per «grave cerebrolesione acquisita» (Gca) si intende un danno cerebrale, dovuto a trauma cranioencefalico o da altre cause (anossia cerebrale, emorragia e altro), tale da determinare una condizione di coma, più o meno protratto, e menomazioni senso-motorie, cognitive o comportamentali, che comportano disabilità grave;

              oggi si stima che le gravi cerebrolesioni acquisite sono per il 40 per cento dovute a cause traumatiche, quelle vascolari per circa il 50 per cento e quelle anossiche si collocano in un range tra il 10 e 15 per cento. Stime epidemiologiche, purtroppo non aggiornate, sui tassi di incidenza delle gravi cerebrolesioni acquisite e del sottogruppo dei disordini di coscienza appaiono tutt'oggi imprecise e molto diverse non solo nel nostro Paese, ma anche da nazione a nazione a causa dell'estrema difficoltà nel processo di codifica delle gravi cerebrolesioni acquisite. In merito ai pazienti con grave cerebrolesione acquisita a eziologia neuro-traumatica, si stima un tasso di incidenza di 235 soggetti ogni 100.000 abitanti per anno, di cui il 9 per cento circa di livello severo, mentre per quanto concerne le eziologie non traumatiche si stima un range di incidenza pari a 114-350 ogni 100.000 abitanti per anno in Europa (Tagliaferri et al. 2006, Cuthbert JP et al. 2011, Zhang Y et al. 2012);

              la pandemia da COVID-19, che ha colpito il nostro Paese in questi ultimi 18 mesi, ha aggravato la situazione delle persone con danno cerebrale acquisito e delle loro famiglie, soprattutto per coloro che permangono in stato vegetativo o di minima coscienza. La dimissione ospedaliera o dalle strutture di riabilitazione e lungodegenza verso il domicilio necessita di adeguati, qualificati e appropriati supporti medico-infermieristici-assistenziali, riabilitativi e di dispositivi medici o ausili e la garanzia di continuità assistenziale in tutti gli ambiti della sfera personale e familiare, compresi i sostegni sociali oltre che a quelli economici e formativi o di sollievo ai caregiver. Criticità erano già presenti prima della pandemia, sia riguardo alla disponibilità di posti letto nelle strutture riabilitative di II e III livello (unità di alta specialità riabilitativa per le gravi cerebrolesioni – codice 75) o di lungodegenza post acuta, sia come adeguata presa in carico al domicilio del paziente;

              come deve esserci continuità e tempestività nell'organizzazione e nella cogestione della fase acuta e post acuta precoce, altrettanta attenzione e tempestività deve esserci nel passaggio alle fasi successive quando diventa indispensabile l'integrazione tra riabilitazione medica e riabilitazione sociale;

              una persona affetta da grave cerebrolesione acquisita necessita di ricovero ospedaliero per trattamenti rianimatori o neurochirurgici di durata variabile da alcuni giorni ad alcune settimane (fase acuta). Dopo questa fase, sono in genere necessari interventi medico-riabilitativi di tipo intensivo, anch'essi da effettuare in regime di ricovero ospedaliero, che possono durare da alcune settimane ad alcuni mesi (fase post-acuta o riabilitativa). Nella maggior parte dei casi, dopo la fase di ospedalizzazione, permangono sequele che rendono necessari interventi di carattere sanitario e sociale a lungo termine, volti ad affrontare menomazioni, disabilità persistenti e difficoltà di reinserimento familiare, sociale, scolastico e lavorativo (fase del reinserimento o degli esiti);

              dopo una grave cerebrolesione acquisita il recupero della funzionalità motoria e cognitiva può essere molto eterogeneo, in un continuum che si estende dal buon recupero funzionale, con un reintegro nella società, a condizioni di disabilità severa con necessità di assistenza in tutte le attività della vita quotidiana, aggravata per una percentuale di pazienti dall'incapacità di recuperare la coscienza (la capacità di essere consapevoli di sé e dell'ambiente circostante) o che hanno un recupero solo minimale della stessa. Si tratta delle persone che dopo grave cerebrolesione acquisita presentano una condizione definita come disordine persistente della coscienza (che include le diagnosi di stato vegetativo (Sv) e stato di minima coscienza (Smc)). Oltre ad avere una compromissione gravissima della coscienza, queste persone hanno serie menomazioni nella capacità di motilità, nella capacità di masticazione e deglutizione (con conseguente impossibilità ad una ripresa dell'alimentazione per bocca) e necessitano di ricorrere all'alimentazione tramite gastrostomia, attraverso un «tubo posizionato nello stomaco» (Peg), e talora con alterazione della funzione respiratoria, con necessità di ventilazione meccanica;

              per la medicina riabilitativa, il trattamento dei pazienti affetti da queste patologie e la presa in carico delle loro famiglie costituiscono un compito impegnativo ed estremamente complesso, non solo sul piano clinico, ma anche su quello organizzativo e la valutazione della persona con grave cerebrolesione acquisita ai fini della presa in carico riabilitativa richiede un approccio multidimensionale ed interprofessionale, che tenga conto dell'insieme delle problematiche che influiscono sulla sua condizione di salute, compresi i fattori ambientali e familiari;

              all'emergere dello stato di coscienza, quando il paziente è in grado di rispondere e interagire con l'ambiente circostante, si osservano con maggiore evidenza le disabilità residue di tipo neuromotorio, cognitivo e comportamentale (Bell & Sandell, 1998), e le fasce di età più colpite sono molto spesso quelle dei giovani adulti, in particolare per le lesioni da trauma cranico encefalico (Tce) (Cattelani, 2006);

              in molti pazienti, inoltre, la disabilità residua non è costituita in maniera esclusiva da danni di tipo motorio o sensoriale, ma prevalentemente da deficit della sfera cognitiva ed emotivo-comportamentale. Infatti, c'è evidenza che i disturbi conseguenti a grave cerebrolesione acquisita più spesso riportati dai pazienti e dai loro familiari sono di tipo psicologico e neuropsicologico e che tali disturbi sono rilevabili anche a distanza di diversi anni dopo l'evento lesivo (Dikmen et al., 2009; Finnanger et al., 2015; Hoofien, Gilboa, Vakil, & Donovick, 2001; Hurford, Stringer, & Jann, 1998; Millis et al., 2001; Olver, Ponsford, & Curran, 1996; Ponsford, Draper, & Schönberger, 2008);

              si possono osservare disturbi del linguaggio, della memoria, dell'attenzione e delle funzioni esecutive. Il paziente può mostrare difficoltà a comunicare e a comprendere i messaggi verbali, difficoltà ad apprendere nuove informazioni; può non ricordare impegni o appuntamenti da svolgere nell'immediato futuro, ha disturbi delle abilità di concentrazione, di progettazione e di ragionamento. Inoltre, possono presentarsi alterazioni importanti dal punto di vista comportamentale, quali, ad esempio, aggressività, disinibizione, inerzia, apatia, disturbi del tono dell'umore (Hart et al., 2012). Ne derivano esiti di notevole impatto sociale per le conseguenti compromissioni del ruolo familiare, sociale e lavorativo (Draper, Ponsford, & Schönberger, 2007; Engberg & Teasdale, 2004);

              per quanto riguarda i bisogni di riabilitazione neuropsicologica successivi alla fase intensiva e alla dimissione ospedaliera, si osserva che sul territorio, peraltro in questi anni depauperato delle figure sanitarie necessarie per la prosecuzione delle cure di queste persone, raramente è possibile proseguire il percorso intrapreso, in quanto le strutture che consentono l'erogazione dell'assistenza a lungo termine sono oggettivamente carenti. Come raccomandato dalla giuria nella Conferenza di consenso della riabilitazione neuropsicologica (2010) e nella Conferenza di consenso riabilitativa (Modena 2011), l'intervento nell'ambito neuropsicologico deve proseguire con un monitoraggio e un accompagnamento graduale sulla base delle competenze di volta in volta acquisite con la riabilitazione;

              è necessario, inoltre, che la conoscenza inerente ai deficit cognitivo-comportamentali e il rientro al domicilio, il reinserimento in ambito scolastico/lavorativo siano maggiormente condivisi tra tutti gli operatori sanitari dato l'impatto sul programma riabilitativo;

              gli esiti disabilitanti, dunque, delle gravi cerebrolesioni, in particolare di quelle traumatiche, costituiscono un problema di particolare rilevanza sanitaria e sociale nel nostro Paese, come nella maggior parte delle nazioni industrializzate;

              la disabilità viene definita dalla Organizzazione mondiale della sanità come «la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e ambientali che rappresentano le circostanze in cui l'individuo vive»;

              tenendo in considerazione tale definizione alla base della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (Icf), si può affermare che le persone con esiti di una grave cerebrolesione acquisita, ed ancor più se con disordini della coscienza, possono essere definite come un paradigma di «estrema disabilità», cioè sono persone che presentano un bassissimo funzionamento e che richiedono un alto e continuo intervento per eliminazione/riduzione delle barriere ambientali rispetto alle attività e alla partecipazione ed all'implemento dei facilitatori;

              l'impatto della malattia è, quindi, estremamente gravoso e limitante anche nei riguardi di coloro che assistono e si prendono cura di un loro congiunto malato, i cosiddetti caregiver, che di fatto svolgono spesso un vero e proprio lavoro di cura, che, in quanto tale, necessita di tutele, formazione e assistenza specifiche;

              non tutte le realtà regionali hanno un piano sanitario che regola la cura della grave cerebrolesione acquisita e le regioni che lo hanno fatto, lo hanno fatto in maniera disomogenea, trattando il tema nei piani sanitari ma, spesso, senza identificare una strategia coerente e organica del sistema riabilitativo;

              anche il piano di indirizzo risulta disomogeneo e le stesse prestazioni hanno una molteplicità di denominazioni, con la difficoltà di riportare a sistema gli interventi e di offrire correttezza e appropriatezza nelle risposte ai bisogni espressi dai cittadini;

              il nuovo decreto, il cui iter è iniziato nel 2017, recante «Criteri di appropriatezza dell'accesso ai ricoveri di riabilitazione ospedaliera» e le «Linee di indirizzo per l'individuazione di percorsi appropriati nella rete di riabilitazione», dopo essere stati partecipati alle società scientifiche ed alle principali associazioni di erogatori e dei pazienti e dopo aver ricevuto il parere del Consiglio superiore di sanità, sono stati approvati in Conferenza Stato-regioni il 4 agosto 2021;

              in particolare, le linee di indirizzo diventano il supporto, pur mancando qualsiasi riferimento alle problematiche dell'età evolutiva, della programmazione, della riorganizzazione e del potenziamento dei modelli assistenziali e dei servizi sanitari e socio-sanitari a livello regionale o locale, nonché dei criteri generali per lo sviluppo dei percorsi riabilitativi, in una prospettiva di continuità, dalla fase acuta di insorgenza della condizione disabilitante alla fase ospedaliera, a quella territoriale/domiciliare, con fondamentali riferimenti alla logica di una rete integrata di servizi e con l'esplicito richiamo al piano di indirizzo 2011. Il decreto riguarda specificamente l'assistenza riabilitativa nel ricovero ospedaliero, delineando criteri omogenei per valutare l'adeguatezza dell'accesso alle unità codificate 56, 28 e 75, sia per le ammissioni immediatamente successive ai ricoveri in strutture di assistenza acuta sia per coloro che non sono in continuità con gli eventi acuti;

              nonostante tutti questi sforzi, oggi è evidente come vi siano ancora delle macro lacune sull'implementazione di percorsi di cura e presa in carico per le persone con esiti di una grave cerebrolesione acquisita, gravi disabilità, stato vegetativo e di minima coscienza, con un'estrema eterogeneità nazionale e soprattutto regionale in termini di legislazione vigente e servizi offerti ai pazienti e alle loro famiglie dai diversi sistemi di welfare che la pandemia ha ulteriormente aggravato;

              è necessario arrivare ad una presa incarico omogenea su tutto il territorio nazionale della persona con grave cerebrolesione e della sua famiglia,

impegna il Governo:

1) a rendere operativi su tutto il territorio nazionale, in seguito alla loro entrata in vigore, sia il decreto recante «Criteri di appropriatezza dell'accesso ai ricoveri di riabilitazione ospedaliera» sia le «Linee di indirizzo per l'individuazione di percorsi appropriati nella rete di riabilitazione» approvati il 4 agosto 2021 in Conferenza Stato-regioni;

2) a predisporre, fin dal prossimo disegno di legge di bilancio, adeguate misure finanziarie ed economiche volte a sostenere la ricerca sulle gravi cerebrolesioni acquisite;

3) a predisporre, fin dal prossimo disegno di legge di bilancio, risorse economiche e finanziare volte a garantire un adeguato finanziamento dei fondi sociali, in particolare del fondo per la non autosufficienza, del fondo per il caregiver familiare e il fondo per il «dopo di noi»;

4) ad adottare iniziative per sostenere e migliorare la presa in carico domiciliare da parte dei servizi assistenziali, riabilitativi e sociali della persona con esiti da grave cerebrolesione acquisita e della sua famiglia, anche attraverso il budget di salute, promuovendo e incrementando, per quanto di competenza, su tutto il territorio nazionale la realizzazione e l'attivazione di servizi territoriali adeguati e capillari, affinché ogni persona possa trovare assistenza all'interno della propria regione, nonché sostegni economici, psicologici e di sollievo alle famiglie;

5) ad adottare iniziative per garantire che su tutto il territorio nazionale siano presenti in modo omogeneo interventi e offerta di servizi, affinché si possa realmente avere un'integrazione tra riabilitazione sanitaria e sociale;

6) ad adottare iniziative per incrementare la disponibilità di posti letto e di personale sanitario dedicato, affinché le famiglie non debbano affrontare, già nella difficoltà in cui si trovano, spostamenti da una regione all'altra per accedere a tutte le fasi della presa in carico;

7) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per introdurre e normare il fisioterapista di comunità, considerato figura atta a garantire la presa in carico e lo svolgimento del programma riabilitativo domiciliare o attività territoriale;

8) a garantire, per quanto di competenza, l'accesso permanente delle associazioni dei pazienti ai tavoli istituzionali di riferimento e coordinamento e ai comitati che svolgono attività di indirizzo per supportare il paziente e la sua famiglia nella scelta del luogo di cura e nel percorso da avviare, in particolare coinvolgendo le associazioni dopo il periodo di sperimentazione di un anno delle disposizioni previste dal nuovo decreto;

9) a promuovere progetti specifici volti alla realizzazione di percorsi di vita autonoma ed indipendente delle persone con esiti da grave cerebrolesione acquisita in un'ottica di continuità assistenziale dopo la fase riabilitativa;

10) a promuovere l'istituzione di servizi sanitari territoriali che prevedano la presenza di un'équipe multiprofessionale specialistica al fine di una presa in carico integrata degli esiti cognitivo-comportamentali e motori (neuropsicologo, psicologo, psichiatra, neurologi e fisiatra);

11) ad attivare tavoli di lavoro interdisciplinari che coinvolgano i rappresentanti delle società scientifiche dell'équipe riabilitativa (fisiatri, neurologi, psicologi di area neuropsicologica, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti) per condividere competenze in modo coordinato e finalizzato;

12) a dare piena attuazione al l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e del nomenclatore tariffario, tenendo conto delle osservazioni della Commissione affari sociali della Camera dei deputati del dicembre 2016, con l'emanazione del decreto «tariffe».
(1-00532) «Carnevali, Sportiello, Noja, Stumpo, Siani, De Filippo, Rizzo Nervo, Pini, Lepri, Fiano, Berlinghieri».


      La Camera,

          premesso che:

              la cerebrolesione è un danno cerebrale esteso (con distruzione delle cellule neuronali) che può verificarsi a qualsiasi età. Quando una lesione di origine traumatica, o anche di altra natura, determina una condizione di coma più o meno protratto, oltre che menomazioni sensoriali, motorie, cognitive o comportamentali che danno luogo a disabilità, si parla di grave cerebrolesione acquisita, nota con la sigla Gca;

              ogni anno nel nostro Paese tra le 40 e le 100 persone su 100 mila vengono colpite da una grave cerebrolesione acquisita non traumatica, ossia non da incidente ma per cause intrinseche alla persona. A questi numeri vanno aggiunti quelli, numerosi, collegati ai traumi cranici da incidente stradale, infortuni domestici e altro;

              le gravi cerebrolesioni acquisite rappresentano una delle principali cause di morte e disabilità non solo in Italia, ma anche in Europa e i pazienti che sopravvivono ad una grave cerebrolesione acquisita sono molto spesso delle persone che necessitano di un percorso riabilitativo a 360 gradi;

              le gravi cerebrolesioni acquisite rappresentano un problema sanitario e sociale rilevante per l'elevata incidenza e prevalenza di questa grave patologia, per il suo pesante impatto sul sistema familiare, per le conseguenze sociali in termini di difficoltà di reinserimento scolastico o lavorativo, per il numero e la complessità delle sue conseguenze disabilitanti di tipo sensomotorio, comportamentale, cognitivo. Conseguenze che di solito rendono purtroppo difficile e a volte impossibile una vita autonoma;

              una persona affetta da grave cerebrolesione acquisita necessita di ricovero ospedaliero per trattamenti rianimatori o neurochirurgici di tipo intensivo, che possono prolungarsi nel tempo. Nella gran parte dei casi, dopo la fase di ospedalizzazione, permangono sequele che rendono necessari interventi di carattere sanitario e riabilitativo a lungo termine, per poter affrontare disabilità persistenti e difficoltà di reinserimento familiare, sociale, lavorativo e scolastico;

              il trattamento dei pazienti affetti da queste patologie e la presa in carico delle loro famiglie costituiscono, dunque, un compito impegnativo ed estremamente complesso, non solo sul piano clinico, ma anche su quello organizzativo e psichico, che impone un processo di «riorganizzazione» di tutti gli aspetti della vita di queste persone e delle loro famiglie;

              quando un paziente si risveglia dal coma conseguente a una grave cerebrolesione gli esiti generalmente sono molto importanti; spesso si tratta di disabilità multiple e complesse: da gravi menomazioni fisiche a disturbi senso-motori, di comportamento, di attenzione, di linguaggio, di attenzione;

              quello delle gravi cerebrolesioni è, infatti, uno dei campi più complessi della riabilitazione, proprio perché si tratta di patologie multidimensionali e come tali richiedono di essere affrontate da un team multiprofessionale;

              oltre alla terapia farmacologica, il principale trattamento per questi pazienti è la riabilitazione. Nel caso delle gravi cerebrolesioni acquisite i programmi riabilitativi spaziano dal raggiungimento e mantenimento della stabilità internistica (condizione essenziale per iniziare la riabilitazione) al recupero delle abilità tipiche della vita quotidiana, dalla gestione del dolore alla rieducazione delle menomazioni respiratorie, senso-motorie e cognitivo-comportamentali. A ciò si aggiunga il determinante ruolo che viene svolto dagli altri specialisti: il neurologo, il neuropsicologo, il fisiatra, il logopedista e altri;

              le persone con grave cerebrolesione acquisita necessitano, quindi, di una presa in carico integrata che assicuri loro un percorso continuativo dal momento d'esordio dell'evento patologico fino al ritorno, laddove possibile, alla vita sociale;

              gli esiti disabilitanti delle cerebrolesioni gravi costituiscono un problema di particolare rilevanza sanitaria e sociale nel nostro Paese, come nella maggior parte delle nazioni industrializzate;

              i servizi sanitari regionali devono assicurare l'assistenza a un rilevante numero di persone gravemente disabili in seguito a un danno cerebrale. La complessità dei bisogni, l'elevato impegno assistenziale, l'elevato peso psicologico dei pazienti e dei familiari, le difficoltà di inquadramento diagnostico delle persone in stato di ridotta coscienza, nonché la complessità del percorso di cura rendono quanto mai necessaria un'efficiente rete integrata di servizi dedicati, una volta che il paziente viene dimesso dall'ospedale;

              alla fine della fase di cura e riabilitazione ospedaliera, è compito delle strutture riabilitative assicurare la continuità con le strutture territoriali che svolgono la funzione di gestione dei percorsi di deospedalizzazione, reinserimento, assistenza e riabilitazione a domicilio delle persone con grave cerebrolesione acquisita. E questo è ancora più importante per quelle persone che permangono cronicamente in stato vegetativo o di minima coscienza o di gravissima disabilità, per le quali va agevolata la possibilità del rientro al proprio domicilio o, nel caso questo sia impossibile, va assicurata un'assistenza appropriata in strutture di accoglienza protratta;

              in questo ambito va evidenziato il lavoro decisivo svolto dalle tantissime onlus presenti su tutto il territorio nazionale a supporto e a volte, purtroppo, in sostanziale sostituzione dei servizi socio-sanitari territoriali e che grazie al loro lavoro garantiscono quotidianamente servizi e sostegno alle tante persone non autosufficienti e alle famiglie colpite da un caso di grave cerebrolesione acquisita una volta conclusa l'ospedalizzazione;

              determinanti saranno le risorse stanziate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per investire in servizi di welfare, potenziare i servizi socio-sanitari territoriali, migliorare la rete sanitaria territoriale e l'assistenza domiciliare anche a sostegno delle persone con grave cerebrolesione acquisita e, più in generale, delle persone non autosufficienti,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per incrementare, già dal prossimo disegno di legge di bilancio per il 2022, le risorse del fondo per le non autosufficienze e degli altri fondi destinati alla non autosufficienza, individuando una quota per gli interventi riabilitativi e assistenziali delle persone con grave cerebrolesione acquisita;

2) ad adottare iniziative per rifinanziare il fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, di cui all'articolo 1, comma 254, della legge n. 205 del 2017, e incrementare la dotazione finanziaria del fondo di cui all'articolo 1, comma 334, della legge n. 178 del 2020, per gli interventi legislativi di valorizzazione dell'attività di cura non professionale del caregiver, fondo diretto, quindi, alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico delle attività di cura a carattere non professionale del caregiver familiare;

3) ad adottare iniziative per prevedere un rafforzamento dei centri specializzati e una loro maggiore e più efficiente integrazione con le attività territoriali, al fine di realizzare un vero sistema a rete che garantisca al paziente con grave cerebrolesione acquisita la massima continuità assistenziale riabilitativa e sanitaria, dal momento dell'emergenza/acuzie al momento del reinserimento nella vita familiare, sociale e lavorativa;

4) ad adottare tutte le iniziative normative, di concerto con gli enti territoriali, per una sempre maggiore presa in carico e gestione delle persone colpite da grave cerebrolesione acquisita e con gravi e gravissime disabilità e delle loro famiglie, al fine di garantire interventi di carattere sanitario e sociale a lungo termine diversificati in funzione del bisogno specifico o del progetto di vita della persona, volti ad affrontare le disabilità persistenti;

5) ad adottare iniziative di competenza per prevedere, di concerto con le regioni, l'istituzione del registro regionale delle gravi cerebrolesioni con i dati su tutte le persone affette da grave cerebrolesione acquisita che vengono ricoverate presso strutture sanitarie di ciascuna regione, al fine di disporre di dati precisi sull'incidenza delle gravi cerebrolesioni acquisite a livello regionale, sul fabbisogno riabilitativo e assistenziale delle persone affette, sui percorsi di cura e sugli esiti, a supporto di una migliore programmazione regionale nell'ambito dei servizi riabilitativi e assistenziali per le persone con grave cerebrolesione acquisita;

6) ad adottare le opportune iniziative di competenza, anche a sostegno delle famiglie interessate, volte a migliorare la rete integrata di assistenza socio-sanitaria nella presa in carico domiciliare dei pazienti con grave cerebrolesione acquisita, riducendo i forti squilibri territoriali tuttora esistenti in questo ambito in termini di equità nelle condizioni di accesso e di qualità dell'offerta;

7) ad avviare tutte le iniziative di competenza volte a sostenere maggiormente le tante associazioni e onlus presenti su tutto il territorio nazionale che quotidianamente operano in supporto e a volte, purtroppo, in sostanziale sostituzione dei servizi socio-sanitari territoriali a sostegno delle tante persone non autosufficienti e delle famiglie colpite da un caso di grave cerebrolesione acquisita, prevedendo, tra l'altro, un loro costante coinvolgimento nei tavoli istituzionali nazionali e regionali volti all'individuazione e alla programmazione dei migliori percorsi di cura e assistenza dei pazienti con grave cerebrolesione acquisita e dei loro familiari.
(1-00533) «Versace, Bagnasco, Novelli, Bond, Brambilla, D'Attis, Marrocco».


      La Camera,

          premesso che:

              sabato 9 ottobre 2021 si è tenuta a Roma una manifestazione di protesta contro l'obbligo di possesso della certificazione verde per i lavoratori; secondo i dati della questura, alla manifestazione hanno partecipato circa 10.000 persone, tra cui moltissime famiglie con bambini;

              le istanze pacifiche e democratiche della grande maggioranza dei manifestanti sono tuttavia passate in secondo piano a causa di alcune decine di individui che, dopo essersi staccati dal corteo, hanno preso d'assalto la sede della Cgil, dove sono state danneggiati suppellettili ed impianti; a questo inaccettabile atto di vandalismo e di intimidazione sono seguiti disordini al Policlinico Umberto I, dove alcuni medici e infermieri sono stati aggrediti;

              per effetto degli scontri con le forze dell'ordine, che hanno riportato diversi feriti, alcuni individui appartenenti a queste frange violente sono stati arrestati; tra loro, sono stati individuati esponenti del movimento di Forza Nuova;

              alla luce di tali fatti, è stata avanzata da alcune forze politiche di maggioranza la proposta di sciogliere il movimento neofascista ed è stata richiamata in proposito la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che sancisce il divieto di ricostituzione del partito fascista, e la sua disposizione attuativa, la legge 20 giugno 1952, n. 645, cosiddetta legge Scelba; nel rispetto dei principi sanciti dagli articoli 18 e 49 della Costituzione, che tutelano i partiti e stigmatizzano tutte le organizzazioni che non sono in linea con i principi costituzionali della democrazia, la legge Scelba contempla la possibilità di scioglimento per decreto come extrema ratio rispetto alla mancanza nel sistema ordinamentale di altri strumenti per raggiungere il medesimo obiettivo;

              l'ordinamento italiano prevede, sia a livello costituzionale che normativo, forme di controllo e restrizione nei confronti di movimenti sovversivi; nondimeno è importante sottolineare come queste abbiano sempre incontrato un'applicazione restrittiva – in ottemperanza al carattere liberale e democratico del nostro sistema – e coerente al dettato costituzionale nel suo complesso, in particolare con riferimento al nucleo insopprimibile dei principi del nostro ordinamento fondamentale; non è infatti nello spirito del nostro ordinamento costituzionale consentire l'adozione di misure di restrizione delle libertà fondamentali, tanto più di quelle di natura politica, senza un'attenta ponderazione della pluralità di interessi in gioco;

              appare convincente, in questo senso, l'interpretazione sostenuta da autorevole dottrina costituzionalistica che riconduce il divieto della XII disposizione transitoria e finale non solo al «disciolto partito fascista», ma ad ogni partito che «sotto qualsiasi forma», perseguendo l'instaurazione di dittature o l'abbandono dei principi democratici, ne richiami le caratteristiche; ciò appare più coerente con lo spirito che i Padri costituenti hanno inteso imprimere alla nostra Carta, nel senso che il contrasto all'ideologia fascista non può essere intesa solo come la resistenza verso una realtà storica ben determinata (le contingenze storiche al momento della sua redazione non potevano che richiedere la presenza di una tale clausola), ma anche nei confronti di tutte le istanze ideologico-programmatiche estremiste e violente;

              quanto richiamato emerge con chiarezza anche dalla lettera dell'articolo 2 della legge 20 giugno 1952, n. 645, la cui portata si dispiega nei confronti di movimenti di ogni ispirazione politica nella misura in cui esaltino la violenza come metodo di lotta politica;

              sulla base di queste premesse, a livello giurisprudenziale, sono state enucleate alcune condizioni pratiche per l'applicazione della misura di scioglimento così delicata e radicale, che incide intensamente sugli spazi di libertà degli individui; tra queste condizioni rientrano la presenza di una condotta violenta, la chiara intenzione di ricondurre tale violenza al sovvertimento dell'ordine costituzionale e la concreta pericolosità del movimento;

              questi criteri sono stati concepiti e utilizzati nei tre casi di scioglimento di associazioni neofasciste che si sono verificati nella storia repubblicana, tutti peraltro operati su impulso dell'autorità giudiziaria e non su iniziativa del Governo; data l'estrema delicatezza dell'oggetto, la magistratura e il Governo, come più volte sottolineato dalla Corte costituzionale, sono dunque chiamati ad applicare la normativa sulla condotta politico-eversiva «secondo lo spirito della Costituzione per un'adeguata applicazione al caso concreto» (sentenza n. 74 del 1958);

              non va dimenticato che nel nostro ordinamento esistono altre fattispecie di reati politici atte proprio a reprimere condotte associative sovversive non specificamente riconducibili al fascismo: è il caso del delitto di associazione sovversiva, previsto dall'articolo 270 del codice penale;

              l'assalto alla sede della Cgil portato avanti da esponenti di Forza Nuova costituisce non solo un grave atto contro l'ordine pubblico, ma anche un'intollerabile lesione dei valori costituzionali del nostro sistema;

              episodi di violenza simili non sono, purtroppo, sconosciuti nella storia recente del nostro Paese: si pensi ai disordini causati a Genova dai centri sociali legati dalla rete Indymedia durante il G8 del 2001; e più recentemente: alle devastazioni in seguito ad un corteo antifascista promosso dal centro sociale «Kavarna» di Cremona (24 gennaio 2015); al pestaggio da parte di una quindicina di esponenti dei centri sociali torinesi di due militanti del gruppo studentesco «Aliud» (12 novembre 2019); all'assalto contro il comune di Torino, ricoperto di uova e vernice, e al rogo dell'effige del Presidente del Consiglio dei ministri (Torino, 11 ottobre 2021); alle violenze dei «No Tav» contro le forze dell'ordine e i simboli delle istituzioni; alle decine di aggressioni ad esponenti del centrodestra e della sinistra parlamentare negli ultimi anni;

              questi fatti di assoluta violenza ingenerano nell'opinione pubblica allarme sociale e minacciano la convivenza libera e democratica tra i cittadini;

              altrettanto gravi episodi di violenza sono da imputarsi a organizzazioni e ad associazioni legate tanto alla sinistra estrema quanto all'estrema destra e al radicalismo islamico, attivamente impegnate nella propaganda antisemita indirizzata strumentalmente contro lo Stato d'Israele, certamente perseguibili ai sensi della legge Scelba e, soprattutto, ai sensi dell'articolo 270 del codice penale;

              al riguardo si possono citare le ripetute aggressioni ai rappresentanti della Brigata ebraica nel corso delle celebrazioni per il 25 aprile, delle quali si rendono responsabili ogni anno esponenti dell'area antagonista e dei centri sociali; il Partito marxista leninista italiano di Firenze che organizza la commemorazione del dittatore Mao Tse Tung e pubblica manifesti accusando Israele di essere una nazione di «criminali nazisti sionisti» con foto di un palestinese armato; i cento centri sociali che combattono «l'apartheid israeliano», il cui elenco è pubblicato in rete;

              dalla Relazione sulla politica dell'informazione per la sicurezza 2020 della Presidenza del Consiglio dei ministri si evince, inoltre, che «le evidenze raccolte dall'intelligence nel 2020, sistematicamente condivise con le forze di polizia, fanno stato di come l'anarco-insurrezionalismo resti la componente eversiva endogena più vitale», con 98 attentati terroristici riconducibili all'area anarchica nel 2019 e 24 attentati e 52 arrestati nel 2020;

              ad ogni modo, è necessario evitare pericolose strumentalizzazioni all'interno del dibattito politico-istituzionale, distinguendo in maniera chiara il piano della tutela della salute e delle resistenze alle azioni governative relative alle misure adottate in tale ambito da quello più strettamente politico, legato a contrapposizioni di tipo ideologico che rischiano di compromettere i successi registrati nel fronteggiare l'emergenza sanitaria che consentono la ripartenza del Paese,

impegna il Governo:

1) ad adottare tempestivamente ogni misura prevista dalla legge per contrastare tutte – nessuna esclusa – le realtà eversive che intendano perseguire il sovvertimento dei valori fondamentali dell'ordinamento costituzionale e, di conseguenza, che rappresentano un concreto pericolo per l'impianto democratico;

2) a dare seguito, con sollecitudine, per quanto di competenza e secondo legge, alle verifiche e agli accertamenti della magistratura in ordine agli episodi del 9 ottobre 2021 richiamati in premessa.
(1-00534) «Molinari, Occhiuto, Lollobrigida, Lupi».

Risoluzioni in Commissione:


      La VII Commissione,

          premesso che:

              sono circa 250 le istituzioni scolastiche site nelle piccole isole e nelle comunità montane che affrontano quotidianamente molteplici difficoltà di gestione dell'organizzazione didattica e del personale;

              infatti, spesso, i luoghi in cui si trovano queste scuole disincentivano il personale scolastico, in particolar modo quello a tempo determinato, ad accettare proposte di lavoro in quanto gli spostamenti casa-scuola-casa sono difficoltosi logisticamente o comunque antieconomici;

              è proprio notizia di questi giorni che, ad esempio, ad Ustica, piccola isola in provincia di Palermo, ex Istituto comprensivo dell'isola non ha riaperto i battenti, nonostante le 350 convocazioni inoltrate, così come accade nella piccola isola di Linosa;

              invero, i molti docenti e personale Ata presenti nelle graduatorie provinciali delle supplenze, che attendono con ansia la possibilità di potere accettare una proposta di supplenza, ritengono che gli spostamenti o la permanenza nelle piccole isole comporta una spesa talmente rilevante da risultare addirittura antieconomica;

              questa situazione, però, ha, negli anni, fortemente compromesso e leso il diritto all'istruzione che si ricorda essere un diritto costituzionalmente garantito che impone al Governo scelte strategiche volte al superamento delle criticità sorte;

              inoltre, ad aggravare ulteriormente la situazione particolare dell'isola di Ustica è sopraggiunta quest'anno la notizia del dimensionamento scolastico voluto e determinato dalla regione siciliana che ha comportato la perdita dell'autonomia scolastica e quindi l'accorpamento al Convitto nazionale di Palermo «Giovanni Falcone»; in breve è come se fosse un plesso dell'istituto del capoluogo siciliano;

              proprio a causa di siffatto dimensionamento tantissimi insegnanti hanno chiesto il trasferimento altrove temendo di essere trasferiti a Ustica in considerazione dell'unicità dell'organico d'istituto,

impegna il Governo:

          a porre in essere le più idonee iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, anche normative, volte a garantire il diritto all'istruzione degli alunni e delle alunne frequentanti le scuole delle isole, e considerando in particolare la situazione dell'isola di Ustica, anche affinché si pervenga all'attribuzione dell'autonomia scolastica ad istituti come quello di cui in premessa;

          ad adottare iniziative volte a prevedere misure incentivanti rivolte al personale scolastico pendolare in particolare nelle piccole isole, a fronte del possesso di un regolare contratto di lavoro almeno a tempo determinato;

          ad adottare iniziative di competenza per favorire soluzioni alternative al pendolarismo, in tale contesto, anche attraverso la promozione di soluzioni alloggiative presso le piccole isole per il personale scolastico, al fine di garantire concretamente il diritto allo studio e alla continuità didattica dell'utenza ed in considerazione delle molteplici criticità derivante dalla posizione geografica dei luoghi.
(7-00740) «Casa, Villani, Chiazzese, Perconti, Varrica, Papiro, D'Orso, Cancelleri, Alaimo, Giarrizzo».


      La VII Commissione,

          premesso che:

              la conferenza sul futuro dell'Europa è una iniziativa promossa dalle istituzioni dell'Unione europea: si tratta di una serie di dibattiti e discussioni avviati su iniziativa dei cittadini che consente a chiunque in Europa di condividere le proprie idee e contribuire a plasmare il futuro comune;

              i temi trattati dalla Conferenza si articoleranno attorno a quattro macro aree (dieci temi su cui intervenire):

                  democrazia e valori europei, diritti e Stato di diritto, sicurezza;

                  cambiamento climatico, ambiente e salute;

                  rafforzamento economico, giustizia sociale, lavoro ed educazione, sport e trasformazione digitale;

                  Unione europea nel mondo, migrazioni;

              la Conferenza sul futuro dell'Europa nasce per offrire a tutti i cittadini europei un'occasione per ragionare sulle sfide e le priorità dell'Europa e per riflettere sul futuro dell'Unione europea. Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione europea si sono impegnati ad ascoltare la voce degli europei e a dare seguito, nell'ambito delle rispettive competenze, alle raccomandazioni ricevute;

              la Conferenza, secondo la presentazione ufficiale dell'Unione europea, «intende rispecchiare la nostra diversità e portare l'Europa oltre le sue capitali, raggiungendo tutti gli angoli dell'Ue, rafforzando il legame tra i cittadini europei e le istituzioni al loro servizio. Come? Attraverso una moltitudine di eventi e dibattiti organizzati in tutta l'Ue e tramite una piattaforma digitale interattiva multilingue. I giovani sono particolarmente incoraggiati a partecipare e a condividere le loro idee. Possono organizzare eventi anche le autorità europee, nazionali, regionali e locali, nonché la società civile e altre organizzazioni, in modo da coinvolgere più persone possibile»;

              la Conferenza è aperta ai cittadini di tutta l'Unione europea, di qualunque provenienza e contesto. Un ruolo particolare è previsto per le generazioni più giovani, che svolgeranno un ruolo centrale nel plasmare il futuro del progetto europeo. A questa iniziativa contribuiranno una vasta platea di soggetti, dalla società civile alle organizzazioni, dalle autorità europee e nazionali agli enti locali;

              la Conferenza dovrebbe giungere a conclusioni nella primavera del 2022, e fornire orientamenti sul futuro dell'Europa e, dunque, è di fondamentale importanza promuovere ad ogni livello la partecipazione attiva dei cittadini italiani al dibattito già in corso. I lavori della Conferenza avrebbero dovuto avviarsi il 9 maggio 2020, ma sono stati poi rimandati anche a causa della pandemia di COVID-19;

              l'Italia è stata fra i primi Stati Membri ad offrire un contributo di idee su modalità, obiettivi e organizzazione della Conferenza, tramite un non-paper, pubblicato nel febbraio 2020 ed aggiornato di recente alla luce degli sviluppi dell'ultimo anno, in primis la crisi da COVID-19 e il varo di Next Generation Eu;

              l'Italia è convinta sostenitrice della Conferenza per il futuro dell'Europa come strumento per coinvolgere i cittadini europei nella costruzione del futuro dell'Unione europea e di tutti noi. Proprio per questo, sono stati istituiti un Comitato scientifico e un Comitato organizzativo dedicati alla partecipazione italiana alla Conferenza;

              ad oggi sono 19 mila i contributi e i commenti giunti sulla piattaforma digitale, quasi 1.700 gli eventi segnalati;

              va comunque segnalato, in questo contesto, che le modalità online di partecipazione possano rappresentare per i giovani italiani un ostacolo a proporre le proprie idee. Gli ultimi dati ufficiali relegano infatti i giovani del nostro Paese tra i peggiori dell'area Ue per tasso di competenze digitali;

              il 2022, sarà l'anno europeo dei giovani;

              Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha ribadito come «i giovani debbano essere protagonisti della Conferenza sul futuro dell'Europa, perché il futuro è loro»;

              l'attuale generazione di giovani, aggiunge von der Leyen, dotata di alto livello di istruzione, di grande talento e fortemente motivata, «si è sacrificata molto per salvaguardare la sicurezza degli altri». Per più di un anno, ha quindi osservato ancora la presidente della Commissione, ai giovani è stato chiesto di rispettare le distanze sociali, di isolarsi e di seguire i corsi da casa, dunque ciò che si fa «dal Green Deal a “Next Generation EU”, è finalizzato a proteggere il loro futuro», stando attenti, è quindi stato l'avvertimento, a che non vi siano «intoppi, perché L'Europa ha bisogno di tutti i suoi giovani». Se vogliamo plasmare la nostra Unione a loro immagine, è quindi stata la conclusione, «i giovani devono poter plasmare il futuro dell'Europa. La nostra Unione deve avere un'anima e una visione in cui i giovani possano credere»;

              con l'espressione «dialogo dell'UE con i giovani» si intende il dialogo con i giovani e le organizzazioni giovanili a cui partecipano decisori e responsabili politici, nonché esperti, ricercatori e altri pertinenti attori della società civile. Funge da sede di riflessione e consultazione permanente sulle priorità, sull'attuazione e sul seguito della cooperazione europea in materia di gioventù;

              il dialogo dell'Unione europea con i giovani rappresenta l'evoluzione del processo di «dialogo strutturato» istituito mediante la risoluzione su un quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù (2010-2018). In questa nuova fase di dialogo, la parola chiave è «inclusione». Si cercherà infatti di includere tra gli interlocutori un maggior numero di giovani, in particolare coloro che, non essendo parte di organizzazioni giovanili, hanno minori opportunità di partecipare ai processi decisionali; gli obiettivi specifici del dialogo dell'Unione europea con i giovani sono:

                  incoraggiare la partecipazione dei giovani alla vita democratica in Europa;

                  promuovere la parità di partecipazione tra i giovani, uomini e donne;

                  prevedere diverse voci e garantire a tutti i giovani la possibilità di contribuire alla definizione delle politiche;

                  produrre un cambiamento positivo nelle politiche in materia di gioventù a livello locale, regionale, nazionale ed europeo;

                  rafforzare le competenze dei giovani in materia di cittadinanza, nonché il loro senso di appartenenza alla società e all'Unione europea;

              l'educazione civica è stata resa obbligatoria dal 2020 tramite la legge n. 92 del 20 agosto 2019, che ha introdotto l'insegnamento trasversale della materia nel primo e nel secondo ciclo di istruzione; si tratta di un'iniziativa finalizzata alla sensibilizzazione e alla formazione di una cittadinanza responsabile già a partire dalla scuola dell'infanzia;

          l'Educazione civica è una disciplina trasversale che interessa tutti i gradi scolastici, a partire dalla scuola dell'infanzia fino alla scuola secondaria di II grado;

          secondo le linee guida varate dal Ministero dell'istruzione l'insegnamento di Educazione civica ruota intorno a tre nuclei tematici principali:

                  Costituzione, diritto (nazionale e internazionale), legalità e solidarietà, la conoscenza, la riflessione sui significati, la pratica quotidiana del dettato costituzionale rappresentano il primo e fondamentale aspetto da trattare. Tale aspetto contiene e pervade tutte le altre tematiche, poiché le leggi ordinarie, i regolamenti, le disposizioni organizzative, i comportamenti quotidiani delle organizzazioni e delle persone devono sempre trovare coerenza con la Costituzione, che rappresenta il fondamento della convivenza e del patto sociale del nostro Paese. Collegati alla Costituzione sono i temi relativi alla conoscenza dell'ordinamento dello Stato, delle regioni, degli enti territoriali, delle autonomi locali e delle organizzazioni internazionali e sovranazionali, prime tra tutte l'idea e lo sviluppo storico dell'Unione Europea e delle Nazioni Unite. Anche i concetti di legalità, di rispetto delle leggi e delle regole comuni in tutti gli ambienti di convivenza (ad esempio, il codice della strada, i regolamenti scolastici, dei circoli ricreativi, delle associazioni e altro) rientrano in questo primo nucleo concettuale, così come la conoscenza dell'inno e della Bandiera nazionale;

                  sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio. L'Agenda 2030 dell'Onu ha fissato i 17 obiettivi da perseguire entro il 2030 a salvaguardia della convivenza e dello sviluppo sostenibile. Gli obiettivi non riguardano solo la salvaguardia dell'ambiente e delle risorse naturali, ma anche la costruzione di ambienti di vita, di città, la scelta di modi di vivere inclusivi e rispettosi dei diritti fondamentali delle persone, primi fra tutti la salute, il benessere psicofisico, la sicurezza alimentare, l'uguaglianza tra soggetti, il lavoro dignitoso, un'istruzione di qualità, la tutela dei patrimoni materiali e immateriali delle comunità. In questo nucleo, che trova comunque previsione e tutela in molti articoli della Costituzione, possono rientrare i temi riguardanti l'educazione alla salute, la tutela dell'ambiente, il rispetto per gli animali e i beni comuni, la protezione civile;

                  cittadinanza digitale. Alla cittadinanza digitale è dedicato l'intero articolo 5 della legge, che esplicita le abilità essenziali da sviluppare nei curricoli di Istituto, con gradualità e tenendo conto dell'età degli studenti. Per «Cittadinanza digitale» deve intendersi la capacità di un individuo di avvalersi consapevolmente e responsabilmente dei mezzi di comunicazione virtuali. Sviluppare questa capacità a scuola, con studenti che sono già immersi nel web e che quotidianamente si imbattono nelle tematiche proposte, significa da una parte consentire l'acquisizione di informazioni e competenze utili a migliorare questo nuovo e così radicato modo di stare nel mondo, dall'altra mettere i giovani al corrente dei rischi e delle insidie che l'ambiente digitale comporta, considerando anche le conseguenze sul piano concreto. L'approccio e l'approfondimento di questi temi dovranno iniziare fin dal primo ciclo di istruzione: con opportune e diversificate strategie, infatti, tutte le età hanno il diritto e la necessità di esserne correttamente informate. Non è più solo una questione di conoscenza e di utilizzo degli strumenti tecnologici, ma del tipo di approccio agli stessi; per questa ragione, affrontare l'educazione alla cittadinanza digitale non può che essere un impegno professionale che coinvolge tutti i docenti contitolari della classe e del consiglio di classe;

              appare evidente che la «Conferenza sul futuro dell'Europa» rientri pienamente tra le finalità dell'educazione civica insegnata negli istituti ed è quindi auspicabile che gli scopi e le modalità partecipative dell'iniziativa varata dalla Commissione europea possano essere promossi all'interno delle scuole, nel pieno rispetto dell'autonomia didattica,

impegna il Governo

a promuovere nelle scuole e nelle università, coerentemente con le linee guida vigenti della materia educazione civica e nel pieno rispetto dell'autonomia didattica, i contenuti, gli scopi e le modalità partecipative della «Conferenza sul futuro dell'Europa» promossa dalla Commissione europea, anche al fine di coinvolgere pienamente i giovani e gli studenti italiani, attraverso iniziative tematiche promosse all'interno degli istituti scolastici e negli atenei, e superare il digital divide ancora attualmente presente nel nostro Paese.
(7-00741) «Di Giorgi, Ciampi, Piccoli Nardelli, Lattanzio, Prestipino, Nitti, Rossi, Orfini».


      La XIII Commissione,

          premesso che:

              dopo tre anni di negoziati, il Consiglio dei ministri dell'agricoltura dell'Unione europea, svoltosi il 28 e il 29 giugno 2021, ha approvato raccordo raggiunto dalle tre istituzioni sulla riforma della politica agricola comune (Pac), che comprende tre regolamenti recanti norme sul sostegno ai piani strategici, sul finanziamento e sulla gestione (regolamento orizzontale), nonché modifiche alla disciplina sull'organizzazione comune dei mercati;

              il pacchetto di proposte che compongono la riforma dovrà ora essere definitivamente approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio;

              la Commissione europea ha altresì pubblicato, il 18 dicembre 2020, delle raccomandazioni rivolte agli Stati membri, che rispondono agli obiettivi generali della Pac al fine di: promuovere un settore agricolo intelligente, resistente e diversificato che garantisca la sicurezza alimentare; rafforzare la tutela dell'ambiente e l'azione per il clima e contribuire agli obiettivi ambientali e climatici dell'Unione; rafforzare il tessuto socio-economico delle aree rurali e rispondere alle preoccupazioni sociali; promuovere e condividere le conoscenze, l'innovazione e la digitalizzazione in agricoltura e nelle zone rurali;

              la futura Pac entrerà quindi in vigore il 1o gennaio 2023, al termine del periodo transitorio previsto per gli anni 2021 e 2022, durante il quale sono prorogate le regole della precedente programmazione;

              la dotazione finanziaria della nuova Pac corrisponde a un importo di 386,6 miliardi di euro a prezzi correnti, comprensivi della quota di risorse a valere sullo Strumento per la ripresa (Next generation UE), a supporto dei quasi 7 milioni di aziende agricole europee;

              la nuova Pac consentirà agli Stati membri una maggiore flessibilità nell'utilizzo delle dotazioni finanziarie e la concessione di pagamenti più mirati in risposta alle esigenze degli agricoltori e delle comunità rurali;

              la nuova Pac contiene una serie di innovazioni, tra le quali rivestono particolare importanza:

                  l'introduzione di un nuovo modello di attuazione, che prevede l'elaborazione da parte di ciascuno Stato membro di un Piano strategico nazionale, attraverso l'integrazione delle azioni di entrambi i pilastri della Pac, nonché la presentazione di un rapporto annuale sulle performance;

                  l'obbligo per gli Stati membri di stabilire nei rispettivi Piani strategici una dotazione finanziaria per i regimi per il clima e l'ambiente (o eco-schemi), in linea con il Green Deal;

                  le disposizioni volte ad assicurare flessibilità nel trasferimento dei fondi tra i pilastri;

                  la possibilità di scorporare tutti i costi del lavoro dall'applicazione del meccanismo del capping che, a scelta dello Stato membro, può essere applicato per importi superiori a 100.000 euro al sostegno di base al reddito per azienda;

                  l'applicazione di criteri oggettivi formulati dallo Stato membro ai fini della definizione e dell'individuazione degli agricoltori attivi;

                  l'aumento del livello del sostegno accoppiato al reddito, a cui è possibile destinare fino al 13 per cento delle dotazioni finanziarie dei pagamenti diretti e un ulteriore 2 per cento per le colture proteiche;

                  gli incentivi in favore dei giovani agricoltori, a cui gli Stati membri possono destinare un importo almeno pari al 3 per cento della dotazione dei pagamenti diretti annuali;

                  la possibilità di destinare una percentuale dei pagamenti diretti alla costituzione di un fondo di mutualizzazione da destinare al risarcimento dei danni subiti dagli agricoltori a seguito di eventi catastrofali;

                  l'inclusione di una clausola di condizionalità sociale che gli Stati membri potranno applicare volontariamente dal 2023 e obbligatoriamente dal 2025;

              la nuova disciplina contiene importanti innovazioni anche nel settore dell'olio di oliva, laddove è prevista la possibilità di finanziare anche interventi di carattere strutturale, analogamente a quanto accade per il settore vitivinicolo, ed è stata soppressa la previsione, che – nella proposta della Commissione – limitava l'aiuto finanziario dell'Unione nel settore dell'olio d'oliva al 5 per cento del valore della produzione commercializzata da ciascuna organizzazione di produttori o associazione di organizzazioni di produttori;

              per il settore vitivinicolo, per le nuove autorizzazioni, sarà ancora possibile convertire i vecchi diritti in portafoglio ai produttori e che si prevede l'indicazione dei valori nutrizionali nell'etichetta;

              la nuova disciplina consente di delegare alle Autorità regionali l'attuazione e la gestione degli interventi dello sviluppo rurale, nonché di riconoscere nuovi organismi pagatori a livello regionale;

              il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in collaborazione con le regioni e province autonome e il supporto della rete rurale nazionale, ha avviato le attività di approfondimento e analisi necessarie a definire la cornice programmatoria e le strategie di intervento, che hanno consentito di strutturare l'analisi dello stato attuale dell'agricoltura italiana e delle aree rurali;

              il 19 aprile è stato attivato il tavolo di partenariato per stabilire le modalità di raggiungimento degli obiettivi della nuova Pac ed è iniziato il coinvolgimento degli stakeholder;

              l'elaborazione del Piano strategico nazionale, che dovrà essere trasmesso alla Commissione europea entro la fine dell'anno, implica una serie di scelte rilevanti per lo sviluppo, le prospettive e l'evoluzione della politica agricola nazionale dei prossimi anni: in tale ambito sarebbero necessari interventi volti a semplificare le procedure, cancellare il registro dei titoli, favorire l'accesso ai terreni e una distribuzione più equa delle risorse,

impegna il Governo:

          ad adottare iniziative per fissare un tetto massimo ai titoli già nel primo anno della nuova programmazione e per prevedere una piena convergenza al valore medio dei titoli stessi entro il 2026. ai fini di un superamento del sistema dei titoli storici;

          ad adottare iniziative per prevedere, tra le pratiche agricole suscettibili di ricevere il maggiore sostegno degli eco-schemi, la conversione ad agricoltura biologica e il suo mantenimento, la rotazione con le leguminose, che dovrebbe essere collegata ad una strategia per le proteine vegetali, l'allevamento estensivo, che può aiutare le aree rurali e montane, l'agricoltura di precisione, la gestione accurata della risorsa idrica, il mantenimento dei pascoli permanenti, nonché ogni attività agricola ricadente nelle zone montane e nei siti di importanza comunitaria (Sic);

          ad adottare iniziative per destinare ai giovani agricoltori il 4 per cento della dotazione annuale dei pagamenti diretti, ai fini di un adeguato sostegno al ricambio generazionale;

          a introdurre nei bandi per il sostegno allo sviluppo rurale una specifica premialità per le imprese a conduzione femminile, anche considerato il fatto che la parità di genere è una delle priorità trasversali del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

          ad adottare iniziative per prevedere, tra i criteri per la definizione di «agricoltore attivo», che la superficie minima ammessa a pagamento sia pari almeno ad un ettaro e che siano esclusi automaticamente taluni soggetti dalla predetta qualifica (black list), nonché per aumentare la soglia minima dei pagamenti a 400 euro;

          a destinare i pagamenti accoppiati ai settori più in difficoltà economica, come ad esempio quello della barbabietola da zucchero, e ai settori caratterizzanti l'agricoltura di montagna, come la zootecnia estensiva, permettendo così anche il ripopolamento di aree marginali;

          a definire nei bandi per l'accesso alle risorse l'introduzione di premialità per le aziende agricole che si dotano di strumenti della gestione del rischio;

          ad adottare iniziative per accantonare il 3 per cento delle risorse del primo pilastro per la costituzione di un fondo mutualistico su scala nazionale che consenta a tutti gli agricoltori di dotarsi di strumenti per la gestione del rischio, tenuto conto della crescente gravità degli eventi calamitosi in agricoltura e delle pesanti conseguenze economiche e sociali sul settore;

          ad applicare le disposizioni riguardanti la condizionalità sociale evitando un aggravio degli oneri burocratici;

          ad adottare le necessarie iniziative normative volte ad aumentare l'attuale volume minimo per il riconoscimento delle organizzazioni di produttori, al fine di rendere il settore agricolo più competitivo.
(7-00739) «Gallinella, Gagnarli, Viviani, Incerti, Caretta, Gadda, Fornaro, Dall'Osso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      MURONI, FUSACCHIA, FIORAMONTI, CECCONI e LOMBARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della cultura, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

          con decreto ministeriale del 12 dicembre 1997 è stata istituita la Riserva naturale statale delle Isole di Ventotene e Santo Stefano, luogo di grande interesse naturalistico e storico e parte della memoria democratica dell'Italia e dell'Europa; qui, infatti, fu concepito il Manifesto di Ventotene per una Europa Federale. La gestione della Riserva è affidata al comune di Ventotene, mentre le funzioni di vigilanza della gestione della stessa è del Ministero della transizione ecologica. Sono stati previsti vincoli e modalità autorizzative specifiche, con procedure definite a cui il comune di Ventotene come ente gestore e il Ministero della transizione ecologica quale organo di garanzia si devono attenere;

          queste procedure non sono mai state rispettate in quanto non è stata mai nominata, da parte del Ministero della transizione ecologica la Commissione di riserva e, quindi, non sono mai stati richiesti i pareri previsti. Le autorizzazioni dovrebbero essere rilasciate dall'organismo di gestione della riserva statale, previo parere della Commissione di riserva ai sensi del suddetto decreto ministeriale del 18 aprile 2014;

          si evidenzia, inoltre, che non è stata mai avviata, a quanto risulta agli interroganti, neanche la fase progettuale e attuativa del Piano di gestione;

          in questo contesto appare grave che siano state approvate le procedure e i progetti urbanistici e architettonici inerenti al Progetto straordinario «per il recupero e la valorizzazione dell'ex carcere borbonico dell'isola di Santo Stefano. Questo progetto è stato finanziato nel 2016 per 70 milioni di euro con delibera Cipe n. 3 del 2016»;

          il 3 agosto 2017 è stato firmato il contratto istituzionale di sviluppo (Cis), recupero e rifunzionalizzazione dell'ex carcere borbonico dell'isola di Santo Stefano Ventotene allo scopo di coordinare le diverse istituzioni coinvolte nei processi autorizzativi;

          tutto questo nonostante il Cis preveda tra l'altro: all'articolo 4, comma 2, che: «Ciascuna Parte garantisce, sin d'ora, l'esecuzione delle eventuali attività e istruttorie tecniche necessarie agli atti approvativi, autorizzativi, al rilascio di pareri e di tutti gli altri atti di competenza, nel rispetto dei tempi definiti nel cronoprogramma delle schede intervento» e all'articolo 14 comma 2 che: «Qualora dovessero manifestarsi fattori ostativi tali da pregiudicare in tutto o in parte l'attuazione degli interventi nei tempi stabiliti, il responsabile unico del contratto sottopone al Tavolo di valutare la necessità di procedere ad avviare le procedure per la rimodulazione dei finanziamenti all'interno del presente CIS, per la segnalazione al CIPE di fatti e circostanze rilevanti, ai fini dei provvedimenti di competenza, ivi inclusa l'attribuzione dei finanziamenti ad altro livello di governo, nonché l'attivazione dei poteri sostitutivi di cui all'articolo»;

          risulta ancora più grave il fatto che, a seguito delle osservazioni fatte, entro il 5 luglio 2021, alla Via da vari soggetti interessati – studiosi, associazioni ambientaliste, cittadini – in merito al progetto e nonostante le comunicazioni e le prescrizioni notificate il 25 giugno 2021 dal coordinatore della sottocommissione Via al soggetto attuatore Invitalia e ai membri che hanno sottoscritto il Contratto istituzionale di sviluppo (Cis) il 30 giugno 2021 è stata annunciata la pubblicazione del Concorso internazionale di progettazione per l'ex carcere borbonico nell'isola di Santo Stefano di Ventotene –:

          se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare, nel rispetto delle competenze regionali e comunali, la regolarità dei lavori programmati nell'ambito del Cis per il restauro dell'ex carcere borbonico di Santo Stefano, finanziati nel 2016 per 70 milioni di euro; nonché di quali elementi disponga circa le decisioni complessive assunte per l'attivazione del Cis e circa l'utilizzo dei fondi già impiegati e non direttamente utilizzati per i lavori previsti, quali le spese di gestione, di comunicazione e di consulenza per lo staff del Commissario straordinario del Governo per il recupero dell'ex carcere sopra citato e circa le decisioni assunte dal comune di Ventotene quale ente di gestione della Riserva naturale statale delle isole di Ventotene e Santo Stefano.
(5-06869)


      FERRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          con provvedimento del direttore generale 11 febbraio 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – IV Serie Speciale – «Concorsi ed Esami» 5 marzo 2019, n. 18, è stato indetto il concorso pubblico a complessivi n. 302 posti (226 uomini; 76 donne), elevati a 376 (282 uomini; 94 donne) di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria;

          l'articolo 259-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 ha autorizzato l'amministrazione penitenziaria all'assunzione di 650 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria di cui 488 uomini e 162 donne, in via prioritaria mediante scorrimento della graduatoria degli idonei del suddetto concorso pubblico a 302 posti, elevati a 376, di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria e, per la parte residua, mediante scorrimento della graduatoria della prova scritta del medesimo concorso;

          in esecuzione del sopracitato articolo 259-bis, decreto-legge n. 34 del 2020, con provvedimento del direttore generale 11 febbraio 2021 sono stati convocati per gli accertamenti psicofisici e attitudinali di cui agli articoli 12 e 13 del bando di concorso:

              1) i candidati risultati idonei alla prova scritta che hanno riportato il punteggio da 9,700 a 9,325 e, pertanto, quelli classificatisi tra la posizione n. 456 e la posizione n. 1077 della graduatoria;

              2) le candidate risultate idonee alla prova scritta che hanno riportato il punteggio da 9,750 a 9,700 e, pertanto, quelle classificatesi tra la posizione n. 253 e la posizione n. 399 (in considerazione del medesimo punteggio conseguito a partire dalla posizione 284) della graduatoria;

          con decreto dirigenziale 12 ottobre 2021 è stata approvata, ai sensi del citato articolo 259-bis, decreto-legge n. 34 del 2020, la graduatoria degli idonei della prova scritta del concorso in esame. In particolare:

              riguardo alla graduatoria aliquota uomini, è prevista l'assunzione, all'esito dello scorrimento della graduatoria degli idonei non vincitori, di 412 uomini, di cui l'ultimo con punteggio di 9,275;

              riguardo alla graduatoria aliquota donne, è prevista l'assunzione, all'esito dello scorrimento della graduatoria degli idonei non vincitori, di 45 donne, di cui l'ultima con punteggio di 9,700;

          non rientrano nelle previste assunzioni, a quanto consta all'interrogante, 123 candidati, di cui 67 donne e 56 uomini, benché già convocati agli accertamenti psicofisici a attitudinali, in virtù del provvedimento del direttore generale 11 febbraio 2021, e risultati idonei in esito ad essi;

          pertanto, si pone la necessità di impiegare le assunzioni straordinarie programmate nel 2021 per il Corpo della polizia penitenziaria, rispettivamente:

              dall'articolo 1, comma 287, legge n. 205 del 2017 (237 unità);

              dall'articolo 1, comma 381, legge n. 145 del 2018 (100 unità);

              dall'articolo 19, decreto-legge n. 162 del 2019 (18 unità);

              dall'articolo 1, comma 984, legge n. 178 del 2020 (200 unità);

          si tratta di un totale complessivo di 555 pianificate assunzioni straordinarie, onde assumere le suindicate 123 unità di candidati idonei ma non risultati vincitori in esito allo scorrimento della graduatoria di cui al citato decreto dirigenziale 12 ottobre 2021;

          tali assunzioni si rendono necessarie per esigenze di economicità, efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa, nonché per fare fronte alla carenza di organico del Corpo di polizia penitenziaria, vieppiù crescente, in considerazione dei pensionamenti in atto e di quelli previsti nel breve e medio periodo, in quanto trattasi di candidati idonei e, dunque, effettivamente in grado di prendere servizio nell'immediatezza, mentre, ove si attendesse il completamento di una prossima tornata concorsuale, si dilaterebbero i tempi di avvicendamento del personale destinato al congedo;

          pertanto occorre, ai sensi delle suindicate previsioni normative, che sia adottato un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che preveda le programmate assunzioni straordinarie entro il 31 dicembre 2021, delle suindicate 123 unità di candidati che risultano all'interrogante idonei non vincitori –:

          quali iniziative il Governo intenda assumere per risolvere la problematica indicata.
(5-06874)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BATTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della cultura, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          la Società Italiana degli autori ed editori (Siae) è un ente pubblico economico a base associativa sottoposto alla vigilanza congiunta della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero della cultura e del Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi della legge 9 gennaio 2008, n. 2;

          «Villa Rosa – Casa Lavarello» è uno splendido stabile ottocentesco in stile Liberty situato in via Marconi a Varazze in provincia di Savona;

          l'edificio è conosciuto ai più con il nome di «Villa Cilea», poiché fu dimora del celebre compositore Francesco Cilea, nato a Palmi, in provincia di Reggio Calabria, nel 1866, ma che visse per quarant'anni, dal giorno del suo matrimonio con Rosa Lavarello nel 1909, e fino alla morte avvenuta nel 1950, a Varazze (di cui fu nominato cittadino onorario);

          la villa, censita nel catalogo generale dei beni culturali a cura del Ministero della cultura, con il codice univoco n. 00110949, e considerata, quindi, tra i beni architettonici e paesaggistici di particolare interesse presenti nel nostro Paese, è circondata da un ampio giardino a due passi dal mare e si sviluppa su tre piani con grandi saloni arricchiti da affreschi del pittore lucchese Luigi De’ Servi in cui sono conservate le partiture del maestro, il suo pianoforte a coda, nonché la scrivania personale;

          dopo la morte del compositore, nel febbraio 1960, la vedova Rosa Lavarello donò l'immobile alla Siae affinché venisse destinato «a favorire l'incremento del patrimonio artistico della Nazione con particolare preminente riguardo alla musica lirica, sinfonica e da camera, a vantaggio dei compositori di tale genere di musica anzidetta e per quelli di libretti d'opera o testi per musica sinfonica-corale»;

          recentemente, il Fai (Fondo per l'ambiente italiano) ha inserito la splendida villa patrizia, ex dimora dell'autore dell'Arlesiana, tra i cosiddetti luoghi del cuore, ovvero luoghi giudicati da una giuria popolare di particolare interesse e meritevoli di attenzione e preservazione, denunciando come la casa museo risulti inagibile, a causa probabilmente di decenni di scarsa manutenzione, ed in vendita, con il rischio di perdere un elemento importante del patrimonio culturale non solo locale e fortemente radicato sul territorio ma anche di rilevanza nazionale;

          la missione di Siae riguarda, come specificato nel sito internet ufficiale della società, «l'intero settore dell'industria culturale e dello spettacolo. In questo modo, nel tutelare i diritti del singolo associato, promuove il diritto alla crescita culturale dell'intera comunità dei cittadini e svolge un'azione fondamentale per il settore» –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e della situazione che caratterizza la politica di investimento perseguita dalla Siae nei confronti della storica struttura varazzina e, se del caso, non ritenga di dover assumere iniziative specifiche, per quanto di competenza, per verificarne la correttezza, allo scopo di tutelare i cittadini italiani dalla perdita di un importante potenziale polo culturale caratterizzato da un fortissimo valore simbolico.
(4-10450)


      CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          è balzata alle cronache giornalistiche la notizia secondo la quale l'Aifa, Agenzia italiana del farmaco, sarebbe indagata dalla Corte dei conti con l'accusa di presunto danno erariale «per scelta pubblica non adeguatamente ponderata»;

          in particolare, nel mirino della magistratura contabile vi sarebbe la scelta dell'Aifa di aver rifiutato, in una riunione del 29 ottobre 2020, cui presero parte, tra gli altri, anche i rappresentanti del Ministero della salute, 10.000 dosi di farmaci monoclonali che, a titolo gratuito, la casa farmaceutica Eli Lilly avrebbe fornito all'Italia per avviare un trial clinico sul nostro territorio: in altre parole, uno studio controllato per testarne l'efficacia;

          tale rifiuto è risultato ancor più incomprensibile nella misura in cui, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, gli stessi monoclonali sono stati autorizzati e acquistati poi, dall'Italia, a marzo del 2021, a prezzi che si aggirano intorno ai 100 milioni di euro per 150 mila dosi;

          a fronte degli allarmanti fatti oggetto di indagine appena sopra riportati, vi è da dirsi che, ad oggi, dopo che è stata data la stura alla utilizzazione dei monoclonali, la loro somministrazione non ha decollato, evidentemente anche per un deficit organizzativo, causato, in primis, dal Governo, che, tra l'altro, sul tema non sembra aver garantito una efficace informazione alla medicina territoriale che, se coinvolta adeguatamente, avrebbe potuto procedere tempestivamente riducendo ospedalizzazioni e decessi;

          invero, come emerge da un report dell'Aifa, nella settimana fra il 24 e il 30 settembre 2021, su un totale di 22.194 nuovi positivi solo l'1,63 per cento è stato trattato con monoclonali e l'impiego degli stessi è stato altamente eterogeneo da una regione all'altra, con percentuali anche al di sotto dello 0,5 per cento in alcune regioni;

          appare evidente che i ritardi nella approvazione dell'utilizzo dei monoclonali e la disorganizzazione dimostrata per la loro somministrazione hanno causato gravi conseguenze per l'intero sistema sanitario, la salute dei cittadini, oltre che un incalcolabile sperpero di risorse pubbliche, ma soprattutto potrebbe aver determinato un numero spaventoso di vittime;

          la predetta dinamica deficitaria è oltremodo deprecabile e incomprensibile nella misura in cui, secondo recenti risultati dello studio di fase 3 Blaze-1, con la somministrazione dei due anticorpi monoclonali prodotti dalla Eli Lilly, si ridurrebbe il rischio di ospedalizzazione e morte per Covid-19 del 70 per cento;

          a destare ulteriori perplessità sulla vicenda in analisi vi è da dirsi che l'Aifa avrebbe addirittura negato il 22 dicembre 2020 di aver ricevuto l'offerta gratuita dall'azienda farmaceutica, come sopra riportato;

          a suffragare l'opaca e inefficace gestione da parte del Governo delle fasi, autorizzazione e di somministrazione degli anticorpi in parola vi sarebbero le dichiarazioni del dottor Ranieri Guerra – ex direttore vicario dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – che, nel suo libro, riferisce di aver informato il Ministero della salute sull'importanza dell'utilizzo delle cure monoclonali nelle prime ore dell'infezione ma che tali indicazioni furono trascurate;

          appaiono, dunque, davvero incomprensibili le ragioni per le quali il Governo, tanto efficace e puntuale nell'approvare norme relative al green pass e disposizioni anche secondo l'interrogante, illogiche quanto liberticide che hanno caratterizzato la gestione della pandemia, non sia, di contro, intervenuto con la medesima solerzia in ordine alla autorizzazione e somministrazione dei monoclonali, che, come anzidetto, avrebbero potuto evitare centinaia di migliaia di ospedalizzazioni e soprattutto decessi e scongiurare un incalcolabile sperpero di risorse pubbliche atteso che la validazione di terapie precoci sarebbe potuta essere una valida opzione per affrontare l'emergenza sanitaria –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di chiarire i ritardi in ordine all'approvazione ed utilizzazione delle cure monoclonali;

          se non intenda fornire chiarimenti, per quanto di competenza, in ordine alla riunione dell'Aifa del 29 ottobre 2020 in cui si sarebbe deliberato di rifiutare le dosi monoclonali offerte gratuitamente;

          se non intenda illustrare quali attività di vigilanza il Ministero della salute abbia svolto nei confronti dell'Aifa nel periodo oggetto della presente vicenda;

          se non intenda chiarire le ragioni per le quali non vi sarebbe stata una tempestiva informazione ai medici di base ed una conseguente predisposizione di univoci protocolli per una efficace somministrazione delle cure monoclonali;

          se non si intenda, per quanto di competenza, far luce su eventuali responsabilità politiche e amministrative in relazione a quanto sopra.
(4-10468)


      LUCASELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          secondo fonti di stampa da dicembre sarà possibile scaricare on line un nuovo videogioco dal titolo «Fursan al-Aqsa: The Knights of the Al-Aqsa Mosque», tradotto in italiano con «I cavalieri di Gerusalemme»;

          il gioco ha per protagonista un miliziano arabo il cui obiettivo è quello di uccidere più israeliani possibile nella lotta di liberazione della Palestina dalle sponde del fiume Giordano fino alle spiagge sul Mediterraneo;

          interpellato da un giornalista lo sviluppatore ha dichiarato che il gioco «è un gioco d'azione che affronta il conflitto israelo-palestinese da una prospettiva palestinese, rompendo il cliché secondo cui gli arabi sono ritratti come terroristi», e secondo lo stesso articolo «nel trailer del gioco (...) i giocatori sono invitati a pugnalare, sgozzare, ammazzare, fare saltare in aria i soldati delle Israeli Defense Forces (Idf) per “liberare” la moschea di Al-Aqsa»;

          stando alla ricostruzione giornalistica «il gioco ricostruisce in tutto e per tutto azioni belliche assimilabili a quelle di Hamas», descrivendo la storia del protagonista Ahmad al-Falastini, che sarebbe stato ingiustamente torturato e detenuto dalle forze di difesa israeliane (Idf) per cinque anni e che uscito dal carcere, si unisce ai Cavalieri di al-Aqsa, organizzazione di fantasia che lotta per la liberazione della Palestina;

          destano sconcerto non solo i contenuti e la violenza del gioco, ma anche il messaggio di fondamentalismo islamico che lo permea, con uccisioni effettuate al grido di «Allah è grande» e con un messaggio che appare al termine del gioco quando il protagonista fallisce nella sua impresa e viene abbattuto dalle Idf, descritto dall'articolo: «Nella schermata appare una mano insanguinata, una pistola e un coltello su una bandiera palestinese con la didascalia “Sei diventato un martire”, seguito da “Gioisci, o madre del martire, gioisci! Prepara tuo figlio per il suo matrimonio (in paradiso). Lega la fascia su tutto il tuo dolore e stendi il suo fazzoletto di nozze. Diffondi la tua rabbia contro l'oppressore, la sua ingiustizia deve essere fermata”» –:

          quali urgenti iniziative, di competenza, anche normative, intenda assumere per impedire la distribuzione in Italia del gioco di cui in premessa.
(4-10470)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


      SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          secondo notizie di stampa, il 1o aprile 2021 è stato venduto a Basilea, per 4 milioni 50 mila franchi, un palazzo di mille metri quadri di proprietà della Fopras, una fondazione che si occupava, tra le altre cose, di corsi di lingua e cultura italiana; l'edificio ha inoltre, per anni, ospitato il Comitato degli italiani all'estero (Comites) della città;

          i corsi di lingua menzionati erano, pare, finanziati dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il quale avrebbe anche contribuito, con una cifra importante, alla ristrutturazione del palazzo. Come garanzia, però, delle somme spese, la Farnesina avrebbe potuto rifarsi allo statuto della fondazione: in particolare, all'articolo 11, il quale recitava che, «in caso di scioglimento della Fopras, il Consolato italiano avrebbe ereditato tutto, capitale e immobili»;

          nel 2018 – secondo quanto dichiarato da Marco Tommasini, consigliere del Comites – il consolato rinunciò però ai propri diritti a beneficio dell'Ecap, un ente di formazione professionale fondato dalla Cgil, già denunciato nel 2016 dal Cantone di Zurigo per aver incassato 5,3 milioni di franchi per corsi-fantasma;

          proprio nel 2016 l'Ecap si era fuso con Fopras, integrando tre attività gestite da quest'ultima: «i corsi di lingua e cultura italiana del livello primario (decreto-legge n. 64 del 2017, articolo 10) organizzati nella Circoscrizione consolare di Basilea nei cantoni Basilea-Città, Basilea-Campagna, Argovia, Soletta e Giura; la scuola primaria “SEIS Sandro Pertini” che offre un insegnamento bilingue e biculturale a tempo pieno, come scuola italiana non paritaria riconosciuta dalle autorità locali; l'asilo nido “Kindertraumhüüsli” che offre assistenza diurna a bambini in età compresa tra quattro mesi e sette anni»;

          tale fusione con Fopras avrebbe quindi permesso all'Ecap di continuare l'attività senza problemi, incamerando 900.000 franchi «e immobili per quasi 2 milioni»;

          sempre secondo lanotiziagiornale.it, il Comites parrebbe essere stato informato dei termini dell'accordo con Ecap con oltre sei mesi di ritardo, e solo dopo la partenza del console: inoltre, «in cambio di una quota della vendita del palazzo che avrebbe dovuto essere suo, il Consolato si accollava pure i costi dello scorporo della sede dal patrimonio sociale, le spese “di intermediazione immobiliare”, le tasse notarili e di registro, l'imposta sul trasferimento di proprietà e l'“eventuale imposta da utili”»;

          il rogito giunse nell'aprile 2021; alla fine, il consolato di Basilea guadagnò dall'operazione 1,78 milioni di euro. All'Ecap sono andati invece «664 mila franchi, in aggiunta ai 900 mila dell'attivo circolante già incassato nel 2018 e a un padiglione valutato 150 mila. Tutti contenti? L'Ecap senz'altro: le risorse Fopras hanno contribuito, nel 2018, a risarcire il Cantone di Zurigo e a far ritirare la denuncia. Quanto al Consolato, è convinto di aver “tenuto conto degli interessi della comunità italiana e dell'erario”. Ma lo Stato? Ci ha rimesso, eccome: ha di fatto regalato all'Ecap quasi un milione 700 mila franchi senza trasparenza e senza un chiaro motivo. Oltre ai 700 mila franchi che continua a sborsare all'Ecap ogni anno, per i corsi di lingua e cultura italiana» –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda sopra esposta e quali iniziative di competenza intenda mettere in atto al fine di far luce sulla stessa.
(4-10453)

CULTURA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      ZOLEZZI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

          con l'interrogazione in Commissione ambiente, n. 5-05195, presentata dall'interrogante veniva chiesto al Ministero della transizione ecologica se ritenesse esprimersi su una nuova Via regionale del progetto dell'area «ex lago Paiolo» a Mantova (la precedente autorizzazione era scaduta il 4 novembre 2018) in merito a eventuali nuove richieste di edificazione, a seguito dei riscontri nel 2017 e 2020 da parte del Gruppo naturalistico mantovano circa la presenza di specie inserite nella direttiva 43/92/CE «habitat» (rana latastei e testuggine palustre padana oltre che aironi inseriti nella Direttiva 2009/147/CE «uccelli»);

          veniva chiesto se il Governo ritenesse di avviare l'iter per la designazione di sito di importanza comunitaria per questa area;

          il Ministero della transizione ecologica rispose il 17 dicembre 2000 che non risultavano richieste di candidatura del sito per essere ricompreso nella Rete Natura 2000, né dal comune di Mantova né dal Parco del Mincio; l'adozione delle necessarie misure di conservazione, sono poste dalla normativa di settore in capo alle singole regioni e la regione Lombardia non ritiene vi siano attualmente i presupposti cosicché il Ministero della transizione ecologica in mancanza di una proposta regionale, non può al momento avviare l'iter per la designazione di nuovi siti;

          successivamente alla risposta, il comune di Mantova e il parco del Mincio, a mezzo stampa, hanno dichiarato intenti di richiesta di tutela e acquisto dell'area ma la settima asta è stata aggiudicata l'8 luglio 2021 ad un'impresa di Verona, la Imprendo srl che fa capo all'immobiliare Toffalini & Toffalini, sempre di Verona che ha superato economicamente l'offerta del Parco del Mincio;

          l'area conserva significativi ambienti naturali, con la presenza di specie di particolare interesse, non solo faunistico ma anche vegetazionale e costituisce parte pregiata e tipica del paesaggio mantovano e ricorda l'esistenza fino al XII secolo del quarto lago (memoria storica). Nel 2011 furono raccolte più di 10.000 firme a Mantova dal comitato «salviamo il Paiolo» per impedire l'edificazione nell'area, a testimonianza del riconoscimento locale del pregio;

          il Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004) prevede, all'articolo 136, che sono immobili ed aree di notevole interesse pubblico: «a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica(...); b) le ville, i giardini e i parchi (...) che si distinguono per la loro non comune bellezza; (...) d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze»; l'articolo 137 ricorda come apposite Commissioni regionali formulano proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico delle aree indicate all'articolo 136; all'articolo 138, (Avvio del procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico) è stabilito che: «1. Le commissioni di cui all'articolo 137, su iniziativa dei componenti di parte ministeriale o regionale, ovvero su iniziativa di altri enti pubblici territoriali interessati, acquisite le necessarie informazioni attraverso le soprintendenze e i competenti uffici regionali e provinciali e consultati i comuni interessati nonché, ove opportuno, esperti della materia, valutano la sussistenza del notevole interesse pubblico, ai sensi dell'articolo 136, degli immobili e delle aree per i quali è stata avviata l'iniziativa e propongono alla regione l'adozione della relativa dichiarazione». Al comma 3 del medesimo articolo è disposto che: «È fatto salvo il potere del Ministero, su proposta motivata del soprintendente, previo parere della regione interessata che deve essere motivatamente espresso entro e non oltre trenta giorni dalla richiesta, di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136»;

          stante la risposta all'interrogazione parlamentare n. 5-05195 citata, non risulterebbe attualmente interesse di regione Lombardia per l'area in questione, ma la stessa non risulta essere stata ancora coinvolta nella richiesta del «notevole interesse pubblico» –:

          se il Ministro interrogato intenda adottare le iniziative di competenza per chiedere il notevole interesse pubblico dell'area «ex Lago Paiolo» di Mantova e interfacciarsi con regione Lombardia in tal senso.
(5-06854)


      ZOLEZZI. — Al Ministro della cultura, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

          il raddoppio ferroviario fra Mantova, Cremona e Codogno è un'opera strategica inserita nell'accordo di programma Rfi-Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e nel Pnrr con relativi finanziamenti commissariamento e insiste su un'area in pesante, persistente e ingravescente infrazione per qualità dell'aria (direttiva (UE) 2008/50);

          va considerato che l'Oms ha rivisto al ribasso i limiti medi annui del PM2.5 a 5 e, in quest'area, ove vi è il record italiano e l'area si colloca al secondo posto in Unione europea per l'inquinamento, il PM2.5 medio annuo supera i 25 e l'ozono ha sforato 120 mcg/m3 per 63 giorni anche nel 2021 (dati Arpa Lombardia);

          è in corso la valutazione d'impatto ambientale e risulta dai documenti pubblici che il Ministero della cultura abbia chiesto integrazioni a Ministero della transizione ecologica, Soprintendenza ed enti locali in data 24 marzo 2021 in merito al progetto definitivo del raddoppio della tratta Mantova Piadena, prima fase funzionale del raddoppio Mantova, Cremona, Codogno;

          nel documento si fa riferimento in realtà anche al possibile impatto paesaggistico cumulativo con l'opera regionale definita «autostrada Mantova-Cremona» e all'autostrada Tirreno-Brennero, opere entrambe senza progettazione definitiva (la Mantova Cremona aveva visto richieste di modifiche progettuali per incompatibilità alla Via) e senza finanziamento;

          sono quotidiani i disservizi sulla linea ferroviaria a singolo binario, in un'area a elevata produzione industriale che tenta di spostare una parte maggiore delle merci su ferro (oggi meno del 5 per cento), con gli studi scientifici come Ecopassenger che riportano inquinamento 30 volte maggiore per le merci su gomma rispetto al ferro. Stante lo stato di avanzamento progettuale, operativo e finanziario dell'opera di raddoppio ferroviario, risulta all'interrogante opinabile rallentare quest'opera verosimilmente in funzione di un'opera regionale autostradale priva di sostanza e di necessità;

          anche la riqualificazione della strada statale 10 viene sostanzialmente bloccata dal mancato abbandono del progetto autostradale (ammissione dell'assessore alle infrastrutture in Lombardia Terzi) e la strada necessita di riqualificazione urgente –:

          se siano state prodotte le integrazioni di cui in premessa richieste dal Ministero della cultura e se, in ogni caso, si intendano adottare iniziative per la sola parte relativa all'opera di raddoppio ferroviario fra Mantova e Codogno, velocizzando la realizzazione del raddoppio ferroviario anche in funzione delle tempistiche dell'utilizzo dei fondi Pnrr dedicati al solo raddoppio ferroviario.
(5-06871)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      ANGIOLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          nei provvedimenti legislativi emanati per fronteggiare i disagi economici e sociali connessi alla diffusione della pandemia da COVID-19 sono contenute diverse misure che hanno prodotto importanti riflessi sull'attività di riscossione;

          le prime disposizioni urgenti sono rientrate nel «Decreto Cura Italia» (decreto-legge n. 18 del 2020), cui ha fatto seguito il «Decreto Rilancio» (decreto-legge n. 34 del 2020);

          successivamente, il «Decreto Agosto» (decreto-legge n. 104 del 2020) ha previsto il rinvio dei termini di scadenza delle misure introdotte nei precedenti decreti-legge fino al 15 ottobre 2020, ulteriormente differiti al 31 dicembre 2020 dal decreto-legge n. 125 del 2020;

          il «Decreto Ristori» (decreto-legge n. 137 del 2020) ha introdotto ulteriori novità in materia di riscossione e, in particolare, il differimento al 1° marzo 2021 del termine di pagamento delle rate 2020 della «Rottamazione-ter», del «Saldo e stralcio» e della «Definizione agevolata delle risorse UE», in precedenza fissato al 10 dicembre 2020 dal «Decreto Rilancio», nonché l'estinzione delle procedure esecutive in corso con il pagamento della prima rata della rateizzazione, a condizione che non si sia ancora tenuto l'incanto con esito positivo o non sia stata presentata istanza di assegnazione, ovvero il terzo non abbia reso dichiarazione positiva o non sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati;

          il decreto-legge n. 183 del 2020 ha fissato al 28 febbraio 2021 la scadenza del periodo di sospensione dell'attività di riscossione;

          in ragione del protrarsi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, il «Decreto Sostegni» (decreto-legge n. 41 del 2021), ha disposto i seguenti ulteriori interventi in materia di riscossione: differimento al 30 aprile 2021 del termine di sospensione per il versamento delle entrate tributarie e non tributarie derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento affidati all'agente della riscossione. Sono, pertanto, sospesi i pagamenti in scadenza dall'8 marzo 2020 al 30 aprile 2021, incluse le rate dei piani di rateizzazione ordinari; differimento al 30 aprile 2021, del periodo di sospensione delle attività di notifica di nuove cartelle e degli altri atti di riscossione;

          i termini stabiliti dal «Decreto Sostegni» sono stati ulteriormente modificati dalla legge n. 106 del 2021, di conversione del «Decreto Sostegni-bis» (decreto-legge n. 73 del 2021), che ha differito, dal 30 aprile al 31 agosto 2021, il termine «finale» del periodo di sospensione delle attività di riscossione. I pagamenti dovuti, riferiti agli atti in scadenza dall'8 marzo 2020 al 31 agosto 2021, per cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento affidati all'agente della riscossione, devono essere effettuati entro il mese successivo alla scadenza del periodo di sospensione e, dunque, entro il 30 settembre 2021. Sono stati, inoltre, ridefiniti i termini utili ad effettuare i versamenti delle rate scadute nel 2020 e quelle dovute per il 2021 della definizione agevolata;

          va considerato anche che, ai sensi dell'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, «se l'espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall'articolo 26, di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni» –:

          se i contribuenti che all'inizio della sospensione dei pagamenti causata dalla pandemia avevano ricevuto cartelle di pagamento o avvisi di presa in carico di somme oggetto di avvisi di accertamento esecutivi di cui all'articolo 29 del decreto-legge n. 78 del 2010, possano subire un pignoramento senza il preventivo avviso di pagamento entro 5 giorni che, come noto, in situazioni normali deve essere notificato ai sensi dell'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 qualora sia decorso più di un anno dalla notifica dei predetti atti.
(5-06856)


      UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il comma 48 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2021, concernente le unità immobiliari possedute da residenti all'estero, prevede che, a partire dall'anno 2021, per un solo immobile a uso abitativo, non locato o dato in comodato d'uso, posseduto in Italia a titolo di proprietà o usufrutto da soggetti non residenti nel territorio dello Stato che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l'Italia residenti in uno Stato di assicurazione, diverso dall'Italia, l'imposta municipale di cui all'articolo 1, da commi 739 a 783, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, sia applicata nella misura della metà;

          al fine di stabilire una forma di ristoro per i comuni che vedano ridotte le proprie entrate derivanti dall'attuazione della norma in questione, il comma 49, dell'articolo 1, della legge di bilancio 2021 ha istituito anche un Fondo, con una dotazione di 12 milioni di euro quale parziale forma di ristoro per il minor gettito –:

          di quali informazioni disponga il Governo circa l'attuazione della norma, con particolare riferimento al numero delle persone che hanno avuto accesso all'agevolazione, e quali siano le risorse del Fondo eventualmente utilizzate da parte dei comuni interessati.
(5-06859)

Interrogazione a risposta scritta:


      DORI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          Poste Italiane S.p.a., la più importante azienda postale italiana, è una società per azioni partecipata per il 29,3 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, per il 35 per cento da Cassa depositi e prestiti, a sua volta controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, e per la residua parte da investitori istituzionali e retail, con un capitale sociale di 1.306.110.000 euro;

          l'azionista di maggioranza è il Ministero dell'economia e delle finanze che detiene circa il 60 per cento del capitale sociale esercitando un importante potere direttivo;

          Poste Italiane S.p.a. registra una crescita costante dei ricavi. La società, infatti, ha chiuso il bilancio 2020 con un utile di 1,2 miliardi di euro e solo nel primo semestre 2021 i ricavi sono saliti del 14 per cento rispetto ai primi sei mesi del 2020, con un utile netto di 773 milioni di euro;

          nonostante il buono stato di salute, si ha notizia di una precarizzazione cronica del personale, costretto a lavorare in condizioni di incertezza e perfino disagevoli, come accade, ad esempio, agli addetti al servizio di consegna a domicilio della corrispondenza;

          Poste Italiane S.p.a. pare adottare in modo sistematico contratti a tempo determinato per sopperire alle carenze strutturali di organico, impiegando lavoratori precari nella gestione delle ordinarie esigenze aziendali;

          l'attività aziendale sul territorio è organizzata per zone che devono essere servite quotidianamente in modo capillare ed efficiente. A fronte di tale esigenza, l'utilizzo di strumenti di lavoro precario ha, invece, un'incidenza negativa sui servizi offerti ai cittadini;

          nel corso del rapporto di lavoro a tempo determinato i lavoratori acquisiscono competenze fondamentali specialmente in relazione al territorio di riferimento, maturando capacità ed esperienze professionali di elevato valore. Tuttavia, alla scadenza del termine, il personale già formato viene sostituito progressivamente da nuove risorse contrattualizzate a tempo determinato, con la conseguenza che il numero di precari aumenta sempre di più;

          la forte precarizzazione obbliga i lavoratori ad accettare qualsiasi condizione di lavoro, anche a detrimento dei propri diritti;

          la necessità di stabilizzare il personale a tempo determinato di Poste Italiane S.p.a. interessa una considerevole platea di lavoratori su tutto il territorio nazionale –:

          quali iniziative il Governo intenda intraprendere – per quanto di competenza – per verificare la situazione e porre fine a una politica di precarizzazione del lavoro che non può trovare cittadinanza in un'azienda caratterizzata da una quota di partecipazione così importante dello Stato.
(4-10458)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


      PARISSE e D'ETTORE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 130-bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è stato introdotto dall'articolo 15 del decreto-legge n. 113 del 2018, recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione e sicurezza pubblica, che ha modificato il testo unico decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sulle spese di giustizia;

          di protezione internazionale e immigrazione, di sicurezza pubblica nel nuovo articolo 130-bis del sopra menzionato decreto non c'è traccia, ma si prevede che, come già disposto per il processo penale dall'articolo 106 del suddetto decreto del Presidente della Repubblica, anche nei procedimenti di impugnazione civili l'inammissibilità della domanda comporterà per il difensore patrocinante l'esclusione dalla liquidazione del compenso per l'attività prestata;

          l'espresso riferimento ai casi di inammissibilità e il ricorso generico al termine «impugnazione» generano questioni interpretative spesso contrarie alla lettera della norma;

          la Corte costituzionale, nella sentenza n. 16 del 2018, che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale del nuovo articolo 130-bis con riferimento all'articolo 24 della Costituzione, dichiarandolo necessario al fine di individuare un punto di equilibrio tra garanzia del diritto di difesa per i non abbienti e la necessità di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia, si riferiva all'impugnazione nel secondo grado di giudizio;

          molti tribunali amministrativi invece, quali i tribunali amministrativi regionali del Molise e da ultimo di Salerno, che hanno respinto il ricorso in primo grado impedendo l'esercizio del diritto al patrocinio gratuito, hanno interpretato il concetto di impugnazione come riferito all'atto amministrativo e non alla sentenza di primo grado, respingendo altresì la richiesta dei difensori di liquidazione delle spese per gratuito patrocinio;

          qualora si riferisse erroneamente l'impugnativa all'atto iniziale di un procedimento giudiziario, l'eventuale pronuncia di inammissibilità scoraggerebbe qualunque difensore abilitato a prestare assistenza gratuita ai non abbienti, creando un problema sociale di enorme rilievo;

          il beneficio del patrocinio a spese dello Stato è finalizzato ad assicurare ai soggetti non abbienti gli stessi diritti rispetto a chi ha gli strumenti economici per poter pagare un legale, mentre se non riconosciuto nel primo grado di giudizio comporterebbe una disparità di trattamento;

          l'impugnativa di cui all'articolo 130-bis deve necessariamente essere riferita al secondo grado di giudizio avendo riguardo al processo civile, tributario e amministrativo non all'atto processuale –:

          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di fare chiarezza a livello normativo, secondo la lettera della norma citata, per garantire l'esercizio del diritto costituzionale al gratuito patrocinio.
(3-02549)


      BAZOLI, BORDO, MICELI, MORANI, VAZIO, VERINI, ZAN, BERLINGHIERI, LORENZIN, FIANO e GIORGIS. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          con la riforma del processo penale alla legge 27 settembre 2021, n. 134, si è ottenuto un ampliamento dell'accesso alle misure alternative alla detenzione; l'istituto della messa alla prova è stato esteso anche a reati con pena edittale fino a sei anni e anche altre misure alternative alla detenzione saranno direttamente comminate dal giudice della cognizione;

          si tratta di misure di civiltà che si inseriscono con decisione nel percorso da tempo intrapreso di sviluppo e di incremento delle opportunità di accesso alle varie forme di probation giudiziale necessarie affinché la dimensione trattamentale realizzi pienamente la funzione rieducativa della pena e si arrivi ad abbattere la recidiva;

          nella legge di bilancio per il 2021 sono state stanziate significative risorse per l'assunzione di personale amministrativo, di personale specificamente dedicato al trattamento e di personale degli uffici dell'esecuzione penale esterna, anche ampliando le piante organiche;

          ad oggi però gli uffici di esecuzione esterna si trovano in difficoltà perché ancora significativamente sotto organico;

          in considerazione di quanto esposto appare dunque urgente adeguare e potenziare gli organici degli uffici di esecuzione penale esterna, nonché implementare le professionalità anche in ossequio degli standard europei di probation –:

          quali iniziative intenda adottare, anche alla luce delle criticità espresse, al fine di verificare la reale necessità di incremento degli organici degli uffici di esecuzione penale esterna e quale sia, inoltre, lo stato di avanzamento delle procedure di selezione già avviate, al fine di consentire un sempre migliore funzionamento del sistema delle pene che si basi anche sulle misure alternative alla detenzione.
(3-02550)


      DORI, CONTE e DE LORENZO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall'articolo 4 del decreto legislativo 27 maggio 2017, n. 75, prevede l'obbligo per le amministrazioni pubbliche di adottare il piano triennale dei fabbisogni di personale;

          il piano triennale dei fabbisogni di personale rappresenta un fondamentale strumento di natura organizzativa della pubblica amministrazione, indispensabile per la programmazione triennale delle assunzioni;

          il 12 giugno 2019 il Ministero della giustizia ha emanato il piano triennale dei fabbisogni di personale relativo all'organizzazione giudiziaria per il periodo 2019-2021;

          lo scopo primario è quello di occupare i posti vacanti negli uffici giudiziari italiani e collocare nuovo personale;

          nel 2020 il Ministero della giustizia ha avviato la procedura di reclutamento delle risorse indicate mediante l'indizione di alcuni bandi per l'assunzione di personale amministrativo con varie qualifiche;

          malgrado l'espletamento di alcune procedure selettive, a oggi le dotazioni organiche del personale addetto alle cancellerie e alle segreterie degli uffici giudiziari, già esse stesse da revisionare perché sottonumerate, risultano ancora insufficienti. Allo stato attuale, rispetto alle piante organiche, risultano scoperti numerosi posti;

          i motivi stanno nella mancata effettiva assegnazione dei candidati vincitori presso le sedi di competenza e nella sospensione dello scorrimento delle graduatorie per l'immissione in servizio, ciò anche tenuto conto dei numerosi pensionamenti intervenuti;

          la situazione coinvolge un considerevole numero di persone pronte a prendere immediato servizio, ma che invece risultano in attesa di collocazione o di riqualificazione professionale;

          per la sola posizione di direttore amministrativo è stato pubblicato un interpello interno di assestamento nel cui bando si evidenziano le relative ingenti scoperture di organico del personale non risolte dal concorso espletato;

          il 14 e 15 ottobre 2021 le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil del pubblico impiego hanno dato vita a due giorni di mobilitazione, a Roma, Milano e Napoli, per segnalare all'opinione pubblica le gravi carenze del sistema giustizia, in particolare, hanno ribadito la necessità di «nuove assunzioni per colmare le carenze personale» e «di stabilizzare gli assunti a tempo determinato». Una mobilitazione che intendono proseguire;

          allo stato, il nuovo piano triennale dei fabbisogni di personale 2021-2023 non risulta ancora emanato –:

          con quale tempistica sia prevista l'adozione del piano triennale dei fabbisogni del personale amministrativo dell'amministrazione giudiziaria, con le conseguenti determinazioni relativamente alle immissioni dei vincitori di concorsi, allo scorrimento delle graduatorie, alla riqualificazione del personale in servizio e alla mobilità interna.
(3-02551)


      COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, tutti i magistrati sono sottoposti a valutazione di professionalità ogni quadriennio, a decorrere dalla data di nomina fino al superamento della settima valutazione di professionalità;

          la valutazione di professionalità riguarda: indipendenza, imparzialità ed equilibrio; capacità; laboriosità; diligenza; impegno;

          il Ministero della giustizia dà conto, nel bollettino ufficiale quindicinale, di ogni positivo superamento delle valutazioni di professionalità dei magistrati ai fini della variazione del trattamento economico spettante;

          l'effettivo ed efficace funzionamento delle valutazioni di professionalità dei magistrati rappresenta un tassello fondamentale per restituire efficienza all'amministrazione della giustizia e credibilità all'ordinamento giudiziario e per garantire che ad essere valorizzati siano i più meritevoli, anziché, come appare all'interrogante, i più organici alle correnti –:

          quanti siano, in numero assoluto e in percentuale sul totale, i casi di valutazione di professionalità dei magistrati positiva, non positiva e negativa dal 2017 ad oggi.
(3-02552)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MAGGIONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          in data 3 ottobre 2021, notizie di stampa, riportano l'ennesimo episodio di violenza avvenuto da parte di un detenuto ai danni della Polizia penitenziaria tanto che si tratta ormai di un inaccettabile e incontrollato fenomeno;

          l'episodio, avvenuto nell'istituto penitenziario della frazione Piccolini di Vigevano, ha visto un detenuto magrebino, incendiare la propria cella senza alcun motivo apparente, ed è stato salvato dagli agenti di Polizia penitenziaria, che invece, hanno rischiato di rimetterci la vita;

          ancora più grave è che lo stesso soggetto, alcuni giorni prima si era procurato delle ferite da taglio ed ingerito delle pile;

          il bilancio dell'accaduto parla di quattro agenti trasportati al Pronto soccorso dell'ospedale di Vigevano per intossicazione, uno solo di essi è stato dimesso, mentre i colleghi sono rimasti in osservazione;

          pochi giorni prima altri detenuti hanno lanciato sacchetti pieni di urina contro il personale penitenziario –:

          considerate le numerose aggressioni avvenute in tutte le carceri italiane, se il Ministro non ritenga indifferibile ed urgente adottare iniziative normative volte all'inasprimento delle pene per chi si macchi di reati violenti conto la polizia penitenziaria all'interno delle carceri.
(4-10445)


      GASTALDI e GIACCONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          come si legge sul comunicato Osapp, il 14 ottobre 2021 è accaduto l'ennesimo episodio di violenza da parte di detenuti ai danni della Polizia penitenziaria, tanto che si tratta ormai di un inaccettabile e incontrollato fenomeno;

          l'episodio, avvenuto all'interno dell'istituto penitenziario di Cuneo, ha visto, nel pomeriggio, lo scontro violento tra fazioni di detenuti di varie etnie e, a rendere ancora più grave la situazione, sarebbe il fatto che, nella serata prima, i detenuti, dopo aver gettato olio in terra per ritardare gli interventi del personale di polizia penitenziaria, si erano affrontati con lamette da barba, bombole di gas in uso ai fornelli in dotazione, manici di scope; risultano anche essere state sfondate alcune celle con le brande;

          un assistente capo di Polizia ha rischiato di essere colpito in viso con una lametta e poco dopo lo stesso detenuto ha cercato di aggredirlo con pugni e calci;

          il personale di polizia penitenziaria ha faticato fino a tarda notte per ristabilire l'ordine e la sicurezza interna, e il comandante del reparto operativo ha condotto una estenuante trattativa, ben supportato dal personale di Polizia penitenziaria intervenuto per far desistere i detenuti dall'ulteriore prosieguo delle violenze;

          l'intervento degli agenti del carcere di Cuneo è stato provvidenziale anche al fine di scongiurare più gravi conseguenze non solo per la struttura ma anche per l'utenza, oltre che per gli stessi appartenenti al Corpo;

          il bilancio dello scontro parla di danni che ammontano a migliaia di euro di cui sarà solo la collettività a farsi carico –:

          se e quali urgenti ed indifferibili iniziative di carattere normativo intenda adottare per garantire l'inasprimento delle pene per chi si macchi di reati violenti conto la polizia penitenziaria all'interno delle carceri.
(4-10462)


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          ancora una volta il Governo, nella definizione delle scelte politiche sulla gestione della pandemia, ha creato una disparità di trattamento tra detenuti e lavoratori della polizia penitenziaria, garantendo ai primi condizioni di maggior favore rispetto a quelle previste per i secondi e a quelle previste per altre categorie di popolazione;

          il 12 ottobre 2021, il Dap ha emanato la circolare 373825.U, recante disposizioni attuative dell'obbligo di esibizione della certificazione verde come introdotta dal decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127;

          ai sensi della predetta circolare, sono esclusi dall'esibizione del green pass per accedere agli istituti penitenziari gli utenti delle carceri, ossia detenuti e loro familiari, gli avvocati difensori, i consulenti, i periti, gli ausiliari del magistrato, i testimoni e le parti del processo;

          a giudizio dell'interrogante appare quantomai illogico il differente trattamento riservato ai detenuti e ai loro familiari rispetto a quello riservato agli agenti della Polizia penitenziaria e agli altri lavoratori impiegati nel carcere nella misura in cui, al fine di impedire l'accesso del virus, si potrebbero eseguire tamponi rapidi presso le infermerie della struttura o richiedere l'esibizione di un tampone negativo;

          inoltre, molti beneficiari dell'esenzione, in quanto lavoratori, dovrebbero già essere in possesso del green pass, poiché il Governo ha deciso di subordinare l'esercizio dell'attività lavorativa al possesso del certificato verde;

          ancora più impari appare tale esenzione se paragonata al trattamento riservato ad altre categorie vulnerabili e fragili. Giova ricordare che il Governo, dal 3 agosto 2021, ha introdotto l'obbligo di green pass per i familiari che intendono visitare i propri parenti nelle Rsa, ai sensi di una circolare del Ministero della salute, per un massimo di 45 minuti;

          il Governo, sciaguratamente, non è nuovo a quelle che appaiono all'interrogante azioni mortificatorie del ruolo e del valore del Corpo della Polizia penitenziaria. Giova ricordare, infatti, che il Governo ha preferito accordare precedenza vaccinale alla popolazione carceraria, immunizzando solo successivamente gli agenti della Polizia penitenziaria;

          a seguito dell'equiparazione delle mense aziendali ai ristoranti, inoltre, molti agenti della polizia penitenziaria sono stati costretti a consumare i pasti all'aperto o in luoghi non idonei dal punto di vista igienico-sanitario per via del divieto di accesso in assenza della certificazione verde;

          non si citano, solo per non scadere nell'ordinario, i rischi connessi ad attrezzature obsolete e alla carenza di dispositivi di sicurezza individuale –:

          se il Governo intenda adottare iniziative per estendere anche agli agenti del Corpo della polizia penitenziaria l'esenzione dall'esibizione della certificazione verde.
(4-10469)


      GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          secondo quanto riportato dal Corriere.it dell'11 ottobre 2021, la direttrice di Regina Coeli, rischia il processo per non aver ordinato il trasferimento in una Rems (Residenza esecuzione misure sicurezza) del giovane Valerio G., che il 24 febbraio 2017 si è suicidato mentre era detenuto nel carcere romano proprio in attesa che si liberasse un posto in una Residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems);

          il 21 giugno 2021, nella relazione al Parlamento, il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale Mauro Palma dichiarava che i dati rilevati dal 2019 al 2021 evidenziavano un aumento del numero delle persone in attesa di collocazione nelle Rems passate da 603 a 715 e che, in particolare, ben 98 persone, a febbraio 2021, attendevano l'invio in Rems rimanendo in carcere in uno stato di detenzione illegittima. Nella relazione si dice: «La presenza in carcere di quasi cento persone senza alcun titolo legittimante è, oltre che in violazione del diritto alla tutela della loro salute, anche foriera di conseguenze per chi ha la responsabilità dell'istituto che impropriamente le accoglie. Soprattutto è rivelatrice di una criticità sistematica e, per questa sua natura, tanto più grave sul piano dell'aggressione del principio costituzionale dell'inviolabilità della libertà personale»;

          nel corso delle varie visite svolte dall'interrogante, dal Partito radicale e da Nessuno Tocchi Caino, la direttrice di Regina Coeli ha sempre denunciato con sgomento la presenza di detenuti che non si sarebbero dovuti trovare nell'istituto perché in attesa di un posto in Rems;

          al 30 settembre 2021 Regina Coeli ospitava 876 detenuti in 615 posti disponibili con un sovraffollamento del 142,4 per cento su 511 agenti previsti in pianta organica solo 355 erano gli effettivi; su 11 educatori previsti in pianta organica solo 6 erano effettivi: è evidente che per carenza di spazi e di personale è materialmente impossibile garantire una detenzione dignitosa a un così alto numero di presenze, spesso costituite da tossicodipendenti e da casi psichiatrici; inoltre, nel carcere di Regina Coeli non è prevista l'Atsm (articolazione per la salute mentale), rappresentante l'unico presidio di tutela specifica della salute mentale che il sistema normativo vigente prevede per tutti i casi in cui la detenzione carceraria delle persone psichicamente sofferenti non risulti assolutamente evitabile, sia che si tratti di persone in esecuzione di pena, sia che si tratti di persone assoggettate a misure di sicurezza; casi «estremi» secondo la legge ma tutt'altro che infrequenti nella realtà;

          le Rems – strutture a carattere esclusivamente sanitario – non possono ospitare e non ospitano più pazienti di quelli previsti per legge; gli istituti penitenziari, invece, ospitano spessissimo molti più detenuti di quelli previsti normativamente –:

          quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare per aumentare i posti disponibili nelle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) e per affrontare, in generale, il problema delle persone destinate alle Rems, ma illegittimamente detenute per carenze organizzative o inadeguatezze strutturali negli istituti penitenziari, in particolare in quelli come Regina Coeli spesso privi delle previste Atsm e che ospitano persone arrestate o detenute in attesa di giudizio;

          quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intendano adottare al fine di evitare che le conseguenze di natura penale, civile e disciplinare derivanti dal mancato trasferimento, per carenza di posti, dei soggetti destinati alle Rems ricadano sui direttori degli istituti;

          quali iniziative intendano adottare al fine di superare la sistematica violazione dei diritti umani fondamentali, quali quello alla salute e ad una detenzione dignitosa, derivanti dal sovraffollamento carcerario, ed in particolare se intendano adottare in maniera diretta e urgente, nelle more di una proposta di legge A.C. 2650, a firma dell'interrogante relativa alla «liberazione anticipata speciale».
(4-10471)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      LETTA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

          la ferrovia Siena-Empoli fu costruita fra le prime in Italia nel 1849, con un tracciato tortuoso fra Poggibonsi e Siena, rimasto lo stesso da oltre 160 anni;

          da molto tempo, la città di Siena, con la sua provincia, sta lottando per avere un collegamento efficiente e veloce per Firenze, che possa ridurre i tempi di percorrenza a 60' contro i 90’ attuali dei treni «cadenzati»;

          dopo i lavori realizzati negli anni '90, con il raddoppio tra Certaldo e Granaiolo attivato fra il 1989 e il 1993, il lungo impegno dell'Amministrazione provinciale e del Comune di Siena consentì, fra il 1999 e il 2001, di ottenere 120 miliardi di lire, di cui 80 dallo Stato e altri 40 dalla Fondazione Monte dei Paschi, per lavori di potenziamento della linea. Tali lavori si concretizzarono nel raddoppio del binario fra Poggibonsi e Certaldo, inaugurato nel giugno 2006;

          da allora e fino a oggi, la parte di ferrovia raddoppiata misura 27 chilometri sui 63 chilometri di estensione complessiva;

          è stato da poco approvato il raddoppio nella parte in provincia di Firenze fra Granaiolo ed Empoli (11 chilometri), con la trasformazione in fermata di Ponte a Elsa e ben 15 passaggi a livello anche su strade assai trafficate e pericolose, come la strada statale 429;

          l'intervento dovrebbe essere realizzato entro il 2026, insieme con l'elettrificazione di tutta la ferrovia Siena-Empoli, che non porterà tuttavia sensibili diminuzioni dei tempi di percorrenza, poiché rimarrebbero a binario unico 25 km fra Siena e Poggibonsi con velocità massime di 85-90 km/h;

          a causa del binario unico, sono tra l'altro necessarie percorrenze di orario allungate nell'intento di minimizzare i ritardi, visto il modello di esercizio della Siena-Empoli con un treno ogni mezz'ora;

          ciascun treno in viaggio sui 63 chilometri ne incrocia altri 4 con conseguenti facili perturbazioni della circolazione;

          il raddoppio del tratto Granaiolo-Empoli (11 chilometri) cambierà il servizio, ma occorre anche realizzare il raddoppio tra Poggibonsi e Siena (25 chilometri), consentendo di reimpostare i servizi veloci Siena-Firenze con una percorrenza di circa 60' e garantendo alle città della Valdelsa servizi più veloci e regolari per Firenze;

          oltre all'elettrificazione della linea risulta necessario il raddoppio del binario, per evitare di avere treni elettrici su un tracciato superato e molto lento e far sì che, dopo il completamento del raddoppio del binario fra Pistoia e Lucca, Siena non rimanga l'unico capoluogo di provincia della Toscana ad avere un solo binario per Firenze;

          il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dedica particolare attenzione alla mobilità sostenibile con investimenti nel periodo 2021-26 per circa 38 miliardi di euro. In particolare, la Missione 3 sostiene con circa 25 miliardi di euro il rafforzamento delle infrastrutture ferroviarie;

          il decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59 convertito dalla legge n. 101 del 2021 ha istituito il Fondo complementare al Pnrr di cui 9.760 milioni di euro per gli anni dal 2021 al 2026 sono destinati ad interventi nei settori delle infrastrutture e dei trasporti e, in particolare, anche al rafforzamento delle ferrovie regionali;

          in linea, quindi, con la Strategia europea e le misure nazionali volte a riportare la mobilità all'interno di un quadro sostenibile, occorre individuare le risorse necessarie, affinché venga realizzato il raddoppio della linea Siena-Poggibonsi –:

          quali iniziative di competenza intenda assumere affinché venga inserito nei programmi di Rete ferroviaria italiana (Rfi) il raddoppio del tratto Poggibonsi-Siena, procedendo quanto prima allo studio di fattibilità, al fine di potenziare e ammodernare i servizi di mobilità, rendendoli al contempo più rispettosi dell'ambiente e per migliorare la qualità della vita delle persone e i collegamenti tra territori limitrofi.
(5-06872)

Interrogazioni a risposta scritta:


      LUPI e SCHULLIAN. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

          gli interventi per la salvaguardia di Venezia sono stati affidati mediante una concessione di sola costruzione al Consorzio Venezia Nuova, costituito dalle più grandi imprese di costruzione del territorio nazionale;

          il Consorzio doveva farsi carico della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva del sistema di paratoie mobili, Mose, e degli interventi diffusi per la salvaguardia della Laguna di Venezia;

          dopo i gravi fenomeni corruttivi che hanno caratterizzato parte della gestione della concessione di costruzione affidata al Consorzio Venezia Nuova il contratto di concessione, in un primo momento, e il consorzio Venezia Nuova, a seguire, sono stati sottoposti al commissariamento;

          i commissari hanno provveduto in assoluta autonomia alla gestione contabile e amministrativa del Consorzio, nonché alla fase di ultimazione dei lavori;

          anche questa gestione commissariale è andata in crisi, posto che le risorse allocate dallo Stato per ultimare i lavori non hanno coperto i lavori realizzativi delle opere e neppure i costi di gestione del Consorzio;

          i commissari hanno generato un legittimo affidamento per le imprese minori, sopravvissute agli scandali, che avrebbero ultimato l'opera;

          la gestione commissariale ha condotto a una fase in cui imprese tra i 10 e i 20 milioni di euro di fatturato hanno accumulato crediti per diversi milioni di euro;

          con il decreto ministeriale n. 518 del 19 novembre 2020, adottato ai sensi dell'articolo 95, comma 18, del decreto-legge, cosiddetto «agosto», n. 104 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2020 è stata nominata una nuova, figura commissariale con il mandato specifico di ultimare i lavori;

          a seguito di tale nomina, il nuovo commissario, incaricato di completare la più importante opera idraulica italiana, ha siglato ordini e incaricato aziende, prospettando il pagamento in misura ridotta del 60 o 70 per cento del credito originario;

          le conseguenze di una tale gestione, finalizzata alla realizzazione dell'opera, ad avviso degli interroganti fanno prospettare un probabile fallimento delle imprese coinvolte nei lavori di ultimazione, oltre che causare la dispersione di immense risorse dello Stato, che ad oggi ha investito importanti risorse economiche, senza ottenere alcun completamento di un'opera così fondamentale per la città di Venezia e non solo –:

          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per completare l'opera idraulica del Mose, fondamentale per la città di Venezia;

          se siano disponibili ad oggi risorse economiche sufficienti al completamento dell'opera pubblica di cui in premessa.
(4-10451)


      PAPIRO, BARZOTTI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          Trenitalia spa effettua il servizio Intercity Notte in base al contratto di servizio stipulato con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quello dell'economia e delle finanze. Tra le attività previste dal contratto vi sono la gestione del servizio di accoglienza, sicurezza e accompagnamento della clientela, nonché di altre prestazioni accessorie che vengono svolte dall'appaltatore con proprio personale e nel rispetto del contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) della mobilità/area contrattuale attività ferroviarie del 16 dicembre 2016;

          in data 1° febbraio 2020 subentra, alla Rekeep Rail, l'azienda Elior Ristorazione spa, per lo svolgimento dei servizi su menzionati sui treni Intercity Notte;

          l'equipaggio dedicato per ogni treno notte, previsto secondo organigramma da Trenitalia spa ed Elior Polaris spa, consiste in un Capotreno, un Cst (capo servizio treno) messi a servizio da Trenitalia spa e un coordinatore di Livello D, un operatore di bordo di Livello E e un addetto al decoro (cosiddetto «pulitore viaggiante») di livello F messi a servizio dalla società Elior Polaris spa secondo capitolato tecnico d'appalto;

          l'intercity notte è solitamente composto da 10 vetture, divise tra vetture comfort, deluxe ed exclesior, suddivise in 5 moduli, all'interno di ogni modulo è previsto, come da capitolato tecnico, un locale di servizio (il compartimento n. 9 o il cosiddetto office a seconda della composizione delle vetture) a servizio degli operatori di bordo per lo svolgimento delle proprie mansioni (ad esempio il posizionamento del materiale di servizio, delle apparecchiature o delle attrezzature, come i cosiddetti «Trolley minibar») o per permettere al personale un adeguato riposo, (capitolato pagina 11);

          al fine di garantire sicurezza ai lavoratori che svolgono assistenza e accompagnamento ai clienti dei treni notte, per prevenire ogni possibile assembramento e/o diffusione dei contagi, nel mese di dicembre 2020 era stata emanata una disposizione da parte di Trenitalia spa con la quale venivano dedicati esplicitamente i suddetti locali inizialmente alle solo figure di Trenitalia spa come il capotreno e il Cst. A seguito di diverse azioni sindacali questa possibilità è stata nuovamente prevista anche per le figure del coordinatore e dell'addetto di bordo. Possibilità invece incredibilmente esclusa per l'addetto al decoro che, ad oggi, non possiede alcun locale di servizio che possa oltretutto permettergli dei periodi di riposo dall'attività lavorativa (che supera alle volte anche le 10 ore consecutive), generando così un'anomalia e soprattutto una disparità di trattamento tra operatori di bordo;

          in data 22 luglio 2021, è stato avanzato un confronto poi proseguito in data 2 agosto 2021, tra la dirigenza di Elior Polaris e le segreterie nazionali dei maggiori sindacati in merito ad un'altra importante problematica legata sempre alla sicurezza degli operatori a bordo, quella della «Movimentazione dei trolley, a bordo treno». Le segreterie hanno precisato all'azienda quanto la movimentazione e la frenatura dei cosiddetti «trolley» già menzionati in precedenza, siano particolarmente rischiosi sia quando quest'attività viene svolta da un unico operatore, per via delle limitazione COVID-19, sia quando quest'ultimi vengono riposti all'interno dei locali di servizio in cui soggiornano anche gli operatori nei periodi di riposo, servizio oltretutto attualmente svolto al di fuori dalle mansioni previste dal contratto che prevede solo il servizio d'assistenza, d'accoglienza, di controllo biglietti e documenti;

          in data 6 settembre 2021, a quanto consta all'interrogante, è stato inoltre richiesto un incontro urgente all'azienda Elior Polaris affinché si possano individuare tutte le opportune e necessarie soluzioni per un'efficiente e sicura gestione del servizio, in quanto nelle ultime settimane degli avvenimenti accaduti agli operatori di bordo durante l'attività lavorativa hanno richiesto una riapertura del confronto sindacati-azienda in merito alla sicurezza a bordo treno –:

          quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, per quanto di competenza, a tutela di questi lavoratori già esposti a rischi specifici da lavoro notturno, anche alla luce delle particolari problematiche esposte in premesse, tenuto conto soprattutto della disciplina in materia di salute e sicurezza nel luogo di lavoro.
(4-10452)

INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      LA MARCA. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          l'accesso ai servizi della pubblica amministrazione per i cittadini italiani residenti all'estero, a causa della prolungata e ormai strutturale carenza di personale e delle recenti misure limitative di contrasto alla pandemia, incontra crescenti difficoltà e spesso ostacoli difficilmente superabili;

          i processi di digitalizzazione di alcuni servizi finora realizzati, pur utili, non si sono rivelati sufficienti ad alleviare in modo sostanziale tali difficoltà per una serie di ragioni, quali la lentezza della loro diffusione, la parzialità della copertura territoriale nelle diverse realtà continentali e il diverso livello di alfabetizzazione digitale di un'utenza quanto mai dispersa e variegata;

          alla luce di questa situazione, lo stesso Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha richiesto e ottenuto la gestione esclusiva tramite il portale Fast.it del rapporto tra i cittadini all'estero e la rete consolare entrasse in vigore dal 1° gennaio 2023, per consentire un'adeguata preparazione di questa transizione tecnologica;

          nello stesso tempo, è iniziata la distribuzione della Carta di identità elettronica (Cie) solo in alcuni consolati europei e con cadenze di distribuzione che risentono fortemente delle difficoltà operative accennate in premessa; nello stesso tempo si è aperta la possibilità di acquisire le credenziali Spid anche a chi risieda all'estero;

          dal 1° ottobre, tutti i cittadini italiani, senza distinzione di residenza, non possono più accedere a distanza ad alcuni servizi pubblici, come accedere al sito dell'Inps o a operazioni con l'Agenzia delle entrate, se non tramite l'uso dello Spid, dal quale tuttavia è di fatto esclusa la maggior parte dei cittadini residenti all'estero, che ne avrebbero una maggiore necessità;

          la mancanza della tessera sanitaria, solitamente richiesta per l'acquisizione dello Spid, in molti casi del tesserino del codice fiscale, la difficoltà di poterlo surrogare con il documento consolare che lo attesta e legittima, la ovvia mancanza di un cellulare italiano capace di ricevere gli Sms con i codici di conferma rendono difficilissimo e in molti casi impossibile il compimento della procedura di acquisizione delle credenziali Spid all'estero, soprattutto nelle realtà extraeuropee –:

          quali iniziative il Governo intenda adottare in dialogo con gli Identity Provider (IdP), per fare in modo che le procedure di acquisizione delle credenziali Spid siano rese compatibili con la concreta situazione dei cittadini che risiedono all'estero e, in particolare, con quelli che vivono in contesti extraeuropei, come il Nord e Centro America.
(5-06857)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


      COLLETTI, GIULIODORI, TRANO, CORDA, SURIANO, CABRAS, VALLASCAS, MASSIMO ENRICO BARONI, LEDA VOLPI e SPESSOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          nella giornata del 9 ottobre 2021, in Roma, in occasione dello svolgimento delle manifestazioni No Green Pass sono avvenuti fatti culminati in scontri fra manifestanti e forze dell'ordine nonché nell'assalto alla sede centrale della Confederazione Generale Italiana del Lavoro;

          durante tutta la giornata le forze dell'ordine hanno condotto operazioni di controllo e contenimento della manifestazione, ciò nonostante vi sono stati momenti di forte tensione tali da richiedere iniziative di alleggerimento mediante cariche, lancio di lacrimogeni e idranti da parte degli agenti, coinvolgendo non solo le frange estreme e violente ma anche le tante persone pacifiche presenti. Circostanze documentate e portate all'attenzione dell'opinione pubblica da video di privati, condivise dai mass-media, dai quali è stato possibile estrapolare momenti meritevoli di attenzione. Una prima vedeva coinvolto un giovane manifestante – inerme a terra – sopraffatto da un gruppo di agenti in tenuta antisommossa congiuntamente a una persona di mezza età, non meglio identificata, dalla carnagione chiara, calva, con il volto parzialmente travisato dalla mascherina chirurgica, con indosso una maglietta a maniche corte di colore grigio chiaro, pantalone e scarpe grigio scuro e giubbino di jeans cinto alla vita;

          l'uomo di mezza età pareva avesse una certa confidenza con le forze dell'ordine le quali né lo escludevano dall'azione né gli intimavano di desistere dal perpetrare condotte violente avverso il manifestante, fornendogli, addirittura, indicazioni su dove l'avrebbero portato;

          lo stesso soggetto veniva ripreso in altri video. Dapprima sorpreso nell'atto di avvicinarsi a una delle camionette della polizia, in transito all'interno del corteo all'altezza dell'ingresso di Villa Borghese, successivamente impegnato a sincerarsi circa la portata dei danni arrecati al mezzo, che egli stesso aveva contribuito a cagionare;

          di maggiore impatto è stato l'assalto e la distruzione della sede centrale della Confederazione generale italiana del lavoro da parte di esponenti fascisti riconducibili al gruppo di Forza Nuova, nelle persone di Giuliano Castellino e Roberto Fiore;

          alcuni violenti, allontanatisi dal corteo dei manifestanti, si portavano presso la suddetta sede presidiandone l'ingresso per poi irrompervi;

          invero, dopo l'arrivo dei facinorosi presso l'ingresso della sede, sopraggiungeva un distaccamento di agenti in tenuta anti sommossa, Carabinieri e Polizia, i quali guadagnavano – agevolmente – l'ingresso della sede. Allorquando i militari si portavano all'interno della sede, alcuni violenti lanciavano oggetti e tentavano di colpire i rimanenti agenti con pugni, aste di bandiera e altro;

          si specifica che all'arrivo degli agenti, e prima che potessero guadagnare l'ingresso della Confederazione generale italiana del lavoro, due di loro si rivolgevano a un soggetto, identificabile in Giuliano Castellino;

          successivamente giungeva un secondo distaccamento di agenti in tenuta antisommossa, appartenenti alle forze di Polizia, facendo ingresso anch'esso nello stabile, nel momento antecedente a quello in cui il Castellino arringava la folla dalle scale antistanti lo stabile, con al suo fianco Stefano Fiore, entrambi atti a controllarne il passaggio;

          infine, in tarda serata si registravano ancora scontri tra manifestanti e forze dell'ordine in prossimità di Largo Goldoni; un gruppo di violenti alzava barricate e lanciava oggetti contro gli agenti i quali utilizzavano lacrimogeni e idranti per farli indietreggiare –:

          se il Ministro interrogato intenda intraprendere iniziative di competenza atte ad accertare le responsabilità con riguardo ai comportamenti delle forze dell'ordine;

          se intenda fornire chiarimenti rispetto alla presenza di soggetti violenti all'interno del corteo i quali, seppur identificabili, sono stati lasciati liberi di operare;

          se e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di identificare la persona di mezza età, ripresa in due distinti momenti;

          se il Ministro intenda fornire chiarimenti, per quanto di competenza, in ordine al ruolo di Castellino e Fiore nella promozione e direzione degli eventi violenti e su cosa vertesse lo scambio di parole avuto con gli agenti.
(3-02558)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      QUARTAPELLE PROCOPIO, POLLASTRINI e FIANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

          da notizie a mezzo stampa, parrebbe che il partito neofascista Forza Nuova abbia sottoscritto nella città di Milano un contratto di affitto per un immobile popolare con l'ente regionale Aler. Il contratto risulterebbe registrato a favore della associazione di cittadini Upiq (Uniti per il quartiere – uniti per gli italiani – ma, nei fatti, sarebbe notoriamente una delle due sedi milanesi del gruppo Forza Nuova, dove, difatti, nel corso degli anni, è stato ospitato il leader nazionale Roberto Fiore in trasferta a Milano e dove si è svolta la presentazione di libri editi da Altaforte, casa editrice fondata da Francesco Polacchi, dirigente di CasaPound condannato per lesioni nel 2015); l'immobile è sito al civico 1 di via Palmieri, nel quartiere Gratosoglio-Stadera; il contratto sarebbe stato stipulato nel 2013 fino al 2019, e, nonostante le proteste, è stato rinnovato per altri dieci anni;

          in questi anni, Aler ha ricevuto da parte dell'Anpi numerose richieste formali di chiarimento sull'utilizzo dei locali, spesso in seguito ad aggressioni, violenze ed episodi di razzismo avvenuti a Milano Sud. Lo stesso è stato fatto, due anni fa, dall'amministrazione a guida Sala che chiese spiegazioni al governatore Fontana, e l'assessore leghista Stefano Bolognini rispose che «tutti i partiti hanno diritto a chiedere l'assegnazione di uno spazio». Le interrogazioni presentate dall'opposizione in regione Lombardia avevano ottenuto solo raccomandazioni agli inquilini di astenersi dallo svolgimento di attività diverse da quelle previste nell'atto di concessione, cioè favorire «nei quartieri popolari momenti di aggregazione positiva»;

          nel quartiere sono anni che si verificano episodi di atti vandalici da parte degli estremisti neofascisti. Proprio per questo, il 25 aprile 2021 la questura è costretta a mettere in sicurezza la strada antistante il civico 1 –:

          di quali elementi disponga il Ministro dell'interno in merito all'occupazione da parte di Forza Nuova di un immobile popolare dell'Aler e quali iniziative intenda intraprendere il Governo, per quanto di competenza, affinché sia garantito che alloggi di edilizia residenziale pubblica come quello di cui in premessa siano destinati a cittadini realmente meritevoli dei benefici alloggiativi anche alla luce delle criticità relative alla sicurezza del quartiere.
(5-06868)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MONTARULI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          in data 13 settembre 2021 a Torino, in corso Palermo angolo via Sesia, si è svolta l'ennesima maxi-rissa che vede coinvolti numerosi cittadini extra-comunitari;

          i gruppi, spesso composti da senegalesi e marocchini, dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti e alla microcriminalità, danno origine a fenomeni rissosi che coinvolgono qualche decina di partecipanti, pregiudicando la sicurezza e l'incolumità pubblica dei passanti, nonché arrecando sempre più frequentemente danno ai cittadini residenti che vivono perennemente tra le urla che rimbombano nelle ore più disparate del giorno e della notte;

          la frequenza di tali eventi è in crescita e i soggetti coinvolti sempre più ricorrono all'uso di spranghe di ferro, bastoni, oggetti contundenti e lancio di bottiglie in vetro, i cui residui rimangono sparsi tra strade e marciapiedi, contribuendo ad alimentare degrado e disagio nel quartiere;

          le testimonianze e le denunce pervengono in maniera insistente dai cittadini residenti e dai titolari delle attività commerciali della zona, che si dichiarano esasperati e chiedono a gran voce presidi fissi di pubblica sicurezza e presenza delle istituzioni;

          tali eventi, che si svolgono in un quartiere periferico di Barriera di Milano, meritano particolare attenzione e richiedono immediati interventi risolutivi da parte degli enti preposti, in quanto, a parere dell'interrogante, risulta pressoché inaccettabile e privo di ogni logica il fatto che siano onesti cittadini a sostituirsi alla forza pubblica per ripristinare decoro e legalità nel quartiere, altrimenti costretti a vivere quotidianamente in mezzo a criminali e delinquenti –:

          quali immediate iniziative di competenza intenda adottare per ripristinare ordine e legalità nei quartieri periferici più a rischio della città di Torino.
(4-10443)


      TRANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          nel sud della provincia di Latina opera, da 50 anni, il Consorzio sviluppo industriale sud pontino, un ente pubblico economico che ha come principale obiettivo la promozione delle condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi, ora confluito nel Consorzio industriale del Lazio;

          per oltre dieci anni, il Consorzio industriale sud pontino è stato presieduto dall'avvocato Salvatore Forte, che ha rivestito in passato anche il ruolo di consigliere comunale a Formia, uno dei comuni aderenti al Consorzio;

          come già evidenziato nelle interrogazioni a risposta scritta n. 4-08031 e n. 4-09413, inerenti al piazzale dell'ex Stazione ferroviaria di Gaeta, tale area strategica, già di proprietà delle Ferrovie dello Stato, è stata acquistata prima dal Consorzio industriale Sud Pontino, con la finalità pubblica della «riattivazione ed elettrificazione della linea Formia-Gaeta» e, successivamente, è stata rivenduta all'immobiliare Cavour srl, società costituita poco dopo il bando ad un prezzo che appare irrisorio, con una successiva speculazione davanti alla quale è rimasto inerte il comune di Gaeta, dove è sindaco Cosmo Mitrano, collega di partito di Forte;

          nel 2015 il Consorzio aveva già venduto all'imprenditore Aldo Zangrillo, che era assessore comunale a Formia – mentre Forte era, sempre a Formia, consigliere comunale di maggioranza – l'area industriale della ex Blue Fish a Penitro per appena 2,5 milioni di euro;

          nello stesso periodo Forte è stato rinviato a giudizio davanti al tribunale di Cassino per inquinamento del mare di Formia, ipotizzando che gli scarichi industriali di alcune aziende di Penitro, che sorgono sui terreni del Consind, nel 2013 avessero avvelenato la costa, col rischio anche di salmonelle;

          nel 2016 l'Anac ha richiamato il Consorzio industriale a regolarizzare i propri standard di trasparenza e accesso agli atti amministrativi;

          nel 2020 il Consiglio di Stato ha rigettato l'appello del Consorzio e confermato l'annullamento delle delibere con cui l'ente, nel 2016, esercitando il potere previsto dall'articolo 63 della legge n. 448 del 1998, aveva acquisito il compendio immobiliare dello stabilimento industriale ex Evotape, giustificate dalla volontà di evitare che «costosi complessi produttivi siano lasciati inattivi» e per ridestinare il complesso immediatamente «ad usi produttivi», nonostante in quel complesso non vi fosse alcuna inattività;

          nel consiglio di amministrazione del Consorzio presieduto da Forte siede Antimo Merenna, condannato in via definitiva, insieme al figlio Erasmo, per usura ai danni di un imprenditore di Formia –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;

          se non ritengano opportuno, dato che il Consorzio gestisce denaro pubblico, promuovere una verifica da parere dai servizi ispettivi di finanza pubblica dell'Ispettorato generale di finanza della Ragioneria generale dello Stato, al fine di accertare se non vi sia stata una spoliazione del patrimonio pubblico a favore di privati e se le operazioni di cui in premessa non siano contrarie al reale sviluppo del territorio che dovrebbe garantire l'ente e per accertare la correttezza della gestione dell'ente considerando le diverse ombre calate sulla stessa.
(4-10444)


      DI STASIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          nella notte del 12 ottobre 2021 ad Afragola è esplosa una nuova bomba in corso Vittorio Emanuele, davanti al negozio Eni Energy Store, provocando danni ad edifici e insegne, fortunatamente senza vittime;

          questo episodio si inserisce in una serie di episodi di racket già avvenuti nella zona di Afragola ai danni di esercenti e onesti cittadini;

          già nel 2020, l'intera zona, compresi i comuni vicini di Caivano, Giugliano e Casoria, fu teatro di una serie di attentati, anche in quei casi le indagini puntarono sul racket, ipotizzando delle ritorsioni dei clan di camorra nei confronti di imprenditori che si erano rifiutati di pagare il «pizzo»;

          tali fatti seguono a un altro gravissimo episodio di violenza, accaduto a Casavatore pochi giorni prima: due rapinatori incappucciati hanno fatto irruzione in una pizzeria del luogo. Armati e senza scrupoli, hanno disseminato il terrore minacciando i presenti e puntando le pistole alla testa dei loro bambini per farsi consegnare i loro beni. Sono ancora in corso indagini per capire le reali motivazioni dell'irruzione;

          ad Afragola il sistema del tritolo piazzato alle serrande dei negozi è un modus operandi abituale della camorra, che qualche anno fa fece esplodere 22 bombe in meno di tre mesi per una devastante campagna di riscossione del racket delle estorsioni;

          questi episodi sono frequenti in queste zone del napoletano e contribuiscono a creare un clima di terrore e paura, che inibisce la denuncia e agevola la sopraffazione –:

          se sia a conoscenza dei fatti su esposti;

          quali iniziative di competenza intenda adottare per porre fine a tali vili episodi e per garantire un maggior presidio del territorio.
(4-10448)


      FERRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          a distanza di pochi giorni da un episodio analogo, si è registrata l'ennesima aggressione ai danni di due poliziotti in servizio alla stazione ferroviaria di Lamezia Terme, dove, ancora una volta, un cittadino extracomunitario, già noto alle forze dell'ordine, avrebbe infastidito diversi viaggiatori e provato a danneggiare alcuni infissi della struttura;

          gli agenti della polizia ferroviaria intervenuti hanno provato a identificarlo, ma sono stati aggrediti con sputi, calci e pugni, oltre a ricevere numerose minacce; sul posto è intervenuta anche la Polizia di Stato, oltre ad una ambulanza del 118, così il trentenne è stato bloccato e arrestato con l'accusa di violenza, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale;

          sono dure le parole del segretario nazionale della Federazione sindacale di Polizia: «Siamo esasperati per quanto continua ad avvenire a Lamezia Terme, ma non solo considerato che dobbiamo fare i conti con un vero e proprio bollettino di guerra. I poliziotti aggrediti e malmenati sono sempre di più, mentre resiste il silenzio di uno Stato che non riesce a garantire la sicurezza dei suoi stessi difensori. Anche questa volta sarebbe bastato avere i Taser a disposizione per bloccare l'aggressore, ma nessuno sembra voglia assumersi la responsabilità di decidere»;

          secondo quanto denunciato dal sindacato, peraltro, le continue aggressioni registrate nella stazione di Lamezia Terme hanno ridotto ai minimi termini il personale di polizia: «Non si è più in grado di coprire i turni di notte, così come occorre sottoporsi a veri e propri sacrifici per coprire almeno i turni, serali. A questo si aggiunge che lo scalo è frequentato quotidianamente da decine e decine di extracomunitari che lasciano il Cara di Crotone per raggiungere il Nord Italia. Dovendo viaggiare solo su treni regionali, visto che non sono muniti di green pass, molti di loro restano in stazione per diverse ore, aumentando il rischio di problemi di ordine pubblico»;

          sempre secondo i sindacati di categoria, che hanno indetto uno sciopero per venerdì 22 ottobre 2021, il controllo del territorio di tutto il comprensorio è affidato ad una sola volante, l'ufficio immigrazione opera in una situazione da ospedale da campo e gli agenti di ogni articolazione sono costretti ad espletare i più disparati servizi per tamponare le varie emergenze, perché le vacanze organiche sono divenute incolmabili –:

          se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per dotare gli agenti di polizia ferroviaria di strumenti efficaci a contenere e gestire continue situazioni di aggressività;

          se non ritenga necessario colmare le vacanze di organico della Polizia ferroviaria e del Commissariato di polizia di Lamezia, entrambi presidi indispensabili per garantire l'ordine e la sicurezza pubblica in questa area strategica della regione Calabria.
(4-10449)


      LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DE TOMA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, GIOVANNI RUSSO, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          sabato 9 ottobre 2021, nel corso di una manifestazione di protesta contro il cosiddetto green pass, un gruppo di manifestanti, dopo essersi staccato dal corteo, ha assaltato la sede nazionale della Cgil;

          l'assalto era stato annunciato dal palco diverso tempo prima e i manifestanti hanno avuto tempo di percorrere indisturbati ben due chilometri che li separavano dalla piazza alla sede della Cgil senza che alcuno intervenisse, nonostante avessero, appunto, espresso chiaramente le proprie intenzioni;

          quattro giorni dopo i fatti, il Ministro interrogato, rispondendo a un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea dalla Camera dei deputati, dopo aver ricordato che Castellino «in occasione del suo intervento in Piazza del Popolo» aveva fatto «riferimento alla volontà di indirizzare il corteo verso la sede della Cgil», ha affermato che «la scelta di procedere coattivamente, nell'immediatezza, nei suoi confronti non è stata ritenuta percorribile da parte delle autorità di pubblica sicurezza e da parte dei responsabili dei servizi di sicurezza che erano nella piazza, nella considerazione che un intervento coercitivo, eseguito in un contesto di particolare eccitazione e affollamento, presentava l'evidente rischio di provocare reazioni violente da parte dell'interessato e dei suoi numerosi sodali, con la conseguente degenerazione della situazione dell'ordine pubblico»;

          nell'ambito dell'inchiesta in corso a carico di Castellino e degli altri esponenti di Forza nuova coinvolti nell'aggressione di sabato stanno emergendo inquietanti ulteriori dettagli sui fatti di quella giornata;

          in particolare, nel corso dell'udienza di convalida degli arresti eseguiti dopo la manifestazione, gli arrestati hanno dichiarato che «sabato scorso, durante la manifestazione non green pass, ci fu una trattativa con la polizia per il corteo verso la Cgil e l'autorizzazione ci venne data. Abbiamo operato affinché le cose fossero contenute e ordinate, per agevolare polizia, e con la polizia abbiamo trattato»;

          tali affermazioni sono state ribadite anche dall'avvocato difensore di alcuni tra gli arrestati che ha dichiarato alla stampa che «La “trattativa” fra “Forza nuova” e la Digos per andare verso la sede della Cgil c'è stata, è sicura al centocinquanta per cento. L'interrogatorio è finito da poco, e ormai si tratta di un dato conclamato confermato da tutti gli indagati e, cosa più importante, l'ha dovuto confermare anche la polizia»;

          a ulteriore conferma il giorno dopo l'udienza alcuni quotidiani hanno riportato la notizia che in «un'annotazione interna redatta, dalla I sezione della Digos della Questura di Roma» sarebbe scritto che «verso le 17:30, attesa l'insistente richiesta dei numerosissimi manifestanti attestati in piazza del Popolo, viene loro permesso di effettuare un percorso dinamico verso la sede della Cgil», tanto che un quotidiano ha titolato «fascisti “scortati” verso la Cgil» –:

          se il Ministro interrogato non ritenga di fare urgentemente chiarezza sui fatti accaduti sabato 9 ottobre 2021, con particolare riferimento alle decisioni assunte nell'ambito della gestione della manifestazione sulla base di indicazioni impartite dal suo dicastero.
(4-10457)


      GALLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

          il Consiglio di Stato, in adunanza plenaria, con la sentenza n. 5 del 2005, ha precisato che «la giurisprudenza è venuta chiarendo, sin dall'indomani della emanazione dell'articolo 23 della legge n. 241 del 1990, che le regole in tema di trasparenza si applicano, oltre che alle pubbliche amministrazioni, anche ai soggetti privati chiamati all'espletamento di compiti di interesse pubblico (concessionari di pubblici servizi, società ad azionariato pubblico e altro)». Tale pronuncia riprende quanto già affermato con la sentenza del Supremo giudice amministrativo, in sede plenaria n. 4 del 1999;

          detta linea interpretativa è stata seguita dal legislatore, con le modifiche apportate all'articolo 23 della citata legge n. 241 del 1990 dalla legge 3 agosto 1999 n. 265 e, più ancora, con la legge n. 15 del 2005 che ha stabilito di iscrivere – agli effetti dell'assoggettamento alla disciplina sulla trasparenza –, tra le pubbliche amministrazioni, anche i soggetti che svolgono attività di pubblico interesse;

          la Gori S.p.a., è il soggetto gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito distrettuale sarnese-vesuviano della Campania, che comprende numerosi comuni sia della provincia di Napoli che quella di Salerno, per un totale di 74 comuni;

          con riferimento all'attività del suddetto gestore, sono state segnalate all'interrogante alcune inottemperanze degli obblighi di trasparenza di cui agli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990;

          in particolare, il dirigente della città di Torre del Greco chiedeva con specifica nota alcuni atti e informazioni in possesso della Gori S.p.a., in risposta ai questionari del segretario generale dell'autorità di bacino distrettuale dell'Appennino Meridionale, dottoressa Vera Corbelli, impegnata nella raccolta di dati ed informazioni importantissimi e necessari alla definizione del progetto Master-Plan relativo al Bacino del fiume Sarno, promosso dal Ministero della transizione ecologica e volto al risanamento del bacino idrografico del fiume Sarno;

          ad oggi, nonostante l'ampio lasso di tempo trascorso, non risulta alcun riscontro alla richiesta documentale suindicata;

          inoltre, a seguito di un incontro informale svoltosi a Torre Annunziata tra il sindaco del comune e i residenti di via Fusco, strada interessata dai lavori di realizzazione del sistema per il collettamento e il trasporto reflui, a quanto consta all'interrogante permarrebbero criticità in merito alla conoscibilità della documentazione riguardante il progetto preliminare e definitivo nonostante le denunce e le preoccupazioni dei cittadini per l'invasività dell'opera e possibili connessi rischi dell'incolumità e sicurezza dei residenti;

          inoltre, il citato Master-Plan, importantissimo intervento di risanamento del fiume Sarno che vede coinvolti numerosi comuni sia della provincia di Napoli che di Salerno, necessita che la Gori svolga un ruolo collaborativo sul fronte della condivisione di tutte le informazioni necessarie che garantiscano agli enti locali la possibilità di agire e progettare opere che riguardano il bacino distrettuale dell'Appennino Meridionale, così come progetti per affrontare il dissesto idrogeologico dei comuni, rispettando gli obblighi di trasparenza e accesso agli atti, con proficua collaborazione e dialogo tra i comuni e il gestore –:

          di quali elementi disponga il Governo in ordine a quanto sopra esposto e se e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche per il tramite della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, in relazione alle criticità segnalate in premessa circa gli obblighi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990 e più in generale agli obblighi di trasparenza gravanti in capo alla società Gori Spa, che per altro riguardano dati rilevanti per il Master Plan concernente il bacino del Fiume Sarno.
(4-10463)


      FURGIUELE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          riportano i giornali che negli ultimi giorni nella stazione di Lamezia Terme si sono verificate due aggressioni ai danni degli agenti della Polfer;

          l'8 ottobre 2021, durante un controllo di routine su un treno giunto allo scalo, alcuni agenti sono stati aggrediti con calci e pugni da un cittadino extracomunitario; i due agenti – che pure sono riusciti ad arrestare il malvivente, scopertosi poi oggetto di un mandato di cattura – sono stati trasportati in ospedale dove sono stati dimessi con una prognosi di 15 e 20 giorni;

          nella stessa stazione il 13 ottobre 2021 un altro cittadino extracomunitario, già destinatario recentemente di diversi trattamenti sanitari obbligatori, ha fatto irruzione negli uffici di Polizia scagliandosi con violenza contro i due operatori che stavano espletando il normale turno di servizio; al termine della colluttazione, nonostante le lesioni riportate e refertate, i due agenti sono riusciti comunque ad immobilizzare ed arrestare l'uomo, evitando conseguenze più gravi;

          vale rammentare che la situazione alla stazione di Lamezia Terme è particolarmente delicata a causa della vicinanza dell'hotspot di Isola Capo Rizzuto, dal quale escono continuamente migranti che raggiungono la stazione in attesa di salire sui verso il nord Italia; per controllare questo flusso di migranti e contrastare il grande degrado che esso comporta, è richiesta una costante e vigile presenza di agenti;

          a complicare il quadro c'è anche il fatto che, nonostante l'impegnativo carico di lavoro – molto superiore rispetto alla maggior parte delle altre stazioni di provincia – gli agenti della Polfer di Lamezia Terme, già sottorganico, non ricevono alcuna particolare indennità;

          sulle vicende è intervenuta anche la segreteria provinciale della Federazione sindacale di Polizia che ha denunciato l'insostenibilità della situazione e la necessità che il Governo fornisca agli agenti tutte le strumentazioni utili per affrontare tali episodi che, purtroppo, sono sempre più all'ordine del giorno;

          i sindacati di Polizia sottolineano altresì come l'insostenibilità della situazione, in termini di grave e cronica carenza di personale e di dotazioni, valga anche per il commissariato della città, la cui competenza si estende su 32 comuni limitrofi per una popolazione complessiva di 160.000 abitanti, in cui sono dislocati appena 90 unità e dove il controllo del territorio è affidato ad una sola volante;

          oltre al mantenimento dell'ordine pubblico il commissariato è preposto a numerose altre attività: i servizi Digos, investigazioni anticrimine, recezione delle denunce, armi e passaporti, immigrazione, polizia scientifica, scorte e presìdi presso il tribunale (in particolare presso l'aula bunker) –:

          come intenda rafforzare l'organico delle forze dell'ordine a Lamezia Terme, in particolare quello dell'ufficio Polfer presso la stazione centrale, dell'ufficio immigrazione e del commissariato;

          quando si intendano fornire i taser e gli altri dispositivi di sicurezza personale che i sindacati provinciali di Polizia richiedono da tempo.
(4-10464)


      CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          come riportato da organi di stampa, a seguito dei sequestri disposti dalla magistratura ordinaria di centinaia di appartamenti siti in Pomigliano d'Arco (Napoli), nella città cosiddetta delle fabbriche sembrerebbe regnare un clima teso e minatorio;

          in particolare, le indagini disposte dalla procura della Repubblica di Nola e condotte, tra l'altro, dagli uomini della polizia municipale guidati dal comandante Luigi Maiello, avrebbero disvelato l'irregolarità e la illiceità di molte licenze edilizie, facendo, altresì, luce su una presunta rete di rapporti tra vari pezzi «grigi» della città coinvolgenti finanche familiari di boss della criminalità organizzata;

          in tale cornice si collocherebbe una lettera anonima gravemente minatoria indirizzata proprio al capo della municipale con annesso un dossier diffamatorio afferente il prefato colonnello Maiello;

          specificamente, sembrerebbe che il plico fatto pervenire al locale comando dei vigili urbani e risalente al mese di febbraio 2021, contenesse al proprio interno una lettera con gravi minacce di morte, quali «Ti faremo sparire, non potranno nemmeno piangerti più. Sappiamo dove vivi tu e la tua famiglia»;

          per rendere la misura esatta del tenore della lettera si badi che, nella medesima, sarebbe stato specificato finanche l'indirizzo dell'abitazione dove il Maiello vive con i familiari;

          l'ipotesi che le gravi minacce sarebbero collegate all'attività investigativa compiuta dalla polizia municipale in ordine ai sequestri degli appartamenti in parola sarebbe riscontrata dalla circostanza secondo la quale tra i documenti allegati alla lettera minatoria de qua vi sarebbe un articolo di giornale sui sequestri convalidati dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Nola, proprio grazie al contributo investigativo di Maiello e del corpo della polizia municipale;

          sempre annessa alla lettera vi sarebbe una missiva-dossier di sei lunghissime ed offensive pagine rivolte alla professionalità del prefato colonnello Maiello, volta a delegittimare e screditare l'integrità e l'onorabilità della sua persona;

          i fatti minatori sopra riportati sarebbero già al vaglio della procura della Repubblica di Nola per la individuazione dei responsabili;

          la vicenda in parola assolutamente inaccettabile per la violenza intimidatoria del gesto, si connota di maggior disvalore nella misura in cui rappresenta un atto di aggressione nei confronti di un rappresentante delle istituzioni locali che mette la propria professionalità al servizio della comunità;

          appare, pertanto, doveroso un immediato intervento del Governo al fine di consentire un sereno e regolare svolgimento dell'azione amministrativa del comune di Pomigliano d'Arco, in un settore, come quello edilizio, in cui sovente vi sono pressioni ed interessi anche della criminalità organizzata, e per verificare l'attuale e concreto pericolo di vita per il colonnello Maiello e per la sua famiglia onde intervenire a tutela di questi ultimi –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire la sicurezza del capo della polizia municipale di Pomigliano d'Arco, Luigi Maiello, della di lui famiglia, dell'intero corpo della polizia municipale;

          se non intenda verificare, per quanto di competenza, la sussistenza di eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata all'interno del comune di Pomigliano d'Arco.
(4-10467)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      SPENA. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          migliaia di docenti e Ata precari, assunti con contratti di supplenza breve e saltuaria nell'anno scolastico 2020-2021, sono ancora in attesa del pagamento degli stipendi di maggio, giugno e luglio 2021;

          alla base della mancata retribuzione ci sarebbe un errore burocratico e di comunicazione tra Ministero dell'istruzione e il Ministero dell'economia e delle finanze: il primo è in attesa del trasferimento di risorse da parte del Ministero dell'economia e delle finanze che non avrebbe ancora messo a disposizione le risorse necessarie all'effettuazione concreta degli accrediti stipendiali;

          su NoiPa i soggetti interessati dal mancato pagamento delle retribuzioni si ritrovano la formula relativa allo stato «in attesa di risorse da parte del MIUR»;

          nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di conversione del disegno di legge 111 del 2021 è stato introdotto il comma 10-bis dell'articolo 1, in vigore dal 2 ottobre 2021 che, presumibilmente, individua le risorse destinate alla copertura finanziaria delle retribuzioni di cui sopra –:

          se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare con urgenza iniziative al fine di sbloccare e velocizzare le procedure per ovviare al mancato pagamento degli stipendi del personale docente e Ata assunto con supplenze brevi e saltuarie per l'anno scolastico 2020-2021.
(5-06858)


      DI GIORGI, FIANO, PICCOLI NARDELLI, PRESTIPINO, LATTANZIO, ROSSI, NITTI, CIAMPI e ORFINI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

          con nota n. 1112 del 22 luglio 2021, in merito all'abilitazione all'esercizio della professione docente per il personale che ha superato le prove della procedura straordinaria indetta con D.D. 23 aprile 2020 n. 510, il Ministero interpreta il quadro normativo di riferimento;

          alla luce del frastagliato quadro normativo, si legge nella suddetta nota, il Ministero ritiene di poter riconoscere l'abilitazione all'insegnamento al ricorrere delle seguenti condizioni:

              a) iscrizione nell'elenco non graduato di coloro che hanno superato la prova scritta (all'articolo 1, comma 9, lettera e), del decreto-legge 29 ottobre 2019 n. 126, convertito, con modificazioni dalla legge 20 dicembre 2019, n. 159), e quindi inserimento nelle graduatorie di merito della procedura straordinaria in oggetto, pubblicate nel corrente anno scolastico 2020/2021;

              b) titolarità, nell'anno scolastico 2020/2021, di un contratto di docenza a tempo indeterminato ovvero a tempo determinato di durata annuale o fino al termine delle attività didattiche presso una istituzione scolastica del sistema nazionale di istruzione, ferma restando la regolarità contributiva;

          in sostanza la nota riconosce che coloro che hanno superato il concorso straordinario possono considerarsi abilitati se hanno avuto nell'anno scolastico 2020/2021 un contratto a tempo indeterminato o determinato di durata annuale o fino al termine delle attività didattiche presso una istituzione scolastica del sistema nazionale di istruzione;

          tale interpretazione, come segnalato dai tanti precari, è gravemente lesiva dei diritti di quanti hanno assunto servizio con i cosiddetti contratti COVID-19, nonché di tutti i docenti – con tre anni di servizio e vincitori del concorso – che hanno avuto supplenze brevi o al termine delle lezioni nel corso dell'ultimo anno;

          questi docenti si vedranno in molti casi scavalcati nelle graduatorie provinciali da colleghi con punteggi più alti in virtù di circostanze casuali e non meritocratiche quali, appunto, le mere durate o estensioni dei contratti a tempo determinato –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti, e, in ogni caso, se non intenda, al fine di porre rimedio a tale grave lesione dei diritti dei tanti vincitori del concorso 2020, valutare l'opportunità di adottare iniziative per riaprire la procedura di iscrizione negli elenchi aggiuntivi di prima fascia delle Graduatorie provinciali per le supplenze (Gps) sulla piattaforma di istanze on line e in particolare garantire l'apertura della stessa per tutti i docenti che abbiano superato la prova concorsuale con un punteggio minimo di 56/80, unico requisito di merito richiesto.
(5-06860)

Interrogazioni a risposta scritta:


      FERRO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

          dopo un lungo e difficile periodo di didattica a distanza, il nuovo anno scolastico è finalmente iniziato con studenti e insegnanti in presenza, ma non per tutti;

          secondo quanto si apprende da fonti di stampa, infatti, molti docenti sono rimasti a casa senza alcuna nomina e l'aspetto più paradossale di tale vicenda è che il problema sarebbe stato determinato da un errore dell'algoritmo che avrebbe dovuto assegnare in automatico gli incarichi in base alle preferenze espresse in sede di presentazione della domanda;

          in particolare, tale assurda situazione interesserebbe tanti insegnanti precari che, per via degli errori della nuova procedura informatizzata prevista dal Ministero per assegnare le supplenze, non hanno ricevuto alcuna nomina da graduatorie provinciali per le supplenze: l'algoritmo avrebbe prodotto in più occasioni errori seriali nelle graduatorie provinciali per le supplenze, assegnando cattedre in maniera erronea agli aspiranti sbagliati, costringendo così molte province alla correzione manuale;

          gli errori più frequenti riguardano quelli in cui è stata data precedenza alla scelta delle scuole rispetto a chi, con più punti, aveva scelto il comune e a complicare il tutto, ai punteggi errati non si è potuto porre rimedio, perché il sistema non ha accettato le correzioni apportate dagli uffici scolastici regionali;

          secondo quanto denunciato da Manuela Pascarella di Flc Cgil, i sindacati avevano sin da subito chiesto all'Amministrazione di intervenire, ma, nonostante ciò, ancora oggi, «in molte scuole mancano ancora i supplenti, si lavora con orario a scartamento ridotto proprio perché non ci sono insegnanti e tantissime cattedre sono scoperte», con i problemi maggiori registrati in città come Roma, Milano e Napoli, dove «migliaia di lavoratori sono stati colpiti da questo malfunzionamento. Ci sono situazioni nelle quali non lavorano, o hanno avuto una cattedra meno favorevole o, come a Milano, dove le nomine sono ancora in corso e dove possono essere penalizzati se non lavorano con l'incarico al 30 giugno» –:

          se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per la tempestiva risoluzione dei problemi riscontrati nell'assegnazione delle supplenze.
(4-10447)


      BUCALO e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

          nel segno della digitalizzazione nella pubblica amministrazione, il Ministero dell'istruzione ha inserito l'utilizzo di un algoritmo per attribuire le supplenze al 30 giugno e al 31 agosto ai docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento (Gae), nelle graduatorie provinciali per le supplenze (Gps) di prima fascia, nell'elenco aggiuntivo (docenti forniti di abilitazione) e nelle graduatorie provinciali per le supplenze di seconda fascia (docenti sforniti di abilitazione);

          la procedura di fatto si è dimostrata un vero e proprio «flop», e tante sono le province come Milano, Napoli, Roma che si sono trovate a dover gestire un numero elevato di reclami;

          oltre all'inefficienza dell'algoritmo, si sono registrate altre criticità che hanno aggravato la situazione: le graduatorie Gae e Gps non ancora aggiornate e non rettificate; l'elenco approssimativo delle disponibilità pubblicato entro il 13 agosto dagli ambiti territoriali (AT); le rettifiche dei trasferimenti e dei passaggi di cattedra e di ruolo; le rettifiche delle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie; le immissioni in ruolo da Gae e straordinarie da Gps di prima fascia e da elenchi aggiuntivi; le immissioni in ruolo da Gm 2016, da Gm 2018, da Gm 2020;

          migliaia di supplenti precari sono stati danneggiati: o non lavorano, o hanno avuto una cattedra meno favorevole o, in alcune province, le nomine sono ancora in corso; per loro, inoltre, ulteriori penalizzazioni ci sarebbero se poi non lavorassero con l'incarico al 30 giugno –:

          quali urgenti iniziative intenda adottare a garanzia dei docenti che sono stati danneggiati, sia economicamente sia a livello professionale, da un algoritmo che nei fatti è risultato fallimentare.
(4-10454)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, il Ministro dello sviluppo economico per sapere – premesso che:

          dal punto di vista economico, il settore della logistica è un settore in forte crescita e sempre più rilevante nel sistema produttivo nazionale ed europeo. Nel settore retail, ad esempio, si stima che rispetto ad un nuovo posto di lavoro diretto nell'ecommerce corrispondano 1,2 posti indiretti nella lavorazione e nelle consegne;

          in riferimento al tema occupazionale, i lavoratori coinvolti sono soprattutto operai che svolgono manodopera di servizi;

          più in generale, si tratta di un settore difficile da perimetrare soprattutto in ordine a due motivi: sia perché è trasversale, in quanto comprende il trasporto, la movimentazione di carichi, il magazzinaggio, ma si trovano impiegati ad esempio anche lavoratori indiretti del commercio all'ingrosso e al dettaglio (on line e off line), i riders, nonché gli altri servizi di supporto alle imprese, tra cui si può annoverare la vigilanza privata per i servizi di guardania e portierato; inoltre, perché spesso il rapporto di lavoro reale e, quindi, le conseguenti condizioni di lavoro vissute dai singoli lavoratori non corrispondono a quello che è rilevabile dai contratti e da una formale applicazione delle norme. Sovente il rapporto di lavoro degli operatori nei casi più gravi, si traduce, loro malgrado, in forme di sfruttamento della manodopera;

          su questo ultimo aspetto, ci sono numerose segnalazioni, denunce, episodi di tragica cronaca come quelli di Albairate (Novara) e di Tavazzano (Lodi) che confermano quanto emerge dai rapporti dell'Ispettorato del lavoro e della vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, secondo i quali il settore della logistica rientra nei settori di attività a rischio di violazioni di obblighi retributivi e previdenziali in connessione con fattispecie interpositorie dovute a un'accentuata destrutturazione per la presenza di micro imprese e di cooperative, spesso rivelatesi spurie;

          da qualche anno, sono stati predisposti accertamenti ispettivi straordinari nei settori della logistica e della movimentazione nonché in quello delle pulizie e dell'autotrasporto. Gli esiti della vigilanza ispettiva fanno riferimento a forme di caporalato, abuso dei contratti a termine, orari disumani e condizioni personali di lavoro costituite da estrema precarizzazione;

          nel corso del 2020, l'ispettorato del lavoro ha svolto sul settore 8.850 accessi ispettivi riscontrando un tasso di irregolarità del 71,8 per cento;

          nel mese di agosto 2021, a Bologna si è addirittura arrivati a licenziare i dipendenti con un messaggio Whatsapp;

          risulta pertanto evidente che è fondamentale, urgente e non più procrastinabile il rafforzamento delle tutele di questi lavoratori;

          il 7 aprile 2020 il Consiglio dell'Unione europea ha adottato un'ampia riforma del settore dei trasporti su strada dell'Unione europea, nota come pacchetto sulla mobilità. Le nuove norme tenderebbero al miglioramento delle condizioni di lavoro dei conducenti, ad introdurre norme speciali sul distacco dei conducenti nel trasporto internazionale e all'aggiornamento delle disposizioni sull'accesso al mercato del trasporto merci, oltre a rendere più efficiente l'applicazione delle normative –:

          quali iniziative intendano assumere al fine di valutare e predisporre, anche con urgenza, una riforma complessiva della logistica, volta a rafforzare le tutele dei lavoratori del settore, e a migliorare le condizioni di lavoro delle risorse impiegate e in grado di intervenire sulla razionalizzazione delle procedure di esternalizzazione, con particolare riferimento al contrasto all'appalto di pura manodopera, nonché una riforma delle cooperative, che ne tuteli lo scopo mutualistico, contrasti la concorrenza sleale e separi la qualifica di socio lavoratore da quella di lavoratore;

          se non ritengano necessario istituire un tavolo ministeriale sull'e-commerce, considerando il suo impatto occupazionale sempre più importante sulla logistica, nonché adottare quanto prima tutte le iniziative necessarie a dare attuazione al cosiddetto Pacchetto mobilità di cui in premessa.
(2-01343) «Barzotti, Grippa, Scagliusi, Invidia, Segneri, Davide Aiello, Amitrano, Ciprini, Cominardi, Cubeddu, Pallini, Tripiedi, Tucci, Cancelleri, Di Stasio, Ficara, Flati, Frusone, Gagnarli, Gallo, Giuliano, Grande, Grimaldi, Gubitosa, Iorio, Iovino, Gabriele Lorenzoni, Lovecchio, Maglione, Alberto Manca, Manzo, Martinciglio, Migliorino».

Interrogazione a risposta orale:


      VALLASCAS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          alcuni organi di stampa hanno dato la notizia secondo la quale le imprese di costruzioni stanno riscontrando una situazione di preoccupante difficoltà a causa della penuria, nel mercato interno, di materie prime – in particolare di materiali isolanti – di mano d'opera qualificata e di ponteggi fissi;

          secondo quanto riferiscono le associazioni di categoria, è possibile risolvere il problema della scarsità di materie prime e di mano d'opera qualificata rivolgendosi al mercato europeo, mentre non è possibile fare la stessa cosa per i ponteggi fissi, perché la normativa vigente consente unicamente l'utilizzo di ponteggi prodotti da aziende italiane autorizzate;

          per essere utilizzato in Italia, un ponteggio fisso deve disporre di un libretto ministeriale rilasciato al fabbricante, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai sensi dell'articolo 131 del decreto legislativo n. 81 del 2008, per ogni tipologia di ponteggio fisso;

          l'autorizzazione al fabbricante viene rinnovata ogni dieci anni al fine di verificare l'adeguatezza del ponteggio all'evoluzione del «progresso tecnico»;

          l'ultimo aggiornamento della lista ufficiale di produttori autorizzati risale al 2014 (circolare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 11 del 23 aprile 2014), nel frattempo, alcuni produttori hanno chiuso l'attività, mentre non sono state ancora pubblicate le nuove linee guida che definiscano il «progresso tecnico» dei ponteggi fissi, in assenza delle quali non sarebbe possibile rilasciare nuove autorizzazioni;

          è il caso di riferire che il rilascio di una nuova autorizzazione richiederebbe comunque circa 2 anni di tempo, pertanto risulterebbe difficile risolvere l'attuale situazione di mercato, anche accelerando la pubblicazione delle linee guida;

          come detto, questa situazione sta penalizzando le imprese del settore delle costruzioni che non riescono a sfruttare pienamente le opportunità offerte dalle misure incentivanti come il «Superbonus al 110 per cento»;

          a questo proposito, il Corriere della Sera del 6 ottobre 2021 ha riferito che: «Mentre, sulla scia della proroga del Superbonus 110 per cento, sono centinaia i condomini che intendono iniziare i lavori per rifare le facciate malandate, i costi delle materie prime continuano la loro corsa, con la conseguenza che non sono pochi i cantieri che non riescono a chiudere. Mentre chi vorrebbe aprirli si sente rispondere che non ci sono più ponteggi liberi. E si rimanda tutto al 2022»;

          è il caso di riferire che il decreto cosiddetto «Semplificazioni», rimuovendo alcune criticità del «Superbonus al 110 per cento», ha di fatto ampliato la platea dei potenziali soggetti interessati ad accedere alla misura incentivante, con un conseguente aumento di domande che, però, rischiano di non essere soddisfatte per la citata carenza di mercato;

          sembrerebbe che nei Paesi dell'Unione europea ci sia ampia disponibilità di ponteggi e che questi, purché dispongano della certificazione europea EN 12810-1, si possano installare in molti altri Paesi dell'Unione europea, come Francia, Germania e Spagna –:

          quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, anche di natura normativa, per garantire al settore delle costruzioni adeguate dotazioni strumentali, come la disponibilità di ponteggi fissile e se non ritenga opportuno adottare iniziative per autorizzare l'utilizzo in Italia di ponteggi che possono essere utilizzati in altri Paesi dell'Unione europea, con le stesse procedure e abilitazioni richieste nel Paese di produzione;

          quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, anche di natura normativa per predisporre in tempi brevi le nuove linee guida che definiscano il «progresso tecnico» dei ponteggi fissi.
(3-02548)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      NAVARRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          da notizie a mezzo stampa si è appreso che l'ex consigliere comunale del Pd a Valguarnera Caropepe, Nino Castoro, sarebbe stato costretto a dimettersi a causa delle indebite pressioni ricevute presso l'azienda dove lavorava;

          come si è appreso dalle notizie a mezzo stampa, le dimissioni sarebbero state causate da «comportamenti persecutori e punitivi» subiti in ambito lavorativo a causa del ruolo politico ricoperto;

          fermi restando gli accertamenti giudiziari da parte delle autorità competenti sulle denunciate vessazioni, desta preoccupazione la notizia filtrata sugli organi di stampa in merito a un presunto coinvolgimento del sindaco attualmente in carica, che qualora fosse accertato, prefigurerebbe una grave ingerenza politica sulla vita lavorativa di un consigliere comunale;

          ogni cittadino, di qualunque estrazione sociale e a qualunque categoria lavorativa appartenga, ha il diritto, così come previsto dalla Costituzione italiana, di accedere alle cariche elettive e di svolgere la propria funzione di rappresentante degli elettori all'interno delle istituzioni –:

          se il Governo non ritenga opportuno, per quanto di competenza, adottare le opportune iniziative di natura ispettiva per acquisire elementi riguardo alle suddette iniziative vessatorie denunciate, nonché quali iniziative si intendano adottare, anche normative, volte a rafforzare i diritti dei cittadini impegnati nella funzione di rappresentanti nelle istituzioni al fine di rendere effettivo quel diritto all'elettorato passivo garantito dalla nostra Costituzione, anche attraverso maggiori tutele riconosciute negli ambiti lavorativi.
(5-06861)


      BARZOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          Raben Group è un operatore logistico che ha 13 filiali nei Paesi europei, 10.000 dipendenti e utilizza più di 8.500 camion per le consegne ogni giorno. Circa due anni fa, la società Raben ha aperto la procedura di licenziamento a seguito di delocalizzazione di alcune attività amministrative in Polonia, dichiarando 20 esuberi per la sede di Cornaredo (MI). Al termine della trattativa sindacale, la procedura si è chiusa con l'azzeramento dei licenziamenti e l'adozione di strumenti alternativi (incentivi, prepensionamenti e ricollocazioni). Dopo alcuni mesi, la società ha internalizzato il magazzino, fino a quel momento dato in appalto, ma anziché assorbire tutti i lavoratori impiegati, ne ha assorbiti solo una parte. Le inevitabili azioni legali, hanno imposto a Raben Sittam srl, davanti al giudice, l'assunzione di tutto il personale;

          con l'avvento del COVID-19, l'azienda ha richiesto e ottenuto l'utilizzo della cassa integrazione per gestire i cali di fatturato per diverse settimane. Il 10 settembre 2021, Raben-Sittam ha nuovamente aperto un'ulteriore procedura per 18 esuberi (per la sede di Cornaredo, Milano) a seguito di delocalizzazione di attività amministrative nella sede centrale in Polonia e dell'implementazione di nuovi sistemi automatizzati per la gestione di alcune funzioni. Le richieste del sindacato confederale di utilizzare, come la volta precedente, strumenti alternativi non ha portato al momento ad alcun risultato –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sta accadendo nello stabilimento di Cornaredo della società Raben-Sittam;

          se non ritenga prioritario adottare iniziative di competenza volte alla salvaguardia dei posti di lavoro di questa azienda che fa parte di una multinazionale storica e molto strutturata.
(5-06873)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GIACCONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          dopo la morte Giorgio Tibaldi, un tecnico addetto alla manutenzione degli impianti di refrigerazione, investito dall'esplosione del motore frigo in un negozio di surgelati, la provincia di Asti registra una seconda vittima del lavoro; un imbianchino di origini albanesi, è deceduto a distanza di qualche giorno dal ricovero d'urgenza all'ospedale di Alessandria dove era stato portato in eliambulanza a seguito delle ferite riportate nella caduta dal ponteggio allestito per ridipingere la facciata di un immobile;

          secondo i primi accertamenti dei carabinieri intervenuti sul luogo dell'infortunio, l'uomo stava tinteggiando il muro di una carrozzeria quando è caduto dal ponteggio;

          la notizia del decesso del lavoratore ha provocato un grande sgomento nella comunità cittadina di Tigliole;

          l'Inail ha pubblicato i dati relativi ai primi otto mesi del 2021 posti a confronto con lo stesso periodo del 2020 sull'andamento degli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali. Complessivamente, sono state presentate quasi 350 mila denunce di infortunio di cui 772 con esito mortale e un totale di 36.496 malattie professionali. Rispetto ai primi otto mesi del 2020 i dati segnano un significato incremento per infortuni (+8,5 per cento) e malattie professionali (+31,5 per cento) è un calo degli incidenti mortali (-6,2 per cento). In proposito è però lo stesso Inail a segnalare di prendere questi valori di confronto con «molta prudenza», sottolineando che i dati sono da «ritenersi ancora poco significativi a causa della pandemia che nel 2020 ha provocato, soprattutto per gli infortuni mortali, una manifesta tardività nella denuncia, anomala ma rilevantissima, generalizzata in tutti i mesi ma amplificata soprattutto a marzo 2020, mese di inizio pandemia, che ne inficia la comparazione con i mesi del 2021»;

          in un moderno sistema industriale è intollerabile che questi accadimenti proseguano con tale frequenza e che sia le cosiddette morti bianche che i tragici incidenti e infortuni sul posto di lavoro colpiscano continuamente i lavoratori;

          il tema della sicurezza sul lavoro, anche alla luce dei recenti incidenti verificatisi, costituisce una priorità da perseguire con tutti gli strumenti a disposizione del Governo, ad iniziare dall'efficace funzionamento delle istituzioni preposte ad assicurarla;

          il Ministro interrogato, recentemente, ha posto l'accento sulla gravità delle morti sul lavoro, affermando che «Il piano sicurezza sui posti di lavoro sarà pronto nelle prossime settimane. Nel frattempo assumeremo provvedimenti immediati che anticipano il piano stesso» –:

          se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare in merito alla tematica degli infortuni sul lavoro e della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ed entro quali tempi.
(4-10456)


      FERRO, VINCI, DEIDDA, VARCHI, LUCASELLI, BELLUCCI, TRANCASSINI e DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          il reddito di cittadinanza, oltre ad essersi rivelato un clamoroso insuccesso per la percentuale irrisoria di beneficiari che ha trovato un nuovo lavoro, si è dimostrato anche un «regalo» per criminali, mafiosi, spacciatori, terroristi, delinquenti abituali, truffatori ed evasori fiscali;

          i casi, scoperti dalla Guardia di finanza, si contano ormai a centinaia: l'ultimo a Vibo Valentia, dove un'operazione condotta dai militari del Comando provinciale della Guardia di finanza ha interessato 28 persone, tra cui figurano anche esponenti di spicco ed affiliati alle cosche vibonesi, già coinvolti nelle operazioni «Costa Pulita», «Ossessione», «Cerbero» e «Rinascita Scott», con il sequestro preventivo di circa 212 mila euro;

          in particolare, gli accertamenti di polizia giudiziaria, svolti nell'ultimo periodo dalle Fiamme gialle della Tenenza di Tropea, avevano consentito di segnalare all'autorità giudiziaria molteplici soggetti che, in prima persona o attraverso i propri familiari, avevano chiesto ed ottenuto dall'Inps il beneficio economico, omettendo di dichiarare l'esistenza di condanne ostative, compresa l'associazione di tipo mafioso, o misure cautelari personali;

          tra maggio e giugno dello scorso anno, sempre in Calabria, erano stati scoperti quasi 150 tra boss e gregari delle maggiori cosche di 'ndrangheta, tutti beneficiari del reddito di cittadinanza;

          nelle cronache degli ultimi mesi, tra i casi di beneficiari di reddito di cittadinanza senza averne diritto, si annoverano persone arrestate per detenzione di esplosivi, narcotrafficanti, evasori totali, parcheggiatori abusivi, svaligiatori di appartamenti, zingari dediti ai furti, rapinatori: tutti percepivano il bonifico mensile dell'Inps in quanto «indigenti» –:

          quale sia la linea politica che il Governo intende attuare con riferimento alla misura del reddito di cittadinanza;

          cosa non abbia funzionato nel sistema dei controlli preventivi e quanti siano i casi accertati di indebita percezione del reddito di cittadinanza, nonché quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per introdurre idonei correttivi.
(4-10466)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, per sapere – premesso che:

          da venerdì 15 ottobre 2021 è in vigore l'obbligo di possesso di Green Pass per ogni lavoratore che voglia proseguire nell'attività, che il gruppo parlamentare di Forza Italia condivide e sostiene;

          in questo contesto proviene un allarme anche dal settore agricolo. L'obbligo di green pass, naturalmente, riguarda anche i circa 400.000 lavoratori agricoli, mentre è in pieno svolgimento la vendemmia, la raccolta delle mele è all'inizio, come quella delle olive, e, fra pochi giorni, partirà la campagna agrumicola. In questo contesto, si stima che sia pari al 25 per cento il numero dei lavoratori agricoli non vaccinati, circa 100 mila persone. C'è quindi il rischio attuale e concreto che possa andare persa parte della produzione agricola per carenza di raccoglitori. Quindi appare necessario adottare misure correttive e tempestive che consentano un accesso facilitato al lavoro nei campi di quanti siano in possesso del green pass, poiché i controlli vanno eseguiti giornalmente e all'accesso in azienda di tutti i lavoratori, quale che sia il rapporto di lavoro; l'obbligo riguarda non solo i dipendenti, ma anche i collaboratori coordinati e continuativi, quelli occasionali, tirocinanti, distaccati, somministrati, volontari, soci lavoratori, legale rappresentante, amministratore, coadiuvanti familiari e, lavoratori di eventuali ditte appaltatrici, professionisti che dovessero accedere ai luoghi di lavoro per motivi professionali come commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro. Nel contesto descritto esiste il fondato timore che le normali attività aziendali possano essere rallentate;

          sarebbe necessario adottare una semplificazione delle operazioni di controllo, non facili perché i lavoratori non sono concentrati fisicamente in un unico luogo di lavoro. Si precisa che si ritiene il green pass una misura efficace per contrastare la pandemia, ma una semplificazione nelle procedure di controllo sarebbe utile per risolvere velocemente alcuni problemi pratici ed evitare il rischio di un'ulteriore mancanza di manodopera nelle campagne. Almeno alcune operazioni dovrebbero essere semplificate, ad esempio il carico e scarico delle merci. Ciò è fondamentale perché l'attività agricola è legata ai cicli stagionali e non può essere fermata;

          c'è poi bisogno di più lavoratori, anche perché non è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la determinazione delle quote annuali di lavoratori stranieri né sono stati prorogati i nulla osta per il lavoro stagionale e i permessi di soggiorno degli stranieri già in Italia;

          molti non sono vaccinati o hanno ricevuto vaccini ancora non riconosciuti dall'Ema, come lo Sputnik, il sinovac o altri. Per loro – in particolare per quelli stagionali – sono state avanzate alcune ipotesi, tra le quali la somministrazione d'una dose addizionale di vaccino realizzato con un siero a mRna;

          si precisa che in questo settore, si impiegano storicamente numerosi lavoratori stranieri, la cui assenza – anche solo temporanea – potrebbe interrompere la produttività d'intere filiere, causando gravi danni poiché l'attività agricola è legata ai cicli stagionali delle coltivazioni e non può essere fermata;

          in questo contesto sarebbe importante rendere celermente disponibili alle aziende i dati di chi è in possesso del green pass per garantire l'adeguata copertura degli organici necessari a salvare i raccolti;

          servirebbero poi strumenti flessibili, concordati con i sindacati, che consentano a percettori di ammortizzatori sociali di poter lavorare temporaneamente alle attività nei campi e supplire alle carenze di organico;

          si propone ciò per evitare perdite economiche a lavoratori e imprenditori, nonché carenze di approvvigionamenti di beni alimentari. Si tratterebbe di ulteriori sofferenze, assolutamente da evitare, dopo quelle già patite a causa delle precedenti e necessarie misure di contenimento adottate per evitare il diffondersi incontrollato della pandemia –:

          quali iniziative il Governo intenda adottare per dare soluzione ai problemi narrati in premessa ed in particolare se si intendano adottare iniziative per semplificare le procedure di accesso ai luoghi di lavoro dei lavoratori agricoli, nei campi coltivati, pur mantenendo il necessario requisito del possesso del green pass, considerato che tale accesso non avviene attraverso un'unica via;

          se intenda adottare iniziative per predisporre misure per consentire il lavoro nei campi ai percettori di ammortizzatori sociali in età lavorativa e affinché non sia disperso il faticoso lavoro agricolo già fatto e se ne possano raccogliere i frutti;

          se intenda adottare iniziative per assicurare un congruo numero di lavoratori agricoli;

          se intenda adoperarsi per il riconoscimento di vaccini già inoculati ma non riconosciuti dalle autorità sanitarie per l'ottenimento del green pass;

          se intenda adoperarsi affinché sia autorizzata l'inoculazione, a chi è stato vaccinato con sieri non riconosciuti dall'Ema, di una ulteriore dose addizionale, utilizzando un siero a mRna, sempre al fine di consentire al lavoratore di ottenere il green pass e poter operare in sicurezza, propria e degli altri lavoratori.
(2-01344) «Nevi, Spena, Sandra Savino».

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


      VERSACE, NOVELLI e BAGNASCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 104, comma 3-bis, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (cosiddetto decreto rilancio), ha previsto in via sperimentale per il solo anno 2020 uno stanziamento nei limiti di spesa di 5 milioni di euro, al fine di consentire al servizio sanitario nazionale di poter erogare a persone con disabilità fisiche ausili, ortesi e protesi degli arti inferiori e superiori a tecnologia avanzata;

          detta importante norma è finalizzata a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena inclusione delle persone con disabilità nello svolgimento di attività sportive amatoriali;

          il medesimo articolo 104, comma 3-bis, ha quindi previsto l'emanazione di un decreto del Ministro della salute volto a definire i tetti di spesa per ogni singola regione che accede al fondo sanitario nazionale, nonché i criteri per l'erogazione degli ausili, ortesi e protesi e le modalità per garantire il rispetto dei tetti di spesa regionali e nazionale;

          dopo circa un anno e mezzo dalla sua entrata in vigore, la suddetta disposizione di legge è rimasta lettera morta e il citato decreto del Ministro della salute non è mai stato emanato;

          riguardo al medesimo decreto ministeriale, si ricorda che in risposta all'interrogazione 5-06308, a prima firma dell'onorevole Versace, il 24 giugno 2021 il Sottosegretario di Stato aveva dichiarato che «il Ministero della salute ha predisposto uno schema di decreto attuativo, con cui è stata individuata la platea dei possibili beneficiari ed un elenco dei dispositivi da fornire per lo svolgimento delle diverse tipologie di attività sportive ed amatoriali. Lo schema di decreto è in fase di perfezionamento»;

          è importante che lo stanziamento sperimentale previsto dal «decreto rilancio» venga confermato anche almeno per il 2022 e, conseguentemente, che venga emanato il decreto ministeriale per definire le modalità di utilizzo delle risorse e per selezionare le tipologie di disabilità fisica e le attività sportive amatoriali che danno diritto all'erogazione dei componenti protesici –:

          se non ritenga, per quanto di competenza, di adottare iniziative per prevedere già nella prossima legge di bilancio maggiori risorse e una proroga almeno per il 2022 della sperimentazione di cui in premessa, anche al fine di valutare gli effetti applicativi della norma e gli effettivi oneri, in previsione di un auspicato successivo inserimento dei suddetti componenti protesici nei livelli essenziali di assistenza.
(3-02553)


      NOJA, FREGOLENT, UNGARO, MARCO DI MAIO, OCCHIONERO e VITIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          la fibromialgia è una patologia reumatica extra-articolare caratterizzata non solo da dolore muscolo-scheletrico diffuso, ma anche da profondo affaticamento e da numerose altre manifestazioni cliniche a carico di diversi organi e apparati, con ripercussioni negative sul lavoro, sulla vita familiare e sui rapporti sociali;

          in Italia ha un'incidenza fra il 2 e il 4 per cento della popolazione e colpisce principalmente le donne in età fertile e lavorativa;

          l'Organizzazione mondiale della sanità ha riconosciuto nel 1992 l'esistenza di questa sindrome e il Parlamento europeo ha approvato nel 2008 una dichiarazione che, partendo dalla considerazione che la fibromialgia non risulta ancora inserita nel registro ufficiale delle malattie nell'Unione europea, invita la Commissione europea e il Consiglio a mettere a punto una strategia comunitaria in modo da riconoscere questa sindrome come una malattia ed incoraggiare gli Stati membri a migliorare l'accesso alla diagnosi e ai trattamenti; l'Italia non figura tra i Paesi europei che hanno aderito a tale indicazione;

          pur essendo assente nel nomenclatore del Ministero della salute, la fibromialgia è prevista come diagnosi nei tabulati di dimissione ospedaliera e il riconoscimento di tale patologia risulta disomogeneo sul territorio nazionale. Solo per fare alcuni esempi, le province autonome di Trento e Bolzano l'hanno riconosciuta permettendo ai malati di godere di una relativa esenzione dalle spese sanitarie ed avere maggior riconoscimento in sede di determinazione di invalidità civile; la regione Veneto l'ha riconosciuta nel nuovo piano socio-sanitario regionale come malattia ad elevato impatto sociale e sanitario; la regione Emilia-Romagna ha emanato linee di indirizzo per «Diagnosi e trattamento della fibromialgia» e la regione Sardegna ha approvato una legge regionale per garantire diagnosi e cure ai pazienti, istituendo anche il registro regionale della fibromialgia per la raccolta e l'analisi dei dati clinici e sociali e disponendo l'individuazione, tra i presidi sanitari già esistenti di reumatologia o immunologia, almeno due centri di riferimento regionali pubblici, mentre la regione Toscana ha approvato la costituzione di un tavolo tecnico di confronto;

          risulta dunque mancare ancora un quadro di riferimento nazionale, con conseguente disparità di trattamento dei pazienti affetti da fibromialgia a seconda del territorio di residenza –:

          quali iniziative di competenza intenda adottare per riconoscere la fibromialgia quale malattia invalidante per consentire, tra l'altro, l'applicazione dell'esenzione dalla spesa sanitaria per le persone che ne siano affette e permettere alle regioni di approntare mirati e specifici protocolli terapeutici riabilitativi volti a garantire prestazioni specialistiche appropriate ed efficaci.
(3-02554)


      MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GERMANÀ, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MARIANI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SCOMA, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          nella giornata del 18 ottobre 2021, appena dopo la chiusura dei seggi elettorali, è rimbalzata su tutti i quotidiani la notizia che vede coinvolto l'ex Commissario straordinario all'emergenza COVID-19, Domenico Arcuri, indagato dalla procura di Roma per peculato e abuso d'ufficio;

          le indagini della procura gravitano attorno agli affidamenti disposti dall'ex Commissario a favore di tre consorzi cinesi, per l'acquisto di 801 milioni di mascherine, dal valore complessivo di 1,25 miliardi di euro;

          le analisi di laboratorio condotte dagli inquirenti hanno certificato che la gran parte dei dispositivi in questione non soddisfa i requisiti di efficacia protettiva richiesti dalla normativa vigente, risultando in diversi casi addirittura «pericoloso» o «molto pericoloso» per la salute degli utilizzatori;

          sulla base degli accertamenti disposti, la procura ha ordinato il sequestro delle mascherine in oggetto; perlomeno di quelle giacenti, visto che molte di esse risultano già distribuite, nelle fasi più critiche dell'emergenza, anche per rifornire ospedali e strutture impegnate nella lotta al COVID;

          gli affidamenti ai consorzi cinesi sarebbero stati agevolati dall'intermediazione di imprese italiane che, a fronte di tale attività, avrebbero percepito commissioni per oltre 77 milioni di euro, dando vita a un «sodalizio» senza scrupoli, intento a «speculare sull'epidemia» e a «condizionare le scelte della pubblica amministrazione»;

          in tempi non sospetti, il gruppo Lega aveva denunciato le gravi responsabilità imputabili all'allora Commissario Arcuri nella gestione – tra l'altro – delle procedure di approvvigionamento dei beni essenziali al contenimento dell'emergenza;

          in particolare, con interrogazione n. 4-09030, tuttora priva di risposta, si dava conto del sequestro, da parte della procura di Gorizia, di centinaia di milioni di mascherine riconducibili alle maxi commesse qui in discussione, richiedendosi al Ministro interrogato di fornire chiarimenti in merito alle analisi su di esse effettuate, alle iniziative intraprese nei riguardi dei produttori/certificatori e anche al possibile nesso tra l'utilizzo di tali dispositivi e la diffusione dei contagi presso gli ospedali e le residenze sanitarie assistenziali destinatari delle forniture;

          analoghi quesiti venivano posti nell'interrogazione n. 4-09015, sempre a firma di deputati della Lega, anch'essa priva di risposta –:

          se e per quali ragioni non abbia dato seguito alle segnalazioni, alle notizie stampa e alle interrogazioni parlamentari sulla non conformità delle mascherine acquistate dall'ex Commissario Arcuri dalla Cina, ad avviso degli interroganti ignorandole completamente e omettendo di adottare iniziative di competenza per la tutela della salute pubblica.
(3-02555)


      IANARO, D'ARRANDO, FEDERICO, MAMMÌ, MISITI, NAPPI, PENNA, RUGGIERO, SPORTIELLO e VILLANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          con la raccomandazione 553891/2021 del 4 ottobre l'Ema ha autorizzato la somministrazione di una dose aggiuntiva dei vaccini anti-COVID-19 Comirnaty (BioNTech/Pfizer) e Spikevax (Moderna) a persone con un sistema immunitario gravemente indebolito;

          la decisione è stata adottata sulla base di alcuni studi che hanno dimostrato che una dose aggiuntiva di questi vaccini, somministrata almeno a 28 giorni dalla seconda dose, aumenti la capacità di produrre anticorpi contro il virus. Nonostante non esistano evidenze dirette del fatto che la capacità di produrre anticorpi nei pazienti immunodepressi li abbia protetti contro il COVID-19, le previsioni dello studio sono che la dose aggiuntiva aumenti la loro protezione contro il virus;

          la raccomandazione di Ema rispecchia quanto già intrapreso dall'Italia che, a partire dal 20 settembre 2021, sta vaccinando anziani e pazienti immunodepressi;

          nella stessa comunicazione, basandosi su un singolo studio israeliano pubblicato sulla rivista Nejmin, Ema si è espressa anche sulle dosi di richiamo per le persone con sistema immunitario normale e soltanto su dati relativi a Comirnaty che mostrerebbero un aumento dei livelli anticorpali dopo una dose di richiamo 6 mesi dopo la seconda dose, in persone tra i 18 e i 55 anni;

          in quest'ultimo caso, Ema non detta una linea univoca per i Paesi membri, lasciando ai Governi nazionali la prerogativa di agire in maniera autonoma;

          prima di Ema, l'agenzia statunitense Fda ha invece negato l'autorizzazione alla terza dose di vaccino anti-COVID-19, riservandola per il momento soltanto a immunodepressi e fragili per età e professione e rimanendo ancora in fase di valutazione sulla reale efficacia della terza dose per tutta la popolazione, sulla quale si esprimerà soltanto a conclusione di ulteriori ricerche;

          con il comunicato n. 66 dell'8 ottobre 2021 e alla luce delle ultime deliberazioni di Ema, il Ministero della salute ha dato il via libera alla terza dose di richiamo (booster) di vaccino per i fragili di ogni età e per tutti gli over 60, dopo almeno sei mesi dal completamento del ciclo primario di vaccinazione –:

          se, in mancanza di evidenze scientifiche univoche, non ritenga opportuno fornire chiarimenti relativi alla necessità di effettuare richiami per il vaccino anti COVID-19 alla popolazione con sistema immunitario non compromesso.
(3-02556)


      LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DE TOMA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, GIOVANNI RUSSO, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          dal 15 ottobre 2021, con le modifiche apportate dal decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, alle norme che disciplinano l'impiego delle certificazioni verdi COVID-19, è in vigore l'obbligo per i lavoratori di esibire il green pass per poter accedere ai luoghi di lavoro;

          ad oggi i lavoratori non vaccinati in Italia sono compresi tra tre milioni e mezzo e quattro milioni di persone;

          le disposizioni del citato decreto-legge prevedono che i lavoratori privi della certificazione verde COVID-19 siano considerati assenti ingiustificati «senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro», ma che «per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo non sono dovuti la retribuzione, né altro compenso o emolumento, comunque denominati»;

          appare evidente dalla lettura delle norme che ad avviso degli interroganti è stato, di fatto, introdotto l'obbligo per i lavoratori di sottoporsi alla vaccinazione anti COVID-19 per poter ottenere la certificazione verde;

          l'unica alternativa per i lavoratori non vaccinati che intendono continuare a recarsi al lavoro è rappresentata dall'effettuazione – a giorni alterni – di un test molecolare antigenico, con i disagi conseguenti, testimoniati dalle immagini delle lunghissime file davanti alle farmacie dal giorno in cui è scattato l'obbligo, e un considerevole esborso economico;

          il regolamento europeo n. 935/2021, che definisce il quadro giuridico per il rilascio, la verifica e l'accettazione del certificato verde, al punto 36, affermata la necessità di «evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate», precisa che «il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati»;

          contrariamente a quanto previsto dal regolamento, a parere degli interroganti l'obbligo di esibire il green pass per accedere ai luoghi di lavoro sembra configurare una discriminazione tra lavoratori, posto che, ai fini dell'ottenimento del green pass, la vaccinazione è strumento sia più agevole, perché il relativo certificato verde ha la durata di dodici mesi, sia gratuito –:

          se non ritenga di adottare iniziative di competenza volte a garantire la gratuità dei test antigenici rapidi in favore dei lavoratori non vaccinati, nel rispetto delle norme europee sulla non discriminazione delle persone non vaccinate e tutelando il loro diritto al lavoro, e per estendere la validità delle relative certificazioni verdi ad almeno 72 ore.
(3-02557)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      LEDA VOLPI, NAPPI e SPESSOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          con la legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 544), che ha modificato la legge n. 167 del 2016, tra le patologie da considerare ai fini dello screening neonatale (Sne) sono state inserite anche le malattie neuromuscolari genetiche, le immunodeficienze congenite severe e le malattie da accumulo lisosomiale;

          con il decreto-legge n. 162 del 2019, si è stabilito un termine certo, il 30 giugno 2020, per la revisione delle patologie inserite nell'elenco delle patologie screenabili;

          scaduto infruttuosamente tale termine, i lavori di aggiornamento delle patologie da ricercare attraverso lo screening neonatale, sono stati nuovamente oggetto di intervento normativo con l'articolo 4, comma 8-quinquies, del decreto-legge n. 183 del 2020, che ha stabilito il giorno 31 maggio 2021 come ulteriore termine di scadenza per la revisione della lista;

          il 17 novembre 2020, il Sottosegretario di Stato per la salute, Pierpaolo Sileri, tramite decreto ha istituito il gruppo di lavoro sullo screening neonatale esteso con il compito di definire il protocollo operativo per la gestione degli screening neonatali, nel quale indicare le modalità di presa in carico del paziente positivo allo screening e di accesso alle terapie, e procedere alla revisione periodica della lista delle patologie da ricercare attraverso lo screening neonatale;

          il 30 novembre 2020 il gruppo di lavoro «Screening neonatale esteso» si è riunito per la prima volta e ha avviato la propria attività, con l'obiettivo di concludere il lavoro di aggiornamento entro 6 mesi dalla data di insediamento del gruppo, il 30 maggio 2021;

          alla scadenza del termine, in risposta ad un'interrogazione parlamentare con cui si chiedevano notizie in merito all'esito dei lavori, il sottosegretario di Stato per la salute delegato ha affermato che, in data 1° giugno 2021, il gruppo di lavoro si sarebbe riunito per la formulazione di una raccomandazione a supporto delle decisioni di politica sanitaria relative alla prima revisione della lista delle patologie, esprimendo parere positivo in merito all'introduzione della Sma (atrofia muscolare spinale) nel panel dello screening neonatale, senza però aggiungere nulla rispetto alle altre patologie potenzialmente eleggibili all'inserimento nella lista;

          ad oggi, nonostante il parere positivo espresso dal gruppo di lavoro sulla Sma, non è stato ancora emanato alcun decreto da parte del Ministero della salute relativo all'aggiornamento delle patologie da sottoporre a screening neonatale e, di conseguenza, per rendere ufficiale l'inserimento di questa patologia all'interno della lista;

          l'Osservatorio malattie rare (Omar), nel «Quaderno» consegnato alle istituzioni, oltre alla Sma ha individuato ulteriori 6 malattie rare da inserire sulla lista nazionale dello screening neonatale esteso: la malattia di Gaucher, quelle di Fabry e di Pompe, la mucopolisaccaridosi di tipo I, l'immunodeficienza Ada-Scid o sindrome dei «bimbi in bolla» e l'adrenoleucodistrofia cerebrale X-Cald;

          in alcune regioni tali malattie sono già inserite da anni nello screening regionale, mentre attendono di essere inserite nella lista nazionale, malgrado soddisfino tutti i requisiti richiesti per entrare nell'elenco nazionale e di conseguenza nei livelli essenziali di assistenza (Lea) –:

          quale sia lo stato di avanzamento dell'iter per l'adozione del decreto con cui rendere ufficiale l'inserimento della Sma all'interno della lista delle patologie da ricercare attraverso lo screening neonatale esteso (Sne);

          quali iniziative intenda assumere, e se ve ne siano alcune attualmente in corso, per rendere effettivo, all'interno dello screening neonatale esteso, l'inserimento delle altre patologie previste da legge;

          quali iniziative intenda assumere per rendere accessibile a tutto il territorio nazionale lo screening neonatale esteso (Sne) aggiornato con le nuove patologie, al fine di eliminare l'attuale disparità di trattamento e di sopravvivenza tra neonati in base alla regione di appartenenza.
(5-06853)


      BALDINI e BOLOGNA. — Al Ministro della salute, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

          il problema della localizzazione del depuratore del Garda è dovuta alla mancanza di una mappatura della rete fognaria dei diciotto comuni gestiti da Acque Bresciane che è stata recentemente finanziata accumulando già in ritardo di cinque anni;

          solo al termine di questo lavoro di mappatura, allacciamento e separazione delle acque si potrà pensare di spendere le risorse necessarie, comprensive del finanziamento del Ministero della transizione ecologica, per i depuratori che tranquillamente potranno essere sovracomunali a Toscolano, Salò, San Felice, Manerba, Lonato, Desenzano;

          la necessità dell'istallazione di un depuratore è diventata ancora più urgente soprattutto negli ultimi tempi di pandemia dal momento che, recentemente, è stata segnalata la presenza della sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus 2 (Sars-CoV-2) nell'acqua e nelle acque reflue;

          secondo la letteratura aggiornata, le feci e le maschere dei pazienti con diagnosi di malattia da Coronavirus (Covid-19) sono state considerate la principale via di trasmissione del Coronavirus nell'acqua e nelle acque reflue;

          la maggior parte dei tipi di Coronavirus che attaccano l'uomo (possibile (Sars-CoV-2) sono spesso inattivati rapidamente in acqua (cioè, la sopravvivenza del Coronavirus umano 229E nell'acqua è di 7 giorni a 23° C). Tuttavia, il periodo di sopravvivenza del Coronavirus negli ambienti acquatici dipende fortemente dalla temperatura, dalle proprietà dell'acqua, dalla concentrazione di solidi sospesi e materia organica, dal pH della soluzione e dalla dose di disinfettante utilizzata;

          l'Organizzazione mondiale della sanità ha affermato che l'attuale processo di disinfezione dell'acqua potabile potrebbe inattivare efficacemente la maggior parte delle comunità batteriche e virali presenti nell'acqua, in particolare Sars-CoV-2 (più sensibile a disinfettanti come il cloro libero);

          uno studio recente ha confermato che l'Rna Sars-CoV-2 è stato rilevato nelle acque reflue in ingresso (ma non in uscita) e, sebbene l'esistenza di (Sars-CoV-2 negli affluenti idrici sia stata confermata, una domanda importante è se può sopravvivere o infettare dopo il processo di disinfezione dell'acqua potabile;

          ad oggi, solo uno studio ha confermato che l'infettività, di Sars-CoV-2 nell'acqua per le persone era nulla in base all'assenza di effetto citopatico (Cpe) nei test di infettività. Pertanto, ulteriori studi dovrebbero concentrarsi sulla sopravvivenza di Sars-CoV-2 nell'acqua e nelle acque reflue in diverse condizioni operative (cioè temperatura e matrice dell'acqua) e verificare se la trasmissione dall'acqua contaminata da Covid-19 all'uomo sia una preoccupazione emergente –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza della gravità del rischio dell'infettività di Sars-CoV-2 nell'acqua e della necessità di provvedere ad una mappatura delle acque bresciane e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza intendano intraprendere per far fronte ai gravi rischi derivanti dall'inquinamento delle acque.
(5-06870)

Interrogazioni a risposta scritta:


      IANARO e SPORTIELLO. — Al Ministro della salute, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          il 13 ottobre 2021 la cittadina sannita di Airola è stata interessata da un devastante incendio che ha colpito il deposito della Sapa – azienda che produce materiali di plastica per automobili – che ha reso l'area irrespirabile, costringendo i cittadini a chiudersi in casa;

          l'incendio è divampato nel pomeriggio, mentre nei capannoni erano a lavoro diversi operai; il rogo ha sprigionato una nube tossica che ha investito numerosi comuni del circondario e di cui gli effetti sono stati avvertiti anche nella città di Napoli;

          fino al giorno 15 ottobre 2021 il sindaco del comune di Airola ha deciso di chiudere tutte le scuole del territorio e ha vietato il pascolo e la raccolta, il consumo, di frutta e verdura; è stato deciso, inoltre, di sospendere l'attingimento di acqua ai fini alimentari da vasche e pozzi non protetti e l'erogazione di acque non protette per uso irriguo –:

          se il Governo non intenda di assumere tutte iniziative di competenza per verificare la tossicità dell'aria, dell'acqua e del suolo dei comuni interessati alla nube tossica derivata dall'incendio deposito della Sapa di Airola;

          se non valuti di assumere tutte le iniziative di competenza, compresa quella di avviare un'indagine sugli eventuali danni provocati alla salute dei lavoratori impegnati nello stabilimento della Sapa e dei cittadini residenti nel comune di Airola e nei comuni del circondario;

          se sia a conoscenza di quale sia l'eventuale entità dei danni alla salute pubblica provocati dal deposito delle polveri derivate dalla combustione dei materiali di plastica bruciati nello stabilimento della Sapa di Airola.
(4-10459)


      MANTOVANI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE e CIABURRO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

          come riportato dalle agenzie di stampa, un treno della cosiddetta «autostrada viaggiante» che trasportava alcuni autotreni provenienti dalla Germania, arrivato alla stazione internazionale di Domodossola, è stato rimandato indietro dalla società ferroviaria elvetica Sbb perché sei degli autisti dei mezzi erano sprovvisti di green pass;

          i tir che componevano il convoglio erano diretti al centro intermodale di Novara Boschetto;

          quanto accaduto e descritto qui sopra rischia di replicarsi con altri convogli; pregiudicando gli approvvigionamenti delle imprese e creando una notevole incertezza per tutta la filiera della logistica del nord Italia;

          casi come quello di Domodossola rischiano di mettere in dubbio il rispetto di quanto previsto dall'articolo 26 e dagli articoli da 28 a 37 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) in merito alla libera circolazione delle merci;

          l'estensione del (cosiddetto green pass avvenuta il 15 ottobre 2021 – così come previsto dal decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127 – a tutti i lavoratori pubblici e privati è frutto di una decisione del legislatore nazionale e non di una strategia comune a tutti gli Stati membri, creando quindi una situazione di eterogeneità normativa tale da produrre incertezze che incidono sulla libera circolazione delle merci quando questa dipende da persone fisiche provenienti da territori dove la certificazione verde non è obbligatoria;

          quanto descritto rischia di porre i presupposti per possibili procedure d'infrazione di cui all'articolo 258 del Tfue in quanto consegue il venir meno della libera circolazione delle merci;

          in una fase in cui la ripresa economica rappresenta, al pari del contrasto della pandemia, una priorità per la nostra Nazione;

          il ripetersi di casi simili a quello del treno di Domodossola può essere facilmente scongiurato disponendo strutture adibite allo svolgimento di test molecolari o rapidi alla partenza o presso gli interporti di arrivo –:

          se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative di competenza volte a predisporre strutture dedicate all'effettuazione di test anti-COVID-19 presso gli interporti al fine di rilasciare la certificazione verde ai lavoratori transfrontalieri – che arrivano a bordo di treni merci – in modo tale da garantire la libera circolazione delle merci e tutelare gli approvvigionamenti delle imprese italiane.
(4-10460)


      PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, PAOLIN, SUTTO, TIRAMANI e ZANELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          la Corte dei conti ha aperto un fascicolo per verificare se l'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) abbia effettivamente rifiutato di sperimentare, gratuitamente e in anticipo, già a partire dall'autunno 2020, la cura a base di anticorpi monoclonali anti Covid-19;

          i fatti oggetto di indagine riguardano gli anticorpi monoclonali sviluppati dall'azienda farmaceutica Eli Lilly; anticorpi prodotti in Italia, in uno stabilimento di Latina, ma non utilizzati, inspiegabilmente, nel nostro Paese per tutto il 2020. La situazione di stallo si è sbloccata solamente in seguito all'insediamento del neo Presidente dell'Aifa Giorgio Palù, il quale si è, invero, attivato per ottenere l'autorizzazione in via d'urgenza e recuperare il ritardo accumulato rispetto agli altri Paesi occidentali che già acquistavano e utilizzavano gli anticorpi monoclonali, da diverso tempo e con ottimi risultati, come gli Stati uniti, il Canada, Israele e anche Paesi europei come la Germania;

          con interrogazione n. 4-07936, tuttora priva di risposta, i deputati del Gruppo Lega chiedevano chiarimenti in merito ai ritardi nell'implementazione di questa cura che aveva dimostrato la sua efficacia nella riduzione dei tassi di ospedalizzazione, con evidenti benefici per la salute degli assistiti, per le vite che si sarebbero potute salvare, e anche in termini economici, considerato l'elevato costo di un ricovero giornaliero di un paziente Covid-19;

          la medesima interrogazione concentrava l'attenzione sulla proposta formalizzata dall'azienda Eli Lilly nel mese di ottobre 2020, finalizzata ad anticipare la sperimentazione degli anticorpi monoclonali nel nostro Paese, con la consegna di almeno 10 mila dosi gratuite. La proposta, incomprensibilmente rifiutata dall'Aifa, avrebbe potuto accelerare l'impiego su larga scala degli anticorpi monoclonali e soprattutto salvare migliaia di pazienti che, a diverso tempo dalla diffusione della pandemia, venivano ancora curati con tachipirina e vigile attesa;

          l'indagine avviata dalla Corte dei conti sembrerebbe avvalorare la fondatezza delle denunce sollevate dai deputati del gruppo Lega e anche l'ipotesi di un danno erariale, considerato che, ad oggi, a circa un anno dall'offerta della multinazionale Eli Lilly, sono state somministrate appena 10 mila dosi di anticorpi monoclonali: esattamente quelle offerte gratuitamente dall'azienda farmaceutica nell'ottobre 2020 che, quindi, sono state prima rifiutate dall'Aifa e poi acquistate, nel 2021, a prezzo di mercato, con ritardo e apparente spreco di denaro pubblico;

          ai tempi, il direttore generale dell'Aifa difese pubblicamente la scelta di lasciare cadere la proposta di sperimentazione con motivazioni di ordine regolatorio, tirando in ballo i limiti imposti dalla normativa europea che avrebbero impedito – a suo dire – l'utilizzo degli anticorpi monoclonali in mancanza di un'autorizzazione dell'European Medicines Agency – Ema;

          le motivazioni addotte dal direttore generale dell'Aifa, tuttavia, apparvero da subito inconsistenti, sia a fronte dell'elevato numero di pazienti Covid-19 per i quali non vi era all'epoca una cura, sia a fronte delle decisioni di segno opposto che erano state prese da altri Paesi europei, soggetti all'applicazione della medesima normativa comunitaria sia, oggi, alla luce dell'autorizzazione in via d'urgenza rilasciata dal Ministero della salute, la quale si fonda proprio sulla direttiva 2001/83/CE e sul relativo decreto legislativo che la recepisce, con ciò confermando che gli stessi non erano affatto ostativi all'avvio della sperimentazione con i monoclonali –:

          se e per quali ragioni non abbia adottato iniziative di competenza, in raccordo con l'Agenzia italiana del farmaco, volte a promuovere l'accettazione della proposta avanzata dall'azienda farmaceutica Eli Lilly, nel mese di ottobre 2020, per la sperimentazione gratuita degli anticorpi monoclonali.
(4-10461)


      CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          la pandemia da Covid-19 che ha colpito l'Italia in questi ultimi 18 mesi ha messo in evidenza la carenza di personale sanitario all'interno del Servizio sanitario nazionale (San);

          la stessa Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere) in una lettera aperta alle istituzioni invita ad individuare soluzioni economiche e normative volte a stabilizzare i 66 mila precari della sanità reclutati a vario titolo durante l'emergenza da Covid-19;

          durante l'emergenza pandemica il reclutamento avviato con forme contrattuali e procedure flessibili ha determinato un consistente incremento del numero dei precari che lavorano nel Ssn;

          nel periodo tra marzo 2020 e aprile 2021 risultano essere stati reclutati 83.180 operatori, di cui 66.029 in condizione di precariato. Va sottolineato come i 21.414 medici reclutati in questo periodo costituiscano il 21 per cento della forza esistente ad inizio pandemia, gli infermieri il 12,5 per cento. Il restante personale (29.776 unità) è costituito da operatori sociosanitari ed altre professionalità necessarie per fronteggiare l'emergenza sanitaria;

          le assunzioni a tempo indeterminato sono state sul 12,5 per cento dei medici, il 27,4 per cento degli infermieri, il 23,7 per cento delle altre figure professionali;

          secondo la Fiaso si potrebbe procedere alla stabilizzazione dei professionisti che, a decorrere dalla data di deliberazione dello stato di emergenza, sono stati reclutati da aziende ed enti del Ssn a tempo determinato (anche mediante conferimento di incarico di lavoro autonomo ovvero di collaborazione coordinata e continuativa), secondo due modalità alternative, sulla falsariga di quanto già avviene ai sensi della cosiddetta «legge Madia» in materia di superamento del precariato nella pubblica amministrazione:

              garantire l'assunzione a tempo indeterminato a coloro che abbiano maturato almeno dodici mesi di servizio presso aziende ed enti del Ssn entro il 31 dicembre 2022;

              estendere al 31 dicembre 2024 i termini entro cui le aziende e gli enti del Ssn possono assumere a tempo indeterminato i professionisti reclutati a tempo determinato per l'emergenza epidemiologica e che abbiano maturato almeno trentasei mesi di servizi entro la stessa data;

              le considerazioni della Fiaso sono state ampiamente condivise anche dalle rappresentanze dei professionisti sanitari –:

              alla luce dei fatti sopra esposti, quali iniziative urgenti di competenza il Ministro intenda adottare, fin dal prossimo disegno di legge di bilancio, al fine di stabilizzare il personale sanitario, colmando così le carenze di organico, determinate da anni di restrizioni della spesa e mettendo in sicurezza lo stesso sistema sanitario di fronte ad eventuali nuove emergenze pandemiche.
(4-10465)


      NOVELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          in numerose regioni italiane, quali effetti collaterali della pandemia, si registrano preoccupanti allungamenti delle liste d'attesa per numerose prestazioni sanitarie e in alcuni casi allarmanti disavanzi di bilancio che bloccano le assunzioni medici, infermieri e operatori socio-sanitari e un ulteriore rallentamento nell'erogazione dei servizi;

          secondo un rapporto dell'osservatorio (Gimbe del luglio 2021, nel 2020, rispetto al 2019, sono stati 1,3 milioni i ricoveri in meno (-17 per cento) rispetto all'anno precedente: di questi il 52,4 per cento (681.852) sono ricoveri medici e il 47,6 per cento (619.282) sono chirurgici. In quest'ultimo ambito rientrano anche i ricoveri di chirurgia oncologica, ridotti del 13 per cento rispetto al 2019. Inoltre, il 42,6 per cento del totale dei ricoveri in meno si riferisce a prestazioni urgenti mentre il 57,4 per cento a ricoveri programmati;

          sempre secondo il rapporto, sul versante della specialistica ambulatoriale, tra il 2019 e il 2020, la riduzione complessiva delle prestazioni si attesta su un valore di -144,5 milioni, di cui la maggior parte (90,2 per cento) in strutture pubbliche. La quota più rilevante riguarda gli esami di laboratorio (62,6 per cento del totale delle prestazioni in meno rispetto al 2019), seguita dalla diagnostica (13,9 per cento), dalle visite (12,9 per cento) e infine, più distaccate, dall'area della riabilitazione (5,8 per cento) e da quella terapeutica (4,9 per cento);

          in particolare, per quanto riguarda le visite specialistiche di controllo in ambito oncologico, secondo i dati AgeNaS, si è verificata una netta riduzione. Il calo nell'erogazione di queste prestazioni è avvenuto in tutte le regioni italiane, ma in modo non omogeneo sul territorio nazionale e con rilevanti differenze regionali: dal -3 per cento della provincia autonoma di Trento al -60,3 per cento della Basilicata;

          il Ministro interrogato, il 10 giugno 2021, rispondendo ad un atto di sindacato ispettivo, ha affermato che: «è indispensabile mettere in atto efficaci strategie per il completo recupero, riprogrammando adeguatamente e tempestivamente l'attività ospedaliera e ambulatoriale»;

          già con il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, erano state adottate misure volte al recupero delle prestazioni sanitarie arretrate, ma come dichiarato sempre dal Ministro interrogato: «È avvenuto che nell'autunno dell'anno precedente – com'è a tutti noto – subito dopo la decisione del decreto agosto, c'è stata la seconda ondata. Quindi, è chiaro che le risorse che dovevano servire per recuperare il pregresso, in realtà, per larghissima parte, non sono state utilizzate, perché le strutture sanitarie non hanno potuto recuperare il passato, ma hanno dovuto nuovamente – come già avvenuto in primavera – rioccuparsi dell'emergenza pandemica»;

      il 27 settembre 2021, la Società italiana di chirurgia ha fatto sapere che sono stati oltre 400 mila gli interventi chirurgici rimandati nel 2020. In pari data, il sottosegretario Sileri ha affermato: «C'è anche un conteggio del 2021 con un numero di intervento chirurgici stimato intorno ai 600.000. Questo dato è la somma delle prestazioni mancate nel 2020 e in parte del 2021. Stiamo completando la revisione per capire il numero esatto ma è una cifra superiore alle 600.000. Sono saltati interventi non solo per patologia benigna ma anche per patologie più gravi, i cosiddetti; interventi di Classe A, interventi che devono essere svolti entro un tempo ben determinato, tra cui purtroppo anche patologie oncologiche e trapianti»;

          Governo e regioni, già nel febbraio 2019, avevano assunto un impegno comune siglando il Piano nazionale delle liste d'attesa per il triennio 2019-2021. La pandemia ha inevitabilmente fatto saltare tutti gli schemi, peggiorando la situazione;

          al problema della riprogrammazione delle prestazioni sanitarie saltate, si aggiunge quello dei bilanci delle varie sanità regionali, da più parti giudicati preoccupanti;

          a maggior ragione in una situazione emergenziale come quella che purtroppo si sta vivendo la priorità è garantire ai cittadini un'assistenza sanitaria adeguata: il Covid-19 è ancora presente, ma è inaccettabile che questo comporti un rallentamento delle altre prestazioni di prevenzione, diagnosi e cura –:

          quale sia, ad oggi, il numero delle prestazioni sanitarie rinviate tra il 2020 e il 2021 a causa della pandemia;

          quali iniziative di competenza il Governo, anche in coordinamento con le regioni, intenda adottare affinché le prestazioni sanitarie saltate siano recuperate e non si creino nuove, lunghe, liste di attesa per quelle ancora la programmare;

          quale sia la situazione dei bilanci delle varie sanità regionali e, in particolare, a quanto ammonti il disavanzo per spese sanitarie contratto da ogni singola regione.
(4-10472)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


      GALLINELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          nel corso dello svolgimento di un convegno denominato «Un patto strategico per l'automotive, alla sfida della transizione» tenuto a Torino 17 settembre 2021, il vice direttore operativo di Stellantis Europa, Davide Mele, ha avuto modo di esporre alcune considerazioni sull'attuale crisi dei microchip che da mesi attanaglia segnatamente l'industria dell'auto, costringendo a riprogrammare la produzione, chiudere impianti e fare ricorso alla cassa integrazione;

          la carenza di semiconduttori si sta acuendo in maniera concreta su tutti gli stabilimenti di Stellantis, compresi quelli italiani, tra cui l'impianto Alfa Romeo di Cassino. Tale impianto sta accusando pesantemente della mancanza dei componenti elettronici rimanendo ferma ormai con cadenza continua e duratura. La situazione dell'impianto è talmente grave che ha dovuto dichiarare il fermo delle attività per i giorni dal 30 settembre ed almeno fino alla prima metà del mese di ottobre 2021;

          nel suddetto convegno di Torino, il Dcoo (deputy chief operating officer) Mele aveva affermato che al momento non si prevede «nessuna soluzione immediata per la crisi dei chip», spiegando che bisognerà fare i conti con la crisi dei chip ancora per molto tempo. In effetti, la situazione di crisi per la disponibilità dei componenti elettronici per veicoli attanaglia molti costruttori europei e americani, soprattutto perché sono quasi totalmente dipendenti dai produttori asiatici, dove tra pandemia da COVID-19, focolai e contagi nelle fabbriche di Taiwan, Cina e Corea non si riesce più a star dietro alla domanda mondiale di semiconduttori;

          nel frattempo le industrie elettroniche non asiatiche iniziano a pianificare investimenti di lungo periodo nel settore dei microchip per l'automotive: Intel, ad esempio, prevede di aumentare notevolmente la produzione di chip per il settore automotive da qui al 2030 per aiutare il settore a modernizzare i progetti in atto e utilizzare chip più avanzati con la sua previsione che i semiconduttori rappresenteranno oltre il 20 per cento della distinta base (Bom) totale dei veicoli premium entro il 2030;

          in Lombardia l'argomento dello sviluppo della produzione interna dei componenti elettronici è stato preso in debita considerazione, tanto che nel mese di maggio 2021 la regione ha promosso un incontro con la confederazione Sistema Impresa per fare il punto sulle strategie della ripresa anche alla luce delle novità contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza licenziato dal Governo Draghi. In tale occasione la Associazione Assodel ha posto l'accento sul problema della carenza dei componenti elettronici, illustrando la propria politica della sinergia (distretti elettronici) per trovare punto di convergenza tra i vari attori della supplychain che lavorano sul territorio (fornitori, Cem/Ems, clienti);

          Assodel ha esposto il proposito di alimentare un ecosistema che integri i diversi attori, ciascuno con le proprie competenze: supportare la specializzazione (verticalizzare la fornitura), identificare imprese e competenze per mercati verticali, accompagnare le imprese all'investimento tecnologico, supplire al gap formativo sul tema digital transformation;

          il distretto dell'automotive di Cassino e del Basso Lazio, già attivo sulle prospettive dell'elettrificazione dei veicoli, potrebbe porsi come un punto di riferimento per tutti gli impianti Stellantis del Mezzogiorno e fare diventare un'opportunità futura l'attuale crisi della componentistica elettronica per i veicoli, allo scopo facendo assumere allo stesso il ruolo di organismo di rete integrata volto alla realizzazione di un progetto di sviluppo per la produzione interna dei semiconduttori automobilistici –:

          se, nell'ambito dell'attuazione dei progetti di sviluppo previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, non si intendano coinvolgere le istituzioni locali, le associazioni delle imprese dell'automotive, gli enti di ricerca universitari e le organizzazioni del settore del lavoro presenti ed operanti nel Cassinate e nel Basso Lazio, al fine di prevedere in tale area la realizzazione di specifiche fabbriche di semiconduttori per i settori dell'automotive e della mobility.
(4-10446)


      LACARRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la Baritech s.r.l. è un'impresa avente sede a Modugno (BA) e attiva, prima dell'attuale fase di crisi aziendale, nella produzione di lampade e affini;

          da più di un anno, la Baritech s.r.l. versa in uno stato di crisi produttiva e occupazionale che interessa gran parte dei 180 dipendenti;

          durante l'estate 2020, lo stabilimento dell'azienda è stato riconvertito alla produzione di meltblown, un materiale essenziale per consentire la filtrabilità del multistrato delle mascherine chirurgiche;

          in tale periodo, la Baritech s.r.l., ha sottoscritto un accordi di fornitura di meltblown con la struttura commissariale per l'emergenza COVID-19 per il tramite di Fca valido fino la produzione di 2203 tonnellate di materiale fino al 30 settembre 2021 (termine poi prorogato al 31 dicembre 2021);

          tale riconversione ha consentito all'azienda di sollevarsi dalla condizione di crisi e impiegare circa 100 addetti e trasformare a tempo pieno il contratto di lavoro a tempo parziale di molte unità di personale;

          il nuovo termine del 31 dicembre 2021 non consentirà comunque di esaurire la completa fornitura prevista;

          Fca ha deciso negli scorsi mesi di non ritirare da parte dei quantitativi prodotti, costringendo l'azienda a fermare dal 1° ottobre 2021 due linee di produzione dando ulteriore corso a cassa integrazione guadagni straordinaria;

          sia i vertici aziendali che le organizzazioni sindacali rappresentative dei dipendenti hanno richiesto formalmente in più occasioni la convocazione delle parti presso il Ministero dello sviluppo economico con il coinvolgimento dei rappresentanti della regione Puglia, al fine di individuare soluzioni alla drammatica incertezza produttiva dello stabilimento barese e all'assenza di certezze di nuovi ordini per il proseguo della fornitura di meltblown, anche a fronte della imminente scadenza degli ammortizzatori sociali a novembre 2021 –:

          se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;

          se intenda favorire la convocazione di un tavolo con l'azienda e le parti sindacali, al fine di definire un concreto piano industriale con investimenti che garantisca una prospettiva di rilancio con il mantenimento degli attuali livelli occupazionali.
(4-10455)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della transizione ecologica, per sapere – premesso che:

          nei giorni scorsi la procura di Avellino ha reso noto di aver avanzato una richiesta di fallimento all'ente idrico Alto Calore Servizi s.p.a., dichiarando di aver riscontrato «un dato accertato di una profonda crisi aziendale, con risultati annui di esercizio caratterizzati da un trend costantemente negativo da più di un decennio e un'esposizione debitoria giunta ormai, in assenza di prospettive concrete di risanamento, a quasi 150 milioni di euro»;

          la stessa procura ha dichiarato di aver analizzato approfonditamente dati societari/contabili e fiscali, con acquisizioni documentali ed escussione dei soggetti interessati, tra i quali i rappresentanti governativi nazionali e della Regione Campania, della Provincia di Avellino e dei comuni partecipanti all'azionariato dell'Alto Calore, società a capitale totalmente pubblico;

          la condizione patrimoniale e finanziaria dell'ente si ripercuote inevitabilmente sulla qualità dei servizi offerti alla cittadinanza, unitamente al problema della ripartizione dell'acqua tra Campania e Puglia;

          la stessa iniziativa della Procura di Avellino dimostra che l'attuale gestione dell'Alto Calore non è riuscita, nel corso di questi anni, a migliorare la condizione economica dell'ente, né, tantomeno, la gestione della risorsa idrica;

          occorre rinnovare un impegno istituzionale che porti ad adottare provvedimenti concreti, per dare sollievo alle finanze e agli assetti societari dei gestori del servizio idrico a capitale pubblico in condizioni patrimoniali problematiche, e ponendo le basi per una diversa e più giusta gestione dell'acqua;

          nella Regione Campania è in corso la messa a regime del servizio idrico integrato. In particolare, per quanto riguarda la governance del servizio idrico, la Regione con legge regionale n. 15 del 2015 ne ha disciplinato la riorganizzazione, prevedendo un unico ambito territoriale regionale suddiviso in cinque sub-ambiti distrettuali ed ha istituito l'Ente idrico campano-Eic;

          ad oggi, tutti i comuni della Regione hanno aderito all'Eic che, nel 2018, è diventato pienamente operativo. Tuttavia, relativamente all'assetto organizzativo e gestionale del Servizio idrico integrato, persiste ancora una frammentarietà gestionale anche di tipo verticale;

          nell'Ambito Distrettuale Calore Irpino non risultano gestori affidatari né si hanno informazioni sulla presenza di gestioni salvaguardate; sono presenti invece gestioni in economia e gestori di fatto tra cui Acquedotto Pugliese S.p.a. e GESESA S.p.a. e la stessa Alto Calore s.p.a.;

          l'Eic sta svolgendo le attività finalizzate alla predisposizione del piano d'ambito regionale; completata tale fase, predisposti i singoli piani d'ambito distrettuali e acquisita la definizione della forma di gestione come proposta dai consigli di distretto, l'Eic darà avvio alle procedure per l'affidamento del Sii in ciascun ambito distrettuale;

          preme evidenziare che Alto Calore Servizi è una società in house partecipata da 125 comuni, di cui 94 della Provincia di Avellino e 31 della Provincia di Benevento, e dall'amministrazioni provinciale di Avellino;

          tra i presupposti imprescindibili dell'affidamento in house rientra l'esercizio del controllo analogo da parte dei soci, i questo caso i comuni, ed è proprio in tale contesto che il suddetto ente potrebbe continuare non solo a garantire, ma anche a rafforzare, una gestione pubblica della risorsa idrica; un dato di fondo, fondamentale per comprendere ciò che sta accadendo attualmente all'ente idrico irpino, riguarda la natura giuridica di quest'ultimo, non certo rimasta invariata nel corso del tempo; l'allora Consorzio interprovinciale Alto Calore, nel 1997 subì una prima, decisiva, trasformazione: ai sensi della legge n. 142 del 1990; esso divenne un soggetto giuridico dotato di autonomia propria in grado di svolgere attività imprenditoriale;

          successivamente, il processo di trasformazione arriva ad un punto più alto, ed il 13 marzo del 2003, sulla base dell'articolo 35, comma 8 della legge del 28 dicembre del 2001, n. 448, il Consorzio si è trasformato in società per azioni assumendo la denominazione di «Alto Calore Servizi S.p.A.»;

          il predetto mutamento della natura giuridica ha avuto inevitabilmente a che fare con il corso imposto all'ente dalle dirigenze locali l'attribuzione della capacità imprenditoriale e la trasformazione in società per azioni hanno permesso di introdurre lo scopo di lucro nelle attività dell'Alto Calore, peraltro perseguito utilizzando anche risorse dei cittadini;

          tale natura giuridica ha consentito un'ampia libertà di mettere in pratica delle scelte che hanno pesantemente contribuito all'attuale grave dissesto finanziario ed alla conseguente inefficienza di servizi erogati;

          in questo momento occorre garantire la migliore continuità di tutte le attività dell'Alto Calore, nel rispetto di quanto previsto dal suo statuto, salvaguardando e potenziando la totale natura pubblica del capitale sociale della S.p.a. nonché scongiurando le eventuali modifiche statutarie che agevolerebbero l'ingresso in società e l'aumento del capitale sociale da parte di soggetti privati. Infatti, lo statuto dell'Alto Calore in vigore afferma all'articolo 5, comma 2, che «Il capitale sociale può essere sottoscritto e posseduto esclusivamente da enti locali» ad avviso degli interpellanti sarebbe opportuno pervenire a una soluzione della vicenda attraverso l'elaborazione di un piano di ristrutturazione con relativo concordato preventivo in continuità aziendale, anche valutando la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri sostitutivi con la nomina di un commissario; si potrebbe altresì assicurare la gestione pubblica dell'acqua, valutando la possibilità di promuovere, per quanto di competenza, un'operazione di cessione del ramo di azienda profittevole ad un nuovo ente, partecipato dai comuni e dalle province della Regione Campania, soci del vecchio gestore, con la successiva richiesta di concordato o procedure stragiudiziali della parte residua delle società non «in bonis», o attraverso l'enucleazione e la successiva messa in liquidazione del ramo non profittevole, ovvero, mediante la predisposizione e realizzazione di adeguati piani di risanamento –:

          se il Ministro interpellato intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, in relazione alla vicenda del gestore idrico Alto Calore Servizi Spa, convocando un tavolo di confronto con l'ente e le istituzioni interessate e prevedendo lo stanziamento di fondi al servizio di un piano di ristrutturazione della società al fine di salvaguardare la gestione pubblica della risorsa idrica;

          se il Ministro interpellato intenda, in secondo luogo, promuovere la salvaguardia della gestione pubblica dell'acqua nei territori attualmente serviti da Alto Calore Servizi Spa, valutando la percorribilità di soluzioni in linea con quelle indicate in premessa.
(2-01345) «Maraia, Daga, D'Ippolito, Deiana, Di Lauro, Licatini, Micillo, Terzoni, Varrica, Traversi, Zolezzi, Adelizzi, Aresta, Ascari, Bilotti, Buompane, Cadeddu, Carinelli, Caso, Cassese, Cataldi, Cillis, Currò, Del Grosso, Del Monaco, Di Sarno, Donno, D'Orso, D'Uva, Emiliozzi, Fantinati, Faro».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


      DE TOMA, ZUCCONI e CAIATA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

          mentre l'economia globale tenta di riemergere dalla pandemia, si alimentano le preoccupazioni per l'inflazione dei prezzi delle materie prime e, sul versante dell'energia, l'Italia rischia di essere tra i Paesi più penalizzati;

          il costo della benzina attualmente ha superato i 2 euro al litro e ciò incide e continuerà a farlo, inevitabilmente, sulla ripresa dell'intera nazione che fatica a superare le drammatiche conseguenze della pandemia da COVID-19 soprattutto sotto il profilo della ripresa dell'economia reale;

          è noto che l'Italia è in Europa ai primi posti della classifica per livello di tassazione dei prodotti energetici. Stando ai dati aggiornati ogni cittadino italiano paga oltre il 62 per cento di tasse per ogni litro di carburante, comportando evidenti danni per le imprese non soltanto per quelle operanti nel settore energetico;

          la mozione n. 1-00513, presentata dal gruppo di Fratelli d'Italia, sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole è stata approvata da tutta l'Assemblea. Tuttavia, ancora non è ancora dato sapere come e se il Governo si sia attivato per intervenire al fine di contenere il costo finale dei prodotti energetici, così come prevede il dispositivo approvato dal Parlamento, riducendo il peso fiscale a carico di cittadini e imprese che inizieranno a licenziare il personale con drammatiche conseguenze in termini economici e occupazionali;

          a oggi, con il costo dei carburanti che continua a salire, il silenzio del Ministro interrogato ad avviso degli interroganti suona come un allarme tanto più che la congiuntura internazionale lascia chiaramente intravedere come i costi dell'energia sembra siano destinati a crescere;

          la riduzione immediata delle accise e dell'Iva sulla benzina deve essere la priorità del Governo per favorire la ripresa economica e per evitare che gli effetti dei rincari incidano sui consumi e sulle tasche dei cittadini scatenando un effetto recessivo delle attività produttive;

          gli operatori energetici che già sostengono gli enormi costi dovuti alla transizione energetica, con un impatto importante sull'impresa, non possono sostenere ulteriori rincari. Continua a mancare un'interlocuzione chiara e seria con le categorie produttive del Paese –:

          se il Governo intenda, come e con quale tempistica, dare corso agli impegni assunti in Parlamento, per mitigare i rincari e contenere il costo finale dei prodotti energetici e del carburante, senza introdurre nuove imposte o tasse a danno di cittadini e imprese.
(5-06862)


      PAXIA e VALLASCAS. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

          il canone di abbonamento alla televisione è dovuto da chiunque abbia un apparecchio televisivo e si paga una sola volta all'anno e una sola volta a famiglia, a condizione che i familiari abbiano la residenza nella stessa abitazione;

          dal 2016 (articolo 1, commi da 152 a 159, della legge n. 208 del 2015):

              a) è stata introdotta la presunzione di detenzione dell'apparecchio televisivo nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui una persona ha la propria residenza anagrafica;

              b) i titolari di utenza elettrica per uso domestico residenziale effettuano il pagamento del canone mediante addebito nella fattura dell'utenza di energia elettrica;

          l'Unione europea riconosce che l'inserimento del canone Rai nelle bollette elettriche rappresenta un onere improprio rispetto al pagamento dell'energia elettrica e va dunque rimosso; l'eliminazione del canone Rai dalla bolletta elettrica è un impegno che il Governo ha preso direttamente con l'Unione europea all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr);

          dunque l'Unione europea ha impegnato il Governo italiano affinché venga stabilito il divieto per i venditori di elettricità di raccogliere tramite le bollette somme che non sono direttamente correlate all'energia e, anche se nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) non si fa nessun riferimento esplicito al canone Rai, la tassa per la televisione pubblica rientrerebbe a pieno titolo in queste voci da cancellare;

          l'impegno, quindi, è quello di eliminare le spese non direttamente collegate ai costi dell'elettricità nell'ottica di una maggiore trasparenza, come avviene per i cosiddetti oneri di sistema sui quali è intervenuta anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato;

          secondo l'accordo siglato con Bruxelles, l'approvazione delle misure concorrenziali in Consiglio dei ministri sarebbe dovuta avvenire entro luglio 2021;

          a oggi purtroppo ancora non è dato sapere se e quando questa iniziativa normativa approderà in Parlamento e se conterrà effettivamente una disposizione diretta allo scorporo del canone rispetto alla bolletta energetica –:

          quali iniziative intenda attivare, per quanto di competenza, per consentire ai cittadini di pagare l'energia elettrica senza oneri impropri come quelli relativi al canone Rai e rendere più trasparente la bolletta elettrica in modo da tutelare in modo effettivo i consumatori.
(5-06863)


      MORETTO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

          il rincara dei prezzi energetici cui si assiste da mesi rischia di pregiudicare la ripresa economica e la stessa ripartenza di quel tessuto socio-produttivo che forti ripercussioni è stato costretto a subire in ragione delle misure di contenimento del virus Sars-CoV-2;

          l'aumento medio dei prezzi alla produzione dell'industria, pari a circa il 12,3 per cento nel solo 2021, rischia di penalizzare le fasce produttive più vulnerabili, come quelle realtà (ed eccellenze) artigianali che rappresentano, tradizionalmente, l'ossatura del sistema economico italiano;

          le vetrerie di Murano, in particolare, hanno subito in ragione della pandemia un drastico calo degli ordini, che ha posto a dura prova la tenuta della Fondamenta dei Vetrai, pacificamente considerata la via più importante dell'isola, luogo ricco di tradizione e di storia che racchiude in sé lo spirito stesso dell'isola del vetro;

          la produzione del vetro, infatti, richiede un forte consumo di gas, il cui prezzo è aumentato da 0,23 centesimi a 0,90 centesimi al metro cubo: è evidente come il conseguente aumento della spesa per la produzione delle vetrerie di Murano, da 2 a 7,5 milioni di euro l'anno, possa seriamente compromettere una tradizione millenaria e che ha portato un'eccellenza italiana a essere riconosciuta in tutto il mondo;

          il rincaro del gas, accompagnato all'aumento dei prezzi delle materie prime come i minerali, dei trasporti, degli imballaggi, dell'energia elettrica e, più in generale, dell'inflazione, rischia di deprimere le prospettive di guadagno e di investimento dei mastri vetrai, con conseguente abbandono e deperimento di una storica eccellenza –:

          quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per calmierare l'aumento dei prezzi del gas a tutela di quelle produzioni, in particolare quella del vetro di Murano, per cui esso rappresenta la principale voce di costo, che rischia di compromettere le prospettive di crescita e permanenza sul mercato di un artigianato storicamente e ampiamente apprezzato sia in Italia che oltre i confini nazionali.
(5-06864)


      BENAMATI, NARDI, BONOMO, GAVINO MANCA, SOVERINI e ZARDINI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

          il costo dei prodotti energetici sta minacciando la ripresa delle imprese che vedono ulteriormente indebolita la propria competitività sui mercati europei e internazionali che da anni beneficiano di prezzi dell'energia inferiori di quelli italiani;

          la legge n. 167 del 2017 recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea» prevede l'emanazione di appositi decreti in materia di sgravi per le aziende energivore e gasivore; il decreto per quanto riguarda il gas, non è ancora stato emanato;

          per le imprese a grande consumo di gas tale decreto — per il quale era già stata completato il processo di prenotifica nel luglio 2018 approvato dalla Commissione europea — appare essenziale e non procrastinabile nel quadro della riduzione degli oneri parafiscali per i grandi consumatori di gas ancora più penalizzati da questa fiammata dei prezzi;

          appare necessario dare attuazione al cosiddetto «Articolo 39 gas» di cui della citata legge e dal decreto del Ministero dello sviluppo economico del 2 marzo 2018 in linea con l'articolo 17 della direttiva sulla fiscalità energetica 96/2003, analogamente con quanto avvenuto per la misura di agevolazione a favore delle aziende energivore elettriche, che usufruiscono di un meccanismo ormai consolidato e funzionante;

          anche per quanto attiene agli Ets, è necessario dare piena attuazione alla compensazione dei costi indiretti derivanti dal meccanismo di scambio di quote di Co2; la compensazione di tali costi è prevista dalla normativa europea nell'ambito delle misure atte ad accompagnare la transizione e a evitare la delocalizzazione industriale — a seguito di politiche climatiche asimmetriche fra l'Unione europea e le altre aree del mercato globale — e la sua attivazione è lasciata alla libera iniziativa degli Stati membri;

          secondo la norma, il Fondo per la compensazione sarà alimentato da una quota degli stessi proventi dalle aste nella misura massima di 100 milioni di euro per il 2020 e 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2021;

          gli Stati membri nei quali esistono sistemi di compensazione rappresentano insieme il 70 per cento circa del Prodotto interno lordo dell'Unione europea e la mancata compensazione dei costi indiretti in Italia ha comportato un forte gap di competitività rispetto ai principali concorrenti europei –:

          quali siano le tempistiche di emanazione dei decreti citati in premessa e come il Ministro interrogato intenda, per quanto di competenza, anche al fine di sostenere la competitività del sistema produttivo italiano.
(5-06865)


      SQUERI, BARELLI, POLIDORI, TORROMINO e PORCHIETTO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

          le componenti degli oneri di sistema gravanti sulla bolletta elettrica pesano 15 miliardi di euro (pari a un terzo della bolletta elettrica) di cui 10 costituiti dagli incentivi alle rinnovabili;

          dal gennaio 2022 partirà l'applicazione in bolletta di una nuova componente, che peserà per ulteriori circa 2 miliardi di euro, relativa al capacity market che serve a garantire la stabilità della rete per effetto della non programmabilità delle rinnovabili;

          l'articolo 5 dello schema di decreto legislativo attuativo della direttiva «Red II» esplicita che gli oneri di incentivazione graveranno sui suddetti oneri di sistema. Gli interventi di sostegno posti in essere dal Governo in questi mesi, non appaiono replicabili;

          alla stangata sulla bolletta elettrica e del gas si va aggiungendo quella sui prezzi dei carburanti, con la benzina ormai prossima ai 2 euro per litro. Quanto al petrolio, il prezzo dai quasi 90 dollari al barile di questi giorni, può salire fino ai 150, a fronte di consumi mondiali in crescita (99,4 milioni di barili al giorno poco al di sotto dei livelli pre-pandemia, mentre World Energy Outlook 2021 prevede 104 milioni al 2030). Il prezzo del gas ha superato i 100 euro a mwh. Il vituperato carbone continua a inanellare record, a onta degli oneri dell'Emission Trading Scheme (ETS);

          la Cina, alle prese addirittura con i blackout, è disposta a comprare petrolio, gas e carbone a qualsiasi prezzo. I «necrologi» sulla scomparsa di petrolio gas e carbone si sono rivelati prematuri mentre i cronici sotto-investimenti rischiano di compromettere la futura offerta di fossili;

          a breve entrerà in vigore il nuovo sistema per scambio delle quote di emissione (Ets) che riguarderà anche la distribuzione di carburante per i trasporti e gli edifici: per la prima volta, i mercati di carbonio avranno degli effetti diretti sulla popolazione;

          il primo shock energetico dell'era verde mostra come ci siano gravi problemi con la transizione all'energia pulita. Il toolbox della Commissione appare agli osservatori come un palliativo. L'Europa non appare pronta ad affrontare la transizione energetica, prevista dal Fit for 55 per cento né socialmente, né come sistema produttivo;

          il 21 ottobre 2021 si terrà in Consiglio europeo che si occuperà anche di prezzi dell'energia –:

          quali ulteriori iniziative e proposte di modifica del Green deal intenda portare avanti il Governo in quella sede, soprattutto in tema di diversificazione delle fonti energetiche e di riduzione degli impatti sui consumatori e le imprese.
(5-06866)


      SUT, CHIAZZESE, ALEMANNO, CARABETTA, FRACCARO, GIARRIZZO, MASI, ORRICO, PALMISANO, PERCONTI e SCANU. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

          il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, all'articolo 74, comma 3, istituisce, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, un fondo con una dotazione di 90 milioni di euro per l'anno 2020, finalizzato all'erogazione di contributi per l'installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici effettuata da persone fisiche nell'esercizio di attività di impresa, arti e professioni, nonché da soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (Ires);

          il citato articolo 74 il quale prevede che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, siano individuati i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del contributo, ferma restando la non cumulabilità con altre agevolazioni previste per la medesima spesa;

          con il decreto 1° marzo 2021, n. 22, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei ministeri è stato istituito il Ministero della transizione ecologica, il quale sostituisce il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al quale sono trasferite le materie di competenza del Ministero dello sviluppo economico in materia di politica energetica ovvero su rinnovabili, decarbonizzazione, efficienza energetica, ricerca e nuove tecnologie energetiche clean, mobilità sostenibile, piano idrogeno e strategie di settore, decommissioning nucleare, transizione sostenibile delle attività di ricerca e produzione di idrocarburi;

          si ricorda altresì che le infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici acquistate da un'azienda o da un professionista per lo svolgimento delle proprie attività rientrano tra i beni strumentali ammortizzabili e come tale è oggetto di misure agevolative;

          il decreto attuativo di cui al citato articolo 74 del decreto-legge n. 104 del 2020 non risulta ancora emanato, pregiudicando in tal modo la possibilità per le attività produttive interessate di ampliare la dotazione di veicoli elettrici del loro parco automezzi in quanto impossibilitate a provvedere al loro rifornimento –:

          quali siano i tempi di attuazione del decreto-legge citato in premessa.
(5-06867)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PEZZOPANE. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

          si apprende da notizie di stampa (La battaglia contro il poligono ha salvato l'Amiternum de L'Aquila. La Repubblica 15 aprile 2021), e dai comitati dei cittadini, che a febbraio 2021 il Tar dell'Abruzzo ha accolto un ricorso del Comitato per la tutela di San Vittorino Amiterno, presso L'Aquila, contro una concessione di nove ettari di terreno per un poligono di tiro;

          la motivazione dei giudici si è fondata sulla tutela dell'interesse collettivo e dall'interesse dei cittadini a tutelare il loro diritto alla salute e la loro sfera esistenziale e personale dai pericoli derivanti dal rumore (di cui lamentano l'intollerabilità, come accertato da perizia fonometrica prodotta agli atti), causato dalle attività di tiro, in considerazione anche della vicinitas tra le abitazioni dei ricorrenti ed il campo da tiro, distanti circa 800 metri;

          si rileva inoltre che il canone concessorio a favore dell'associazione Aminternum appare irrisorio (500 euro annui per l'affitto di 9 ettari di terreno) e sembrerebbe avere quale unica finalità quella di consentire a privati la possibilità di svolgere un'attività ricreativa in modo sostanzialmente gratuito, arrecando così un indebito vantaggio patrimoniale e sacrificando l'interesse pubblico in favore di quello del privato;

          il 9 giugno 2021, il Consiglio di Stato con ordinanza pubblicata il 9 giugno 2021 ha sospeso l'esecutività o della sentenza impugnata richiesta dalla Regione Abruzzo, dal Comune dell'Aquila e dal Comune di Pizzoli, nonché dalla Amiternum Academy, associazione concessionaria del terreno;

          il terreno oggetto della contesa si trova a ridosso del sito archeologico di Amiternum, e, in particolare, dall'anfiteatro romano, sito archeologico del Ministero della cultura; nel succitato articolo di stampa un ricercatore di archeologia cristiana e medievale e responsabile del Laboratorio di archeologia nel Dipartimento di scienze umane dell'università aquilana sostiene che «il sito è vissuto come elemento identitario. La sensibilità è fortissima. Anche per questo l'ateneo conduce ricerche e sta cercando di valorizzare ulteriormente quest'area archeologica in perfetta sintonia con la Soprintendenza e il Comune dell'Aquila: siamo convinti della sua valenza non solo storica ma identitaria. Come università infatti stiamo cercando di creare benessere intorno al concetto di cultura, di storia, di archeologia, di tradizioni». «Quando l'università dell'Aquila ha acquistato i terreni sui quali sorgono i ruderi della prima cattedrale di questo territorio non ha dovuto investire fondi propri ma ha potuto usare le donazioni del 5 per mille della popolazione locale, restituendo al territorio quanto generosamente ricevuto. Quando si scava e durante il resto dell'anno c'è una interazione continua con la comunità: ci chiedono informazioni, alle conferenze abbiamo sempre una platea folta»;

          alla luce dell'alto interesse archeologico e naturalistico di Amiternum, si ritiene che le attività del poligono di tiro possano comportare disagi e arrecare nocumento sia ai visitatori dell'area archeologica, sia ai residenti come, peraltro, più volte denunciato dai comitati locali –:

          se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se ritengano, per quanto di competenza, che nella vicenda sia stata garantita la piena tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali coinvolti.
(5-06875)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BELLA, DEL SESTO e CARELLI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          il 18 novembre 2019 il presidente del Cnr firmava una convenzione con il Consorzio Cnccs Scarl per la realizzazione di una televisione satellitare scientifica, finanziata dal Cipe;

          il 26 novembre 2019, a distanza di quasi tre anni, veniva trasferita al Cnccs la prima tranche di 4.375.000 euro del finanziamento di 9.700.000 euro rimesso dal Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca al Cnr il 23 marzo 2017;

          il Cnccs Scarl cominciava all'inizio del 2020 l'attività preparatoria da svolgere nel 1° semestre operativo della convenzione;

          a febbraio 2020 il Paese piombava in una situazione di allarme generalizzato che portava il 10 marzo 2020 al lockdown fino al 10 maggio 2020;

          il 20 maggio 2020 il Cnccs inviava una mail al Presidente del Cnr chiedendo una riunione urgente per rimodulare, a saldo invariato, il preventivo approvato nel 2018 per evitare spese inutili e quindi spreco di denaro pubblico;

          l'8 luglio 2020 il Cnccs scriveva al Ministro pro-tempore per chiedere, al fine di evitare lo spreco di risorse pubbliche, la nomina di un rappresentante del Ministero in un comitato per procedere con urgenza alla revisione a saldo invariato del preventivo dei costi approvato;

          purtroppo, evidentemente a causa della prolungata situazione di stallo in cui versava il Cnr il gruppo di lavoro che doveva rimodulare il preventivo dei costi a saldo invariato di High Science TV non è stato mai costituito ed il Cnr non risulta agli interroganti aver nominato i componenti dei Comitati di controllo, scientifico e tecnico, indispensabili per l'operatività e la rendicontabilità del progetto;

          invece di attivarsi per procedere alla rimodulazione del preventivo dei costi, a saldo invariato, in presenza della concreta possibilità di risparmiare una quantità enorme di denaro pubblico, il consiglio di amministrazione del Cnr il 7 giugno 2021, supportato dal «parere negativo all'accoglimento della richiesta» del Comitato tecnico-scientifico del Mur per i progetti Fisr, motivato dalla considerazione che «non appare chiaro la logica sottesa alla proposta di rimodulazione e sembra incongruo accettare ulteriori rimodulazioni prima che vi sia chiara evidenza che il progetto abbia avuto effettivo inizio», ha deliberato la revoca della convenzione con il Cnccs Scarl e la chiusura dell'iniziativa, oltretutto senza aver mai convocato ed ascoltato i responsabili del Consorzio per avere le informazioni necessarie in merito a quanto realizzato in anni di lavoro per portare a compimento il progetto ed ai risultati concreti ottenuti;

          il tutto oggi appare poco comprensibile alla luce della mail arrivata il 6 agosto 2021 al Cnccs con la quale il noto network televisivo Sky Italia, a testimonianza del lavoro svolto dal Cnccs, ha comunicato di accettare la partnership con il Cnr accollandosi anche parte dei costi e lasciando al Cnr la gestione editoriale del canale satellitare free che potrebbe andare in onda entro sei mesi sulla piattaforma Sky –:

          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per scongiurare la perdita di una infrastruttura europea a trazione totalmente italiana organizzata in un periodo in cui una parte significativa del nostro Paese era di fatto impossibilitata a lavorare, e quali iniziative intenda adottare per tutelare il suddetto progetto.
(5-06855)

Apposizione di firme ad una mozione.

      La mozione Serracchiani e altri n. 1-00524, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 ottobre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Muroni, Cecconi, Fioramonti, Fusacchia, Lombardo.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

      La risoluzione in Commissione Buratti e altri n. 7-00668, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 maggio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Martinciglio, Alemanno, Cancelleri, Caso, Currò, Grimaldi, Lorenzoni Gabriele, Migliorino, Ruocco, Scerra, Troiano, Zanichelli.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della mozione Boldi n. 1-00236, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 220 del 1° agosto 2019.

      La Camera,

          premesso che:

              la depressione maggiore è un disturbo psichiatrico ampiamente diffuso del quale si registra un continuo, vertiginoso, aumento dei casi, pari ad oltre il 18 per cento se si prendono a riferimento gli anni tra il 2005 e il 2015;

              secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, in particolare, la depressione rappresenta oggi la principale causa di malattie e disabilità a livello globale. In Europa, i cittadini affetti da questa problematica di salute mentale sono più di 35 milioni. In Italia, la situazione è analoga e riflette il medesimo trend. Soffre di depressione il 5,5 per cento della popolazione, ovvero circa 3,5 milioni di italiani, e si tratta di una cifra destinata ad aumentare anche a causa della pandemia da COVID-19 i cui effetti si prolungheranno a lungo termine;

              la depressione si manifesta tipicamente nella seconda e terza decade di vita con un picco nella decade successiva e, dunque, nel periodo più florido e produttivo della vita di una persona;

              le donne sono particolarmente esposte alla depressione sia direttamente sia come caregiver. L'incidenza della patologia si pone in un rapporto donna-uomo di 2:1;

              i sintomi associati alla depressione possono afferire alla sfera cognitiva, comportamentale, somatica e affettiva dell'individuo. La patologia ha, quindi, un impatto inevitabile sul «funzionamento» sociale e lavorativo del paziente e, di conseguenza, incide in maniera drammatica sulla qualità della vita dello stesso e dei suoi familiari;

              anche l'impatto socio-economico della depressione risulta pesantissimo. Si registrano costi diretti, immediatamente riconducibili al trattamento sanitario della patologia e, segnatamente, all'acquisto di farmaci, interventi psicoterapici e visite specialistiche, ma anche e soprattutto costi indiretti, ancor più rilevanti in termini di spesa rispetto ai primi, correlati in particolare alle assenze dal lavoro e alla scarsa produttività;

              sulla depressione, così come sulla malattia mentale in generale, grava ancora oggi una pesantissima stigmatizzazione fondata su stereotipi e luoghi comuni;

              solo il 50 per cento dei soggetti affetti da depressione ricevono adeguata diagnosi e cura in tempi peraltro ancora troppo lunghi (circa due anni);

              la depressione presenta spesso nel suo decorso naturale episodi di ricaduta sintomatologica che peggiorano l'esito prognostico a lungo termine della malattia;

              nel mese di gennaio 2019 è stato istituito un tavolo tecnico sulla salute mentale presso il Ministero della salute;

              nel mese di aprile 2019 è stato presentato alla Camera dei deputati, a cura di Fondazione Onda, un Manifesto dal titolo «Uscire dall'ombra della depressione» patrocinato dalla Società italiana di psichiatria e dalla società italiana di neuropsicofarmacologia, da Progetto Itaca e Cittadinanza attiva alla presenza di parlamentari di Camera e Senato appartenenti a tutti gli schieramenti;

              nel 2020 a cura di Fondazione Onda hanno avuto luogo 11 incontri reginali con l'obiettivo di declinare i punti del Manifesto a livello locale sensibilizzando le autorità regionali,

impegna il Governo:

1) a promuovere campagne di sensibilizzazione della popolazione, attribuendo particolare rilievo al concetto di depressione come patologia curabile, al fine di combatterne lo stigma e aumentare il livello di consapevolezza e di corretta informazione della collettività in materia;

2) ad adottare iniziative per potenziare la ricerca scientifica, in modo da individuare le cure e le combinazioni terapeutiche più efficaci e innovative per il trattamento della patologia in esame, anche in un'ottica di medicina di genere;

3) ad attivare campagne di prevenzione e screening di comprovata validità scientifica, in modo da ridurre sensibilmente i tempi di attesa mediamente necessari per arrivare alla diagnosi di depressione;

4) ad adottare le iniziative di competenza per potenziare la rete dei servizi sanitari dedicati alla salute mentale, territoriali, della medicina generale e specialistica, con un'attenzione ai servizi da attivare per la salute mentale dell'infanzia e dell'adolescenza;

5) ad adottare iniziative per facilitare l'accesso alle cure, anche innovative, su tutto il territorio nazionale;

6) a promuovere le iniziative necessarie per attivare un piano nazionale di lotta alla depressione che evidenzi i bisogni e gli strumenti, con il coinvolgimento di tutti gli interlocutori, specialisti, psichiatri, neuropsichiatri, psicologi, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, e anche insegnanti e famiglie nonché associazioni di pazienti.
(1-00236) (Ulteriore nuova formulazione) «Boldi, Bologna, Panizzut, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Sutto, Tiramani, Ziello».

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della mozione Bologna n. 1-00426, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 463 del 3 marzo 2021.

      La Camera,

          premesso che:

              l'attuale situazione epidemiologica da epidemia di COVID-19 ha ulteriormente accentuato la drammaticità della situazione delle persone che, in seguito ad un grave danno cerebrale acquisito, presentano una grave disabilità cognitivo-motoria o permangono in uno stato vegetativo o di minima coscienza. Questa drammaticità colpisce, in parallelo, le famiglie di queste persone, aggravando ulteriormente il carico assistenziale necessario per la gestione di questa complessa condizione clinica;

              seppur eterogenea, questa situazione è presente su tutto il territorio nazionale ed è difficile per diversi aspetti come, ad esempio, in termini di sostegno economico e psicologico alle famiglie, di accesso alle cure di alta specialità, possibilità per i familiari di visitare i loro congiunti in reparti di riabilitazione o, di lungodegenza, appropriatezza e continuità dell'assistenza medica e riabilitativa domiciliare nel caso di ritorno a casa, possibilità di avere sostegni sociali o sanitari a casa, possibilità di frequentare centri diurni se in condizione di grave disabilità, possibilità di ricevere cure appropriate se infettati da Coronavirus. La pandemia per queste persone e le loro famiglie ha, di fatto, aggravato una situazione che già presentava delle criticità che ora sono diventate drammatiche e richiedono azioni urgenti;

              dopo una grave cerebrolesione acquisita (Gca) il recupero della funzionalità motoria e cognitiva può essere molto eterogeneo, in un continuum che si estende dal buon recupero funzionale, con un reintegro nella società, a condizioni di disabilità severa con necessità di assistenza in tutte le attività della vita quotidiana, aggravata per una percentuale di pazienti dall'incapacità di recuperare la coscienza (la capacità di essere consapevoli di sé e dell'ambiente circostante) o da un recupero solo minimale della stessa. Si tratta delle persone che dopo grave cerebrolesione acquisita presentano una condizione definita come disordine persistente della coscienza (che include le diagnosi di stato vegetativo – Sv – e stato di minima coscienza – Smc –). Oltre ad avere una compromissione gravissima della coscienza, queste persone hanno delle serie menomazioni nella capacità di motilità e nella capacità di masticazione e deglutizione (con conseguente impossibilità di una ripresa dell'alimentazione per bocca) e necessitano di ricorrere all'alimentazione tramite gastrostomia, attraverso quindi un «tubo nello stomaco» (Peg), e talora con alterazione della funzione respiratoria e con necessità di ventilazione meccanica;

              le stime epidemiologiche, purtroppo non aggiornate, sui tassi di incidenza delle gravi cerebrolesioni acquisite e del sottogruppo dei disordini di coscienza appaiono tutt'oggi imprecise e molto diverse non solo nel nostro Paese ma anche da nazione a nazione a causa della estrema difficoltà nel processo di codifica delle Gca. In merito ai pazienti con grave cerebrolesione acquisita a eziologia neuro-traumatica, si stima un tasso di incidenza di 235 soggetti ogni 100.000 abitanti per anno, di cui il 9 per cento circa di livello severo, mentre per quanto concerne le eziologie non traumatiche si stima un range di incidenza pari a 114-350/100.000 abitanti per anno in Europa (Tagliaferri et al. 2006, Cuthbert JP et al. 2011, Zhang Y et al. 2012);

              per quanto concerne le stime dei tassi di incidenza e prevalenza dei pazienti con disordine della coscienza, in Italia i dati indicano le stesse rispettivamente pari a 1,8-1,9/100.000 e a 2,0-2,1/100.000 abitanti solo per quanto concerne la diagnosi di stato vegetativo, con evidenti differenze regionali (per esempio, in regione Lombardia si stima una incidenza pari a 5,3-5,6/100.000 per anno e una prevalenza pari a 6,1/100.000 abitanti). Per quanto concerne la condizione di minima coscienza a oggi non sono disponibili stime epidemiologiche ponderate sui dati italiani, sebbene sia condivisa l'idea nel mondo scientifico che i valori numerici potrebbero essere maggiori rispetto alla popolazione con diagnosi di stato vegetativo;

              la cura può essere definita come il tentativo di rispondere alla vulnerabilità, alla costitutiva dipendenza che caratterizza la condizione umana in quanto tale, al fine di promuovere la dignità della persona umana, a partire dalle differenti condizioni di salute in cui si trova, in modo da evitare che una particolare condizione di salute possa costituire un criterio di esclusione dalla tutela dei diritti umani fondamentali;

              una persona affetta da grave cerebrolesione acquisita necessita di ricovero ospedaliero per trattamenti rianimatori o neurochirurgici di durata variabile da alcuni giorni ad alcune settimane (fase acuta). A partire già da questa fase sono necessari interventi medico-riabilitativi di tipo intensivo (definita riabilitazione precoce o early rehabilitation), anch'essi da effettuare in regime di ricovero ospedaliero. Questi interventi possono durare da alcune settimane ad alcuni mesi (fase post-acuta o riabilitativa). Nella maggior parte dei casi, dopo la fase di ospedalizzazione, permangono sequele che rendono necessari interventi di carattere sanitario e sociale a lungo termine, volti ad affrontare menomazioni, disabilità persistenti e difficoltà di reinserimento familiare, sociale, scolastico e lavorativo (fase del reinserimento o degli esiti);

              gli esiti disabilitanti delle gravi cerebrolesioni, soprattutto di quelle classificate come severe o molto severe, costituiscono un problema di particolare rilevanza sanitaria, economica e sociale nel nostro Paese. Infatti, dopo una grave cerebrolesione acquisita generalmente permangono diversi problemi che rendono davvero complessa, se non impossibile, una vita autonoma delle persone. In tale quadro, assume un ruolo fondamentale il «Sistema di cura & care» che si muove intorno al paziente composto dai professionisti sanitari e dai familiari. Tale Sistema risulta fondamentale per limitare la disabilità della persona con esiti di una grave cerebrolesione;

              la premessa, alla lettera e), della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18, riconosce che «la disabilità è il risultato dell'interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione della società su base di uguaglianza con gli altri». Inoltre, la disabilità viene definita dalla Organizzazione mondiale della sanità come «la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e ambientali che rappresentano le circostanze in cui l'individuo vive»;

              tenendo in considerazione tale definizione alla base della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (Icf), si può affermare che le persone con esiti di una grave cerebrolesione acquisita, ed ancor più se con disordini di coscienza, possono essere definiti come un paradigma di «estrema disabilità», cioè sono persone che presentano un bassissimo funzionamento e che richiedono un alto e continuo intervento di facilitatori ambientali. In Italia questo sistema di cura e presa in carico è disomogeneo e molto variabile;

              l'impatto della malattia è quindi estremamente gravoso e limitante anche nei riguardi di coloro che assistono e si prendono cura di un loro congiunto malato, i cosiddetti caregiver, che di fatto svolgono spesso un vero e proprio lavoro di cura, che in quanto tale necessita di tutele, formazione e assistenza specifiche;

              sul piano normativo dal 2009, con la legge n. 18 del 3 marzo 2009 (Gazzetta Ufficiale 14 marzo 2009, n. 61) che ha ratificato la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità da parte dell'Italia e dopo la morte di Eluana Englaro (un caso che è diventato simbolico e divisivo ma che ha risvegliato interesse nazionale sulla questione della grave cerebrolesione acquisita e dei disordini di coscienza), vi è stato un progressivo impegno del Ministero della salute, delle società scientifiche e delle associazioni di familiari per migliorare i percorsi di cura per le persone con una grave cerebrolesione acquisita e con disordine di coscienza in particolare;

              tale lavoro ha portato alla pubblicazione di diversi documenti di indirizzo come, citandone alcuni, il report del gruppo di lavoro ministeriale «Stato vegetativo e di minima coscienza» (4 dicembre 2009 – gruppo di lavoro istituito con decreto ministeriale 15 ottobre 2008), le linee di indirizzo per l'assistenza alle persone in stato vegetativo e stato di minima coscienza (5 maggio 2011 – commissione «Di Virgilio») e le raccomandazioni finali delle tre Consensus Conference sulle gravi cerebrolesioni acquisite (2000, 2005 e 2010) sulle «modalità di trattamento del paziente traumatizzato cranio-encefalico in fase acuta», sulla «riabilitazione ospedaliera» e sui «bisogni riabilitativi ed assistenziali nella fase post-ospedaliera», ponendo l'accento sui percorsi organizzativi nelle varie fasi dopo uno stato di coma;

              le associazioni nazionali di familiari delle persone con esiti di grave cerebrolesione acquisita sono e sono state parte attiva in diversi gruppi di lavoro con le società scientifiche e con il Ministero della salute, con il quale hanno istituito per un lungo periodo un seminario permanente che è pervenuto alla pubblicazione del «Libro bianco sugli stati vegetativi e di minima coscienza – Il punto di vista delle associazioni che rappresentano i familiari» (4 ottobre 2010 – Gruppo di lavoro ministeriale e associazioni di settore) e alla Carta di San Pellegrino, un decalogo di raccomandazioni per la tutela della dignità, della libertà e dei diritti delle persone con disordine di coscienza;

              le associazioni di familiari hanno inoltre proposto un «Osservatorio nazionale per definire gli standard di qualità dei percorsi di cura» nel 2012 in collaborazione con il Ministero della salute ed hanno poi realizzato due Consensus Conference con l'intento di dare risposte ai bisogni dei familiari ed alle domande che derivavano dal loro ruolo, mettendo al centro indicatori di qualità condivisi tra il mondo sanitario e l'associazionismo. Le raccomandazioni derivate dai documenti conclusivi delle due conferenze di consenso sono state diffuse e condivise con le istituzioni. I lavori della seconda «Conferenza di consenso» sono attualmente in corso e i risultati intermedi sono stati discussi il 6 febbraio 2021 e presentati il 9 febbraio 2021 in occasione della decima «Giornata nazionale degli stati vegetativi» istituita su proposta delle associazioni (con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 novembre 2010);

              sono state anche svolte diverse ricerche, come il Progetto nazionale stati vegetativi, il Progetto Ccm «Incarico», sulle differenze di presa in carico interregionali, il registro «Giscar» e il registro «Gracer» per la regione Emilia-Romagna. Tuttavia, gli sforzi per trasformare i risultati di ricerca in azioni concrete non hanno ancora ottenuto i risultati sperati;

              le associazioni firmatarie nel 2011 hanno inoltre chiesto, e ancora non ottenuto, il riconoscimento di due manifestazioni altamente rappresentative in Italia che si svolgono da oltre 22 anni: la «Giornata nazionale del trauma cranico» e la «Giornata nazionale dei risvegli per la ricerca sul coma» anche «Giornata europea dei risvegli» (sotto l'Alto patronato del Presidente della Repubblica e l'Alto patrocinio del Parlamento europeo) per porre ulteriore attenzione al problema dei pazienti e dei familiari;

              la recente emanazione del documento del Ministero della salute (17 dicembre 2020) contenente le indicazioni nazionali per le prestazioni in telemedicina è un passaggio fondamentale per rafforzare l'assistenza al domicilio anche in caso di grave cerebrolesione acquisita, stato vegetativo e stato di minima coscienza, che faciliterà l'introduzione di questo strumento nel percorso di presa in carico globale del paziente;

              sul piano economico, il fondo per la non autosufficienza e quello per il sostegno del ruolo di cura del caregiver familiare risultano insufficienti a garantire un livello di tutele adeguato per i rispettivi beneficiari e, di conseguenza, necessitano di essere garantiti e incrementati per gli anni a venire, proprio ed anche in considerazione di esiti disabilitanti gravi e gravissimi e di specifici bisogni nel lungo termine;

              nonostante tutti questi sforzi, oggi è evidente come vi siano ancora delle macro lacune sulla implementazione di percorsi di cura e presa in carico per le persone con esiti di una grave cerebrolesione acquisita, gravi disabili, stato vegetativo e di minima coscienza, con una estrema eterogeneità nazionale e soprattutto regionale in termini di legislazione vigente e servizi offerti ai pazienti ed alle loro famiglie dai diversi sistemi di welfare. La pandemia da COVID-19 ha ulteriormente drammatizzato questa situazione che peraltro si scontra con la farraginosità di alcune procedure amministrative fondamentali per la presa in carico precoce come, per esempio, la nomina di un amministratore di sostegno per le persone no-competent;

              è importante che tutte le gravi cerebrolesioni trovino risposte adeguate nella propria regione di residenza e, omogeneamente, in tutte le regioni italiane,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative multiple per sostenere la ricerca sulle gravi cerebrolesioni acquisite e sui disordini di coscienza (stato vegetativo e di minima coscienza), assicurando adeguate forme di finanziamento e di collaborazione tra pubblico e privato per la creazione di reti e per lo sviluppo di progetti di ricerca, finalizzata e non, sul tema;

2) ad adottare iniziative per garantire un adeguato finanziamento a favore del fondo nazionale per la non autosufficienza e del fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, in modo da assicurare una risposta effettiva alle esigenze dei pazienti colpiti da una disabilità grave o gravissima, tra cui appunto le persone con sequele date da una grave cerebrolesione e i familiari che prestano assistenza in loro favore in tutte le regioni italiane;

3) a promuovere percorsi virtuosi di cura e presa in carico dei soggetti con esiti di grave cerebrolesione e del familiare fino alla fase degli esiti per un progetto di vita ed una acquisizione di autonomia, facendo sì che l'implementazione di questi percorsi avvenga in maniera tempestiva e omogenea su tutto il territorio nazionale, sulla base di un approccio multi-disciplinare e multi-professionale che preveda la collaborazione di specialisti ospedalieri e territoriali e delle associazioni di familiari, figure integrate e unite tra loro dall'obiettivo comune di migliorare il benessere psicofisico del paziente, anche con l'obiettivo di creare le migliori condizioni orientate, ove possibile, all'inclusione sociale e all'inserimento/reinserimento scolastico e lavorativo;

4) ad adottare le iniziative di competenza per sostenere e migliorare la presa in carico domiciliare da parte dei servizi assistenziali e riabilitativi e per garantire percorsi di formazione per il caregiver non come aspetto accessorio, ma come elemento cardine della qualità di cura delle persone con disabilità, nonché per promuovere e garantire su tutto il territorio nazionale la realizzazione, l'attivazione e l'implementazione di centri extra ospedalieri-centri diurni, specializzati per la presa in carico e per il proseguimento di una riabilitazione estensiva, facilitando il reinserimento sociale, scolastico e lavorativo;

5) ad adottare le iniziative di competenza per promuovere la creazione di percorsi certi e appropriati di cura e di assistenza ampliando le disponibilità di posti letto e del personale sanitario dedicato in tutte regioni italiane, perché il paziente, ovvero i familiari o le persone di fiducia del paziente, se quest'ultimo così ha richiesto o si trova in condizioni di non poter esprimere la propria volontà, possa avere una risposta appropriata alla sua libera scelta del luogo di cura, compatibilmente alle condizioni di stabilità del paziente e di vicinanza dei reparti coinvolti nel processo di cura con i reparti per acuti (terapia intensiva, neurochirurgia, stroke unit, Utic e altro) di provenienza;

6) ad adottare iniziative per garantire con strumenti e fondi adeguati la giusta e puntuale informazione sulla ricerca scientifica, sull'uso dei farmaci e delle terapie adeguate;

7) ad adottare iniziative per garantire, per quanto di competenza, a livello nazionale e in tutte le regioni, l'accesso permanente delle associazioni dei pazienti più rappresentative ai tavoli istituzionali di riferimento e ai comitati che svolgono attività di indirizzo, per supportare il paziente, ovvero i familiari o le persone di fiducia del paziente, se quest'ultimo così ha richiesto o si trova in condizioni di non poter esprimere la propria volontà, nella scelta del luogo di cura e nel percorso che vuole avviare;

8) a promuovere iniziative atte a garantire l'operatività e la celerità della procedura di urgenza per la nomina di un amministratore di sostegno nei pazienti che non hanno la capacità di decidere e devono essere tutelati e protetti;

9) a promuovere iniziative per sostenere le soluzioni tecnologiche, che possono implementare i benefici dati dal sostegno e dai trattamenti tradizionali; dalla telemedicina, alla teleriabilitazione e a tutti i dispositivi innovativi che possono migliorare la qualità di vita delle persone con Gca e delle loro famiglie;

10) a istituire un registro nazionale per le persone con grave cerebrolesione acquisita, garantendo alle regioni risorse e strumenti adeguati allo svolgimento delle correlate attività che esso comporta, allo scopo di avere anche dati epidemiologici di incidenza e prevalenza della condizione per migliorare la programmazione e l'allocazione delle risorse;

11) ad adottare iniziative per incrementare le risorse o istituire un fondo nazionale dedicato allo sviluppo di servizi sanitari e sociali per le persone con grave cerebrolesione acquisita e le loro famiglie, anche con i finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

12) ad adottare iniziative per istituire una Giornata nazionale del trauma cranico e una Giornata nazionale dei risvegli per la ricerca sul coma.
(1-00426) (Nuova formulazione) «Bologna, Boldi, Noja, Marin, Mugnai, Rospi, Silli, Baldini, Della Frera, Gagliardi, Napoli, Ruffino, Pedrazzini, Sorte, Benigni».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

          interpellanza urgente Lupi n. 2-01275 dell'8 luglio 2021;

          interrogazione a risposta scritta Dori n. 4-10318 del 5 ottobre 2021.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

          interrogazione a risposta in Commissione Gallo n. 5-05898 del 30 aprile 2021 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10463;

          interrogazione a risposta orale Leda Volpi altri n. 3-02509 del 5 ottobre 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06853.