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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 239 di martedì 15 ottobre 2019

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 10,05.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

SILVANA ANDREINA COMAROLI, Segretaria, legge il processo verbale della seduta dell'11 ottobre 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Cirielli, Luigi Di Maio, Gallinella, Gallo, Gebhard, Giorgis, Lupi, Maggioni, Rizzo, Rosato, Paolo Russo, Schullian, Tasso e Vitiello sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Informativa urgente del Governo sull'operazione militare intrapresa dalla Turchia nel nord-est della Siria.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sull'operazione militare intrapresa dalla Turchia nel Nord-Est della Siria.

Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per otto minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio.

LUIGI DI MAIO, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Signora Presidente, grazie a tutte le deputate e ai deputati per la richiesta di questa informativa urgente. Desidero fornire alcuni elementi di aggiornamento sulla drammatica situazione in corso nel nord-est della Siria, a seguito dell'avvio delle operazioni militari da parte delle Forze armate turche. Il lancio di questa operazione è stato giustificato dalla Turchia in risposta alla minaccia terroristica che proverrebbe, a suo giudizio, dalle componenti curde che controllano il territorio siriano al confine con la Turchia, in particolare dal Partito dell'Unione Democratica e dal suo braccio militare, l'Unità di Protezione Popolare, che Ankara considera affiliate al PKK, Partito dei Lavoratori. Nei giorni precedenti all'attacco il Governo italiano aveva pubblicamente espresso la sua forte preoccupazione per uno scenario di intervento militare, tanto più in un contesto già fortemente deteriorato da otto anni di sanguinoso conflitto. Con la Turchia siamo ovviamente legati da vincoli di Alleanza Atlantica, ma ciò non toglie che, di fronte ad azioni unilaterali di questa portata, l'Italia debba immediatamente condannare l'avvio delle operazioni militari da parte turca, sia in ragione del prezzo umanitario di tale intervento, che consideriamo inammissibile, sia in ragione del rischio che una tale offensiva possa pregiudicare gli sforzi compiuti dalla coalizione anti-Daesh, a cui anche l'Italia ha dato il suo contributo.

Allo stesso tempo questo Governo continua a ritenere che non possa e non debba essere militare la risposta alla crisi siriana. Voglio ricordare, infatti, che è proprio la storia ad insegnarci come ogni intervento militare in passato abbia solo finito per alimentare ulteriori destabilizzazioni, in favore poi di un successivo riassestamento locale della minaccia terroristica: gli scenari iracheno, afgano e libico ne sono la palese testimonianza.

Ad ogni modo la gravità di quanto sta accadendo, anche alla luce delle possibili conseguenze su cui mi soffermerò più avanti, ha imposto l'esigenza di rappresentare al Governo turco in modo fermo e con la massima chiarezza la nostra contrarietà a questa operazione. Ho pertanto disposto lo scorso 10 ottobre la convocazione alla Farnesina dall'ambasciatore turco in Italia, al quale abbiamo ribadito la nostra convinzione che non esiste una soluzione militare alla crisi siriana, e che, al contrario, si possa trovare una composizione stabile e duratura solo attraverso la diplomazia e il dialogo politico. All'ambasciatore turco abbiamo dunque chiesto un'immediata cessazione delle operazioni militari in Siria ed il ritorno alle vie diplomatiche.

Per completezza vorrei anche solo brevemente ricordare i principali fatti, a cominciare dall'avvio, lo scorso 9 ottobre, dell'operazione militare da loro denominata “Sorgente di pace”, con una prima serie di intensi bombardamenti contro 181 obiettivi lungo la linea di confine. Si tratta della terza operazione militare turca in territorio siriano, dopo “Scudo dell'Eufrate” nell'agosto 2016, e “Ramoscello d'ulivo” nel gennaio 2018.

Successivamente, all'alba del 10 ottobre, sono iniziate le operazioni di terra attraverso due punti, a ovest di Ras al-Ayn e ad est di Tell Abyad. Alle operazioni stanno prendendo parte, oltre alle Forze armate turche, circa 17 mila effettivi del Free Syrian Army, formazione militare composta da siriani arabo-sunniti dell'opposizione. Queste ultime hanno dichiarato di aver preso il controllo di diversi villaggi in prossimità dei due centri summenzionati. Il bilancio delle vittime appare già drammatico ed inaccettabile, con centinaia di morti e devastanti effetti sul piano umanitario. A questo per di più si aggiunge il brutale assassinio della giovane attivista curda Hevrin Khalaf, a cui rivolgo il pensiero di tutto il Governo italiano (Applausi). Drammatico anche il bilancio per quanto riguarda il flusso di sfollati interni che l'operazione turca sta innescando e che si stima abbia già raggiunto le 100 mila unità.

È per tali motivi che l'Italia si è espressa manifestando la sua ferma condanna all'offensiva di Ankara. Dichiarazioni di condanna sono state pronunciate anche dai nostri partner europei, dagli Stati Uniti, nonché dai principali Paesi della regione: Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Libano, Arabia Saudita, Iran, Israele. La riunione straordinaria dei Ministri degli esteri della Lega Araba del 12 ottobre ha espresso una ferma ed unanime condanna dell'operazione turca, definita nel comunicato finale come “un'invasione del territorio di uno Stato arabo e un'aggressione alla sua sovranità”.

Credo sia altrettanto significativa la presa di posizione del nostro Parlamento, che ha deciso, d'intesa con il Parlamento europeo, di annullare la partecipazione ai lavori dell'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo prevista ad Istanbul a partire da giovedì 17 ottobre. È per questi motivi che in più occasioni abbiamo ribadito l'importanza che l'Unione europea mantenesse una posizione unitaria sulla Siria e parlasse con una sola voce in relazione all'operazione militare in corso; posizione che abbiamo condiviso anche ieri mattina con il collega francese, Le Drian, incontrato a Lussemburgo prima del Consiglio affari esteri dell'Unione europea. A Lussemburgo, anche alla presenza dell'inviato speciale ONU Pedersen, abbiamo attivamente lavorato affinché l'Unione europea potesse concentrarsi su due messaggi fondamentali: la Turchia è il solo responsabile dell'escalation; la Turchia deve sospendere immediatamente le operazioni militari.

Alla luce delle conclusioni adottate ieri dal Consiglio possiamo rivendicare, grazie anche alla nostra decisa azione e alle sinergie create con i nostri partner europei più direttamente coinvolti nel dossier, una serie di primi risultati che mi preme sottolineare, anche perché non era affatto scontato che il Consiglio affari esteri dell'Unione europea di ieri, anche alla luce delle dichiarazioni pubbliche rilasciate dal Presidente turco, potesse vedere un fronte comune di ferma condanna verso l'azione della Turchia. Il Consiglio ha, infatti, sollecitato la Turchia ad un'immediata interruzione delle operazioni militari; espresso la ferma condanna di Ankara per l'azione intrapresa e le sue gravi conseguenze sotto il profilo umanitario, sottolineando i pericoli che essa rischia di generare anche nel più ampio contesto regionale; ha ribadito che non esiste una soluzione militare alla crisi siriana, che deve essere perseguita esclusivamente attraverso le vie diplomatiche e nel pieno rispetto del diritto umanitario; ha invocato una ferma presa di posizione da parte della comunità internazionale, e in particolare del Consiglio di sicurezza dell'ONU, per fermare questa azione militare unilaterale; e ha ribadito il rifiuto di qualsiasi assistenza da parte dell'Unione europea in ottica di stabilizzazione e sviluppo in quelle aree, in Siria, dove si registrano violazioni dei diritti della popolazione civile. In particolare ieri, al Consiglio degli affari esteri dell'Unione europea, abbiamo sollevato la necessità, a nome del Governo italiano, che tutti i 28 Stati membri aprissero una profonda riflessione sul blocco delle esportazioni di armamenti verso la Turchia; riflessione che è stata accolta positivamente, e che, a tal proposito, mi porterà nelle prossime ore, come Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, a formalizzare tutti gli atti necessari affinché l'Italia blocchi l'esportazione di armamenti verso Ankara (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico e Italia Viva). Vi comunico, inoltre, di aver dato immediate disposizioni per l'apertura di un'istruttoria inerente i contratti in essere, e, in questo senso, ribadisco la mia ferma intenzione di esercitare pienamente tutti i poteri che ci conferisce la legge. Il blocco alle esportazioni è una decisione che assumiamo come singoli Stati dell'Unione europea, in linea con la posizione già assunta in questi giorni da altri Stati membri, perché vogliamo perseguire il carattere di immediatezza, visto che la pianificazione di un embargo europeo avrebbe richiesto mesi e proprio al fine, quindi, di dimostrare che l'Italia non aspetta, che l'Italia non si gira dall'altra parte, che l'Italia non chiude gli occhi di fronte alle vittime civili, che l'Italia come Paese democratico non ritiene accettabile l'azione della Turchia.

Compiuti questi primi importanti atti, adesso dobbiamo lavorare per mettere in campo ogni possibile strumento diplomatico, per fermare l'azione della Turchia, in linea con le conclusioni adottate dal Consiglio di ieri a Lussemburgo. Per l Italia è fondamentale assicurare il rispetto del diritto internazionale e operare per garantire l'incolumità della popolazione civile. Anche alla luce degli sviluppi di queste ore, il Consiglio Europeo di questa settimana sarà chiamato a dare un segnale tangibile in questa direzione e, ovviamente, l'Italia non farà mancare il proprio attivismo e il proprio contributo.

Lasciatemi fare un ultimo quadro sulle possibili conseguenze di quanto sta accadendo in Siria, in relazione alla minaccia terroristica rappresentata da Daesh. Vorrei infatti ricordare che, proprio grazie al contributo determinante delle forze curde nel nord-est del Paese, si è riusciti ad eliminare la dimensione territoriale di questa minaccia. I risultati della coalizione internazionale anti-Daesh non sarebbero mai stati raggiunti senza il contributo dei curdi siriani, ai quali va il nostro ringraziamento e la nostra profonda gratitudine (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente, Fratelli d'Italia, Italia Viva e Liberi e Uguali).

Ma è bene tener presente che la minaccia rappresentata da Daesh resta concreta e gravissima. L'offensiva turca, come anticipato al principio, rischia di vanificare quanto fin qui acquisito, intaccando la capacità delle forze curde di sorvegliare le strutture in cui sono detenuti migliaia di foreign fighters, creando terreno fertile per una recrudescenza del fenomeno terroristico.

Le nostre preoccupazioni vanno, tuttavia, oltre il contesto specifico della Siria nordorientale e riguardano la crisi siriana nel suo complesso. A oltre otto anni dall'inizio delle ostilità, il conflitto siriano continua a rappresentare una ferita aperta per la comunità internazionale, con un bilancio di vittime e distruzioni che non accenna ad arrestarsi, come dimostrano i drammatici eventi di questi giorni. L'Italia rimane convinta che una pacificazione duratura del Paese non sarà possibile senza un processo politico credibile e inclusivo, sotto l'egida delle Nazioni Unite. Stiamo guardando con grande attenzione all'inizio dei lavori del Comitato costituzionale, che ha il compito di spianare la via ad una soluzione democratica della crisi siriana e, anche in vista di questo passo in avanti, siamo preoccupati che l'azione turca possa vanificare questo importante tentativo.

In attesa di una soluzione politica, l'Italia continuerà ad essere vicina al popolo siriano e a fornire assistenza umanitaria in tutto il Paese. Questo lo faremo in linea con il nostro storico impegno per la pace e la stabilità in Medioriente, coerentemente con gli impegni assunti. Abbiamo bisogno che la comunità internazionale agisca in modo compatto, per fare massima pressione sul governo di Ankara e, lungo questa direttrice, il Governo italiano ritiene essenziale coinvolgere altri attori chiave, a cominciare dagli Stati Uniti, che nelle ultime ore hanno annunciato di avere imposto sanzioni individuali sulle persone dei ministri turchi della difesa, dell'interno e dell'energia, nonché sanzioni sui dicasteri turchi della difesa e dell'energia. A tal fine siamo convinti, assieme alla Francia, dell'esigenza di convocare quanto prima una riunione della coalizione anti-Daesh, di cui fa parte la stessa Turchia, con l'obiettivo specifico di richiamare alla propria responsabilità tutti i Paesi coinvolti nella lotta al terrorismo.

Come Governo, siamo convinti che, per stabilizzare quell'area, gli unici strumenti efficaci e utili per una pace duratura siano il dialogo e l'azione diplomatica. Saremo attivi e faremo valere questi principi in tutte le sedi internazionali (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico, Italia Viva e Liberi e Uguali).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Grande.

MARTA GRANDE (M5S). Grazie, Presidente. Ministro, l'ennesima tragica destabilizzazione dell'area mediorientale deve ispirarci, prima ancora di una profonda riflessione, un moto di reazione istintiva indignata. Erdogan, annunciando con molta chiarezza il proprio piano distruttore all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, per dargli poi un tragico seguito, ha abbondantemente varcato la soglia della tollerabilità politica ed umana. È il momento di condannare e soprattutto di agire: chi oggi viola le convenzioni, arrivando a bombardare i civili, non può essere nostro partner strategico commerciale.

Perciò ho colto con molto orgoglio la sobrietà dell'atteggiamento politico del nostro Paese, che, attraverso la voce del nostro Presidente del Consiglio e del Ministro degli esteri, non si è limitato a porre in essere una condanna verbale, spendendosi subito per incidere concretamente, partendo dal blocco delle vendite di armi alla Turchia. Questo oggi ci ha permesso di prendere una posizione netta, chiara, inappellabile.

Il popolo curdo è stato, come noto, una delle prime avanguardie della guerra all'ISIS. Col proprio sacrificio e col proprio sangue ha difeso anche la libertà di tutti noi. La contropartita non può limitarsi alle semplici dichiarazioni di sdegno della comunità internazionale: bisogna mettere in campo una strategia drastica ed efficace, bisogna agire ora.

Il nostro Parlamento, che notoriamente riserva alle questioni etniche e ai rapporti diplomatici un'attenzione dettagliata, già da molto guardava con attenzione al mondo curdo, avendo sviluppato una serie di incontri più che significativi. Ricordo l'incontro con la comunità della regione del Rojava, ospite in Commissione solo la scorsa settimana, e quelli con Lamia Haji Bashar e Nadia Murad, premio Nobel per la pace solo un anno fa, yazide e irachene che sono sopravvissute all'inferno della prigionia dell'ISIS e l'indagine conoscitiva sulla tutela dei diritti delle minoranze, con un focus specifico sulla condizione dei cristiani nell'area. Tutto ciò, purtroppo, potrebbe risultare vano. Ogni passo compiuto verso la civiltà, la normalizzazione degli equilibri, ogni prospettiva di pace, è minata nelle fondamenta, da parte di quanti, per perorare la propria causa egoisticamente, scrollando le spalle, permettono che tutto quello che di giusto e buono è stato fatto per arginare le orde estremiste possa essere vanificato. Nessuno oggi può permettersi il lusso di ragionare per sé. La comunità internazionale si regge su una serie di equilibri anche strategici e questi, più che mai oggi, debbono pesare.

Come già accennato sopra, Ministro, le misure messe in campo ci sembrano un ottimo inizio e la speranza sincera è proprio che altri Paesi finalmente seguano il nostro esempio. Quell'ideale di unità europea, che ha assunto connotati a volte utopistici, deve cominciare a realizzarsi, a partire dagli intenti e dalla condivisione di azioni chiare, come la nostra. Credo sia giusto, perciò, in chiusura, esprimere la nostra vicinanza al popolo curdo, la cui forza e il cui coraggio sono meglio di tutti raccontate dalla lotta intransigente delle donne, vittime predilette delle guerre ed eroine, troppo spesso senza nome nelle battaglie che conducono alla libertà dei popoli. Ad esse va un grazie sincero e semplice, come semplice, ma fermo, è l'invito ad agire. In fin dei conti, se non ora, quando (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giorgetti. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI (LEGA). Presidente, signor Ministro, in queste occasioni dobbiamo chiederci cosa può fare lei, cosa può fare il nostro Governo, cosa può fare l'Italia, e rispondere onestamente, al di là di quelle che sono le consuete, oserei dire ovvie, parole di sdegno, di indignazione, la ferma contrarietà, la convocazione rituale dell'ambasciatore per esprimere tutti questi sentimenti, ma anche, come ho sentito, l'annullamento ovviamente dell'Assemblea interparlamentare sul Mediterraneo, che si sarebbe dovuta tenere a Istanbul. Ma, al di là di questo, onestamente, cosa può fare l'Italia in una situazione di questo tipo?

E qui alcune riflessioni, secondo me, vanno fatte, perché - si può dire o non si può dire - l'Italia, l'Europa, chi pensa che si possa risolvere la dura legge delle armi, della forza, che anche in questo caso la Turchia - non è la prima volta - mette in campo? Possiamo dirlo? Ci pensano gli americani, come tante volte ci hanno pensato? No, gli americani non ci pensano più. Trump ha detto chiaramente che non sono disponibili, in teatri come questi, a sacrificare risorse e soprattutto sangue americano, per fare gli interessi magari di qualcun altro. E allora, sottotraccia - non lo dice nessuno, lo dico io qui - magari la situazione la risolve quel cattivone di Vladimir Putin (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), il quale invece è disponibile a sacrificare il sangue nell'interesse della comunità internazionale.

Lo dico, perché, in tutte le sedi diplomatiche, questo si sta dicendo, in questo momento: se Putin ha il coraggio e la forza, attraverso le forze di Assad o direttamente, di interporsi a questo massacro e salvare, pensate un po' voi, le nobili ragioni del popolo curdo e delle donne curde; lui, Vladimir Putin. Ma mi fermo qui. Le riflessioni sono anche altre: quando ero più giovane, in quest'Aula si sarebbe invocato l'intervento dell'ONU, delle Nazioni Unite. Non ne parla più nessuno. Perché non ne parla più nessuno? Esiste ancora l'ONU? Cosa esiste per fare l'ONU? Ci siete stati recentemente anche voi, una riflessione su questo andrebbe fatta. Esiste la NATO, di cui incredibilmente la Turchia fa parte. E perché la Turchia fa parte della NATO? Ce lo siamo chiesti? Perché, se ce lo chiediamo, rispondiamo anche a tanti motivi per cui sostanzialmente la comunità internazionale è così incerta ad intervenire. Perché la Turchia è il Paese cerniera tra l'Europa, il mondo occidentale e il Medioriente; è estremamente utile in chiave strategica che la Turchia faccia parte della NATO. Allora, queste timide reazioni si giustificano anche così. Io, ad esempio, nel suo intervento non ho sentito una parola rispetto al fatto che noi in Turchia teniamo una batteria missilistica; non so se la riportiamo a casa o la lasciamo ancora lì, è un qualche cosa che dovremmo valutare insieme agli altri Paesi della NATO, che, ricordo, è un'alleanza difensiva, per cui, se qualcuno invade un Paese membro della NATO, dobbiamo reagire.

Ma, se un Paese della NATO aggredisce un Paese terzo sovrano, nessuno ovviamente dice niente (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). E cosa può fare l'Italia? Giustamente facciamo parte dell'ONU, ma l'ONU non esiste più; facciamo parte della NATO, ma la NATO non può fare niente. Siamo parte dell'Unione europea e non voglio richiamare un giornale che oggi in prima pagina titola plasticamente: “Europa, vergognati”, ma l'Europa si deve vergognare. Si deve vergognare di che cosa? Del fatto che, come lei stesso ha detto nel suo intervento, per dichiarare un embargo sulla vendita di armi alla Turchia, ci vogliono mesi in Europa per decidere una cosa di questo tipo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Ci vogliono mesi e lodevolmente l'Italia invoca che ci sia solo una voce in Europa che parli. Ma io, a dire la verità, ne ho sentite due di voci, quella di Macron e della Merkel; la voce dell'Europa non l'ho proprio sentita, Ministro Di Maio, in questi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Sono loro che decidono la politica estera europea, sono loro che decidono in modo significativo quello che è l'impatto anche in questo teatro. E, peraltro, il cattivone Trump richiama le truppe, ma mi sembra che anche i francesi stiano richiamando i loro a casa. E allora sempre speriamo che ci pensi Putin. Abbiamo lodevolmente - condivido l'iniziativa del Governo - bloccato i trasferimenti di armi per il futuro. Non ho capito bene, la formula era un po' equivoca: mi sembra che parta un'istruttoria sui contratti in essere. Penso che probabilmente arriveremo alla fine, quando tutto sarà finito e la logica della forza, come sempre, stabilirà i nuovi confini. Confini che, come sappiamo, per il popolo curdo sono stati scritti dalle potenze coloniali, tracciando tratti di penna in funzione non di dove esistevano popoli e identità, ma di dove esistevano i pozzi petroliferi e gli interessi economici (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), e questo dovrebbe in qualche modo richiamare tutti quanti su quello che è alla base della nascita di uno Stato e di una nazione: non gli interessi economici, ma identità e autodeterminazione.

E per finire, Ministro Di Maio, una riflessione sulla Turchia, perché noi - solitari, devo dire, in politica, anche in quest'Aula - per tanti anni ci siamo opposti al negoziato per l'ingresso della Turchia in Europa, e lo facevamo non a caso (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier e di deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché prima qualcuno poteva dire: “la Turchia è un regime militare, non c'è la democrazia, come facciamo a far entrare la Turchia in Europa?”, e di questo si parlava vent'anni fa, ma adesso la democrazia c'è in Turchia, c'è la democrazia in Turchia. È una democrazia che si ispira ad altri sistemi di valori, che non sono i valori occidentali della libertà (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) e, se volete, in qualche modo intersecano anche altri tipi di valori di carattere religioso che confondono potere temporale e potere religioso. Benissimo, allora, parole chiare sull'atteggiamento dell'Europa per quanto riguarda finanziamenti e trasferimenti finanziari alla Turchia non le abbiamo sentite; parole chiare rispetto al problema e al ricatto dei profughi in Turchia che Erdogan minaccia, ovviamente, di scatenare nei nostri confronti non ne ho sentite.

Ministro Di Maio, penso che il Governo italiano, se vuole svolgere veramente oggi un ruolo in Europa, dovrebbe dire parole chiare proprio su questi temi e dire chiaramente a Erdogan che da questo momento ogni ipotesi di ingresso della Turchia in Europa cade e non se ne parlerà mai più (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Perego di Cremnago. Ne ha facoltà.

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO (FI). Grazie, Presidente. Caro Ministro Di Maio, ci eravamo lasciati con la politica estera dei Cinque Stelle che sosteneva il regime di Maduro, con lei che incontrava i gilet gialli, forse scambiandoli per automobilisti in panne, con le gaffe con il Presidente Macron. Mi auguro che questa stagione sia finita e abbiate ora la piena consapevolezza che la diplomazia non è propaganda, ma forma e sostanza; me lo auguro perché affermare un ruolo determinante dell'Italia in Europa e dell'Europa in Medio Oriente è essenziale e non più rimandabile. Lo è per la pace, per gli interessi geopolitici nazionali e comunitari, per difendere i diritti umanitari violati, per ristabilire un'area d'influenza nel Mare nostrum, il Mediterraneo; e lo dobbiamo ai civili uccisi in queste ore, agli attivisti, ai giornalisti trucidati, alle migliaia di profughi che scappano da un conflitto pretestuoso, arrogante e ingiusto; e lo dobbiamo, soprattutto, al popolo curdo.

Nella missione che ho svolto poche settimane fa in Siria ho potuto incontrare i vertici del Governo siriano, ho incontrato i governatori di Homs e Aleppo impegnati nella ricostruzione, oltre che tutte le autorità religiose delle diverse confessioni religiose presenti e che vivono pacificamente in questa regione. Ho potuto constatare con i miei occhi come sia fondamentale sostenere un processo politico di stabilizzazione e pacificazione, che passi in primis per il lavoro del comitato costituzionale dei 150 di Ginevra, sotto l'egida ONU, che lavora in maniera complementare al tavolo di Astana. E per queste ragioni, Ministro Di Maio, è importante e necessario stabilire e alimentare un canale diplomatico ufficiale con il Governo siriano, che oggi controlla circa il 90 per cento del territorio, se si ha a cuore, come credo tutti noi in quest'Aula abbiamo a cuore, il ritorno in patria dei 5 milioni di profughi siriani e se si vuole impedire che i foreign fighters dell'ISIS ritornino in casa nostra, minacciando la sicurezza dell'Italia e dell'Europa.

Allora le chiedo, Ministro Di Maio, perché non pensare di riaprire l'ambasciata italiana in Siria, così come hanno fatto alcuni Paesi, la Repubblica Ceca, la Bulgaria, la Polonia, gli Emirati, il Giappone. Oggi, come lei ben sa, l'Italia ha un inviato speciale per la Siria della Farnesina, oltre ad avere un chargé d'affaires, che però non è residente a Damasco, ma è residente a Beirut, e quindi non ha le credenziali per poter operare appieno. Credo che la pacificazione della Siria sia il presupposto fondamentale per arginare le azioni militari della Turchia di Erdogan; azioni militari che mostrano tutti i paradossi della crisi siriana. Erdogan lancia un'operazione militare “Fonte di pace” contro il terrorismo; peccato che poi sia contro i curdi, che, in realtà, il terrorismo lo hanno combattuto e sconfitto, perdendo 11 mila uomini sul proprio terreno.

Il secondo paradosso è far passare l'idea di voler portare i profughi, che oggi sono presenti in Turchia, nel territorio siriano, creando, però, nuovi profughi, i curdi, che saranno costretti ad abbandonare le proprie case. Terzo paradosso: i curdi, che si opponevano al Governo siriano per difendere la propria autonomia, che oggi, in nome di quella stessa autonomia, devono allearsi con il Governo siriano contro la Turchia, creando quello scenario che Stati Uniti e Israele hanno sempre voluto scongiurare, ovvero la creazione di un corridoio sciita che va dal Libano, passa per la Siria, l'Iraq, fino all'Iran. Un accordo, quindi, quello tra Siria, curdi e Mosca, che palesa ancora una volta come l'Europa sia solo una spettatrice passiva degli eventi in un momento cruciale per gli equilibri del Medio Oriente.

E allora, Presidente, ha ragione il Presidente Mattarella quando dice che l'Unione europea - e lo cito testualmente - deve configurarsi come un soggetto internazionale capace di influire nelle varie questioni che si aprono e che questo comporta l'intensificazione dell'integrazione europea di politica estera e di difesa.

Ecco noi siamo pienamente d'accordo con queste osservazioni del Presidente Mattarella, perché un'Europa che vuole contare qualcosa, che vuole fermare una guerra improvvida e avventata, che vuole difendere il popolo curdo, per noi occidentali, è fondamentale nella lotta contro Isis; un'Europa che vuole con dignità respingere al mittente minacce sui migranti: ci sono 3,6 milioni di profughi siriani in Turchia per i quali Ankara riceve 6 miliardi di euro all'anno dalle tasche di noi cittadini europei; un'Europa che vuole sconfiggere le milizie jihadiste che combattono al fianco dell'esercito turco, molte figlie delle primavere arabe che, a volte, con troppa superficialità, sono state sostenute dai media occidentali.

Questa Europa deve cambiare ma soprattutto deve agire, perché questa crisi ha portato a galla una domanda, un quesito che sommessamente ci poniamo da troppo tempo: ma dov'è l'Europa? Si è creato un vuoto con la scelta di Trump di ritirare le truppe, attenzione, figlia di una dottrina precisa, quella dell'America first, utile anche per la campagna elettorale del Presidente Trump, ma che fa riflettere e fa capire come ci sia una politica estera tiepida e molle, ininfluente per certi versi. Ed è in questo vuoto che è evidente la fragilità di questa Europa, inerme verso un'azione militare violenta alle porte dei suoi confini, passiva di fronte ad Erdogan che può permettersi di minacciarci senza ritegno e senza visibili conseguenze, salvo quantomeno aver condannato Ankara per le trivellazioni illegali che sta compiendo nelle acque territoriali cipriote dove la Francia e l'Italia hanno inviato delle fregate per difendere gli interessi energetici di ENI e di Total.

Vengo a un secondo quesito: si comportano così gli alleati? Quando verrà convocato il Consiglio di sicurezza dell'ONU? Quando una riunione straordinaria della NATO per parlare dell'attacco della Turchia? Presidente, questa crisi è un'occasione forzata e orribile; è un'occasione per dare all'Unione europea un minimo di scossa, un minimo di visione geopolitica della propria difesa, una visione assente da più di trent'anni. Non l'ha fatto nei Balcani: gli interessi cinesi ora con la Belt and Road Initiative; non l'ha fatto in Turchia con la quale ha avuto sempre atteggiamenti ambigui sull'ingresso nell'Unione europea; non l'ha fatto in Africa dove con i nostri aiuti umanitari non abbiamo spostato di una virgola il problema, mentre la Cina sta investendo miliardi e miliardi di euro in infrastrutture.

Bene l'embargo comunitario delle armi alla Turchia, ma allora perché non ritiriamo anche i nostri soldati al confine turco-siriano nell'ambito dell'operazione NATO Support to Turkey? Ci sono 130 soldati impegnati dal 2016 con un costo per i cittadini italiani di 12 milioni di euro all'anno. Insomma, non perdiamoci in sofismi da diplomatici, mentre sul campo si continua a morire. Non indigniamoci senza agire. Serve, qui ed ora - concludo, Presidente -, un ruolo da protagonisti come Italia, una leadership europea forte e coesa, un esercito comune, una linea strategica unita, perché la vera unità alla quale si deve lavorare è verso l'esterno anziché pretendere un'unità impossibile, un'uniformità impossibile all'interno. Penso che difendere i confini e la sicurezza fuori dall'Europa sia prioritario per una sovranità europea rispetto al mondo. Oltre il finto sovranismo nazionale e il finto buonismo umanitario, c'è una chiave di lettura che si chiama realismo. Ecco cosa serve all'Europa. Spero e mi auguro, onorevole Di Maio, non tanto per lei ma per l'Italia, che questa non sia solo l'ennesima casella da Ministro che lei occupa invano ma che siate all'altezza di questo momento storico e politico che può cambiare le sorti del nostro mondo e rendere l'Italia finalmente protagonista (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI (PD). Ringrazio, signora Presidente. Colleghe e colleghi deputati, rappresentanti del Governo, aveva soltanto 35 anni, Hevrin Khalaf, leader politica e attivista a difesa dei diritti del suo popolo, violentata e poi uccisa barbaramente in un agguato da miliziani filo-turchi nel Kurdistan siriano. Lo ha ricordato anche lei, signor Ministro, una donna coraggiosa, di grande spessore a cui di nuovo sollecito la riconoscenza di tutta quest'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Italia Viva) per quanto fatto nella sua purtroppo breve vita. L'immagine di Hevrin campeggiava ieri nelle tante manifestazioni che si sono tenute in tutto il mondo per condannare l'aggressione militare voluta da Erdogan e per esprimere solidarietà al popolo curdo, ancora una volta vittima di un disegno di annientamento e di pulizia etnica. Lo abbiamo visto nelle piazze di Roma, nelle piazze di Milano e nelle piazze di tante altre città.

Il popolo curdo in Siria ha dato un contributo decisivo alla sconfitta dell'Isis, nella difesa di Kobane e nella riconquista di Raqqa, strappata al cosiddetto sedicente Stato islamico con un costo di vite altissimo. La sconfitta sul campo dell'Isis è qualcosa che ci riguarda da vicino, signora Presidente; ci riguarda come europei, perché si tratta di quell'organizzazione terroristica che ha seminato paura e morte anche nelle nostre città e ha ucciso anche i nostri giovani connazionali come Valeria Solesin, Fabrizia Di Lorenzo e Antonio Megalizzi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Italia Viva). Ma oggi i protagonisti della sconfitta militare dell'Isis vengono aggrediti dalla Turchia, un Paese membro della NATO e ancora formalmente candidato all'ingresso nell'Unione europea e di questa aggressione, signora Presidente, i primi a gioire sono proprio i militanti dell'Isis che con le loro famiglie erano tenuti prigionieri sotto la sorveglianza dei militari curdi e della coalizione anti-Daesh. L'Unione europea e la comunità internazionale non possono e non debbono tollerare che uno Stato invada il territorio di un altro Paese con lo scopo di espellere le persone che vi risiedono e sostituirle - perché questo afferma Erdogan - con i profughi siriani attualmente presenti in Turchia. Non bisogna cedere assolutamente, non bisogna cedere al ricatto di Erdogan che minaccia di riversare nei Paesi europei un'ondata di rifugiati siriani. E il modo migliore per far capire a Erdogan che i suoi ricatti non ci condizionano è sospendere i trasferimenti economici alla Turchia dei fondi relativi proprio all'accordo sui migranti.

Vede, signor Ministro, se l'azione di Ankara rimarrà impunita, l'autorevolezza e l'efficacia del diritto internazionale subiranno un pesante danno. Va denunciato con forza, da questo punto di vista, il cinismo con il quale Donald Trump ha, nei fatti, lasciato campo libero alla sciagurata operazione militare della Turchia e va registrato con preoccupazione il fatto che il dissenso degli Stati Uniti e della Russia ha finora impedito - loro hanno impedito - al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che esistono, onorevole Giorgetti - ripeto: esistono - di assumere una netta posizione di condanna. Ora Trump, pressato dall'opinione pubblica statunitense e anche dai membri del suo stesso partito, annuncia sanzioni contro Ankara.

L'Unione europea, con la riunione dei Ministri degli Esteri, ha dato quello che consideriamo un primo segnale, signor Ministro, un primo segnale di reazione comune al quale ci auguriamo seguano altri ancora più decisi, a partire dalla riunione del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre. Parliamo di misure economiche; parliamo del blocco delle forniture militari alla Turchia da parte dei Paesi europei. Il gruppo del Partito Democratico sostiene, signor Ministro, e apprezza l'azione del nostro Governo tesa innanzitutto ad evitare una divisione in seno all'Unione e a ottenere, nelle condizioni date, una posizione unanime. Tale ruolo di stimolo, questa azione incalzante non deve cessare e dobbiamo tendere a risultati ancora più avanzati. Penso in particolare al fatto che il nostro Paese ha una legge sul commercio delle armi, la legge n. 185 del 1990, che impedisce tassativamente la fornitura di armi a Paesi che compiono azioni come quelle che stiamo denunciando. Il Ministro Di Maio ha già annunciato un decreto ministeriale in tal senso che vale per il futuro e mi fa piacere che oggi abbia voluto qui annunciare di aprire un'istruttoria anche per i contratti che sono in essere. Questa è la strada. Lo abbiamo già fatto, Ministro, con lo Yemen - lo ricorderà - con tutti i Paesi coinvolti in quel conflitto.

Non si può sopportare che armi prodotte nel nostro Paese contribuiscano a massacrare persone che ci hanno liberato dai terroristi islamici, persone che vogliono vivere in pace nella loro terra, che stanno costruendo un esperimento raro in quell'area, quasi unico di vita democratica, di pluralismo politico, etnico, religioso, di rispetto, anzi di protagonismo delle donne, che sono state in prima linea anche nei combattimenti più aspri contro i miliziani dell'Isis e alle quali va tutta la nostra ammirazione e il nostro profondo grazie.

Signora Presidente, bisogna fermare questa guerra, bisogna fermare questa guerra, dobbiamo ottenere una condanna senza appello da parte di tutti gli organismi internazionali, le Nazioni Unite, la NATO, l'Unione europea. Purtroppo sono gli Stati membri, collega Giorgetti, a impedire questo, spesso gli Stati membri sovranisti.

La NATO deve sospendere l'operazione “Active Fence” e noi dobbiamo anticipare, signor Ministro, il ritiro del nostro contingente; dobbiamo contribuire a mettere in campo iniziative immediate di aiuto umanitario alla popolazione civile. La bussola della nostra azione deve essere, anche in questo caso e ancora una volta, la Costituzione. E la Costituzione ci dice che l'Italia ripudia la guerra, non solo la rifiuta, ma la ripudia! E questo non dobbiamo dimenticarlo mai.

Grazie, signora Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle, Italia Viva e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. Debbo dire che cominciamo, come Fratelli d'Italia, proprio dai toni soffusi, dal linguaggio felpato, dalla stanchezza con cui l'onorevole Ministro degli Esteri ha letto un compitino scritto da altri, che ci rendono immediatamente l'idea che non sia stata percepita la drammaticità del momento e che, tutto sommato, questi toni siano coerenti con le blande risposte che, ahimè, questa Italia, rappresentata da questo Governo, sta mettendo in campo. Allora, oggi abbiamo scoperto dall'onorevole Ministro degli Esteri quale non può essere la risposta, ci ha spiegato, non può essere militare, e possiamo anche convenirne, però dobbiamo anche dire che non può essere neanche blandamente diplomatica, sostanzialmente rinunciataria e di circostanza.

Perché lei, Ministro, ci ha detto come non affronterete la crisi, ma non ci ha detto una sola parola su come la affronterete, la crisi. Non ci ha spiegato come affronterete il sedicente sultano, che, nel silenzio complice dell'Occidente, ha costruito in questi anni una democratura islamista, conculcando internamente diritti civili, diritti politici, diritti religiosi, diritti sociali. Non ci ha detto come risponderete ad un sultano, il cui servizio di Intelligence ha sempre fatto sponde nei confronti dell'integralismo islamico. Non ci ha detto come affronterete un sultano, che, per il tramite di WikiLeaks, è stato smascherato perché vi sono 58 mila mail che testimoniano che suo genero trafficava con il petrolio di Isis, approvvigionando di armi indirettamente Isis. Non ci ha detto come risponderete ad un sultano, la cui figlia si permette di aprire un ospedale ai confini con la Siria per curare i miliziani dell'Isis (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Non ci ha detto come affronterete un sultano, che, agitando la peggiore retorica islamista antioccidentale, a marzo del 2019 ha detto che trasformerà Santa Sofia, Hagia Sophia, la chiesa della cristianità, in una moschea per il culto islamista. Non ci ha detto, né ha detto, né nei giorni scorsi ha emesso anche solo un timido flatus vocis, perché prima di aggredire unilateralmente la Siria, il nano, che voi avete trasformato in un sultano, perché imbelli, ha deciso di invadere un'altra nazione, nessuno ne parla; si chiama Cipro, ne ha invaso la sovranità marina (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e ha cacciato ENI, che aveva concessioni legittime, emesse dal governo di Nicosia, nel più straordinario silenzio suo. Non ha emesso un balbettio.

Oggi arriva e ci racconta cosa succede, è esplosa “Sorgente di pace”: certo, se il sultano vede che può andare a Cipro, entrare nell'area di sovranità marina di Cipro, cacciare ENI nel più imbarazzante e assordante silenzio non solo dell'Europa, ma anche del Governo italiano, che dovrebbe tutelare ENI, il sultano decide: già, che ci siamo, facciamo che faccia anche “Sorgente di pace”. E così ha illegittimamente iniziato una guerra unilaterale ai danni della Siria, la cui indipendenza e integrità è stata faticosamente ricostruita con il neanche tanto nascosto proposito di dare vita ad una straordinaria pulizia etnica nei confronti dei curdi, che ricorderà il genocidio armeno (per cui solo poco tempo fa siamo riusciti a fare una legge di commemorazione del genocidio), che farà rialzare la testa ai miliziani di Isis.

Non ci ha raccontato - eppure lei lo sa! - che ci sono già 800 miliziani di Isis liberi che hanno già fatto degli attentati e che si sono uniti all'esercito turco. Non ci ha raccontato - eppure lei lo sa! - che la tragedia all'orizzonte parla di 400 mila persone che vivranno in bisogno di assistenza dopo lo scatenamento dell'offensiva turca. Non ci ha detto - e lo sa! - che ci sono già 150 mila sfollati in quell'area. Non ci ha detto - e lo sa! - che ci sono già 150 curdi morti, che hanno combattuto con noi contro Isis (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), pagando un tributo di sangue. Ma soprattutto non ci ha detto - e lo sa, o meglio, Ministro, io adesso, evidentemente sto ritenendo che lei forse sappia troppe cose rispetto al suo curriculum, dovrebbe sapere - che il 17 e il 18 ottobre è già convocato il Consiglio europeo per le sanzioni nei confronti della Turchia perché ha cacciato ENI da Cipro, mandando la sua Marina militare.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Mi avvio alla conclusione. Allora, oltre a, come dire, emettere un timido flatus vocis, più per dimostrare che lei esiste come Ministro degli Esteri - e quindi tentando di fare qualcosa di diverso da quello che ha fatto come Ministro del MiSE: esistere, quantomeno esistere - non ci dice cosa faremo, a parte bloccare la vendita delle armi.

Bene, è possibile dire, in quel Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre, che l'Italia sia la capofila - come chiede Fratelli d'Italia con una risoluzione che ha depositato oggi - per chiedere che venga revocato per sempre lo status di candidato all'Unione europea della Turchia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Possiamo chiedere che la Turchia non abbia più 15 miliardi dalla UE per l'accesso all'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Possiamo chiedere che la Banca europea per gli investimenti non dia più 30 miliardi all'anno alla Turchia per farla entrare in Europa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Possiamo chiedere che l'Europa non dia più 7 miliardi alla Turchia per i fondi di accesso all'Europa, oltre ai 6 miliardi per i migranti? Perché non dite a noi sovranisti di amare un'Europa che usa la leva economica e finanziaria per inginocchiare e piegare i fratelli greci e quella stessa leva economica e finanziaria la usa per far crescere un nano, trasformarlo in sultano, senza chiedere libertà religiosa, senza chiedere diritti civili, senza chiedere diritti politici, senza chiedere il rispetto delle integrità territoriali, senza chiedere la cessazione delle guerre (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

E allora, la revoca di status di candidato all'Unione europea è la risposta che l'Italia deve dare nel Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre. Lei ha incredibilmente sorvolato sul punto, mettendo in campo la retorica del “non vendiamogli armi”, che peraltro voglio vedere come farete nei confronti di un Paese NATO. Ma in Europa ci siamo noi, l'Europa non può finanziare un nano travestito da sultano, che sogna l'Impero ottomano, ma soprattutto, ahimè, che cerca di realizzarlo con i soldi dell'Europa, perché noi non finanziamo chi ci odia e chi ci vuole vedere morti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE (IV). Grazie, signora Presidente. C'è una domanda, signor Ministro degli Esteri, che serpeggia tra le macerie e il dolore che in questo momento sta attraversando il nord della Siria. E questa domanda drammatica - che coinvolge in primo luogo le popolazioni civili e le valorose organizzazioni che hanno combattuto in prima linea Daesh, a partire dallo YPG - è se, dopo questa aggressione militare, lo Stato islamico possa rinascere.

È una preoccupazione seria, che viene alimentata anche dalla ripresa di una cosiddetta instabilità, ma in realtà dalla ripresa di un conflitto armato che vede già un cambio di alleanze molto profondo all'interno di quello scenario, visto il ritiro delle truppe statunitensi che avevano utilizzato anche la forza curda come fanti nella battaglia contro Daesh.

Ecco, questa domanda, secondo me, dev'essere una di quelle che noi porremo nelle sedi internazionali e che ci possa portare immediatamente a considerare questo non solamente un gravissimo atto, come anche lei ha correttamente ricordato, di violazione della legalità internazionale ma, soprattutto, una barbarie nei confronti delle popolazioni civili e anche una concreta minaccia all'equilibrio e alla pace nel mondo, come anche una concreta minaccia alla sicurezza dei nostri cittadini. Il fatto che siano già scappati molti terroristi detenuti all'interno dei campi siriani sotto il controllo curdo, non può essere un elemento che possa essere in alcun modo sottovalutato. Ce n'erano circa 11 mila, di cui 2 mila foreign fighters di circa 50 nazionalità diverse, e alcuni di questi probabilmente spalleggiati - e, anzi, sicuramente gli hanno aperto la strada le truppe turche - hanno compiuto un omicidio di stampo mafioso - oserei dire, conoscendo la brutalità che contraddistingue questa metodologia - nei confronti di Hevrin Khalaf. La prima vittima è stata individuata in una donna curda che voleva la pace ed è stato questo l'elemento e la figura iconica che in questo momento può riassumere il dramma di quella terra: si va a colpire chi vuole la pace.

E, allora, c'è un tema che riguarda la protezione dei civili e i necessari interventi che devono servire per la loro messa in salvo e c'è un problema che riguarda, però, la scaturigine di questa azione. Noi non possiamo saltare a piè pari i curdi che stanno dall'altra parte, perché se c'è stata un'aggressione nei confronti dei curdi siriani è perché c'è un'aggressione sistematica da molti anni nei confronti dei curdi turchi, anche perché in Turchia è proibito anche parlare in quella lingua, nella loro lingua, e il popolo curdo è un popolo più volte tradito (40 milioni di persone, 40 milioni di un popolo senza patria).

E, allora, noi dobbiamo intendere, anche attraverso questo tipo di interventi, quale sia anche la determinazione politica e militare del Presidente Erdogan, il quale ha una crisi non solo di consenso ma ha una crisi economica all'interno del proprio Paese. Io sono per ricostruire un ragionamento e il ragionamento è che il nazionalismo, sia esso di stampo islamista sia esso di altra natura, cova quelle che sono le più grandi tragedie che abbiamo conosciuto nel corso del secolo e questo nazionalismo esasperato si alimenta dell'aggressione nei confronti di una minoranza proprio perché deve rafforzare le sue bandiere, che pure sventolavano al centro di Ankara o anche in Germania dove alcuni transitavano in caroselli agitando la bandiera turca dopo che c'era stata l'invasione. Non sottovalutiamo la minaccia sempre costante di un'ideologia che è quella del nazionalismo - ripeto - sia esso di natura laica o islamista, perché è la stessa che ha fondato anche lo Stato islamico ed è questo il principale punto di preoccupazione sul quale il nostro Paese deve intervenire.

Dobbiamo fare politica, signor Ministro, dobbiamo, come ha giustamente detto lei, interrompere le forniture di armi ma dobbiamo anche chiedere che vi sia il rigoroso rispetto di quelli che sono i principi democratici. Io non sono - e il nostro gruppo non è - per buttare fuori dallo status di candidato la Turchia rispetto all'Unione europea, perché c'è una Turchia democratica e una parte di essa è anche in carcere e voglio qui ricordare il leader curdo Demirtash, che è una persona incarcerata per le sue idee (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva, Partito Democratico e Liberi e Uguali). C'è una Turchia democratica che vince con Imamoglu a Istanbul, ribaltando quella che era la culla anche del potere islamista e confessionale di Erdogan, e c'è una Turchia a cui noi dobbiamo parlare e non lo possiamo fare solamente con la chiusura. Chiusura sì nei confronti di quel Governo che alimenta e costituisce sempre di più una minaccia per la pace mondiale e per quelli che sono gli uomini e le donne di quel territorio, ma uno sguardo aperto nei confronti di un Paese che non è solo il secondo esercito della NATO ma è anche un importante bacino economico e culturale al quale dobbiamo guardare e non dobbiamo farci prendere da nessuna tentazione ideologica di associarlo a una sorta di islamofobia che non ci appartiene.

Noi dobbiamo essere contro Erdogan, contro quel Governo, contro chi sta utilizzando anche questa guerra per fini interni di consenso. Questo dobbiamo essere e non contro un popolo (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). Noi siamo amici dei popoli e dovremo sempre costruire le condizioni - e ho finito, Presidente - perché la liberazione dei popoli, soprattutto quando insorgono come hanno fatto i patrioti curdi, sia la nostra stella polare. La nostra Costituzione è la liberazione (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva, Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palazzotto. Ne ha facoltà.

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, la Carta sociale del Rojava - così si chiama la Costituzione che si sono dati in quel territorio nella Siria del nord per gestire e autogovernare un territorio liberato dalla barbarie del Daesh, del terrorismo - è un modello di democrazia straordinario, reso ancora più straordinario dal contesto in cui è stato instaurato, cioè il contesto di una guerra civile e il contesto della minaccia terroristica. Questo modello di democrazia si chiama “confederalismo democratico” e si fonda sull'elaborazione di una delle figure più rappresentative del popolo curdo, Abdullah Öcalan, che si trova oggi in carcere privato di tutti i diritti e le garanzie previste dalle convenzioni internazionali sui diritti umani, da solo sull'isola di Imrali.

È un modello che è stato promosso dai curdi e che è stato capace di garantire la convivenza pacifica tra popoli di diverse etnie e matrice religiosa: arabi, turcomanni, yazidi, cristiani, musulmani, ebrei, fondato su un'idea di democrazia integrale che tutela le minoranze e garantisce la parità assoluta di genere. Ogni autorità dei cantoni del Rojava è governata da un co-presidente uomo e da una co-presidente donna. Le donne del Rojava sono libere, libere di indossare un velo o di non farlo in base alla loro tradizione culturale e religiosa, libere di sposarsi o di scegliere diversi uomini, libere di imbracciare un fucile e difendere la propria libertà e, con questa, quella dei loro popoli.

I curdi, signor Ministro, sono un'anomalia della storia. Sono passati più di cento anni dagli accordi di Sykes-Picot, dal giorno in cui le potenze occidentali decisero di negargli il diritto ad avere uno Stato e li condannarono a subire ogni forma di persecuzione e di violenza. Eppure, non solo sono ancora lì a rivendicare il loro diritto a essere popolo, a essere nazione, ma lo fanno dando al mondo intero una lezione di dignità, di coraggio e di umanità. Non rivendicano più uno Stato ma forme di autogoverno dei popoli all'interno degli Stati esistenti. Sono i primi a battersi, in questo contesto, per l'integrità della Siria e soprattutto per il processo di transizione democratica in quel Paese.

Ma, signor Ministro, non è solo per il debito di riconoscenza che noi dobbiamo a questi uomini e queste donne, alle donne e agli uomini che hanno perso la vita nella resistenza di Kobane e nella riconquista di Raqqa; non è solo per le comandanti e i comandanti dello YPJ e dello YPG che hanno sconfitto sul terreno il terrorismo islamico del Daesh, la minaccia terroristica, che noi dobbiamo, in questo momento, fare la nostra parte nel difendere quell'esperienza e nel difendere i curdi nel nord della Siria, ma è anche per un'assunzione di responsabilità rispetto a quello che questa offensiva militare rappresenta.

Dall'altra parte ci sono le nostre responsabilità su quello che non abbiamo voluto vedere; il fatto che la comunità internazionale abbia chiuso gli occhi, in questi anni, davanti alla deriva autoritaria di un Paese come la Turchia, scivolata lentamente dentro una dittatura.

Abbiamo chiuso gli occhi mentre Erdogan incarcerava i leader politici dell'opposizione e, da quest'aula, io voglio ribadire la solidarietà a Selahattin Demirtaş e a Figen Yüksekdağ (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali), copresidente del Partito Democratico dei Popoli in Turchia, che sono stati condannati a più di 100 anni di prigione per il solo fatto di difendere l'idea di democrazia di cui erano portatori. Signor Ministro, noi ci troviamo davanti al fatto che la comunità internazionale ha chiuso gli occhi, in questi anni, mentre la Turchia si trasformava in una piattaforma logistica per i miliziani dell'ISIS, e mentre i giornalisti coraggiosi come Can Dundar, il direttore di Cumhuriyet, viene incarcerato perché pubblica le prove del trasporto da parte delle Forze armate turche delle armi da destinare all'ISIS, la comunità internazionale continuava a far finta di niente; abbiamo sottoscritto accordi sulle migrazioni, continuato a trasferire fondi, ciò permettendo di restare sotto il ricatto di un dittatore come Erdogan.

In tutto questo, oggi in gioco c'è qualcosa di più di un semplice conflitto dove noi abbiamo il dovere di evocare la pace; oggi in gioco c'è il ruolo del diritto internazionale, nel momento in cui uno Stato può permettersi un'azione unilaterale, non concordata, di invasione di un altro Stato senza che questo determini una pronunciazione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, né della NATO, di cui la Turchia è Paese membro. Anche su questo dovremmo interrogarci, perché, signor Ministro, in questo momento, l'idea che la Turchia ha rispetto alla Siria è la trasposizione di quello che sta accadendo dentro i suoi confini: l'idea è quella di un genocidio del popolo curdo, che sta da anni pagando un prezzo altissimo per l'idea del nazionalismo turco, che gli ha vietato, come veniva detto, anche la lingua. Ma vi è anche un'idea di sostituzione etnica, che è quello che sta avvenendo in Turchia, dove vengono presi cittadini da altri città di origine turcomanna e di origine araba e vengono trasportati nelle città a maggioranza curda. È quello che vuole fare oggi il Presidente Erdogan, in maniera dichiarata e pubblica, nella Siria del nord, riportando lì non solo i profughi siriani che si trovano oggi nei campi in Turchia, ma anche i miliziani dell'ISIS che si trovano nei campi in Turchia e che sono prigionieri nelle prigioni che hanno costituito i curdi, perché anche questo ci hanno raccontato. Oggi sono più di 12 mila i miliziani dell'ISIS, di cui almeno 2-3 mila foreign fighters, alcuni con passaporto europeo, che sono prigionieri nelle carceri dei curdi, ed è esattamente la loro liberazione che Erdogan sta perseguendo, perché quelle sono forze armate che si possono utilizzare dentro il conflitto siriano così come ha fatto Erdogan durante la prima offensiva su Afrin l'anno scorso. Anche lì abbiamo chiuso gli occhi, cioè sul fatto che ad Afrin c'erano i miliziani jihadisti, che andavano ad uccidere le donne e i bambini nei villaggi: quelle immagini noi le abbiamo ignorate per troppo tempo.

Quindi, signor Ministro, io la ringrazio oggi per aver espresso parole chiare rispetto alla condanna da parte del nostro Paese ed avere avviato la sospensione delle forniture di armamenti nei confronti della Turchia. Ci sono però delle cose che noi dovremmo provare a fare per dare all'Italia un protagonismo dentro questa vicenda e riassumere anche un'autonomia.

È vero che noi siamo dentro un quadro di alleanze, ma è anche vero che dentro quelle alleanze dobbiamo far sentire la nostra voce. Allora bisogna chiedere immediatamente la convocazione del Consiglio della NATO e, dentro quella sede, ridiscutere la missione Active Fence: l'idea che noi possiamo difendere la frontiera della Turchia con la Siria, che sta subendo un'invasione, è un'idea che va contro i principi anche dell'alleanza. Dobbiamo essere promotori di una forza di interposizione sul modello in UNIFIL, come è stato in Libano, all'interno dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Dobbiamo lavorare perché l'Europa dichiari un embargo totale di fornitura di armamenti, perché le armi nostre, come quelle europee, non possono essere utilizzate per azioni come quella in corso.

PRESIDENTE. Concluda.

ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Chiudo, Presidente. Dobbiamo mandare aiuti umanitari sul campo e dobbiamo sospendere i trasferimenti economici dell'Unione europea, a qualsiasi titolo, nei confronti della Turchia, dimostrando anche che non abbiamo paura dei ricatti del sultano (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali, Partito Democratico e Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rossini. Ne ha facoltà.

EMANUELA ROSSINI (MISTO-MIN.LING.). Ministro, ho solo due minuti, quindi sarò molto diretta sulle cose da dirle. Mi preoccupa molto il modo in cui stiamo reagendo come Italia e come Paesi europei, perché dobbiamo chiederci che cosa crea la condanna di un Paese: il rischio è di isolarlo. Noi stiamo già scivolando in uno schema di guerra, perché le guerre si fanno inizialmente sempre con le parole. Stiamo già scivolando in uno schieramento di condanna che rafforza la creazione di uno schieramento che supporta la Turchia. La strada è vecchia: dobbiamo cambiare strada come Unione europea. Le guerre nascono quando i Paesi non si siedono più al tavolo, quando non si riconoscono più. Noi non dobbiamo assentarci, non dobbiamo mancare agli appuntamenti, ma dobbiamo esserci, dobbiamo andare in Turchia. Il popolo turco non può essere lasciato in mano a un pensiero unico e a un'ideologia, perché è l'unica speranza che anche i dittatori non vengano più eletti: questo è un grande rischio, quindi, il 15 e il 17 noi dovremmo esserci. Utilizziamo non i tweet, non le sanzioni, ma utilizziamo le persone: vada a incontrare, con una delegazione europea, Erdogan. Noi non possiamo permetterci di creare oggi degli schieramenti perché il rischio vero è che si allarghi un conflitto. Usiamo le persone e anche i soldi agganciamoli sempre alle politiche: no al dare i soldi, che chissà come li hanno utilizzati anziché per i campi profughi. L'Europa deve esserci su quei campi, con la nostra cooperazione, e deve lavorare insieme alla Turchia, perché noi dobbiamo portare, con i soldi, politiche e costruirle insieme. Dobbiamo cambiare strada. Il dialogo deve esserci quando è difficile fare il dialogo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Signor Presidente, signor Ministro, bisogna fermare questa guerra ingiusta che ha già provocato vittime tra i civili. Credo che questo sia, signor Ministro, al di là dei toni e delle osservazioni, il giudizio unanime che viene da questo Parlamento, che sostiene, quindi, in maniera forte la posizione dell'Italia nelle comunità internazionali. Questa guerra ha provocato un nuovo esodo, drammatico quanto gli esodi precedenti. Ricordo solo i numeri, perché i numeri, che rappresentano persone, storie e facce, valgono più delle parole: 500 mila morti nel conflitto siriano; 5,6 milioni di profughi registrati; 6 milioni di sfollati interni, di cui 2,5 milioni di bambini. Questo è quello che è accaduto in quella nazione e in quel luogo che ancora è coinvolta: la Siria. Secondo punto, signor Ministro: la diplomazia non è propaganda, la diplomazia è realista, ma la diplomazia non è mai timida. Qui riprendo le parole e le domande reali, concrete, forti del collega Giorgetti: non possono esserci parole timide, ma devono esserci posizioni chiare, q questo punto, da parte di ONU, NATO e UE. In questi luoghi, in queste istituzioni siamo fondatori e protagonisti: qual è la posizione che noi portiamo da protagonisti e con forza, senza infingimenti, in quei luoghi? Non possiamo accettare i ricatti, le minacce di una nazione come quella turca. Ha già tentato, la nazione turca, di minacciare questo Parlamento e questo Parlamento ha risposto in maniera chiara quando abbiamo approvato all'unanimità una mozione che riconoscesse l'eccidio armeno.

La stessa cosa dobbiamo fare per andare in questa direzione. Non esistono minacce, le guerre si fermano e si fermano con il ruolo forte dell'Unione Europea. Vado verso la conclusione.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Lupi.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Mi permetta un “nota bene” sul ruolo del Ministro degli esteri e sul ruolo della politica estera. Signor Ministro, lei è stato Vicepresidente della Camera, adesso è Ministro e sa bene che il Ministro degli esteri e la politica estera, al di là di chi la interpreta, devono rappresentare, mi auguro all'unanimità, l'intero Paese. E il Parlamento è fondamentale, signor Ministro e signor Presidente, in questo luogo: il dialogo con il Parlamento, il sostegno continuo al Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale in particolare, deve avvenire nell'ambito del Parlamento.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Lupi.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Ecco, io credo, signor Presidente, che fa le funzioni del Presidente, ma signor Presidente della Camera, Presidente Carfagna, che - lo dico a lei, signor Ministro degli esteri - sia inaccettabile che lei, per la prima volta, sia venuto in questo Parlamento, a causa del dramma che è successo, e che non sia ancora arrivato in Parlamento, nelle Commissioni riunite di Camera e Senato, a svolgere la sua relazione e a confrontarsi con il Parlamento e con le Commissioni esteri proprio su questi fatti. Vede, addirittura lei ha chiesto…

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Lupi.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Concludo, però potrei svolgere su questo un intervento sull'ordine dei lavori che dispone di cinque minuti, ma lo collego all'intervento che abbiamo svolto, proprio perché il mio auspicio è lavorare insieme, senza timidezza nella politica estera.

Non è accettabile che lei venga nelle Commissioni riunite il 13 novembre! Ci sono precedenti negli ultimi 10 anni, e potremmo andare a 50 anni addietro, in cui non esiste nessun Ministro che sia andato a relazionare e confrontarsi con le Commissioni dopo 10 settimane. Faccia un gesto significativo, importante: anticipi, proprio per quello che siamo qui a fare, questa audizione alle Commissioni riunite, ed allora sarà un piccolo segnale, indipendentemente da quello che noi ovviamente pensiamo del suo ruolo, di come lo svolge, eccetera, di ricerca di quel consenso che è necessario, sempre senza timidezza e con forza, in politica estera (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Signora Presidente, Ministro, colleghi, di fronte alla strage di diritto e di esseri umani a cui stiamo assistendo, non possiamo che unirci alla condanna di questo Parlamento e del nostro Governo. Ma nel pochissimo tempo a disposizione vorremmo anche rivolgere un invito ad una maggiore responsabilità, lucidità e a una minore ipocrisia nelle ricostruzioni. È stato chiesto e detto giustamente che l'Europa parli con una sola voce; ma l'Europa ha parlato con una sola voce nel marzo del 2016, quando ha stipulato un accordo con la Turchia di Erdogan affinché quel Paese bloccasse il flusso di profughi.

L'Europa e i Paesi europei hanno abdicato ai valori di democrazia e di libertà, delegando a uno Stato autoritario il controllo delle proprie frontiere; e questo è avvenuto con l'assenso politico della stragrande maggioranza delle forze politiche del nostro Paese, anche di quelle rappresentate attualmente in questo Parlamento, perché quella era la risposta che l'Europa dava alla richiesta di quegli Stati nazionali che la accusano di lasciarli soli di fronte alla questione delle migrazioni e del controllo dei flussi migratori. Questa questione è strettamente collegata a quello che avviene in questo momento nella Siria del Nord, oltre che ad un utilizzo sul fronte della politica interna da parte di un Erdogan indebolito.

Ora, Ministro, Governo, che cosa sarà di quell'accordo? Sui 6 miliardi che dovevano essere dati alla Turchia solo circa la metà sono stati effettivamente erogati. A questo bisogna dare una risposta! O forse quegli Stati che salutavano quell'accordo, che sono gli stessi che impediscono un sistema d'asilo europeo, dovrebbero porsi delle domande, e quelle forze sovraniste.

Bene, e vado a concludere: Ministro Di Maio, si faccia rapidamente la verifica e si prendano decisioni sui contratti in essere per la fornitura di armamenti dei quali il nostro Paese è uno dei principali esportatori in Turchia. E infine, Ministro, lei ha unificato le deleghe degli affari esteri e del commercio estero: ecco, forse anche su quel fronte, visto che la Turchia è uno dei maggiori partner del nostro Paese a livello commerciale, in accordo con gli altri Paesi europei si può fare molto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-+Europa-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tasso. Ne ha facoltà.

ANTONIO TASSO (MISTO-MAIE). Presidente, Ministro Di Maio, sono note a tutti le minacce del Presidente della Turchia Erdogan di aprire le porte ad oltre 3 milioni e mezzo di rifugiati siriani ed inviarli da noi, noi inteso come Europa, qualora l'Unione europea stessa non dovesse tacere - non dovesse tacere, addirittura: guardate che intimazione! - sull'aggressione militare al territorio chiamato Kurdistan siriano.

La cosa paradossale è che queste minacce arrivano da quella stessa Turchia che riceve dall'Unione Europea un bel po' di contributi economici per far sì che vengano resi concreti quei requisiti per permettere l'ingresso nell'Unione Europea stessa. Ed ancora e soprattutto, i 3 miliardi di euro per gestire i campi profughi, e quindi bloccare l'arrivo dei migranti in Europa. Francamente, alla luce di tutto questo, non mi pare un gran risultato dell'Unione europea.

In tema di migranti, mi permetto una piccola digressione: ci sarebbe da sottolineare questo grosso sforzo economico verso Ankara da parte appunto dell'Unione europea, mentre nei confronti dell'Italia, pur con i progressi recenti dell'incontro di Malta, le azioni in relazione a questo problema sono ancora molto tiepide. Ma, come ho detto, questa è una digressione, se ne riparlerà in altra sede.

Quello che mi permetto di dire, con decisione e con forza, è che la sciagurata azione della Turchia, la cui titolazione, operazione “Primavera di pace”, è in netto contrasto con la realtà dei fatti, rischia di creare (e lo si sta vedendo in questi primi giorni di conflitto) gravi danni: danni soprattutto umanitari, sanitari, con decine di vittime e centinaia di migliaia di curdi in fuga. E poi tra l'altro - lo ha ricordato lei, Ministro Di Maio - la recrudescenza nella guerra al Daesh, perché i sanguinari combattenti…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANTONIO TASSO (MISTO-MAIE). Concludo, Presidente, dell'ISIS sono stati sconfitti ma non sono scomparsi, e questo della Turchia purtroppo potrebbe rivelarsi per loro un assist insperato, andando a colpire proprio i curdi che rappresentano i principali protagonisti della loro sconfitta.

Concludo, Ministro Di Maio, persegua con forza e decisione quanto dichiarato oggi e noi saremo al suo fianco (Applausi dei deputati del gruppo Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente.

Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 14.

La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 11,20, è ripresa alle 14.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati De Maria e Scoma sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente novanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,05).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento. Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 14,25.La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 14,25.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Carla Cantone. Ne ha facoltà.

CARLA CANTONE (PD). Grazie Presidente, io intervengo per quello che è avvenuto stamattina: si sono rotte le trattative nell'incontro sulla vertenza Whirlpool e la cosa è gravissima, perché la vertenza della Whirlpool si è bloccata e si è fermata per una grave responsabilità dell'azienda stessa, la quale, a un certo punto, ha deciso che non aveva più intenzione di continuare la discussione.

L'atteggiamento dell'azienda dimostra di non avere nessuna voglia di risolvere il problema. Lo sta sostenendo, seppur non a parole, ma con l'atteggiamento, da mesi e questo è inaccettabile.

Eppure, la Whirlpool è un'azienda che da anni è al centro di ristrutturazione e abbiamo sempre dimostrato anche la volontà di trovare le soluzioni, come hanno fatto i sindacati confederali e di categoria; ma l'azienda niente, non dimostra nessuna sensibilità, né verso i lavoratori e le lavoratrici né verso chi ha sostenuto la sua produzione, a partire dai lavoratori di Napoli, disponibili a fare dei sacrifici non da poco, pur di tenere aperta l'azienda.

La rottura di questa mattina dimostra che non vuole risolvere il problema; anzi, non che non vuole, che proprio non gli interessa nulla e in questo modo - e la Whirlpool lo sa e questo è grave - ci saranno 400 famiglie senza reddito, 400 fra lavoratori e lavoratrici senza lavoro, in una realtà come quella di Napoli.

Eppure il Governo, anche questa mattina, si è adoperato, anche con il Presidente del Consiglio, per trovare una soluzione.

Bene hanno fatto, e hanno tutta la nostra solidarietà, FIOM, FIM e UILM a dichiarare la continuità della mobilitazione, di inasprire la lotta, perché non possono essere come sempre i lavoratori e le lavoratrici a pagare questo prezzo.

Il PD è al fianco di questi lavoratori e lavoratrici, perché non possono essere lasciati soli e noi non li lasceremo soli.

Credo che debba essere però tutto il Parlamento a muoversi, a farsi carico di questo problema, per impedire all'azienda di andarsene senza accettare una minima discussione, senza accettare il confronto al fine di trovare una soluzione.

Troppi disoccupati: non va bene. Abbiamo già tanti problemi nel Mezzogiorno, abbiamo già tanti problemi a Napoli e non possiamo permetterci di perdere la Whirlpool. Troppe aziende in crisi, occorre evitare questo disastro.

L'atteggiamento della Whirlpool a Napoli e in altri territori è, quindi, per noi inaccettabile. Occorre ripristinare il tavolo, riprendere il tavolo, sedersi attorno a un tavolo e rispettare l'impegno.

Impegniamo, quindi, tutti i Ministri: dell'economia, del lavoro…

PRESIDENTE. Chiedo scusa, collega Cantone…

CARLA CANTONE (PD). Ho finito, mi lasci dire solo questo, è troppo importante…

PRESIDENTE. Bene, la ascolto volentieri, la ascoltiamo volentieri tutti insieme.

CARLA CANTONE (PD). …perché abbiamo bisogno di discutere anche in quest'Aula la posizione e le condizioni di quei lavoratori che vivono perché è aperta la Whirlpool, questo è il problema; è un problema di tutti, non solo del PD (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Benissimo, questo è appunto l'oggetto che qualifica l'intervento sull'ordine dei lavori: la richiesta di dare notizie da parte del Governo sulla vicenda trattata.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare al seguito dell'esame del disegno di legge 1939-A: Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare (“legge SalvaMare”).

Tuttavia, nell'odierna riunione la Commissione bilancio, al fine di poter esprimere il prescritto parere, ha richiesto al Governo la relazione tecnica sul provvedimento, anche alla luce delle modifiche apportate in sede referente.

Tenuto conto dei tempi per la predisposizione della predetta relazione tecnica, il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato alla prossima settimana e sarà iscritto all'ordine del giorno a partire dalla seduta di martedì 22 ottobre, dopo il seguito dell'esame del decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica.

Seguito della discussione delle mozioni Noja, Penna, Carnevali, Muroni ed altri n. 1-00243, Lollobrigida ed altri n. 1-00262, Versace ed altri n. 1-00263 e Locatelli ed altri n. 1-00264 concernenti iniziative per la lotta alle discriminazioni nei confronti delle donne con disabilità (ore 14,32).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Noja, Penna, Carnevali, Muroni ed altri n. 1-00243, Lollobrigida ed altri n. 1-00262, Versace ed altri n. 1-00263 e Locatelli ed altri n. 1-00264, concernenti iniziative per la lotta alle discriminazioni nei confronti delle donne con disabilità (Vedi l'allegato A).

Ricordo che nella seduta di lunedì 14 ottobre 2019 si è svolta la discussione sulle linee generali.

Avverto che è stata testé presentata una nuova formulazione della mozione Noja, Penna, Carnevali, Muroni ed altri n. 1-00243 (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha facoltà di intervenire, esprimendo altresì il parere sulle mozioni presentate.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Mi scusi, mi è arrivata la riformulazione ora. Grazie, Presidente. È molto importante che il Parlamento si occupi di un tema così rilevante come quello della discriminazione nei confronti delle donne con disabilità. Le mozioni presentate, tutte, ci pongono l'urgenza di recepire i contenuti presenti nella risoluzione del Parlamento europeo che pone l'attenzione sul tema della discriminazione multipla, invitando la Commissione e gli Stati membri ad intervenire per contrastare la situazione di discriminazione vissuta dalle donne con disabilità derivante non solo dagli ancora troppo diffusi pregiudizi, ma anche da difficoltà spesso insormontabili provocate dall'inadeguatezza dei servizi e dall'inaccessibilità delle strutture.

Sono, dunque, necessari ulteriori interventi normativi pieni e integrati e la predisposizione di misure destinate alla formazione delle autorità pubbliche per consentire a tutte le donne con disabilità di vivere sicure e con piena garanzia del diritto alla salute, al lavoro, all'autodeterminazione.

Esprimo dunque parere favorevole alle premesse e agli impegni della mozione a prima firma dell'onorevole Noja.

Per quanto riguarda le successive mozioni, esprimo parere favorevole, ma con specifiche richieste di stralci o riformulazioni.

Per quanto riguarda la mozione a prima firma dell'onorevole Lollobrigida, esprimo parere favorevole con la richiesta di stralcio nelle premesse, nel quattordicesimo capoverso, dalle parole: “malgrado tali premesse, la variabile di genere, associata alla condizione (…)” fino alla fine del paragrafo: “dell'alienazione correlata;” e propongo una riformulazione del punto 5 nel modo seguente…

PRESIDENTE. Chiedo scusa, Ministro. Per stralcio si intende soppressione.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Sì. Al punto 5 del dispositivo, invece, chiedo la riformulazione nel seguente modo: “ad assumere iniziative per assicurare che le donne disabili ricevano tutte le informazioni utili per sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria nel caso siano vittime di violenza o discriminazione e, nell'ambito dell'attuazione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, che siano individuate tutte le azioni atte a rispondere adeguatamente alle specificità ed esigenze delle donne con disabilità vittime di violenza sia nella fase della denuncia che nel successivo iter di presa in carico e dell'assistenza, della cura e del pieno recupero della persona”.

Per quanto riguarda la mozione a prima firma dell'onorevole Versace, esprimo parere favorevole con la riformulazione dei punti 7 e 9 del dispositivo. Il punto 7 va riformulato nel seguente modo: “a valutare l'opportunità di assumere iniziative per prevedere specifici contributi al fine di facilitare l'inserimento lavorativo delle atlete paralimpiche che si siano distinte per meriti sportivi di livello nazionale ed internazionale”. Al punto 9 si chiede di aggiungere all'inizio del punto: “a valutare l'opportunità di assumere iniziative concrete volte a” e a seguire, invece, mantenere il punto così come formulato.

Per quanto riguarda la mozione a prima firma dell'onorevole Locatelli, esprimo parere favorevole sempre con la riformulazione del punto 5 nel seguente modo: “a valutare l'opportunità di prevedere indicatori per la valutazione dell'impatto delle iniziative adottate e delle relative risorse stanziate, in modo da orientare le future strategie di intervento” e la con riformulazione del punto 9: “a valutare l'opportunità di adottare iniziative finalizzate a tutelare la piena libertà di scelta delle donne con disabilità, anche in ambito sanitario, sradicando ogni forma di coercizione e prevedendo, all'interno delle strutture, personale preposto a garantire la loro autodeterminazione, in grado di fornire le necessarie informazioni con le forme e le modalità adeguate in base alle diverse tipologie di disabilità”.

Sull'ordine dei lavori.

SIMONE BALDELLI (FI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio, Presidente. Solo per una sottolineatura, neanche troppo polemica in realtà…

PRESIDENTE. Quindi, sull'ordine dei lavori, suppongo.

SIMONE BALDELLI (FI). Sul disordine dei lavori, Presidente, della nostra Assemblea, che ormai regna sovrano. Noi abbiamo rinviato per assenza di pareri la cosiddetta “legge SalvaMare”; mi auguro che nel frattempo il mare trovi le risorse, il coraggio e l'entusiasmo per salvarsi da solo, perché, se dovessimo aspettare tutte le volte le relazioni tecniche del Governo, andremmo incontro a problemi molto grandi. In realtà, Presidente, questa è una norma che è sostanzialmente condivisa, per cui lo dico approfittando di questo caso, e così come l'ho detto in precedenza torno a ribadirlo in questa occasione, Presidente: noi abbiamo norme che inevitabilmente hanno delle ricadute, anche dal punto di vista degli emendamenti, sugli equilibri di finanza; a maggior ragione adesso che ci avviamo ad entrare nella cosiddetta sessione di bilancio, a questo dovremmo fare ancora più attenzione.

Credo che dovremmo fare molta attenzione, visto che l'istituto della programmazione dei nostri lavori ha un senso se poi viene mantenuta la programmazione dei nostri lavori; se, invece, la programmazione dei nostri lavori salta, perché non si è in grado di avere gli strumenti per valutare le ricadute finanziarie di emendamenti o di proposte di legge che magari arrivano anche con un contenuto condiviso all'attenzione dell'Assemblea, e questo lo si scopre nel giorno in cui vengono esaminate, come da calendario, Presidente, credo che questo sia qualcosa che noi dovremmo cercare di evitare in maniera sistematica, cioè dovremmo prevenirlo, anziché affrontarlo con la consueta rassegnazione. Ci aggiungo un ulteriore elemento, Presidente: noi in questa sorta di calendario sperimentale ci siamo imposti, a differenza di quello che succedeva molti anni fa - i colleghi di più lungo corso lo sanno - di cominciare l'Aula addirittura il martedì alle 14, per portarci avanti rispetto a chissà quali provvedimenti. Ecco, noi abbiamo cominciato l'Aula oggi alle 14, dando i venti minuti; passati i venti minuti, abbiamo rinviato un provvedimento su cui non c'è la valutazione della Commissione bilancio sul testo e sugli emendamenti. Adesso faremo delle mozioni e finiremo alle 16,30, se proprio la vogliamo mandar lunga, per sospendere i nostri lavori e riprenderli domani pomeriggio, dopo il question time, con gli interventi sulle comunicazioni del Governo sul Consiglio europeo. Allora, Presidente, anche lì, cerchiamo di aggiustare questo calendario con buonsenso. Poi la Presidenza e la Conferenza dei presidenti di gruppo faranno le loro valutazioni, però cerchiamo di rispettare la programmazione e di fare degli orari di Aula che permettano alle Commissioni di poter lavorare con più tranquillità e, magari, all'Assemblea di poter lavorare effettivamente quando sono previsti gli orari di votazione in Assemblea.

Questo nell'economia generale e per il buon senso di tutti, seppure è un Parlamento che, votando la riduzione del numero dei parlamentari, ha già deciso che una buona parte della presenza di colleghi qui dentro forse è inutile e qualcuno comincerà già da fuori a gridare a questa delegittimazione, finché ci siamo e finché siamo in carica cerchiamo di fare il nostro lavoro con un minimo di coerenza e nel miglior modo possibile (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente e di deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Anzitutto, diciamo che tecnicamente il suo era più un richiamo al Regolamento che non un richiamo sull'ordine dei lavori. Avevamo già trattato questo argomento, però devo dire che siamo stati noi qui a non riuscire a vedere la sua richiesta di intervento e, quindi, ben volentieri abbiamo ascoltato le sue considerazioni. Noto che di fatto praticamente ha annunciato l'ordine del giorno di domani, che sarà corretto perché nella sua ricostruzione c'erano delle inesattezze ma, domani mattina, cominceremo comunque i lavori sulle insindacabilità già dalle ore 11.

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per alcune precisazioni il Ministro Bonetti. Prego. C'era una correzione di rotta su un parere?

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. In realtà, non avevo un'ulteriore precisazione se non, nel confermare la richiesta di stralcio dalla mozione a prima firma dell'onorevole Lollobrigida, nella precisazione del numero del capoverso perché è il diciassettesimo e non il quattordicesimo della premessa, come avevo indicato. Lo leggo interamente per chiarezza: “malgrado tali premesse, la variabile di genere, associata alla condizione di disabilità rappresenta un elemento trascurato e posto ai margini dell'attenzione pubblica, che alimenta - in assenza di una specificità normativa - una persistente discriminazione multilivello che relega le donne e le minori disabili ad una sorta di limbo sociale e legislativo su cui l'attenzione politico-istituzionale appare vistosamente carente, con la conseguenza di un incremento del disagio e dell'alienazione correlata”. Questa è la parte che ho chiesto di eliminare nelle premesse.

PRESIDENTE. Se può chiarire, visto che ci siamo, anche la riformulazione relativa al quinto impegno.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Sempre della stessa mozione?

PRESIDENTE. Sì, sempre della stessa mozione.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Rileggo la richiesta di riformulazione: “ad assumere iniziative per assicurare che le donne disabili ricevano tutte le informazioni utili per sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria nel caso siano vittime di violenza o discriminazione e, nell'ambito dell'attuazione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, che siano individuate tutte le azioni atte a rispondere adeguatamente alle specificità ed esigenze delle donne con disabilità vittime di violenza sia nella fase della denuncia che nel successivo iter di presa in carico e dell'assistenza, della cura e del pieno recupero della persona”.

PRESIDENTE. Bene. Praticamente, c'è una totale sovrapposizione del testo che lei ha letto e quello della mozione. C'era qualcosa che non funzionava.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Sì, può essere che agli uffici sia arrivata una formulazione precedente e non aggiornata.

PRESIDENTE. Quindi, diamo per accertato il fatto che la mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00262 non ha subito alcuna riformulazione nel quinto impegno.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Giuseppina Occhionero. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (LEU). Grazie, signor Presidente e grazie alla collega Noja che ci ha concesso oggi l'opportunità grandiosa di discutere in quest'Aula di un tema fondamentale e delicato e che ha fatto sì che, attraverso il dialogo costruttivo di tutte le forze politiche, si sia arrivati ad una mozione equilibrata che trova oggi chiaramente il nostro consenso e che non può trovare critiche o dissenso. E, quindi, noi abbiamo aderito con grande entusiasmo e pubblicamente alla mozione raccogliendone interamente il suo significato pieno e gli obiettivi. Abbiamo più volte parlato in quest'Aula della condizione della donna in Italia e nel mondo e lo abbiamo fatto in un perimetro ampio e complesso quale è quello della violenza di genere, parlando spesso del femminicidio, ma poi l'abbiamo fatto anche nell'ambito del lavoro, dell'accesso al lavoro, delle discriminazioni e della parità di genere più nel complesso.

Attraverso la discussione abbiamo raggiunto anche obiettivi importanti; siamo riusciti a produrre normative che ci hanno fatto fare un passo avanti perché significative nell'ottica del miglioramento della condizione della donna. Ad esempio, mi riferisco allo stalking e alla ratifica della Convenzione di Istanbul, alle norme antiviolenza dei vari decreti e al codice rosso. Però tutto ciò non basta: molto resta ancora da fare e soprattutto nell'ambito del settore culturale. È sul terreno culturale che dobbiamo intervenire con tutte le nostre forze. Faccio una piccola riflessione: già il termine “femminicidio” in realtà contiene un piccolo rovesciamento di un paradigma culturale perché, con questa parola, non si indica solamente il delitto ma la matrice che lo genera. Infatti, per esempio, non è femminicidio l'assassinio di una donna durante una rapina o a seguito di un incidente stradale o per una lite condominiale ma il termine “femminicidio” porta in sé il germe dell'atto criminale che punisce la donna in quanto tale, che colpisce la donna perché vuole autodeterminarsi, perché vuole essere autonoma e protagonista della sua vita. Spesso la donna muore per mano di chi conosce, di un partner o di un ex-partner oppure di un corteggiatore violento che non accetta la decisione della donna stessa. Dunque, lo dico con forza, lo ribadisco qui dentro: è necessario fare un grande passaggio culturale. Vede, Presidente, essere donne è già difficile in questo mondo costruito dall'uomo: una società costruita dall'uomo è fatta su misura per l'uomo ed è difficile essere donna perché ancora oggi, ancora troppo spesso veniamo giudicate per l'abito che indossiamo, per l'accessorio che scegliamo, come se poi un abito più o meno eccentrico o un accessorio più o meno visibile possa essere il segno di una minore sensibilità o di una minore serietà. E se è già difficile essere donna in questo mondo, pensiamo a quanto sia ancora più difficile essere donna con una disabilità perché, se purtroppo tante volte la donna viene considerata un oggetto, la donna disabile viene considerata un oggetto difettoso e ciò è ignobile e non lo possiamo e non lo dobbiamo accettare. E, allora, se le donne già fanno fatica ad entrare nel mondo del lavoro, pensiamo a quanta fatica facciano in più le donne che hanno una disabilità…

PRESIDENTE. Chiedo scusa, deputata Occhionero, chiedo ai colleghi cortesemente non dico di prestare attenzione, ma sicuramente di fare silenzio. Chi ha necessità di dialogare con il proprio vicino di banco o con quello che sta al piano di sopra o al piano di sotto dovrebbe cortesemente allontanarsi dall'Aula. Lo può certamente fare altrove. Ci siamo? Colleghi, non mi fate fare l'appello nominale perché lo ritengo triste e poco gratificante. Quindi, chi sta parlando sa che non può farlo in Aula. Prego, collega Occhionero.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (LEU). Grazie, Presidente. E dicevo che, se già è difficile per una donna entrare nel mondo del lavoro, mi chiedo e rifletto su quanto sia ancora più difficile per una donna con disabilità accedere al mondo del lavoro e cercare di coniugare lavoro, famiglia, figli e disabilità. La sfida è importante, è complessa e per questo è necessario il nostro massimo impegno anche perché le donne con disabilità vivono un doppio svantaggio: quello dell'invisibilità, perché forse troppo poco si parla delle difficoltà delle donne con disabilità. È difficile accedere al mercato del lavoro; è difficile avere il rapporto con i servizi e con le istituzioni troppo spesso per le donne con disabilità ed è difficile addirittura pensare di avere un figlio come se poi la disabilità eliminasse la capacità di maternità. È necessario dunque che la politica si impegni ed è necessario che il nostro impegno sia così forte: la direzione avviata da questa mozione è quella giusta, secondo noi, per cercare di combattere le violenze duplici che vivono le donne con disabilità.

La ricerca VERA, dove VERA è un acronimo che significa violenza, emergenza, riconoscimento, attenzione, ci ha fornito alcuni dati interessanti: su 476 donne che hanno compilato il questionario, il 32,1 per cento ha ammesso di aver subito una violenza da parte del partner attuale o ex, di un familiare, di un conoscente o di uno sconosciuto, o anche da parte di un operatore, sì, di colui che avrebbe dovuto assistere la donna con disabilità. E se si analizzano le domande inerenti alle singole forme di violenza, vediamo che quelle più comuni sono, purtroppo, anche quelle più ignobili: l'isolamento, la segregazione, la violenza morale, psicologica e fisica, l'abuso e, addirittura, la privazione del denaro.

Ecco, di queste donne, 314 dichiarano di essere state vittime di questi reati, pari quindi al 66 per cento del totale. E mediamente, ciascuna di queste 314 donne ha subito quasi tre tipi di violenze diverse. L'80 per cento dei casi, in genere, vede l'aggressore una persona nota alla vittima e solo il 34,4 per cento delle donne con disabilità ha avuto il coraggio o la forza di reagire alle violenze. Sono invisibili, sono silenziose, perché spesso hanno paura di non essere credute, oppure di non essere addirittura considerate.

E allora dobbiamo intervenire e intervenire con forza, con passione, con grinta, con decisione. Dobbiamo intervenire per cercare di rispondere alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, dare seguito alla risoluzione del 29 novembre 2018 e cercare di capire che è necessario proprio partire dalle donne con disabilità per superare quel sistema di disuguaglianze che ci fa raggiungere l'obiettivo della parità di genere, perché è proprio partendo dalla parte più debole che si può cercare di ottenere il massimo risultato, attraverso l'eliminazione di tutte quelle forme di violenza e di disuguaglianza che ancora non ci fanno raggiungere la tanto aspirata parità di genere.

E allora noi dobbiamo produrre atti concreti, azioni mirate e dirette ad introdurre le donne con disabilità in tutti i settori, e mi riferisco all'istruzione, ai trasporti, alla sanità, alla tutela di tutti quei servizi essenziali. E dobbiamo farlo perché i 46 milioni di donne e di ragazze con disabilità che vivono nell'Unione europea stanno chiedendo il nostro aiuto. Di fronte a questo SOS, non possiamo rimanere indifferenti e dobbiamo agire. Ecco perché ringraziamo di nuovo la collega per averci dato la possibilità di aderire a questa mozione e, quindi, grazie (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali, Partito Democratico e Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Lisa Noja. Ne ha facoltà.

LISA NOJA (IV). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, Ministra, questa mozione parla di decine di migliaia di donne e ragazze. Parliamo di quasi 2 milioni di cittadine con disabilità, che sono esposte ogni giorno al rischio di subire una discriminazione particolarmente invasiva e odiosa, perché è multipla, ossia generata da due fattori: la disabilità e l'essere donna. Questi due fattori combinati insieme si espandono con un effetto moltiplicatore infinito nelle vite di queste donne e in ogni aspetto della loro quotidianità.

È una discriminazione che parte, talvolta, dalla stessa negazione del diritto delle donne con disabilità alla loro femminilità. Spesso la visione che si ha delle donne con disabilità è di eterne bambine o di esseri angelicati, senza una femminilità, senza una dimensione sentimentale e sessuale, senza una dignità al pari delle altre, quindi. Non si riconosce che le donne con disabilità hanno tutte le stesse aspirazioni delle altre donne: essere madri, essere mogli, avere una carriera appagante.

Avere consapevolezza della propria femminilità è estremamente difficile per tutte le donne, averla quando il proprio corpo non può rispondere ai parametri di perfezione imposti dalla nostra società è ancora più difficile.

Qualche mese fa, una star della televisione americana scrisse su Twitter che non poteva immaginare nulla di più triste di una donna attraente su una sedia a rotelle. Immaginate come possa sentirsi una ragazzina con disabilità che legge parole come queste. È anche per parole come queste che tante donne con disabilità hanno paura di non essere credute quando subiscono violenza (Applausi), perché dominare sessualmente una donna con disabilità è più facile, sia dal punto di vista fisico, che dal punto di vista psicologico.

Abbiamo voluto con forza questa mozione, non solo per gli impegni concreti che chiede al Governo sul tema della discriminazione multipla ai danni delle donne con disabilità - impegni che riguardano il contrasto alla violenza sessuale, la parità di accesso alla medicina di genere, il diritto di autodeterminazione anche rispetto alla sfera della sessualità e dell'affettività, il diritto all'inserimento lavorativo e alla maternità -, noi abbiamo voluto questa mozione anche, e forse prima ancora, perché, ogni volta che un tema entra in questo Parlamento, diventa un dibattito pubblico. Su questo tema il confronto, ad oggi, è relegato a nicchie, piccole, è relegato al mondo delle associazioni di persone con disabilità o alle associazioni di donne, ma non è ancora diventato un patrimonio di discussione per tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva, MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

La discriminazione, però, non è nicchia, è una bestia nera che rovina le vite delle donne e determina spesso, senza possibilità di ritorno, il loro presente, ma soprattutto il loro futuro. Che diventi un dibattito pubblico è fondamentale per sensibilizzare tutto il nostro Paese, ma soprattutto per dare forza alle ragazzine con disabilità che sono là fuori e ci guardano, la forza e il coraggio di rivendicare i loro diritti e di sentirsi donne a pieno titolo, capaci di chiedere di poter realizzare il loro progetto di vita, fondato su relazioni rispettose e paritarie.

I numeri che citiamo nella mozione nascondono la negazione di questi diritti, e il dolore e il senso di esclusione di migliaia di donne del nostro Paese. Per cercare di comprendere di cosa parliamo, vi chiedo di provare ad immaginare cosa c'è dietro a quei numeri. Quando l'Europa ci dice che le donne con disabilità hanno una probabilità di subire una violenza da due a cinque volte superiore alle altre, proviamo ad immaginare di essere una ragazza che dipende, non solo economicamente, ma anche per lo svolgimento delle attività della vita quotidiana – vestirsi, lavarsi, mangiare – da altre persone, di aver subito violenza, magari dalle stesse persone che ogni giorno ci aiutano a svolgere quelle attività, e di chiedere aiuto a strutture che a volte non sono nemmeno accessibili fisicamente, che non sono preparate a raccogliere quelle difficoltà. Come troveremo il coraggio, se temiamo di non poter avere un luogo in cui rifugiarci, dove si possano prendere cura di noi, anche per tutte quelle attività della vita quotidiana legate alla nostra non autosufficienza (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva, MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico)?

Oppure immaginiamo di essere una donna con difficoltà cognitive, che subisce violenza da chi si prende cura di noi e ci convince che ciò che abbiamo subito non è nulla di che, è un gesto affettuoso. Immaginiamo - quando leggiamo che le donne con disabilità si sottopongono a screening diagnostici nel 15 per cento di volte in meno delle altre - di essere una donna che va a fare la mammografia o il pap-test. Conosciamo tutte l'ansia e l'angoscia con cui si affrontano quegli esami; ebbene, immaginiamo di aggiungere a quell'angoscia l'imbarazzo, perché il macchinario di screening è pensato solo per persone in grado di camminare, e allora bisogna arrampicarsi sul macchinario, storcersi le spalle, le braccia, sperare che l'esame sia fatto bene e che non rimanga nulla di nascosto; e quindi a volte si rinuncia a fare quell'esame. Oppure immaginiamo di non poter salire da sole sul lettino ginecologico, di avere sempre bisogno di qualcuno che entri durante la visita con noi per aiutarci in quella scalata. Immaginiamo di incontrare enormi ostacoli per trovare un lavoro e che gli stessi ostacoli che trova una donna siano moltiplicati per mille. A voi probabilmente nessuno chiederà se siete sposate o intendete avere figli, perché nessuno immagina nemmeno che possiate avere tali aspirazioni. Poi, però, se avrete figli, immaginate di dover riorganizzare la vostra vita, ma per voi sarà tutto più difficile: non si tratterà solo di trovare l'asilo, di trovare un aiuto per poter continuare a lavorare; si tratterà di sconvolgere la vostra vita e quando chiederete maggiore flessibilità, la possibilità di lavorare da casa spesso vi sarà detto di no. Immaginate di essere una ragazza che desidera, come tutte le sue coetanee, di potersi recare a un consultorio e immaginate di non poterlo fare in autonomia e di avere sempre bisogno che qualcuno entri con voi durante visite così intime, così riservate e parli per voi con i medici perché, per esempio, nessuno è in grado di parlare la lingua dei segni o di usare la comunicazione aumentativa. Infine, immaginate di vedere ogni giorno campagne di sensibilizzazione sulla parità di genere e di non vedervi mai riflesse in esse: mai una donna in carrozzina, mai una donna non vedente, mai una donna non udente, mai una donna con difficoltà cognitive; tutte donne dimenticate. Immaginate tutto questo e si comprenderà che gli impegni che stiamo chiedendo al Governo sono importanti perché possono avere un impatto fondamentale nella vita di tante donne ma, soprattutto, di tanti giovani ragazze con disabilità che da questi impegni potranno trarre forza per il loro futuro.

Votando questa mozione - e io ringrazio anche tutti i gruppi delle opposizioni che, con le loro mozioni, hanno arricchito gli impegni che il Governo assumerà - noi diamo forza a tutte quelle donne e onoriamo le donne combattenti che, in anni in cui era molto difficile, hanno iniziato questa battaglia da vere e proprie pioniere per portare il tema della discriminazione multipla ai danni delle donne con disabilità all'attenzione del mondo. Sono donne che spesso hanno faticato a farsi ascoltare, non solo dal mondo, ma anche dalle stesse associazioni che difendono i diritti delle persone con disabilità, ma anche da quelle che difendono i diritti delle donne. Oggi in quei due mondi esiste una coscienza condivisa e forte che deve diventare ora patrimonio di tutti noi, di tutto il Paese. Per questo votando la mozione e votando le altre mozioni onoriamo quelle donne ma le onoreremo davvero solo se il Governo darà seguito agli impegni e se ciascuno di noi che siede in quest'Aula si sentirà responsabile e sarà garante dell'implementazione e del rispetto di quegli impegni, perché nessuno mai più osi dire che una bella donna con disabilità è la cosa più triste che si possa vedere (Vivi e prolungati applausi – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Elena Carnevali. Ne ha facoltà.

ELENA CARNEVALI (PD). Grazie, signor Presidente. Governo, onorevoli colleghi e colleghe, io mi auguro davvero che quest'Aula abbia la consapevolezza della portata del dibattito che abbiamo avuto ieri e delle mozioni che stiamo votando, perché vedete, colleghi e colleghe, noi dobbiamo avere timore di chi discrimina, sia esso singolo sia essa una comunità, ma dobbiamo avere ancora più timore del silenzio e dell'indifferenza e la portata grande di queste mozioni, di cui ringraziamo l'onorevole Noja, in particolare, per esserne stata promotrice, è perché finalmente si rompe il silenzio e perché finalmente i contenuti della risoluzione votata dal Parlamento europeo circa un anno fa diventano anche i contenuti per questo Parlamento e perché fa in modo che noi saremo cittadini italiani a pieno titolo, cittadini europei a pieno titolo.

Io voglio ringraziare anche la collega Noja per aver arricchito la mozione dei contenuti del dibattito che abbiamo fatto ieri, di aver inserito anche i contenuti proposti dal Partito Democratico, che ha chiesto, in particolare, di porre attenzione sulla questione delle discriminazioni multiple che riguardano, in particolare, le donne con disabilità intellettiva, cognitiva e relazionale.

Credo che abbiamo la consapevolezza oggi di quanto in modo unanime questo tema sia sottostimato e ignorato.

Questa mozione fa propri i contenuti dell'articolo 6, che dice, appunto, di inserire la discriminazione multipla a cui le donne minori con disabilità sono soggette, e dell'articolo 8, che chiede di immettere misure immediate ed efficaci e di garantire la dignità delle persone con disabilità. L'indifferenza o la poca sensibilità rispetto ad un approccio di genere nelle politiche di inclusione delle persone con disabilità sono state per troppo tempo ignorate e questo nonostante la voce di molte donne, questo nonostante i racconti di molte donne e nonostante la voce di molte associazioni.

L'abbiamo ribadito anche ieri: nella risoluzione votata dal Parlamento europeo noi siamo chiamati a prevenire, noi siamo chiamati a combattere la violenza di genere prestando particolare attenzione alle donne e alle ragazze con disabilità anche attraverso l'istituzione di un osservatorio europeo sulla violenza di genere, a sostenere la ricerca e l'innovazione per quanto riguarda lo sviluppo di prodotti e di servizi a sostegno delle persone con disabilità e ad attuare politiche che promuovano una piena e totale accessibilità, ad attuare politiche di prevenzione, di riabilitazione e d'integrazione per quanto riguarda le persone con disabilità e le loro famiglie attraverso una pedagogia sociale volta a contrastare la discriminazione di cui sono oggetto, a politiche che promuovano l'accessibilità e la fruibilità dei servizi, della sanità, dell'istruzione e dello sport, dai trasporti all'edilizia privata.

Ma che Paese civile è quando le persone con disabilità donne hanno più probabilità di avere tumori al seno perché non hanno accesso al PAP test e perché fanno meno screening mammografici? Che Paese civile è quando le persone con disabilità donne, che sono maggiori rispetto agli uomini, sono numericamente di meno tra gli iscritti agli uffici di collocamento? Che Paese civile è quando a loro mettiamo limiti all'accesso nell'istruzione? Che Paese civile è quando le donne che subiscono violenza, se sono donne con disabilità e ragazze con disabilità, hanno più probabilità di essere esposte? E questa vulnerabilità aumenta nelle condizioni di emarginazione, di esclusione, di segregazione e di dipendenza.

Questa mozione, a nostro parere, ha un altro grande valore - e noi innanzitutto l'abbiamo detto ieri - perché finalmente abbiamo affrontato un tema che è considerato tabù in questo Paese, che è quello della discriminazione multipla, che abbiamo raccontato e che è espresso nella mozione: essere donne e il binomio donne e disabilità. Infatti, non è legato solo a una questione di pregiudizio e di stereotipo ma è dato proprio dall'impossibilità di avere parità di diritti, di priorità di diritti, di accesso a tutto ciò che, invece, limita e impone, quindi, fattori di discriminazione, mentre la vita delle persone e l'identità delle persone sono complesse e vanno considerate nella propria unitarietà. Quello che accade alle donne è come se la disabilità sovrastasse e colpisse le caratteristiche di una persona.

Quindi, noi quello che vogliamo chiedere è che davvero vi sia un impegno, innanzitutto a far crescere una coscienza critica. Abbiamo impiegato anni per fare in modo che il tema della violenza di genere non fosse un tema di natura privata ma fosse un tema che avesse il rango da questione pubblica a questione sociale. Questa mozione fa anche questo. In più abbiamo il dovere di lavorare in maniera più incisiva per sconfiggere l'arretratezza, quella visione miope che ancora attanaglia il nostro Paese. Soprattutto quando la disabilità riguarda persone con disabilità cognitiva e intellettiva, anche in buona fede si pensa che siano persone da accudire per sempre, quella sorta di protezione che noi allunghiamo e fare in modo che consideriamo queste donne persone asessuate, persone che non hanno passioni, desideri, pulsioni, affettività e desiderio di autonomia, che sono parte integrante dell'essere umano.

Noi abbiamo un dovere - e mi fa piacere che sia stato messo nella mozione - che ci sia un investimento nella formazione delle professionalità che agiscono nei servizi e nella realtà di convivenza abitativa.

Guardate, questo, in questo momento, viene lasciato praticamente o al mondo associativo o agli operatori che, con lungimiranza, anche nei progetti del “dopo di noi”, anche nelle comunità alloggio, anche nelle comunità di residenzialità si pongono da tempo questo problema.

La specificità delle donne con disabilità e tutte le politiche trasversali, a nostro giudizio, hanno bisogno di una cabina di regia, per dare un luogo di coordinamento reale, per dare concretezza alle politiche di Governo e agli impegni che si è assunto il Governo. Noi non l'abbiamo nascosto, non abbiamo creduto allora a un Ministero della famiglia e della disabilità: non ha avuto successo, ecco perché pensiamo che sia meglio trovare una regia che faccia in modo che ci sia una politica di genere integrata con le politiche della disabilità, come pure le condizioni di disabilità devono esserlo nelle politiche di genere, per riportare al centro un tema ancora troppo oscurato nel nostro lavoro politico. Noi dobbiamo partire da una cosa: il nostro faro è sempre l'articolo 3 della Costituzione, che ci richiama perché le donne, le donne con disabilità, siano pienamente cittadine con diritti, cittadine europee, e soprattutto abbiano l'opportunità di non essere più discriminate. Colleghe e colleghi, quando perdiamo il diritto di essere diversi perdiamo il privilegio di essere liberi, e noi vogliamo garantire la libertà, l'autodeterminazione a tutte le donne, a tutte le ragazze con disabilità. È per questa ragione che con convinzione esprimo il parere favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia Viva e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carolina Varchi. Ne ha facoltà.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Presidente, con particolare orgoglio intervengo oggi per esprimere la dichiarazione di voto di Fratelli d'Italia. Con orgoglio, perché credo che intervenire su un tema del genere sia un arricchimento per tutti noi nell'esercizio del mandato che gli elettori ci hanno conferito. Ho ascoltato con grande interesse la discussione generale che si è svolta su questi temi: tutti i partiti, tutti i gruppi parlamentari hanno contribuito ad arricchire, appunto come si diceva prima, le mozioni, su questo punto. Allora noi crediamo che da parte della politica, da parte del Governo sia necessario uno slancio ulteriore. Negli ultimi anni, a partire dal 2003, molte cose sono state fatte, molti passi in avanti sono stati compiuti, adesso però è il momento di superare un po' quel vuoto su certi aspetti della normativa che ha fatto sì che tante donne restassero indietro. Noi crediamo che uno Stato, uno Stato civile, uno Stato di diritto e di diritti sia uno Stato nel quale nessuno viene lasciato indietro. Questa è la nostra stella polare, questo è ciò che ispira la nostra azione. Ed è con questo spirito che abbiamo provato ad arricchire il dibattito con degli impegni precisi, impegni che non sono il frutto di scelte astratte ma impegni che guardano a casi concreti, impegni che guardano a fatti di cronaca che hanno amareggiato l'Italia, che hanno imposto a tutti una domanda, quella domanda che io provo a sintetizzare nel: cosa possiamo fare? Ecco qual è il nostro impegno, qual è lo sforzo che noi chiediamo a questo Governo, al quale naturalmente viene richiesto uno sforzo in più, che, ricordo in maniera incidentale, è quello dell'impegno economico, perché passi in avanti significativi si fanno quando vi è un investimento in determinati settori. Ecco perché Fratelli d'Italia, con la sua mozione, ha chiesto che il Governo si impegni ad adottare le misure necessarie ad una autentica parità, soprattutto nei settori della sanità, dell'istruzione, dello sport, dei trasporti, della pianificazione urbana, perché ogni barriera sia realmente abbattuta.

Noi chiediamo che il Governo si impegni a promuovere iniziative finalizzate all'integrazione anche con i sistemi di istruzione ordinaria, affinché vi sia una qualificazione professionale che metta tutte queste donne, che sono, come è stato ricordato prima, decine di migliaia, nelle condizioni di accedere liberamente al mercato del lavoro.

Noi chiediamo che il Governo si impegni a garantire il principio della parità di retribuzione a parità di lavoro svolto, e per questo proponiamo il meccanismo, speculare, degli incentivi e delle sanzioni, per evitare le discriminazioni salariali.

Noi chiediamo che il Governo si impegni a garantire l'autodeterminazione delle donne con disabilità anche mediante la assicurazione di un'ampia offerta di informazioni che consentano una scelta consapevole, una scelta libera in ordine alla propria salute.

Noi ancora chiediamo che il Governo si impegni a garantire la consapevolezza, che si traduca però in fatti concreti, che in Italia nessuno è da solo; spiegare alle donne disabili tutto quello che è utile affinché si possano determinare a sporgere denuncia, a chiedere la tutela in ambito giudiziario nel caso in cui siano vittime di violenza o di discriminazione; ad utilizzare, ancora, i fondi dell'Unione Europea affinché gli Stati membri possano promuovere iniziative che riguardino l'accessibilità e la non discriminazione nei confronti di donne e ragazze con disabilità; ed infine, a sostenere delle campagne di sensibilizzazione, perché noi crediamo che un grande nemico rispetto alla tutela delle donne con disabilità sia l'ignoranza. E allora, noi chiediamo a questo Governo - e lo chiediamo a gran voce - che si impegni per eliminare dal nostro Paese quelle sacche di ignoranza, di sub-cultura che tanto male hanno fatto alla nostra società.

Questo è lo spirito con cui abbiamo affrontato il dibattito, è uno spirito costruttivo, che parte da dati empirici, che parte da esperienze che tante associazioni sul territorio nazionale hanno raccolto e, nella qualità di rappresentanti dei cittadini, ci hanno spiegato; allora, noi abbiamo cercato di farne tesoro e di offrire questi spunti al Governo.

Naturalmente, la sensibilità unanimemente dimostrata da tutti i gruppi parlamentari impone un atto di responsabilità all'interno di quest'Aula, ed è per questo che su un tema del genere, rispetto al quale non vi possono essere, e non vi devono essere, posizioni frutto di pregiudizio in base al proprio collocamento tra le file della maggioranza o dell'opposizione, io annuncio il voto favorevole di Fratelli d'Italia alle mozioni oggi illustrate (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Matilde Siracusano. Ne ha facoltà.

MATILDE SIRACUSANO (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Ministro, oggi votiamo delle mozioni e, senza voler mancare di rispetto alla funzione parlamentare, credo di rappresentare la preoccupazione di molti colleghi nel ritenere che molto spesso gli atti di indirizzo che votiamo in quest'Aula poi non abbiano un'efficacia concreta, perché il Governo non pone in essere azioni concrete conseguenti; almeno così avviene negli ultimi tempi. Quindi, temiamo che le mozioni che votiamo spesso servano a poco, ma oggi no, oggi questo non può e non deve accadere, perché le mozioni che trattiamo non riguardano ambiti amministrativi o aspetti economici, ma riguardano la vita, la vita di quasi due milioni di donne con disabilità, donne che sono esposte a una doppia discriminazione, in quanto donne e in quanto disabili.

Ecco perché la nostra mozione impegna il Governo a rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono l'effettiva integrazione delle persone con disabilità, e a predisporre, invece, programmi che promuovano i diritti ed il pieno godimento delle libertà fondamentali e l'inclusione nel mondo del lavoro, senza discriminazioni di alcun tipo.

La nostra mozione, Ministro, si propone di accendere i riflettori su un altro aspetto raccapricciante, che devasta ancor di più la dignità di queste persone, in linea anche con le battaglie condotte in passato da Forza Italia, da parte di Mara Carfagna, di Stefania Prestigiacomo, sulla violenza sulle donne.

Ecco, è orribile anche il solo pensiero, molto spesso la nostra immaginazione non ci potrebbe neanche arrivare: eppure, le donne con disabilità subiscono molto spesso violenze, abusi, molestie, sevizie. Ce lo dicono i dati: gli ultimi dati ISTAT pubblicati nel 2019 dicono appunto che 7 milioni di donne, dai 16 ai 70 anni, hanno subito violenza almeno una volta nella vita; e in riferimento ai dati, sempre ISTAT, del 2014, vediamo che il 10 per cento di queste donne sono donne con disabilità, contro il 4 per cento di donne normodotate. La stessa differenza di percentuali, anche più ampia, è in riferimento alle violenze psicologiche o allo stalking. E stiamo parlando purtroppo di dati rilevati e rilevabili, e la preoccupazione cresce quando pensiamo che, oltre a questi dati che sono rilevati, ce ne sono tanti altri, perché nella maggior parte dei casi le violenze avvengono e rimangono per sempre nel silenzio, per l'incapacità stessa delle vittime di denunciare l'aggressore e di denunciare la violenza subita. Ecco perché nella mozione chiediamo al Governo di agevolare la denuncia di maltrattamenti subiti dalle donne con disabilità, di sostenere economicamente e psicologicamente le donne con disabilità vittime di violenze, di istituire corsi di formazione specifica sul trattamento dei casi di violenza subiti da donne con disabilità.

Un altro aspetto che vogliamo denunciare è la mancata inclusione sociale delle donne con disabilità attraverso un effettivo inserimento nel mercato del lavoro. Secondo i dati del progetto “Creating Leaders for the Future”, che è portato avanti da cinque organizzazioni europee, la situazione italiana in merito all'inclusione lavorativa dei disabili è allarmante: 5 milioni e mezzo di italiani hanno una disabilità; di questi disabili, l'80,3 per cento è disoccupato, mentre il tasso di disoccupazione globale è pari all'11,5 per cento. In pratica, nel nostro Paese una persona disabile su cinque è disoccupata, anzi meno di una persona disabile su cinque. E in questa cornice purtroppo incide anche la differenza di genere: condiziona la prospettiva di accesso alla formazione, e di conseguenza anche al lavoro. Le donne con disabilità sono spesso escluse da un'istruzione e una formazione inclusive, e presentano un basso tasso di occupazione, 18,8 per cento rispetto al 28,1 degli uomini con disabilità che hanno un lavoro. Ecco perché chiediamo di promuovere e favorire l'inclusione sociale delle donne con disabilità attraverso un effettivo inserimento nel mercato del lavoro, anche attraverso l'utilizzo dei fondi comunitari, molto spesso sprecati o addirittura non utilizzati; e chiediamo di considerare la variabile del genere, perché troppo poco si parla di disabilità e troppo spesso, quando se ne parla, non si considera la variabile del genere come ulteriore elemento di discriminazione, come effettivamente è.

Chiediamo al Governo, inoltre, di sviluppare progetti che favoriscano la partecipazione delle donne con disabilità all'attività di carattere sportivo. Lo sport è un diritto e non è un privilegio, e in questo caso è uno strumento ancor più importante di inclusione sociale. Permettetemi di fare un ringraziamento speciale: abbiamo una testimone speciale nel nostro gruppo parlamentare, che ringrazio perché è la prima firmataria di questa mozione, Giusy Versace, che con la sua grande forza e con il suo grande coraggio ci offre testimonianza ogni giorno di come la disabilità non sia un limite: anzi, con quella grande forza e con quel grande coraggio il limite si trasforma in valore aggiunto. Grazie, Giusy (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente, Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare…

MATILDE SIRACUSANO (FI). E chiediamo… No no, non ho ancora finito, mi scusi.

PRESIDENTE. Prego, prego. Avevo capito che si fosse fermata. Benissimo.

MATILDE SIRACUSANO (FI). Chiediamo al Governo, inoltre… Concludo a breve.

PRESIDENTE. Prego, prosegua. Ha ancora a disposizione oltre tre minuti.

MATILDE SIRACUSANO (FI). Grazie.

Chiediamo al Governo inoltre di assumere iniziative nel prevedere specifici contributi, anche con la creazione di un fondo dedicato, per favorire l'inserimento lavorativo delle atlete paralimpiche che si siano distinte per meriti sportivi di livello nazionale ed internazionale.

E poi, mi avvio alla conclusione, Presidente, con delle parole che non sono mie e sono scritte in un libro di una ragazza straordinaria che ho avuto la fortuna di conoscere durante i convegni di Forza Italia, perché è una militante fervente; è una ragazza con disabilità e nei suoi occhi ho visto tantissimo, ho visto grande forza e grande coraggio. Lei ha scritto un libro e vorrei concludere con le sue parole. Lei si chiama Anna Adamo.

“Non è facile convivere con una disabilità quando si passeggia per strada, perché bisogna fare i conti con gli sguardi dei passanti carichi di pietà, di paura di avvicinarsi a quella disabilità, quasi come fosse una bestia feroce capace di divorare tutta d'un fiato chiunque le si avvicini. Ebbene sì, quando una persona disabile si reca in strada deve sopportarne davvero tante: come avrebbe detto Dante, dovrebbe non curarsi di loro, ma guardare e passare. Non deve curarsi delle dicerie, delle frasi pronunciate con l'intento di scoraggiare, di spezzare il cuore in tanti piccoli pezzi non ricomponibili, come ad esempio: povera ragazza, mi fa pena vederla così. Sono queste frasi che spingono a pensare che la vita di una persona disabile non abbia senso, che questa stessa persona non abbia ragione di esistere. Perciò accade che quest'ultima si senta spenta, vuota, o forse con troppe cose da dire e nessuno disposto ad ascoltarle. Questa ero io: così mi sentivo prima di capire che la disabilità non rappresenta un limite, perché i limiti sono solo negli occhi di chi ci guarda” (Anna Adamo) (Applausi).

Questa è l'introduzione del libro che si chiama La disabilità non è un limite; però, affinché la disabilità non sia un limite, l'Italia invece ha bisogno di scrivere ancora tante pagine. Con questo annuncio il voto favorevole di Forza Italia per la mozione e le mozioni degli altri gruppi parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente, Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Alessandra Locatelli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA LOCATELLI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, diciamo che abbiamo sentito parlare tanto di questo tema, che è anche un po' tenuto in penombra, che forse solo negli ultimi mesi in realtà sta venendo a galla, grazie a delle associazioni che si impegnano, con delle ricerche, con l'apportare qualche dato in più, sulla base del quale compiere qualche analisi. soprattutto, ci tengo, prima di entrare nel merito delle mozioni, a dire che i crimini, le violenze compiute sulle donne in ogni caso sono da condannare; noi in futuro ci impegneremo affinché questi crimini vengano ad essere aggravati quando vengono compiuti nei confronti di chi è vulnerabile e si abbiano pene severe e certe per tutte le donne (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché è chiaro che si tratta di violenze e di fatti inauditi, anzi direi inumani.

Ci occupiamo, quindi, di disabilità, di donne, anche di famiglia e di ognuno di noi, perché se ci pensiamo bene, la discriminazione di genere o la violenza di genere possono essere motivo di preoccupazione per chiunque di noi abbia una madre anziana da lasciare, o qualcuno da accudire, in una struttura o a casa. Queste violenze accadono anche tra le mura domestiche, a volte purtroppo anche nelle strutture, negli ospedali e anche nei luoghi che possono essere di lavoro o di educazione, o negli ambiti sportivi.

È chiaro che un impegno condiviso è l'unico modo per raggiungere davvero un obiettivo in più e migliorare il sistema di presa in carico, poi, di quelle che sono veramente le conseguenze, i danni che abusi, violenze e maltrattamenti possono avere nei confronti di chiunque, ma in particolare, ovviamente, nei confronti delle persone che hanno un grado di disabilità o di malattia grave o gravemente invalidante.

Noi appoggiamo tutte le mozioni che sono state presentate e ne abbiamo presentata una anche nostra, che in particolare va a toccare il tema cognitivo, il tema dell'insufficienza mentale, perché se già c'è una discriminazione e una difficoltà multipla nei confronti insomma delle donne che subiscono violenza, quando la persona che la subisce ha un'insufficienza mentale - in questo caso devo aggiungere che sia uomo o donna - purtroppo a volte non si accorge nemmeno di quello che sta subendo e quindi siamo di fronte a un crimine, a una violenza che ovviamente non possono rimanere impuniti e che richiedono specifici percorsi, per esempio con la formazione del personale che troviamo in ospedale, che si occupa di raccogliere le testimonianze, che deve essere sempre più allenato e flessibile per poter andare incontro a quelle che sono le esigenze della persona che si ha davanti e che a volte fa fatica anche ad esprimere quello che gli è accaduto.

La violenza può essere fisica, sessuale, ma anche psicologica, oppure può essere una forma di dipendenza economica. Tutto questo può essere ovviamente il frutto di politiche mirate e che devono essere sempre più incrementate per le persone che hanno vulnerabilità e sono in posizione di disagio e devono essere accudite da chi è in casa e magari presta loro la cura e la tutela necessaria.

Per supportare questi percorsi di tutela, di protezione e di ricostruzione del benessere e della salute, in tutti gli ambiti, è necessario formare adeguatamente i professionisti coinvolti e personalizzare quindi gli interventi; è necessario approfondire i temi con i centri antiviolenza negli ospedali, nel settore pubblico, privato e anche noi personalmente dobbiamo essere più attenti. Serve un impegno da parte delle istituzioni, ma anche dei singoli cittadini.

Per quanto riguarda, poi, i dati, questi non possono essere dati raccolti solo dalle associazioni e da chi viene toccato direttamente dal problema o ha un interesse specifico, ma deve essere un compito e una responsabilità, in particolare delle istituzioni, poter dare e fornire dei dati che indichino la strada più corretta per le politiche sociali da seguire e che possono tutelare tutte le persone più vulnerabili.

Ecco perché è necessario ed è legittimo che parta da qui, dal fatto di votare e di condividere queste mozioni, una presa in carico del problema che sia un punto di partenza per avere delle politiche che tengano conto della disabilità in tutti i settori, ma in particolar modo anche delle discriminazioni che subiscono le persone più vulnerabili; ovviamente, un nostro augurio specifico è che in futuro si possa avere ancora qualcuno che a più alti livelli di rappresentanza, che quindi con un Ministero e un sottosegretariato adeguato, possa portare questi temi anche sul tavolo del Consiglio dei ministri, perché vengano messi a disposizione anche dei fondi per poter affrontare queste politiche, altrimenti saranno solo le vuote parole di qualche momento (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Celeste D'Arrando. Ne ha facoltà.

CELESTE D'ARRANDO (M5S). Grazie Presidente, gentili deputati, gentili deputate e gentili membri del Governo, ci ritroviamo qui oggi, in quest'Aula, a votare una mozione che alza il livello dell'attenzione sulla violenza di genere e che impegna il Governo a mettere in atto iniziative per la lotta alle discriminazioni nei confronti delle donne con disabilità, concretamente e fattivamente, un impegno che ha trovato consenso e condivisione da parte di tutti i gruppi parlamentari e che rappresenta il rafforzamento e la continuità con il lavoro svolto in questa legislatura. A titolo d'esempio, ricordo la mozione che pochi mesi fa proprio questa Assemblea ha approvato sul contrasto alla violenza di genere).

E voglio riportare qui, tra queste mura, la storia di una donna con disabilità che ho avuto l'onore di incontrare, con cui ho avuto l'onore di chiacchierare e ascoltare quello che era la sua esperienza diretta, una donna che è diventata sorda, madre di tre figli, una donna che ha subito violenze dal suo ex compagno, che ha denunciato per proteggere in primis i suoi figli e che purtroppo non ha trovato la giusta accoglienza e il giusto supporto, una professionista, un tecnico di laboratorio che nel suo ambiente lavorativo è emarginata a causa della sua disabilità.

Nei suoi occhi ho visto la sofferenza di chi si sente invisibile e che, nonostante tutto, ha dentro di sé la forza di continuare a testimoniare la propria esperienza. Sono queste le persone a cui dobbiamo dare delle risposte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Come lei ci sono altre 46 milioni di donne e ragazze con disabilità nell'intera Unione europea, pari a una donna su sei della popolazione femminile europea e al 60 per cento della popolazione europea complessiva di persone con disabilità.

Insomma, un numero davvero considerevole, al quale dobbiamo dare una risposta concreta e reale e vorrei a questo punto ricordare anche alcuni dati: il 36,6 per cento delle donne con disabilità subisce violenze fisiche o sessuali contro il 30,4 per cento delle donne normodotate; il 10 per cento delle donne con disabilità subisce stupri o tentati stupri contro il 4,7 per cento delle donne senza limitazioni; il 31,4 per cento delle donne con disabilità subisce violenza psicologica da parte del partner, contro il 25 per cento delle donne normodotate: questi sono dati che fanno non riflettere, ma molto di più e non si tratta di una tematica di poco conto, si tratta di un tema della vita quotidiana delle persone con disabilità, che non deve essere più sottovalutato come è stato fatto finora.

E quali possono essere le risposte da dare? Innanzitutto riteniamo fondamentale che la complessa situazione delle ragazze minorenni e delle donne con disabilità sia sempre tenuta in debita considerazione, per le discriminazioni cui sono soggette e per la gravità delle conseguenze per le loro vite. Questo aspetto è indispensabile ed è la base da cui partire.

Dobbiamo quindi tutelare la dignità, la libertà di scelta e di autodeterminazione di queste donne di queste ragazze, garantendo loro pieno accesso alle cure mediche e prestando particolare attenzione anche all'ambito ginecologico e a quello della salute sessuale e riproduttiva.

Dobbiamo inoltre mettere in condizione tutte le persone di avere accesso alle informazioni rilevanti che le riguardano, con le forme e le modalità adeguate secondo le diverse tipologie di disabilità, per permettere ad ogni individuo di assumere decisioni sulla propria salute e sul proprio corpo senza alcuna coercizione. Da questo punto di vista, occorre lavorare soprattutto sulla formazione del personale, mi riferisco a quello medico e dei servizi sanitari, agli operatori sociosanitari e ai vari soggetti coinvolti, insomma a tutti coloro che a vario titolo interagiscono con le donne e le ragazze con disabilità. Solo attraverso la conoscenza garantiremo infatti il pieno esercizio dei diritti di ogni singolo cittadino.

Allo stesso tempo, bisogna vigilare e assicurarsi che tutte le ragazze e le donne con disabilità siano poste nelle condizioni di ricevere ogni informazione necessaria per sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria nel caso siano vittime di violenza o discriminazione, dando piena attuazione a quanto previsto dalle linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza sociosanitaria alle donne vittime di violenza.

Presidente, credo che questo, come tutti quanti abbiamo avuto il rispetto di ascoltare le altre persone che hanno fatto una dichiarazione di voto, su un tema come questo credo che il silenzio sia una forma di rispetto, la prima forma di rispetto che dovremmo prima esercitare qui dentro e poi chiederlo anche fuori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Dobbiamo anche da un lato cercare di prevenire queste situazioni e dall'altro offrire una risposta concreta alle vittime di comportamenti che non possono essere più tollerati: questo è uno degli aspetti più rilevanti a nostro avviso e non riguarda solo il tema della disabilità, ma quello ben più ampio che è il tema della violenza di genere e della violenza sulle donne. La predisposizione degli strumenti attraverso i quali permettere alle vittime di conoscere i propri diritti e di farli valere è sicuramente il primo requisito e la prima forma di tutela.

Non meno importante è la fase successiva, il momento in cui chi ha denunciato non deve sentirsi sola; come purtroppo spesso accade, non deve pagare le conseguenze del proprio gesto di coraggio, ma, anzi, deve essere sostenuta con decisione dall'intera collettività attraverso percorsi specifici di assistenza per l'uscita dalla violenza. E poi ci sono altri due aspetti a cui personalmente tengo molto e verso cui tutti quanti noi dovremmo avere attenzione: l'accesso alle cure, e cioè l'uguale possibilità di accedere ai servizi e ai presidi sanitari, sociosanitari e sociali da parte delle ragazze e delle donne con disabilità, e il loro inserimento lavorativo. Quest'ultimo tema in particolare è irrinunciabile, in quanto elemento portante del loro percorso verso la piena autonomia e la piena indipendenza. Per permettere alle minorenni e alle donne con disabilità di condurre un'esistenza ordinaria dobbiamo infatti adoperarci per favorire il loro accesso a forme di flessibilità lavorativa adeguate alle specifiche esigenze connesse alla tipologia di disabilità considerata caso per caso, e in particolare in riferimento ai congedi di maternità. La piena affermazione del concetto di uguaglianza dei cittadini passa inequivocabilmente attraverso il lavoro.

Mi avvio a concludere, Presidente, e prima di farlo voglio sottolineare un ultimo aspetto: abbiamo discusso tra ieri e oggi delle misure che chiediamo al Governo di adottare in diversi ambiti per offrire l'adeguata tutela alle donne con disabilità e per intensificare la lotta alle discriminazioni nei loro confronti. Esiste, però, una fattispecie che non trova diretta rispondenza negli strumenti normativi adottati né tantomeno nei protocolli medici e sanitari. E mi riferisco all'idea che la nostra società è composta anche dalle persone con disabilità, sono parte integrante di questa società. Ricevo spesso segnalazioni e storie di persone come noi che, prima ancora delle difficoltà connesse alla loro condizione, soffrono soprattutto della scarsa considerazione della collettività in cui vivono e che la collettività nutre nei loro confronti; addirittura vengono emarginate in quanto sono vittime. Credo che questo sia il primo aspetto da affrontare attraverso i riferimenti specifici alla discriminazione multipla ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità in tutte le campagne di sensibilizzazione relative alla parità di genere e alla lotta alla discriminazione, come previsto dalla mozione, ma ancora di più nella nostra vita quotidiana. È solo contribuendo alla formazione nella nostra società di una reale uguaglianza sociale, che vada oltre le discriminazioni, che possiamo sostenere davvero le persone con disabilità. Per tutte queste ragioni, annuncio a nome del MoVimento 5 Stelle il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Noja, Penna, Carnevali, Muroni ed altri n. 1-00243 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00262, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalla votazione precedente, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Versace ed altri n. 1-00263, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Locatelli ed altri n. 1-00264, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 4).

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che all'ordine del giorno della seduta di domani, mercoledì 16 ottobre, a partire dalle ore 11, sarà iscritto l'esame della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Guido Crosetto, deputato all'epoca dei fatti.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Donina. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CESARE DONINA (LEGA). Grazie, Presidente. Era il 10 ottobre e, a seguito di un sopralluogo fatto da due funzionari dell'ARPA di regione Lombardia, in uno dei capannoni dell'area Caffaro, in provincia di Brescia, veniva riscontrata un'enorme fuoriuscita di mercurio dalle cisterne che sono attualmente sotto sequestro e una colonia felina che era presente sul territorio veniva trovata sterminata.

A fronte di questo, lo scorso giugno, il Ministro Costa aveva ufficialmente convocato una conferenza di servizio con l'assessore del comune di Brescia e il sindaco, ma la conferenza di servizio è stata sempre allungata nei tempi. Prima era a settembre, poi a ottobre, adesso non sappiamo quando. Auspichiamo che il Governo, in particolare il Ministro Costa, su questi temi che sono l'inquinamento, il territorio, l'ambiente, siccome anche il Premier Conte aveva focalizzato tutto il suo intervento in Aula sull'inquinamento e sull'ambiente…

PRESIDENTE. Colleghi! Chiedo scusa, deputato Donina. Colleghi, è necessario, per chi volesse uscire dall'Aula, farlo quanto prima per consentire ai deputati che stanno svolgendo gli interventi di fine seduta di essere ascoltati o, quanto meno, di poter fare il loro intervento in serenità. Quindi, ripeto, il messaggio: i colleghi che avessero bisogno di parlare sono pregati di uscire dall'Aula.

Colleghi, preferirei non mettermi a fare l'appello di tutti coloro i quali stanno disturbando l'oratore. È sufficiente allontanarsi dall'Aula. Prego, proviamo a riprendere, deputato Donina.

GIUSEPPE CESARE DONINA (LEGA). Grazie, Presidente. Volevo concludere dicendo che il Governo, dopo tutto il panegirico fatto sull'ambiente, dimostri concretamente, compreso il Ministro Costa, di tenere all'ambiente nei fatti non solo nei proclami e di velocizzare il più possibile la conferenza di servizio con il comune di Brescia e risolvere il problema dell'area del sito Caffaro che è lì da parecchi anni; e adesso questi sversamenti di mercurio vanno a danneggiare non solo gli animali ma probabilmente anche le vite umane (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Lapia. Ne ha facoltà.

MARA LAPIA (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, è di questi giorni la notizia che i cittadini di Lanusei potranno usufruire del reparto di ortopedia e traumatologia solamente a intermittenza. Il sabato, infatti, il reparto rimarrà chiuso e così anche la domenica.

È la terza volta in cinque mesi che l'Ospedale Nostra Signora della Mercede sospende il servizio del reparto per carenza di personale.

Nonostante le rassicurazioni dei vertici regionali, il reparto di ortopedia, operativo solo a singhiozzo, è prossimo alla chiusura e la stessa fine rischiano di fare i reparti di chirurgia e anestesia.

Ad oggi, non si è provveduto a fare assunzioni ma finora l'unico aiuto è giunto dall'Azienda ospedaliera dell'Università di Sassari con una soluzione improvvisata di specialisti che operano in regime di convenzione, un regime che ha un costo di gran lunga più elevato di quello che avrebbero le regolari assunzioni.

Signor Presidente, i pazienti sono di fronte a uno scenario disastroso prima che paradossale, in cui potrebbero essere trasportati da un ospedale all'altro della Sardegna il venerdì e tornare in corsia il lunedì mattina. La sola soluzione accettabile è rappresentata dall'espletamento del concorso…

PRESIDENTE. Deputato Ungaro, la prego di alzarsi. Deputato Ungaro… Prego, prosegua, chiedo scusa per l'interruzione.

MARA LAPIA (M5S). Grazie, Presidente. La sola soluzione accettabile è rappresentata dall'espletamento del concorso regionale indetto dall'azienda per la tutela della salute. Ventuno specialisti e sei specializzandi sono stati dichiarati idonei ma, se non si fa il concorso, non si sa quanti di questi siano disposti a trasferirsi presso l'ospedale di Lanusei.

La cronica mancanza di specialisti, che rischia di far chiudere i battenti non solo nel reparto ortopedico ma nell'intero ospedale, rappresenta il più bieco disinteresse per le periferie non solo della Sardegna ma di tutto il Paese. I cittadini dell'Ogliastra sono pronti a scendere nuovamente in piazza ed io auspico e pretendo con loro il diritto ad un servizio sanitario idoneo.

PRESIDENTE. Concluda.

MARA LAPIA (M5S). Non ignoro le difficoltà nel reperimento di personale ma, data la gravità della situazione, è necessario un intervento adeguato e improcrastinabile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio Del Monaco. Ne ha facoltà.

ANTONIO DEL MONACO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, è di ieri la notizia degli arresti al comune di Avellino per associazione a delinquere di stampo mafioso. Sono ventitré le persone arrestate su ordine del GIP e su richiesta della DDA di Napoli nell'ambito dell'operazione condotta dai carabinieri e dalla Guardia di finanza. Tra gli indagati c'è anche il coordinatore irpino della Lega, che si è autosospeso dall'incarico. Avvisi di garanzia e decreti di perquisizione anche a Damiano Genovese, consigliere comunale della Lega, figlio del boss Amedeo. Diciassette, invece, gli indagati per altri reati, tra cui lo scambio elettorale politico-mafioso, ritenuti, in alcuni casi, il braccio economico del nuovo clan Partenio. Il nuovo clan Partenio in parallelo con usura, estorsione, traffico di droga, si avvaleva di un braccio economico-finanziario che aveva come riferimento i personaggi della politica e delle professioni. Tra i reati contestati, a vario titolo, turbata libertà degli incanti, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio. Nell'inchiesta è indagato anche Sabino Morano imprenditore, segretario della Lega per la provincia di Avellino. Nei suoi confronti si ipotizzerebbe l'ipotesi di scambio politico-elettorale-mafioso. Le indagini dei carabinieri di Avellino sono iniziate nell'estate del 2017, dopo le dichiarazioni rilasciate durante un interrogatorio per un'indagine per sequestro di persona. Alla luce di questi ultimi fatti, chiedo al Ministro della Giustizia di fare chiarezza sulla vicenda e al Ministro dell'Interno di valutare al più presto lo scioglimento del consiglio comunale di Avellino (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Yana Chiara Ehm. Ne ha facoltà.

YANA CHIARA EHM (M5S). Grazie, Presidente. Hevrin Khalaf è stata uccisa in un agguato il 12 ottobre nel nord-est della Siria, mentre stava tentando di raggiungere Qamishli. Il suo corpo martoriato, forse violentato, uccisa brutalmente. Il video diffuso mostra immagini atroci come atroce è la guerra che la stessa Hevrin stava denunciando. Aveva soltanto 35 anni. Hevrin era una famosa politica curda-siriana, segretaria generale del partito Futuro Siriano. Era conosciuta per il suo impegno per un Paese multi-identitario e senza violenza e per la coesistenza pacifica fra curdi, cristiani ed arabi nella regione. Lottava per i diritti delle donne ed era apprezzata da tutte le comunità. La società del Rojava è conosciuta proprio per il suo confederalismo democratico, dove il ruolo delle donne è equiparato a quello degli uomini, anche nella politica ed Hevrin era proprio quello: una donna che contava, un'attivista, una politica. Proprio perché considerata un simbolo di dialogo, era diventata anche potenzialmente pericolosa. È possibile che sia stata uccisa da Isis da loro considerata una miscredente; altri invece parlano di milizie mercenarie sostenute da Ankara. Ciò che colpisce, infine, è come la grande comunicazione non abbia diffuso, come avrebbe dovuto, questa notizia. Non si tratta di una delle tante tragiche morti di vittime di guerra. È stata giustiziata brutalmente e ripresa nei suoi ultimi attimi di vita. Una leader politica di fama internazionale. È stata uccisa a un passo da noi, dalle porte dell'Europa, che tanto si spaventa giustamente di un possibile ritorno di Isis che tanto dolore ha provocato anche in Occidente. Dobbiamo considerarla una perdita per tutta la nostra comunità…

PRESIDENTE. Concluda.

YANA CHIARA EHM (M5S). …perché questo merita chi lotta per i diritti di tutti e contro il terrorismo. A lei e ai difensori dei diritti umani nel mondo, donne e uomini, va tutta la mia stima, gratitudine ed affetto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gianluca Rospi. Ne ha facoltà.

GIANLUCA ROSPI (M5S). Signor Presidente, intervengo oggi in quest'Aula per segnalare l'ennesimo fatto di cronaca accaduto a Policoro, in provincia di Matera. Nella giornata di giovedì scorso, in pieno centro cittadino, è avvenuto un conflitto a fuoco che ha interessato due pregiudicati locali. Considerando il luogo e l'orario è una fortuna che non contiamo vittime tra la popolazione. Negli ultimi anni, la fascia ionica ha subito un aumento esponenziale della criminalità organizzata, come dimostrano anche gli arresti della scorsa settimana effettuati dalla DDA di Potenza. Questo susseguirsi di attività criminali comporta un continuo stato di paura ed ansia nella popolazione locale e anche nella classe imprenditoriale del luogo, che ogni giorno vive nel timore di minacce e ripercussioni. Signor Presidente, da quest'Aula le chiedo di sollecitare l'intervento del Ministro dell'Interno, al fine di potenziare l'organico delle forze dell'ordine sul territorio, per poter meglio contrastare e presidiare le attività criminali in continuo aumento.

PRESIDENTE. Concluda.

GIANLUCA ROSPI (M5S). A tal proposito - e concludo - nei prossimi giorni presenterò anche un'interrogazione al Ministro competente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Vincenza Labriola. Ne ha facoltà.

VINCENZA LABRIOLA (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, domani Taranto si appresta a ricevere l'ennesimo schiaffo dal Governo giallorosso. Non basta il silenzio calato sulla più importante e complessa crisi industriale italiana, quella dell'ex Ilva, oggi ArcelorMittal, che vede ancora oggi contrapposti il diritto al lavoro con il diritto alla vita. Non basta il silenzio calato sulle proteste e sugli scioperi che vedono coinvolti i futuri acquirenti e l'indotto costretto a subire un confronto impari. Mentre su questo cala il silenzio, domani si accenderanno i riflettori sul porto di Taranto, perché approderà l'Ocean Viking con a bordo 176 migranti, tutto con il placet del governatore Emiliano e il sindaco Melucci, che se ne fregano dei tarantini e delle loro problematiche. Taranto, Presidente, ha già dato e continua a dare al sistema Paese, e ha già dato in termini di accoglienza. Questa volta gridiamo basta! Basta a una politica farlocca, che ha già fallito sull'immigrazione, sul lavoro, sulla salute e sul futuro. Anche perché questi immigrati andranno a riempire le fila del caporalato, della malavita, delle situazioni che oggi gravano su un territorio fortemente penalizzato, fortemente depauperato, dove, se si cammina per la strada, si vedono solo ed esclusivamente migranti. Noi non siamo contro la gente che scappa dalla guerra, ma dobbiamo dire basta ad un Paese che pensa che Taranto sia lo scarto e che Taranto possa subire tutto, fino anche a dover subire una valanga di immigrati che la città non può permettersi. Taranto non può permettersi di accogliere i migranti, Taranto non può permettersi ancora di continuare a subire i soprusi di una politica che non sa che pesci prendere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 16 ottobre 2019 - Ore 11:

1. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Guido Crosetto (deputato all'epoca dei fatti). (Doc. IV-quater, n. 1)

Relatore: CASSINELLI.

(ore 15)

2. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

(ore 16)

3. Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre 2019.

La seduta termina alle 16,05.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 3 il deputato Baldelli ha segnalato che non è riuscito a votare;

nelle votazioni nn. 3 e 4 il deputato Zoffili ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 4)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Moz. Noja e a. 1-243 n.f. 485 485 0 243 485 0 66 Appr.
2 Nominale Moz. Lollobrigida e a. 1-262 rif. 486 486 0 244 486 0 66 Appr.
3 Nominale Moz. Versace e a. 1-263 rif. 484 484 0 243 484 0 66 Appr.
4 Nominale Moz. Locatelli e a. 1-264 rif. 483 483 0 242 483 0 66 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.