XVIII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Crpd), ratificata dall'Italia con legge n. 18 del 2009, sancisce il diritto umano all'accessibilità delle persone con disabilità (articoli 3 e 9 Crpd);
è, tra l'altro, la mancanza di accessibilità che crea la cosiddetta «disabilità», definibile quale la conseguenza o il risultato di una complessa interazione tra, da una parte; la condizione di salute in senso stretto della persona (caratterizzata o meno da certe limitazioni funzionali) e, dall'altra, i cosiddetti «fattori contestuali», ovverosia un ambiente – fisico e sociale – escludente, che impedisce la partecipazione e lo sviluppo della personalità di ciascuno, secondo le proprie legittime aspirazioni (Organizzazione mondiale della sanità 2001, Classificazione ICF);
la mancanza di accessibilità non è soltanto una violazione dei diritti umani, ma anche un pesante deficit per il nostro tessuto economico e produttivo, in quanto non permette a milioni di persone – italiane e di Paesi esteri - di accedere al lavoro e produrre reddito nel nostro Paese, nonché di fruire dei più svariati servizi e beni di consumo, elemento che è particolarmente significativo in un Paese ad altissima vocazione turistica, come l'Italia;
in altre parole, garantire una piena ed efficace accessibilità a tutte e tutti, in tutti gli ambiti della vita, rappresenta un importantissimo «volano» per l'economia (Commissione europea – DG Enterprise and Industry, 2014);
il diritto all'accessibilità è da intendere in senso ampio, come accessibilità non soltanto fisica o materiale, ma anche all'informazione e alla comunicazione, che deve essere garantita dagli Stati parti a tutte le persone con disabilità su base di eguaglianza con gli altri, sia nelle aree urbane che in quelle rurali e con riferimento a:
(i) ambiente fisico: trasporti, edifici, viabilità ed altre strutture cosiddette «interne» ed «esterne» (esempio scuole, alloggi, strutture sanitarie, luoghi di lavoro, luoghi e servizi turistici, luoghi per l'esercizio del diritto di voto, tribunali, uffici pubblici, attrezzature ed altri ambienti o servizi aperti e/o forniti al pubblico);
(ii) ambiente virtuale: tecnologie di informazione e comunicazione, servizi informatici e di emergenza ed altri servizi aperti e/o forniti al pubblico (articoli 3, 9 e 21 Crpd);
il diritto all'accessibilità è sia diritto in sé e per sé, sia diritto fondamentale «funzionale», presupposto imprescindibile per il godimento di tutti gli altri diritti della persona umana, perché la sua garanzia consente alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente, di compiere le proprie scelte e di partecipare a tutti gli aspetti della vita su base di eguaglianza con gli altri (articoli 9, 19, 20, 21, 29 e 30 Crpd);
è compito della Repubblica, a tutti i livelli, «rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti (...) all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (articolo 3 della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 2 e 32 della Costituzione);
a tale proposito, la Corte costituzionale ha affermato che la «mancanza di accessibilità abitativa, non può non determinare quella disuguaglianza di fatto impeditiva dello sviluppo della persona che il legislatore deve, invece, rimuovere (...), ledendo più in generale il principio personalista che ispira la Carta costituzionale e che pone come fine ultimo dell'organizzazione sociale lo sviluppo di ogni singola persona umana» e «comport[ando] anche una lesione del fondamentale diritto (...) alla salute intesa quest'ultima nel significato, proprio dell'articolo 32 della Costituzione, comprensivo anche della salute psichica la cui tutela deve essere di grado pari a quello della salute fisica» (così Corte costituzionale, sentenza n. 167 del 1999);
non esiste accessibilità senza garanzia dei diritti fondamentali alla «progettazione universale» e all'«accomodamento ragionevole»;
per accomodamento ragionevole si intendono «le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali» (articolo 2 Crpd);
il rifiuto di un accomodamento ragionevole integra una discriminazione fondata sulla disabilità, illegittima sul piano internazionale, europeo e nazionale, nonché – in quanto tale – censurabile dinanzi ad un giudice, sia nei confronti di soggetti privati sia nei confronti delle autorità pubbliche (articolo 1 Crpd; direttiva 2000/78/CE; legge n. 67 del 2006; decreto legislativo n. 216 del 2003, come modificato nel 2013);
per progettazione universale si intende «la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate», diritto che in ogni caso «non esclude dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità ove siano necessari» (articolo 2 Crpd);
l'Unione europea e il Consiglio d'Europa – ciascuno secondo il proprio ambito di competenze – impongono agli Stati membri l'obbligo di garantire alle persone con disabilità, in condizioni di eguaglianza rispetto al resto della popolazione, l'accesso generalizzato a beni e servizi (esempio oggetti e prodotti tecnologici e di telefonia, e-commerce, servizi bancari, infrastrutture, trasporti, informazioni e mezzi di comunicazione, servizi d'emergenza, siti web e app mobile di enti pubblici), sia con riferimento a beni e servizi già esistenti, sia rispetto a quelli di nuova progettazione – da attuare secondo i principi del cosiddetto «Universal Design» o del «Design for All» (Regolamento (CE) n. 661 del 2009, Regolamento (UE) n. 1107 del 2006, Regolamento (UE) n. 1371 del 2009; direttive (UE) n. 2019/882 e n. 2016/2102; Strategia europea sulla disabilità 2021-2030; Strategia per le persone con disabilità 2017-2023 del Consiglio d'Europa);
lo Universal Design delinea un paradigma di progettazione universale (di spazi, tempi, servizi, oggetti, edifici, e altro) inclusivo non soltanto delle persone con disabilità, ma di tutte e tutti; l'ambiente diventa così «antropizzato», ovverosia a misura di tutti i suoi cittadini, qualunque sia la loro complessità identitaria, le loro caratteristiche ed i loro bisogni; in altre parole, si tratta di progettare prodotti e ambienti utilizzabili da tutte le persone, nella misura più ampia possibile, senza necessità di adattamento o progettazione specializzata;
la variante europea del Design for All – elaborata dall'Eidd (Istituto europeo per il design e la disabilità) nel 2004 – si autodefinisce «il design per la diversità umana, l'inclusione sodale e l'uguaglianza», per la garanzia delle pari opportunità in ogni aspetto della vita sociale; di conseguenza, ogni cosa progettata deve essere: accessibile, comoda da usare per ognuna capace di rispondere all'evoluzione della diversità umana;
quanto al contesto nazionale, la legge n. 118 del 1971 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili) prevede che in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico, compresi i trasporti, possa essere impedito l'accesso alle persone con disabilità «non deambulanti», così come che nei nuovi edifici pubblici, nonché in quelli di interesse sociale debbano necessariamente mancare o essere rimosse eventuali barriere architettoniche (articolo 17);
la legge finanziaria n. 41 del 1986 sancisce che per gli edifici pubblici già esistenti e non ancora adeguati agli standard di accessibilità «dovranno essere adottati da parte delle Amministrazioni competenti piani di eliminazione delle barriere architettoniche (...)» (articolo 32, comma 21);
il decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996 (Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici), statuisce che «nell'elaborazione degli strumenti urbanistici le aree destinate a servizi pubblici sono scelte preferendo queste che assicurano la progettazione di edifici e spazi privi di barriere architettoniche» (articolo 3) e detta norme specifiche con riferimento a parcheggi, circolazione e sosta dei veicoli, contrassegno speciale, edifici scolastici, trasporto tranviario, automobilistico e metropolitano, trasporto ferroviario, navigazione marittima;
il medesimo decreto del Presidente della Repubblica rinvia poi alla disciplina di cui al decreto ministeriale n. 236 del 1989 (di attuazione della legge n. 13 del 1989, Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati – oggi trasfusa nel T.U. dell'edilizia, decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 77 e seguenti), per quanto concerne arredo urbano, scale e rampe, servizi igienici pubblici, spazi pedonali, norme generali sugli edifici, unità ambientali e loro componenti – estendendo in molta parte a edifici, spazi e servizi pubblici quanto previsto per gli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica;
il decreto ministeriale n. 236 del 1989 (Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche) introduce all'articolo 2 – a seconda della tipologia di spazi e ambienti – i concetti di:
(i) «accessibilità»: la possibilità di raggiungere un edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di poter fruire dei suoi spazi e attrezzature in condizioni di eguaglianza con gli altri, nonché di adeguata sicurezza e autonomia (esempio scuole, ospedali, tribunali, uffici pubblici);
(ii) «adattabilità»: sorta di «accessibilità differita» o possibilità di modificare nel tempo lo spazio già progettato e costruito a costi sostenibili, affinché lo stesso, in origine escludente rispetto alle persone con disabilità, diventi completamente e agevolmente fruibile a tutti (esempio possibilità di installare un ascensore e/o un servo scala negli edifici con più di tre piani);
(iii) «visitabilità»: la possibilità di accesso limitatamente ad una parte dell'edificio o delle unità immobiliari, in modo che sia consentita la fruizione degli spazi di relazione (esempio zone o posizioni riservate per assistere alle funzioni religiose e agli spettacoli);
la legge n. 104 del 1992 contiene diverse disposizioni inerenti all'eliminazione delle barriere architettoniche, alla mobilità e ai trasporti e – con statuizione di portata generale – sancisce che l'inclusione della persona non può che realizzarsi, tra gli altri aspetti, mediante la garanzia dell'accesso agli edifici pubblici e privati e l'eliminazione o il superamento delle barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, nonché per mezzo di provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato e, contestualmente, l'organizzazione di trasporti specifici (articolo 8);
la medesima legge, inoltre, stabilisce l'obbligo da parte dei comuni di integrare i Peba (Piani di eliminazione delle barriere architettoniche – di cui alla sopra citata legge n. 41 del 1986, articolo 82, comma 21) con il piano di accessibilità urbana (articolo 24, comma 9);
è poi prevista l'erogazione di sanzioni per la violazione delle norme a tutela della partecipazione sociale e dell'accessibilità delle persone con disabilità, così come si prevede che le opere in edifici pubblici o aperti al pubblico realizzate in modo difforme dalle disposizioni vigenti debbano essere dichiarate «inabitabili» o «inagibili» laddove tale difformità renda le stesse inutilizzabili da parte delle persone con disabilità (articoli 23 e 24, della legge n. 104 del 1992, nonché articolo 82 T.U. edilizia);
ancora, la legge n. 4 del 2004 e il decreto del Presidente della Repubblica n. 75 del 2005 si occupano di garantire che gli enti pubblici e le pubbliche amministrazioni tutelino «il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici», «eroga[ndo] servizi e forn[endo] informazioni fruibili, senza discriminazioni» (articoli 1 e 2);
tuttavia, molte delle disposizioni appena descritte risultano, ad oggi, frequentemente violate e disattese, come attestato dai dati disponibili in materia;
per citare alcuni degli ambiti di maggiore violazione del diritto all'accessibilità, dal mondo della scuola emergono carenze preoccupanti: soltanto il 31,5 per cento delle scuole ha abbattuto le barriere architettoniche, percentuale che «crolla» addirittura al 17,5 per cento in caso di barriere senso-percettive, con differenze marcate tra regioni; mancano inoltre gli insegnanti ed il personale specializzato (ad esempio assistenti educativi), che spesso non risultano comunque essere adeguatamente formati in materia di accessibilità fisica, sensoriale e/o alla comunicazione (Istat 2019; Istat 2020);
la mancanza di accessibilità pregiudica le relazioni sociali tra gli studenti con disabilità e il resto della classe, sia rispetto alla fruizione delle lezioni, sia rispetto ai rapporti interpersonali, dentro e fuori dall'aula scolastica (esempio partecipazione a gite), creando stigma e isolamento e pregiudicando lo sviluppo della propria personalità (Istat 2019);
con riferimento al turismo accessibile, l'Unione europea ha stimato come in Europa soltanto il 9 per cento delle strutture siano accessibili alle persone con disabilità, con una perdita di mercato potenziale di almeno 400 miliardi di euro;
in questo contesto, l'Italia si colloca agli ultimi posti della classifica relativa all'accessibilità – assieme a Ungheria, Estonia, Slovacchia, Belgio, Bulgaria, Croazia e Romania (Commissione europea 2018);
come detto, il dato è particolarmente allarmante non soltanto con riferimento alla garanzia dei diritti fondamentali delle persone con disabilità, ma anche in relazione alle perdite economiche ingenti che produce, in un Paese, come il nostro, a vocazione turistica e culturale – con riferimento al patrimonio naturale e paesaggistico, museale ed archeologico: più nel dettaglio, si stima la perdita di una cifra pari ad almeno il 20 per cento del fatturato annuale (Commissione europea – DG Enterprise and Industry, 2014);
la situazione non è migliore sotto il profilo della salute e del diritto alla protezione dalla violenza, registrandosi su tutto il territorio nazionale preoccupanti e numerosi di casi di inaccessibilità dei centri antiviolenza e delle case rifugio, dei percorsi ospedalieri e di acquisizione del consenso informato, nonché degli ambulatori e dei macchinari di cui ai servizi di ginecologia e ostetricia (Comitato Onu 2016; Irpps-CNR 2018; Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane – Spes contra Spem 2016; Rapporto Uildm 2013);
il sopra citato obbligo di redazione dei Peba, rivolti al superamento delle barriere in edifici pubblici, privati ad uso pubblico e nel contesto di pertinenza dei medesimi edifici risulta ampiamente disatteso in quasi ogni regione d'Italia, con percentuali che arrivano fino a oltre il 90 per cento di comuni non dotati di Peba (Anci 2018);
altrettanto disatteso è l'obbligo di redazione dei piani di accessibilità urbana (Pau) ex articolo 24, comma 9, della legge n. 104 del 1992, che estende l'obbligo di accessibilità a tutti gli spazi urbani (strade, piazze, parchi, giardini, arredo urbano, parcheggi, trasporto pubblico e altro);
entrambe le disposizioni, peraltro, non specificano gli standard minimi e inderogabili di accessibilità, da attuare mediante la redazione dei Piani su tutto il territorio nazionale, con una conseguente ed allarmante disomogeneità nell'attuazione di un diritto – quello all'accessibilità – avente substrato costituzionale; l'assenza di indicazioni comuni tecnico-operative, sulla mappatura di luoghi ed edifici, sugli obiettivi da perseguire e sugli strumenti e metodi di monitoraggio, infatti, fa sì che in alcuni casi i piani si traducano in mere petizioni di principio, prive di reale efficacia in concreto;
non ultimo, vi è poi il tema della effettiva garanzia del diritto costituzionale al voto, che spesso le persone con disabilità non possono esercitare liberamente e segretamente, a causa di ostacoli e barriere architettoniche, ambientali, sensoriali e alla comunicazione (Cese 2019);
con specifico riferimento alla partecipazione alla vita politica italiana, inoltre, il Comitato delle Nazioni Unite si è definito preoccupato «perché le persone con disabilità intellettiva e/o psicosociali non ricevono un sostegno adeguato per poter esercitare il diritto di voto» (Comitato Onu 2016, n. 3);
la mancanza di accessibilità agli spazi e/o agli strumenti mediante i quali esercitare il diritto di voto priva la rappresentanza politica – tutta, senza eccezioni – di una grossa fetta di base elettorale, con evidenti implicazioni relative alla piena attuazione del principio di democrazia rappresentativa e dell'articolo 48 della nostra Costituzione;
più in generale, con riferimento al nostro Paese, il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità si è definito «preoccupato per l'insufficienza delle informazioni sui reclami e il monitoraggio degli standard di accessibilità [dei siti web, dei servizi di emergenza, del trasporto pubblico, degli edifici e delle infrastrutture] compresi quelli relativi all'utilizzazione di gare d'appalto pubbliche, per la carente applicazione e la mancanza di sanzioni in caso di inosservanza» ed ha raccomandato di rafforzare la raccolta dei dati e gli strumenti di monitoraggio e sanzionatori, per garantire che vengano rispettati gli standard di accessibilità, nonché – tra gli altri aspetti – di potenziare il trasporto pubblica «per garantire l'accesso a sistemi di trasporto sicuri, economicamente accessibili e sostenibili per tutti» (Comitato Onu 2016, nn. 21 e 22);
il Comitato ha poi evidenziato «la carenza dei dati riguardanti la scarsa disponibilità di comunicazioni accessibili in tutto il settore pubblico, tra cui il settore dell'istruzione», raccomandando «una verifica e un piano d'azione per garantire in tutti i settori pubblici la fornitura di servizi di assistenza», tra cui rientra senz'altro quella educativa e la continuità didattica (nn. 23 e 24);
la situazione descritta, inoltre, è stata di recente ulteriormente aggravata dalla pandemia da Covid-19, durante la quale le persone con disabilità e/o anziane non autosufficienti hanno assistito ad un arretramento dei loro diritti all'accessibilità e alla vita indipendente, se non ad una vera e propria violazione degli stessi (report Alto Commissariato delle Nazioni Unite 2020; EDF 2021; CESE 2021; Istat 2020; Istat 2021);
molte delle disposizioni di cui alla normativa nazionale, oltre che inapplicate, risultano – allo stato attuale – spesso tra loro contraddittorie, perché frutto di stratificazione normativa, nonché ormai ampiamente superate, a seguito dello sviluppo dei principi della Universal Design (progettazione universale, accomodamenti e soluzioni ragionevoli), nonché del loro recepimento normativo nella Convenzione delle Nazioni Unite e nel diritto dell'Unione europea, entrambe fonti giuridiche vincolanti per istituzioni e autorità pubbliche nazionali, a tutti i livelli;
inoltre, la disciplina sopra descritta risulta parziale, poiché l'accessibilità è un concetto complesso, dinamico e multiforme, che deve necessariamente comprendere sia l'accessibilità fisica o materiale (ad esempio agli spazi, agli ambienti, ai trasporti, ai servizi, ai beni o prodotti), sia quella virtuale (alle tecnologie, all'informazione, alla comunicazione), e deve essere declinata – in quanto diritto fondamentale della persona umana – con riferimento a qualsiasi tipo di disabilità (fisica, motoria, sensoriale, intellettiva, psichica e altro);
in altre parole, l'accessibilità non deve e non può mai essere limitata al solo abbattimento delle barriere architettoniche e all'accessibilità dei siti internet, affinché tutte le persone con disabilità – qualsiasi sia la propria disabilità – siano pienamente cittadini, alla pari di tutti gli altri e in tutti gli ambiti della vita umana, in attuazione del principio di eguaglianza formale e sostanziale, di cui alla nostra Costituzione;
di conseguenza, anche alla luce dei dati sopra esaminati, la disciplina nazionale necessita di revisione, aggiornamento ed implementazione, in attuazione dei principi di accessibilità, progettazione universale e accomodamento ragionevole sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite e dal diritto dell'Unione europea, entrambi vincolanti per le autorità pubbliche italiane;
questa necessità, peraltro, è stata fortemente evidenziata anche dall'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità nel Secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità in attuazione della legislazione nazionale e internazionale ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della legge 3 marzo 2009, n. 18, adottato con decreto del Presidente della Repubblica del 12 ottobre 2017, che delinea – tra le altre – le seguenti azioni: revisione e adeguamento della disciplina sull'accessibilità, interventi afferenti all'area mobilità e trasporti, interventi per l'accessibilità dei servizi della pubblica amministrazione, implementazione del turismo accessibile e dell'accessibilità al patrimonio culturale, azioni di monitoraggio e di raccolta dati,
impegna il Governo:
1) ad applicare il cosiddetto «principio del mainstreaming» in tema di disabilità, prendendo in considerazione la necessità di garantire i diritti delle persone con disabilità – con particolare riferimento al diritto all'accessibilità – in tutte le politiche e in ciascuna materia affrontata, nonché in tutti gli interventi infrastrutturali – quale, in primo luogo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr);
2) ad applicare il principio «nothing about us without us», consultando necessariamente le persone con disabilità e le loro organizzazioni rappresentative nella predisposizione delle politiche, ivi incluse quelle relative all'accessibilità, nonché coinvolgendole attivamente nel loro monitoraggio – come richiesto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia e dunque vincolante (articoli 4 e 33);
3) ad assumere tutte le iniziative necessarie per assicurare pienamente il diritto all'accessibilità, tenendo conto che lo stesso «attiene (...) al livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost.» (Corte costituzionale, sentenza n. 111 del 2014), ed in particolare ad assumere iniziative volte a:
a) monitorare e assicurare il pieno e puntuale rispetto delle leggi già vigenti in materia di accessibilità, sia fisica/materiale, sia all'informazione e alla comunicazione e a predisporre regolamenti, protocolli e linee guida efficaci in materia;
b) aggiornare – nell'ambito delle proprie competenze (compresi regolamenti, decreti, linee guida, protocolli) – la disciplina vigente, predisponendo nuove norme in materia di progettazione universale e accomodamento ragionevole, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità;
c) realizzare una mappatura: dei comuni che hanno adempiuto efficacemente all'obbligo di predisposizione dei piani di eliminazione delle barriere architettoniche e di accessibilità urbana; degli immobili ed edifici pubblici non ancora in linea con gli standard di accessibilità; dello stato di accessibilità di trasporti e viabilità pubblica;
d) garantire il diritto alla mobilità delle persone con disabilità, anche promuovendo l'adozione di misure uniformi su tutto il territorio nazionale che consentano la sosta gratuita nelle cosiddette Strisce blu ai titolari del contrassegno di cui all'articolo 188 del codice della strada;
e) adottare linee guida volte a supportare le autorità amministrative competenti nella redazione dei piani di cui alla lettera c), al fine di promuovere l'adozione ed effettiva applicazione di criteri realmente omogenei sull'intero territorio nazionale;
f) porre in essere le azioni di cui alle lettere precedenti in stretta collaborazione con le regioni, mediante l'attività della Conferenza Stato-regioni, nonché mediante stretto raccordo tra tutte le Amministrazioni competenti;
g) assicurare – anche attraverso iniziative di formazione specifica e continua – che tutti i professionisti ed il personale della pubblica amministrazione e dei servizi di pubblica utilità, nei diversi ambiti (esempio istruzione, lavoro, salute, giustizia, protezione dalla violenza, mobilità e trasporti, accesso alla p.a. e all'informazione, turismo, attività culturali e ricreative, situazioni di emergenza, partecipazione alla vita politica), siano adeguatamente e professionalmente formati in materia di accessibilità, progettazione universale, accomodamenti ragionevoli e vita indipendente, come richiesto dalla Convenzione delle Nazioni Unite e dal diritto antidiscriminatorio europeo nonché nazionale;
4) a promuovere e sviluppare la ricerca, l'utilizzazione e la diffusione di beni e servizi, nonché la creazione di spazi, ambienti, ausili e tecnologie progettati universalmente, anche prevedendo meccanismi premiali – anche all'interno dei bandi di gara – per i progetti che rispondono agli standard di accessibilità e ai principi dello Universal Design (progettazione universale e accomodamento ragionevole, ex articolo 2 Crpd);
5) ad assumere iniziative volte ad assicurare che i tecnici incaricati della progettazione e della direzione dei lavori di opere pubbliche abbiano competenze adeguate in materia di accessibilità, progettazione universale e accomodamenti ragionevoli;
6) a promuovere un Piano nazionale sull'accessibilità, la progettazione universale e gli accomodamenti ragionevoli, per supportare – tra gli altri – gli investimenti nel campo del turismo e della cultura accessibili, nonché iniziative di informazione e sensibilizzazione sul tema;
7) ad adottare iniziative per assicurare il rifinanziamento periodico e adeguato del Fondo per il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati (articolo 10 della legge n. 13 del 1989);
8) più in generale, ad attuare, per quanto di propria competenza, le iniziative previste dalla Linea di intervento 6 (Promozione e attuazione dei principi di accessibilità e mobilità), di cui al Secondo programma di azione biennale, citato in premessa e adottato con decreto del Presidente della Repubblica del 12 ottobre 2017.
(1-00471) «Noja, Boschi, Rosato, Fregolent, Gadda, Paita, Ungaro, Moretto, Occhionero, Annibali».
La Camera,
premesso che:
al momento si calcola che una persona su quattro nel mondo sia colpita da disturbi mentali e l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) indica come il disagio mentale rappresenti per i sistemi sanitari e sociosanitari una questione centrale. La depressione si attesta «tra le prime cause di disabilità a livello mondiale» e il suicidio, che colpisce 800 mila persone ogni anno, è la seconda causa di morte per i giovani di età compresa fra i 15 e i 29 anni;
nell'Unione europea i problemi di salute mentale colpiscono circa 84 milioni di persone (più di un cittadino su sei) e ogni anno vengono spesi a livello europeo 600 miliardi di euro, il 4 per cento del prodotto interno lordo, per le conseguenze della cattiva salute mentale. Oggi, le patologie mentali costituiscono il gruppo nosologico più numeroso (secondo soltanto alle malattie neoplastiche) e corrispondono al 21 per cento del totale delle patologie con un carico economico che supera i 3 miliardi di euro l'anno;
i dati Eurostat affermano che i letti per le cure psichiatriche in Europa nel 2018 erano in media 73 ogni 100.000 abitanti (nel 2004 erano 79) con notevole differenza fra i Paesi al primo posto, Belgio (135 posti) e Germania (128) e il fanalino di coda, l'Italia, con solo 9 letti ogni 100.000 abitanti (dietro Cipro con 18, e l'Irlanda con 34). Questo genera un problema oggettivo nell'assistenza ai malati psichiatrici e nella tutela dei più giovani. L'Istat ha stimato 4.000 suicidi complessivi ogni anno nel nostro Paese, di questi, oltre il 5 per cento riguarda i giovani sotto i 24 anni;
secondo il Rapporto italiano sulla salute mentale del 2018, gli utenti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici sono 837.027 e le prestazioni erogate dai servizi territoriali ammontano a 11.039.492, con una media di 14,2 prestazioni per utente. Le giornate di presenza presso strutture residenziali sono pari a 10.234.718 per 28.895 utenti, mentre gli accessi nelle strutture semiresidenziali sono pari a 1.478.244 per 26.544 persone. Per quanto riguarda le strutture residenziali psichiatriche attive pubbliche e private queste sono 1.965, mentre sono 881 quelle semiresidenziali psichiatriche attive pubbliche e private. Infine, la dotazione complessiva del personale all'interno delle unità operative psichiatriche pubbliche è pari a 28.811 unità con un rapporto a livello nazionale tra infermieri e medici pari al 2,4 e tra medici e psicologi al 2,7;
alla «legge Basaglia» (legge n. 180 del 1978) sono susseguiti una serie di Progetti obiettivi e di Piani nazionali. Il Piano che oggi è in vigore è il Pansm (Piano di azioni nazionale per la salute mentale, del 24 gennaio 2013) e i suoi tre documenti di approfondimento del 2014 (residenzialità per adulti, semi-residenzialità e residenzialità in età evolutiva, percorsi di cura per patologie ad alta complessità e/o ad alta prevalenza);
inoltre, durante i lavori del Tavolo tecnico sulla salute mentale, già istituito con decreto ministeriale 24 gennaio 2019, è stata presentata una prima stesura del report per il monitoraggio e la valutazione del Pansm elaborato dal coordinamento della Commissione salute della Conferenza delle regioni. Dalla ricognizione è emerso che gli obiettivi più implementati sono stati: i disturbi del comportamento alimentare, la classificazione delle residenze e semi-residenze per adulti, la classificazione delle residenze e semi-residenze per minori, l'autismo, il circuito penale;
a seguito della legge n. 81 del 2014 che sanciva finalmente la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari la maggior parte dei pazienti autori di reato vengono inseriti nelle strutture residenziali psichiatriche (Srp) con provvedimenti di libertà vigilata che in molte regioni rappresentano oltre il 20 per cento dei pazienti che vivono nelle Srp. Questi aspetti non erano stati previsti nella programmazione sanitaria e vengono finanziati con lo stesso budget dei pazienti non autori di reato che non è stato adeguato alle nuove esigenze di fatto nella maggior parte dei Dsm italiani;
da tempo si coglie nel nostro Paese una diffusa e profonda preoccupazione per lo stato della rete dei servizi di salute mentale: i dipartimenti di salute mentale (Dsm) presenti nelle regioni vanno diminuendo di numero, in ragione di accorpamenti di più aree territoriali conseguenti a programmi di «razionalizzazione» e di contenimento delle risorse. Il confronto tra gli ultimi tre anni disponibili (2016, 2017 e 2018) mostra un decremento importante del personale dei dipartimenti di salute mentale e un'insufficiente investimento della maggior parte delle regioni in quest'ambito. La rete dei servizi territoriali è stata depauperata di personale proprio nel momento in cui sono incrementate molto le richieste di interventi specialistici come nei disturbi del comportamento alimentare, nell'autismo ad alto funzionamento e per gli autori di reato la cui cura è stata attribuita alla sanità dalla legge n. 81 del 2014;
l'estensione talvolta spropositata del bacino di utenza (in alcune regioni fino a 2 milioni di abitanti) crea vere e proprie impossibilità di governo, tradendo la dimensione della «piccola scala», uno dei princìpi fondativi della riforma del 1978 e del lavoro territoriale e sottraendo così opportunità di cura e di presa in carico della persona e della sua famiglia;
i centri di salute mentale (Csm), presenti percentualmente in numero adeguato in tutto il territorio nazionale (1 ogni 80-100.000 abitanti), non sono equamente distribuiti, sono aperti per fasce orarie ridotte (ad eccezione di alcune realtà regionali); gli interventi di gestione della crisi, di presa in carico individuale, di sostegno alle famiglie e all'abitare, nonché di integrazione sociale finiscono per essere insufficienti;
i Dipartimenti di salute mentale (Dsm) italiani devono fronteggiare cambiamenti di enorme portata psicopatologici, epidemiologici, sociali. I direttori di Dsm segnalano da tempo l'esigenza di un nuovo piano che sappia far proprio il cambiamento dei bisogni in uno scenario complessivo mutato dando una priorità all'intervento territoriale e puntando sulla necessità di definire percorsi di cura appropriati per patologie ad alta complessità o ad alta prevalenza (Pdta) che riducano disomogeneità e discrezionalità;
si evince la necessità di riequilibrare l'allocazione delle risorse rispetto alla residenzialità puntando su strategie di abitare assistito e sulla riallocazione delle risorse sugli interventi a maggiore specificità clinica e di conduzione territoriale: strategie attive per il supported housing e il supported employment. Infatti, una delle maggiori problematiche aperte, ancora oggi, nel campo della salute mentale è rappresentata dalla difficoltà che gli utenti, le famiglie e i servizi hanno nel portare avanti percorsi di inserimento lavorativo così come prevede la legge 12 marzo 1999, n. 68;
così come avviene per tutto il Servizio sanitario nazionale, anche nell'abito della salute mentale si registra una forte criticità nella disponibilità dei dati frammentati. Per fare scelte evidence based è fondamentale la capacità di raccogliere ed elaborare dati ai fini della ricerca così come per elaborare strategie di intervento. Negli anni ha assunto un ruolo fondamentale il Sistema informatico per la salute mentale (Sism), in grado di fornire una base di dati incentrata sul paziente al fine di permettere l'analisi dei servizi assistenziali offerti, nonché di programmare l'erogazione dell'assistenza regionale e locale, e disegnare strategie nazionali. Il sistema ha una procedura di raccolta, aggiornamento e pubblicazione che va rivista per essere fruibile per gli operatori e supportare in tempo reale le politiche attive del decisore;
la situazione già di per sé critica è stalla a livello globale aggravata dal perdurare della pandemia in atto che secondo l'Oms ha interrotto o fermato i servizi fondamentali per la salute mentale nel 93 per cento dei Paesi del mondo, mentre la richiesta di supporto per la salute mentale è in aumento esponenziale;
in particolare, oggi, a causa della pandemia, il 99 per cento dei bambini e degli adolescenti del mondo sta sperimentando varie forme di limitazione della propria autonomia di movimento, compresa la sospensione della frequenza scolastica, e il 60 per cento vive in Paesi con lockdown parziale o totale. Varie ricerche dicono che gli alti livelli di stress e isolamento possono influenzare lo sviluppo psico-fisico di bambini e adolescenti, anche a lungo termine, pesando maggiormente su coloro che si trovano in situazioni di povertà economica, sociale, educativa;
un'indagine dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) sul COVID-19 e sui giovani ha rilevato come un giovane su due (tra i 18 e i 29 anni) sia soggetto a depressione e ansia, e uno su sei probabilmente ne sia effettivamente colpito, così come prima della pandemia si stimava che un bambino su 6 in Italia potesse avere un problema di salute mentale o di disturbi e sofferenza psicologica e che la risposta alla domanda di assistenza fosse insufficiente;
inoltre, per quanto riguarda i minori, dall'indagine sull'impatto psicologico della pandemia COVID-19 nelle famiglie in Italia promossa dall'Irccs Giannina Gaslini di Genova e pubblicata a giugno 2020 e da numerosi altri istituti di ricerca, anche internazionali, comprese le ricerche del Cnop relative al disagio ed alla sofferenza psicologica, è emerso che durante l'isolamento a casa per l'emergenza da Coronavirus i disturbi del sonno, gli attacchi d'ansia, l'aumento dell'irritabilità sono i sintomi più frequenti di cui hanno sofferto le bambine, i bambini e gli adolescenti nel nostro Paese. Anche il recente rapporto dell'Istituto superiore di sanità sulla promozione della salute mentale e psicologica infantile in tempo di COVID-19 (ISS, 2020) ha raccolto le evidenze scientifiche sul tema, all'epoca disponibili, dalle quali si evince l'esistenza di un rischio per la salute fisica e mentale e psicologica per alcune fasce di popolazione, tra cui bambini e adolescenti (non necessariamente affetti da pre-esistenti difficoltà adattive), dovuti a fattori stressogeni, quali l'isolamento in ambiente domestico, la chiusura prolungata della scuola, la mancanza di contatti fisici tra pari;
l'assenza di attività scolastiche, ricreative, ludiche e sportive ha costretto alla permanenza forzata in casa di migliaia di ragazzi e ragazze, con ripercussioni ancora difficilmente quantificabili. A ciò si è aggiunta la riduzione e il continuo depauperamento dei consultori familiari e dei professionisti abilitati a garantire l'erogazione delle prestazioni alla donna, alle famiglie, ai minori così come previsto dai livelli essenziali di assistenza (Lea), di attività ambulatoriali e di consulenza dedicate ai minori con malattie croniche o con malattie acute non-COVID-19;
sono sempre più numerosi i neuropsichiatri infantili che lanciano quotidianamente un grido di allarme sulle situazioni di emergenza «para-Covid» che stanno vivendo i pochi reparti di neuropsichiatria infantile esistenti in Italia e sull'incremento delle richieste di aiuto e di ricovero che ricevono per tentativi anticonservativi di adolescenti in particolare di sesso femminile;
sebbene sia ancora prematuro tracciare un quadro preciso delle reali conseguenze della pandemia sul benessere psicologico e mentale dei più piccoli e degli adolescenti, è ormai evidente che è necessario prevedere accanto ad interventi finalizzati a porre fine alla pandemia da COVID-19 e alla tutela della salute pubblica anche interventi mirati a tutela della salute mentale dei nostri giovani e giovanissimi, elemento questo imprescindibile nell'ottica di poter gestire efficacemente la situazione di emergenza;
attualmente in Italia sono solo 92 i posti letto dedicati ai minori con psicopatologie acute nei reparti di neuropsichiatria infantile, oltretutto non uniformemente distribuiti su tutto il territorio visto che ci sono regioni che non dispongono di alcun posto letto per acuti. Ciò ha comportato per tale mancanza, che in questo periodo, i pazienti adolescenti affetti da disturbi psichiatrici vengano ricoverati nei reparti di pediatria, in una sorta di accoglienza e di sostegno ma non sempre con un reale progetto di cura e di presa in carico; in alcuni casi estimi, sono ricoverati nei reparti di diagnosi e cura dedicata ai pazienti adulti (Spdc), in quanto, non essendoci posti dedicati, il ricovero negli Spdc è l'unica soluzione percorribile per problemi comportamentali degli adolescenti in quelle situazioni di esplosione comportamentale determinate dal sommarsi del disturbo psichico con l'abuso di sostanze o alcol che si osserva in adolescenti accompagnati nei pronto soccorso. Situazione non adeguata alle esigenze tipiche di un paziente minore;
la Fondazione Brf, che si occupa di ricerca scientifica in psichiatria e neuroscienze sottolinea come sottovalutare l'impatto del COVID-19 tra i più giovani, in una situazione già molto critica in termini di personale, servizi e organizzazione assistenziale per i problemi neuropsichiatrici dell'infanzia e adolescenza, rischia di trasformare un'emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo in una crisi dei diritti delle bambine e dei bambini e delle ragazze e dei ragazzi;
è necessario, senza perdere ulteriore tempo, definire interventi capaci di mitigare il più possibile tutti gli effetti negativi fin qui riscontrati e quelli, ad oggi, solo ipotizzabili;
ovviamente, la situazione di allarme e di paura legata al COVID-19 ha coinvolto non solo i minori ma un'ampia fascia di popolazione, che si è trovata in una condizione mai conosciuta prima;
come riportato anche dalla letteratura scientifica, durante gli eventi epidemici vi è un elevato rischio di sviluppare disturbi d'ansia, depressione, comportamenti auto ed etero-aggressivi. In queste situazioni sale la frequenza con cui si verificano abuso di alcool e sostanze, episodi di violenza domestica e di abuso sui minori;
aumentano inoltre, vari fattori di rischio psicosociale come stress da indigenza economica, disoccupazione, lutto, perdita del ruolo e del lavoro, rottura delle relazioni;
le stesse attività messe necessariamente in atto per contrastare la pandemia – lockdown, quarantena, coprifuoco – finiscono poi per avere un impatto a volte devastante su alcuni bisogni fondamentali delle persone come l'autonomia decisionale, la produttività economica, la mobilità spaziale, il senso di sicurezza fisica, la libertà di contatto con i familiari e può comportare gravi ripercussioni sull'equilibrio psichico ed emotivo;
la pandemia ha dimostrato chiaramente l'esistenza di un ventaglio di popolazione in cui la necessità di ricevere sostegno e assistenza medico-psichiatrica e psicologica sia fondamentale per il ritorno alla vita normale, così come c'è la necessità di intercettare precocemente l'insorgenza di patologie anche utilizzando gli strumenti di telemedicina che si sono rivelati assai efficaci nell'integrare e supportare i servizi tradizionali. È necessario indirizzarsi verso una salute mentale di comunità, attraverso servizi di prossimità, investendo nella sanità territoriale e mettendo sempre il paziente al centro al fine di poter dare una risposta rapida appropriata ed efficace alla complessità dei problemi connessi ai disagi psichici;
per quanto riguarda gli effetti del COVID-19 recenti ricerche hanno dimostrato come in alcuni pazienti, anche dopo essersi negativizzati, resista una sintomatologia prolungata, e persistente nel tempo, caratterizzata, ad esempio, per quanto riguarda l'interessamento del cervello, da cefalea, astenia, nebbia cognitiva, difficoltà di attenzione e concentrazione. Si parla in questo caso di long Covid;
diventa, quindi, urgente la promozione di un programma di tutela della salute mentale della popolazione sottoposta a misure drastiche di contrasto all'infezione da Sars-CoV-2 che abbia le caratteristiche proprie di un programma di promozione di salute pubblica, non limitato perciò a interventi settoriali di «assistenza psichiatrica»;
un siffatto programma può avere attuazione a partire da un rilancio dei dipartimenti di salute mentale (Dsm) del Servizio sanitario nazionale (Ssn), in concerto e sinergia con le politiche dei dipartimenti di prevenzione e le politiche sociali degli enti locali e delle associazioni di volontariato, nonché attraverso un rilancio di progetti di ricerca;
la pandemia deve essere l'occasione per una revisione ed ammodernamento di un grande patrimonio collettivo che il Servizio sanitario nazionale, della sua capacità – culturale, scientifica ed operativa – di occuparsi della salute delle persone e della collettività, e di farlo con logiche di sistema, approcci integrati, proattivi e di promozione delle risorse, coniugando il rispetto per le persone con l'efficacia e l'efficienza anche economica delle scelte,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per rimuovere qualsiasi forma di discriminazione, stigmatizzazione ed esclusione nei confronti delle persone con disagio, sofferenza psicologica e disturbo mentali, promuovendo anche campagne volte a sensibilizzare e a divulgare la conoscenza del tema;
2) a predisporre un nuovo piano nazionale per la salute mentale per una strategia di intervento volta al rilancio dei servizi per la salute mentale e per il superamento e il riequilibrio delle diversità regionali;
3) ad adottare iniziative per garantire, anche durante la pandemia da COVID-19, quale componente essenziale del diritto alla salute, i livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 12 gennaio 2017, privilegiando percorsi di cura individuali in una prospettiva di presa in carico a livello preventivo e quando necessario terapeutico della persona nel complesso dei suoi bisogni, per una piena inclusione sociale secondo i principi della «recovery», e sulla base di un processo partecipato;
4) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per garantire nell'ambito dell'assistenza distrettuale, domiciliare e territoriale ad accesso diretto, alle donne, ai minori, alle coppie e alle famiglie, le prestazioni, anche domiciliari, psicologiche e psicoterapeutiche necessarie ed appropriate;
5) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per assicurare fino a dieci sedute dallo psicologo ai giovani depressi per via della pandemia;
6) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per istituire nell'ambito del sistema sanitario nazionale degli ambulatori per l'assistenza dei pazienti cosiddetti «long covid» ossia con una sintomatologia prolungata e persistente nel tempo al fine di studiarne le caratteristiche e gli eventuali disturbi psicologici e neurologici che dovessero sorgere, offrendo loro un continuo sostegno psicologico e/o psichiatrico;
7) ad istituire un osservatorio sulla condizione della salute mentale dell'adulto, dell'adolescente e del minore a seguito delle misure prese per contrastare l'emergenza sanitaria in atto;
8) ad istituire un osservatorio sulla condizione della salute e del benessere psicologico dell'adulto, dell'adolescente e del minore a seguito degli interventi e delle misure prese per contrastare l'emergenza sanitaria in atto;
9) a porre in essere scelte di indirizzo che mettano la salute fisica psicologica e mentale dell'infanzia e dell'adolescenza al centro delle politiche socio-sanitarie del Paese e dei singoli territori, coinvolgendo i neuropsichiatri infantili, gli psichiatri, gli psicologi, i servizi educativi e quelli sodali terzo settore, oltre che i pediatri favorendo la creazione, all'interno dei dipartimenti di salute mentale (Dsm), di servizi dedicati alla fascia 14-25;
10) ad adottare iniziative per finanziare in modo adeguato i programmi regionali che devono essere previsti nei piani programmatici a livello regionale e locale, potenziandone il finanziamento dedicato alla salute mentale oggi fermo al 3,5 per cento di media rispetto al 5 per cento previsto;
11) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per rafforzare l'organizzazione territoriale della salute mentale e quella della medicina preventiva, a partire dall'ambulatorio del pediatra di famiglia e del medico di medicina generale al fine di individuare precocemente le criticità ed operare le scelte necessarie per effettuare la presa in carico dei pazienti e delle famiglie in difficoltà;
12) a sviluppare reti di connessioni e di servizi di sostegno con la scuola attraverso figure formate di psicologi e servizi sociali integrati in una rete funzionale con i singoli ambiti distrettuali;
13) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per riorientare i servizi sui bisogni di salute mentale dei giovani, servizi che oggi sono caratterizzati da un elevato livello di frammentazione nei metodi, nei luoghi, nelle modalità di interazione, il che spesso comporta anche la mancata richiesta di aiuto;
14) a sostenere la diffusione di linee di ascolto e di emergenza per giovani e adulti;
15) ad adottare iniziative per incrementare il numero di posti letto pubblici dedicati alla salute mentale ed alla neuropsichiatria infantile, al fine di potenziare le risposte verso i quadri acuti di natura neuropsichiatrica con la disponibilità adeguata di luoghi di ricovero specialistici e a sviluppare adeguati servizi territoriali che possano attuare un'efficace e prolungata presa in carico dopo la risoluzione dell'acuzie;
16) ad istituire un gruppo multidisciplinare di coordinamento centrale che possa orientare gli interventi di salute mentale, predisponendo progetti e programmi volti a soddisfare adeguatamente i bisogni della popolazione, inquadrandoli nelle diverse situazioni sia di elezione che di emergenza nell'ambito del territorio nazionale;
17) ad adottare iniziative per istituire la figura dello psicologo, all'interno dei reparti di pediatria e neonatologia degli ospedali del Servizio sanitario nazionale con l'obiettivo di tutelare il benessere psicologico dei degenti (bambini e adolescenti) e delle loro famiglie, con particolare riferimento alle condizioni di cronicità e/o di disagio psico-sociale;
18) a tenere in considerazione, così come specificato in un messaggio del maggio 2020 del World Economic Forum, i bisogni dei bambini e degli adolescenti in ogni dibattito/decisione di adozione di misure restrittive secondo lo slogan «Non per noi, ma con noi»;
19) ad adottare iniziative per prevedere strutture di libero accesso riservate ai ragazzi e capaci di dare risposte riguardo la salute mentale e psicologica, e di esercitare attività di ascolto rispetto alle problematicità dell'età adolescenziale;
20) ad adottare iniziative per implementare la telepsichiatria e la telepsicologia, così come prevista dall'Istituto superiore di sanità (Iss) al servizio di quella fascia di persone che, altrimenti avrebbero difficoltà ad accedere ai servizi, al fine di sostenere con maggiore continuità il rapporto e il dialogo specialista-paziente soprattutto nelle zone ove è maggiore la carenza di figure professionali specialistiche;
21) ad adottare iniziative di competenza per aggiornare la piattaforma «SISM», promuovendo attività di ricerca su dati traslazionali, sul disagio psichico, ponendo particolare attenzione nell'immediato agli effetti della sintomatologia post-Covid;
22) ad istituire un osservatorio permanente sul fenomeno suicidario che possa svolgere azione di prevenzione mediante lo studio di situazioni ambientali, particolari condizioni sociali, individuazione ed analisi dei rischi delle condotte autolesive e sostenere la diffusione di linee di ascolto per la prevenzione del suicidio e degli atti di autolesionismo;
23) ad adottare iniziative affinché il budget di salute quale sintesi delle risorse economiche, professionali e umane necessarie diventi lo strumento centrale su cui sostenere il progetto terapeutico personalizzato per innescare un processo volto a ridare alla persona una propria autonomia sociale, lavorativa o di studio;
24) a promuovere, per quanto di competenza, condizioni territoriali per l'integrazione tra le politiche sanitarie e sociosanitarie volte ad una totale presa in carico del minore con il sostegno delle agenzie educative, prima fra tutte quella scolastica, valorizzando le esperienze e le relazioni con realtà quali il terzo settore;
25) a predisporre iniziative volte a sviluppare ed implementare la riabilitazione e la teleriabilitazione cognitiva-occupazionale ed il sostegno/intervento psicologico della persona affetta da grave cerebrolesione acquisita dovuta a trauma cranioencefalico o ad altre cause tale da comportare disabilità anche grave, al fine di una presa in carico del paziente e della sua famiglia in un'ottica di continuità assistenziale anche a distanza;
26) a programmare adeguatamente con l'università e le società scientifiche il fabbisogno di personale nell'ambito della salute mentale per superare l'attuale carenza di psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, assistenti sociali, tecnici della riabilitazione psichiatrica e infermieri nei Dsm dei servizi sanitari regionali;
27) ad adottare iniziative per ridefinire gli standard quali-quantitativi del personale, quale risorsa fondamentale, dei diversi servizi afferenti ai Dsm;
28) ad adottare iniziative per investire sull'innovazione farmacologica, riabilitativa e psicoterapeutica nell'ambito della salute mentale per garantire l'accesso alle cure più efficaci in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;
29) ad attivare gli strumenti più idonei per favorire una ricerca di base e traslazionale nell'ambito della salute mentale;
30) ad adottare iniziative per dare priorità all'intervento territoriale e alla necessità di definire percorsi di cura appropriati per patologie ad alta complessità e/o ad alta prevalenza (Pdta), che riducano disomogeneità e discrezionalità, riequilibrando l'allocazione delle risorse con un marcato contenimento della spesa dedicata alla residenzialità, verso strategie di supported housing e supported employment;
31) ad adottare iniziative per potenziare i servizi per la salute mentale nelle carceri e coordinare i percorsi di cura dei pazienti autori di reato in accordo con le autorità giudiziarie;
32) a monitorare il piano raggiungimento degli obiettivi definiti per le Rems dalla legge n. 81 del 2014 per garantire la piena dignità del paziente psichiatrico;
33) a dare attuazione, da parte del Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a quanto disposto dall'articolo 29-ter del decreto-legge n. 104 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2010.
(1-00472) «Lorenzin, Siani, Carnevali, Serracchiani, Delrio, De Filippo, Lepri, Rizzo Nervo, Pini, Schirò, Avossa, Bazoli, Benamati, Berlinghieri, Boccia, Boldrini, Bonomo, Bordo, Enrico Borghi, Braga, Bruno Bossio, Buratti, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cappellani, Carè, Ceccanti, Cenni, Ciampi, Critelli, Dal Moro, De Luca, De Maria, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Di Giorgi, Fassino, Fiano, Fragomeli, Frailis, Gariglio, Giorgis, Gribaudo, Gualtieri, Incerti, La Marca, Lacarra, Lattanzio, Losacco, Lotti, Madia, Gavino Manca, Mancini, Mauri, Melilli, Miceli, Morani, Morassut, Morgoni, Mura, Nardi, Navarra, Nitti, Orfini, Pagani, Ubaldo Pagano, Pellicani, Pezzopane, Piccoli Nardelli, Pizzetti, Pollastrini, Prestipino, Quartapelle Procopio, Raciti, Andrea Romano, Rossi, Rotta, Sani, Sensi, Soverini, Topo, Vazio, Verini, Viscomi, Zan, Zardini».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
l'Italia, Paese fondatore dell'Unione europea aderisce alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che stabilisce standard minimi per i diritti delle persone con disabilità e la prima convenzione sui diritti umani di cui l'Unione europea è diventata parte, il 22 gennaio 2011;
nel marzo 2021, la Commissione europea ha adottato la Strategia per i diritti delle persone con curabilità 2021-2030 che ha l'obiettivo di progredire verso la garanzia che tutte le persone con disabilità in Europa, indipendentemente dal loro sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, età o orientamento sessuale, possano godere dei diritti umani, avere pari opportunità, pari accesso per partecipare alla società e all'economia, essere in grado di decidere dove, come e con chi vivere, muoversi liberamente nell'Unione europea indipendentemente dalle loro esigenze di sostegno, non subire più discriminazioni;
la nuova strategia contiene quindi un insieme ambizioso di azioni e iniziative «faro» in vari settori e ha numerose priorità, come l'accessibilità: potersi muovere e risiedere liberamente ma anche partecipare al processo democratico, avere una qualità di vita dignitosa e vivere in modo indipendente, poiché si concentra in particolare sul processo di deistituzionalizzazione, protezione sociale e non discriminazione sul lavoro; la pari partecipazione: in quanto mira a proteggere efficacemente le persone con disabilità da qualsiasi forma di discriminazione e violenza, per garantire pari opportunità e accesso alla giustizia, all'istruzione, alla cultura, allo sport e al turismo, ma anche pari accesso a tutti i servizi sanitari; il ruolo dell'Unione europea è di dare il buon esempio; l'intenzione dell'Unione europea è di realizzare tale strategia promuovendo i diritti delle persone con disabilità a livello globale;
è notizia degli ultimi giorni, apparsa in diversi organi di stampa, che cinque dipendenti hanno trasformato un centro residenziale per l'assistenza ai disabili affetti da paralisi spastica in un luogo di terrore, con violenze fisiche e verbali, minacce e umiliazioni nei confronti degli ospiti disabili, incapaci di difendersi o di chiedere aiuto;
ad oggi la giustizia ha già fatto parte del suo corso; è stata emessa la misura degli arresti domiciliari per tre dipendenti e l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria con contestuale «divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalle persone offese» per gli altri due;
le intercettazioni ambientali audio e video, effettuate giorno e notte all'interno del centro residenziale con la costante presenza di una pattuglia pronta a intervenire all'occorrenza, oltre a documentare le sistematiche violenze, hanno evidenziato le minacce degli indagati ai pazienti che non dovevano dire a nessuno cosa succedeva, pena altre sevizie;
giova rammentare che nell'ottobre del 2018 la Camera ha approvato una proposta di legge a prima firma dell'onorevole Calabria (A.C. 1066), recante misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno del minori negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità, nonché delega al Governo in materia di formazione del personale. Il testo unificato approvato dalla Camera e contenente altresì misure per la videosorveglianza nelle suddette strutture è ancora all'esame della competente Commissione, in sede referente, al Senato;
al riguardo, sarebbe opportuno che il Governo favorisse, per quanto di competenza, un rapido iter della citata proposta di legge –:
quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di evitare che eventi come quelli riportati in premessa abbiano a ripetersi;
se non si ritenga necessario adottare quanto prima tutte le iniziative normative volte a rivedere la disciplina vigente al fine di garantire adeguata formazione per l'accesso alle professioni educative e di cura, con particolare riguardo al personale operante presso le strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità di cui in premessa, anche valutando la propensione del medesimo personale a svolgere le attività di assistenza nelle medesime strutture.
(2-01187) «Dall'Osso, Versace, Sandra Savino, Aprea, Baldini, Brambilla, Nevi, Giacometto, Battilocchio, Saccani Jotti, Angelucci, Bagnasco, Baldelli, Baratto, Barelli, Anna Lisa Baroni, Bartolozzi, Biancofiore, Bond, Calabria, Cannatelli, Cannizzaro, Caon, Cappellacci, Casciello, Casino, Cassinelli, Cattaneo, Cortelazzo, Cristina, D'Attis, D'Ettore, Fasano, Fascina, Fatuzzo, Ferraioli, Gregorio Fontana, Giacomoni, Giannone, Labriola, Mandelli, Marin, Marrocco, Martino, Mazzetti, Milanato, Musella, Fitzgerald Nissoli, Novelli, Occhiuto, Orsini, Palmieri, Pella, Pentangelo, Perego Di Cremnago, Pettarin, Pittalis, Polidori, Porchietto, Prestigiacomo, Ripani, Rossello, Rosso, Rotondi, Ruggieri, Paolo Russo, Sarro, Sibilia, Siracusano, Sozzani, Spena, Squeri, Tartaglione, Torromino, Maria Tripodi, Valentini, Vietina, Vito, Zanettin, Zangrillo».
Interrogazione a risposta orale:
VALLASCAS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi, alcuni organi di stampa a diffusione regionale hanno dato ampio risalto alla notizia secondo la quale la regione sarebbe in forte ritardo nella somministrazione dei vaccini ai soggetti fragili;
a questo proposito il quotidiano L'Unione Sarda del 20 aprile 2021 ha riferito, che «per la stragrande maggioranza delle persone in attesa di una telefonata dell'Ats (Azienda tutela della salute), tutto tace»; ugualmente, il quotidiano La Nuova Sardegna, sempre del 20 aprile 2021, ha riferito che «La Sardegna, invece, continua a essere molto indietro nella classifica delle vaccinazioni a favore dei pazienti fragili»;
in particolare, secondo la stima dell'Ats, sono 158.364 i sardi con patologie importanti che avrebbero diritto alla vaccinazione prioritaria, suddivisi in estremamente vulnerabili (66.257 soggetti) e vulnerabili al di sotto dei 70 anni di età (158.364);
secondo quanto riferiscono gli organi di stampa, per questi soggetti l'assessorato dell'igiene e sanità «ha stabilito che queste categorie devono essere chiamate dalle unità operative e dagli ambulatori degli ospedali che le hanno in cura – e dal Brotzu e dall'Aou l'appello è già partito da qualche settimana», ma, come anticipato, il sistema delle prenotazioni per questi soggetti starebbe partendo con forti ritardi;
questa situazione avrebbe generato forti preoccupazioni da parte di amministratori locali e associazioni dei malati, e in particolare «l'associazione Cittadinanzattiva-Rete Tribunale per il malato ha raccolto numerose segnalazioni dalle assemblee territoriali»;
in una nota, la sezione sassarese di Cittadinanzattiva ha riferito che «tutte le priorità sono saltate e spesso le convocazioni avvengono con appena due ore di anticipo senza tener conto delle patologie pregresse»;
i ritardi nella vaccinazione dei soggetti fragili destano preoccupazione soprattutto in considerazione del fatto che, nell'isola, sarebbe elevata l'incidenza di alcune patologie, come il diabete, che rendono i soggetti ulteriormente vulnerabili al Coronavirus;
a questo proposito, il quotidiano La Nuova Sardegna riferisce che «A Cagliari, oltre trenta diabetici e malati oncologici hanno inviato una lettera di protesta al commissario nazionale Francesco Paolo Figliuolo, minacciando di rivolgersi alla procura della Repubblica di Cagliari se non saranno vaccinati in tempi brevi»;
ad aggravare la situazione, sarebbe anche l'assenza di adeguate informazioni con la conseguenza, come riferisce il quotidiano L'Unione Sarda, che «La gente è disperata, sono centinaia le segnalazioni fatte al giornale e sui social sulla via crucis per avere informazioni, sul fatto che nessuno dalle istituzioni risponda alle mail o ai numeri dedicati»;
da quanto esposto, si configurerebbe una situazione di grave emergenza sanitaria, con particolare riferimento ai rischi cui potrebbero andare incontro i soggetti fragili e vulnerabili per il fatto di non essere stati ancora sottoposti a vaccino anti Covid –:
quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, per verificare lo stato di attuazione del piano vaccinale anti Covid in Sardegna, con particolare riguardo ai soggetti fragili, e per accelerare le vaccinazioni di questi ultimi al fine di garantire loro adeguata prevenzione e assistenza sanitaria.
(3-02220)
Interrogazioni a risposta scritta:
FRASSINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
gli studenti di medicina del quinto e sesto anno devono frequentare gli ospedali per completare il loro tirocinio abilitante;
le somministrazioni dei vaccini per gli studenti sono in forte ritardo, soprattutto negli atenei più grandi, rischiando di pregiudicare il corso di studi;
sono state individuate gravi lacune nell'organizzazione delle vaccinazioni, tanto che, in alcune università, i controlli sono stati carenti in base alle liste, studenti del secondo anno di medicina sono stati vaccinati prima di quelli degli ultimi anni;
nonostante le università rassicurino gli studenti che potranno accedere alle sessioni di laurea di giugno e luglio 2021, lo stesso c'è il pericolo di formare una classe di medici senza una esperienza completa effettuata negli ospedali –:
quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per procedere nella campagna vaccinale degli studenti delle facoltà di medicina.
(4-09086)
DE LORENZO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:
la legge n. 582 del 1996 prevede il ripristino della linea naturale della costa di Bagnoli, e la rimozione della colmata a mare di cemento, una bomba ecologica da disinnescare perché inquina spiagge e fondali marini;
il risanamento del sito, dai sedimenti marini ai terreni nell'area ex Italsider, una collina di rifiuti industriali con la presenza di contaminanti chimici nei detriti dalla loppa, rappresenta una sfida per restituire alla città duecentocinquanta ettari e un arenile lungo due chilometri;
destano sconcerto le affermazioni del Commissario per la bonifica ambientale del sito ex Italsider Bagnoli, il quale, in una intervista pubblicata sul Corriere del Mezzogiorno il 31 marzo 2021, ritiene di lasciare la colmata perché è statica e non inquina e «l'unico ostacolo è quello della Soprintendenza ...», intenzioni secondo l'interrogante discutibili considerando il suo ruolo di attuatore di disposizioni che prevedono la bonifica ambientale di Bagnoli-Coroglio, attesa da oltre venticinque anni;
nella relazione: «Finanziamenti destinati alla bonifica ambientale e alla rigenerazione urbana del comprensorio Bagnoli-Coroglio» 2015-2018, approvata dalla Sezione centrale di controllo della Corte dei conti, (deliberazione 13/2020/G), i magistrati scrivono: «Gli interventi nell'area hanno comportato un recente finanziamento assegnato ad Invitalia S.p.a. di 442,7 milioni di euro (87,5 milioni di euro erogati), da aggiungere ai 462 milioni di euro erogati, che hanno consentito di realizzare attività di studio e di “caratterizzazione” delle aree che allo stato vede il Commissario impegnato nell'attivazione degli atti necessari alla configurazione urbanistica dell'area e alla programmazione delle bonifiche»;
nel giugno 2019 il Commissario ha adottato lo stralcio urbanistico del Piano di risanamento ambientale, che ha individuato la destinazione urbanistica dell'area all'interno del sito, fondamentale per la programmazione delle opere di bonifica, che secondo la Corte dei conti «presenta criticità sia sotto il profilo della definizione delle strutture da realizzarsi, sia sotto quello di una non puntuale previsione finanziaria»;
dalla relazione della Corte dei conti emerge la necessità di affrontare con urgenza il problema della rimozione della «colmata a mare di cemento», considerando che non sono stati ancora individuati i siti nei quali destinare i materiali inquinati provenienti anche dal fondale marino circostante;
urgente è, altresì l'ultimazione della bonifica dell'area ex Eternit, i cui fondi per la realizzazione sono a disposizione del soggetto attuatore dal 2017;
la relazione evidenzia la necessità di «assicurare la piena funzionalità della cabina di regia dell'intero intervento e delle relative conferenze dei servizi, al fine di giungere alla definizione di una cornice programmatica condivisa e della conseguente esecuzione del progetto di bonifica»;
a fronte di un impegno di novecento milioni di euro, i risultati sono definiti dai magistrati contabili: «talvolta anche peggiorativi dell'inquinamento dell'area, causati da interventi di bonifica non idonei». Questo conferma quanto sostenuto nella perizia disposta dal tribunale di Napoli, secondo la quale gli interventi a Bagnoli «come realizzati» avevano «compromesso la futura fruibilità dei luoghi», perlomeno di quelli d'uso residenziale;
il sequestro penale, nel 2013 di gran parte dell'area del sito di interesse nazionale ha impedito la prosecuzione dei programmi. Il procedimento penale per reati di disastro colposo e truffa, attualmente in appello, ha interessato: vertici di Bagnolifutura S.p.a., amministratori e dipendenti pubblici –:
quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per valutare eventuali responsabilità del Commissario di Governo in ordine alla mancata applicazione della legge n. 582 del 1996 e per il comportamento avuto rispetto ai compiti assegnatigli;
quali iniziative il Governo intenda adottare per quanto di competenza, per consentire, tenuto conto delle criticità rilevate dai giudici contabili, l'avvio del processo di bonifica ambientale e rigenerazione urbana di Bagnoli;
quali iniziative intenda assumere affinché non maturino altri ritardi sul programma di bonifica con conseguente aggravio di costi.
(4-09091)
DIFESA
Interrogazione a risposta in Commissione:
GEMMATO. — Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il 28 dicembre 2020, al segretario regionale della Basilicata del sindacato italiano unitario lavoratori militari (Siulm - Associazione professionale a carattere sindacale militare), dottor Antonio Pagano (tenente dei Carabinieri in servizio presso il Comando Provinciale di Potenza), veniva notificato il decreto del direttore generale per il personale militare del Ministero della difesa con cui gli veniva irrigata la «sospensione disciplinare dall'impiego» per mesi 2 quale provvedimento finale del procedimento disciplinare di stato, instaurato per aver rilasciato al TG regionale, in data 30 marzo 2020 (nel pieno della prima ondata pandemica), dichiarazioni afferenti la carenza di dispositivi di protezione individuale a disposizione delle forze di polizia a livello nazionale;
per gli stessi fatti, il segretario veniva denunciato anche all'autorità giudiziaria ordinaria di Potenza e a quella militare di Napoli che, non rilevando nulla di penalmente rilevante, archiviavano ambedue i procedimenti;
da quanto si evince dall'intervista al segretario, pubblicata sul sito Rai News e dalla lettura della contestazione degli addebiti, pare che il dottor Antonio Pagano abbia reso quelle dichiarazioni nell'ambito dell'esercizio della sua funzione di dirigente sindacale e fuori dall'orario di servizio e, di conseguenza, le stesse non dovrebbero necessitare di alcun tipo di autorizzazione preventiva da parte del datore di lavoro;
in particolare, sembrerebbe che obbligare un dirigente sindacale, nell'esercizio dei compiti di tutela dei rappresentati, a richiedere l'autorizzazione preventiva al proprio datore di lavoro per il rilascio dichiarazioni pubbliche inerente la propria attività potrebbe apparire, icto oculi, contraddittorio;
in data 24 marzo 2021, il Segretario provinciale di Viterbo del Nuovo sindacato Carabinieri (NSC), per fatti esattamente sovrapponibili a quelli contestati al dottor Pagano, è stato sottoposto a procedimento disciplinare di Corpo (meno grave di quello contestato al dottor Pagano) per aver espresso, nella sua qualità di dirigente sindacale, opinioni «in contrasto con le decisioni del Governo» e «non autorizzate» (per questo episodio è stata presentata anche l'interrogazione n. 3- 2181 del 13 aprile 2021);
il Comandante della Legione Carabinieri Lazio (da cui dipende il predetto sindacalista dell'Nsc), con proprio provvedimento del 16 aprile 2021, rilevando nella contestazione di addebiti un «vizio di legittimità» legato ad «eccesso di potere, per travisamento ed erronea valutazione dei fatti», ha annullato il procedimento disciplinare;
sembrerebbe, dunque, una disparità di trattamento nei due casi prospettati, con valutazioni che, se confermate, apparirebbero esclusivamente penalizzanti nei confronti del dirigente sindacale del Siulm (con danni sia personali che all'organizzazione sindacale rappresentata);
sembra ancor più evidente, infine, l'ennesima manifestazione di un problema afferente al corretto esercizio democratico delle libertà sindacali delle associazioni a carattere sindacale militari che, a seconda dei contesti territoriali in cui svolgono la propria attività di rappresentanza e dei datori di lavoro in essi presenti, sembrerebbero subire (come nel caso in esame) presunte limitazioni e condizionamenti –:
se il Governo sia informato dei fatti esposti in premessa, se gli stessi corrispondano al vero e, in caso affermativo:
a) se l'attività sindacale svolta da appartenenti alle Forze armate e alle forze dell'ordine, nell'ambito di associazioni a carattere sindacale militari, sia subordinata a preventive autorizzazioni da parte del datore di lavoro;
b) quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare affinché siano garantiti, anche ai rappresentanti sindacali delle associazioni a carattere sindacale militari, i diritti sanciti dagli articoli 21 e 39 della Costituzione.
(5-05846)
Interrogazione a risposta scritta:
FANTUZ e BISA. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la stazione dei carabinieri nel comune di Susegana (Treviso) trova sede in un edificio a due piani dei primi ‘900;
nel corso degli anni è emersa l'opportunità di dedicare al presidio un immobile più spazioso e, a tal fine, l'amministrazione comunale, di concerto con i rappresentanti dell'Arma, individuava nella sede dell'ex municipio di Susegana in piazza Martiri della Libertà la nuova possibile sede della stazione;
per ragioni di sicurezza e di abitabilità si rendeva necessario procedere a dei lavori di ristrutturazione; di tali lavori di ammodernamento, che iniziavano nel 2016 e si concludevano nel 2018, si è fatto carico il comune per una cifra di circa 230.000 euro;
con una nota del 16 luglio 2019 il comandante Mar. Mag. Rudy Plazzotta trasmetteva le linee guida del comando generale dell'Arma dei carabinieri (IV reparto SM), per l'elaborazione delle iniziative infrastrutturali e per le verifiche sismiche relative alle nuove sedi di reparto dell'Arma;
dalle verifiche svolte l'attuale indice di vulnerabilità sismica dell'immobile risulta essere inferiore al livello minimo previsto per la specifica destinazione d'uso (classe d'uso IV); infatti, la struttura non è stata interessata da interventi per garantire il rispetto della normativa antisismica;
in considerazione di questi sviluppi, il comune di Susegana si è impegnato formalmente ad eseguire, a propria cura entro e non oltre il 31 marzo 2026, i necessari lavori di adeguamento strutturale dell'immobile, al fine di garantire il raggiungimento dei valori minimi di resistenza al sisma;
in data 20 maggio 2020, a seguito della stipula del contratto d'affitto, veniva formalizzato il cronoprogramma secondo il quale il comune di Susegana prevedeva l'affidamento dei lavori entro il 31 marzo 2025;
ciò nonostante, nell'agosto 2020, il comando dei carabinieri si è materialmente trasferito nei locali della nuova sede –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare con riferimento alla stazione dei carabinieri di Susegana, anche a fronte della necessità del comune di disporre dell'immobile libero da cose e persone per procedere alle necessarie opere di ristrutturazione.
(4-09084)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta scritta:
DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili e il Consiglio nazionale forense chiedono di poter contribuire direttamente ai lavori della Commissione interministeriale sulla giustizia tributaria, con un rappresentante per ciascuno degli ordini professionali, così come avvenuto per l'Agenzia delle entrate, altra parte del giudizio tributario. È questo il contenuto della lettera inviata ai Ministri della giustizia, Marta Cartabia e dell'Economia, Daniele Franco. I due Consigli nazionali vogliono avere l'opportunità di essere concretamente e coerentemente ascoltati su proposte che promanino anche dagli enti rappresentativi delle professioni, che costituiscono una delle parti necessarie del processo tributario;
il 15 aprile 2021, con un comunicato stampa congiunto, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili e il Consiglio nazionale forense hanno annunciato di aver inviato una missiva ai Ministri della giustizia e dell'economia, formulando alcune richieste in merito alla nuova Commissione Interministeriale sulla giustizia tributaria;
nella lettera firmata dalla presidente facente funzioni del Consiglio nazionale forense, Maria Masi, e dal presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani, i due Consigli nazionali di categoria chiedono di poter contribuire direttamente ai lavori della Commissione con un rappresentante per ciascuno degli ordini professionali, così come avvenuto per l'Agenzia delle entrate, altra parte del giudizio tributario;
la richiesta, seppur riconosce che nella Commissione sono presenti illustri professionisti in taluni casi iscritti agli ordini dei commercialisti e degli avvocati, è stata avanzata dopo che i due Consigli nazionali hanno appreso dalla stampa del decreto interministeriale con cui è stata istituita una Commissione interministeriale sulla giustizia tributaria;
con comunicato stampa del 12 aprile 2021, infatti, il Ministero dell'economia e delle finanze ha reso nota la firma del decreto che istituisce la nuova Commissione interministeriale sulla giustizia tributaria, con il compito di analizzare e formulare proposte di intervento, per far fronte al contenzioso arretrato e ridurre la durata dei processi. Entro il 30 giugno 2021, la Commissione presenterà ai Ministri una relazione sull'esito dei lavori svolti e le proposte di intervento formulate;
i Consigli nazionali hanno accolto con favore il fatto che la riforma della giustizia tributaria rientri tra le priorità di azione indicate dal Governo, obiettivo coerente con le indicazioni dell'Unione europea;
gli organi sopra citati da anni sono impegnati, anche congiuntamente, nella predisposizione di analisi e proposte sulla giustizia tributaria e ambirebbero a proseguire in questo lavoro anche nella costruzione della prossima riforma;
la giustizia tributaria rientra nelle competenze del Ministero dell'economia e delle finanze, mentre il Ministero della giustizia è coinvolto sul fronte del ricorso in Cassazione, dove il contenzioso tributario rappresenta una delle componenti principali dell'arretrato accumulato. Secondo i dati rilasciati dal Governo, sono 50.000 i ricorsi pendenti stimati a fine 2020, con una percentuale di riforma delle decisioni di appello del 45 per cento;
appare, quindi, del tutto illogica l'esclusione degli ordini professionali rappresentativi delle professioni che costituiscono una delle parti necessarie del processo tributario. Poiché nella commissione siede l'altra parte del processo, appare del tutto evidente come sia urgente e necessario ristabilire la parità tra le parti anche in fase di elaborazione delle linee di indirizzo, per la piena tutela dei diritti del cittadino –:
se il Governo intenda accogliere la richiesta formulata dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili e dal Consiglio nazionale forense illustrata in premessa.
(4-09080)
TORTO e DAVIDE CRIPPA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:
l'imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi) è stata istituita dall'articolo 38 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, a decorrere dall'anno 2020, in sostituzione di ogni altra imposizione immobiliare locale ordinaria sugli stessi manufatti;
il comma 1 del medesimo articolo si riferisce alle piattaforme marine intese come strutture emersa destinate alla coltivazione di idrocarburi e site entro i limiti del mare territoriale, come individuato dall'articolo 2, del codice della navigazione (regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, e successive modifiche e integrazioni). Nel genere più ampio delle strutture marine rientrano piattaforme con struttura emersa, teste pozzo sottomarine e unità galleggianti di stoccaggio temporaneo;
secondo la risoluzione n. 8/DF del 16 dicembre 2020, del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, che ha fornito chiarimenti in merito al regime dell'IMPi, l'imposta trova applicazione solo sulla prima categoria di strutture marine. Sono altresì escluse dall'IMPi tutte le unità galleggianti di stoccaggio temporaneo e le teste pozzo sottomarine, nonché le navi destinate allo stoccaggio degli idrocarburi;
per quanto concerne il presupposto impositivo, condizione necessaria e sufficiente ai fini dell'applicazione dell'imposta è la destinazione della struttura alla coltivazione di idrocarburi che è regolata dal titolo concessione di coltivazione. L'assoggettamento a tassazione non può ritenersi limitato ai soli periodi in cui viene svolta l'attività estrattiva. Ai fini della determinazione della base imponibile, trova applicazione il comma 746 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (cosiddetta legge di bilancio 2020). Per quantificare la base imponibile delle piattaforme marine occorre quindi fare riferimento al valore contabile, senza la possibilità di scomputare la parte impiantistica; la risoluzione summenzionata chiarisce che l'articolo 38, comma 2, del citato decreto-legge n. 124 si limita a mutuare solo il riferimento al valore contabile come parametro per la determinazione della base imponibile dell'IMPi, senza voler con questo operare un totale rinvio alle disposizioni previste ai fini dell'imposta municipale unica (IMU) per i fabbricati strumentali del gruppo catastale D privi di rendita;
per quanto attiene all'obbligo dichiarativo, nonché alle modalità e al termine di presentazione della dichiarazione, la risoluzione precisa che si deve far rinvio alla norma di cui all'articolo 1, comma 769, della legge di bilancio 2020. L'obbligo dichiarativo persiste in tutti i casi in cui il comune non è in possesso delle informazioni necessarie per verificare il corretto adempimento dell'obbligazione tributaria: la persistenza dell'obbligo dichiarativo è giustificata dal fatto che per tali immobili la base imponibile è rappresentata dal valore contabile che è un elemento non immediatamente conoscibile dall'Ente;
poiché tale valore è il parametro per la quantificazione della base imponibile dell'imposta, la dichiarazione dell'IMPi è d'obbligo per il primo anno di tassazione per i manufatti, mentre per gli anni successivi la dichiarazione dovrà essere presentata solo se si verificano variazioni rilevanti;
il decreto 10 giugno 2020 ha aggiornato i coefficienti, per l'anno 2020, ai fini del calcolo dell'IMPi –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della regolarità dei versamenti dell'IMPi e intendano dettagliare quale sia l'ammontare delle somme versate al bilancio dello Stato dall'istituzione dell'imposta citata in premessa ad oggi.
(4-09081)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta orale:
ZANETTIN e SIRACUSANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
diversi quotidiani in edicola rivelano dettagli clamorosi ed inquietanti in ordine alla inchiesta penale pendente a Perugia nei confronti di Luca Palamara;
due procure della Repubblica, Napoli e Firenze, stanno indagando in modo coordinato sulle modalità di intercettazione del trojan targato Rcs;
a Firenze si ipotizza il reato di frode in pubbliche forniture, falso ideologico in atto pubblico per induzione e falsa testimonianza innanzi al Csm;
infatti, quando Duilio Bianchi, direttore divisione IP della Rcs, ha spiegato alla procura di Firenze l'architettura del sistema, ha fornito una versione diversa rispetto a quella data nel luglio scorso dinanzi al Csm;
di fatto il dottor Bianchi avrebbe confermato quanto scoperto dall'avvocato Luigi Panella, difensore dell'onorevole Cosimo Ferri, in sede disciplinare, e cioè che i dati del trojan prima di giungere al server installato nella procura di Roma, transitavano da un server installato a Napoli, e precisamente al tredicesimo piano dell'isola E/5 del centro direzionale, dove gli uffici della Rcs, sono collocati all'interno dei locali della procura della Repubblica
di questo server finora nessuno conosceva l'esistenza;
Bianchi ha altresì rivelato che questo server fantasma avrebbe operato non solo per Perugia, ma per tutte le procure italiane alle quali Rcs ha fornito la tecnologia;
secondo quanto dichiarato da Bianchi i dati rimanevano sui server Css e Hdm (entrambi collocati a Napoli) per il tempo strettamente necessario alla ricostruzione e trasferimento verso il server Ivs di Roma e venivano cancellati automaticamente dall'applicativo di gestione dopo la trasmissione;
in tale fase ai dati, che non erano criptati, potevano però avere eventualmente accesso da remoto gli amministratori di sistema Rcs;
in buona sostanza dati sensibili non protetti potevano essere monitorati da un ufficio esterno in palese violazione dei principi sanciti dall'articolo 268 del codice di procedura penale;
questa vicenda, per certi versi orwelliana, conferma la estrema delicatezza dell'uso del captatore informatico, che, se non regolato in modo estremamente rigoroso, si espone ad abusi ed al rischio di alterazione della genuinità delle prove –:
se il Ministro interrogato intenda avviare iniziative ispettive in ordine ai fatti esposti in premessa;
se il Ministro interrogato, alla luce della gravissima vicenda in esame, non ritenga di adottare iniziative per una revisione normativa, in senso restrittivo, dell'utilizzo del captatore informatico nel nostro ordinamento.
(3-02221)
Interrogazione a risposta in Commissione:
COLLETTI, COSTANZO, SPESSOTTO e SIRAGUSA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in seguito a notizie pubblicate sugli organi di informazione, che sarebbero trapelate dal Palazzo di giustizia di Torino alle agenzie di stampa, quando ormai una vicenda processuale sarebbe sul punto di cadere in prescrizione, o sarebbe già prescritta, non riuscendo ad individuare date utili in ragione dell'elevato numero di cause pendenti, alla procura verrebbe richiesto di procedere all'archiviazione del fascicolo senza passare per un'apposita udienza che comporterebbe una serie di incombenze e impiego di risorse;
secondo l'agenzia Ansa casi simili sarebbero capitati più volte e sarebbero riferibili a vicende risalenti a sei-sette anni fa «per reati non particolarmente gravi», cause che vengono definite con la cosiddetta «citazione diretta» dove i pubblici ministeri svolgono le indagini e poi, se decidono che sia necessario procedere a carico dell'imputato o degli imputati, chiedono di fissare l'apertura del processo;
dagli organi di informazione si apprende che la questione investirebbe, in particolare, la sesta sezione del Tribunale di Torino, che si occupa delle cosiddette «citazioni dirette» e anche dei giudizi immediati conseguenti ad opposizione a decreto penale, nonché dei procedimenti per le violazioni meno gravi in materia di urbanistica ed edilizia;
dalle medesime fonti trapela la notizia che la procura di Torino avrebbe confermato che si tratterebbe di un «numero rilevante di casi» e, a tal proposito, emergerebbe il disappunto dei pubblici ministeri, costretti a «disfare» tutto il lavoro precedentemente effettuato;
l'eccezionale gravità e la particolare natura della vicenda richiedono, secondo l'interrogante, la necessità di inviare gli ispettori ministeriali al fine di relazionare in proposito dopo aver effettuato i dovuti accertamenti e le opportune verifiche sul caso –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e/o di situazioni analoghe e se intenda promuovere iniziative di competenza, a tutela del pubblico interesse e della giustizia, nel rispetto dei principi costituzionali dell'effettività e della ragionevole durata del giusto processo, valutando se sussistano i presupposti per l'avvio di iniziative ispettive, considerata la gravità di quanto segnalato in premessa.
(5-05845)
Interrogazione a risposta scritta:
SIRACUSANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'8 maggio 2019, nell'ambito dell'indagine della procura di Perugia nei confronti dell'ex magistrato Luca Palamara, furono intercettati gli onorevoli Cosimo Ferri e Luca Lotti nonché cinque consiglieri del Csm;
secondo quanto riportato da fonti di stampa, tali intercettazioni furono effettuate mediante un trojan inserito nel cellulare di Palamara sebbene, ai sensi dell'articolo 268 codice di procedura penale, le operazioni di intercettazione possano essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti istallati nella procura;
dai fatti emersi sembrerebbe che il trojan sia stato fornito in data 30 settembre 2020 dalla società Rcs al Csm e, stando alle dichiarazioni di Duilio Bianchi, ingegnere ivi occupato, i dati captati venivano trasmessi direttamente dal telefono di Palamara al server della procura della Repubblica di Roma, senza alcun server intermedio;
dalla consulenza tecnica del 22 gennaio 2021 svolta dall'ingegner Paolo Reale e, successivamente depositata presso il Csm (proc. 93/2019), risulterebbe che la Guardia di finanza, nell'effettuare copia forense del telefono di Palamara, non abbia trasferito i dati di connessione ovvero l'IP identificativo del server al quale il trojan ha trasmesso i dati, rendendo così impossibile l'accertamento;
inoltre, dalle medesime analisi è emerso che il certificato dell'Apple Developer Enterprise Program del trojan denominato «Carrier» installato nel telefono di Palamara sia intestato alla società Tykelab s.r.l. che, formalmente, non risulterebbe avere legami con la società Rcs di cui sopra, nonostante il messaggio con il quale il telefono di Palamara è stato «infettato» sembri essere pervenuto da un IP di Napoli intestato a Rcs;
tuttavia, l'ingegner Reale ha analizzato il programma della stessa versione del trojan «Carrier» rinvenuto in un altro telefono «infettato» nello stesso periodo nell'ambito di un procedimento penale della procura di Roma (n. 16355/2019 R.G.N.R.);
analogamente, nel programma del trojan (nella stessa identica versione inoculata nel telefono di Palamara) era indicato un IP della società Rcs, sede di Napoli, al quale trasmettere i dati;
pertanto, sembrerebbe all'interrogante possibile dedurre che i dati captati non siano stati trasmessi direttamente al server della procura di Roma, ma a un server occulto di Rcs ubicato a Napoli, di cui non si aveva alcuna notizia e che l'Autorità giudiziaria non aveva autorizzato. Ciò, secondo l'ingegner Reale, si è verificato con altissima probabilità anche per il telefono di Palamara in ragione delle architetture – al momento note – sulle modalità di funzionamento della generalità dei captatori di questo tipo;
pertanto, il server di Rcs a Napoli potrebbe essere stato verosimilmente utilizzato, non solo per ricevere i dati captati dal trojan installato nei telefoni del dottor Palamara e dell'indagato nel procedimento romano, ma anche i dati captati dai trojan forniti dalla società Rcs ad altre procure, con violazione dell'articolo 268 del codice di procedura penale e al di fuori di ogni controllo dell'Autorità giudiziaria;
i fatti riportati in premessa, laddove confermati, sarebbero gravissimi giacché i dati captati dai trojan parrebbero finire in server privati, rendendo astrattamente possibili manipolazioni e creazione di archivi occulti e potenzialmente fruibili da una pluralità indeterminata di persone in assenza di qualsivoglia controllo da parte delle autorità competenti –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
quali iniziative di competenza, anche di natura ispettiva, intenda adottare al riguardo.
(4-09090)
INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI
Interrogazioni a risposta scritta:
SAPIA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
la strada statale 106 in Calabria è lunga 415 chilometri e dal 1996, ovvero da quando è in vita il sistema statistico nazionale di localizzazione degli incidenti stradali a cura della direzione studi e ricerche Aci, lungo tale arteria sono avvenuti circa 10.500 sinistri che hanno provocato oltre 25.000 feriti (migliaia con danni permanenti), ed il decesso di 600 persone, dato che sale a 750 se si considerano i decessi avvenuti nel periodo successivo al giorno dell'incidente e direttamente riferibili alle conseguenze dello stesso;
il 14 aprile 2021 il sottosegretario Giancarlo Cancelleri ha presentato a Corigliano-Rossano il progetto definitivo dell'ammodernamento a 4 corsie (due per senso di marcia con spartitraffico centrale), del tratto della strada statale 106 compreso tra Sibari e Corigliano-Rossano;
il sottosegretario ha affermato che l'opera avrà un costo di circa 400 milioni di euro e che di questi attualmente solo la metà risultano finanziati, evitando anche di spiegare qual è l'origine di tale finanziamento;
il sottosegretario Cancelleri ha dichiarato che entro la fine dell'anno dovrebbe essere approvata dal Consiglio dei ministri la delibera che approverà il progetto definitivo, al fine di mandarlo in gara per la sua aggiudicazione;
ciò ha provocato una certa aspettativa in un territorio che attende l'ammodernamento della strada in questione, tristemente nota come «strada della morte»;
l'organizzazione di volontariato «Basta Vittime Sulla Strada Statale 106», che nel territorio è molto attiva su diverse importanti questioni riguardanti la Strada Statale 106, attraverso più comunicati stampa ha sollevato perplessità rispetto alle suddette affermazioni del sottosegretario Cancelleri –:
alla luce dei fatti appena descritti, quali iniziative il Governo intenda adottare per finanziare entro fine anno il «progetto definitivo» della Strada Statale 106, compreso tra Sibari e Corigliano-Rossano.
(4-09075)
SAPIA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
la strada statale 106 in Calabria è lunga 415 chilometri e dal 1996, ovvero da quando è in vita il sistema statistico nazionale di localizzazione degli incidenti stradali a cura della direzione studi e ricerche Aci, lungo tale arteria sono avvenuti circa 10.500 sinistri che hanno provocato oltre 25.000 feriti (migliaia con danni permanenti), ed il decesso di 600 persone, dato che sale a 750 se si considerano i decessi avvenuti nel periodo successivo al giorno dell'incidente e direttamente riferibili alle conseguenze dello stesso;
attualmente risultano finanziati i lavori di costruzione del terzo Megalotto della strada statale n. 106 «Jonica» dall'innesto con la strada statale 534 (chilometro 365+150) a Roseto Capo Spulico (chilometro 400+000), per un importo complessivo di 1.335,118 milioni di euro di cui 969,4 milioni di euro) (delibere Cipe 103/07, 30/08 e 88/11 e decreti interministeriali n. 88 e n. 89 del 7 marzo 2013), e 365,7 milioni di euro previsti nel contratto di programma 2016-2020 a valere sul Fondo unico Anas;
l'opera è stata inaugurata il 19 maggio 2020 alla presenza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore De Micheli e dell'amministratore delegato di Anas spa;
proprio l'amministratore delegato di Anas spa ha dichiarato nell'audizione avvenuta presso la Commissione trasporti il 3 febbraio 2021 che sul Megalotto 3 sono stati fin qui investiti circa 60 milioni di euro;
l'organizzazione di volontariato «Basta Vittime Sulla Strada Statale 106», molto attiva nel territorio calabrese, in diversi comunicati stampa ha affermato di aver richiesto più volte all'Anas di poter sapere se il verbale di consegna dei lavori è stato firmato dal contraente generale Webuild con o senza riserva e, quindi, se l'opera sarà effettivamente consegnata entro il 2026 oppure no –:
alla luce dei fatti appena descritti, se intenda chiarire se il verbale della consegna dei lavori è stato firmato dal contraente generale Webuild con o senza riserva e, quindi, quale sia il cronoprogramma definito per il concreto avvio dei lavori del terzo Megalotto della strada statale n. 106 «Jonica» dall'innesto con la strada statale 534 (chilometro 365+150) a Roseto Capo Spulico (chilometro 400+000).
(4-09076)
ALBANO e SILVESTRONI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
nella serata del 15 aprile 2021 il rimorchiatore «Fortitudo» è rimasto incagliato all'ingresso del porto di San Benedetto del Tronto. L'unità navale è stata «liberata» dopo diversi minuti, anche grazie ad un mezzo della Guardia costiera sambenedettese che ha dato assistenza. A fronte di tale incidente, che tra l'altro non ha permesso al natante l'ingresso in porto per poter usufruire di servizi di manutenzione, che avrebbero assicurato lavoro ad artigiani e professionisti locali, la marineria, seriamente preoccupata, chiede un intervento urgente di dragaggio all'imboccatura del porto;
l'innalzamento del livello del fondale a causa del deposito naturale delle sabbie, aggravato dalle recenti mareggiate, infatti, sta mettendo a rischio la sicurezza dei natanti e la vita dei marittimi durante le operazioni di ingresso e di uscita dal porto; si verificano sbandamenti, alcune barche sono costrette a fermarsi, anche quelle di minore stazza. Le barche più piccole sono di legno, ed i rischi per loro sono maggiori, perché qualche tavola si può aprire: si sta rischiando la vita: tale situazione è stata segnalata anche dall'armatore sanbenedettese Pietro Merlini, alle telecamere dell'emittente locale Vera Tv, qualche giorno fa;
in effetti, in passato, incidenti che avevano coinvolto pescherecci sanbenedettesi con lutti indelebili, erano avvenuti anche per le difficoltà di manovra causate dal basso fondale all'entrata del porto;
la richiesta della marineria sanbenedettese è quella di un immediato escavo provvisorio, da effettuarsi prima dell'estate, finalizzato alla possibilità di continuare a lavorare, in quanto il dragaggio risolutivo, comunque urgente e assolutamente necessario, si prevede non prima della primavera del 2022. Un tempo troppo lungo da affrontare per chi deve affrontare il mare in sicurezza;
in mancanza di una tempestiva risposta che garantisca la sicurezza dei natanti e degli equipaggi, la marineria sanbenedettese è pronta ad ormeggiare nel porto di Ancona, a detta degli armatori unico porto sicuro delle Marche –:
se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza affinché, con immediatezza, e comunque prima dell'estate, l'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico centrale proceda alle operazioni di dragaggio provvisorio e del canale all'imboccatura del porto per consentire ai marittimi sanbenedettesi di lavorare in sicurezza, senza rischi nelle operazioni di ingresso e di uscita dal porto della città marchigiana, e nel contempo avviare le procedure per addivenire, in tempi celeri, ad interventi concreti e duraturi per risolvere l'ormai decennale problematica connessa al progressivo interrimento dello specchio d'acqua portuale e del canale d'accesso al porto.
(4-09077)
FORNARO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
in forza della concessione rilasciata con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 138T del 31 ottobre 2000, Rete ferroviaria italiana Spa gestisce l'infrastruttura ferroviaria nazionale, avendo anche la responsabilità di garantire la continuità territoriale dei servizi ferroviari con la Sicilia, tramite il traghettamento dei treni passeggeri e merci tra Villa San Giovanni e Messina, servizio implementato negli anni con le unità bidirezionali per il gommato e le unità veloci per i passeggeri appiedati;
a seguito alle direttive europee, che obbligano le imprese che, per legge, gestiscono servizi di interesse economico generale, ovvero, operano in regime di monopolio, a svolgere attività in mercati diversi mediante società separate, il 1° giugno 2012 iniziava l'attività Bluferries srl (socio unico Rfi Spa), cui venne interamente devoluto il traghettamento del gommato e dei passeggeri appiedati;
Bluferries srl ha gestito, dal 30 giugno 2013 al 30 dicembre 2014, il collegamento veloce Messina-Villa S.G. su affidamento del Ministero dei trasporti, mentre dal gennaio 2015 in poi, direttamente per conto di Rfi, in forza del contratto di programma con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Dal 1° ottobre 2018 anche il collegamento veloce Messina-Reggio Calabria passava a Bluferries srl nelle medesime modalità;
il personale di Bluferries srl si è costituito, originariamente, dopo una selezione curata da Rfi, con l'assunzione di 38 unità a tempo indeterminato, successivamente formalizzato in contratto di continuità di rapporto di lavoro, secondo quanto disposto dal Contratto collettivo nazionale di lavoro, per il personale marittimo;
l'articolo 47, comma 11-bis, del decreto-legge n. 50 del 24 aprile 2017 statuiva che «al fine di migliorare la flessibilità dei collegamenti ferroviari dei passeggeri tra la Sicilia e la penisola, il servizio di collegamento ferroviario via mare» «può essere effettuato anche attraverso l'impiego di mezzi navali veloci» da attuare «nell'ambito delle risorse previste dal Contratto ci programma-parte servizi tra lo Stato e RFI SpA»;
la legge n. 96 del 21 giugno 2017 di conversione del decreto-legge sopra citato ha, quindi, emendato la concessione con Rfi, estendendo il concetto di continuità territoriale ferroviaria all'utilizzo di mezzi navali veloci per il trasporto pubblico di persone. A tale scopo si costituiva la Blujet srl (operativa dal 1° maggio 2019), mediante scissione del ramo d'azienda di Bluferries srl;
nelle more dell'esame congiunto richiesto dalle organizzazioni sindacali, riferito alla predetta scissione parziale del ramo d'azienda, i sindacati chiedevano l'applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro, Mobilità area contrattuale attività ferroviarie per il personale oggetto di trasferimento da Bluferries srl (38 unità a tempo indeterminato e 24 unità a tempo indeterminato «turno particolare») a Blujet srl, mentre quest'ultima affiliata a Confitarma, confederazione degli armatori associata a Confindustria, applica ai suoi dipendenti il Contratto collettivo nazionale di lavoro per marittimi imbarcati su navi superiori a 151 tonnellate di stazza lorda;
appaiono fondate le rivendicazioni delle organizzazioni sindacali che chiedono l'applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro ferroviario per i lavoratori Blujet, essendo dipendenti di una società direttamente controllata da Rfi, che espleta servizio di continuità territoriale ferroviaria in ragione del contratto di programma con lo Stato, al pari dei «colleghi marittimi» di Rfi;
la «Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali» ha più volte invitato i sindacati a riformulare la proclamazione degli scioperi, attenendosi all'Accordo nazionale del settore ferroviario, confermando la natura prettamente ferroviaria del servizio di Blujet –:
se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta e se non intenda, quale committente del contratto di programma, adottare iniziative affinché siano applicati i contratti di lavoro relativi alle attività ferroviarie ai dipendenti di Blujet srl;
se non ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, rispetto a quello che sembrerebbe dumping contrattuale tra lavoratori che, svolgendo il medesimo servizio di continuità territoriale ferroviaria, avrebbero però un trattamento differenziato in termini di salario, diritti e tutele.
(4-09083)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'Ente nazionale per il microcredito, d'intesa con il Ministero dell'interno, ha indetto la seconda edizione del progetto «Fasi – Formazione auto imprenditoria e start-up per immigrati regolari» che mira a promuovere la realizzazione di percorsi formativi rivolti ai cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale, in particolare nelle regioni meno sviluppate, titolari di un permesso di soggiorno in corso di validità per protezione internazionale o di un permesso di soggiorno in corso di validità per motivi di lavoro;
tale progetto nasce per favorire lo sviluppo di percorsi di auto-imprenditorialità e start-up di impresa, il conseguimento di una piena autonomia occupazionale e infine l'integrazione socio-economica;
come noto uno dei principali fattori che consentono una maggiore e celere inclusione sociale, oltre che economica, di un soggetto immigrato nel Paese di accoglienza è rappresentato dalla conoscenza della lingua nazionale utile per acquisire un'autonomia relazionale nel rispetto dei doveri e dei diritti propri e altrui;
l'insegnamento della lingua ai cittadini stranieri assume, da sempre, una funzione chiave per l'accoglienza e l'avvio del cammino verso l'inserimento sociale e per tale ragione sia a livello europeo che a livello nazionale viene da sempre evidenziata l'importanza di iniziative e percorsi per l'apprendimento della lingua e della cultura del Paese di accoglienza, anche al fine di garantire la massima integrazione e eguaglianza tra i cittadini;
alla luce di quanto sopra, appare quindi all'interrogante contraria ai princìpi ispiratori dell'accoglienza e dell'integrazione sociale la circostanza per cui i manifesti relativi al progetto Fasi, affissi in diverse regioni del Sud (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia), siano stati redatti e stampati esclusivamente nella lingua di appartenenza delle persone immigrate a cui si rivolgono, creando di fatto una diseguaglianza in re ipsa, non consentendo a tutti i cittadini presenti sul territorio nazionale di comprendere e conoscere quanto fosse riportato su tali manifesti;
un corretto processo di integrazione presuppone la volontà delle persone immigrate di apprendere le usanze e le leggi del Paese di accoglienza e l'impegno delle istituzioni a non creare azioni di favoritismo e di integrazione al contrario e a non calpestare i capisaldi della propria Nazione;
per tale ragione, è ingiustificato e intollerabile promuovere e finanziare con fondi pubblici progetti lavorativi per persone immigrate senza utilizzare la lingua italiana che deve rappresentare la prima lingua di comunicazione sul territorio, essendo uno dei principali simboli della cultura italiana;
inoltre, in un periodo di grave crisi causata dall'emergenza epidemiologica ancora in atto, appare inopportuno sponsorizzare il finanziamento pubblico di progetti lavorativi destinati a persone immigrate, quando l'opinione pubblica contesta fermamente l'inefficacia delle misure che il Governo ha adottato in favore dei cittadini italiani che, legittimamente, rivendicano maggiori e celeri iniziative in grado di ristorare le gravi perdite economiche subite e garantire una ripartenza –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire e tutelare l'utilizzo della lingua italiana nelle comunicazioni legate alle istituzioni e se non intenda adottare iniziative per la rimozione dei manifesti relativi al progetto Fasi già affissi nelle regioni del Sud e la sostituzione con altri redatti in lingua italiana, al fine di favorire un corretto processo di integrazione.
(4-09078)
FERRO e MONTARULI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
da un'inchiesta de Le Iene di qualche giorno fa sulla 'ndrangheta a Torino è emerso che due bellissime ville sequestrate dallo Stato a un mafioso sarebbero state riacquistate a 180 mila euro, contro un valore stimato di 800 mila euro, probabilmente usando un prestanome;
tutto parte con l'operazione Minotauro del 2011 contro la criminalità organizzata nel Nord Italia; tra i 150 arrestati c'è anche Urbano Zucco, considerato esponente di spicco dell'ndrangheta, a cui erano state confiscate le due ville a San Francesco al Campo nel Torinese: i giudici di Torino lo avevano definito «uno che manovra tanto denaro tanto da costituire fonte di reddito sicura per la criminalità organizzata»;
secondo quanto emerge dalla documentazione dell'Agenzia delle entrate, gli immobili sarebbero stati comprati all'asta; una villa dalla cognata del boss, che pur avendo sulla carta la residenza nella villa nei fatti vive altrove, e l'altra dalla suocera del fratello e, quindi, dovrebbe rientrare nella disponibilità della famiglia di Zucco, che ha scontato sei anni di carcere con una condanna definitiva per mafia;
ad abitare nella villa, invece, è Zucco, incastrato dalle telecamere delle Iene mentre di mattina presto esce dalla casa confiscata, dando prova di abitarci effettivamente; si tratta di beni sottratti alla 'ndrangheta che, con delle semplici e illecite manovre, ritornano nelle mani della criminalità;
il sindaco di San Francesco al Campo, intervistato sulla vicenda, ha affermato di «poter solo parlare bene» di Zucco e ha taciuto in merito alle due piscine delle ville che risulterebbero non accatastate e dunque del tutto abusive –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per fare chiarezza sulla vicenda di cui in premessa e se non ritenga di adottare iniziative normative volte ad introdurre meccanismi di verifica preliminare che impediscano in maniera più efficace a esponenti della criminalità organizzata di tornare in possesso dei beni sequestrati anche tramite prestanome.
(4-09089)
ISTRUZIONE
Interrogazione a risposta in Commissione:
GALLO, DEL SESTO, MELICCHIO, VILLANI, MARTINCIGLIO, SEGNERI, DONNO e GRIPPA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
a seguito dell'adozione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia», come modificato dall'articolo 1, comma 760, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ed in particolare con l'articolo 58, commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater, al fine di internalizzare i servizi scolastici, si era disposta una prima procedura di selezione per il personale Ata, la quale prevedeva 11.263 posti accantonati, per operatori delle ditte di pulizia che avevano almeno 10 anni di servizio in appalto scolastico;
all'interno dei 11.263 posti accantonati, venivano altresì conteggiati e quindi finanziati, anche i posti accantonati part-time, lasciati successivamente liberati dai lavoratori che, a seguito della loro adesione alla procedura di cui al punto precedente, erano rientrati nella graduatoria nazionale;
con una seconda procedura di selezione Ata si sono accantonate ulteriori 1.592 posizioni per gli operatori che hanno maturato cinque anni di servizio in appalto scolastico;
ad oggi, tale procedura non è stata ancora bandita dal Ministero dell'istruzione;
alla luce di entrambe le procedure, i posti accantonati complessivi equivarranno ad un totale di 11.068, un quantità ridotta rispetto al numero di posti effettivamente programmati ed accantonati per la terziarizzazione dei servizi che prevedeva un totale di 11.552 posti accantonati, di cui 11.507 posti erano disaccantonati con decorrenza dal 1° gennaio 2020 di cui all'articolo 58, da comma 5 a comma 5-quater, del decreto-legge n. 69 del 2019, come indicato nella tabella E del decreto interministeriale;
a seguito della prima procedura di selezione si è proceduto alla internalizzazione ad un regime full-time di 4.485 lavoratori già assunti a part-time;
alcuni lavoratori, pur avendo i requisiti di cui al prossimo concorso, non potranno partecipare alla procedura di selezione, non essendoci, presso la provincia di appartenenza, posizioni libere da poter occupare ed essendo quindi impossibile costituire la graduatoria di merito provinciale;
dalla risposta all'interrogazione n. 5-05427, non risultano informazioni precise in merito alla tempistica dell'indizione del bando sopra citato –:
quale sia lo stato di avanzamento, nonché i tempi certi della procedura concorsuale di cui in premessa;
se sia intenzione del Ministero dell'istruzione conteggiare tra i posti accantonati disponibili della seconda procedura concorsuale Ata anche i posti part-time di cui in premessa, essendo gli stessi risultati come residui della prima procedura e quindi già finanziati ed in considerazione anche del fatto che tale operazione risponderebbe alle reali esigenze organiche dei plessi, oltre a determinare la possibilità di individuare nuove posizioni in province dove al momento non è possibile procedere all'istituzione della graduatoria di merito provinciale perché sprovviste di posti accantonati.
(5-05843)
Interrogazioni a risposta scritta:
FERRAIOLI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
i docenti della scuola secondaria che hanno superato le prove suppletive del concorso ordinario 2016 sono stati ammessi dalla giustizia amministrativa a sostenere tali prove, predisposte appositamente dal Miur e volte all'accertamento di competenze disciplinari e didattiche. I partecipanti totali alle prove suddette, in forza di diversi ricorsi, sono stati circa diecimila. Un migliaio di ricorrenti le ha brillantemente superate, a testimonianza del fatto oggettivo che è avvenuta una seria e reale selezione;
diversi ricorsi sono in attesa di secondo grado di giudizio, ma la situazione più grave ad oggi riguarda circa trecento docenti, già licenziati o in corso di licenziamento, interessati dai ricorsi n. 4516-4518/2016 del Tar Lazio;
nel corso degli anni 2017/2018/2019, i docenti in turno di nomina hanno preso regolarmente servizio, firmando il contratto di assunzione a tempo indeterminato in forza di giudizio favorevole di primo grado;
il 13 novembre 2019, con sentenza n. 7789/2019, il Consiglio di Stato ha giudicato inammissibili al suddetto concorso 2016 i docenti interessati; sentenza non passata in giudicato in quanto pende giudizio per revocazione;
il superamento del concorso ordinario 2016, come certificato dalle commissioni concorsuali del Ministero dell'istruzione appositamente predisposte, ha dimostrato che i docenti in questione possiedono le competenze per essere docenti; a fronte di un massivo contenzioso collettivo, promosso avverso la disciplina dei requisiti di partecipazione al concorso 2016, si è venuta a determinare una notevole varietà e molteplicità delle posizioni sostanziali tra i candidati, ingenerandosi così una patente discriminazione; infatti, a parità di status soggettivo, sono ormai numerosi i candidati non abilitati che risultano definitivamente inseriti nelle graduatorie concorsuali, e financo assunti in ruolo, siccome destinatari di sentenze favorevoli passate in giudicato;
con la legge n. 159 del 20 dicembre 2019 di conversione in legge del decreto-legge n. 126 del 29 ottobre 2019, si è passati dal percorso «Formazione iniziale e tirocinio» (Fit) al nuovo concorso abilitante e al «percorso annuale di formazione iniziale e prova» che, paradossalmente, rispecchia l'iter di immissione in ruolo dei docenti; in occasione del Concorso ordinario 2012 (decreto del Direttore Generale n. 82 del 2012) per i docenti laureati dopo l'anno accademico 2001/2002, privi di abilitazione, ammessi con riserva al concorso tramite ricorso, ovvero nelle medesime condizioni di fatto, con nota del Miur, prot. n. 9048 del 19 marzo 2015 e l'allegato parere reso dall'Avvocatura Generale dello Stato, prot. n. 96791 del 25 febbraio 2015, fu sciolta la riserva, con conseguente assunzione in servizio; il 2 dicembre 2019 è stato presentato l'ordine del giorno n. 9/2222-A/21; il 27 maggio 2020 è stato presentato l'ordine del giorno al Senato n. G2.250 (già emendamento 2.107) al disegno di legge n. 1774 a firma del senatore De Petris;
in data 6 agosto 2020 è stato presentato il disegno di legge n. 1920 d'iniziativa del senatore Pittoni; per il prossimo anno scolastico 2021/2022, secondo previsioni sindacali, il numero dei docenti collocati a riposo sarà considerevole in tutte le regioni italiane e si prefigurano centinaia di migliaia di posti che andranno a supplenza in tutta Italia; per via dell'emergenza COVID-19, il concorso ordinario 2020 è stato ulteriormente rimandato ed il decreto-legge n. 183 del 31 dicembre 2020 ne ha fissato al 31 dicembre 2021 i termini di conclusione; per via dell'emergenza COVID-19 innumerevoli sono i provvedimenti di legge volti alla tutela del reddito e della continuità occupazionale dei lavoratori –:
se il Governo intenda adottare iniziale, anche normative, affinché si pervenga ad una positiva soluzione della vicenda dei docenti che hanno superato le prove suppletive del concorso 2016, posto che, in questo drammatico momento emergenziale è compito del Governo affrontare la situazione di fatto creatasi a seguito di scelte amministrative lente e incoerenti, tutelando la continuità didattica e quella occupazionale dei docenti meritevoli.
(4-09082)
FORNARO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
in occasione delle celebrazioni del 25 aprile 2021, il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per le Marche, che già nel 2020, in occasione del 4 novembre aveva fatto parlare di sé per le sue dichiarazioni, ha inviato una lettera agli studenti esprimendo posizioni in netto contrastò con i valori che, per il ruolo ricoperto, dovrebbe trasmettere alle giovani generazioni;
in un passaggio della lettera si legge: «Quell'immane conflitto ha visto un'Italia scissa e martoriata, un'Italia che si è fronteggiata per le rispettive ragioni, per i rispettivi sogni di cui era carica; uno scontro marcato dal ferro e dal sangue che ha diviso, frantumato». Poi prosegue: «Ma dopo quella grande catastrofe, ci sia ora il superamento delle antitesi disperate, delle demonizzazioni reciproche, il riconoscimento per tutti nella propria storia, per ricostruire giorno per giorno questa Italia, per proiettare nel mondo un'Italia unita, forte, libera, con un suo destino, che possa fronteggiare col lavoro la competizione mondiale». Nelle conclusioni aggiunge: «Questa è la missione forte affidata a voi, nuove generazioni: non la fazione, non la setta, non i rancori, non gli odi dietro i quali i popoli si sfaldano. E quindi rimanete sempre uniti, pur nelle diverse idee, siate strumento di amicizia per cambiare la società e siate coraggiosi come solo la gioventù sa esserlo». E infine «Questa Costituzione resterà opera vana se tutti insieme, comunque la si pensi, non riusciremo a dare un'anima, una passione alla nostra comunità nazionale, perché i progetti si realizzano se diventano passione, fede e destino»;
sono parole gravi, e lo sono ancora di più perché pronunciate da un alto dirigente, rappresentante del Ministero dell'istruzione, che, evidentemente, non ha il coraggio di distinguere, o non sa distinguere, tra il «sogno» del nazifascismo, di morte, di oppressione, di razzismo e di sterminio e quello dei Partigiani, che hanno combattuto per conquistare libertà e democrazia e che, con il loro sacrificio e con la vita, hanno creato le basi per la Costituzione della nostra Repubblica;
proprio ieri, nel corso di una visita al Museo della Liberazione in via Tasso a Roma, il Presidente del Consiglio dei ministri Draghi, ha detto che «non tutti fummo brava gente (...) non scegliere è immorale» ed ha parlato dell'importanza di continuare a onorare la memoria di chi ha lottato per la libertà;
inoltre, nella lettera, il direttore definisce il 25 aprile del 1945 come «la data scelta per festeggiare la fine della seconda guerra mondiale», mentre il 25 aprile si celebra la liberazione dell'Italia dall'occupazione nazifascista –:
quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di stigmatizzare il comportamento del direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per le Marche e quali iniziative di competenza intenda adottare nei suoi confronti, affinché sia chiaro che il Ministero dell'istruzione e la scuola italiana non si riconoscono nelle parole esposte in premessa.
(4-09088)
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Interrogazione a risposta scritta:
RIZZO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
nel disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 1° marzo 2021, n. 22, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri si dispone l'istituzione e la conseguente ridenominazione e del Ministero della transizione ecologica (Mite) e del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile. Il Ministero della transizione ecologica acquisisce, oltre ai compiti già attribuiti al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nuove funzioni relative allo sviluppo sostenibile e alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente, del territorio e dell'ecosistema, anche attraverso piani e misure in materia di combustibili alternativi e delle relative reti e strutture di distribuzione per la ricarica dei veicoli elettrici, qualità dell'aria, pianificazione in materia di emissioni nei diversi settori dell'attività economica ivi compreso il settore dei trasporti;
il cambiamento climatico è una delle più grandi sfide da affrontare a livello globale. L'aumento delle temperature medie globali sta infatti compromettendo il clima e tali effetti, se non contrastati con azioni concrete, sono destinati ad aggravarsi nei prossimi anni. Le cause sono molteplici, poiché il sistema climatico è influenzato da molti fattori. Oltre alle emissioni antropogeniche di gas a effetto serra e di aerosol e ai cambiamenti nell'uso del suolo, vi sono anche numerosi fattori naturali. Tale fenomeno può essere contrastato grazie anche alle politiche collegate: quella energetica, delle emissioni, lo sviluppo sostenibile, la mobilità green;
come espressamente indicato dalla direttiva n. 6 del 2010 del dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, «Utilizzo delle autovetture in dotazione alle amministrazioni pubbliche», il tema delle autovetture in dotazione alle pubbliche amministrazioni è stato affrontato, in ripetute occasioni, da differenti disposizioni di legge e regolamento e da varie direttive ministeriali, con l'intento di razionalizzare il regime giuridico e le modalità di utilizzazione dei veicoli, basandosi sul principio di trasparenza e con il fine di ridurre i costi delle amministrazioni per questo servizio e la promozione al solo acquisto di veicoli a ridotto impatto ambientale oltre che di mobilità sostenibile;
nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011 e successive modificazioni e integrazioni recante «L'utilizzo delle autovetture di servizio e rappresentanza da parte delle pubbliche amministrazioni» tende al miglioramento complessivo del servizio anche attraverso l'adozione di nuove modalità di gestione condivisa e soprattutto individua specificatamente i soggetti legittimati all'uso delle autovetture di servizio sia per l'uso esclusivo e non esclusivo. All'articolo 5 si richiede inoltre di effettuare un censimento permanente delle vetture in servizio;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 settembre 2014 riguardante «Determinazione del numero massimo e delle modalità di utilizzo delle autovetture di servizio con autista adibite al trasporto di persone», all'articolo 2, comma 1, dispone per ciascuna amministrazione centrale dello Stato, ivi comprese le forze di polizia e le Forze Armate, che il numero massimo di vetture di servizio a uso non esclusivo sia pari a cinque, con il conseguente obbligo di riduzione del contingente delle autovetture. Si fa inoltre espressamente riferimento al fatto che l'utilizzo sia consentito solo per singoli spostamenti per ragioni di servizio, che non comprendono lo spostamento tra abitazione e luogo di lavoro in relazione al normale orario di ufficio –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda avviare o abbia già in fase di istruttoria per monitorare con maggiore puntualità temporale il censimento dettagliato e permanente delle autovetture di servizio ad uso esclusivo e non esclusivo, di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011;
quali iniziative intenda avviare per accertarsi del rispetto delle disposizioni previste all'articolo 2, commi 2 e 3, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011 e per i casi di palese violazione della stessa.
(4-09079)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
BOLOGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
con sindrome post-Covid (o long-Covid) si intendono una serie di sintomi che presentano coloro che sono stati affetti da Covid-19. Sono gli esiti che il Covid-19, come malattia multi organo, può avere con effetti duraturi su molti apparati del corpo umano indipendentemente dal livello di gravità con cui ne siano stati colpiti;
un recente studio pubblicato sul British Medical Journal segnala che il 70 per cento dei pazienti affetti da Covid-19 è colpito anche dalla scia lunga della malattia;
secondo ulteriori studi (Lancet) la sindrome post-Covid non è rara, 3 pazienti su 4 dei ricoverati fino a sei mesi dopo, soffrono di patologie multiorgano «coda» della polmonite interstiziale che coinvolgono cuore, occhi, pelle, polmoni. Inoltre, il trauma da pandemia può lasciare disagi psichici importanti soprattutto nelle donne: ansia, depressione e insonnia. Infatti, se la mortalità per Covid-19 è maggiore nell'uomo, la sindrome «long-Covid» è più frequente nelle pazienti donne nelle quali sono maggiori le componenti autoimmuni, sia nella fase infettiva del virus che in quella successiva;
tra i sintomi più diffusi della sindrome post-Covid vi sono stanchezza estrema, debolezza muscolare, brain-fog (nebbia cerebrale), emicrania, perdita di memoria, perdita di gusto e olfatto, insonnia, mal di gola e difficoltà nella deglutizione, postumi polmonari, dolori al petto e tachicardia;
in un lavoro pubblicato ad aprile su Cell Death Discovery si ipotizza che i danni agli organi siano causati da un'eccessiva risposta infiammatoria attivata dal virus, ma anche da una reazione autoimmune «smascherata» dal virus stesso, forse dovuta al mimetismo molecolare con alcuni componenti del nostro corpo che potrebbero essere responsabili dei sintomi di long-Covid. L'ipotesi autoimmune potrebbe giustificare la maggiore incidenza di questa sindrome nelle donne. Quindi, lo studio della comparsa di autoanticorpi nel siero del paziente e la caratterizzazione della specificità di questi autoanticorpi potrebbe essere un obiettivo importante per iniziare a identificare trattamenti personalizzati e specifici anche in base al sesso dei pazienti affetti da long-Covid;
secondo uno studio sui danni neurologici causati dal Covid-19 pubblicato ad aprile 2021 sulla rivista Brain Sciences, si pensa che la sindrome possa essere attribuita all'attività flogistica di tipo multisistemico del virus che si estende ad organi e apparati diversi da quello respiratorio, coinvolgendo nella fattispecie il sistema nervoso centrale determinando lesioni neuroinfiammatorie e alterazioni emocoagulative. Ne è dimostrazione il fatto che già nella fase iniziale di infezione molti pazienti lamentano un'alterazione del senso dell'olfatto, del gusto e cefalea, segnali questi che indicano uno spiccato neurotropismo dei virus;
in Italia alcune regioni hanno creato ambulatori appositi per una sorveglianza con follow-up dei pazienti long-Covid. Vi è la necessità di fare ricerca e chiarezza sulla tipologia dei pazienti, e sulle predisposizioni e continuare a monitorarli con forme di continuità assistenziale per osservarne gli effetti a lungo termine. Si favorirebbe così una presa in carico territoriale gestita con un approccio multispecialistico, anche nell'ottica del riconoscimento della cronicità e invalidità con un eventuale coinvolgimento di Inps –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questi esiti clinici della malattia e se non ritenga di dover adottare iniziative di competenza per definire linee guida nazionali per pazienti long-Covid, monitorando gli indicatori di outcome e prevenzione;
se non ritenga, più in generale, di dover attuare politiche sanitarie volte a ridisegnare il rapporto ospedale-territorio e a potenziare la medicina di genere, anche nell'ottica di un'appropriata presa in carico dei pazienti con sindrome post-Covid.
(5-05844)
Interrogazione a risposta scritta:
ALBANO. — Al Ministro della salute, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
a ottobre 2020 il Senato ha approvato la legge di delegazione europea 2019-2020 (legge n. 53 del 2001); l'articolo 14 della suddetta legge al comma 2 lettera q), prevede: «ulteriori misure restrittive al commercio di animali, affiancate da un sistema sanzionatorio adeguato ed efficace, tra cui uno specifico divieto all'importazione, alla conservazione e al commercio di fauna selvatica ed esotica, anche al fine di ridurre il rischio di focolai di zoonosi, nonché l'introduzione di norme penali volte a punire il commercio di specie protette»;
entro il mese di maggio 2022, pertanto, il Governo, sulla base dell'articolo 14 della legge di delega sopra richiamata, dovrà adeguare l'ordinamento alle disposizioni del regolamento (Ue)2016/429, relativo alle malattie animali trasmissibili e che modifica e abroga alcuni atti in materia sanitaria («normativa in materia di sanità animale»);
la maggior parte degli animali esotici presenti nelle case degli italiani è nata e cresciuta in cattività e il commercio di animali esotici, accessoristica e alimenti a essi destinati muove una parte importante dell'economia del settore, e, di conseguenza, bloccare questo comparto significherebbe creare danni economici notevoli;
va considerato altresì che regolamenti troppo stringenti potrebbero spingere le persone ad abbandonare i propri animali esotici con importanti conseguenze per l'ambiente;
esistono già leggi che tutelano le specie protette, prevedendo sanzioni e provvedimenti in caso di infrazione (direttiva habitat e Cites per citarne alcune) e tali specie in cattività sono soggette a continui controlli veterinari e di comitati scientifici e alcune specie sopravvivono esclusivamente in cattività;
quanto stabilito dall'articolo 14, comma 2 lettera q) sopracitato non è presente nella normativa europea in materia di sanità animale e quindi la disciplina italiana si diversifica dalla normativa europea, rivelandosi più stringente –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in relazione alle possibili conseguenze negative in termini economici e ambientali derivanti dall'attuazione di quanto previsto dall'articolo 14, comma 2, lettera q) della legge di delegazione europea 2019-2020 (legge n. 53 del 2021), e segnatamente in termini di posti di lavoro, di attività di imprese, di danno ambientale e naturalistico.
(4-09087)
TRANSIZIONE ECOLOGICA
Interrogazione a risposta scritta:
BERTI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 15 aprile 2021 come risultato di un'inchiesta condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Firenze, che ha rivelato presunte infiltrazioni della 'ndrangheta in Toscana, sono state eseguite 60 perquisizioni ed emesse 23 misure cautelari. Le attività investigative, durante tre anni, evidenziano il ruolo ricoperto da alcuni esponenti affiliati alla cosca Gallace-Arena in attività quali lo smaltimento irregolare di rifiuti tossici prodotti dalle concerie, l'infiltrazione in imprese del settore movimento terra e il traffico internazionale di stupefacenti;
l'inchiesta è iniziata dal ritrovamento, nel 2017 a Livorno, di un carico di 183 chili di cocaina dispersi in mare. Le indagini hanno evidenziato l'importanza del porto di Livorno nel traffico internazionale di stupefacenti: secondo un rapporto della Fondazione Caponnetto, negli ultimi 10 anni, sono state sequestrate nello scalo labronico circa 7 tonnellate di cocaina;
desta particolare preoccupazione il filone d'indagine legato al presunto smaltimento illecito di rifiuti tossici prodotti dalle concerie che, secondo le indagini, vedeva direttamente coinvolti i principali esponenti dell'Associazione conciatori di Santa Croce sull'Arno e del Consorzio Aquarno spa, gestore dell'impianto di depurazione sito nella medesima cittadina;
nell'impianto di depurazione non sarebbero stati correttamente trattati i fanghi conciari contenenti sostanze nocive quali cromo, nichel, arsenico e idrocarburi che sarebbero confluite nel canale Usciana e da qui nel fiume Arno e in mare;
il rifiuto tossico denominato KEU, sigla con cui vengono indicate le ceneri di risulta derivanti dal trattamento termico dei fanghi conciari, sarebbe stato illecitamente smaltito, dopo essere stato miscelato con terre di scavo, tramite il suo utilizzo come materiale edile per la realizzazione di massicciate stradali o riempimenti ambientali;
circa 8 mila tonnellate di rifiuti tossici sarebbero stati utilizzati per la realizzazione del quinto lotto della strada regionale 429 (Empolese-Valdelsa) e sarebbero stati impiegati per i lavori dell'aeroporto militare di Pisa, per il cantiere di riqualificazione urbana dell'ex Vacis nell'area della Darsena pisana e in diversi altri cantieri sparsi sul territorio. In alcune di queste aree è stata riscontrato il superamento dei limiti di cromo, nichel, rame, zinco, arsenico, cadmio, selenio e idrocarburi; il consorzio Aquarno avrebbe corrisposto per lo smaltimento del KEU, fra il 2012 e il 2018, una cifra di 58 euro a tonnellata a fronte dei 220 euro richiesti per lo smaltimento in discarica, con un profitto illecito di circa 7 milioni e 200 mila euro. Secondo il pubblico ministero non sarebbero stati tracciati rifiuti in uscita per oltre 200 mila tonnellate annue e in ingresso per circa 80 mila tonnellate;
come riportato da diverse fonti stampa, le indagini hanno coinvolto diversi esponenti politici regionali che si sarebbero adoperati, in cambio di utilità di carriera e contributi elettorali, per garantire all'impianto di depurazione autorizzazioni illegittime in materia di rifiuti e scarichi, per suggerire espedienti per beneficiare di deroghe ed elusioni alla procedura di autorizzazione ambientale integrata, per ottenere finanziamenti a fondo perduto in favore del depuratore Aquarno e per aiutarli ad eludere i controlli ambientali a sorpresa dei tecnici dell'Arpat;
il distretto conciario toscano, con oltre 250 concerie, è uno dei più grandi d'Europa, produce il 28 per cento delle pelli destinate alla moda italiana, conta 6 mila addetti e un fatturato di 2,4 miliardi di euro l'anno. Nel 2020, causa pandemia, ha perso un terzo del proprio fatturato e l'impatto negativo dell'inchiesta potrebbe ripercuotersi negativamente su aziende e lavoratori –:
se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro della transizione ecologica intenda adottare per assicurare, in collaborazione con tutte le autorità competenti, e anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per la rapida individuazione delle aree soggette a sversamento illecito dei rifiuti conciari e la realizzazione, in tempo celeri, delle necessarie opere di messa in sicurezza delle aree inquinate.
(4-09085)
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Caon n. 5-05476 del 10 marzo 2021.