CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 29 luglio 2025
XIX LEGISLATURA
Fascicolo di seduta
A.C. 2526
EMENDAMENTI
S. 1553 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2025, n. 90, recante disposizioni urgenti in materia di università e ricerca, istruzione e salute. (Approvato dal Senato).
Relatrice: COLOMBO.

N. 1.

Seduta del 29 luglio 2025

ART. 1.
(Disposizioni urgenti per il potenziamento dell'attività scientifica e tecnologica degli enti pubblici di ricerca)

  Al comma 1, capoverso 5, dopo le parole: l'incremento qualitativo inserire le seguenti: e quantitativo, in coerenza con i fabbisogni di personale, infrastrutture e dotazioni strumentali,.
*1.1. Manzi, Orfini, Berruto, Iacono, Toni Ricciardi.
*1.2. Piccolotti.

  Al comma 1, capoverso 5, dopo le parole: Enti vigilati, inserire le seguenti: nonché degli enti pubblici di ricerca vigilati da altri Ministeri, al fine di garantire un intervento omogeneo per l'intero sistema nazionale della ricerca,.
**1.3. Manzi, Orfini, Berruto, Iacono, Toni Ricciardi.
**1.4. Piccolotti.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

  1-bis. Il Governo è autorizzato a predisporre, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, un piano straordinario di stabilizzazione del personale precario degli enti pubblici di ricerca, anche mediante incremento strutturale del Fondo ordinario per gli enti (FOE), in coerenza con gli obiettivi del PNRR.
1.5. Piccolotti.

  Al comma 2, sostituire le parole: 40 milioni con le seguenti: 80 milioni e le parole: 60 milioni con le seguenti: 120 milioni.

  Conseguentemente, sostituire il comma 3 con il seguente: Alla copertura degli oneri derivanti dal comma 2 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
1.6. Caso, Amato, Orrico.

  Al comma 2, sostituire le parole: 40 milioni con le seguenti: 60 milioni e le parole: 60 milioni con le seguenti: 80 milioni.

  Conseguentemente, al comma 3, sostituire la lettera b) con la seguente: b) quanto a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027 mediante corrispondente riduzione delle risorse destinate agli interventi per la realizzazione del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria di cui ai commi da 272 a 275 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213;.
*1.7. Manzi, Orfini, Berruto, Iacono, Toni Ricciardi.
*1.8. Piccolotti.

  Al comma 3, lettera b), sostituire le parole da: dell'autorizzazione di spesa fino alla fine della lettera, con le seguenti: delle risorse destinate agli interventi per la realizzazione del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria di cui ai commi da 272 a 275 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213;.
1.10. Piccolotti.

  Al comma 3, lettera b), sostituire le parole da: dell'autorizzazione di spesa fino alla fine della lettera, con le seguenti: del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;.
1.11. Manzi, Orfini, Berruto, Iacono, Toni Ricciardi.

  Sostituire il comma 3-bis con il seguente:

  3-bis. Ai fini dell'applicazione delle procedure di cui all'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, i requisiti per il conteggio dei periodi prestati alle dipendenze dell'ente pubblico di ricerca che procede all'assunzione, e presso altri enti e istituzioni di ricerca, si intendono maturati entro la data di attivazione delle relative procedure da parte degli enti di ricerca, sostituendo tutti i limiti temporali introdotti da altre norme già in vigore. Rimangono valide tutte le altre disposizioni di cui all'articolo 12, commi 4-bis e 4-ter, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218.
1.12. Piccolotti.

ART. 2-bis.
(Disposizioni urgenti per il funzionamento del Consiglio superiore della pubblica istruzione)

  Sopprimerlo.
*2-bis.1. Caso, Amato, Orrico.
*2-bis.1000. Piccolotti.

ART. 2-ter.
(Estensione della tutela assicurativa degli studenti e del personale del sistema nazionale di istruzione e formazione, della formazione terziaria professionalizzante e della formazione superiore a decorrere dall'anno scolastico e accademico 2025/2026)

  Al comma 2, lettera b), sostituire le parole da: al fine di garantire fino alla fine della lettera con le seguenti: mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

  Conseguentemente al medesimo comma, lettera c) sostituire le parole da: , mediante corrispondente riduzione fino alla fine della lettera con le seguenti: mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
2-ter.1. Manzi, Orfini, Berruto, Iacono, Toni Ricciardi.

  Al comma 2, lettera c), sostituire le parole: per il sostegno alla povertà e per l'inclusione attiva, di cui all'articolo 1, comma 321, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 con le seguenti: per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
2-ter.2. Caso, Amato, Orrico.

  Dopo l'articolo 2-ter, aggiungere il seguente:

Art. 2-quater.
(Disposizioni urgenti in materia di procedure straordinarie di reclutamento del personale ATA)

  1. Per l'anno scolastico 2025/2026 il Ministero dell'istruzione e del merito è autorizzato ad attuare un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale ATA per la copertura di tutti i posti vacanti e disponibili in organico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. A tal fine è autorizzata la spesa di 135 milioni per l'anno 2025, di 400 milioni per l'anno 2026 e di 450 milioni a decorrere dal 2027. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
2-ter.04. Caso, Amato, Orrico.

ART. 3.
(Disposizioni urgenti per il rafforzamento dell'organizzazione e dell'azione amministrativa del Ministero dell'università e della ricerca)

  Sopprimere il comma 5.
3.1. Caso, Amato, Orrico.

ART. 4.
(Disposizioni urgenti riguardanti il Consiglio universitario nazionale)

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:

  1-bis. Alla legge 16 gennaio 2006, n. 18, dopo l'articolo 2, sono aggiunti i seguenti:

«Art. 2-bis.
(Collegio di garanzia e disciplina)

   1. Il CUN elegge, al suo interno, un collegio di garanzia e disciplina, di seguito denominato “collegio”, con il compito di svolgere i procedimenti disciplinari a carico dei professori e dei ricercatori universitari. Il collegio è composto da sei consiglieri del CUN quali membri effettivi e da altrettanti supplenti, e dal Presidente del CNSU. I sei membri effettivi, così come i sei membri supplenti, sono così ripartiti: tre professori, un ricercatore e due componenti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c). L'elettorato attivo è attribuito a tutti i componenti del Consiglio. Il presidente del CUN fa parte di diritto del collegio come membro effettivo. Il collegio è presieduto dal presidente del CUN o, in caso di assenza o impedimento, da un suo delegato scelto fra i professori componenti del collegio. Il collegio delibera con la maggioranza dei voti dei componenti. In caso di parità di voti prevale il voto del presidente del CUN.
   2. Il procedimento disciplinare si svolge nel rispetto del principio del contraddittorio. Le funzioni di relatore sono assolte dal rettore dell'università interessata o da un suo delegato. L'azione disciplinare innanzi al collegio spetta al rettore competente, al termine di un'istruttoria locale per ogni fatto che possa dar luogo all'irrogazione di una sanzione più grave della censura, tra quelle previste dall'articolo 87 del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore di cui al regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, entro trenta giorni dalla notizia di tali fatti, senza pregiudizio per il ricorso ad altre sedi di giudizio civile e penale. La sanzione è inflitta dal rettore, su conforme parere del collegio, entro trenta giorni dalla ricezione del parere.
   3. Il procedimento disciplinare si estingue ove non intervenga la pronuncia del collegio entro centottanta giorni dalla data di ricezione degli atti trasmessi dal rettore. Il termine è sospeso fino alla ricostituzione dell'organo disciplinare, nel caso in cui siano in corso operazioni di rinnovo del CUN che impediscano il regolare funzionamento di quest'ultimo; il termine è altresì sospeso, per non più di due volte e per un periodo non superiore ai sessanta giorni relativamente a ciascuna sospensione, ove il collegio ritenga di dover acquisire ulteriori atti o elementi per motivi istruttori. Il rettore è tenuto a dare esecuzione alle richieste istruttorie.
   4. Il rettore competente sospende cautelarmente dall'ufficio e dallo stipendio la persona sottoposta a procedimento disciplinare, anche su richiesta del collegio, in qualunque momento del procedimento, in relazione alla gravità dei fatti contestati e alla verosimiglianza della contestazione.
   5. Il procedimento disciplinare davanti al collegio è disciplinato dalla normativa vigente.

Art. 2-ter.
(Procedimento nei casi di molestie, violenze, discriminazioni o sfruttamento)

   1. Nei casi in cui vengano segnalati al CUN fatti riconducibili a molestie, violenze, discriminazioni, atti di ritorsione, sfruttamento o ogni altra condotta lesiva della dignità e dell'integrità psico-fisica o professionale della persona, sia essa personale studente, docente, ovvero a qualsiasi titolo presente in università, il procedimento disciplinare si svolge con modalità atte a garantire la riservatezza, la sicurezza e la centralità della persona offesa, nonché l'adozione di misure tempestive e proporzionate.
   2. A tal fine, il collegio di cui all'articolo 2-bis, ricevuti gli atti trasmessi dal rettore ovvero quelli direttamente pervenuti alla casella di posta elettronica certificata del Presidente del CUN, valuta in via preliminare se ricorrano circostanze che richiedano:

   a) l'assunzione urgente di misure di protezione o di supporto alla persona offesa, anche in raccordo con gli organi competenti dell'università di appartenenza;

   b) la designazione, ove necessario, di una figura di riferimento con competenze in materia di parità, contrasto alle discriminazioni o supporto psicologico, che accompagni la persona offesa durante il procedimento.

   3. Durante il procedimento, il collegio può disporre, anche d'ufficio, che le audizioni avvengano in modalità riservata o a distanza, nonché adottare ogni ulteriore accorgimento volto a tutelare la persona che ha presentato segnalazione o denuncia, anche nei confronti di possibili ritorsioni o strumentalizzazioni.
   4. La persona offesa o che si dichiari tale ha facoltà di essere sentita in ogni fase del procedimento, personalmente o mediante persona di fiducia. Su richiesta, le sue dichiarazioni possono essere rese per iscritto o con modalità che evitino il contatto diretto con la persona sottoposta al procedimento.
   5. Resta ferma la possibilità per l'università interessata di attivare, in via parallela e senza pregiudizio per il procedimento disciplinare, procedure di conciliazione, mediazione o presa in carico psicologico, nel rispetto della volontà e della dignità della persona coinvolta.
   6. Il procedimento di cui al presente articolo si conclude entro novanta giorni dalla data di ricezione degli atti da parte del collegio, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 2-bis, comma 3, periodi secondo e terzo.».
4.1. Manzi, Orfini, Berruto, Iacono, Toni Ricciardi.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 4-bis.
(Disposizioni urgenti in materia di borse di studio per l'accesso all'università)

  1. Al fine di accelerare il finanziamento delle borse di studio per l'accesso all'università, il fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, è incrementato di 250 milioni annui a decorrere dall'anno 2025.
  2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, pari a 250 milioni annui a decorrere dall'anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
4.07. Caso, Amato, Orrico.

ART. 5.
(Disposizioni urgenti per il potenziamento del Piano d'azione «RicercaSud – Piano nazionale ricerca per lo sviluppo del Sud 2021-2027»)

  Al comma 1, lettera b), sostituire il capoverso 189, con il seguente:

  189. L'importo di 150 milioni di euro assegnato al Ministero dell'università e della ricerca con delibera CIPESS n. 48 del 27 luglio 2021, è destinato a favorire, nell'ambito dell'economia della conoscenza, il perseguimento di obiettivi di sviluppo, coesione e competitività dei territori nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, favorendo la costituzione di Ecosistemi dell'innovazione, attraverso la riqualificazione o la creazione di infrastrutture materiali e immateriali per lo svolgimento di attività di formazione, ricerca multidisciplinare e creazione di impresa, con la collaborazione di università, enti di ricerca, imprese, pubbliche amministrazioni e organizzazioni del Terzo settore.
5.1. Caso, Amato, Orrico.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5.1.
(Promozione della ricerca universitaria su intelligenza artificiale e Life Cycle Assessment)

  1. Al fine di potenziare le attività di ricerca e didattica delle università statali e degli enti pubblici di ricerca, il Ministero dell'università e della ricerca promuove, nell'ambito delle risorse di cui all'articolo 5 e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, programmi di ricerca e formazione finalizzati allo sviluppo e all'adozione di applicazioni di intelligenza artificiale a supporto della metodologia del Life Cycle Assessment (LCA) e delle attività scientifiche connesse all'analisi del ciclo di vita dei prodotti e dei processi.
  2. Le attività di cui al comma 1 sono realizzate in collaborazione con gli enti di ricerca afferenti al Ministero, favorendo il coinvolgimento di studenti, dottorandi e giovani ricercatori nei progetti di ricerca applicata.
5.01000. L'Abbate, Caso, Amato, Orrico.

ART. 5-bis.
(Interpretazione autentica del comma 4 dell'articolo 1-bis del decreto-legge 7 aprile 2025, n. 45)

  Dopo l'articolo 5-bis, aggiungere il seguente:

Art. 5-ter.
(Disposizioni per la formazione dei giovani nelle professioni legate alla transizione ecologica e alla sostenibilità ambientale)

  1. Al fine di favorire l'occupabilità dei giovani e rafforzare la competitività del sistema produttivo nazionale nei mercati europei e internazionali, il Ministero dell'università e della ricerca promuove, nell'ambito delle risorse di cui all'articolo 5 e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, programmi di formazione, borse di studio e progetti di ricerca dedicati allo sviluppo di competenze professionali nei settori della sostenibilità ambientale, dell'economia circolare e della transizione energetica, anche attraverso l'introduzione di figure specializzate quali «green manager» capaci di supportare l'innovazione delle imprese e delle amministrazioni pubbliche.
  2. Le attività di cui al comma 1 sono realizzate in collaborazione con gli enti pubblici di ricerca e le università statali, favorendo il coinvolgimento di studenti, dottorandi e giovani ricercatori.
5-bis.01000. L'Abbate, Caso, Amato, Orrico.

  Dopo l'articolo 5-bis, aggiungere il seguente:

Art. 5-ter.
(Misure per il reclutamento e la valorizzazione professionale del personale degli enti pubblici di ricerca)

  1. Al fine di sostenere l'attività degli enti pubblici di ricerca, anche in relazione alla continuità di gestione delle infrastrutture di ricerca e di specifici programmi di ricerca, il fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, è incrementato di 25 milioni nell'anno 2025 e di 100 milioni a decorrere dall'anno 2026 di cui:

   a) 15 milioni a decorrere dal 2025 destinati alla promozione dello sviluppo professionale di ricercatori e tecnologi di ruolo in servizio alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Per tale finalità, gli enti pubblici di ricerca possono utilizzare anche le graduatorie delle procedure selettive avviate dopo il 1° gennaio 2023;

   b) 10 milioni nel 2025 e 85 milioni a decorrere dal 2026 destinati all'assunzione di personale negli enti pubblici di ricerca, utilizzando prioritariamente le procedure di cui all'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 e all'articolo 12-bis del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218, anche tenendo conto degli obblighi di compensazione con concorso pubblico derivanti dall'attivazione di tali procedure. Ai fini dell'applicazione delle procedure di cui all'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, i requisiti per il conteggio dei periodi prestati alle dipendenze dell'ente che procede all'assunzione, e presso altri enti e istituzioni di ricerca, si intendono maturati entro la data di attivazione delle relative procedure da parte degli enti di ricerca, sostituendo tutti i limiti temporali introdotti da altre norme già in vigore. Rimangono valide tutte le altre disposizioni di cui all'articolo 12, commi 4-bis e 4-ter, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218;

  2. Alla copertura degli oneri derivanti dal comma 1, pari a 25 milioni di euro nell'anno 2025 e a 100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Con decreto del Ministro dell'università e ricerca, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti i criteri di riparto delle risorse di cui al comma 1 tra gli enti pubblici di ricerca, utilizzando criteri di proporzionalità rispetto alla platea dei potenziali interessati dai provvedimenti.
5-bis.01. Piccolotti.

  Dopo l'articolo 5-bis, aggiungere il seguente:

Art. 5-ter.
(Misure per il reclutamento e la valorizzazione professionale del personale degli enti pubblici di ricerca)

  1. Al fine di sostenere l'attività degli enti pubblici di ricerca, anche in relazione alla continuità di gestione delle infrastrutture di ricerca e di specifici programmi di ricerca, il fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, è incrementato di 25 milioni nell'anno 2025 e di 100 milioni a decorrere dall'anno 2026 di cui:

   a) 15 milioni a decorrere dal 2025 destinati alla promozione dello sviluppo professionale di ricercatori e tecnologi di ruolo in servizio alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Per tale finalità, gli enti pubblici di ricerca possono utilizzare anche le graduatorie delle procedure selettive avviate dopo il 1° gennaio 2023;

   b) 10 milioni nel 2025 e 85 milioni a partire dal 2026 destinati all'assunzione di personale negli enti pubblici di ricerca, utilizzando prioritariamente le procedure di cui all'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 e all'articolo 12-bis del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218, anche tenendo conto degli obblighi di compensazione con concorso pubblico derivanti dall'attivazione di tali procedure. Ai fini dell'applicazione delle procedure di cui all'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, i requisiti per il conteggio dei periodi prestati alle dipendenze dell'ente che procede all'assunzione si intendono maturati entro la data di attivazione delle relative procedure da parte degli enti di ricerca, sostituendo tutti i limiti temporali introdotti da altre norme già in vigore. Rimangono valide tutte le altre disposizioni di cui all'articolo 12, commi 4-bis e 4-ter, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218;

  2. Alla copertura degli oneri derivanti dal comma 1, pari a 25 milioni di euro nell'anno 2025 e a 100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Con decreto del Ministro dell'università e ricerca, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti i criteri di riparto delle risorse di cui al comma 1 tra gli enti pubblici di ricerca, utilizzando criteri di proporzionalità rispetto alla platea dei potenziali interessati dai provvedimenti.
5-bis.09. Manzi, Orfini, Berruto, Iacono, Toni Ricciardi.

  Dopo l'articolo 5-bis, aggiungere il seguente:

Art. 5-ter.
(Disposizioni urgenti in materia di università e ricerca)

  1. Al fine di sostenere l'accesso dei giovani alla ricerca, l'autonomia responsabile delle università e la competitività del sistema universitario e della ricerca italiano a livello internazionale, il fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è incrementato di 300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025, per il finanziamento:

   a) dei contratti di ricerca di cui all'articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, come modificato dall'articolo 14 del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79. Con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono individuati i criteri di riparto delle risorse di cui alla presente lettera, tenendo conto, prioritariamente, del numero di assegni di ricerca di cui al previgente articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, banditi dagli atenei nel triennio 2021-2023;

   b) dell'assunzione di ricercatori a tempo determinato di cui all'articolo 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, come modificato dall'articolo 14 del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79. Con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono individuati i criteri di riparto delle risorse di cui alla presente lettera, tenendo conto, prioritariamente, del peso di ciascuna università con riferimento al criterio del costo standard di formazione per studente;

   c) per l'adeguamento dell'importo delle borse di studio concesse per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca. L'adeguamento dell'importo della borsa è definito con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

  2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, pari a 300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5-bis.015. Caso, Amato, Orrico.

  Dopo l'articolo 5-bis, aggiungere il seguente:

Art. 5-ter.
(Disposizioni urgenti in materia di borse di dottorato)

  1. Allo scopo di adeguare l'importo delle borse concesse per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca, il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è incrementato annualmente, a decorrere dall'anno 2026, in maniera tale che l'importo della borsa, stabilito con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, non possa essere inferiore alla retribuzione minima imponibile ai fini del versamento della contribuzione previdenziale.
5-bis.03. Caso, Amato, Orrico.

  Dopo l'articolo 5-bis, aggiungere il seguente:

Art. 5-ter.
(Disposizioni urgenti per l'attuazione della Riforma 1.1 della Missione 4, Componente 2, del Piano nazionale di ripresa e resilienza)

  1. Al fine di assicurare la tempestiva attuazione degli obiettivi stabiliti dalla Riforma 1.1 della Missione 4, Componente 2, del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in deroga a quanto previsto dall'articolo 22, commi 4 e 8, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, possono concorrere alle selezioni per il conferimento di contratti di ricerca di cui all'articolo 22, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, coloro che sono vincitori di Azioni Marie Sklodowska-Curie (MSCA) della tipologia Doctoral Training di Horizon Europe, finalizzate al conseguimento del dottorato di ricerca, o di analoghe azioni MSCA comunque denominate, che hanno come finalità il conseguimento del titolo di dottore di ricerca.
5-bis.04. Caso, Amato, Orrico.

  Dopo l'articolo 5-bis, aggiungere il seguente:

Art. 5-ter.
(Disposizioni urgenti in materia di contratti di ricerca)

  1. Al fine di dare completa attuazione ai contratti di ricerca di cui all'articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, il Fondo di Finanziamento Ordinario delle Università e degli Enti Pubblici di Ricerca, di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è incrementato di 200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2025. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
5-bis.06. Caso, Amato, Orrico.

  Dopo l'articolo 5-bis, aggiungere il seguente:

Art. 5-ter.
(Disposizioni urgenti in materia di incarichi post-doc e incarichi di ricerca)

  1. Al fine di dare attuazione agli incarichi post-doc e agli incarichi di ricerca di cui rispettivamente agli articoli 22-bis e 22-ter della legge 30 dicembre 2010, n. 240, il Fondo di Finanziamento Ordinario delle Università e degli Enti Pubblici di Ricerca, di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è incrementato di 200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2025. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
5-bis.05. Caso, Amato, Orrico.

  Dopo l'articolo 5-bis, aggiungere il seguente:

Art. 5-ter.
(Disposizioni urgenti in materia di incarichi post-doc e incarichi di ricerca)

  1. All'articolo 22-bis della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1, dopo le parole: «a tempo determinato» sono aggiunte le seguenti: «di tipo subordinato» e sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Ai titolari di incarichi post-doc di cui al presente comma, le università possono conferire a titolo oneroso attività didattica per far fronte a specifiche esigenze integrative. In tal caso, l'importo dell'incarico, definito ai sensi del comma 5, è incrementato in misura adeguata rispetto alla retribuzione lorda mensile del ricercatore a tempo determinato di cui all'articolo 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240. I titolari di incarichi post-doc possono svolgere attività didattica nel limite massimo complessivo di 40 ore per anno accademico. Laddove fosse assegnatario anche di attività di tutorato, gli incarichi complessivi non possono superare il limite massimo di 80 ore per anno accademico. L'attività didattica svolta dal titolare di incarico post-doc ai sensi del presente comma non rientra nel computo dei requisiti di docenza per l'accreditamento iniziale e periodico dei corsi universitari»;

   b) il comma 5 è sostituito con il seguente: «L'importo degli incarichi post-doc di cui al presente articolo è stabilito in sede di contrattazione collettiva, in ogni caso in misura non inferiore al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo definito».

  2. All'articolo 22-ter della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) Al comma 1, dopo le parole: «possono conferire» sono aggiunte le seguenti: «contratti a tempo determinato di tipo subordinato, denominati»;

   b) il comma 5 è sostituito con il seguente: «L'importo degli incarichi di ricerca di cui al presente articolo è stabilito in sede di contrattazione collettiva, in ogni caso in misura non inferiore al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo definito»;

   c) il comma 6 è abrogato.
5-bis.07. Caso, Amato, Orrico.

  Dopo l'articolo 5-bis, aggiungere il seguente:

Art. 5-ter.
(Misure per la stabilizzazione e le progressioni del personale universitario, di ricerca e AFAM)

  1. Allo scopo di promuovere i percorsi di stabilizzazione e le progressioni di carriera del personale universitario, di ricerca e dell'AFAM, il Fondo di Finanziamento Ordinario delle Università, di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è incrementato di 100 milioni di euro per l'anno 2025 e 600 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026.
  2. Agli oneri di cui al presente articolo, si provvede:

   a) quanto a 100 milioni di euro per l'anno 2025 e 450 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026, mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;

   b) quanto a 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026, mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
5-bis.08. Caso, Amato, Orrico.

  Dopo l'articolo 5-bis, aggiungere il seguente:

Art. 5-ter.
(Modifica alla legge 3 luglio 1998, n. 210)

  1. All'articolo 4, comma 3, primo periodo, della legge 3 luglio 1998, n. 210, dopo le parole: «comma 5» sono aggiunte le seguenti: «, nonché alle borse di studio conferite dalle università per attività di ricerca post laurea».
5-bis.016. Manzi, Orfini, Berruto, Iacono, Toni Ricciardi.

ART. 6.
(Disposizioni urgenti in materia di aziende ospedaliero-universitarie)

  Sopprimerlo.
6.1. Piccolotti.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:

  2-bis. Al fine di favorire la piena attuazione dei protocolli di intesa Università-Regione che prevedono l'inserimento delle Aziende ospedaliere universitarie nella rete della emergenza-urgenza, il costo del personale ospedaliero connesso all'attivazione delle funzioni dei D.E.A. programmati e non ancora attivati, è calcolato, per gli anni 2025, 2026 e 2027, in deroga alle disposizioni vigenti in materia di contenimento del tetto di spesa per l'assunzione di personale sanitario. Per la realizzazione o completamento dei D.E.A. di cui al presente comma, è autorizzata una spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2025 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
6.2. Caso, Amato, Orrico.

A.C. 2526
ORDINI DEL GIORNO
S. 1553 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2025, n. 90, recante disposizioni urgenti in materia di università e ricerca, istruzione e salute (Approvato dal Senato).

N. 1.

Seduta del 29 luglio 2025

   La Camera,

   premesso che:

    il comma 1 dell'articolo 2-ter rende permanente la normativa che estende ai settori dell'istruzione e della formazione – ivi comprese la formazione superiore, anche universitaria, e la formazione aziendale – l'ambito di applicazione dell'assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

    la copertura, come indicata dal comma 2, è in parte assicurata mediante riduzioni di stanziamenti a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione e sul Fondo per il sostegno alla povertà e per l'inclusione attiva;

    tali fondi costituiscono strumenti fondamentali per il sostegno alle fasce più vulnerabili della popolazione, per la promozione dell'inclusione attiva, nonché per il finanziamento di politiche attive del lavoro, la formazione continua e il contrasto alla povertà;

    la riduzione delle risorse destinate a questi strumenti rischia di compromettere l'efficacia delle politiche sociali e occupazionali, aggravando le condizioni di disagio sociale e ostacolando l'inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma di copertura recata dall'articolo 2-ter, al fine di individuare, con il primo provvedimento utile, modalità di copertura alternative a quelle previste dall'anzidetta disposizione, evitando il ricorso alla riduzione dei finanziamenti del Fondo sociale per occupazione e formazione e del Fondo per il sostegno alla povertà e per l'inclusione attiva, al fine di non compromettere gli interventi a favore dell'occupazione, della formazione e dell'inclusione sociale.
9/2526/1. Manzi, Orfini, Berruto, Iacono.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, rubricato disposizioni urgenti in materia di università e ricerca presenta profili di criticità sia per la limitatezza delle risorse stanziate, sia per l'assenza di una visione strutturale, in particolare per quanto riguarda il contrasto al precariato e la valorizzazione del personale della ricerca;

    in particolare, il decreto non affronta in maniera adeguata la questione del precariato storico negli enti pubblici di ricerca, limitandosi a misure parziali e lasciando fuori una platea significativa di lavoratori che, pur in possesso di professionalità acquisite, rischiano di restare esclusi dai percorsi di stabilizzazione;

    l'avvio del percorso di stabilizzazione del precariato nel settore della ricerca pubblica, e in particolare presso il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), costituisce il primo passo verso il riconoscimento del diritto ad un lavoro stabile per tutto il personale che ha maturato o maturerà a breve i requisiti previsti dalla legge;

    l'articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, ha rappresentato un riferimento normativo importante per la stabilizzazione del personale precario nella pubblica amministrazione; tuttavia, il limite temporale attualmente previsto del 31 dicembre 2022 non consente di includere il personale che ha continuato a prestare servizio anche negli anni successivi, spesso in modo continuativo e senza soluzione di continuità,

impegna il Governo

ad accompagnare le misure contenute all'articolo 1, comma 3-bis, con ulteriori interventi da approntare con il primo provvedimento utile, finalizzati a prorogare il termine previsto all'articolo 20, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, per la maturazione dei requisiti per la stabilizzazione del personale precario presso il Consiglio nazionale delle ricerche e presso gli enti pubblici di ricerca, estendendolo dal 31 dicembre 2022 al 30 giugno 2025, al fine prioritario di ridurre il precariato nel sistema della ricerca pubblica.
9/2526/2. Toni Ricciardi, Manzi, Orfini, Berruto, Iacono.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, rubricato disposizioni urgenti in materia di università e ricerca presenta profili di criticità sia per la limitatezza delle risorse stanziate, sia per l'assenza di una visione strutturale, in particolare per quanto riguarda il contrasto al precariato e la valorizzazione del personale della ricerca;

    il numero di ricercatori del nostro Paese è molto basso se raffrontato nel contesto internazionale, sia in rapporto alla popolazione che come spesa rispetto al PIL. Inoltre la precarizzazione del lavoro di ricerca e di didattica è arrivata a toccare soglie molto alte sia in termini di ampiezza che di stagnazione del fenomeno. Ormai siamo ad oltre il 30 per cento di lavoratori con contratti precari rispetto al personale di ruolo, media più di tre volte superiore al rapporto precari di ruolo degli altri settori pubblici. È dunque non più rinviabile, a fronte della lunga fase di contrazione delle assunzioni nelle università e negli enti pubblici di ricerca, finanziare e realizzare un piano straordinario di stabilizzazione e reclutamento per 20.000 ricercatori nelle università e per circa 10.000 ricercatori e tecnologi negli enti pubblici di ricerca,

impegna il Governo

a reperire – in fase di approvazione del primo provvedimento utile – risorse adeguata e strutturali da destinare all'incremento del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) volto a garantire, agli atenei pubblici, i fondi necessari per l'adeguamento stipendiale del personale e per la valorizzazione della qualità della ricerca e della didattica in una prospettiva di lungo termine.
9/2526/3. Orfini, Manzi, Berruto, Iacono.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, rubricato disposizioni urgenti in materia di università e ricerca presenta profili di criticità sia per la limitatezza delle risorse stanziate, sia per l'assenza di una visione strutturale, anche per quanto riguarda il diritto allo studio universitario;

    nell'ambito della Missione 4 – Istruzione e Ricerca, il PNRR prevede l'obiettivo strategico di incrementare in modo significativo l'offerta di alloggi per studenti universitari fuori sede;

    tale obiettivo è strettamente connesso alla necessità di garantire il diritto allo studio e l'accessibilità all'istruzione universitaria su base territoriale ed economica;

    l'articolo 15, comma 1, lettera i-sexies), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), riconosce la detraibilità del 19 per cento delle spese per canoni di locazione sostenuti da studenti universitari fuori sede, ma limita l'accesso al beneficio ai soli studenti che studiano in sedi universitarie distanti almeno 100 chilometri dal proprio comune di residenza e situate in una provincia diversa;

    tale limite territoriale si rivela oggi penalizzante, poiché esclude numerosi studenti che, pur non superando formalmente la soglia dei 100 chilometri o restando nella stessa provincia, sono costretti a sostenere spese di affitto per l'impossibilità di effettuare spostamenti giornalieri a causa di carenze infrastrutturali, orari o condizioni personali;

    si tratta di una misura che aggrava le disparità sociali e territoriali e limita l'effettività del diritto allo studio,

impegna il Governo

in linea con le finalità perseguite dal decreto-legge in esame, ad accompagnare, con il primo provvedimento utile, le misure di cui all'articolo 5-bis, con ulteriori interventi volti a riconsiderare, il requisito della distanza minima di 100 chilometri e della provincia diversa, oggi richiesto per la detrazione delle spese di affitto degli studenti universitari fuori sede, al fine di estendere la platea degli aventi diritto, favorire la mobilità studentesca, promuovere l'equità di accesso all'istruzione universitaria e rendere più efficaci e coerenti le politiche pubbliche già previste dal PNRR in materia di diritto allo studio.
9/2526/4. Berruto, Manzi, Orfini, Iacono.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame dedica parte degli interventi anche a misure in materia di istruzione e formazione del personale scolastico per l'avvio del prossimo anno scolastico;

    il decreto ministeriale n. 26 del 19 febbraio 2025 ha fissato al 30 giugno 2025 il termine ultimo per il conseguimento dell'abilitazione e per lo scioglimento della riserva ai fini dell'inserimento nella fascia aggiuntiva delle graduatorie provinciali per le supplenze, stabilendo che la mancata conclusione del percorso entro tale data comporti l'esclusione dagli elenchi;

    tuttavia, numerose università hanno calendarizzato gli esami finali per il conseguimento dell'abilitazione tra il 1° e il 10 luglio 2025, rendendo di fatto impossibile per molti aspiranti docenti rispettare il termine stabilito, non per loro responsabilità ma a causa di ritardi nell'attivazione dei corsi e nella programmazione accademica;

    tali ritardi sono imputabili in larga parte ai tempi ministeriali nell'autorizzazione dei percorsi abilitanti, che hanno determinato una forte compressione delle attività formative, spesso concentrate a ridosso della fine dell'anno scolastico, con gravi difficoltà per i docenti già in servizio;

    organizzazioni sindacali e rappresentanze di categoria hanno denunciato il rischio di un trattamento disuguale e discriminatorio tra candidati che, per ragioni di calendario indipendenti dalla propria volontà, rischiano di essere esclusi dalle GPS, e hanno richiesto una proroga almeno fino al 10 luglio 2025 per lo scioglimento della riserva;

    tale situazione rischia di compromettere il percorso professionale e retributivo di centinaia di docenti precari, con gravi ricadute sul piano dell'equità e dell'organizzazione del sistema scolastico,

impegna il Governo

ad accompagnare le misure contenute nella I Sezione del Capo II del decreto-legge in esame, con le iniziative necessarie da assumere con urgenza, anche attraverso provvedimenti di natura regolamentare o amministrativa, al fine di garantire a tutti i candidati che hanno completato positivamente il percorso abilitante entro il 10 luglio 2025 il diritto all'inserimento nella fascia aggiuntiva delle GPS, evitando discriminazioni legate a ritardi non imputabili ai singoli.
9/2526/5. Iacono, Manzi, Orfini, Berruto.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame dedica parte degli interventi anche a misure in materia di istruzione universitaria e formazione, ambiti nei quali rientra anche l'organizzazione dei corsi di laurea in Scienze della formazione primaria, fondamentali per il reclutamento degli insegnanti della scuola dell'infanzia e della scuola primaria;

    si sono registrati, negli ultimi anni, progressivi aumenti del numero programmato di studenti ammessi ai corsi di laurea in Scienze della formazione primaria su scala nazionale, nonché l'apertura di nuove sedi universitarie;

    il tirocinio formativo è una componente essenziale e qualificante del percorso universitario e, ai sensi dell'articolo 1, commi 3 e 4, del decreto ministeriale 8 novembre 2011, deve essere garantito nel rispetto di precisi rapporti numerici tra tutor e studenti, al fine di assicurare un'adeguata qualità formativa;

    ad oggi si registra un ritardo nella definizione e pubblicazione ufficiale dei contingenti regionali dei tutor di tirocinio, necessari per pianificare correttamente l'attività formativa, e non risultano ancora confermati i posti attivabili per ciascuna sede, inclusi quelli per gli studenti provenienti da Paesi extra Unione europea;

    risultano inoltre attese indicazioni ufficiali circa le modalità e i contenuti del test di ammissione ai corsi di laurea in Scienze della formazione primaria, la cui definizione è fondamentale per garantire trasparenza, equità e qualità nei processi di selezione degli studenti,

impegna il Governo

in linea con le finalità perseguite dal provvedimento e allo scopo di favorire la formazione e il reclutamento di nuovi insegnanti, ad assumere le iniziative necessarie, in tempi compatibili con l'avvio dell'anno accademico 2025/2026, per definire e pubblicare i contingenti nazionali e regionali dei tutor di tirocinio, in coerenza con i parametri previsti dal decreto ministeriale 8 novembre 2011 e a garantire il rapporto numerico tutor/studente, anche in considerazione del crescente numero di iscritti e delle nuove sedi attivate, al fine di salvaguardare la qualità della formazione iniziale degli insegnanti.
9/2526/6. Malavasi, Manzi.

   La Camera,

   premesso che:

    interventi a sostegno del settore universitario dovrebbero garantire non solo qualità formativa e scientifica, ma anche sicurezza, rispetto e tutela della dignità di tutte le persone che lo vivono, a partire dagli studenti e dalle studentesse;

    sono diverse, come testimoniano le notizie stampa, le molestie, violenze e gli abusi ai danni delle studentesse negli ambiti universitari;

    è recente il grave caso avvenuto presso l'Università degli studi di Genova, dove un docente è stato indagato per aver utilizzato strumenti di intelligenza artificiale al fine di generare materiale pornografico non consensuale a partire da immagini private di studentesse, successivamente condiviso su una piattaforma di messaggistica;

    a seguito della denuncia da parte del Rettore, sono state avviate indagini dalla Polizia Postale e il docente risulta sospeso, ma l'episodio ha sollevato un ampio dibattito interno all'Ateneo e acceso proteste tra la componente studentesca;

    simili episodi non sono isolati, ma rappresentano una problematica sistemica in diversi atenei italiani, che richiede interventi strutturali e fondati sulla competenza di chi opera da anni nel contrasto alla violenza maschile contro le donne;

    in diversi Atenei risultano avviati progetti per l'attivazione di uno sportello antiviolenza universitario, in collaborazione con i centri antiviolenza del territorio,

impegna il Governo:

   ad accompagnare le disposizioni di cui all'articolo 4 del provvedimento in esame, con interventi volti a promuovere, anche attraverso specifici finanziamenti, l'attivazione di sportelli antiviolenza in tutte le università italiane, garantendo il pieno coinvolgimento dei centri antiviolenza territoriali e delle reti specializzate, in quanto detentrici di un sapere e di una metodologia frutto di anni di esperienza sul campo;

   ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire l'introduzione di percorsi di educazione affettiva, prevenzione della violenza e formazione specifica del personale all'interno degli Atenei, per contribuire a contrastare in modo sistemico il radicamento di dinamiche discriminatorie e violente.
9/2526/7. Ghio.

   La Camera,

   premesso che:

    il Capo II del provvedimento in esame, in materia di formazione, alta formazione e ricerca, reca, in particolare, nella Sezione III, disposizioni urgenti riguardanti il Consiglio universitario nazionale e misure volte al potenziamento del Piano di azione «Ricerca Sud – Piano nazionale ricerca per lo sviluppo del Sud 2021-2027» e all'interpretazione autentica della norma in materia di regime fiscale per le borse di studi post laurea;

    secondo il Rapporto annuale Istat 2025 «il sistema educativo italiano continua a mostrare segnali di ritardo rispetto ai valori europei: solo il 65,5 per cento degli adulti (25-64 anni) possiede almeno un diploma di scuola superiore, contro il 79,8 per cento della media UE. La percentuale di laureati si ferma al 21,6 per cento, a fronte del 35,1 per cento europeo. Anche concentrandosi sulle sole fasce più giovani (25-34 anni), il livello complessivo di istruzione resta mediamente inferiore rispetto alle maggiori economie europee, sia per la percentuale ancora elevata di giovani con al più la licenza media sia per la bassa quota di laureati in parte riconducibile alla scarsa diffusione in Italia dei titoli terziari brevi a carattere professionalizzante (erogati dagli Istituti Tecnologici Superiori), molto più diffusi in Paesi europei come Francia e Spagna. Nonostante alcuni miglioramenti, l'istruzione resta poi fortemente condizionata dal contesto socio-economico, con divari legati al genere, alla cittadinanza e al territorio, che si ripercuotono anche sulla dispersione scolastica, con il 9,8 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandona precocemente gli studi.»;

    è evidente da questi dati che gli strumenti esistenti nel nostro paese per garantire il diritto allo studio ai giovani cittadini in condizione di marginalità e di disagio socio-economico non sono sufficienti e ci troviamo quindi relegati in una condizione di inferiorità culturale rispetto ad altri Paesi europei;

    risulta quindi necessario immaginare nuove modalità di intervento, ad esempio introducendo un «reddito di formazione» che renda possibile proseguire gli studi anche a chi si trova in una condizione economica svantaggiata, offrendo così la possibilità di intraprendere gli studi universitari a parità di condizioni, o almeno con una condizione di partenza minima,

impegna il Governo

a valutare, in linea con le finalità perseguite con gli interventi recati dal Capo II, Sezione III del provvedimento esame, l'introduzione del «reddito di formazione», quale sostegno congruo che consenta agli studenti meritevoli, anche se privi di mezzi, di affrontare il percorso universitario.
9/2526/8. Soumahoro.

   La Camera,

   premesso che:

    il comma 1 dell'articolo 2-ter – articolo aggiunto durante l'esame del provvedimento presso il Senato – rende permanente la normativa, attualmente transitoria, che estende ai settori dell'istruzione e della formazione – ivi comprese la formazione superiore (anche universitaria) e la formazione aziendale – l'ambito di applicazione dell'assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

    in base alla normativa ora confermata in via permanente – normativa che, nel testo finora vigente, concerne gli anni scolastici e accademici 2024/2025 e 2025/2026 –, le categorie di soggetti operanti nei suddetti settori come docenti o con altre funzioni o ivi attivi come studenti o allievi – sono comprese nel regime assicurativo in relazione agli eventuali infortuni o malattie professionali occorsi in occasione delle attività di insegnamento-apprendimento;

    la norma finora vigente comprende invece nell'ambito dell'assicurazione INAIL, con riferimento ai summenzionati settori dell'istruzione e della formazione, esclusivamente gli infortuni o malattie professionali occorsi in occasione di esperienze tecnico scientifiche, esercitazioni pratiche o esercitazioni di lavoro – ferma restando l'inclusione nel regime assicurativo di alcune categorie di soggetti in relazione alle specifiche attività lavorative svolte;

    il comma 2 dell'articolo 2-ter reca la stima degli oneri finanziari derivanti dal comma 1 e la relativa copertura, in particolare, dispone quanto a 10,14 milioni di euro per l'anno 2026, 10,45 milioni di euro per l'anno 2027, 10,77 milioni di euro per l'anno 2028, 11,09 milioni di euro per l'anno 2029, 11,44 milioni di euro per l'anno 2030, 11,82 milioni di euro per l'anno 2031, 12,20 milioni di euro per l'anno 2032, 12,61 milioni di euro per l'anno 2033 e 13,03 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2034, mediante corrispondente riduzione del Fondo per il sostegno alla povertà e per l'inclusione attiva, di cui all'articolo 1, comma 321, della legge n. 197 del 2022;

    il Fondo per il sostegno alla povertà e per l'inclusione attiva rappresenta uno strumento fondamentale per garantire ai cittadini più vulnerabili un sostegno economico e sociale, indispensabile per contrastare le condizioni di disagio e favorire l'inclusione, e l'attuale riduzione delle risorse di questo Fondo per finanziare gli oneri derivanti dall'estensione permanente della copertura INAIL ai settori dell'istruzione e della formazione potrebbe rischiare di comprometterne l'efficacia e la capacità di intervento;

    occorre tener conto dell'importanza di assicurare adeguate coperture per i rischi professionali nelle attività scolastiche e formative, ma anche della necessità di tutelare in via prioritaria le misure di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale, soprattutto nel contesto di difficoltà economiche diffuse,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma di copertura degli interventi di cui all'articolo 2-ter del provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad individuare forme di finanziamento alternative che salvaguardino integralmente le risorse destinate alle politiche di contrasto alla povertà e di inclusione sociale.
9/2526/9. Orrico, Caso, Amato.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame reca, all'articolo 1, disposizioni urgenti per il potenziamento dell'attività scientifica e tecnologica degli enti pubblici di ricerca e, in particolare, autorizza una spesa di 40 milioni di euro per l'anno 2025 e 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027 per l'incremento qualitativo dell'attività scientifica e tecnologica degli Enti vigilati;

    investire nella ricerca libera e indipendente significa garantire la tutela di uno dei principi fondamentali della libertà accademica, nonché un elemento essenziale della democrazia, così come sancito dall'articolo 33 della Costituzione e dall'articolo 13 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;

    la mancanza di investimenti in un settore cruciale per lo sviluppo del nostro Paese ha provocato, negli ultimi anni, la fuga dei ricercatori italiani verso Paesi dove questo settore professionale è maggiormente tutelato, sia dal punto di vista del merito, sia da quello economico;

    i bassi salari e la scarsità di finanziamenti rendono l'Italia non solo un Paese da cui emigrare, ma anche una meta poco ambita: secondo i dati ISTAT pubblicati a marzo 2025, tra le destinazioni scelte per trascorrere un periodo di lavoro all'estero, l'Italia risulta essere l'ultima, indicata da appena il 6 per cento dei giovani europei, mentre in testa si trova la Svizzera (34,2 per cento);

    lo stesso Parlamento europeo, nella Risoluzione del 17 gennaio 2024, riconosce che: «la precarietà che persiste nel settore comporta gravi ripercussioni per la libertà della ricerca scientifica» e per questo motivo «difende i diritti del lavoro dei ricercatori scientifici, la valorizzazione delle loro carriere, la stabilità dei contratti di lavoro e l'accesso a sistemi di protezione sociale completi»;

    per provare a contrastare tale fenomeno, in attuazione della milestone M4C2-4, Riforma 1.1. del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è stata approvata la legge 29 giugno 2022, n. 79, che, modificando la legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha introdotto i contratti di ricerca (articolo 22) in sostituzione dei vecchi assegni, passando da una tipologia contrattuale di tipo parasubordinato ad un contratto di lavoro subordinato, la cui durata complessiva non può superare i cinque anni;

    tuttavia, l'applicazione del contratto è stata ostacolata da un iniziale mancato accordo in sede di contrattazione collettiva per quanto concerneva la retribuzione e, successivamente, dalla mancanza di finanziamenti pubblici necessari per attuarlo. Anziché reperire le risorse necessarie, l'Esecutivo, ha deciso di aggirare l'applicazione del contratto, reintroducendo nuove figure precarie, gli incarichi di ricerca e gli incarichi post-doc, disciplinati in maniera analoga rispettivamente ai precedenti istituti degli assegni di ricerca e dei ricercatori a tempo determinato di tipo A;

    l'introduzione di queste due nuove figure è stata giustificata dalla necessità di dotare l'ordinamento italiano di uno strumento contrattuale per poter assumere i beneficiari italiani dei progetti Marie Sklodowska-Curie Actions (MSCA) nell'ambito dello schema del Doctoral Network (12 progetti vinti in Italia nel 2024, per un totale di circa 60 dottorandi). Tuttavia, sarebbe stato possibile risolvere tale problematica attraverso una modifica delle disposizioni normative del contratto di ricerca, senza creare necessariamente due nuove figure che rischiano di esporre il nostro Paese ad un possibile reversal della riforma da parte della Commissione europea;

    investire nella ricerca e nell'aumento delle retribuzioni dei ricercatori rappresenta dunque la soluzione per restituire dignità alla figura professionale del ricercatore italiano, nonché per rendere più attrattivo il nostro Paese anche per coloro che dall'estero vorrebbero svolgere i propri progetti di ricerca in Italia, ma l'incremento di risorse non può derivare da una riduzione di finanziamenti destinati proprio alla ricerca, così come avvenuto con questo Governo e, in particolare, con l'articolo 1 del provvedimento,

impegna il Governo

a completare l'insieme di interventi in materia di ricerca recati dal provvedimento in esame, con tutte le iniziative necessarie finalizzate a delineare un quadro normativo chiaro che disciplini un sistema di reclutamento ciclico, trasparente, ordinato e strutturato, conforme ai più elevati standard europei e basato su una valutazione del fabbisogno assunzionale, al fine di evitare la frammentazione che caratterizza l'attuale percorso del pre-ruolo e la tardiva assunzione in ruolo.
9/2526/10. Caso, Amato, Orrico.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame reca, all'articolo 1, disposizioni urgenti per il potenziamento dell'attività scientifica e tecnologica degli enti pubblici di ricerca e, in particolare, autorizza una spesa di 40 milioni di euro per l'anno 2025 e 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027 per l'incremento qualitativo dell'attività scientifica e tecnologica degli enti vigilati;

    investire nella ricerca libera e indipendente significa garantire la tutela di uno dei principi fondamentali della libertà accademica, nonché un elemento essenziale della democrazia, così come sancito dall'articolo 33 della Costituzione e dall'articolo 13 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;

    la mancanza di investimenti in un settore cruciale per lo sviluppo del nostro Paese ha provocato, negli ultimi anni, la fuga dei ricercatori italiani verso Paesi dove questo settore professionale è maggiormente tutelato, sia dal punto di vista del merito, sia da quello economico;

    i bassi salari e la scarsità di finanziamenti rendono l'Italia non solo un Paese da cui emigrare, ma anche una meta poco ambita: secondo i dati Istat pubblicati a marzo 2025, tra le destinazioni scelte per trascorrere un periodo di lavoro all'estero, l'Italia risulta essere l'ultima, indicata da appena il 6 per cento dei giovani europei, mentre in testa si trova la Svizzera (34,2 per cento);

    lo stesso Parlamento europeo, nella Risoluzione del 17 gennaio 2024, riconosce che: «la precarietà che persiste nel settore comporta gravi ripercussioni per la libertà della ricerca scientifica» e per questo motivo «difende i diritti del lavoro dei ricercatori scientifici, la valorizzazione delle loro carriere, la stabilità dei contratti di lavoro e l'accesso a sistemi di protezione sociale completi»;

    per provare a contrastare tale fenomeno, in attuazione della milestone M4C2-4, Riforma 1.1. del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è stata adottata la legge 29 giugno 2022, n. 79, che, modificando la legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha introdotto i contratti di ricerca (articolo 22) in sostituzione dei vecchi assegni, passando da una tipologia contrattuale di tipo parasubordinato ad un contratto di lavoro subordinato, la cui durata complessiva non può superare i cinque anni;

    tuttavia, l'applicazione del contratto è stata ostacolata da un iniziale mancato accordo in sede di contrattazione collettiva per quanto concerneva la retribuzione e, successivamente, dalla mancanza di finanziamenti pubblici necessari per attuarlo. Anziché reperire le risorse necessarie, l'Esecutivo, ha deciso di aggirare l'applicazione del contratto, reintroducendo nuove figure precarie, gli incarichi di ricerca e gli incarichi post-doc, disciplinati in maniera analoga rispettivamente ai precedenti istituti degli assegni di ricerca e dei ricercatori a tempo determinato di tipo A;

    l'introduzione di queste due nuove figure è stata giustificata dalla necessità di dotare l'ordinamento italiano di uno strumento contrattuale per poter assumere i beneficiari italiani dei progetti Marie Sklodowska-Curie Actions (MSCA) nell'ambito dello schema del Doctoral Network (12 progetti vinti in Italia nel 2024, per un totale di circa 60 dottorandi). Tuttavia, sarebbe stato possibile risolvere tale problematica attraverso una modifica delle disposizioni normative del contratto di ricerca, senza creare necessariamente due nuove figure che rischiano di esporre il nostro Paese ad un possibile reversal della riforma da parte della Commissione europea;

    investire nella ricerca e nell'aumento delle retribuzioni dei ricercatori rappresenta dunque la soluzione per restituire dignità alla figura professionale del ricercatore italiano, nonché per rendere più attrattivo il nostro Paese anche per coloro che dall'estero vorrebbero svolgere i propri progetti di ricerca in Italia, ma l'incremento di risorse non può derivare da una riduzione di finanziamenti destinati proprio alla ricerca, così come avvenuto con questo Governo e, in particolare, con l'articolo 1 del provvedimento,

impegna il Governo

ad accompagnare gli interventi in materia di ricerca recati dal provvedimento in esame, con tutte le iniziative necessarie, anche di carattere normativo, volte a reperire le risorse finanziarie da destinare all'incremento delle retribuzioni dei ricercatori, al fine di restituire dignità ad una professione cruciale per lo sviluppo scientifico ed economico nazionale ed internazionale e di rendere l'Italia una destinazione ambita per la ricerca scientifica da parte della comunità internazionale.
9/2526/11. Ilaria Fontana, Caso, Amato, Orrico.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame reca, all'articolo 1, disposizioni urgenti per il potenziamento dell'attività scientifica e tecnologica degli enti pubblici di ricerca e, in particolare, autorizza una spesa di 40 milioni di euro per l'anno 2025 e 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027 per l'incremento qualitativo dell'attività scientifica e tecnologica degli Enti vigilati;

    investire nella ricerca libera e indipendente significa garantire la tutela di uno dei princìpi fondamentali della libertà accademica, nonché un elemento essenziale della democrazia, così come sancito dall'articolo 33 della Costituzione e dall'articolo 13 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;

    la mancanza di investimenti in un settore cruciale per lo sviluppo del nostro Paese ha provocato, negli ultimi anni, la fuga dei ricercatori italiani verso Paesi dove questo settore professionale è maggiormente tutelato, sia dal punto di vista del merito, sia da quello economico;

    i bassi salari e la scarsità di finanziamenti rendono l'Italia non solo un Paese da cui emigrare, ma anche una meta poco ambita: secondo i dati Istat pubblicati a marzo 2025, tra le destinazioni scelte per trascorrere un periodo di lavoro all'estero, l'Italia risulta essere l'ultima, indicata da appena il 6 per cento dei giovani europei, mentre in testa si trova la Svizzera (34,2 per cento);

    lo stesso Parlamento europeo, nella Risoluzione del 17 gennaio 2024, riconosce che: «la precarietà che persiste nel settore comporta gravi ripercussioni per la libertà della ricerca scientifica» e per questo motivo «difende i diritti del lavoro dei ricercatori scientifici, la valorizzazione delle loro carriere, la stabilità dei contratti di lavoro e l'accesso a sistemi di protezione sociale completi»;

    per provare a contrastare tale fenomeno, in attuazione della milestone M4C2-4, Riforma 1.1. del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è stata adottata la legge 29 giugno 2022, n. 79, che, modificando la legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha introdotto i contratti di ricerca (articolo 22) in sostituzione dei vecchi assegni, passando da una tipologia contrattuale di tipo parasubordinato ad un contratto di lavoro subordinato, la cui durata complessiva non può superare i cinque anni;

    tuttavia, l'applicazione del contratto è stata ostacolata da un iniziale mancato accordo in sede di contrattazione collettiva per quanto concerneva la retribuzione e, successivamente, dalla mancanza di finanziamenti pubblici necessari per attuarlo. Anziché reperire le risorse necessarie, l'Esecutivo, deciso di aggirare l'applicazione del contratto, reintroducendo nuove figure precarie, gli incarichi di ricerca e gli incarichi post-doc, disciplinati in maniera analoga rispettivamente ai precedenti istituti degli assegni di ricerca e dei ricercatori a tempo determinato di tipo A;

    l'introduzione di queste due nuove figure è stata giustificata dalla necessità di dotare l'ordinamento italiano di uno strumento contrattuale per poter assumere i beneficiari italiani dei progetti Marie Sklodowska-Curie Actions (MSCA) nell'ambito dello schema del Doctoral Network (12 progetti vinti in Italia nel 2024, per un totale di circa 60 Dottorandi). Tuttavia, sarebbe stato possibile risolvere tale problematica attraverso una modifica delle disposizioni normative del contratto di ricerca, senza creare necessariamente due nuove figure che rischiano di esporre il nostro Paese ad un possibile reversal della riforma da parte della Commissione europea;

    investire nella ricerca e nell'aumento delle retribuzioni dei ricercatori rappresenta dunque la soluzione per restituire dignità alla figura professionale del ricercatore italiano, nonché per rendere più attrattivo il nostro Paese anche per coloro che dall'estero vorrebbero svolgere i propri progetti di ricerca in Italia, ma l'incremento di risorse non può derivare da una riduzione di finanziamenti destinati proprio alla ricerca, così come avvenuto con questo Governo e, in particolare, con l'articolo 1 del provvedimento,

impegna il Governo

ad accompagnare urgentemente gli interventi recati dall'articolo 1 del provvedimento in esame, con tutte le iniziative, anche di carattere normativo, volte a reperire le risorse necessarie per sostenere gli atenei tradizionali e gli enti di ricerca nazionali nell'attuazione dei contratti ricerca, al fine di contrastare l'ormai insostenibile fenomeno del precariato nel mondo della ricerca.
9/2526/12. Pavanelli, Caso, Amato, Orrico.

   La Camera,

   premesso che:

    come si evince dal preambolo, tra le finalità del decreto-legge in esame vi è quella di stabilire misure che assicurino l'effettività delle politiche di ricerca pubblica;

    in particolare il Capo II del provvedimento in esame reca disposizioni in materia di formazione, alta formazione e ricerca;

    il diritto allo studio, sancito dall'articolo 34 della Costituzione, rappresenta un pilastro della crescita culturale e sociale del Paese e richiede strumenti moderni per garantire pari opportunità agli studenti universitari;

    università ed enti di ricerca svolgono un ruolo centrale nello sviluppo dell'innovazione scientifica e tecnologica, anche attraverso l'adozione di strumenti avanzati come l'intelligenza artificiale applicata al Life Cycle Assessment (LCA), capaci di rendere più competitivo e sostenibile il sistema produttivo;

    la transizione ecologica e l'economia circolare generano nuove esigenze professionali e opportunità occupazionali per i giovani laureati, rendendo necessaria la formazione di figure specializzate, in grado di accompagnare imprese e pubbliche amministrazioni nei processi di innovazione,

impegna il Governo

ad accompagnare l'attuazione delle misure recate dal provvedimento in esame con ulteriori interventi volti a rafforzare il sistema universitario e della ricerca, favorendo strumenti di sostegno allo studio, l'innovazione scientifica tramite l'uso di tecnologie emergenti come l'intelligenza artificiale e la metodologia LCA, e la formazione di nuove professionalità, anche attraverso figure specializzate come i «green manager», capaci di accompagnare imprese e pubbliche amministrazioni nei processi di innovazione e sostenibilità, contribuendo alla competitività del sistema produttivo nazionale.
9/2526/13. L'Abbate, Caso, Amato, Orrico.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame, tra i vari ambiti di intervento reca al Capo II reca disposizioni in materia di istruzione: per garantire il regolare avvio dell'anno scolastico, per procedere ad immissioni in ruolo, per l'accesso ai posti di educatore di servizi educativi per l'infanzia, per la prosecuzione dell'attività dell'opera nazionale Montessori, per il funzionamento del Consiglio superiore della pubblica istruzione e in materia di assicurazione INAIL nel settore dell'istruzione e della formazione;

    in data 21 febbraio 2025, la Commissione europea ha presentato ricorso contro l'Italia per l'abuso dei contratti a termine del personale ATA della scuola;

    in data 4 aprile 2025, la stessa Commissione nelle conclusioni depositate ha chiesto di far dichiarare che, «non avendo previsto misure volte a prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato in relazione al personale amministrativo, tecnico e ausiliario supplente presso le istituzioni scolastiche statali, la Repubblica italiana ha mancato agli obblighi ad essa incombenti in virtù della clausola 5 dell'accordo quadro», e di far condannare la Repubblica italiana al pagamento delle spese processuali;

    di recente, la materia è stata oggetto di un'interrogazione a risposta immediata presso la commissione Cultura, nel mese di giugno u.s., a mia prima firma e in quella sede il rappresentante del Governo ha risposto che il «Ministero sta comunque lavorando ad una revisione dell'attuale sistema di reclutamento del personale ATA, che è disciplinato da norme obiettivamente risalenti nel tempo (addirittura al 1994)»;

    peraltro, nell'anno scolastico 2024/2025 sono state autorizzate un numero di immissioni in ruolo di personale ausiliario, amministrativo e tecnico pari al 30 per cento – ancora una volta come per gli anni precedenti – dei posti vacanti e disponibili, in palese violazione delle norme richiamate dalla stessa Commissione europea, dunque, anche quest'anno, a fronte di 30.581 posti liberi in organico di diritto, sono state autorizzate solo 10.336 assunzioni a tempo indeterminato,

impegna il Governo

ad accompagnare l'attuazione delle misure recate dal provvedimento in esame con ulteriori iniziative, anche normative, volte ad assicurare l'adozione un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale ATA per la copertura di tutti i posti vacanti e disponibili in organico, al fine di garantire la piena efficienza e il regolare funzionamento delle scuole, nonché stabilizzare una categoria indispensabile per la gestione delle scuole italiane assicurando loro continuità lavorativa e stabilità contrattuale.
9/2526/14. Amato, Caso, Orrico.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, tra i vari ambiti di intervento, al Capo II reca disposizioni in materia di formazione, alta formazione e ricerca;

    la persistente carenza di investimenti e risorse dedicate al mondo universitario, della ricerca e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) ha determinato un preoccupante fenomeno di fuga dei talenti verso Paesi esteri che offrono condizioni più favorevoli in termini di stabilità occupazionale, riconoscimento del merito e retribuzione;

    i bassi salari e la scarsità di finanziamenti rendono l'Italia non solo un Paese da cui emigrare, ma anche una meta poco ambita: secondo i dati Istat pubblicati a marzo 2025, tra le destinazioni scelte per trascorrere un periodo di lavoro all'estero, l'Italia risulta essere l'ultima, indicata da appena il 6 per cento dei giovani europei, mentre in testa si trova la Svizzera (34,2 per cento);

    appare indispensabile adottare misure strutturali ed efficaci per contrastare la precarietà e valorizzare il personale universitario, di ricerca e AFAM, assicurando percorsi stabili, trasparenti e meritocratici di stabilizzazione e progressione professionale,

impegna il Governo

ad accompagnare le misure recate dal provvedimento in esame con ulteriori iniziative volte a prevedere percorsi di stabilizzazione e progressioni di carriera del personale universitario, di ricerca e AFAM, basati su criteri trasparenti, meritocratici e uniformi a livello nazionale, superando le duplicazioni e le frammentazioni esistenti e assicurando a tal fine adeguati stanziamenti dedicati per la stabilizzazione e le progressioni contrattuali.
9/2526/15. D'Orso, Caso, Amato, Orrico.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, tra i vari ambiti di intervento, come si evince anche dal preambolo, al Capo II reca disposizioni urgenti in materia di istruzione per garantire il regolare avvio dell'anno scolastico;

    l'edilizia scolastica ben gestita è una condizione necessaria per il regolare avvio dell'anno scolastico perché permette di garantire ambienti sicuri, adeguati e funzionali, evitando ritardi, chiusure o condizioni di rischio per studenti e personale scolastico;

    l'Anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica (SNAES), istituita dalla legge n. 23 del 1996 e rafforzata dalla legge n. 107 del 2015, rappresenta uno strumento fondamentale per la programmazione, la sicurezza e la trasparenza in materia di edilizia scolastica;

    la citata disciplina vigente prevede la pubblicazione in formato aperto dei dati aggiornati, anche attraverso la piattaforma «Open Edilizia», ma tali dati risultano, ad oggi, aggiornati solo fino all'anno scolastico 2022/2023;

    i dati non aggiornati riguardano indicatori cruciali, tra cui le certificazioni di sicurezza, l'agibilità, l'adeguamento sismico, l'accessibilità, la presenza di barriere architettoniche e altri parametri che influiscono direttamente sulla sicurezza di studenti e personale scolastico;

    l'impossibilità di disporre di dati completi e aggiornati ostacola la pianificazione degli interventi e compromette il principio di trasparenza amministrativa;

    l'organizzazione Cittadinanzattiva ha presentato un'istanza di accesso civico al Ministero dell'Istruzione e del Merito per chiedere la pubblicazione dei dati relativi agli anni scolastici 2023/2024 e 2024/2025 su dodici ambiti di analisi, comprendenti indicatori fondamentali come certificazioni di agibilità statica, prevenzione incendi, presenza di barriere architettoniche, impianti di riscaldamento e ventilazione, anno di costruzione e interventi strutturali;

    l'Osservatorio nazionale per l'edilizia scolastica, previsto dalla legge n. 23 del 1996 e potenziato dalla legge n. 107 del 2015, ha il compito di coordinare, indirizzare e monitorare le politiche pubbliche in materia, con il contributo delle principali organizzazioni civiche;

    dall'insediamento dell'attuale Governo non risulta alcuna convocazione ufficiale dell'Osservatorio, nonostante i reiterati solleciti da parte di organizzazioni storicamente coinvolte, come Cittadinanzattiva, Legambiente, Save the Children, il Fondo Vito Scafidi e il Comitato Vittime di San Giuliano, rimasti senza risposta,

impegna il Governo

ad accompagnare l'attuazione delle misure recate dal provvedimento in esame, in linea con la prevista finalità relativa al regolare avvio del prossimo anno scolastico, con ulteriori iniziative volte a garantire la tempestiva pubblicazione e accessibilità in formato aperto dei dati aggiornati relativi all'Anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica, anche attraverso la piattaforma «Open Edilizia», nonché a riattivare con urgenza l'Osservatorio nazionale per l'edilizia scolastica, prevedendo un calendario stabile di convocazioni e assicurando il pieno coinvolgimento delle organizzazioni civiche che da sempre ne fanno parte, al fine di rafforzare le politiche pubbliche in materia di sicurezza, qualità e trasparenza degli edifici scolastici.
9/2526/16. Sportiello, Caso, Amato, Orrico.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame, tra i vari ambiti di intervento, interviene al Capo II con disposizioni in materia di istruzione per garantire il regolare avvio dell'anno scolastico;

    le operazioni di convocazione per il conferimento degli incarichi a tempo determinato del personale ATA, in particolare per il profilo di collaboratore scolastico inserito in prima e seconda fascia delle graduatorie provinciali, rivestono un ruolo essenziale per il regolare avvio e funzionamento dell'anno scolastico;

    nella regione Campania, e in particolare presso l'Ufficio scolastico regionale – Ambito territoriale di Napoli, si registrano da diversi anni significativi ritardi nell'espletamento di tali procedure, con convocazioni concluse in date marcatamente tardive rispetto all'inizio dell'anno scolastico (3 gennaio 2023 per l'a.s. 2022/2023, 4 gennaio 2024 per l'a.s. 2023/2024, 17 dicembre 2024 per l'a.s. 2024/2025);

    tali ritardi risultano notevolmente superiori rispetto a quanto avviene in molte altre regioni italiane, dove le operazioni si concludono generalmente entro il mese di settembre;

    i ritardi determinano gravi disagi per i lavoratori, costretti ad attendere mesi per iniziare l'attività lavorativa, con conseguenze economiche e professionali, nonché per le istituzioni scolastiche, che restano sprovviste del personale necessario per garantire efficienza, sicurezza e continuità dei servizi scolastici;

    tale situazione produce una disparità di trattamento tra lavoratori appartenenti alla stessa categoria professionale, basata unicamente sulla collocazione territoriale,

impegna il Governo

in linea con le finalità del provvedimento, che reca, tra l'altro, disposizioni volte a garantire il regolare avvio dell'anno scolastico, ad accompagnare l'attuazione delle misure in esame in materia di istruzione con ulteriori iniziative volte a prevedere, a partire dal prossimo anno scolastico, che le operazioni di convocazione del personale ATA presso l'Ambito territoriale di Napoli si svolgano entro tempistiche congrue e uniformi rispetto al resto del territorio nazionale, al fine di assicurare il regolare avvio delle attività scolastiche, garantire l'efficienza amministrativa e tutelare i principi di trasparenza e parità di trattamento.
9/2526/17. Carotenuto, Caso, Amato, Orrico.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, all'articolo 1, interviene sulla disciplina relativa alla promozione e al sostegno da parte del Ministero dell'università e della ricerca dell'incremento qualitativo dell'attività scientifica degli enti vigilati dal MUR; in particolare il comma 2, prevede un'autorizzazione di spesa destinata agli enti di ricerca vigilati dal MUR, i cui oneri sono coperti, tra l'altro, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di 50 milioni (su totali 60) destinati al CNR per il piano di riorganizzazione e rilancio dello stesso, mentre il comma 3-bis specifica che le procedure di stabilizzazione per il personale del CNR si applicano al personale che ha maturato i requisiti previsti alla data del 31 dicembre 2024;

    il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) rappresenta il più grande e importante ente di ricerca multidisciplinare in Italia, svolgendo un ruolo cruciale per lo sviluppo scientifico, tecnologico ed economico del Paese;

    nell'ultimo periodo, l'ente è stato protagonista di una situazione di stallo e incertezza a causa del ritardo nella nomina della presidente da parte della Ministra Bernini, che ha portato numerose difficoltà organizzative e gestionali all'interno del CNR, in quanto il c.d.a. non poteva lavorare ad accordi internazionali o convenzioni con altri enti, non poteva bandire concorsi, non poteva rinnovare i direttori degli istituti in scadenza e non poteva stabilizzare le migliaia di ricercatori precari, né assumerne di nuovi;

    la situazione si è sbloccata dopo due mesi, quando è stato nominato Andrea Lenzi come nuovo presidente dell'ente;

    nonostante la cruciale importanza del CNR e l'impegno costante dei suoi ricercatori, il precariato nella ricerca italiana costituisce una problematica annosa che incide negativamente sulla continuità delle attività di ricerca, sulla valorizzazione dei talenti e sulla capacità attrattiva del sistema scientifico nazionale;

    grazie allo sforzo di tutte le opposizioni, la legge di bilancio recentemente approvata ha stanziato 9 milioni di euro per l'anno 2025, 12,5 milioni per l'anno 2026 e 10,5 milioni annui a decorrere dall'anno 2027 destinati alle procedure di stabilizzazione di ricercatori, tecnologi, tecnici e personale amministrativo del CNR;

    la stabilizzazione del personale precario rappresenta una misura non solo di giustizia sociale, ma anche un investimento strategico per il futuro della ricerca italiana, consentendo di consolidare le competenze acquisite e di avviare percorsi di ricerca a lungo termine,

impegna il Governo

ad accompagnare le misure recate dal provvedimento con ogni ulteriore iniziativa necessaria volta ad utilizzare le risorse stanziate nella recente legge di bilancio per avviare con urgenza i processi di stabilizzazione del personale precario del CNR, nonché a monitorare l'attuazione di tali misure e a valutare ulteriori iniziative finalizzate a ridurre strutturalmente il precariato nel settore della ricerca, sostenendo la piena operatività e la stabilità dei vertici degli enti di ricerca, a partire dal CNR, al fine di salvaguardare la continuità e l'eccellenza delle attività scientifiche italiane.
9/2526/18. Marianna Ricciardi, Caso, Amato, Orrico.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca, al Capo II disposizioni in materia di formazione, alta formazione e ricerca;

    come si evince dal preambolo del provvedimento in esame tra le finalità vi è anche quella di prevedere disposizioni urgenti per il rafforzamento dell'organizzazione e dell'azione del Ministero dell'università e della ricerca;

    durante la pandemia e dopo l'emergenza sanitaria, le università telematiche hanno visto una crescita esponenziale;

    nel contesto emergenziale connesso alla pandemia le università telematiche hanno costituito indubbiamente la risposta a una domanda, tuttavia la necessità, oggi, è che tutte le università riconosciute, telematiche e quelle che erogano formazione in presenza, rispondano a questa domanda allo stesso modo, garantendo la qualità dell'offerta formativa;

    nonostante la crescente adozione di metodologie didattiche più interattive. le lezioni frontali all'università mantengono una enorme importanza in termini di trasmissione efficace di conoscenze, sviluppo del pensiero critico da parte dello studente, occasione di confronto e approfondimento, tra studenti e tra studenti e docente. Esse sono una struttura solida per l'apprendimento, in particolare in alcune aree disciplinari, come quelle scientifiche o tecniche, in cui la lezione frontale è particolarmente utile per introdurre concetti complessi e metodologie di lavoro;

    il problema, tuttavia, non è la didattica a distanza in sé ma il modello di business sotteso alle università telematiche;

    in alcuni casi ben noti ci sono soggetti che hanno raggruppato in unico gruppo più università e le hanno trasformate in società di capitali, costruendo una strategia industriale focalizzata su centri territoriali in franchising (learning point) e l'accompagnamento agli esami, anche oltre il lecito (esami on line da casa; esami standardizzati a scelta multipla; diffusione di panieri con le risposte, stile esame per la patente). Tutto questo avviene in un contesto caratterizzato da un rapporto aberrante tra studenti e docenti (oltre 1 a 300, a fronte di meno di 1 a 30 negli atenei statali e non statali in presenza), nonché da forzature e abusi nei rapporti con il personale (bandi a tempo definito per la docenza di ruolo; regolamenti non esistenti o non applicati su carichi e scatti; sottoscrizione di contratti di diritto privato per la docenza, con la cessione di ogni diritto sui propri prodotti didattici; applicazione di contratti del commercio al personale tecnico e amministrativo), del quale la Ministra Bernini solo di recente sembra aver preso coscienza;

    alcuni atenei telematici sono quindi cresciuti enormemente in questi anni, costruendo un segmento di formazione molto spesso dequalificata, che apre divergenze di sistema sulla parificazione dei titoli di studio e che si allarga progressivamente ai percorsi in presenza,

impegna il Governo

ad accompagnare l'attuazione delle misure recate dal provvedimento in esame in materia di università con ulteriori iniziative finalizzate ad implementare gli opportuni ed indispensabili controlli relativi alle attività di formazione delle università telematiche, con particolare riguardo al rapporto numerico tra docenti e studenti come fattore determinante per la sostenibilità del sistema universitario.
9/2526/19. Dell'Olio, Caso, Amato, Orrico.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca Disposizioni urgenti in materia di università e ricerca, istruzione e salute;

    in particolare, l'articolo 1 ha come obiettivo il potenziamento dell'attività scientifica e tecnologica degli enti pubblici di ricerca, attraverso la previsione di risorse da destinare in via sperimentale nei prossimi anni per migliorare la qualità della ricerca;

    gli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS) e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) sono istituzioni sanitarie che svolgono, ciascuna nel proprio specifico ambito, importanti attività di ricerca altamente specializzate;

    come si evince dalla portata del provvedimento in esame, la ricerca, soprattutto se sperimentale e di eccellenza, necessita di poter contare sull'erogazione di risorse adeguate e continuative;

    investire sulla qualità della ricerca significa anche valorizzare il ruolo e la retribuzione del personale impegnato in attività di ricerca presso enti pubblici, quali sono gli IZS e IRCCS,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative di competenza volte ad autorizzare, in linea con gli obiettivi del provvedimento in esame, l'utilizzo di risorse derivanti da progetti e programmi competitivi finanziati da soggetti pubblici o privati, nazionali o internazionali e non riconducibili al Servizio sanitario nazionale, oltre che da fondi di natura pubblica o privata derivanti da attività extra-istituzionali e da progetti realizzati in regime di convenzione, al fine di incrementare i fondi destinati alla liquidazione del trattamento accessorio correlato alla performance individuale e organizzativa del personale degli Istituti zooprofilattici sperimentali e degli IRCS.
9/2526/20. Cerreto.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di università e ricerca, istruzione e salute;

    ogni Ateneo disciplina e organizza in maniera autonoma la consegna delle cosiddette «pergamene» di Laurea;

    in alcuni casi le pergamene vengono consegnate contestualmente alla proclamazione, mentre in altri Atenei la consegna avviene solo su esplicita richiesta dello studente, anche a distanza di anni dalla seduta di laurea;

    il conseguimento del titolo di laurea rappresenta un traguardo fondamentale nella vita di ogni studente;

    la consegna della pergamena al momento della proclamazione rafforza il valore simbolico e istituzionale del titolo di studio conseguito;

    una prassi disomogenea tra Atenei può generare disuguaglianze di trattamento tra studenti appartenenti a differenti realtà accademiche;

    è necessario garantire pari dignità e uniformità nei procedimenti di consegna del titolo di laurea, a tutela dei diritti e delle aspettative degli studenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative di competenza affinché tutti gli Atenei procedano alla consegna della pergamena di laurea contestualmente alla proclamazione, garantendo così uniformità, trasparenza e parità di trattamento tra studenti su tutto il territorio nazionale.
9/2526/21. Colombo.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame, al Capo II reca disposizioni in materia di formazione, alta formazione e ricerca;

    in particolare l'articolo 1 modifica alcuni profili della disciplina relativa alla promozione e al sostegno da parte del Ministero dell'università e della ricerca dell'incremento qualitativo dell'attività scientifica degli enti vigilati e del finanziamento premiale dei Piani triennali di attività e di specifici programmi e progetti;

    l'Istituto italiano per gli studi storici è stato fondato nel 1946 da Benedetto Croce. Con decreto del Capo provvisorio dello Stato del 9 gennaio 1947 n. 46, venne eretto in Ente morale e ne fu approvato lo statuto redatto dallo stesso Croce (poi modificato con decreto del Presidente della Repubblica n. 1517 del 16 febbraio 1954; e successivamente con decreto ministeriale del 22 marzo 1991). Con la creazione dell'Istituto italiano per gli studi storici, Benedetto Croce realizzò un proposito che egli aveva concepito fin dagli anni successivi alla prima guerra mondiale, ovvero l'idea di fondare «un istituto di preparazione ed esercitazione alla storia propriamente detta, alla quale le università offrono bensì la necessaria e indispensabile disciplina filologica, ma per il resto solo sparse e accidentali e superficiali cognizioni»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di accompagnare le misure recate dall'articolo 1 del provvedimento in esame, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, con l'adozione di ulteriori iniziative volte a garantire la continuità e il rafforzamento del sostegno pubblico all'Istituto Italiano per gli Studi Storici.
9/2526/22. Mollicone.

   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame, all'articolo 1, modifica alcuni profili della disciplina relativa alla promozione e al sostegno da parte del Ministero dell'università e della ricerca dell'incremento qualitativo dell'attività scientifica degli Enti vigilati e del finanziamento premiale dei Piani triennali di attività e di specifici programmi e progetti, anche congiunti; a tal fine, si autorizza in via sperimentale la spesa di 40 milioni di euro per il 2025 e 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027;

    nell'ottica di una maggiore valorizzazione del personale degli enti pubblici di ricerca inquadrato nei livelli III e II, la previsione di un vincolo di destinazione pari ad almeno il venti per cento delle risorse autorizzate per ciascun triennio – in particolare, per lo scorrimento integrale delle graduatorie di idonei formate ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218 – risponderebbe a all'esigenza di garantire la piena operatività e funzionalità degli enti, unitamente alla possibilità di utilizzare le professionalità già selezionate tramite procedure concorsuali. Ciò, darebbe valore al merito e assicurerebbe maggiore continuità e stabilità all'interno degli enti pubblici di ricerca;

    in una prospettiva di medio-lungo periodo, la possibilità, inoltre, di prevedere che a partire dal 2028 gli enti beneficiari si facciano carico degli oneri strutturali derivanti dagli scorrimenti effettuati durante il triennio di finanziamento statale, rappresenterebbe un meccanismo tale da evitare la generazione di oneri permanenti a carico del bilancio dello Stato, rafforzando la responsabilizzazione gestionale degli enti,

impegna il Governo:

   a introdurre un vincolo di destinazione pari ad almeno il venti per cento delle risorse autorizzate per ciascun anno del triennio 2025-2027 dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge in esame, ai fini della valorizzazione del personale degli enti pubblici di ricerca inquadrato nei livelli III e II nonché, in particolare, per lo scorrimento integrale delle graduatorie di idonei formate ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218;

   a prevedere, al fine di garantire la sostenibilità finanziaria di quanto proposto – evitando, così, nuovi oneri per lo Stato e responsabilizzando la gestione degli Enti – che, a partire dall'anno 2028, gli enti beneficiari siano tenuti a farsi carico degli oneri strutturali derivanti dagli scorrimenti effettuati durante il triennio di finanziamento statale nonché consentire agli enti stessi, nei limiti delle proprie disponibilità e della programmazione triennale, di proseguire eventuali ulteriori valorizzazioni interne, con strumenti ordinari di bilancio e contrattazione.
9/2526/23. Grippo.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca al Capo I disposizioni urgenti in materia di formazione, alta formazione e ricerca;

    in particolare tra le finalità del provvedimento, come si evince dal preambolo vi è anche quella di assicurare il completamento tempestivo dei progetti del PNRR e del Piano nazionale degli investimenti complementari;

    il diritto allo studio universitario costituisce uno dei pilastri fondamentali della parità di accesso all'istruzione e della promozione del merito, rappresentando al contempo un fattore di primaria importanza soprattutto in relazione alle condizioni abitative degli studenti fuori sede;

    l'articolo 1, comma 526, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, ha istituito un apposito fondo per sostenere gli studenti fuori sede appartenenti a un nucleo familiare che soddisfino determinati requisiti, al fine di incentivare l'offerta di alloggi e residenze per studenti universitari, anche attraverso partenariati pubblico-privato e valorizzazione del patrimonio immobiliare esistente;

    nel quadro delle riforme e degli investimenti previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), citati come obiettivo l'Italia si è impegnata ad aumentare in modo significativo la disponibilità di posti letti per gli studenti fuori sede, riconoscendo questa tra le misure per aumentare la competitività del sistema universitario italiano riducendo, al contempo, le diseguaglianze di accesso all'istruzione universitaria;

    la normativa vigente, di cui all'articolo 15, comma 1, lettera i-sexies), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, prevede che la detrazione per i canoni di locazione spetti agli studenti solo qualora l'immobile sia situato in un comune distante almeno 1000 chilometri da quello di residenza e, in ogni caso, in una provincia diversa. Tale vincolo legato a fattori chilometrici e territoriali appare, però, anacronistico e penalizzante in considerazione delle condizioni infrastrutturali del Paese, che spesso rendono difficoltosi gli spostamenti anche per tratte più brevi o per le quali vi siano limitate soluzioni abitative,

impegna il Governo

in linea con le finalità perseguite dal decreto-legge in esame, ad accompagnare, con apposite iniziative normative, le misure di cui all'articolo 5-bis, con ulteriori interventi volti a prevedere un rifinanziamento del Fondo di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 con un incremento strutturale pari ad almeno 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025, adottando altresì ogni opportuna iniziativa normativa volta a estendere la platea dei beneficiari della detrazione fiscale per canoni di locazioni sostenuti dagli studenti universitari fuori sede, in coerenza con gli obiettivi di equità e inclusività del sistema universitario nazionale.
9/2526/24. Pastorella, Grippo.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca al Capo I disposizioni urgenti in materia di formazione, alta formazione e ricerca;

    tra le finalità del provvedimento enunciate nel preambolo vi è anche quella di prevedere disposizioni per assicurare il regolare avvio dell'anno scolastico 2025/2026;

    nell'ambito delle istituzioni scolastiche, un ruolo essenziale è svolto dal personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) che garantisce il funzionamento tecnico, amministrativo e operativo delle scuole italiane, in piena attuazione del diritto allo studio, nonché l'attuazione di numerose misure previste dal PNRR, citate come chiaro obiettivo dall'articolo 2 del decreto in corso di conversione;

    le attuali dotazioni organiche del personale ATA risultano gravemente insufficienti a garantire la piena operatività dei servizi scolastici, in particolare alla luce dell'incremento delle funzioni amministrative, delle esigenze di sicurezza e della gestione ordinaria e straordinaria delle sedi scolastiche;

    in tale contesto, il fenomeno del precariato diffuso nella categoria interessata, aggravato dal sistematico ricorso a supplenze annuali o brevi, incide negativamente sulla qualità dell'offerta educativa, sulla stabilità organizzativa delle scuole e sulla tutela dei diritti dei lavoratori interessati,

impegna il Governo

in linea con le finalità del provvedimento, che reca, tra l'altro, disposizioni volte a garantire il regolare avvio dell'anno scolastico, ad accompagnare l'attuazione delle misure in materia di istruzione con la predisposizione, in vista dell'avvio dell'anno scolastico 2025/2026, di un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale ATA per la copertura dei posti vacanti e disponibili in organico.
9/2526/25. Ruffino, Grippo.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca al Capo I disposizioni urgenti in materia di formazione, alta formazione e ricerca;

    in particolare l'articolo 5-bis reca l'interpretazione autentica di disposizioni fiscali in materia di borse di studio conferite dalle università per attività di ricerca post laurea;

    il dottorato di ricerca rappresenta il più alto grado dell'istruzione universitaria e costituisce uno strumento essenziale per lo sviluppo della ricerca scientifica, il ricambio generazionale nel sistema accademico e il rafforzamento della competitività del Paese sul piano internazionale;

    la valorizzazione del percorso di dottorato – sia relativamente alla figura del dottorando che all'importo della borsa di dottorato – rappresenta una condizione necessaria per attrarre e trattenere nel sistema universitario i giovani talenti, riducendo in tal modo il fenomeno della «fuga dei cervelli»;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ha previsto un temporaneo incremento delle borse di dottorato – oggetto delle disposizioni dell'articolo 5-bis del decreto in corso di conversione – il quale risulta in molti casi inadeguato a garantire l'autonomia economica dei beneficiari e iniquo rispetto al lavoro di ricerca effettivamente compiuto,

impegna il Governo

ad accompagnare le misure recate dal provvedimento con ulteriori iniziative, di carattere normativo, volte a prevedere un incremento, a decorrere dall'anno 2026, del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in misura sufficiente a garantire che l'importo delle borse di studio di dottorato non sia inferiore alla retribuzione minima imponibile ai fini del versamento della contribuzione previdenziale.
9/2526/26. Bonetti, Grippo.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea reca disposizioni urgenti in materia di università e ricerca, istruzione e salute, anche con riferimento alle aziende ospedaliero-universitarie;

    nelle materie suddette, è richiesto da più parti un intervento normativo che potenzierebbe l'offerta formativa specialistica di area sanitaria, attraverso l'istituzione di una scuola di specializzazione in chirurgia senologica;

    il carcinoma mammario è la neoplasia più frequente tra le donne e rappresenta la principale causa di morte oncologica tra i 35 e i 55 anni. L'incidenza è in aumento, soprattutto tra le giovani, con forme biologicamente più aggressive che richiedono cure tempestive e altamente specializzate;

    le breast unit (centri di senologia), istituite con intese Stato-regioni del 2014 e 2019 e disciplinate dal decreto ministeriale n. 70 del 2015, rappresentano il modello assistenziale più efficace;

    il ruolo del chirurgo senologo è centrale, ma manca una scuola di specializzazione dedicata, con un percorso formativo strutturato e riconosciuto a livello nazionale;

    l'unica formazione specifica oggi prevista consiste in un modulo opzionale di 6 mesi all'interno della scuola di specializzazione in chirurgia generale (24 Cfu), ma l'evoluzione della chirurgia senologica richiederebbe una formazione integrata con oncologia, chirurgia plastica, radioterapia e medicina nucleare;

    il decreto ministeriale n. 70 del 2015, la direttiva generale del Ministero della salute e i nuovi Livelli essenziali di assistenza richiedono centri di senologia attivi e qualificati in tutte le regioni, ma senza personale adeguatamente formato il rischio è di disomogeneità e diseguaglianza nei trattamenti;

    l'istituzione di una scuola di specializzazione in chirurgia senologica rappresenterebbe un'opportunità concreta per rilanciare anche le iscrizioni alle scuole di specializzazione in chirurgia, oggi in difficoltà;

    le associazioni femminili chiedono con forza la piena attuazione della rete senologica, anche alla luce dei 60.000 nuovi casi di tumore al seno diagnosticati nel 2024,

impegna il Governo

in linea con le finalità di sostegno al sistema di formazione superiore e della ricerca di cui al capo I e al capo II, sezione III del provvedimento in esame:

   a valutare l'opportunità, di promuovere l'istituzione di una scuola di specializzazione in chirurgia senologica per colmare l'attuale vuoto formativo, anche attivando un tavolo tecnico per definire criteri, requisiti e accreditamento della nuova scuola;

   ad adottare iniziative, d'intesa con le regioni, per garantire che i chirurghi senologi operanti nelle breast unit abbiano una formazione adeguata, conforme agli standard europei.
9/2526/27. Nisini.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, contenente Disposizioni urgenti in materia di università e ricerca, istruzione e salute, con l'articolo 1 intende potenziare l'attività scientifica e tecnologica degli enti di ricerca, con l'articolo 3 intende rafforzare l'organizzazione e l'azione amministrativa del Ministero dell'università e della ricerca;

    presso le università italiane sono in servizio più di 30.000 precari (dati anagrafe MUR, gennaio-febbraio 2025): circa 7.000 Ricercatori a tempo determinato di tipo A, circa 24.000 Assegnisti di Ricerca. Sono precarie e precari molto spesso di lungo corso nonché in scadenza/in esaurimento, essendo impiegati attraverso tipologie contrattuali cancellate dalla legge del 29 giugno 2022 n. 79, prima, e dalla legge 5 giugno 2025 n. 79, poi. Ai numeri suindicati, già enormi, occorre aggiungere le circa 30.000 docenze a contratto (USTAT 2023) che vengono attivate ogni anno e gli oltre 40.000 Dottorati di ricerca: in entrambi i casi, si tratta di soggetti che ambiscono a lavorare in maniera stabile nel mondo dell'università e della ricerca;

    il personale universitario di ruolo, docente e tecnico-amministrativo e bibliotecario, si è ridotto di circa il 20 per cento tra gli anni 2010 e 2015, a seguito del taglio di 1,5 miliardi al Fondo di Finanziamento Ordinario disposto dalla Legge 133 del 2008. Solo a partire dal 2019, vi è stata una inversione di tendenza. Rileva comunque che, tra il 2008 e il 2022, vi è stata una riduzione di oltre 15.000 (-24%) posizioni strutturate (UnRest-Net 2023, sintesi dei dati MUR);

    in Italia, la percentuale di laureati tra i 25 e i 34 anni è significativamente inferiore alla media europea. Mentre la media europea si attesta intorno al 41,6 per cento, in Italia questa percentuale si ferma al 26,8 per cento. Il rapporto tra docenti di ruolo e studenti è tra i più alti del continente: le/i docenti di ruolo sono solo 1 ogni 29 studenti (dati ANVUR 2023), mentre, considerando anche il personale a contratto (attribuzione annuale di corsi), questo rapporto scende a 1 a 20.8 (il terzultimo tra tutti i paesi, vicino a quello dell'Irlanda e della Turchia, con il rapporto rispettivamente di 1 a 22.4 e 1 a 21.9; dati OECD). La media UE è di 1 a 14.3 (dati OECD);

    la Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (articolo 1, comma 297, lettera a)) aveva avviato un piano straordinario di reclutamento del personale universitario, con l'esplicito scopo di allargare gli organici degli atenei statali del Paese attraverso 75 milioni di euro nel 2022, 300 nel 2023, 340 nel 2024, 50 nel 2025 e 50 nel 2026, e prevedendo nuove posizioni per oltre 8.000 docenti di ruolo e 5.000 tecnici-amministrativi e bibliotecari;

    per l'anno 2024, invece, il FFO è stato decurtato di oltre 170 milioni, mentre le risorse destinate al reclutamento straordinario sono state utilizzate per l'adeguamento ISTAT (del 4,8 per cento) delle retribuzioni del personale strutturato (circa 300 milioni l'anno, a regime). Con la Legge di Bilancio del 2025 (30 dicembre 2024, n. 207), il Governo ha tagliato oltre 700 milioni al MUR, per il triennio 2025-2027. Il decreto ministeriale relativo al FFO del 2025, pur aggiungendo 336 milioni, non recupera minimamente quanto è stato tagliato. Considerando l'inflazione e la crescita del PIL, il definanziamento viene confermato, tanto che la FLC CGIL afferma che: «se finanziassimo le università nello stesso modo in cui la finanziavamo nel 2000 rispetto al totale di spesa pubblica, il fondo dovrebbe essere oggi di oltre 12 miliardi di euro (non 9,368)»,

impegna il Governo

a sostenere concretamente le università italiane prevedendo nel prossimo disegno di legge di bilancio, risorse per un nuovo piano straordinario di reclutamento, con lo scopo di incrementare, nell'arco dei prossimi sette anni, gli attuali organici di 45.000 unità: 25.000 Docenti associati, attraverso procedure tenure track (RTT); 5.000 Tecnologi a tempo indeterminato; 10.000 tecnici-amministrativi e bibliotecari; 5.000 Contratti di ricerca.
9/2526/28. Piccolotti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Zaratti.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, contenente Disposizioni urgenti in materia di università e ricerca, istruzione e salute, con l'articolo 1 intende potenziare l'attività scientifica e tecnologica degli enti di ricerca, con l'articolo 3 intende rafforzare l'organizzazione e l'azione amministrativa del Ministero dell'università e della ricerca, e all'articolo 5-bis reca una norma di interpretazione autentica del comma 4, articolo 1-bis del decreto-legge n. 45 del 2025, i materia di regime fiscale agevolato per le borse di studio post laurea;

    con l'articolo 1-bis del decreto-legge 7 aprile 2025 n. 45, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2025 n. 79, è stato nuovamente riformato il preruolo universitario. Più nel dettaglio, sono state introdotte due nuove tipologie contrattuali, che si accompagnano al Contratto di Ricerca e al Ricercatore tenure-track introdotti dalla legge del 29 giugno 2022 n. 79 di conversione del decreto-legge n. 36 del 2022: l'Incarico post-doc e l'Incarico di ricerca;

    l'Incarico post-doc ha una durata minima di un anno e può essere prorogato fino alla durata complessiva di tre anni. Oltre all'attività di ricerca, prevede lo svolgimento di attività didattiche e di terza missione. Da quel che si evince dall'articolato della norma, anche se mai specificato, si tratta di un contratto di lavoro di natura subordinata. Il trattamento economico minimo, però, viene stabilito con apposito decreto del Ministero, differentemente dal Contratto di Ricerca, la cui retribuzione è fissata dalla contrattazione presso l'ARAN;

    l'Incarico di ricerca, dal punto di vista della tipologia contrattuale, è assimilabile all'Assegno di Ricerca, si tratta dunque di un contratto di natura parasubordinata (Co.co.co.), la stessa tipologia eliminata dalla legge 29 giugno 2022 n. 79 per rispondere alle indicazioni della Commissione UE e per accedere alle risorse del PNRR. L'Incarico di ricerca ha una durata minima di un anno e massima di tre, anche non continuativi, è destinato a giovani studiosi che sono in possesso di laurea magistrale da non più di sei anni, può essere conferito al candidato tramite affidamento diretto;

    entrambe le nuove figure contrattuali garantiscono meno diritti, retribuzioni più basse e hanno lo scopo di marginalizzare il Contratto di Ricerca: l'Incarico post-doc perché, a differenza del Contratto di Ricerca, prevede lo svolgimento di attività didattica e di terza missione, senza alcun riconoscimento economico ulteriore; l'Incarico di ricerca perché, essendo un Co.co.co., nega adeguati diritti previdenziali. In entrambi i casi, la retribuzione è fissata dal Ministero e non dalla contrattazione, la quale tiene invece in conto gli effetti del caro prezzi. Entrambe le figure, poi, a differenza del Contratto di Ricerca che ha durata minima di due anni, hanno durata minima di un anno,

impegna il Governo

   ad accompagnare le citate misure del provvedimento in esame, con l'adozione, nel quadro del prossimo intervento legislativo in materia di università, di ulteriori iniziative normative volte a:

    prevedere, che ai titolari di Incarichi post-doc le università possano conferire attività didattica solo se a titolo oneroso e nel limite massimo di 40 ore per anno accademico;

    prevedere, che l'importo degli Incarichi post-doc e di ricerca siano stabiliti in sede di contrattazione collettiva e in ogni caso in misura non inferiore al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo definito;

   ad adottare le iniziative volte a definire normativamente che tanto l'Incarico post-doc quanto quello di ricerca siano, dal punto di vista della tipologia contrattuale, contratti di lavoro di natura subordinata, seppure a tempo determinato.
9/2526/29. Grimaldi, Piccolotti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Mari, Zaratti.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea, contenente Disposizioni urgenti in materia di università e ricerca, istruzione e salute, con l'articolo 1 intende potenziare l'attività scientifica e tecnologica degli enti di ricerca;

    nato nel 1951 per raccogliere l'eredità di Enrico Fermi e continuare le ricerche che questo aveva avviato negli anni Trenta, l'Istituto nazionale di fisica nucleare è un ente pubblico di ricerca la cui attività vanta, da decenni, rilievo e prestigio internazionali. La sua missione, come indica l'articolo 2 dello Statuto, è quella di «promuovere, coordinare ed effettuare la ricerca scientifica nel campo della fisica nucleare, subnucleare, astroparticellare e delle interazioni fondamentali, nonché la ricerca e lo sviluppo tecnologico pertinenti alle attività in tali settori»;

    dalle slides mostrate dal Presidente Antonio Zoccoli il 7-8 luglio scorsi, in occasione della presentazione del Piano Triennale 2026-2028, si evince che attualmente sono in servizio presso l'Istituto 305 lavoratrici/lavoratori con contratti di lavoro a tempo determinato e ben 418 Assegniste/i di ricerca (l'Assegno di ricerca, dal punto di vista giuslavoristico, è assimilabile a un contratto di lavoro di natura parasubordinata, ovvero co.co.co.). Oltre 700 precari, a fronte di 2.107 lavoratrici/lavoratori con contratti a tempo indeterminato;

    il recente concorso (giugno 2025) per ricercatori sperimentali dimostra in modo inequivocabile che si tratta di una platea di precari «storici», di lungo corso. Per 40 posti banditi, vi sono state ben 550 candidature. Secondo uno studio approfondito delle candidature, effettuato dal coordinamento Precari Uniti INFN, il 60 per cento dei partecipanti (circa 330 candidati) ha conseguito il Dottorato di ricerca prima del 2021 e circa il 75 per cento prima del 2022; circa il 15-20 per cento dei partecipanti (100 candidati circa) lo ha conseguito prima o durante l'anno 2016;

    contrariamente a quanto si potrebbe credere, la scelta di non stabilizzare il personale da anni precario non è imposta dai limiti finanziari. Il rapporto tra le spese complessive per il personale e la media delle entrate correnti degli ultimi tre anni si attesta al 46,5 per cento, ben inferiore al limite dell'80 per cento previsto dal decreto legislativo n. 218 del 2016, articolo 9, comma 6, lettera a). La governance dell'Istituto sembrerebbe dunque utilizzare i contratti di lavoro flessibile come forma ordinaria del rapporto di lavoro, in questo modo determinando, ad avviso dei firmatari del presente atto, un vero e proprio dumping salariale che danneggia tutte/i le/i lavoratrici/lavoratori;

    nella Carta europea dei ricercatori, e nel relativo Codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori, che l'INFN dichiara nello Statuto di sostenere, si afferma che: «gli enti dovrebbero garantire che le carriere dei ricercatori non si sviluppino esclusivamente attraverso contratti a breve termine, che generano instabilità e insicurezza». Di più, la Carta definisce «ricercatori di comprovata esperienza» coloro che vantano almeno quattro anni di esperienza nel campo della ricerca o che sono già titolari di un diploma di dottorato, indipendentemente dal tempo impiegato per ottenerlo,

impegna il Governo

ad accompagnare le misure recate dall'articolo 1 del provvedimento in esame, con ulteriori iniziative normative, volte a prevedere nel prossimo disegno di legge di bilancio, risorse specificatamente destinate alla stabilizzazione, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017, del personale precario dell'INFN, nonché risorse da dedicare a concorsi, ex articolo 12-bis del decreto legislativo n. 218 del 2016, per il personale INFN che non è stabilizzabile secondo i requisiti del citato decreto legislativo n. 75 del 2017.
9/2526/30. Zaratti, Piccolotti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento all'esame dell'Assemblea introduce misure per le immissioni in ruolo dei docenti per l'anno scolastico 2025/26;

    in particolare, l'articolo 2, comma 1-ter, introdotto dal Senato, interviene, con riferimento alle immissioni in ruolo dell'anno scolastico 2025/2026, sull'articolo 4, comma 2-ter, ultimo periodo, del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255, che attiene all'assunzione a tempo indeterminato di coloro che, essendo vincitori di concorso, conseguono l'abilitazione entro il 31 dicembre 2025;

    il decreto-legge n. 45 del 2025 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 79 del 7 giugno 2025, ha disposto che per i concorsi PNRR sarà possibile effettuare assunzioni entro il 31 dicembre 2025 per graduatorie pubblicate dopo il 31 agosto ed entro il 10 dicembre;

    a tal fine le cattedre da attribuire (che sono già ricomprese nel contingente pubblicato dagli Usr) vengono accantonate, nell'attesa di poter svolgere questa operazione. Pertanto la cattedra sarà inizialmente attribuita da Gps con contratto fino all'avente diritto e poi attribuita al vincitore del concorso;

    il posto per i vincitori del concorso – coloro che si sono collocati nel numero dei posti a bando – è assicurato ma non ha una data di decorrenza. Il posto sarà attribuito quando rientrerà nel contingente di assunzioni stabilito per quella classe di concorso nella regione considerata;

    il decreto ministeriale n. 205 del 23 ottobre 2023, all'articolo 12, comma 4, prevede che: «Le graduatorie hanno validità annuale a decorrere dall'anno scolastico successivo a quello di approvazione delle stesse e perdono efficacia con la pubblicazione delle graduatorie del concorso successivo e comunque alla scadenza del predetto periodo, fermo restando il diritto dei vincitori, come individuati al comma 1, all'immissione in ruolo, ove occorra anche negli anni successivi, in caso di incapienza dei posti destinati annualmente alle assunzioni, nel limite delle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente.»;

    a seguito dei concorsi PNRR 1 e 2, come sempre accade, per ciascuna classe di concorso sono stati individuati i vincitori. In diversi casi è accaduto che gli uffici scolastici regionali abbiano pubblicato i prospetti con le disponibilità per le immissioni in ruolo e a quel punto non ci fossero più posti per le assunzioni in ruolo per quelle classi di concorso. Questo accade a causa dei trasferimenti di docenti che, da altra materia, chiedono di essere spostati su altre classi di concorso oppure per pensionamenti notificati dall'INPS a luglio, cioè quando il contingente è già stato definito;

    ovviamente i vincitori di concorso rimangono in prima linea, anche nei prossimi anni scolastici, per gli ingressi in ruolo. Però per il prossimo anno scolastico restano inoccupati e, quindi, cercano di correre ai ripari effettuando domande per le supplenze, per le quali, però, non hanno priorità,

impegna il Governo

ad accompagnare le misure contenute nella I Sezione del Capo II del presente provvedimento con ulteriori iniziative legislative finalizzate a dare priorità specifica ai vincitori di concorso senza cattedra nell'assegnazione di supplenze e a far sì che il periodo di supplenza venga considerato ai fini dello svolgimento dell'anno di prova.
9/2526/31. Borrelli, Piccolotti, Zanella, Bonelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Zaratti.

   La Camera,

   premesso che:

    il comma 1 dell'articolo 2-ter, inserito nel corso dei lavori al Senato, rende permanente la normativa, attualmente transitoria, di cui all'articolo 18 del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, e successive modificazioni, che estende ai settori dell'istruzione e della formazione l'ambito di applicazione dell'assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

    a partire dall'anno scolastico 2025/2026, dunque, la tutela assicurativa Inail nelle scuole italiane diventa strutturale. Dopo due anni di sperimentazione, il Governo ha deciso di rendere permanente la copertura per studenti e personale scolastico, includendo anche gli istituti paritari e privati, le università, i percorsi Afam, gli ITS Academy, la formazione professionale regionale e i centri per adulti;

    per gli studenti, la copertura riguarda tutti gli eventi lesivi – infortuni e malattie professionali – riconducibili all'attività scolastica svolta nei locali o nelle pertinenze dell'istituto: urti contro arredi, infissi, o cadute accidentali sono tra gli esempi più frequenti. Nei percorsi di alternanza scuola-lavoro (Percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento – Pcto), è previsto anche il riconoscimento dell'infortunio in itinere, ovvero durante il tragitto tra scuola e luogo di lavoro;

    secondo la relazione annuale 2024 dell'INAIL, le denunce di infortunio nel 2024 sono state 593 mila, in aumento dello 0,4 per cento rispetto alle 590 mila del 2023 (oltre 2.500 casi in più), così ripartite: 515 mila denunce per lavoratori, in calo dell'1 per cento rispetto alle 519 mila dell'anno precedente; 78 mila denunce per studenti, in aumento del 10,5 per cento rispetto alle 71 mila dell'anno precedente, di cui 2.100 nei Percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento (Pcto);

    inoltre, sono state 1.202 le denunce di infortunio con esito mortale, in aumento di un caso rispetto alle 1.201 del 2023, così ripartite: 1.189 denunce per lavoratori, 4 in meno rispetto alle 1.193 dell'anno precedente; 13 denunce per studenti, 5 in più rispetto alle 8 dell'anno precedente, di cui una nei Percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento (Pcto);

    i Pcto non possono rappresentare un rischio per le studentesse e gli studenti del nostro Paese, ma come percorsi potrebbero essere preservati senza obbligo di monte-ore e affidati pienamente alla gestione e alla programmazione della scuola. Dovrebbero essere collocati tra la classe quarta e la quinta, momento in cui più forti sono gli strumenti di conoscenza/competenza del/della ragazzo/a e maggiormente proficui possono diventare gli scambi con le persone interne alle aziende ospitanti. L'eliminazione dell'obbligo garantirebbe una maggiore selezione delle aziende ospitanti, rispetto ai parametri di sicurezza da garantire agli studenti;

    sempre più spesso si rileva che i Pcto, nella stragrande maggioranza dei casi, non sono formazione al lavoro ma manodopera gratuita e lo studente viene inserito nel ciclo produttivo senza diritti né tutele e, infatti, di Pcto si muore,

impegna il Governo

ad accompagnare le misure recate dall'articolo 2-ter del testo in esame, con ulteriori iniziative di carattere normativo, nel prossimo provvedimento utile, volte alla soppressione dell'obbligo dei Pcto, lasciando alle scuole l'autonomia della programmazione di questi percorsi didattici e tornando a dare centralità ad attività di tipo laboratoriale da svolgersi prevalentemente dentro l'ambiente scolastico.
9/2526/32. Mari, Piccolotti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Zaratti.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di università e ricerca, istruzione e salute;

    in particolare, l'articolo 6 interviene in materia di aziende ospedaliero-universitarie;

    il SSN e le università hanno bisogno di una utile convivenza sistematica e l'apporto delle università nella formazione dei medici e degli specializzandi è fondamentale per il miglioramento della qualità dell'assistenza;

    ciò non si è reso possibile, sino ad oggi, per il mancato rispetto delle regole impresse nel decreto legislativo n. 517 del 1999 (articolo 8), funzionali a generare il tertium genus di aziende della salute: le aziende ospedaliere universitarie;

    oggi ne risultano operanti 31, delle quali solo una (quella di Salerno) gode di una corretta esistenza giuridica, grazie al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2013 che l'ha istituita e costituita a seguito di giurisprudenza amministrativa consolidata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere a sancire la costituzione delle restanti aziende ospedaliere universitarie sanando anche le situazioni pregresse, fermo restando che ogni AOU faccia successivamente istanza, a mente dell'anzidetto articolo 8 del decreto legislativo n. 517 del 1999, al MUR per l'avvio e la definizione dei rispettivi decreto del Presidente del Consiglio dei ministri costitutivi.
9/2526/33. Loizzo.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di università e ricerca, istruzione e salute;

    in particolare, l'articolo 6 interviene in materia di aziende ospedaliero-universitarie;

    l'articolo 1, comma 339, della Legge di Bilancio 2025 (legge 30 dicembre 2024, n. 207), ha introdotto una borsa di studio pari a 4.773 euro lordi annui, corrisposta mensilmente e per l'intera durata legale del corso, a favore degli specializzandi dell'area sanitaria non medica (veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi);

    la misura rappresenta un importante passo in avanti per il riconoscimento del valore e del ruolo degli specializzandi dell'area sanitaria non medica all'interno del Servizio sanitario nazionale, contribuendo a garantire equità di trattamento rispetto ad altre categorie di specializzandi e a sostenere concretamente il percorso formativo dei giovani professionisti;

    la disposizione, inoltre, prevede che alla ripartizione e all'assegnazione a favore delle università delle risorse si provveda con DPCM che, a distanza di oltre sette mesi dalla pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale, non è ancora stato emanato, con conseguenti ricadute negative sul piano del sostegno economico ai giovani professionisti;

    l'urgenza dell'adozione del provvedimento è fortemente percepita da numerose realtà rappresentative delle professioni interessate, che condividono le preoccupazioni per i ritardi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, prima dell'avvio del nuovo anno accademico, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dalla normativa vigente, al fine di garantire il pieno riconoscimento del sostegno economico per gli specializzandi dell'area sanitaria non medica e fornire indicazioni applicative certe alle Scuole di Specializzazione di Area Sanitaria, in termini di numerosità e procedure di assegnazione.
9/2526/34. Miele.

A.C. 2527
QUESTIONI PREGIUDIZIALI
S. 1561 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi (Approvato dal Senato).

N. 1.

Seduta del 29 luglio 2025

   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92 in esame reca disposizioni urgenti di sostegno ai comparti produttivi;

    si tratta dell'ennesimo provvedimento d'urgenza, ad avviso dei firmatari del presente atto, di dubbia legittimità formale, che ha la pretesa di coniugare in un unico contesto normativo profili di necessità e urgenza riferiti a materie che non presentano alcuna attinenza e coerenza interna e che appaiono di segno, ratio, e contenuto diverso ed eterogeneo e dunque carenti del requisito di omogeneità materiale e teleologica previsto dall'articolo 77 della Costituzione: da disposizioni volte a garantire la continuità produttiva dell'ex-ILVA a quelle a sostegno degli stabilimenti di interesse strategico nazionale, fino agli ammortizzatori sociali e al supporto della filiera produttiva della moda;

    il susseguirsi continuo dei decreti legge, con norme derogatorie, generiche e formulate in modo poco chiaro, con conseguente esautoramento del Parlamento, appare sempre lo strumento meno idoneo a garantire soluzioni efficaci, equilibrate e soprattutto durevoli per la grave e complessa situazione di Taranto, comprimendo di fatto la funzione di indirizzo e controllo delle Camere, in un settore strategico per la sovranità industriale nazionale;

    a parere dei firmatari del presente atto, la presenza di rilevanti profili di incostituzionalità si ravvisa, inoltre, con riferimento agli articoli 81 e 117 della Costituzione. Risulta, infatti, del tutto assente, una valutazione di ragionevolezza nel bilanciamento tra le dichiarate esigenze di «strategicità nazionale» dell'impianto – che di sovente ha legittimato deroghe normative – e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti di salute, protezione ambientale e giustizia sociale;

    come desumibile dalla relazione illustrativa, il decreto-legge trova il suo asserito fondamento nella necessità di porre in essere misure di supporto e rilancio della struttura produttiva del Paese. Come è noto, ventinove mesi consecutivi di calo della produzione industriale ben motiverebbero un intervento urgente da parte del Governo diretto ad invertire questa tendenza. Al contrario, il provvedimento de quo manca completamente di porre in essere le misure e gli investimenti che l'attuale contesto economico e geopolitico richiederebbe, limitandosi unicamente a prevedere interventi frammentati nel tentativo di rimediare a singole situazioni peculiari;

    in particolare, il provvedimento definisce un quadro normativo palesemente inidoneo a garantire la tutela dell'ambiente nei termini riconosciuti dal novellato articolo 9 della Costituzione. Tale distonia appare tanto più grave e preoccupante considerato che il reiterato stanziamento di risorse a carico della finanza pubblica – tra cui 680 milioni nel 2023 e 320 milioni nel 2024, e ulteriori 250 milioni nel 2025 – non solo contraddice la natura eccezionale e straordinaria alla base dell'adozione del presente decreto ma si rivela altresì incongruente ed insufficiente per la risoluzione strutturale della questione ambientale- fondamentale per il plesso siderurgico di Taranto –, limitandosi a preservare unicamente la continuità produttiva degli impianti siderurgici ex ILVA per promuoverne la vendita, o, ad avviso dei firmatari, più probabilmente la svendita, ad imprenditori stranieri;

    in questo quadro, manifestamente inadatto a garantire la tutela di beni primari costituzionali quali, appunto, salute ed ambiente, si inseriscono anche gli articoli 2 e 3 del provvedimento in esame. In particolare, l'articolo 2 non solo espunge dal testo tutti i riferimenti al PNRR – a seguito del passaggio delle risorse per la realizzazione dell'impianto da questo al Fondo per lo sviluppo e la coesione-, ma rimuove altresì il richiamo al rispetto della disciplina in materia di aiuti di stato a favore del clima, dell'ambiente e dell'energia 2022 di cui alla Comunicazione della Commissione UE C/2022/481 del 27 gennaio 2022 nonché l'esplicito riferimento all'idrogeno, in relazione all'attività di DRI d'Italia che, ex decreto-legge 16 dicembre 2019, n. 142, si vedeva assegnato il ruolo di «soggetto attuatore degli interventi per la realizzazione dell'impianto per la produzione del preridotto – direct reduced iron, con derivazione dell'idrogeno necessario ai fini della produzione esclusivamente da fonti rinnovabili»;

    quanto sopra fa decadere ogni vincolo di impiego delle risorse finanziarie assegnate a DRI d'Italia connesse alla realizzazione di impianti di preridotto alimentati a idrogeno esclusivamente da fonti rinnovabili, per impiegare le medesime per la costruzione di impianti di preridotto alimentati con altri combustibili così compromettendo in toto la realizzazione di un'area produttiva sostenibile, anche sotto il profilo ambientale e di salvaguardia della salute, e pregiudicando l'interesse manifestato in passato dalla stessa DRI d'Italia di voler acquistare parte dell'idrogeno verde prodotto in Puglia nell'ambito del progetto Puglia Green Hydrogen Valley di Saipem, Edison e Generali, finanziato dallo Stato italiano con 370 milioni di euro tramite il programma IPCEI Hy2Infra;

    inoltre, anziché introdurre misure per attrarre investimenti di qualità, idonei a creare sviluppo sostenibile e occupazione stabile, il Governo preferisce allargare ancor di più le maglie di disposizioni discutibili, come quelle previste dall'articolo 3, che consentono di realizzare, ex articolo 13 del decreto-legge n. 104 del 2023, programmi di investimento attraverso la nomina di Commissari straordinari che operano secondo procedure accelerate, semplificate e, soprattutto in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale – fatti salvi, naturalmente, le leggi antimafia e i vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea;

    rileva altresì segnalare l'assenza di disposizioni volte ad incrementare le risorse del fondo a sostegno dell'indotto della società ILVA s.p.a. in A.s. per il pagamento dei debiti delle aziende di un'importante filiera composta principalmente da svariate Pmi fornitrici di beni o servizi connessi al risanamento ambientale o funzionali alla continuazione dell'attività degli impianti siderurgici. La predetta società presenta infatti una grave situazione debitoria nei confronti di queste ultime che le misure introdotte dal Governo negli ultimi due anni non hanno ancora sanato e che risultano aggravate dall'introduzione della disposizione di cui all'articolo 1, comma 1, del presente decreto secondo la quale la restituzione del prestito concesso con l'articolo 1 avvenga in ogni caso in prededuzione rispetto ad ogni altra posizione debitoria della procedura;

    con il rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) si autorizza un modello industriale che ha purtroppo costantemente fallito, sotto ogni punto di vista: economico, sociale e ambientale. E lo si fa in violazione del principio di trasparenza e della partecipazione pubblica. Il Parere Istruttorio Conclusivo (PIC), contenente 477 prescrizioni tecniche, è stato emesso con il voto contrario degli enti locali e senza essere trasmesso alle associazioni ambientaliste formalmente coinvolte nel procedimento e pertanto senza che queste potessero esercitare il proprio diritto di osservazione, in violazione della Convenzione di Aarhus che garantisce la partecipazione e l'accesso del pubblico ai processi decisionali e alle informazioni che riguardano l'ambiente. Permangono forti dubbi circa il rispetto delle prescrizioni ambientali pregresse e il reale impegno a concludere gli interventi di bonifica e ripristino ambientale, atteso che le risorse del patrimonio destinato a tale scopo sono state nel corso dell'ultimo anno quasi integralmente dirottate verso la continuità produttiva degli stabilimenti;

    non vi è alcun riferimento al pieno recepimento della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 25 giugno 2024, con la quale è stata data un'interpretazione puntuale di determinate disposizioni della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, e in particolare dell'obbligo di sospensione degli impianti in caso di violazioni delle condizioni di autorizzazione di impatto ambientale che comportino un pericolo immediato, grave e rilevante per l'integrità dell'ambiente e della salute umana;

    il decreto-legge in discussione ignora il destino di migliaia di lavoratori: non si persegue l'obiettivo di un'occupazione stabile ma ci si limita a prevedere misure tampone, senza una visione strategica e di lungo periodo, come la proroga della cassa integrazione salariale straordinaria o la riproposizione per il solo anno in corso delle disposizioni in favore dei lavoratori che si trovano a dover affrontare situazioni climatiche eccezionali, utilizzando in maniera inaccettabile il lavoro come scudo per coprire i disastri ambientali;

    sarebbero stati al contrario necessari investimenti di lungo periodo per sostenere piani di formazione e ricollocazione di lavoratori in diversi settori, come quello delle energie rinnovabili, della cantieristica, dell'artigianato, del turismo e della digitalizzazione, accompagnati da incentivi all'esodo ed al prepensionamento per i lavoratori esposti all'amianto. Così come sarebbe necessaria e non più ulteriormente rinviabile una normativa strutturale di sostegno ai lavoratori in caso di eccezionali eventi climatici, ormai sempre più ricorrenti e meno imprevedibili, in modo tale da poter garantire l'immediata operatività ed efficacia delle norme;

    con riferimento allo stabilimento ex ILVA, totalmente insufficienti appaiono altresì le misure adottate dall'Esecutivo in carica in materia di tutela di sicurezza e salute sul lavoro, così come l'assenza di una cultura della formazione e della prevenzione, la cui assenza dal Piano industriale mette quotidianamente a rischio i lavoratori e i cittadini di Taranto, costretti a vivere in un ambiente gravemente compromesso ed esposti a maggiori rischi per la salute, in violazione di ogni principio europeo e costituzionale sulla tutela dell'ambiente e della salute umana;

    ben altre sarebbero le misure necessarie per il sostegno all'ex Ilva di Taranto, come un piano serio per la decarbonizzazione attraverso la nazionalizzazione degli impianti e l'uso dell'idrogeno verde, la promozione di un accordo di programma per la chiusura delle fonti inquinanti, la salvaguardia dei livelli occupazionali, la formazione per il reimpiego dei lavoratori in esubero e incentivi all'esodo, il riconoscimento dell'esposizione all'amianto;

    si stigmatizza pertanto la natura «a breve termine» del provvedimento che solleva interrogativi sulla sostenibilità nel lungo periodo delle disposizioni introdotte. In particolare, il decreto-legge che si intende convertire, pur dichiarando di voler sostenere i comparti produttivi, non contiene alcuna misura concreta, manca di un piano organico per la gestione della crisi degli stabilimenti siderurgici ex ILVA né ne affronta le ricadute sociali, economiche e sanitarie che la crisi del settore siderurgico comporta, caratterizzandosi per essere completamente avulso e staccato da una prospettiva strategica, per la totale mancanza di trasparenza e di congrue tempistiche nonché per la presenza di disposizioni che mescolano continuità produttiva e decarbonizzazione senza, ancora una volta, risolvere il problema alla radice;

    per tutte le succitate ragioni,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2527.
N. 1. Pavanelli, Carotenuto, Appendino, Cappelletti, Ferrara, Aiello, Barzotti, Tucci, Dell'Olio, Donno, Giuliano, L'Abbate, Pellegrini, Morfino.

   La Camera,

   premesso che:

    sussistono, ad avviso dei firmatari, rilevanti e molteplici perplessità sotto il profilo della legittimità costituzionale del provvedimento in esame per l'assenza dei requisiti essenziali per l'uso del decreto-legge;

    anche con l'A.C. 2527 il Governo in carica manifesta, a parere dei sottoscrittori, il suo sistematico intento di voler alterare, a suo vantaggio, quel delicato equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo che dovrebbe stare alla base di una corretta dialettica istituzionale anch'essa evocata, in parte, dall'articolo 77 della Costituzione, laddove configura, nelle sue scarne enunciazioni, una precisa concezione della forma di governo parlamentare, dei rapporti tra il parlamento e l'esecutivo, nonché del procedimento legislativo;

    in vero, il continuo ricorso alla decretazione di urgenza mina il mantenimento di un corretto equilibrio fra gli organi costituzionali, nonché la forma di Stato, così come disegnati dalla Costituzione, non soltanto perché produce uno squilibrio istituzionale tra Parlamento e Governo, attraverso un vulnus all'articolo 70 della Costituzione, che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere, ma anche perché priva l'opposizione della facoltà di esercitare la sua funzione di indirizzo e di controllo politico. Inoltre la continua interferenza del governo sulla regolare produzione normativa di fonte parlamentare, sorretta o meno da urgenze reali o dichiarate, ha prodotto fino ad oggi, secondo alcuni giuristi, una grave lesione della certezza del diritto nonché un elevato livello di entropia normativa a cui si accompagna l'alterazione della gerarchia delle fonti e la difficoltà di dare attuazione ad una legislazione divenuta oramai «alluvionale», instabile e disordinata;

    appare peraltro esagerato, se si prende cognizione dei numeri riguardanti i decreti-legge adottati dall'esecutivo dall'inizio della XIX legislatura, che in un contesto come l'attuale, caratterizzato da una rassicurante, quantomeno sotto il profilo quantitativo, maggioranza a sostegno del Governo, che quest'ultimo abbia fatto utilizzo, ex art. 77 Costituzione, di quello che doveva essere, nel disegno del Costituente, uno strumento extra ordinem con una media mensile, di oltre 3,5 decreti-legge;

    dalla semplice lettura del sintagma con cui all'articolo 77 della Costituzione individua la fattispecie nella quale il Governo è legittimato ad adottare decreti-legge, si comprende immediatamente come secondo i Costituenti il ricorso a tale istituto avrebbe dovuto costituire un'evenienza eccezionale, nonostante abbiano compiuto la scelta ben precisa di ritenere qualsiasi situazione storico-ambientale legittimante il Governo ad auto assumersi la potestà legislativa, purché sussistano, rispetto ad essa, condizioni di straordinaria necessità ed urgenza;

    la narrazione governativa secondo cui il provvedimento in questione avrebbe natura temporanea e finalità di tutela occupazionale, si rivela fittizia alla luce della sistematica reiterazione di misure analoghe negli ultimi dieci anni;

    il provvedimento, infatti, rientra a pieno titolo nella categoria dei decreti che disciplinano in maniera periodica e cadenzata un medesimo oggetto, in nome di una emergenza perenne, trattandosi della quattordicesima reiterazione del decreto c.d. «Salva Ilva» ed il nono dell'attuale esecutivo, quantomeno a testimonianza della delicatezza del tema e della indubbia e grande importanza che si attribuisce a un asset strategico, quale è il sito tarantino, per l'industria siderurgica italiana e per tutto il comparto produttivo;

    pertanto, in tutti i suddetti casi appare evidente il difetto della straordinarietà in quanto il riprodursi a breve termine o periodicamente dei casi disciplinati ne attesterebbe l'ordinarietà;

    come si evince già dal preambolo dell'A.C. 2527 l'indicazione delle circostanze straordinarie che ne giustificano l'adozione sarebbero riconducibili: 1) alla necessità e urgenza di prevedere ulteriori misure, anche di carattere finanziario, finalizzate ad assicurare la continuità produttiva e occupazionale degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale; 2) alla necessità e urgenza di prevedere interventi in ordine alla semplificazione e accelerazione degli investimenti negli stabilimenti di interesse strategico nazionale; 3) alla necessità e urgenza di potenziare le misure di esonero della contribuzione per le imprese nelle aeree di crisi industriale complessa e di sostegno degli occupati in gruppi di imprese;

    anche il requisito dell'urgenza viene disatteso e smentito poiché il provvedimento sembra più appartenere alla categoria dei decreti recanti misure ad efficacia differita includendo alcune norme i cui effetti finali, essendo subordinati ad ulteriori adempimenti, appaiono destinati a prodursi in un momento significativamente differito dalla sua entrata in vigore;

    il provvedimento in esame, lungi dall'essere un unicum, si inserisce in una lunga sequenza di interventi normativi, già censurati dalla Corte costituzionale, che, ammantati dal requisito della necessarietà, sembrano tutti voler legittimare una compressione progressiva delle garanzie costituzionali sancite dall'articolo 9 della Costituzione, come novellato dalla legge costituzionale 22 febbraio 2022, n. 1, in materia di tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, la cui protezione rientra ora tra i principi fondamentali del nostro ordinamento, in nome di esigenze produttive presentate come necessarie ma mai effettivamente dimostrate. Apparentemente motivato dalla salvaguardia dell'occupazione e della filiera industriale strategica, il decreto-legge disvela, in realtà, una torsione sistematica dell'ordinamento, nella quale la logica emergenziale e derogatoria si erge a paradigma di gestione stabile delle relazioni industriali;

    il decreto si inserisce perfettamente, ampliandolo, nel solco già aperto, partendo dal caso ILVA, dal legislatore, con il decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207 convertito con legge 24 dicembre 2012, n. 231, recante: «Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale», il quale, in sostanza, autorizzava la prosecuzione, senza alcun immediato intervento, di una attività accertata come causa di malattie e morti;

    non a caso, il su citato decreto è stato sottoposto due volte al vaglio della Corte costituzionale ed una volta a quello della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) che, partendo dalla questione ILVA, hanno affermato importanti principi generali a proposito del valore ambiente, del diritto alla salute e del diritto al lavoro;

    è opportuno ricordare come la Corte costituzionale si sia pronunciata con sentenza n. 58 del 23 marzo 2018 sul cosiddetto decreto-legge Ilva del 2015 il quale consentiva, a fronte della promessa di un piano di risanamento entro un mese, la prosecuzione dell'attività dell'Ilva, nonostante il provvedimento di sequestro preventivo emesso dall'autorità giudiziaria nei confronti dell'azienda, per reati inerenti la sicurezza dei lavoratori;

    la Corte ha affermato che il diritto alla salute attiene alle esigenze basilari della persona e deve essere immediatamente tutelato, tanto più che l'articolo 41 della Costituzione, quando si parla di salute, non privilegia alcun bilanciamento e afferma, senza ombra di dubbio, che le esigenze economiche e produttive non possono mai prevalere sul diritto alla salute. Di conseguenza, evidenziava la sentenza, con queste normative di favore, «il legislatore ha finito col privilegiare in modo eccessivo l'interesse alla prosecuzione dell'attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa (articoli 2 e 32 Costituzione), cui deve ritenersi inscindibilmente connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso (articoli 4 e 35 Costituzione)», aggiungendo significativamente che «il sacrificio di tali fondamentali valori tutelati dalla Costituzione porta a ritenere che la normativa impugnata non rispetti i limiti che la Costituzione impone all'attività d'impresa la quale, ai sensi dell'articolo 41 Costituzione, si deve esplicare sempre in modo da non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Rimuovere prontamente i fattori di pericolo per la salute, l'incolumità e la vita dei lavoratori costituisce infatti condizione minima e indispensabile perché l'attività produttiva si svolga in armonia con i principi costituzionali, sempre attenti anzitutto alle esigenze basilari della persona»;

    sempre la Corte costituzionale con Sentenza n. 105 del 7 maggio 2024 nel ribadire come «[...] le misure legittimamente adottabili dal Governo allo scopo di consentire provvisoriamente la prosecuzione di un'attività di interesse strategico nazionale dovranno, semmai, essere funzionali all'obiettivo di ricondurre gradualmente l'attività stessa, nel minor tempo possibile, entro i limiti di sostenibilità fissati in via generale dalla legge in vista – appunto – di una tutela effettiva della salute e dell'ambiente. In altre parole, le misure in questione – che dovranno naturalmente mantenersi all'interno della cornice normativa fissata dal complesso delle norme di rango primario in materia di tutela dell'ambiente e della salute – dovranno tendere a realizzare un rapido risanamento della situazione di compromissione ambientale o di potenziale pregiudizio alla salute determinata dall'attività delle aziende sequestrate e non già, invece, a consentirne indefinitamente la prosecuzione attraverso un semplice abbassamento del livello di tutela di tali beni», ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 104-bis, comma 1-bis.1, quinto periodo, delle Norme di attuazione del codice di procedura penale, come introdotto dall'articolo 6 del decreto-legge 5 gennaio 2023, n. 2 (Misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale), convertito, con modificazioni, nella legge 3 marzo 2023, n. 17, nella parte in cui non prevede che le misure ivi indicate si applichino per un periodo di tempo non superiore a trentasei mesi;

    sulla medesima problematica si pronunciava il 24 gennaio 2019, anche la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, cui si erano rivolti 180 cittadini tarantini che lamentavano l'impatto delle immissioni nocive provenienti dallo stabilimento Ilva di Taranto sulla salute della cittadinanza e sull'ambiente locale, evidenziando l'inerzia dello Stato nell'impedire la lesione di diritti fondamentali dei cittadini quali il diritto alla salute (articolo 2 Convenzione) e del diritto alla vita privata sotto il profilo del diritto all'ambiente (articolo 8 Convenzione), ottenendo una sentenza la quale stabiliva, in sostanza, che lo Stato italiano non aveva messo in atto le misure atte a proteggere il diritto al rispetto della vita privata dei cittadini, né aveva fornito agli stessi un rimedio interno efficace per la difesa di tale diritto, violando con la propria condotta gli articoli 8 e 13 della Convenzione e precisando, in particolare, che l'articolo 8 comporta l'obbligo per lo Stato di attuare un bilanciamento tra l'interesse pubblico e quello individuale, attraverso un'idonea regolamentazione dell'attività inquinante al fine di assicurare la protezione effettiva dei cittadini. In proposito, la CEDU precisava che allo Stato compete un certo margine di apprezzamento, in quanto deve tener conto del «[...] giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti dell'individuo e della società nel suo complesso», ma ritiene che, in ogni caso, «[...] spetta allo Stato giustificare, con elementi precisi e circostanziali, le situazioni in cui determinate persone devono sostenere pesanti oneri in nome degli interessi della società»;

    con sentenza definitiva del 5 maggio 2022 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha accertato il persistere delle violazioni dell'articolo 8 («Diritto al rispetto della vita privata e familiare») e dell'articolo 13 («Diritto a un rimedio effettivo») della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) – già accertate nella sentenza del 24 gennaio 2019 – in quanto le autorità italiane hanno omesso e continuano ad omettere l'adozione di misure necessarie, rispettivamente, a tutelare la salute dei cittadini dagli effetti pregiudizievoli delle emissioni nocive del siderurgico ed a predisporre rimedi effettivi per ottenere la bonifica dell'area coinvolta dall'inquinamento;

    l'articolo 117 della Costituzione così come modificato dall'articolo 3 legge Costituzionale, 18 ottobre 2001, n. 3, pone in rilievo i rapporti dello Stato con altri ordinamenti come quello comunitario, costituzionalizza il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali ponendo senz'altro la questione dell'illegittimità di provvedimenti legislativi statali in contrasto con i principi e le norme sovranazionali: illegittimità che espone lo Stato, nello specifico caso di violazione degli obblighi europei, a procedure d'infrazione;

    il decreto all'esame, pur contenendo nel capo primo «Misure per gli stabilimenti di interesse strategico nazionale e per la decarbonizzazione», all'articolo 1 dispone l'ennesima misura congiunturale, quale il prestito di 200 milioni di euro, finalizzato ad assicurare la continuità produttiva degli stabilimenti siderurgici ex Ilva, senza introdurre misure strutturali volte a tutelare la salute dei cittadini dagli effetti pregiudizievoli delle emissioni nocive del siderurgico e a predisporre rimedi effettivi per ottenere la bonifica dell'area coinvolta dall'inquinamento;

    la contaminazione ambientale dell'area di Taranto è ampiamente dimostrata da studi scientifici e da sentenze della magistratura che hanno accertato l'impatto devastante dell'inquinamento siderurgico sulla salute dei lavoratori e dei cittadini di Taranto. In questo caso, lo Stato invece di farsi carico di garantire la bonifica non effettuata dai precedenti proprietari, cui sono stati sequestrati e confiscati fondi portati all'estero, continua ad elargire risorse per alimentare la continuità produttiva di un'industria ancora connotata da gravissimi impatti ambientali e sanitari in quel territorio;

    in dieci anni, tra decreti legge, commissariamenti, stati d'insolvenza, amministrazioni straordinarie, scudi penali, finanziamenti, apporti di capitali siamo di fronte ad una gestione del polo siderurgico dell'ex ILVA di Taranto il cui passivo ufficiale supera 1,6 miliardi, anche se pendono ulteriori richieste da parte di creditori nei confronti della società AdI per 650 milioni di euro, mentre lo Stato ha concesso fino ad oggi finanziamenti per oltre 2 miliardi, senza contare le risorse e i fondi di garanzia concesse alle imprese fornitrici del gruppo ILVA;

    l'articolo 2 del provvedimento espunge dall'articolo 1, comma 1-quater, del decreto-legge 16 dicembre 2019, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 febbraio 2020, n. 5 ogni riferimento al PNRR ed alla necessità che l'idrogeno utilizzato nella produzione del cosiddetto preridotto derivi da sole fonti rinnovabili e ciò in forza del fatto che l'intervento ha trovato finanziamento a valere sui fondi di coesione nazionale (FSC), con conseguente stralcio dal PNRR, consentendo a DRI Italia S.p.A. di procedere sia alla realizzazione che alla gestione dell'impianto attraverso una partnership con un socio privato, selezionato tramite gara a cosiddetto, «doppio oggetto»;

    a tal proposito giova ricordare che il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4163 del 2025, ha confermato la decisione assunta dal TAR Puglia sezione staccata di Lecce che, con sentenza n. 472/2024, aveva disposto l'annullamento della gara indetta da DRI d'Italia nel 2023 per la realizzazione dell'impianto. I giudici avevano stabilito che DRI avesse aggiudicato la gara ad un'offerta diversa e deteriore rispetto a ciò che era richiesto dal bando, tale da costituire un aliud pro alio e da comportare, quindi, l'esclusione della ricorrente dalla procedura competitiva;

    la previsione che l'idrogeno funzionale all'alimentazione dell'impianto DRI possa essere prodotto anche con fonti non rinnovabili, rende ancora una volta evidente l'aleatorietà del presunto processo di decarbonizzazione dell'ex ILVA e il Piano avanzato dal Governo nell'ambito dell'accordo di programma istituzionale per la decarbonizzazione prevede la realizzazione di tre forni elettrici e altrettanti impianti di DRI connessi, non prima del 2032, per la cui alimentazione servono non meno di 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno;

    la Conferenza dei servizi sul riesame dell'AIA ha avuto esito positivo, con l'approvazione del parere istruttorio conclusivo da parte dell'autorità competente con 477 prescrizioni ambientali, con il parere contrario gli enti territoriali — Regione Puglia, Provincia di Taranto, Comune di Taranto e Comune di Statte — garantendo, per ulteriori 12 anni con il limite di sei milioni di tonnellate annue di produzione, la continuità produttiva senza operare alcun intervento volto a rimuovere i fattori di pericolo per la salute, l'incolumità e la vita della popolazione e dei lavoratori;

    non vi è alcun riferimento al pieno recepimento della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 25 giugno 2024, con la quale è stata data un'interpretazione puntuale di determinate disposizioni della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, e in particolare dell'obbligo di sospensione degli impianti in caso di violazioni delle condizioni di autorizzazione di impatto ambientale che comportino un pericolo immediato, grave e rilevante per l'integrità dell'ambiente e della salute umana;

    legittimare la continuità della produzione di acciaio a sei milioni di tonnellate all'anno, senza decarbonizzare alcunché per i prossimi decenni, delinea uno scenario che pone ancora una volta fortemente a rischio la salute degli abitanti tarantini, violando i riformati articoli 9 e 41 della Costituzione, secondo cui «[...] la Repubblica [...] tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni.» (articolo 9) e «l'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali [...]» (articolo 41);

    l'ambiente va inteso come bene unitario, comprensivo delle sue specifiche declinazioni rappresentate dalla tutela della biodiversità e degli ecosistemi, ma riconosciuto in via autonoma rispetto al paesaggio e alla salute umana, per quanto ad essi naturalmente connesso; esso vincola così, esplicitamente dopo la riforma costituzionale del 2022, tutte le pubbliche autorità ad attivarsi in vista della sua efficace difesa, a tutela degli interessi delle future generazioni: e dunque di persone ancora non venute ad esistenza, ma nei cui confronti le generazioni attuali hanno un preciso dovere di preservare le condizioni perché esse pure possano godere di un patrimonio ambientale il più possibile integro, e le cui varie matrici restino caratterizzate dalla ricchezza e diversità che lo connotano. La tutela dell'ambiente assurge così a limite esplicito alla stessa libertà di iniziativa economica, il cui svolgimento non può recare danno – oltre che alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana – alla salute e all'ambiente. (Precedenti: S. 46/2021 – mass. 43714; S. 93/2017 – mass. 41025; S. 22/2016; S. 67/2013 – mass. 37013; S. 142/2010 – mass. 34586; S. 29/2010 – mass. 34301; S. 246/2009; S. 419/1996 – mass. 23029);

    lo stesso decreto, tra l'altro, non affronta minimamente le ripercussioni sociali ed economiche, oltre quelle ambientali e sanitarie, che la crisi produttiva del comparto siderurgico comporta, ma si limita a prevede le ripetute misura tampone quali la proroga della cassa integrazione salariale straordinaria ovvero l'estensione, per l'anno in corso, delle misure già previste a beneficio dei lavoratori che si trovano ad affrontare eventi climatici di carattere eccezionale, che seppur apprezzabili, non sono in grado di fronteggiare in maniera idonea la strutturalità della crisi in atto;

    alla luce del quadro complessivo fin qui esposto appare evidente, ad avviso dei firmatari, la totale incompatibilità del decreto in esame con gli articoli 9, 41, 77 e 117 della Costituzione,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2527.
N. 2. Bonelli, Ghirra, Zanella, Borrelli, Dori, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.

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