PROGETTO DI LEGGE - N. 6220




        Onorevoli Deputati! - 1. Premessa.

        Il Governo, con la presente iniziativa legislativa, intende favorire lo sviluppo delle politiche giovanili, anche mediante l'adozione da parte del Governo di un apposito Piano triennale quale strumento per la definizione degli interventi da realizzare per un concreto coordinamento delle politiche in favore dei giovani.
        Il Governo presenta pertanto una proposta che, alla luce delle disposizioni del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, rispettando l'autonomia degli enti locali e delle regioni, introduce nel sistema istituzionale elementi di flessibilità e di raccordo e promuove quella strategia delle connessioni che è propria di politiche di sviluppo per le giovani generazioni. Infatti la logica che sottende al disegno di legge muove dall'obiettivo strategico di sviluppare sinergie e livelli di cooperazione tra i vari organi dello Stato nella realizzazione di interventi a favore delle nuove generazioni, integrando responsabilità di indirizzo (a livello statale), responsabilità di programmazione (a livello regionale) e funzioni di gestione (a livello locale), lasciando particolare spazio a queste ultime che più direttamente in questi anni hanno cercato di dare risposte, anche in situazioni di scarsità di risorse, al nuovo protagonismo giovanile.
        Il disegno di legge è stato elaborato da un gruppo di lavoro costituito con decreto del Ministro per la solidarietà sociale e composto da rappresentanti dei Ministeri interessati alle politiche giovanili, del coordinamento delle regioni, dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), dell'Unione delle province d'Italia (UPI), delle associazioni. giovanili, del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); inoltre è stato attivato un sistema di confronto a livello locale con le associazioni giovanili, gli enti locali e i rappresentanti delle organizzazioni giovanili di partito, mediante seminari svoltisi nelle città di Torino, Palermo, Napoli, Bologna e Venezia nel corso dei quali si è discusso dei contenuti del provvedimento.
        Il testo recepisce, altresì, le osservazioni formulate nel corso della riunione della Conferenza unificata del 18 giugno 1999.
        Si tratta di un "progetto aperto" di disciplina su scala nazionale delle politiche giovanili.


2. Perché una legge per i giovani.

        L'analisi della condizione giovanile in Italia mostra come la situazione di nuove forme di esclusione sociale sia anche il derivato di carenze di strumenti e luoghi di espressione di cittadinanza attiva che comportano spesso risposte individuali e di gruppo anche autolesionistiche da parte di quei segmenti di popolazione giovanile che avvertono, più o meno consapevolmente, di essere stati espropriati della propria identità culturale e non trovano momenti e canali per esprimere e rappresentare i propri bisogni di socializzazione, di rappresentanza e di partecipazione.
        Le trasformazioni economiche e strutturali interagiscono con le mutate esigenze delle nuove generazioni nei confronti del lavoro, della vita associativa, dell'utilizzo del tempo libero, dei bisogni e delle modalità di rappresentanza.
        La rapidità dei processi di cambiamento fa sì che divenga obsoleta una quota significativa delle conoscenze apprese; mentre si avvertono le difficoltà di un inserimento anche di tipo temporaneo nel mondo del lavoro o il mantenimento della condizione occupazionale. Si evidenzia altresì un fenomeno di convivenza prolungata nelle famiglie di origine come risposta ad una serie di difficoltà economiche e sociali legate non solo alla mancanza di reddito.
        Mentre l'economia sta dando rilevanza crescente ai prodotti e ai servizi culturali rivolgendosi in particolare al consumo giovanile, i giovani che producono cultura rimangono ai margini oppure queste capacità inventive non entrano, se non in minima parte, nei circuiti di valorizzazione ufficiale.
        Mancano luoghi di mediazione e confronto tra questi e la produzione culturale giovanile e sono deboli gli scambi con la produzione dei giovani di altri Paesi.
        La creatività spesso si sviluppa all'interno di una dimensione sociale che stimola solidarietà e incontro tra i giovani.
        La maggior parte degli interventi a sostegno previsti oggi per le associazioni ed aggregazioni giovanili richiedono la costituzione di associazioni formalmente costituite e questo vincolo lascia ai margini esperienze di gruppi che, pur avendo un carattere informale, hanno un forte valore aggregativo per i giovani.
        La fase adolescenziale e giovanile è caratterizzata anche dalla capacità di avvertire con particolare intensità le sensazioni fisiche e le modificazioni corporee; nei giovani la crescita fisica è intimamente legata alla maturità affettiva ed alla accettazione di sé. Gioco e sport sono indispensabili per sperimentare e crescere nel rapporto con gli altri; molti quartieri urbani si sono sviluppati senza creare spazi adatti al gioco, i luoghi dello sport sono dominati soprattutto da uno spirito competitivo.
        Allo stesso tempo passione per il rischio, giochi violenti, gusto per nuove forme di trasgressione vanno diffondendosi tra i giovani maschi e in quote significative di ragazze; mentre il ruolo dei leaders e delle associazioni giovanili divengono importanti per la diffusione dei valori della tolleranza e del valore della vita.
        La spiccata sensibilità per le problematiche ambientali, da parte delle giovani generazioni, sta determinando l'invenzione di alternativi modi di vivere; lo sviluppo di una cultura rispettosa della natura che, se da un lato scoraggia il consumo di massa delle zone protette, dall'altro può favorire esperienze nuove e significative nel tempo libero e creare opportunità di lavoro per i giovani.
        I monumenti, i musei, le aree archeologiche di cui il nostro Paese è particolarmente ricco raccolgono l'interesse crescente dei giovani; la conoscenza ed il buon uso di queste risorse può arricchire il tempo dello svago, promuovere il senso di appartenenza e responsabilità collettiva, creare nuovo lavoro per i giovani.
        In Italia la mobilità esterna ed interna del mondo giovanile è poco praticata rispetto al resto dei Paesi europei; ciò è dovuto da un lato a resistenze culturali, dall'altro ad impedimenti concreti quali la mancanza di informazioni, la scarsa conoscenza delle lingue, la carenza di strutture ed associazioni di scambio e di turismo culturale.
        Servizi ed organizzazioni dedicati ai giovani sono in prevalenza governati da adulti; i giovani sono una componente significativa del nuovo associazionismo ma sono minoritari nelle organizzazioni storiche di massa, sindacali e di partito.
        La distanza tra i giovani e le istituzioni si traduce in una esclusione dai luoghi di rappresentanza: i giovani non sono ben rappresentati nel Parlamento, nei consigli regionali, nei consigli comunali.
        Alcune regioni italiane hanno istituito consulte e consigli dei giovani, mancando un organismo di rappresentanza nazionale e le esperienze locali sono rimaste limitate mentre le giovani generazioni italiane sono poco presenti nelle reti associative giovanili a livello europeo e non possono esprimere propri rappresentanti negli organismi europei dove si prendono decisioni sulle risorse e sulle politiche che li riguardano. La scelta di adottare una legge quadro nazionale di indirizzo per interventi in materia di politiche giovanili nasce, dunque, da questa serie di considerazioni:

            la necessità di adeguare la normativa italiana in materia con la legislazione degli altri Paesi membri della Unione europea;

            la mancanza di una politica unitaria degli interventi a livello nazionale;

            la mancanza di una normativa nazionale di indirizzo per la promozione e la realizzazione di strategie e di progettualità comuni, integrate e coordinate, in grado di rispondere alle varie realtà del mondo giovanile;

            la carenza di forme di indirizzo e di una programmazione dei finanziamenti che garantiscano raccordi e integrazioni tra le varie iniziative progetti giovani;

            la mancanza di una legge istitutiva del Consiglio nazionale per i giovani che permetta la rappresentanza del mondo giovanile italiano nel Forum europeo della gioventù, organismo consultivo della Unione europea;

            la mancanza di un Consiglio nazionale per i giovani che consenta alle giovani generazioni italiane di avere un luogo di rappresentanza e di proposta a livello nazionale;

            la assenza di una normativa che preveda la realizzazione di un sistema informativo nazionale in materia di politiche ed iniziative giovanili;

            l'esigenza dello sviluppo di nuove forme di associazionismo e l'emersione di iniziative di aggregazioni giovanili;

            la necessità di uno strumento legislativo a carattere nazionale per consentire l'avvio di interventi concreti e strutturali capaci di far emergere l'espressività, la creatività e la proposta giovanili.

        Una legge per le politiche giovanili si rivela, pertanto, lo strumento essenziale per la programmazione e la attuazione di politiche giovanili volte alla lotta contro l'esclusione sociale, comprendendo in esse politiche informative, formative, comunicative, di identità e valorizzazione delle diversità culturali nonché di rappresentanza e partecipazione sociale.


3. Le politiche giovanili come campo di innovazione e di sviluppo sociale.

        L'attuale fase di passaggio verso "la società della conoscenza" caratterizzata, nella maggior parte dei Paesi europei, da una crisi strutturale della occupazione, da una riduzione del tempo di lavoro, dall'aumento di aree di marginalità occupazionale e di esclusione sociale ha determinato, in Italia, il progressivo allontanamento di una intera fascia di popolazione (quella dei giovani tra i 20 e i 29 anni) non solo dal mercato del lavoro, ma dagli stessi luoghi della espressione di cittadinanza attiva.
        Parallelamente occorre cogliere e valorizzare i segnali forti, che provengono dal mondo giovanile, in termini di richieste di innovazione, rappresentanza e creatività sociale complessivamente intese.
        Una società che voglia pensare al futuro non può che dare vita ad una complessità di interventi di politica dei giovani fondati sui seguenti concetti chiave:

                empowerment;

            pari opportunità di vita;

            responsabilità sociale e solidarietà;

            responsabilità politica e partecipazione.

        Nella fase di sviluppo attuale una politica dei giovani deve saper sviluppare strumenti legislativi e sociali capaci di aprire luoghi e spazi di cittadinanza per consentire e riconoscere e fare entrare in gioco:

            le diverse forme di espressività (etica, linguistica, culturale, politica);

            le differenze etniche, le differenze di genere tra uomo e donna;

            la necessità di ascolto e di non criminalizzazione delle nuove forme di espressività giovanile;

            la valorizzazione dei nuovi linguaggi musicali, artistici, quotidiani;

            l'attenzione ai nuovi modelli di affettività e di sessualità;

            l'attenzione all'ambiente ed al mondo degli esseri viventi;

            l'interesse ai nuovi modi di intendere la corporeità;

            l'apertura di nuovi spazi di rappresentanza sociale per i giovani.

        Questa operazione è possibile mettendo a punto iniziative concrete che vadano da azioni culturali ad interventi strutturali e normativi.
        Occorre organizzare, insieme al mondo giovanile, luoghi di incontro, di fruizione di informazione non asimmetrica sul lavoro, sviluppare nuove modalità formative, nuovi percorsi di acquisizioni di competenze anche informali nei quali esprimere la propria creatività. E' necessario incentivare lo sviluppo di nuove forme associative; luoghi di rappresentanza territorialmente diversificati, occasioni di sviluppo di cittadinanza solidale.


4. Le politiche giovanili negli Stati membri della Unione europea.

        Nei diversi Paesi membri della Unione europea i mutamenti strutturali in atto hanno determinato un'attenzione nei confronti delle politiche della gioventù, attivando strutture, organismi ad esse dedicati e sviluppando forme di cooperazione tra strutture pubbliche centrali, locali ed organizzazioni giovanili.
        Un'indagine comparativa delle strutture e delle attività realizzate dai Paesi europei in campo giovanile, dimostra come non sia possibile configurare una tendenza unitaria nell'attuazione ed organizzazione di tale politica.
        Una serie di mutamenti strutturali della società ha determinato una sempre maggiore attenzione da parte dei diversi governi nazionali alle politiche della gioventù. Queste sono considerate fonte e strumento indispensabile di crescita culturale, sociale, economica e professionale.
        Sebbene influenzate da una serie di fattori - demografici, storici, sociali, culturali - che le caratterizzano e le differenziano da Paese a Paese, è possibile individuare due modelli predominanti attorno ai quali si sviluppano le politiche della gioventù in Europa.
        Da una parte, un gruppo di Stati in cui le azioni relative ai giovani sono considerate come una funzione sociale e, quindi, di competenza delle associazioni e dei gruppi privati. In tale contesto le politiche a favore dei giovani competono, in primo luogo, all'iniziativa privata ed il ruolo dello Stato appare abbastanza circoscritto.
        La struttura amministrativa centrale - che si occupa dei giovani - non è un organismo autonomo, ma un Dipartimento o una Direzione dipendente da un Ministero. Pertanto, questo non si interessa direttamente alle politiche ma svolge una funzione essenziale di coordinamento e di sostegno delle altre strutture esistenti. Diversa è la collocazione dei Paesi che, pur riconoscendo al movimento associativo una partnership notevole, conferiscono allo Stato e alle amministrazioni pubbliche una funzione preponderante nelle politiche della gioventù. In questi casi, l'organismo statale competente è, quasi sempre, un Ministero dei giovani o un Istituto che, seppur collegato con un Ministero, dispone di una vasta autonomia d'azione.
        Un altro aspetto di differenziazione riguarda l'organizzazione delle politiche giovanili a livello decentrato. Se, infatti, il primo grado di amministrazione locale - il comune - presenta la medesima struttura ovunque, in alcuni Paesi il secondo grado di amministrazione locale - la regione - non è sufficientemente sviluppato. E' il caso della Grecia, dell'Irlanda, del Portogallo e del Lussemburgo, dove le politiche sono, quindi, per lo più statali.
        In altri Paesi, al contrario, l'assetto regionale o federale dello Stato corrisponde a differenze etniche e linguistiche. L'amministrazione regionale ha, quindi, una maggiore autonomia di azione e svolge un ruolo principale nella attuazione delle politiche giovanili. Il governo centrale riveste una funzione di coordinamento e di supervisione nell'azione generale rivolta ai giovani. E' il caso dell'Austria, della Germania, del Regno Unito, della Spagna e del Belgio: in quest'ultimo Stato, ciascuna delle diverse comunità di lingua francese, tedesca e fiamminga ha un proprio piano della gioventù.
        Una delle caratteristiche comuni a quasi tutte le realtà è la presenza di strutture consultive e di coordinamento - governative o non governative - in cui sono rappresentate le associazioni giovanili e i vari Dipartimenti ministeriali che si occupano di gioventù. Finalità principale di questi Consigli o Comitati della gioventù è garantire una partecipazione attiva dei giovani alla definizione dei provvedimenti che li riguardano, e armonizzare gli interventi dei diversi settori dello Stato in direzione del mondo giovanile.


5. I modelli istituzionali della gioventù negli Stati della Unione europea.

        Il quadro europeo delle politiche per la gioventù è riconducibile a tre tipologie:

            modelli ministeriali in cui gli organismi istituzionali competenti a livello nazionale sono appunto Ministeri e/o Direzioni generali (Francia, Germania);

            modelli di agenzie in cui le competenze istituzionali sono prevalentemente affidate ad istituti o organismi che dispongono di proprie autonomie di funzioni (Spagna);

            modelli misti in cui l'attività di organismi governativi si accompagna alla creazione di agenzie con una propria autonomia di funzione (Portogallo e Regno Unito).

        Un primo elemento di riflessione è dato dal rapporto esistente tra l'architettura istituzionale delle responsabilità per le politiche giovanili e l'assetto istituzionale dello Stato.
        Si orientano, dunque, verso responsabilità ministeriali delle politiche per i giovani sia sistemi centralizzati come la Francia, sia sistemi federali come la Germania. Evidentemente la funzione di coordinamento e indirizzo delle politiche per la gioventù diviene essenziale anche laddove le competenze istituzionali non sono completamente trasferite a livello locale.
        Le politiche per i giovani hanno, infatti, in larga parte una dimensione locale e intersettoriale, che rende necessaria una azione di integrazione istituzionale, sia tra politiche locali settoriali (integrazione orizzontale) sia di integrazione tra il livello nazionale e quello locale (integrazione verticale).
        Proprio per realizzare una opportuna strategia delle connessioni si impone, comunque, un livello di responsabilità centrali, che non necessariamente vengono attribuite ad organismi ministeriali.
        In Spagna, ad esempio, è stato adottato un modello di agenzia in cui le competenze sono affidate prevalentemente ad un Istituto con funzioni di coordinamento tra diverse competenze locali e regionali. Il modello spagnolo si caratterizza proprio per la forte autonomia dell'organismo che tuttavia è collegato ad un Ministero. La specificità del modello spagnolo nel contesto europeo è quella di collocarsi all'interno del sistema delle autonomie in cui le funzioni di coordinamento ed integrazione delle politiche regionali e locali appaiono istituzionalmente essenziali.
        Tra i modelli ministeriali e quello spagnolo si collocano i così detti "modelli misti" in cui, a fianco alle responsabilità istituzionali gestite da Ministeri, si collocano Istituti (Portogallo) ed Agenzie (Regno Unito) che svolgono precise funzioni di promozione-formazione-informazione.
        L'assenza di una politica regionale in senso stretto ed il bisogno di operare sia per competenze ministeriali (educazione, lavoro, affari sociali) sia per funzioni (l'informazione, la formazione, eccetera) rappresentano gli aspetti caratteristici di tale modello che permette di intervenire sia con programmi d'azione nazionali, sia con interventi integrativi e di rafforzamento delle esperienze locali.


6. Il ruolo della Unione europea nello sviluppo di politiche per le giovani generazioni.

        Convinzione unanime dei governi europei è quella che la principale fonte di soluzione sia proprio un'azione globale di politica a favore dei giovani, promuovendo le attività extra scolastiche, la formazione professionale, le campagne di sensibilizzazione e informazione, l'incentivazione degli scambi giovanili, l'assistenza dei giovani in difficoltà.
        Molti Stati individuano nell'estensione e nel potenziamento delle strutture e degli organismi giovanili decentrati, una chiave di risoluzione e di prevenzione di diversi problemi.
        Lo sviluppo delle politiche, l'azione di cooperazione tra strutture istituzionali e rappresentanti delle politiche giovanili a livello centrale e locale trova, generalmente, una sua base normativa che disciplina modalità e aree di intervento.
        Si tratta in genere di una legislazione in positivo, che individua modalità per sviluppare forme di autonomia (prestiti d'onore, affitti facilitati, borse di studio) creatività e produzione culturale, prevedendo forme di decentramento e di finanziamento e soprattutto un approccio integrato, multisettoriale ai bisogni dell'utente giovane.
        Nei diversi Paesi della Unione europea le associazioni giovanili e le organizzazioni volontarie dei giovani svolgono un ruolo di primo piano, caratterizzato da un forte coinvolgimento negli interventi promossi dalle strutture centrali e locali demandate allo sviluppo di piani per i giovani.
        Un risultato che è anche il frutto della azione dell'Unione europea che dalla fine degli anni '80 manifesta un aumento d'interesse nei confronti delle politiche giovanili grazie all'impegno della task-force "Risorse umane, istruzione, formazione e gioventù".
        Questa attenzione si concretizza, in una prima fase, in interventi a favore della transizione scuola - lavoro, della formazione ed occupazione e, successivamente, nella promozione di azioni fondate su un approccio globale ed integrato delle politiche giovanili (sessualità, problemi della casa, autonomia, tempo libero, vita associativa, scambi di volontariato, eccetera).
        La Comunità europea, inoltre, si avvale di una struttura di rappresentanza giovanile, il "Forum dei giovani", come strumento che dà voce alle richieste dell'associazionismo giovanile nel suo complesso.
        I diversi Consigli dei giovani presenti nei Paesi europei, inviano, infatti, loro rappresentanti al Forum giovani della Unione europea, che svolge un ruolo consultivo-propositivo a livello comunitario in materia di politiche giovanili.
        Il nodo della partecipazione giovanile appare, oggi, un elemento centrale e vitale per qualsiasi intervento di costruzione di un nuovo assetto dello stato sociale; un ruolo che è stato ribadito con forza alla Conferenza dei Ministri della gioventù tenutasi a Corke nel 1996.
        "Partecipazione" significa coinvolgimento del soggetto giovane, nelle istituzioni politiche e sociali e nelle diverse organizzazioni, incluse quelle decisionali. Su questa linea si muove l'Unione europea che nella risoluzione "Politiche comunitarie e loro impatto sui giovani" (1991) e nel III Programma gioventù per l'Europa adottato dal Parlamento e dal Consiglio europeo nel 1995, raccomanda di:

            incoraggiare la presenza di rappresentanti giovanili, come parte attiva, delle diverse istituzioni;

            sviluppare l'indipendenza la imprenditorialità, la creatività a livello sociale, culturale ed ambientale;

            promuovere forme di lotta alla esclusione, incluse la lotta al razzismo e alla xenofobia, mediante misure socio-educative condotte per i giovani e con i giovani;

            incoraggiare la popolazione giovanile ad essere parte attiva nelle associazioni ed organizzazioni non-profit.

        Le nuove forme di partecipazione devono trovare nei livelli locali e regionali il loro luogo privilegiato di partecipazione attiva e critica, la sola che consente di costruire e agire una "cittadinanza attiva".
        La partecipazione alla vita sociale trova, infatti, nelle realtà locali il suo primo e più concreto momento di espressione.
        Nel 1991 il Congresso europeo delle autorità locali e regionali ha adottato una "Carta per la partecipazione dei giovani alla vita delle città e delle regioni" che prospetta quattro tipologie di interventi:

            la creazione di centri di informazione e banche dati per i giovani;
            la rappresentanza di giovani all'interno di istituzioni locali e regionali;

            la creazione di strutture di cogestione di progetti;

            la creazione di strutture di consultazione.


7. La legislazione italiana e l'assenza di una legge-quadro per le politiche giovanili.

        L'Italia è uno dei pochi Paesi della Unione europea in cui non sia stata ancora definita una politica giovanile a livello centrale ed in cui non sia presente un organismo, una istituzione centrale di coordinamento o di indirizzo delle politiche giovanili.
        A livello europeo manca una rappresentanza del mondo giovanile italiano. Le ragioni sono diverse e molteplici. L'esigenza di una legislazione ad hoc era già stata avvertita alla fine degli anni '60 (istituzione di un Comitato di studio da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Aldo Moro) così come la necessità di una struttura istituzionale di riferimento era stata presa in considerazione nel 1978 con la nomina del sottosegretario per i giovani; nel 1986 il Comitato italiano per l'anno internazionale della gioventù proponeva, inoltre, nel suo documento conclusivo, l'istituzione di un Dipartimento per le politiche della gioventù ed un Forum nazionale della gioventù.
        Infine la Commissione parlamentare di inchiesta sulla condizione giovanile, nel corso della X legislatura, aveva presentato una relazione conclusiva nella quale era proposta la istituzione di un Dipartimento nazionale per il coordinamento delle politiche giovanili, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
        Nel corso degli ultimi anni, inoltre, sono state formulate diverse proposte di legge d'iniziativa parlamentare (AA.CC. 3442, 5278, 5627) e anche da parte del comitato promotore per la legge quadro per le politiche giovanili, cui hanno partecipato organizzazioni giovanili dei partiti e numerose associazioni ad essi aderenti.
        Fino ad oggi, nel nostro Paese e dunque, prima dell'attribuzione, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, della delega per le politiche giovanili al Ministro per la solidarietà sociale, le competenze in materia erano state distribuite tra diversi Ministeri (del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, degli affari esteri).
        D'altro canto sono sostanzialmente assenti, a livello nazionale, sedi di effettiva rappresentanza attiva giovanile ed organismi dotati di reale potere decisionale (come il Consiglio superiore della gioventù in Lussemburgo, il Consiglio nazionale della gioventù irlandese) e non sono al momento diffusi su tutto il territorio nazionale organismi rappresentativi dei giovani riconosciuti e finanziati a livello centrale e locale (come avviene in Spagna), né sono presenti effettivi organismi interministeriali (istituiti in Francia e in Spagna).
        Se si vogliono ritrovare in Italia iniziative a carattere innovativo occorre analizzare e valorizzare quanto è avvenuto in questi anni nel nostro Paese a livello locale.
        Già nei primi anni '80, comuni di grandi dimensioni come Torino e Bologna, seguiti da altre città metropolitane, avviarono una serie di iniziative dirette ai giovani, mentre ANCI ed UPI hanno svolto un'azione di trasferibilità tra le diverse realtà locali, soprattutto in materia di informazione e consulenza.
        Nel quadro delle iniziative promosse a livello locale da numerosi enti locali i Progetti giovani, in particolare, assumono un ruolo di primo piano in quanto individuano specifiche aree di intervento, si fondano, generalmente sulla trasversalità della condizione giovanile, dando vita ad una strategia delle connessioni di un lavoro a rete, infra-istituzionale e promuovono, in molti casi, lo sviluppo della partecipazione dei giovani, mediante Forum e consulte a livello locale.
        Nel contesto delle politiche giovanili a livello locale un ruolo preminente hanno svolto, inoltre, le agenzie ed i centri Informagiovani, una complessa e territorialmente estesa struttura informativa locale che ha lo scopo di fornire supporti di informazione e di orientamento ai giovani e che si è andata sviluppando sulla base anche delle indicazioni e delle direttive comunitarie; una rete che ha mantenuto stretti collegamenti con le omologhe strutture informative giovanili della Unione europea.
        Contemporaneamente, in assenza di un quadro di riferimento normativo a livello nazionale, alcune regioni in primis la regione Veneto si sono dotate di una legislazione regionale ad hoc. Tuttavia l'assenza di un quadro normativo nazionale di riferimento, capace di promuovere e di realizzare strategie e progettualità comuni integrate e coordinate, in grado di rispondere alle diversificate realtà del mondo giovanile, viene ormai avvertita sia a livello delle regioni, che delle città e che dello stesso mondo giovanile come un effettivo ostacolo al pieno sviluppo di una politica dei giovani a carattere nazionale.


8. Finalità della legge.

        Il disegno di legge è un articolato di indirizzo che riserva alla normativa regionale e secondaria la disciplina della materia al fine di:

            consentire un raccordo ed una programmazione di indirizzo, a livello nazionale, nella materia delle politiche giovanili;

            finanziare programmi e progetti per i giovani;

            sviluppare la programmazione di interventi e progetti giovani a livello regionale e la loro attuazione a livello locale;

            incentivare le iniziative e la partecipazione dei giovani, sviluppando forme di associazionismo come spazi di socializzazione e strumenti di inclusione sociale;

            istituire una struttura di rappresentanza giovanile a livello nazionale;

            sviluppare forme di rappresentanza giovanile a livello locale;

            creare condizioni e meccanismi affinché il movimento associativo, le aggregazioni giovanili partecipino alla definizione delle politiche per i giovani;

            promuovere forme di interscambio e di cooperazione con i giovani di altri Paesi sviluppando iniziative di mobilità giovanile;

            promuovere e sviluppare un sistema di informazione e di documentazione in materia di politiche giovanili in coordinamento con i centri Informagiovani e con le istituzioni pubbliche e private nazionali ed internazionali. In particolare:

                l'articolo 1 enuncia le finalità e riconosce il ruolo specifico delle giovani donne e dei giovani uomini, di età compresa fra i 15 e i 29 anni, nei processi di sviluppo del Paese, favorendo politiche per la loro partecipazione alla vita istituzionale e anche politica.
        Il disegno di legge affida allo Stato, alle regioni e agli enti locali la promozione e l'attuazione degli interventi per garantire il sostegno e il pieno sviluppo di progetti per i giovani e di politiche di piano, favorendo la crescita dell'associazionisno giovanile anche in forma aggregata.
        L'articolo 2 dispone l'adozione del Piano triennale nazionale per i giovani e definisce le linee guida per la programmazione della rete di interventi da attuare a favore delle giovani generazioni.
        L'articolo 3 finanzia il Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all'articolo 59, comma 44, della legge n. 449 del 1997, e sue successive integrazioni, per la realizzazione di progetti e di interventi per i giovani a livello nazionale, regionale e locale. Le risorse del Fondo, a tale fine integrate, vengono ripartite con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, per il 67 per cento tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per il 3 per cento per il funzionamento del Consiglio nazionale dei giovani, per il 30 per cento per le attività del Centro nazionale per lo sviluppo delle politiche giovanili.
        L'articolo 4 istituisce, presso il Dipartimento per gli affari sociali, il Centro nazionale per lo sviluppo delle politiche giovanili con compiti di coordinamento, promozione, consulenza e supporto tecnico per tutto ciò che concerne le politiche giovanili.
        Il Centro nazionale è composto da un direttore nominato su proposta del Ministro per la solidarietà sociale e da dieci esperti. Tra i componenti due rappresentanti, designati dal Consiglio nazionale dei giovani, sono membri di diritto.
        Il Centro nazionale promuove diverse attività tra le quali la realizzazione del sistema informativo nazionale in collaborazione con gli Informagiovani, anche sviluppando reti tra le associazioni e le aggregazioni di giovani nazionali e locali, ricerche e indagini sulla condizione giovanile, relazioni con le strutture della Unione europea delegate alle iniziative per i giovani realizzando programmi di scambio e di educazione informale, sostiene interventi formativi per le amministrazioni locali, progetti-pilota innovativi a valenza nazionale presentati da associazioni e aggregazioni di giovani nonché da regioni, comuni, comuni associati, province, comunità montane. Svolge altresì attività tecnica di accompagnamento, di tutoraggio e di monitoraggio alle associazioni e aggregazioni giovanili che presentano programmi e progetti.
        L'articolo 5 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Consiglio nazionale dei giovani (CNG) individuandone i relativi compiti e funzioni. E' un organo consultivo e di rappresentanza dei giovani. Designa altresì propri rappresentanti negli organismi comunitari e internazionali, partecipa alla formazione del Piano triennale ed è il referente nei fori associativi internazionali dei giovani.
        Con regolamento sono determinati la composizione delle rappresentanze delle associazioni giovanili e degli altri organismi e i criteri per le procedure di elezione dei membri nel CNG.
        L'articolo 6 attribuisce alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, il compito di definire i criteri e programmare gli interventi, finanziati con il Fondo di cui all'articolo 3. Esse fissano altresì i requisiti e le modalità di costituzione delle forme di rappresentanza giovanile. Le regioni presentano annualmente una relazione sullo stato di attuazione degli interventi.
        L'articolo 7 attribuisce ai comuni la realizzazione degli interventi e dei progetti per i giovani attraverso i finanziamenti erogati alle regioni con il Fondo di cui all'articolo 3 e promuove altresì l'istituzione di forme di rappresentanza giovanile dalle quali verranno nominati i rappresentanti ai consigli regionali dei giovani.
        L'articolo 8 fissa il termine entro il quale il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per la solidarietà sociale da lui delegato presenta al Parlamento la relazione sullo stato di attuazione della legge.
        L'articolo 9 prevede la copertura finanziaria.




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Ultimo aggiornamento: 28/07/19 ore: 9 18:35:52