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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Battaglia; Piscitello; Molinari; Massidda; Di Giandomenico ed altri; Bocchino e Angela Napoli; Mazzuca; Cento; Innocenti ed altri; Lo Presti; Alfonso Gianni ed altri; Luigi Pepe; Dario Galli: Disposizioni concernenti il trattamento di quiescenza del personale delle Ferrovie dello Stato.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Lo Presti.
ANTONINO LO PRESTI, Relatore. Cercherò di essere telegrafico, anche perché queste proposte di legge sono state talmente dibattute in Commissione che credo che la copiosa messe di atti raccolti in quattro anni di discussione sia più che sufficiente per dimostrare con quanta laboriosità ed impegno la Commissione lavoro ha operato per arrivare ad un risultato che oggi è sotto gli occhi di tutti.
Si tratta del testo unificato di varie proposte di legge presentate da tutti i gruppi politici che eredita un iter che si è svolto, anche con grande intensità, nella scorsa legislatura. Esso si occupa del trattamento di quiescenza del personale delle Ferrovie dello Stato che, negli anni, ha subito quelle che tutti i gruppi politici hanno ritenuto essere delle vere e proprie ingiustizie. È quindi una parziale risposta ad una sperequazione che è stata più volte rilevata ed è divenuta oggetto di diverse controversie giudiziarie che, molto spesso, si sono risolte a favore dei lavoratori ma, altre volte, con giudizi negativi.
L'intento del testo unificato è di disciplinare quelle fattispecie che riguardano i ferrovieri che sono andati in pensione percependo soltanto una parte degli aumenti di stipendio previsti dai contratti collettivi sottoscritti quando erano ancora in servizio. Il testo che presentiamo all'Assemblea mira sostanzialmente a riconoscere agli interessati l'intero importo degli aumenti contrattuali, con conseguente adeguamento del trattamento pensionistico in godimento, adeguando la normativa in materia a quella vigente per il personale del comparto Ministeri.
Il problema che si affronta è relativo al mancato computo, ai fini del trattamento di quiescenza, spettante al personale delle Ferrovie dello Stato di quei miglioramenti contrattuali corrisposti al personale di servizio durante gli anni dal 1981 al 1985, per la parte corrispondente agli aumenti di stipendio dilazionati nel tempo e quindi attribuiti, dopo la data di collocamento a riposo, sebbene riferiti a contratti stipulati quando ancora il personale in questione era in servizio.
Si viene così a stabilire che il lavoratore ha diritto a percepire tutti i benefici economici maturati nel triennio di vigenza del contratto che era in vigore nel periodo in cui era andato in pensione.
Saniamo, pertanto, una sperequazione riconosciuta da tutti come ingiusta, che i contratti collettivi succedutisi a partire dal 1981 non erano riusciti a risolvere,
creando, a causa di difficoltà interpretative, una serie di decisioni giurisprudenziali contrastanti. In effetti, fino al 1981, i benefici economici concessi al personale delle ferrovie andato in pensione erano estesi a quella quota di dipendenti che andavano in pensione nel periodo di vigenza dell'accordo, mentre a partire da questa data il personale veniva escluso da tali benefici.
La proposta prevede che questi aumenti contrattuali, con decorrenza 2004, si sommino a quelli perequativi delle pensioni nel frattempo concesse e, quindi, non vengano né annullati né compensati. Voglio chiarire in questa sede l'errore, causato da un refuso, incorso nella stesura della relazione che accompagna il testo unificato dei progetti di legge. Nella proposta di legge non è previsto assolutamente che questi aumenti riguardino l'indennità di fine rapporto. Preciso, a scanso di equivoci, che la proposta riguarda essenzialmente la corresponsione di quei benefici che i lavoratori avevano maturato nel periodo di vigenza dei contratti, che incidono esclusivamente sul trattamento di quiescenza. Allo stesso modo, restano esclusi gli arretrati; in particolare non è previsto, anche perché non vi era la possibilità di una copertura finanziaria adeguata, che si possa dar luogo al pagamento di arretrati, in quanto la legge lo esclude espressamente. Abbiamo agito nello spirito di riconoscere un diritto che, in qualche modo, era stato pretermesso da una serie di equivoci contrattuali, ma non potevamo certo riconoscere arretrati risalendo indietro nel tempo.
A proposito della copertura finanziaria, dopo una serie di tribolazioni dovute al fatto che ogni anno venivano appostate in finanziaria le somme necessarie al varo di questo progetto di legge che poi, puntualmente, venivano in qualche modo destinate a coprire le spese previste da altri provvedimenti in corso di esame nei due rami del Parlamento, in Commissione lavoro abbiamo previsto un meccanismo che consente di raccogliere le risorse destinate a coprire le spese previste per questa legge in un fondo specifico che servirà per garantire gli adeguamenti del trattamento di quiescenza di questi lavoratori. Nel fondo confluiranno, già con la prossima finanziaria, le somme sufficienti a garantire la copertura del provvedimento. In via provvisoria abbiamo dotato questo fondo di una copertura minima, prendendo in prestito dal fondo per l'occupazione 8 milioni di euro per ciascun anno. Sono somme che servono per impegnare il fondo, che non potranno essere spese materialmente, perché la legge entrerà in vigore non prima della fine dell'anno, dovendo passare ancora all'esame del Senato. In questo fondo confluiranno poi, non più in tabella A, ma in tabella C, le somme che il Governo si è impegnato a reperire per la copertura totale del provvedimento. Voglio rassicurare i colleghi dell'opposizione, ai quali va il mio personale ringraziamento in quanto tutti abbiamo collaborato con la stessa intensità e passione, che questo è l'impegno assunto dal Governo. È vero che era stato prevista la copertura totale del provvedimento già al momento della discussione in Assemblea; purtroppo ciò non è stato possibile, ma il percorso è stato stabilito e la prossima finanziaria provvederà a reperire le somme necessarie.
Con questo auspicio, concludo il mio intervento, augurandomi che già a partire da questa settimana si possano compiere passi notevoli per giungere all'approvazione di questa legge in questo ramo del Parlamento.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Intervengo per evidenziare che si tratta di un provvedimento di iniziativa parlamentare ampia, perché ha coinvolto parlamentari espressione di diversi gruppi, fino a giungere alla stesura di un testo unificato. Le riflessioni del relatore, in particolare in relazione alla copertura finanziaria, ossia all'esigenza di individuare un dimensionamento finanziario più congruo rispetto agli impegni previsti, individuando allo stesso
tempo una fonte di copertura, ci inducono ad avere un atteggiamento di conformità sull'impostazione, con una sottolineatura: la riflessione sul tema delle risorse a partire dal 2005 dovrà trovare una soluzione, anche nuova, che collochi diversamente la copertura, venendo allo stesso tempo incontro alle esigenze poste in luce dal relatore.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Alfonso Gianni, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunciato.
È iscritto a parlare l'onorevole Innocenti.
RENZO INNOCENTI. Il gruppo dei Democratici di sinistra dà atto al relatore di avere compiuto un lavoro egregio, che risponde per larga parte alle diverse richieste che, come veniva ricordato poc'anzi anche dal sottosegretario Viespoli, provengono da quasi tutti i gruppi rappresentati in Parlamento.
Non solo in questa legislatura ma anche in quelle precedenti avevamo cominciato a lavorare per cercare di sanare quello che, giustamente, il relatore ha definito una sperequazione che si era formata nel tempo a seguito di un'interpretazione normativa legata, appunto, al computo degli aumenti contrattuali sul trattamento di quiescenza e non sull'indennità di rapporto di lavoro (cosa che ha fatto bene a precisare). Quindi su questo anche noi, come gruppo, abbiamo lavorato quando eravamo alla maggioranza, nella passata legislatura, non portando tuttavia a compimento il lavoro. Mi sembra che al relatore, in questa circostanza, debba essere dato atto proprio della capacità di mettere insieme le proposte di iniziativa parlamentare che, fin dall'inizio di questa legislatura, erano state presentate.
Nel dire questo, vorrei anche sottolineare il fatto che il nostro gruppo è d'accordo sul progetto che è stato delineato in questo testo unificato proprio per cercare di dare una risposta anche se parziale; ci sono infatti alcuni elementi, come è stato poc'anzi ricordato (è il caso della questione degli arretrati, del problema, per esempio rispetto alla reversibilità, della mancanza dei trattamenti pensionistici, dei benefici di questo provvedimento e via dicendo), che ci portano a dire che siamo di fronte ad una risposta positiva, ancorché parziale.
Ritengo, comunque, che questa sia la strada che abbiamo di fronte. Dal punto di vista del testo in esame, accennerò in seguito ad alcuni elementi su cui manteniamo una riserva, come ad esempio sulla questione, che qui veniva ricordata, della copertura.
Tuttavia, rispetto al provvedimento non ci sono riserve: è questa la strada e ritengo che vi sia l'interpretazione giusta delle volontà (tra cui la nostra che, come gruppo dei Democratici di sinistra, abbiamo indicato nella proposta di legge che abbiamo presentato e che porta le firme di diversi appartenenti al gruppo).
Nel dire tutto ciò, ci accorgiamo però di un'altra cosa. Questa parzialità crea dei problemi per l'insufficienza delle risorse messe a disposizione.
C'è poi un problema ulteriore relativo all'origine di queste risorse, si tratta cioè di capire da dove questi fondi vengano reperiti (utilizzo questi termini in modo da farmi capire da tutti, anche da coloro che non siedono in Parlamento). Il sottosegretario Viespoli, poco fa, ci ricordava anche che è auspicabile che si possano trovare altre fonti di finanziamento a partire dal 2005, quando interverrebbero, secondo la proposta che è al nostro esame, i capitoli di bilancio del Ministero del lavoro. Sappiamo tutti come stanno le cose. Ci sono, infatti, difficoltà ad erogare gli stessi trattamenti di cassa integrazione, a stipulare accordi in alcune situazioni; quindi, signor sottosegretario, non è una questione di polemica: è una constatazione su alcune vicende in corso. Purtroppo questa è la situazione: ci sono difficoltà nel reperimento delle risorse, che sono insufficienti rispetto ai bisogni!
Mi sembrava che l'auspicio fosse motivato dall'insufficienza di risorse a disposizione rispetto al bisogno e dall'esigenza di sanare giustamente alcune situazioni di crisi e di difficoltà dal punto di vista
occupazionale nonché di sostegno al reddito (altrimenti, se così non fosse, ci sarebbero soldi per tutti e non andrebbe così la storia).
Pertanto, posto che per quanto riguarda il provvedimento siamo d'accordo, come gruppo abbiamo presentato alcuni emendamenti che riguardano le questioni legate all'entità delle risorse e alle fonti di prelievo e che suggeriscono di reperire tali risorse in altri capitoli di bilancio.
Come sempre, siamo disponibili (lo abbiamo dimostrato anche in Commissione) a trovare delle soluzioni insieme, visto che questo è un problema nei confronti del quale bisogna rispondere unitariamente, a fronte di un'esigenza riconosciuta da tutti (su cui nessuno vuole marcare il «bollino del più uno», né fare proposte demagogiche).
Tuttavia, con senso di realismo, visto che ci sono queste preoccupazioni per quanto riguarda il reperimento delle risorse negli anni futuri, è possibile avere fin da adesso una certezza per quanto riguarda anche il 2005 e il 2006?
Noi facciamo alcune proposte, poi giudicheremo insieme. Saranno giuste o meno: valutiamole! Noi riteniamo (per questo le abbiamo presentate) che siano fondate. Mi riferisco agli emendamenti volti ad aumentare il fondo in dotazione, cioè questi 8 milioni di euro che non solo noi (visto che vengono riconosciuti tali anche nella relazione presentata all'Assemblea dallo stesso relatore) giudichiamo insufficienti e che tuttavia mettono in moto il meccanismo. Si tratta di evitare che si ripeta quanto già è accaduto per due anni, cioè che uno stanziamento iniziale nella legge finanziaria, dopo pochi mesi, in mancanza dell'approvazione della legge, venga destinato ad altro.
Un'operazione senz'altro legittima, però questa volta permettetemi di rivolgervi una critica, perché noi eravamo ormai pronti a varare questo progetto di legge in Commissione già nel mese di febbraio. Lo stanziamento presente in finanziaria di 44 milioni di euro nel triennio era definito e si trattava soltanto di aspettare qualche giorno o qualche settimana, mentre poi è stato dirottato dalla maggioranza su un altro provvedimento.
Capisco le esigenze, ma quando la coperta è corta si applica il criterio delle priorità: questa è una priorità che, secondo noi, andava salvaguardata. Da qui discendono le nostre critiche verso i comportamenti tenuti.
Tuttavia, le nostre proposte emendative sono all'attenzione di tutti i colleghi e tendono, esclusivamente per la parte «copertura finanziaria e dotazione del fondo» ad individuare cifre superiori rispetto a quelle indicate nella proposta di legge.
Mi auguro che ci sia la possibilità e la volontà di trovare un accordo all'interno dell'Assemblea per rispondere positivamente a questa giusta e legittima esigenza qui riconosciuta da tutti. Mi riferisco all'attesa, quasi pluridecennale, di questi ex-lavoratori delle Ferrovie che, giustamente, vogliono che nel loro trattamento di pensione si tenga conto degli aumenti che sono stati attribuiti, anche se in ritardo rispetto alla firma degli accordi, ma con una competenza che era quella degli anni dei periodi precedenti alla loro uscita dal rapporto di lavoro e dal mondo del lavoro; aumenti che sono quindi legittimi, al pari di quanto è accaduto per altri lavoratori che, in quell'epoca, hanno potuto godere di questa soluzione.
Pertanto, la nostra non è un'azione di contrasto rispetto a queste esigenze. Sollecitiamo anzi tutti a far sì che quanto auspicato possa accadere in questa settimana.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Squeglia. Ne ha facoltà.
PIETRO SQUEGLIA. Così com'è già stato evidenziato dai colleghi che mi hanno preceduto, il provvedimento di cui discutiamo affronta un'annosa questione che ci portiamo dietro da diversi anni e che già nella precedente legislatura aveva assiduamente impegnato i lavori della Commissione lavoro.
Non essendo riusciti a venirne a capo in passato, il gruppo della Margherita, così
come altri gruppi parlamentari, ha ripresentato in questa legislatura le proprie proposte di legge nel rispetto di un impegno preso dall'allora presidente dei popolari, l'onorevole Castagnetti e dall'allora presidente dei democratici, l'onorevole Monaco, con le organizzazione di categoria.
Il nostro intento è quello di risolvere il problema di quei lavoratori delle Ferrovie dello Stato ai quali, al momento in cui sono stati collocati a riposo, durante la vigenza del contratto triennale, è stato riconosciuto uno stipendio e, di conseguenza, una pensione calcolata solo sui dati in essere fino al giorno della messa in quiescenza, con la esclusione degli aumenti retributivi dilazionati e concessi dopo la data del pensionamento.
Al riguardo, devono essere ricordate, per il loro costante impegno, l'Associazione nazionale lavoratori anziani ferrovieri e il Coordinamento associazioni sindacali del cittadino europeo, che da anni si sono battuti e si battono per il riconoscimento di quanto dovuto al personale andato in quiescenza tra gli anni 1981 e 1995. Tale riconoscimento - come è stato detto - è di natura trasversale tra le diverse forze politiche. Ne è dimostrazione il fatto che il testo in discussione nasce dall'unificazione di ben 13 proposte di legge. In sostanza, tutti i gruppi parlamentari hanno presentato una loro proposta. Queste proposte, molto simili tra loro, sono tutte volte a sanare una grave sperequazione verificatasi in danno del personale già dipendente dall'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato. Ciò, in virtù di una legislazione sul pubblico impiego che ha optato per comparti separati, riconoscendo a fatica quanto dovuto in base alle leggi quadro di settore ed alle sentenze dei massimi organi giurisprudenziali.
Anche al fine di comprendere i motivi di un così forte ritardo nel riconoscimento di un giusto diritto dei lavoratori, credo sia opportuno ricordare che, per risolvere tali contrasti, sono dovute intervenire ripetutamente la magistratura ordinaria e quella amministrativa, mentre la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2249 del 1977, ha stabilito che le parti contraenti degli accordi triennali per il personale del pubblico impiego non hanno la disponibilità di escludere dai miglioramenti i soggetti in servizio alla data iniziale di vigenza dell'accordo e collocati in quiescenza nel triennio di validità. Successivamente, in armonia con quanto dettato dalla Corte di Cassazione, il tribunale amministrativo regionale del Lazio, con la sentenza n. 622 del 1985, disponeva che i destinatari degli accordi sono tutti i lavoratori in servizio alla data di inizio della validità dei contratti, sia che rimangano in servizio per l'intero triennio, sia che siano collocati in quiescenza. L'eventuale scaglionamento nel tempo del pagamento dei benefici riguarda solo gli effetti e la decorrenza degli stessi.
Dopo un lungo contendere, su proposta e richiesta degli interessati, anche la contrattazione ha recepito tali principi. Ne sono testimonianza e prova il decreto del Presidente della Repubblica n. 209 del 1987, per il comparto della scuola, il decreto del Presidente della Repubblica n. 266 del 1987, per il personale dipendente dai ministeri, e il decreto del Presidente della Repubblica n. 269 del 1987, riguardante il personale dipendente dalle aziende e dalle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo. Di seguito, con l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 399 del 1988, relativo al contratto 1988-1990, talune disposizioni del citato decreto del Presidente del Repubblica n. 209 del 1987 venivano modificate, disponendosi che, in ottemperanza al disposto dell'articolo 13 della legge-quadro n. 93 del 29 marzo 1983, i benefici economici risultanti dall'applicazione del decreto fossero corrisposti integralmente, alle scadenze previste dall'articolo 2 e nelle percentuali di cui all'articolo 4, al personale comunque cessato dal servizio con diritto a pensione nel periodo di vigenza contrattuale. Tale clausola, successivamente, è stata recepita nei rinnovi contrattuali di tutti i comparti, e anche per i ferrovieri, nel contratto collettivo nazionale del periodo 1990-1992.
Purtroppo, l'esultanza dei lavoratori per i risultati positivi conseguiti dopo lunghi anni di lotte, sia giudiziarie sia politiche, ha cominciato a smorzarsi quando il Ministero del tesoro-Ragioneria generale dello Stato, con i suoi provvedimenti autonomi diramati con circolari, di fatto ha annullato tali conquiste o, per lo meno, le ha rese inefficaci. Infatti, con circolare n. 72 del febbraio 1987, diramata a tutte le amministrazioni dello Stato e alla direzione provinciale del Tesoro, è stato stabilito che, ai fini della corretta applicazione dei provvedimenti riguardanti il personale statale collocato a riposo nel periodo di vigenza contrattuale del triennio 1985-1987 ed avente titolo al trattamento di quiescenza (importi pensione decorrenti dal 1o gennaio 1987 e dal 1o gennaio 1988 in quanto commisurati a nuove e più elevate basi pensionabili), dovranno essere attribuiti, in sostituzione, importi pensione in godimento, rispettivamente, al 31 dicembre 1986 e al 31 dicembre 1987, comprensivi degli aumenti perequativi nel frattempo concessi, che resteranno pertanto assorbiti. Tale disposizione è stata applicata subito a tutti i pubblici comparti, compreso quello dei ferrovieri, per i quali l'articolo 21 della legge n. 210 del 1985 stabilisce che il trattamento di previdenza continua ad essere regolamentato dalle norme in vigore fino a che non si addiverrà alla riforma pensionistica.
È manifesto, quindi, che gli effetti di una norma approvata allo scopo di riconoscere un diritto patrimoniale al lavoratore posto in quiescenza nell'arco del contratto triennale sono stati inspiegabilmente modificati da una circolare che, di fatto, ha annullato le finalità della norma stessa, o tutto il contratto o la perequazione - come è stato detto -, senza alcuna motivazione. Invece, noi crediamo che il lavoratore abbia diritto all'uno e all'altro beneficio in quanto - come è stato affermato in numerose sentenze - la dilazione degli aumenti nell'arco dei tre anni nasce da una pura esigenza di cassa. Quindi, giuridicamente gli aumenti sono da considerare come se fossero stati corrisposti tutti nel primo giorno di inizio del contratto e, pertanto, suscettibili degli aumenti per perequazioni verificatisi nel corso del triennio.
Non solo. I suddetti provvedimenti legislativi hanno subito un ulteriore interpretazione limitativa da parte del Ministero del tesoro, con pesanti riflessi sia sulla funzione sia sull'efficacia nei rapporti con l'indennità di buonuscita. Infatti, sempre con circolare del medesimo ministero, si è autonomamente stabilito che la unicità dei contratti nell'arco del triennio doveva intendersi limitata ai soli fini pensionistici e non anche ai fini della buonuscita. Si tratta di una affermazione subito contestata giudiziariamente. Infatti, a tutt'oggi ammontano a diverse decine, se non a centinaia, le sentenze favorevoli ai lavoratori ai quali già è stato riconosciuto il diritto al ricalcolo della buonuscita, comprensiva degli aumenti contrattuali triennali.
Pertanto, possiamo affermare che lo scopo del testo che stiamo discutendo è quello di dirimere dubbi ed interpretazioni difformi dallo spirito delle disposizioni enunciate e risolvere un problema come quello della necessariamente univoca interpretazione della vigenza triennale dei contratti collettivi nazionali di lavoro, che è fonte di disagio e di sperequazione tra lavoratori dei diversi settori e tra lavoratori in servizio e pensionati. Noi riteniamo che il testo in esame renda un dovuto atto di giustizia ai pensionati ferrovieri che sono in attesa del riconoscimento di un loro giusto e sacrosanto diritto.
Inoltre, il provvedimento in esame consente anche di perseguire una importante finalità economica. La sua approvazione, infatti, annullerebbe la massa di pendenze giudiziarie - si tratta di 35 mila procedimenti - che hanno un costo per le casse dello Stato di rilevanza non trascurabile.
Il gruppo della Margherita ha partecipato attivamente affinché si rimuovesse una ingiustificata sperequazione di trattamento tra gli ex ferrovieri e il personale di altri comparti del pubblico impiego. Ne è testimonianza l'impegno assunto nella
scorsa legislatura con l'Associazione degli ex ferrovieri, concretizzatosi nella presentazione di due proposte di legge sul tema, una a firma dell'onorevole Molinari e l'altra a firma dell'onorevole Piscitello.
Ciononostante, dobbiamo sottolineare alcune perplessità sul testo oggi in esame, che affronta il problema con mezzi finanziari che riteniamo del tutto insufficienti. A tale proposito, è bene ricordare che, rispetto ad una precedente stesura, il testo in discussione presenta una forte riduzione delle risorse stanziate a copertura del provvedimento e che parte di tali risorse per gli anni 2005-2006 è stata messa a carico degli accantonamenti relativi al Ministero del lavoro destinati al fondo per l'occupazione. La riduzione delle risorse è estremamente rilevante. Se si osserva il primo testo, varato dalla Commissione lavoro, si nota che gli stanziamenti erano pari a 41,4 milioni di euro per il 2004 e a 40,7 milioni di euro per il 2005 e per il 2006, ossia in media erano superiori di almeno cinque volte rispetto agli stanziamenti attuali.
È chiaro che tali forti riduzioni compromettono l'efficacia del provvedimento e alimentano il dubbio che la maggioranza, a ridosso delle elezioni, stia cavalcando questo provvedimento per ragioni puramente consensuali, piuttosto che per rimuovere effettivamente una ingiustificata sperequazione di trattamento.
Consapevole di questo rischio, il gruppo della Margherita, attraverso l'onorevole Delbono, ha dichiarato in Commissione, e riconferma in questa sede, la propria disponibilità ad accelerare l'iter del provvedimento, sottolineando tuttavia la necessità di reperire ulteriori risorse, tenendo anche conto che l'estinzione di oltre 35 mila contenziosi prodotti ad oggi, a cui si vuole porre rimedio, compenserà in parte le spese per la copertura finanziaria del testo unificato in discussione.
Concludo sottolineando l'importanza del provvedimento in esame. Si tratta di un provvedimento giusto, doveroso, che serve a sanare una iniquità che il gruppo della Margherita ritiene assolutamente inaccettabile. Per quanto ci riguarda, l'importanza di tale provvedimento nasce dall'avvertita esigenza di voler assicurare quella ricomposizione tra equità e sviluppo che contraddistingue la rotta dell'agire della nostra formazione politica.
PRESIDENTE. È iscritta parlare l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.
GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, intervengo brevemente su questo provvedimento, che vede un impegno costante da parte dei gruppi dell'opposizione e - lo notiamo con grande interesse - anche da parte della maggioranza e dello stesso Governo.
Diamo atto al relatore, onorevole Lo Presti, di aver ben operato in Commissione lavoro al fine di giungere ad un testo unificato delle proposte di legge presentate dai gruppi sia della maggioranza sia dell'opposizione, che riguarda la definizione delle disposizioni concernenti il trattamento di quiescenza del personale delle Ferrovie dello Stato.
Credo che il testo unificato in esame sia corretto dal punto di vista progettuale, perché traccia un percorso che condividiamo quanto alle finalità. Di questo prendiamo atto. Vogliamo anche noi che venga sanata una sperequazione che si è creata nel corso degli anni a causa di una difformità di calcolo, ai danni di lavoratori che hanno prestato lavoro in determinati anni. Certamente la risposta fornita è parziale, in quanto si lasciano aperti alcuni grandi interrogativi, ma ritengo che il percorso delineato sia giusto. Abbiamo comunque delle riserve, che ci debbono far riflettere e che ci devono far dire la verità fino in fondo.
Una di tali riserve riguarda la copertura finanziaria, che incide sulle annualità 2005 e 2006 del fondo per l'occupazione, che viene creato con questo provvedimento, e che è assolutamente insufficiente rispetto alle esigenze prospettate. Come ha già rilevato il collega Squeglia, si osserva una certa accelerazione a sfondo elettorale, che ci rende perplessi non sulla bontà del provvedimento (che ci auguriamo venga approvato in tempi brevi anche
dall'altro ramo del Parlamento), ma sulla necessità di una maggiore certezza sia relativamente alle risorse sia in ordine alla copertura. Non è infatti accettabile che si intacchi il fondo per l'occupazione, decurtandolo per gli anni 2005 e 2006. Le quantificazioni sono state fatte non da noi ma dallo stesso ministero. Si sa benissimo che per il periodo 2004-2006 servono circa 120 milioni di euro, e non i 24 milioni previsti dal provvedimento in esame. Vi è una sicura sproporzione; vi è un tentativo di andare verso la strada giusta, ma vi è anche la necessità di affermare, nella solennità delle aule sia della Camera sia del Senato, che occorre sanare una profonda ingiustizia. Diamo quindi atto al relatore e al Governo di aver fatto un passo nella direzione giusta.
Vorrei inoltre sottolineare che analoga questione si pone per i lavoratori postelegrafonici che hanno cessato il servizio tra il 1o ottobre 1994 al 1o ottobre 1995, che sono numericamente pochi e per i quali la sanatoria non richiederebbe un impegno economico enorme. Chiedo al relatore e al Governo se sia possibile costituire un fondo analogo per questi lavoratori, inserendolo nel provvedimento in esame. Questa misura per i lavoratori postelegrafonici costerebbe un quinto di quella relativa ai ferrovieri.
Quindi, si è sempre detto - il ragionamento ...
PRESIDENTE. Onorevole Pistone...
GABRIELLA PISTONE. ... è stato proposto anche in occasione delle precedenti discussioni -, nel senso che il problema non potesse essere risolto se non risolvendo, insieme, anche l'altro.
Insomma, ci è stato sempre obiettato che la soluzione del problema riguardante i postelegrafonici non potesse essere disgiunta dalla contestuale soluzione del problema dei ferrovieri; e, poiché la soluzione di quest'ultimo problema comporta una spesa molto alta, non è mai stato fatto nulla. Adesso che stiamo risolvendo il problema dei ferrovieri, stiamo comunque accantonando quello dei postelegrafonici, la cui soluzione costa pochissimo e che, nonostante ciò, rimarrà sostanzialmente inevaso!
Allora, poiché non possiamo dimenticarci di lavoratori che sono in una situazione analoga a quella al nostro esame, che sono in numero inferiore e che, di conseguenza, hanno un problema la cui soluzione richiede una spesa inferiore, io chiedo sensibilità: se introducessimo in questo provvedimento una norma od un comma che disponesse la costituzione di un fondo anche per questi lavoratori, avremmo fatto un'operazione di giustizia, un passo in avanti per arrivare ad una soluzione che - lo ripeto - non sarà quella ideale, ma consentirà di fare un grande passo in avanti a favore di lavoratori che sono in quiescenza ormai da tanti anni.
PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
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