TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 507 di Martedì 26 luglio 2011

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MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE PER DESTINARE LE RISORSE DISPONIBILI PRESSO L'AGENZIA OLIMPICA TORINO 2006 A FAVORE DELLA REGIONE PIEMONTE

   La Camera,
   premesso che:
    la situazione dei siti olimpici nella provincia di Torino è sempre più allarmante;
    è urgente, per evitare il progressivo degrado di queste strutture, che il Governo intervenga con rapidità;
    ora, malgrado l'esistenza dell'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino 2006 sia stata prorogata sino al 2014 dal decreto-legge n. 225 del 2010, cosiddetto milleproroghe, continua ad essere inspiegabile il non utilizzo di circa 40 milioni di euro riconducibili ad un avanzo di bilancio della suddetta agenzia, come certificato dal Ministero dell'economia e delle finanze;
    si tratta di una cifra a cui vanno aggiunti altrettanti fondi risparmiati nella complessiva gestione dell'evento olimpico, al momento non utilizzabili in attesa della conclusione dei contenziosi con alcune imprese costruttrici;
    alla Camera dei deputati era stato presentato nel febbraio del 2010 un ordine del giorno a firma Cota, Esposito, Osvaldo Napoli, Giorgio Merlo e Rossomando, dove si impegnava il Governo medesimo ad assumere iniziative capaci di sbloccare le risorse disponibili nel bilancio dell'Agenzia per lo svolgimento dei giochi olimpici invernali di Torino 2006;
    ad oltre un anno da quell'ordine del giorno, accolto dal Governo, tutto è rimasto fermo e i fondi dell'agenzia restano bloccati;
    ora, preso atto che questa situazione va sanata al più presto, soprattutto per evitare che i siti olimpici si riducano ad essere cattedrali nel deserto inutilizzate e costose per l'erario pubblico, il Governo deve assumere al più presto un'iniziativa rapida ed incisiva,

impegna il Governo

ad assumere, in tempi brevi, iniziative normative finalizzate a liberare le risorse disponibili presso l'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino 2006 a favore della regione Piemonte, affinché vengano destinate ai comuni montani, sede dei siti olimpici, anche in funzione di una rinnovata promozione turistica delle valli olimpiche.
(1-00638)
«Esposito, Ghiglia, Allasia, Calgaro, Cambursano, Cavallotto, Giorgio Merlo, Togni, Osvaldo Napoli, Boccuzzi».
(4 maggio 2011)


MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE RELATIVE ALLA DISCIPLINA DEI CONTRIBUTI PENSIONISTICI

   La Camera,
   premesso che:
    è necessario intervenire in modo organico per la costruzione di un sistema solido e che tenga conto delle mutate condizioni del mercato del lavoro, nel quale si cambia professione e, quindi, ente previdenziale o categoria più volte nella vita lavorativa;
    le disposizioni previste dai commi da 12-sexies a 12-undecies dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010 hanno abrogato tutte le norme che prevedevano il trasferimento della contribuzione all'Inps gratuitamente: legge 2 aprile 1958, n. 322 (ricongiunzione delle posizioni previdenziali ai fini dell'accertamento del diritto e della determinazione del trattamento di previdenza e di quiescenza); articolo 3, comma 14, del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 562 (fondo di previdenza per gli elettrici); articolo 28 della legge 4 dicembre 1956, n. 1450 (fondo di previdenza per i telefonici); articolo 40 della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (personale dipendente dalle amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo, personale iscritto agli istituti di previdenza ora Inpdap, personale iscritto all'Istituto postelegrafonici (Ipost)); articolo 124 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (dipendenti civili e militari in servizio permanente e continuativo); articolo 21, comma 4, e articolo 40, comma 3, della legge 24 dicembre 1986, n. 958 (carabinieri, graduati e militari di truppa, sergenti di complemento);
    per poter cumulare, in modo non oneroso, i contributi ai fini del diritto ad un'unica pensione, attualmente è necessario avere almeno tre anni di contribuzione versata in ogni singola gestione o fondo, altrimenti non è possibile effettuare la totalizzazione e comunque non esiste una reale reciprocità tra gli enti, tra i fondi sostitutivi, i fondi professionali e il calcolo della prestazione avviene solo con il sistema contributivo (per di più secondo un criterio specifico) e, quindi, in modo penalizzante per chi avrebbe avuto il diritto al calcolo retributivo se gli stessi contributi fossero stati in un unico fondo;
    in assenza, pertanto, di un completamento dell'istituto della totalizzazione ci si trova in presenza di lavoratrici e lavoratori che non possono avvalersi di tale procedimento e che sono costretti a pagare la ricongiunzione con oneri divenuti significativi al fine di poter utilizzare i contributi che, comunque, hanno già versato; in caso contrario, tali lavoratori e lavoratrici sono costretti dai costi a rinunciare alla valorizzazione di parte della propria contribuzione ai fini pensionistici;
    inoltre, non bisogna trascurare che la vita lavorativa variegata, che induce la maggior parte dei lavoratori a passare dal lavoro dipendente al lavoro autonomo e a progetto e viceversa, potrebbe portare ad accumulare contributi versati in diverse gestioni previdenziali, con difficoltà nel raggiungimento dei requisiti che permettano di andare in pensione ed avere perlomeno parte di quello che si è versato;
    proprio per venire incontro a tali esigenze, sono in discussione in sede referente in Commissione XI (lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati delle iniziative che hanno l'obiettivo di ottenere un'unica pensione, calcolata con il cumulo di tutti i contributi versati, avvalendosi dell'istituto della totalizzazione, di cui possono usufruire, senza oneri, tutti i lavoratori che abbiano versato contributi presso più gestioni, garantendo inoltre l'applicazione delle norme in vigore per quanto riguarda il sistema di calcolo retributivo, misto e/o contributivo,

impegna il Governo:

   ad assumere le opportune iniziative normative per consentire la possibilità di cumulare ai fini del diritto a un unico trattamento pensionistico i periodi assicurativi non coincidenti, di qualsiasi durata, posseduti presso le diverse gestioni attraverso la determinazione pro quota del trattamento stesso senza penalizzazioni, ferma restando la facoltà di attivare – in alternativa – la ricongiunzione onerosa, al fine di ottenere un trattamento di miglior favore, valutando anche le modalità con le quali rimuovere il limite dei tre anni per quanto riguarda la possibilità di totalizzazione;
   ad assumere le iniziative di competenza, ove possibile anche in sede di interpretazione autentica, per chiarire ab initio i casi di effettiva applicabilità di quanto previsto, in materia di ricongiunzione onerosa, nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
(1-00690)
«Cazzola, Gnecchi, Fedriga, Poli, Della Vedova, Moffa, Borghesi, Lanzillotta, Lo Monte, Baldelli, Ceccacci Rubino, Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti, Giammanco, Lorenzin, Pelino, Scandroglio, Agostini, Baretta, Bellanova, Berretta, Bobba, Bocci, Boccuzzi, Braga, Brandolini, Carella, Marco Carra, Codurelli, Concia, Coscia, Damiano, De Biasi, De Pasquale, Esposito, Farinone, Ferrari, Froner, Gatti, Ghizzoni, Giovanelli, Laganà Fortugno, Lenzi, Lucà, Madia, Marchi, Marchignoli, Marchioni, Mariani, Mattesini, Miglioli, Miotto, Mosca, Motta, Murer, Narducci, Pedoto, Rampi, Rugghia, Samperi, Santagata, Scarpetti, Schirru, Siragusa, Strizzolo, Tullo, Vannucci, Velo, Vico, Villecco Calipari, Bitonci, Bonino, Caparini, Munerato, Binetti, Ciccanti, Compagnon, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Ruggeri, Volontè, Buonfiglio, Lo Presti, Mottola, Paladini, Aniello Formisano, Commercio, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».
(11 luglio 2011)


MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE RELATIVE ALLA CRISI SIRIANA

   La Camera,
   premesso che:
    dal 15 marzo 2011, nell'ambito delle rivoluzioni popolari chiamate complessivamente «primavera araba», anche in Siria si svolge una rivolta contro il regime alawita di Bashar al Assad. Iniziata con una manifestazione di universitari, in pochi giorni si è trasformata in un movimento popolare di enormi proporzioni. Il 18 marzo 2011 è stato proclamato il «giorno della collera» contro il regime, sfociato nel sangue con la repressione violenta delle manifestazioni da parte delle forze di sicurezza. Il primo focolaio degli scontri è stata Daraa, al confine con la Giordania, ma le proteste si sono presto estese, fra l'altro, a Homs, Banias, Latakia, Samnin e Damasco;
    secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, in tre mesi sono stati uccisi oltre 1.400 civili e circa 10.000 sono stati arrestati. Più di 10 mila siriani in fuga dalle violenze hanno trovato rifugio in Turchia. Altri 5.000 profughi sono accampati sul lato siriano del confine con la Turchia;
    nei primi giorni della rivolta il presidente Bashar al Assad ha dichiarato: «si tratta solo di un piccolo malcontento che non giustifica un cambiamento politico». A tre mesi di distanza le richieste di cambiamento politico continuano a crescere e l'intero Paese è oramai caratterizzato da una situazione di vero e proprio conflitto civile, represso duramente anche con la tortura e l'assassinio di bambini, come documentato da diversi filmati e dalle testimonianze dei parenti delle vittime;
    la repressione è guidata dalla famigerata quarta divisione corazzata agli ordini di Maher al Assad, fratello del Rais Bashar al Assad, dimostrando così che la famiglia Assad, il cui capostipite Hafez già nel 1982 aveva compiuto un massacro di 20.000 dissidenti nella città di Hama, continua sulla linea di una sanguinosa repressione dei dissidenti da parte di una minoranza etnico religiosa, attualmente sostenuta con forti mezzi dal regime iraniano;
    Bashar al Assad ha consolidato anche il sostegno all'organizzazione terroristica di Hamas, riconosciuta come tale anche dall'Unione europea dal 2004, la cui presenza a Damasco consta del principale ufficio dell'organizzazione guidato da Khaled Mashal. Assad mantiene anche stretti rapporti con gli Hezbollah, organizzazione estremista islamica sciita, armata dall'Iran con l'aiuto siriano, che tiene oggi il Libano in uno stato di intimidazione tramite un Governo minoritario;
    la Repubblica islamica dell'Iran osserva con attenzione quel che accade in Siria, offrendo appoggio alle forze del regime e alla repressione della rivolta nel Paese; secondo quanto riferiscono diverse testate giornalistiche e testimonianze, a guidare i poliziotti antisommossa nella città di Latakia ci sarebbero elementi che non vestono la divisa della polizia e che tra loro parlano in persiano; sono stati notati anche diversi elementi identificati come Hezbollah;
    il 5 giugno 2011, nell'anniversario dell'inizio della guerra dei sei giorni, centinaia di siriani palestinesi hanno cercato ripetutamente di sfondare il confine tra Siria e Israele e fare irruzione attraverso la linea di frontiera lanciando pietre e ordigni incendiari. Secondo quanto emerso da fonti di intelligence, il regime di Damasco avrebbe offerto 1000 dollari a ogni rivoltoso disposto a recarsi al confine e a provocare la reazione dei soldati israeliani, di modo da distogliere l'attenzione mondiale dalle stragi perpetrate in Siria contro i manifestanti anti-governativi;
    il 20 giugno 2011, il presidente Assad ha parlato per la terza volta dall'inizio delle agitazioni in Siria, accusando la rivoluzione popolare di essere «una cospirazione progettata all'estero e perpetrata all'interno del nostro Paese»;
    nel mese di aprile 2011, tuttavia, il Rais aveva ammesso che «la distanza tra il Governo e la sua gente ha generato la rabbia popolare». C’è la «piena e assoluta convinzione nel processo di riforma perché rappresenta l'interesse nazionale», ha affermato anche Assad. «Il problema è quale riforma vogliamo e quali sono i suoi contenuti»;
    appare evidente, dunque, per ammissione dello stesso Presidente Assad, che in Siria non si trattava e non si tratta di un malcontento marginale e che, al contrario, appaiono indispensabili cambiamenti politici fondamentali;
    nel maggio 2011, l'Unione europea ha imposto sanzioni a 13 esponenti del regime siriano che prevedono il bando del visto d'ingresso all'interno dei Paesi dell'Unione europea e il congelamento dei beni posseduti sul territorio europeo;
    il 22 giugno il Ministro degli esteri siriano, Walid al Muallim, a seguito dell'accordo raggiunto in sede di Unione europea per estendere la lista delle sanzioni nei confronti del regime siriano a tre iraniani accusati di fornire sostegno alla violenta repressione messa in atto dal governo di Damasco, ha dichiarato: «Cancelleremo l'Europa dalla nostra mappa geografica. Da ora in poi guarderemo ad est» e ha definito le sanzioni «un atto di guerra»;
    il rischio che la Siria si trasformi, di fatto, in una fonte di instabilità gravissima per il Medio Oriente e per il mondo intero è molto serio. Soltanto una corretta politica di sanzioni e di condanne può bloccarne la deriva e fermare la strage e la violazione di tutti i diritti umani, che peraltro ha radici consolidate nella storia del regime alawita;
    la Siria è rimasta soggetta ininterrottamente a uno stato di emergenza nazionale in vigore dal 1963 che, negli anni, è stato impiegato per reprimere e punire anche il pacifico dissenso;
    militanti politici, difensori dei diritti umani, blogger, esponenti della minoranza curda e altre persone che avevano criticato il Governo o avevano attirato l'attenzione sulle violazioni dei diritti umani sono stati sottoposti ad arresti arbitrari e spesso a detenzioni prolungate, oppure sono stati condannati a pene detentive al termine di processi iniqui davanti a tribunali altamente inadeguati; tra questi figuravano prigionieri di coscienza. Ad altri ex detenuti è stato altresì interdetto l'espatrio;
    secondo il rapporto diritti umani del 2011 di Amnesty international, la tortura e altri maltrattamenti sono comunemente utilizzati contro i dissidenti, il sistema giudiziario funziona secondo evidenti scelte politiche, le morti sospette in custodia sono svariate e la pena di morte è prevista in un largo numero di casi. In due occasioni, il 18 dicembre 2008 e il 21 dicembre 2010, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite la Siria ha votato contro la risoluzione per la moratoria delle esecuzioni capitali;
    le donne hanno continuato a veder loro negata la parità rispetto agli uomini in ambito legislativo, in particolare in riferimento alla legge sullo status personale in materia di matrimonio e di eredità e al codice penale, che prevede pene minori per l'omicidio e altri reati violenti commessi nei confronti di donne, in cui la difesa dell’«onore» della famiglia viene considerata un'attenuante;
    la Siria è abitata da una maggioranza arabo-sunnita e da 74 gruppi etnici e religiosi, di cui alcuni vedono violati costantemente i propri diritti. I curdi, che comprendono il 10 per cento della popolazione e risiedono per lo più nel nord-est del Paese, continuano a subire discriminazioni; migliaia di essi sono risultati d'un tratto apolidi e pertanto privati della parità di accesso anche ai diritti socio-economici;
    l'asse Damasco-Teheran, che si è consolidato e integrato sotto il profilo militare durante la guerra Iran-Iraq tra il 1980 e il 1988, oggi è saldamente presidiato e difeso dai «consiglieri» pasdaran, in quanto la possibile caduta del regime di Bashar el Assad costituirebbe un vulnus esiziale per la Repubblica islamica, che infatti definisce le manifestazioni in corso in Siria «un complotto dell'Occidente»;
    nel febbraio 2011, a pochi giorni dalla caduta del regime di Mubarak in Egitto, due navi da guerra iraniane, dopo aver attraversato il canale di Suez per la prima volta dopo la rivoluzione islamica del 1979, hanno attraccato nel porto di Latakia in Siria. In seguito al loro arrivo, il 2 marzo 2011, Mahmoud Ahmadinejad e Bashar al Assad hanno firmato il protocollo che avvia i lavori, subito iniziati, per trasformare il porto di Latakia in una grande base militare per la marina iraniana, in grado di ospitare navi da guerra, sommergibili e batterie lanciamissili antinave e antiaeree;
    le speranze della comunità internazionale, in primis degli Stati Uniti, sembrano ormai, anche nelle dichiarazioni del Sottosegretario di Stato Hillary Clinton, da ritenersi irrealistiche e irrealizzabili;
    è di questi giorni un appello rivolto ai 15 componenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu, firmato da 7 scrittori di fama internazionale, Bernard-Henri Levy, Amos Oz, David Grossman, Salman Rushdie, Umberto Eco, Orhan Pamuk e Wole Soyinka, che chiede di approvare una risoluzione di condanna della repressione in Siria come crimine contro l'umanità;
    in questo quadro appare necessario un intervento diplomatico sistematico finalizzato a evitare che la questione siriana venga lasciata a se stessa,

impegna il Governo:

   a operare affinché si crei, a livello internazionale, una pressione determinante nei confronti del Governo siriano volta a far cessare qualsiasi violenza nei confronti del popolo siriano e a garantire che siano compiute scelte politiche che rispecchino le sue richieste;
   a promuovere l'estensione delle sanzioni contro il regime siriano di modo che la riprovazione del consesso internazionale assuma un carattere concreto;
   a monitorare la posizione internazionale della Siria di modo che non possa compiere azioni di destabilizzazione regionale;
   ad adoperarsi per impedire che la Siria introduca potenze e forze di sicurezza straniere sul suo territorio onde reprimere i manifestanti;
   a esercitare pressioni, a livello europeo e internazionale, affinché una missione di inchiesta delle Nazioni Unite, già richiesta dall'Alto Commissario per i diritti umani, possa visitare la Siria e valutare la situazione umanitaria del Paese, nonché ad assumere iniziative perché il regime siriano garantisca l'accesso alla stampa internazionale;
   a impegnarsi in sede di Nazioni Unite affinché il Consiglio di sicurezza si pronunci sulla crisi siriana.
(1-00669)
«Nirenstein, Corsini, Polledri, Adornato, Della Vedova, Gianni, Vernetti, Boniver, Maran, Renato Farina, Lorenzin, D'Antona, Calderisi, Pianetta, Urso, Di Virgilio, Barbieri, Bertolini, Picchi, Cosenza, Fiano, Sbai, Colombo, Zacchera».
(23 giugno 2011)

   La Camera,
   premesso che:
    la Siria è stata sottoposta alla legge di emergenza fin dal 1963, legge che di fatto ha sospeso la maggior parte dei diritti costituzionali dei cittadini siriani con la giustificazione dello stato di guerra con Israele;
    l'onda lunga della rivoluzione araba (cosiddetta primavera araba), che recentemente ha visto coinvolti i Paesi del Maghreb e del Mashrek, ha, come è ormai noto, violentemente interessato anche la Siria, sorprendendo autorevoli commentatori e analisti che per mesi avevano ritenuto il regime immune da rivolte e richieste di cambiamento;
    per la prima volta, infatti, in quarant'anni sono stati attaccati i simboli del regime: la sede del partito Ba'ath al potere è stata incendiata, le gigantografie di al-Assad sfregiate e la statua di Hafez al-Assad (padre dell'attuale Presidente e, a sua volta, Capo dello Stato dal 1971 al 2000) rovesciata; eventi inimmaginabili solo alcune settimane fa;
    le proteste sono dapprima iniziate, quasi in sordina, a Damasco, quando il 16 marzo 2011 le forze di sicurezza hanno spezzato un raduno silenzioso in piazza Marjeh di circa 150 manifestanti che reggevano le foto di parenti e amici imprigionati; poi, le proteste si sono estese anche a Dara'a – piccolo centro agricolo vicino al confine con la Giordania, dopo l'arresto di alcuni studenti accusati di aver imbrattato i muri della scuola con scritte contro il regime – e nella regione meridionale dell'Hawran, nella sua forma più violenta, allargandosi alle principali città del Paese, fino a scuotere il porto di Latakia, sul Mediterraneo, 350 chilometri a nord-ovest della capitale;
    fin dalla sua ascesa al potere, nel 2000, Bashar al-Assad aveva suscitato forti speranze di riforme (cosiddetta primavera di Damasco), solo alcuni mesi fa alimentate dallo stesso Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, anche se è notizia di questi giorni che la stessa si è detta, però, «scoraggiata» dalla violenza in atto in quel Paese e ha affermato che per il Governo siriano il tempo delle riforme sta scadendo e che: «Il Governo di Damasco deve avviare le riforme o sarà costretto a confrontarsi con un'opposizione più organizzata»;
    comunque, il 24 marzo 2011 al-Assad ha dovuto, sotto la spinta di proteste sempre più veementi, annunciare l'adozione di provvedimenti per aumentare gli standard di vita e per abolire, soprattutto, la legge di emergenza in vigore in Siria dal 1963;
    tali misure sono risultate insufficienti perché, con il passare del tempo, migliaia di persone hanno sempre più aderito alle proteste, apparse da subito fuori controllo, per chiedere il ripristino delle libertà civili e la fine reale dello stato di emergenza;
    la situazione in Siria, di settimana in settimana, precipita sempre più rapidamente; venerdì 20 maggio 2011, infatti, a un mese dalla revoca dello stato d'emergenza e dopo un breve periodo di relativa calma, la repressione è tornata a farsi particolarmente sanguinosa; migliaia di siriani sono intanto di nuovo tornati in piazza il 1o luglio 2011 per chiedere la caduta del regime in quasi tutte le località del Paese, compresi alcuni quartieri di Damasco e Aleppo, rimaste finora relativamente ai margini della contestazione; attraverso internet è possibile ormai vedere immagini, ancorché di scarsa qualità perché registrate clandestinamente e con il rischio reale di perdere la vita, che confermano la brutalità della repressione in atto;
    recentemente, due missioni del Comitato della Croce rossa internazionale hanno potuto recarsi in due diverse province siriane, colpite dall'offensiva militare decisa dal regime per reprimere il movimento di protesta in corso ormai da quasi quattro mesi, per visitare la regione di Dara'a e quella di Idlib, al confine con la Turchia, e per consentire al personale del Comitato della Croce rossa internazionale di valutare il tipo di assistenza necessaria;
    Amnesty International ha più volte condannato la repressione violenta da parte delle forze di sicurezza e riferito dell'uccisione e dell'arresto di decine di persone;
    secondo fonti internazionali, i morti dall'inizio della repressione da parte delle forze di sicurezza sarebbero già oltre 1300 e decine di migliaia gli arresti; altrettanti quelli in fuga verso i confini turchi per sfuggire alle violenze;
    all'aggravarsi della situazione, il regime ha tentato di correre al riparo ordinando il rilascio di 260 prigionieri politici, per lo più curdi e islamisti, e annunciando l'aumento fino al 30 per cento dei salari dei dipendenti pubblici. Il Presidente al-Assad si è anche impegnato a studiare una serie di riforme politiche, anche attraverso l'apertura a nuove formazioni politiche, ad allentare la censura sui media e a concedere più potere alle organizzazioni non governative: insomma riforme che, se effettivamente attuate, potrebbero risultare a dir poco rivoluzionarie;
    la Siria non è un Paese storicamente coeso e omogeneo, ma una società multietnica e multireligiosa, come l'Iraq e il Libano (per certi versi anche la Libia), e nessun attore internazionale o regionale (fossero gli Stati Uniti o l'Arabia Saudita e l'Iran) sembra interessato a un cambio di regime in Siria;
    le minoranze confessionali (drusi, armeni, cristiani) ed etniche (curdi) temono la futura rappresaglia di un regime incattivito perché messo alle corde ed è, quindi, comprensibile che, unitamente a tanti cittadini siriani, si trovino a preferire la «stabilità» a vere riforme, fintantoché la comunità internazionale non adotterà una corretta politica di sanzioni e di condanne nei confronti del regime;
    la comunità alawita ha davanti a sé il dilemma se arroccarsi a difesa dei clan del regime oppure schierarsi con la maggioranza degli insorti (sunniti), ma, allo stesso tempo, la violenta rimozione del regime potrebbe portare a uno scontro senza fine tra le diverse fazioni;
    l'Unione europea ha, nel mese di maggio 2011, adottato sanzioni nei confronti di alcuni esponenti del regime siriano, prevedendone il bando del visto d'ingresso all'interno dei Paesi dell'Unione europea e il relativo congelamento dei beni posseduti in territorio europeo;
    si apprende da un'agenzia stampa dell’Ansa che: «Sette scrittori di tutto il mondo hanno lanciato oggi da Parigi un appello al Consiglio di sicurezza dell'Onu affinché venga adottato “un progetto di risoluzione contro la repressione in Siria che metta fine ai massacri in quanto sarebbe tragico e moralmente inaccettabile rinunciarvi”, si legge nella lettera dei sette intellettuali firmatari: Umberto Eco, David Grossman, Bernard-Henri Levy, Amos Oz, Orhan Pamuk, Salman Rushdie e Wole Soyinka»;
    il Governo tedesco ha reso noto che intende impegnarsi per fare approvare dal Consiglio di sicurezza dell'Onu una risoluzione di condanna delle violenze in Siria entro la fine del mese di luglio 2011,

impegna il Governo:

   ad attivarsi affinché il Consiglio di sicurezza dell'Onu si pronunci nel più breve tempo possibile per fornire una chiara risposta all'inaccettabile susseguirsi di violenze e repressione in Siria attraverso l'adozione di una risoluzione di condanna;
   a farsi promotore di un deciso intervento diplomatico, di concerto con le istituzioni europee, volto a far cessare qualsiasi atto di violenza nei confronti della popolazione siriana;
   ad adottare ogni utile iniziativa, anche in occasione della stipula di eventuali accordi bilaterali di cooperazione, per favorire e sostenere scelte politiche che tengano conto delle richieste di rinnovamento e cambiamento di quanti da mesi stanno affrontando la dura repressione del regime siriano.
(1-00687)
«Leoluca Orlando, Evangelisti, Donadi, Di Stanislao, Borghesi».
(11 luglio 2011)


MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A CONTRASTARE IL FENOMENO DELLA CONTRAFFAZIONE E AD ASSICURARE IL RISPETTO DEI REQUISITI DI SICUREZZA E DI CONFORMITÀ DEI PRODOTTI ALL'ORDINAMENTO COMUNITARIO

   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno della contraffazione ha ormai assunto proporzioni mondiali, interessando tutti i settori economici, con particolare impatto sul tessuto produttivo italiano di eccellenza;
    quasi ogni giorno le cronache riportano notizie di sequestri di merci contraffatte e fabbricate in Cina, i cui materiali risultano essere estremamente nocivi per la salute dei consumatori. È questo il caso dell'ultimo sequestro avvenuto in Veneto che ha interessato 560.000 paia di occhiali da sole con marchio CE non conforme, senza filtro uva e con tracce di nichel, mentre sono diversi i casi di sequestri di prodotti cosmetici contraffatti immessi sul mercato da ambulanti cinesi;
    questi fatti recenti, così come la notizia del giugno 2011 del maxisequestro della Guardia di finanza di Padova di 700 milioni di articoli di bigiotteria contraffatti e potenzialmente pericolosi per la salute, fanno riemergere con forza la necessità di arginare la contraffazione, fenomeno contro cui la Lega Nord da anni lotta, sia nelle aule parlamentari sia fuori a fianco di cittadini ed imprenditori;
    una delle ultime interrogazioni presentate dal gruppo Lega Nord alla Camera dei deputati, sulla tutela ed autenticità del marchio CE sui prodotti destinati al mercato europeo, ha ricevuto il consenso esplicito anche da parte della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, a testimonianza di quanto il mondo dell'artigianato e della piccola impresa sia seriamente minacciato e danneggiato dalla contraffazione;
    in quel contesto è stato denunciato come diversi produttori cinesi hanno l'abitudine di copiare il marchio CE, che i produttori italiani devono apporre sui loro prodotti a dimostrazione della conformità degli stessi ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive europee, facendolo risultare in tutto identico a quello originale ad eccezione del minor spazio lasciato tra le due lettere, ad indicare la versione cinese del marchio «China Export»; quest'ultimo viene apposto sui prodotti cinesi destinati all'esportazione che non hanno eseguito alcuna prova di conformità agli standard di sicurezza europei;
    la difficoltà nella distinzione tra i due marchi rappresenta una grave distorsione delle regole della concorrenza, anche in considerazione dei prezzi estremamente inferiori dei prodotti cinesi rispetto a quelli delle nostre imprese e reca un danno sia ai consumatori, che sono erroneamente indotti a pensare di acquistare un prodotto con determinate garanzie di qualità e di sicurezza certificate, sia ai produttori, con gravi ripercussioni sull'economia del Paese e sull'occupazione;
    il Ministro per i rapporti con il Parlamento, nel rispondere alla citata interrogazione, ha sostenuto la fondatezza della questione denunciata, precisando che nella fattispecie esisterebbero due diversi livelli di illecito: non solo quando il marchio viene apposto in modo graficamente irregolare ma anche, e ancor più grave, quando lo stesso sottende l'effettiva assenza dei requisiti di sicurezza e conformità regolati dalle specifiche normative tecniche di settore. L'intervento non ha tuttavia chiarito quale strategia il Governo dovrà adottare per porre definitivamente fine all'uso del marchio contraffatto «China Export»;
    la contraffazione è un fenomeno in continua espansione e risulta tanto più grave su quei prodotti come i farmaci, gli alimenti, il tessile ed i giocattoli che, venendo a contatto con i consumatori, rischiano di danneggiare la loro salute, a partire dalla nascita di allergie fino ad arrivare ai casi di sviluppo di vere e proprie patologie;
    l'Italia è uno dei Paesi più danneggiati dal mercato del falso perché ha una struttura produttiva composta per la grande maggioranza da imprese piccole e medio-piccole che, per la loro esperienza e capacità, sono in grado di offrire sul mercato prodotti di altissima qualità ed eccellenza;
    secondo i dati forniti dal Censis, il mercato del falso nel nostro Paese ha realizzato nel corso del 2008 un «fatturato» di 7 miliardi e 107 milioni di euro. Le perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali sono state calcolate in 5 miliardi e 281 milioni di euro; sono 130 mila i posti di lavoro sottratti all'economia regolare;
    negli ultimi anni i sequestri di prodotti contraffatti hanno registrato un notevole aumento in quasi tutti i comparti, ad eccezione dell'elettronica, i cui prodotti sono ancora fortemente copiati. L'Italia, in particolare, nel recepire la direttiva 2004/108/CE con il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 194, ha esplicitamente vietato di apporre sugli apparecchi e i relativi imballaggi ed istruzioni per l'uso segni che possano indurre in errore il consumatore in relazione al significato o alla forma grafica della marcatura CE, prevedendo l'applicazione di apposite sanzioni nel caso di violazioni della norma;
    nonostante gli espliciti divieti e le sanzioni previste dal sopra citato decreto legislativo, l'utilizzo del marchio contraffatto «China Export» risulta ancora molto diffuso, come peraltro emerge dalle segnalazioni provenienti dal mondo delle imprese e dai consumatori,

impegna il Governo:

   a farsi promotore, in ambito comunitario, di iniziative volte a porre fine all'uso fraudolento del marchio CE, quale acronimo di «China Export»;
   a prevedere meccanismi di garanzia della conformità dei prodotti ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive comunitarie, a tutela delle imprese e dei consumatori;
   ad implementare i controlli sul territorio nazionale e alle dogane volti a bloccare l'ingresso di prodotti falsati che inducono in inganno i consumatori, creando un danno alle imprese e, più in generale, all'economia del Paese.
(1-00671)
«Reguzzoni, Baldelli, Lussana, Montagnoli, Luciano Dussin, Fogliato, Montagnoli, Dal Lago, Fava, Maggioni, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi, Stucchi, Mistrello Destro, Galati, Ascierto, Golfo, Cosenza».
(30 giugno 2011)

   La Camera,
   premesso che:
    la contraffazione nel nostro Paese rappresenta, secondo gli ultimi studi condotti dal Censis e le risultanze derivanti dalle indagini eseguite dalla Guardia di finanza, una vera e propria economia parallela che ogni anno fattura più di 7 miliardi di euro, con conseguenti ingentissime perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali e contributive e ben 130 mila posti di lavoro sottratti all'economia regolare;
    il fenomeno della contraffazione, inoltre, si avvale di metodi sempre più sofisticati e risulta in aumento nel nostro Paese, come del resto testimoniano i dati ufficiali più recenti con riferimento all'anno 2010 e i primi 5 mesi dell'anno 2011:
     a) nel corso del 2010 la Guardia di finanza ha sequestrato 110 milioni di prodotti contraffatti o pericolosi e sono state denunciate all'autorità giudiziaria ben 13.234 persone. Nel corso delle indagini compiute nel 2010 è stato accertato come il fenomeno della contraffazione si stia progressivamente sviluppando nell'ambito di una molteplicità di settori merceologici che vanno dai ricambi delle auto ai caschi per le motociclette, dai farmaci ai cosmetici, dagli oggetti di bigiotteria, alle figurine, dai giocattoli agli alimenti. In buona sostanza, sebbene l'alta moda, l'abbigliamento e i suoi accessori si siano confermati settori in cui la contraffazione e la falsa indicazione del made in Italy sono ancora fortemente diffusi, le operazioni condotte nel 2010 hanno evidenziato un notevole aumento dei sequestri di beni di largo consumo (+ 36 per cento) e di prodotti pericolosi per la salute (+33 per cento). Si conferma, inoltre, il coinvolgimento sempre maggiore della criminalità organizzata italiana e straniera nell'industria del falso: 341 sono le persone che sono state denunciate per associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione e 98 quelle arrestate, il 50 per cento in più rispetto al 2009;
     b) nei soli primi 5 mesi del 2011 sono state sequestrate quasi 37 milioni di merci contraffatte. Il comparto moda continua ad essere quello in cui si registrano i sequestri più ingenti (quasi 16 milioni di prodotti), anche se il settore che attualmente manifesta il più marcato trend in aumento (+35 per cento rispetto ai primi cinque mesi del 2010) è quello dei beni di largo consumo, tra cui emergono i sequestri di cosmetici contraffatti o insicuri, aumentati di sei volte rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno;
    la contraffazione di alcuni prodotti, in particolare, come quelli farmaceutici, gli alimentari, i giocattoli o le parti di veicoli, rappresenta un pericolo immediato per i consumatori, minacciandone la salute e la sicurezza. In materia di contraffazione di farmaci si segnala, in particolare, l'allarme lanciato il 25 marzo 2011 dall'Adiconsum (Associazione difesa consumatori e ambiente) che ha pubblicato un'indagine dalla quale emerge che ogni anno in Europa 200.000 persone muoiono di malaria perché curati con farmaci contraffatti, mentre 50.000 bambini perdono la vita dopo aver ricevuto una vaccinazione antimeningite rivelatasi in seguito contraffatta;
    l'Italia, inoltre, è uno dei Paesi a maggiore rischio di perdita di competitività a causa dello sviluppo del mercato del falso, sia perché caratterizzata da un tessuto produttivo composto in gran parte da piccole e medie imprese che sovente riscontrano enormi difficoltà nel contrastare adeguatamente il fenomeno, sia perché l'Italia vanta una significativa quota di produzione e di export nel settore dei beni di lusso che corrisponde a uno di quei settori maggiormente esposti alla concorrenza sleale dei prodotti contraffatti;
    alla base dello sviluppo dell'industria della contraffazione concorrono vari fattori tra i quali si annovera, in particolare, la globalizzazione del mercato che ha spostato le produzioni nei Paesi asiatici e in quelli dell'est europeo, dove il costo della manodopera è molto più esiguo che in Italia. La produzione mondiale di merci contraffatte proviene, infatti, per il 70 per cento dal sud-est asiatico (soprattutto Cina, ma anche Thailandia, Taiwan e Corea) e la relativa destinazione interessa per il 60 per cento l'Unione europea;
    la produzione di merci contraffatte in Italia si concentra per il 69 per cento nelle regioni del Sud ed interessa, in particolare, la regione Campania (cd, dvd, abbigliamento) che guida con largo margine la classifica con quasi la metà dei prodotti sequestrati su tutto il territorio nazionale. Alla Campania seguono la regione Lombardia nei settori della componentistica elettronica e dei profumi, il Veneto specie nei settori degli occhiali e delle calzature, le Marche, la Toscana (in particolare, Prato nel settore della pelletteria) e la Puglia;
    secondo quanto emerge dalla recentissima indagine «Le caratteristiche della criminalità organizzata cinese in Italia», presentata in data 18 maggio 2011 dall'Osservatorio socio-economico sulla criminalità del Cnel, la contraffazione di prodotti costituisce il principale business delle organizzazioni criminali cinesi in Italia e Roma rappresenta il principale centro di smistamento e stoccaggio di questa merce che, in numerosissimi casi, reca il marchio contraffatto CE, quale acronimo di «China Export» in violazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 194, di recepimento della direttiva 2004/108/CE che vietano l'utilizzazione di segni che possano indurre in errore il consumatore in relazione al significato o alla forma grafica della marcatura CE che, come noto significa «Conformité Européenne» ed indica che il prodotto che lo porta è conforme ai requisiti essenziali previsti da direttive in materia di sicurezza, sanità pubblica e tutela del consumatore;
    il fenomeno della contraffazione si presenta come un insieme complesso di violazioni a leggi, norme, regolamenti e vincoli contrattuali che regolano i diritti di proprietà intellettuale e di sfruttamento commerciale di prodotti di ogni genere ed è caratterizzato dalla presenza in Italia di due realtà particolarmente massicce: a) le merci contraffatte, ovvero le merci che recano illecitamente un marchio identico ad un marchio registrato; b) le merci usurpative, cioè quelle merci che costituiscono riproduzioni illecite di prodotti coperti da copyright;
    attorno a queste due tipologie predominanti, esiste un'ulteriore realtà di vari fenomeni illeciti, o al limite del lecito, che costituiscono un habitat favorevole alla contraffazione, alla pirateria e a ogni altra attività criminale ad esse connessa. Fra questi si menzionano: a) le sovrapproduzioni illegittime approntate da licenziatari di produzione infedeli e da questi smerciate, con o senza il marchio originale, ma comunque in violazione del contratto di licenza; b) le produzioni destinate contrattualmente a specifiche aree geografiche, ma dirottate da licenziatari commerciali infedeli fuori dalle zone di loro pertinenza; c) la produzione di prodotti che, senza violare direttamente marchi o modelli, ne imitano in maniera tendenziosa e confusiva l'aspetto;
    i disastri prodotti dalla contraffazione si configurano come l'esatto opposto dei benefici prodotti dalla sana concorrenza, in cui i produttori competono l'uno contro l'altro per il favore del consumatore sulla base della qualità e del prezzo. Lo scopo del contraffattore è invece quello di realizzare guadagni attraverso l'inganno, assumendo fraudolentemente l'identità di un produttore famoso e affidabile, in modo da evitare gli investimenti necessari per creare prodotti autenticamente di buona qualità. Il contraffattore non ha, quindi, nessun interesse ad investire nella buona qualità dei materiali impiegati, nei sistemi di controllo della qualità degli oggetti prodotti, nella ricerca e sviluppo volta alla continua innovazione e, infine, nello sviluppo di tecniche di comunicazione e vendita volte a proporre i propri prodotti;
    la contraffazione che, nell'immaginario collettivo continua ad essere considerata un trascurabile fenomeno di «microcriminalità» più folcloristica che preoccupante, presenta invece le caratteristiche di un vero e proprio cancro che aggredisce progressivamente la società in tutto il suo insieme;
    nella seduta del 13 luglio 2010 la Camera dei deputati ha approvato il testo unificato doc. XXII, n. 12-16-A, che istituisce una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale;
    durante l'audizione svoltasi il 16 febbraio 2011 del comandante generale della Guardia di finanza, generale di corpo d'armata Nino Di Paolo, è emersa con tutta evidenza l'esigenza di intervenire nella lotta alla contraffazione anche e soprattutto attraverso un cambiamento della cultura e della percezione da parte del consumatore, facendo conoscere il valore, non solo culturale ma anche tecnico della merce che si acquista. Il consumatore, in buona sostanza, deve percepire che attingere all'offerta illecita non è un affare, non soltanto in termini di pericolosità ma anche in termini economici;
    durante l'audizione dei rappresentanti di Confindustria del 16 marzo 2011 è stata altresì evidenziata l'esigenza di arricchire la legislazione attualmente vigente sulla contraffazione con normative più precise in materia di commercio elettronico a livello internazionale;
    durante l'audizione del sottocapo di Stato maggiore del comando generale dell'Arma dei carabinieri, generale di divisione Antonio Ricciardi, svoltasi recentissimamente, ovvero il 22 giugno 2011, nell'analizzare nello specifico gli aspetti relativi alla lotta all'agropirateria, è stato sottolineato come, per quanto concerne gli aspetti relativi alle problematiche legate all’italian sounding, ovvero l'evocazione in etichetta dei prodotti tipici italiani, che penalizza gravemente le produzioni agroalimentari nazionali, si registri una carenza di strumenti di tutela a livello internazionale per la mancanza di una normativa che renda obbligatoria l'indicazione in etichetta della vera origine del prodotto agroalimentare,

impegna il Governo:

   ad adottare con urgenza ogni iniziativa di competenza, anche presso le competenti sedi europee, volta ad arginare il dirompente fenomeno della contraffazione che minaccia i consumatori e le imprese del nostro Paese, sollecitando gli Stati membri dell'Unione europea ad attuare un efficace e continuo monitoraggio in tempo reale delle importazioni extracomunitarie provenienti in particolare dal sud-est asiatico, e segnatamente dalla Cina, così da garantire la piena attuazione dei divieti e delle correlative sanzioni previste dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n.194, di recepimento della direttiva 2004/108/CE;
   ad assumere ogni iniziativa, anche normativa, volta a potenziare il controllo della diffusione delle merci contraffatte su siti di compravendita on line, come e-Bay, promuovendo al contempo le opportune iniziative affinché l'Unione europea - oltre al nostro Paese – si faccia carico di portare avanti dei regolamenti a livello di Wto (World trade organization – Organizzazione mondiale del commercio) nell'ottica di riordinare l'intera normativa in materia;
   a rafforzare ulteriormente le politiche di tutela e di controllo della qualità dei prodotti agricoli e di contrasto alla contraffazione ed all’«agropirateria» sui mercati interni ed esteri;
   ad adottare le opportune iniziative tese ad avviare specifiche campagne informative nelle scuole di istruzione primaria e secondaria sulla gravità del fenomeno della contraffazione, rafforzando al contempo gli strumenti di sensibilizzazione dei consumatori italiani utilizzati sino ad oggi dalle istituzioni pubbliche;
   a valutare l'opportunità di adottare ogni atto di competenza volto a dotare le dogane italiane di strumenti tecnologici adeguati al controllo qualitativo delle merci, al fine di individuare la presenza di sostanze vietate per legge e pericolose per la salute pubblica;
   ad individuare specifici indirizzi per sostenere il made in Italy e per promuovere l'immagine dell'Italia all'estero, anche attraverso l'implementazione di strumenti efficaci a contrastare gli abusi di mercato e la contraffazione a garanzia delle imprese e a tutela dei consumatori, valutando altresì l'opportunità di incrementare le risorse finanziarie attualmente previste dalla decisione di bilancio 2011 per sostenere la lotta alla contraffazione pari a soli 0,9 milioni di euro (tab.3, missione 1, competitività e sviluppo delle imprese (11), programma 1.1. cap. 2385).
(1-00684)
«Cimadoro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cambursano, Di Pietro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».
(7 luglio 2011)

   La Camera,
   premesso che:
    la contraffazione è un fenomeno che in Italia ha raggiunto livelli insostenibili e che interessa praticamente tutte le tipologie di prodotti e non c’è un settore produttivo che non sia interessato dal fenomeno;
    la vastità e la portata delle contraffazioni deve portare lo Stato ad attuare efficaci azioni anticontraffazione che devono basarsi sulla conoscenza e sulla quantificazione del fenomeno tenendo, altresì, conto degli effetti discorsivi della contraffazione sia in riferimento ai settori produttivi che a quelli dell'occupazione, dei consumi, delle entrate fiscali, dei flussi commerciali e, non ultimi, quelli relativi agli investimenti;
    ormai la contraffazione è diventata una linea di attività e interesse della criminalità organizzata che vede in essa la possibilità di ricavare enormi introiti tanto che si renderebbe necessario anche il monitoraggio continuativo, con particolare attenzione per il coinvolgimento della criminalità organizzata italiana e internazionale nel commercio e produzione di prodotti contraffatti, con una particolare attenzione nei riguardi delle direttrici in entrata e in uscita dei prodotti contraffatti gestiti dalla criminalità organizzata;
    il Governo Berlusconi ha dato un grande impulso al contrasto alla contraffazione con l'approvazione della legge n. 99 del 2009 (cosiddetta legge sviluppo) che reca il pacchetto contraffazione. In tale contesto sono state previste misure relative alla protezione dei diritti di proprietà intellettuale e dei prodotti made in Italy e con la stessa legge è stato istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Consiglio nazionale anticontraffazione con le funzioni di indirizzo, impulso e coordinamento di tutte le amministrazioni centrali e locali che si occupano di lotta alla contraffazione;
    nel triennio 2008-2010 il rapporto Iperico sulla contraffazione affermava che si erano operati 56.055 sequestri, per un totale di oltre 174 milioni di articoli contraffatti;
    nel citato rapporto si riferisce che sempre nel triennio 2008-2010 il maggior numero di sequestri si è verificato nel Lazio con 12.158 operazioni pari al 22 per cento del totale dei sequestri effettuati a livello nazionale, a seguire la Lombardia, 8.664 sequestri, il 15 per cento del totale, la Campania, 6.760 sequestri pari al 12,1 per cento, la Puglia con 5.358 sequestri il 9,6 per cento;
    le prime quattro regioni raggiungono complessivamente il 60 per cento delle azioni di sequestro realizzate dalla Guardia di finanza e dall'Agenzia delle dogane;
    il 72 per cento dei sequestri riguardano le categorie merceologiche degli accessori, dell'abbigliamento e delle calzature;
    analoga attenzione va rivolta alla contraffazione degli stessi marchi e non solo dei prodotti in quanto tali,

impegna il Governo:

   a dare ulteriore impulso al contrasto della contraffazione dei prodotti e dei marchi, con particolare attenzione alle forme di contraffazione del marchio CE;
   a concordare a livello europeo un'azione di contrasto efficace della contraffazione dei prodotti e dei marchi, in particolare quello CE, nonché un'azione coordinata e continuativa di monitoraggio e contrasto dei prodotti contraffatti gestiti dalla criminalità organizzata e sulle direttrici in entrata e in uscita dall'Italia e nel resto dei Paesi aderenti all'Unione europea;
   a garantire, anche attraverso l'assunzione di ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, l'aumento di efficacia dei controlli dei prodotti, ai fini della sicurezza e tutela dei consumatori e dei produttori;
   ad inviare rapporti annuali al Parlamento che contengano i dati relativi alle azioni di contrasto delle contraffazioni, sulle direttrici in entrata e in uscita dall'Italia dei prodotti contraffatti.
(1-00688)
«Moffa, Belcastro, Calearo Ciman, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Iannaccone, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Nola, Orsini, Mario Pepe (Misto), Pionati, Pisacane, Porfidia, Razzi, Ruvolo, Sardelli, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei».
(11 luglio 2011)

   La Camera,
   premesso che:
    nel corso degli ultimi anni si è registrata una crescita costante del fenomeno della contraffazione e della violazione dei diritti di proprietà intellettuale che sta minacciando il sistema industriale italiano, la cui capacità competitiva è basata, soprattutto, sulla qualità della produzione;
    i danni prodotti da questo fenomeno risultano ancor più preoccupanti in un momento congiunturale di crisi economica generalizzata come quello attuale;
    oltre ad essere uno degli Stati dell'Unione europea maggiormente colpito da questo fenomeno, a causa della struttura del sistema-Paese, composta per la maggioranza di imprese piccole e medio-piccole che hanno difficoltà ad attrezzarsi per contrastare il fenomeno, l'Italia è uno dei Paesi che ha più da perdere in competitività per effetto del diffondersi del fenomeno;
    secondo le stime dell'Organizzazione mondiale del commercio, i beni contraffatti ammontano all'8 per cento del commercio mondiale, mentre l'Ocse quantificava nel 2007 in 200 miliardi di dollari il giro d'affari complessivo della contraffazione. Il valore del mercato domestico del falso in Italia si aggirava sui 7 miliardi di euro nel 2008, senza considerare la quota di merci contraffatte che partono dal nostro Paese e senza contare la perdita di gettito fiscale per le casse dello Stato determinate dal fenomeno contraffattivo;
    il fenomeno non sembra manifestare flessioni nonostante l'incessante attività di contrasto da parte dei nuclei specializzati delle forze dell'ordine, che hanno portato a continui ed ingenti sequestri di merce contraffatta (l'ultimo, di 13.000 pezzi in tre fabbriche abusive che producevano calzature, risale al 6 luglio 2011);
    è superfluo considerare che le attività legate alla contraffazione costituiscono per la criminalità organizzata una fonte di reddito proficua a fronte di rischi penali molto bassi;
    un altro elemento che caratterizza il fenomeno allo stato attuale è la sua diffusione attraverso internet, che consente, grazie ad un anonimato dell'offerta di fatto, di riproporre la medesima offerta di prodotti contraffatti, servendosi di una diversa identità e/o di un diverso fornitore di accesso;
    la tipologia della merce contraffatta ha subito negli anni un'evoluzione, passando dal settore tessile, abbigliamento e pelletteria (soprattutto delle grandi firme della moda italiana) a prodotti di uso comune (apparecchi sanitari, ricambi auto, giocattoli ed altro), fino a toccare gli alimenti ed i farmaci, con gravi conseguenze sulla sicurezza e sulla salute del cittadino consumatore;
    in particolare, per i consumatori, i casi di disturbi ed incidenti causati da prodotti contraffatti hanno riguardato l'uso di farmaci, alcolici, integratori alimentari e i beni di uso quotidiano (in particolare, giocattoli, calzature e abbigliamento);
    secondo una stima della Cia-Confederazione italiana agricoltori, l'agropirateria internazionale nei confronti dell'agroalimentare made in Italy ha raggiunto un giro di affari pari a circa 60 miliardi di euro. In Italia si realizza più del 21 per cento dei prodotti a denominazione d'origine registrati a livello comunitario. A questi vanno aggiunti gli oltre 400 vini doc, docg e igt e gli oltre 4.000 prodotti tradizionali censiti dalle regioni e inseriti nell'albo nazionale. Una lunghissima lista di prodotti che ogni giorno, però, rischia di essere contraffatto, imitato o sofisticato;
    i danni derivanti da tale situazione sono, purtroppo, destinati a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera difesa dei nostri dop, igp e stg, che comprendono formaggi, oli d'oliva, salumi, prosciutti e ortofrutticoli. La tutela dei prodotti a denominazione di origine non esiste ancora fuori dal territorio dell'Unione europea ed è, quindi, interesse prioritario del nostro Paese e dell'Unione europea riuscire ad ottenere il mutuo riconoscimento a livello internazionale delle denominazioni;
    nonostante l'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2009/105/CE stabilisce che: «È vietato apporre sui recipienti (o sulla targhetta) marcature che possano indurre in errore i terzi circa il significato ed il simbolo grafico della marcatura CE (...)», l'articolo 11, paragrafo 3, della direttiva n. 88/378/CEE recita: «È vietato apporre sui giocattoli marcature che possano indurre in errore i terzi circa il significato ed il simbolo grafico della marcatura CE», l'articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 89/106/CEE dispone: «Gli Stati membri adottano le misure necessarie a vietare che si appongano sui prodotti o sui relativi imballaggi marcature che possano indurre in errore i terzi circa il significato ed il simbolo grafico della marcatura CE», gli Stati membri in realtà non sembrano in grado di vietare l'immissione sul loro mercato, e quindi su quello europeo, di prodotti provenienti da Paesi non membri dell'Unione europea e già marchiati;
    infatti, sempre più numerosi sono i produttori cinesi che copiano il marchio CE, di conformità alle direttive europee, apposto sui prodotti provenienti dai Paesi membri dell'Unione europea, attraverso una loro versione corrispondente al marchio China Exportation, eludendo, quindi, tutte le prove di conformità agli standard di sicurezza europei ed inondando i nostri mercati di prodotti di dubbia efficacia, sicurezza e qualità,

impegna il Governo:

   a considerare la lotta alla contraffazione una priorità europea, oltre che nazionale, e a promuovere forme di coordinamento più stringenti a livello di Unione europea;
   a sollecitare le istituzioni europee affinché si adoperino fattivamente presso le massime istituzioni cinesi perché cessi l'uso fraudolento del marchio CE quale acronimo della sigla China Exportation;
   a predisporre una massiccia campagna pubblica di informazione e sensibilizzazione anche attraverso accordi con istituti scolastici medi e superiori, università e centri di ricerca, Agenzia delle dogane, Guardia di finanza e Poligrafico dello Stato, per l'inserzione nei programmi didattici di momenti formativi specificamente dedicati alla materia;
   ad assumere iniziative, anche normative, dirette a contrastare la contraffazione via internet, sia a livello nazionale sia a livello europeo;
   a favorire, con accordi bilaterali con Paesi non membri dell'Unione europea, la cooperazione amministrativa per la lotta alla fonte del fenomeno nei Paesi di origine.
(1-00689)
«Anna Teresa Formisano, Della Vedova, Lanzillotta, Lo Monte, Galletti, Ruggeri, Pezzotta, Delfino, Ciccanti, Compagnon, Naro, Volontè, Raisi, Mosella, Pisicchio, Tabacci, Vernetti, Commercio, Latteri, Lombardo».
(11 luglio 2011)

   La Camera,
   premesso che:
    la globalizzazione dei mercati ha portato con sé la globalizzazione della contraffazione: l'Ocse stima che siano 149 i Paesi d'origine di prodotti contraffatti, 27 dei quali della stessa area Ocse, quindi altamente industrializzati, mentre cinque Paesi sono indicati come fonte principale da cui deriva l'80 per cento delle merci contraffatte, tra cui Cina, Hong Kong e Thailandia;
    i prodotti contraffatti riguardano tutti i settori: dalla pelletteria ai cosmetici, all'abbigliamento, ai giocattoli, ai beni destinati all'infanzia, all'informatica, ai medicinali, agli alimenti, fino alla pirateria audiovisiva; il fenomeno investe la maggior parte dei beni di consumo;
    le aziende italiane interessate all’italian style e colpite dalla contraffazione dei propri prodotti sono sottoposte non solo al danno della concorrenza sleale, ma anche alle spese derivanti dal contenzioso e dal contrasto del fenomeno;
    è grave la distorsione del mercato del lavoro: le ditte regolari che occupano manodopera regolare si vedono surclassate da attività che utilizzano il lavoro nero, quindi, molto più competitive;
    la contraffazione è, pertanto, un fenomeno di dimensioni amplissime, che non è stato affatto toccato dalla crisi e che continua ad operare tranquillamente, inducendo, anzi, un peggioramento della crisi nei Paesi manifatturieri, come l'Italia, che del valore qualitativo dei propri prodotti ha fatto un marchio Paese;
    l'entità di questo mercato, nel nostro Paese, sta erodendo spazi di legalità e provocando danni consistenti al sistema economico e sociale;
    si tratta di un fenomeno trasversale: la contraffazione è intimamente connessa con l'evasione fiscale e contributiva, con lo sfruttamento del lavoro nero, con il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, con il riciclaggio e il reimpiego di proventi illeciti, posti in essere da organizzazioni strettamente legate agli ambienti della criminalità organizzata;
    i prodotti soggetti a contraffazione non sono più soltanto beni di lusso di costo elevato, ma le più svariate merci di uso comune; la situazione economica, infatti, ha dato impulso alla domanda di prodotti a basso costo per far fronte alle difficoltà legate alla recessione;
    il mercato del falso finisce per diventare più appetibile, proponendo ai consumatori prodotti dalle caratteristiche simili a quelle ufficiali ma a prezzi più bassi, cioè alla portata di molte famiglie in crisi di liquidità;
    la contraffazione in Italia alimenta un giro d'affari di quasi 10 miliardi di euro l'anno e la regione Campania, con circa la metà dei prodotti sequestrati su tutto il territorio nazionale, guida con largo margine la classifica delle regioni produttrici di beni contraffatti, mentre tra le regioni più colpite si annoverano Piemonte, Calabria, Toscana e Marche;
    tuttavia, una parte molto grande della contraffazione segue rotte internazionali e attraversa le Alpi – soprattutto le merci dirette lungo la dorsale adriatica – sbarcando preferibilmente ad Amburgo, a Rotterdam e altrove;
    uno dei maggiori problemi che l'Italia è chiamata ad affrontare in tema di contraffazione è rappresentato dal cosiddetto Italian sounding, ossia la diffusione all'estero di prodotti che presentano nomi, loghi, colori o slogan riconducibili all'Italia;
    nella seduta del 13 luglio 2010 la Camera dei deputati ha approvato il testo unificato Doc. XXII, n. 12-16-A, che ha istituito una Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale. La deliberazione di inchiesta parlamentare è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 20 luglio 2010;
    la Commissione ha svolto numerose audizioni che hanno impegnato i rappresentanti delle principali istituzioni che si occupano di contraffazione, oltre ai rappresentanti di associazioni di categoria, esperti e giornalisti;
    dalle audizioni svolte nella sede della Commissione si deducono i seguenti dati:
     a) il giro di affari dell'industria del falso è stimato fra il 2 e il 7 per cento dell'intero commercio mondiale. I dati del Censis, per quanto riguarda il nostro Paese, indicano che il mancato gettito è di 5 miliardi di euro, pari al 2,5 per cento del totale delle entrate tributarie;
     b) l'industria del falso ha registrato negli ultimi anni una crescita di dimensioni esponenziali: secondo dati della Guardia di finanza, si è passati da 34 milioni di beni sequestrati nel 2003 ad oltre 110 milioni nel 2010;
     c) i settori dell'alta moda, dell'abbigliamento e degli accessori si confermano i settori in cui la contraffazione e il falso del made in Italy sono sempre fortemente diffusi; nel 2010 i sequestri dei beni di consumo in Italia sono aumentati del 36 per cento rispetto al 2009 e tra questi spiccano i cosmetici, la bigiotteria, i ricambi per auto, gli accessori, la meccanica di precisione, nonché l'utensileria domestica;
     d) negli ultimi tre anni si è, altresì, registrata una crescita dei prodotti pericolosi per la salute degli acquirenti e per la sicurezza pubblica, soprattutto giocattoli, prodotti per l'infanzia, prodotti per la pulizia della casa o medicinali; per questi settori i beni sottoposti a sequestro sono più che quadruplicati, da 9 milioni di pezzi ritirati nel 2008, ad oltre 40 milioni nel 2010;
     e) per i prodotti alimentari gli ultimi dati, aggiornati al marzo 2010 da Federalimentare, descrivono un fenomeno che vale circa 60 miliardi di euro in termini di export, di cui 24 miliardi diretti al solo mercato nordamericano, 26 a quello europeo e oltre 10 agli altri mercati;
     f) nel campo della contraffazione è sempre più forte l'ingerenza della criminalità organizzata, sia endogena sia straniera; il 47 per cento, quasi la metà dei soggetti segnalati per contraffazione all'autorità giudiziaria, e italiano;
     g) per quanto riguarda gli stranieri, il 40 per cento è formato da extracomunitari; di questi, il 16-17 per cento è senegalese, l'11 per cento cinese, mentre i cittadini comunitari che si dedicano alla contraffazione costituiscono il 7-8 per cento, dato che, tuttavia, è salito al 16 per cento nel primo semestre del 2010, dando luogo a un nuovo fenomeno di espansione del trend, dovuto sia all'allargamento delle frontiere che alla crisi economica;
     h) secondo l'ultimo rapporto della Commissione europea, il 64 per cento della produzione di merci contraffatte riguarda articoli che provengono dalla Cina, mentre nel bacino del Mediterraneo la fonte principale dei traffici è localizzata nell'area orientale;
     i) l'89 per cento dei sequestri effettuati dalla Guardia di finanza sono stati eseguiti al di fuori degli spazi doganali; sempre più importante e pericoloso è il ricorso a internet, nuova frontiera della contraffazione e della pirateria; la Guardia di finanza ha sequestrato negli ultimi tre anni 42 siti web e oscurato, per la prima volta in Europa, un sito allocato sulla piattaforma estera in Svezia;
     l) nel campo dei medicinali, se nella vendita al minuto in Italia la contraffazione è irrisoria, si calcola che circa il 50 per cento dei prodotti farmaceutici venduti via internet, soprattutto i surrogati, siano oggetto di contraffazione;
    le audizioni svolte dalla Commissione hanno, altresì, messo in luce il ruolo della criminalità organizzata, che va orientando le sue scelte verso questa forma di investimento, ed in particolare:
     a) gli affari della criminalità organizzata nella contraffazione sono agevolati dalla crisi degli ultimi anni che spinge le fasce più deboli della popolazione a surrogare, mediante prodotti contraffatti, gli acquisti che non potrebbero permettersi;
     b) la lotta alla contraffazione è particolarmente difficile proprio a causa della complicità delle vittime: da una larga fascia di popolazione questo fenomeno non viene percepito come un problema criminale di grande rilevanza;
     c) il maggiore allarme sociale è destato dalle attività svolte dai cinesi; il grosso della produzione contraffatta, completa o di parti assemblate nel nostro Paese, avviene, infatti, in Cina, dove il costo del lavoro è minimo rispetto a quello italiano, l'utilizzazione degli impianti è molto superiore a quella italiana, le aziende sono molto più grandi, i costi dell'energia elettrica risultano essere del 30 per cento più bassi rispetto all'Italia, il cambio è favorevole ai prodotti cinesi. In Cina non esistono o sono irrisorie le tutele ambientali e sociali; i cinesi, infine, costruiscono e producono utilizzando un know how senza costi, acquisito quasi sempre per imitazione;
     d) i cinesi in Italia sono concentrati in Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia, Veneto e Lombardia e per primi hanno trovato forme di connivenza con la criminalità organizzata, in particolare la camorra, per estendere le proprie attività illecite;
     e) tale sistema di criminalità organizzata agevola l'immigrazione clandestina e lo sfruttamento, dando impulso alla tratta degli esseri umani;
    dal punto di vista economico è finita l'illusione che una globalizzazione deregolamentata sia in grado di sviluppare automaticamente benessere e deve, quindi, esser posto in tutte le sedi internazionali il tema dell'avvio di un nuovo ordine economico mondiale;
    deve essere definita una nuova governance che coinvolga varie filiere, tra loro interrelate: meccanismi aggiornati di vigilanza sui mercati finanziari per garantirne la stabilità ed una efficienza duratura; la tutela della proprietà intellettuale e la lotta alla contraffazione; l'esigenza di conseguire nuove regole commerciali nei vari settori primario, secondario e terziario, a beneficio dei Paesi avanzati, dei Paesi emergenti e dei Paesi che sono ancora oggi fuori dai circuiti economici internazionali;
    l'Europa sta prendendo lentamente consapevolezza del problema che attualmente è condiviso soltanto dai Paesi membri le cui economie si reggono sul manifatturiero: in una comunicazione del 22 novembre 2010 della Commissione europea inviata al Parlamento e al Consiglio si sottolinea l'importanza nell'economia del fenomeno di penetrazione attraverso la contraffazione e la pirateria;
    senza un coordinamento europeo ed internazionale, infatti, si determina da parte delle organizzazioni criminali la possibilità di investire nei Paesi dove è maggiore la possibilità di proteggere al meglio i propri traffici e proventi illeciti;
    il mercato dell'illegalità si nutre della mancanza di regole nell'organizzazione del commercio mondiale, essendo quelle esistenti del tutto irrilevanti, a partire dall'ambito della proprietà intellettuale;
    il consumatore deve essere posto in grado di riconoscere la qualità dei prodotti acquistati attraverso un sistema di tracciabilità a livello internazionale, europeo e nazionale, anche per evitare lo sviluppo di una zona grigia tra mercato legale e illegale, che sempre più si sta estendendo e che rischia di divenire essa stessa «il mercato»;
    i vettori fondamentali della contraffazione sono le navi feeder, che attraccano prevalentemente presso i terminal e non solo; esse sono in mano a sei-sette compagnie, cinque delle quali sono di Hong Kong, Shanghai o Taiwan;
    di fronte alle modifica profonda delle regole e dei comportamenti, pochi piccoli aggiustamenti legislativi non potranno fare argine alla marea montante della contraffazione; l'asticella del livello di contrasto va alzata e sempre più forte deve diventare l'interrelazione, dal punto di vista istituzionale, tra Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, Direzione investigativa antimafia, Direzione nazionale antimafia, Guardia di finanza e Agenzia delle dogane;
    la Direzione investigativa antimafia, nel 2010, ha trattato oltre 30.000 operazioni finanziarie sospette; la legge prevede che le banche, le società di intermediazione mobiliare, i notai siano tenuti a segnalare un'operazione finanziaria sospetta, ma la linea di confine tra necessità di riservatezza e legalità rimane incerta e bisogna, dunque, operare anche sul piano legislativo affinché gli obblighi degli istituti di credito e di altri soggetti analoghi siano più stringenti;
    la tracciabilità dei prodotti è il vero punto di forza di una guerra preventiva alla contraffazione ed è l'unico modo per contrastare facili arricchimenti, tali da tentare la criminalità organizzata, che sempre si attiva laddove a ingenti capitali da investire fanno riscontro facili guadagni,

impegna il Governo:

   a sostenere con risorse adeguate le aziende e i distretti che operano nel made in Italy, dotando le dogane italiane di strumenti tecnologici adeguati al controllo qualitativo delle merci e le forze di polizia di personale e strumenti adeguati al contrasto della vendita di prodotti contraffatti via internet;
   ad adottare con urgenza ogni iniziativa, presso le competenti sedi europee, volta a conseguire:
    a) azioni preventive comuni fondate sulla tracciabilità dei prodotti, tali da contrastare forme potenziali di contiguità o di sovrapposizione tra mercato legale e mercato illegale;
    b) una nuova dimensione della lotta alla contraffazione, che coniughi il contrasto effettuato attraverso il controllo del territorio e dei confini europei con il problema dei traffici illeciti e dei luoghi ove in Europa si ricevono le merci;
    c) l'armonizzazione della normativa comunitaria in tema di sequestri preventivi e di contraffazione in generale, fino a giungere ad attività di «euroconfisca», ovvero al reciproco riconoscimento delle decisioni relative a confische e sequestri patrimoniali in tutti i Paesi membri dell'Unione europea;
   a rendere più stringenti gli obblighi degli istituti di credito, delle società finanziarie, dei professionisti riguardo alla segnalazione di operazioni sospette;
   ad effettuare campagne pubbliche d'informazione per invitare i consumatori a comportamenti etici nei confronti dell'economia legale.
(1-00696)
«Lulli, Sanga, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino, De Micheli, Merloni, Sani, Zucchi, Marco Carra».
(19 luglio 2011)


MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE AI DANNI CAUSATI DALL'ECCEZIONALE ONDATA DI MALTEMPO CHE HA COLPITO LE MARCHE NEL MESE DI MARZO 2011

   La Camera,
   premesso che:
    gli eccezionali eventi del maltempo, che hanno colpito l'intero territorio marchigiano, hanno provocato vittime e danni ingentissimi alle strutture civili stimati in 462 milioni di euro, senza considerare quelli all'agricoltura che sono in corso di definizione in quanto rientranti nelle «calamità naturali», ma che si prevede raddoppino la stima;
    secondo quanto riportato dalle fonti di stampa, la direttiva concernente gli indirizzi applicativi della Presidenza del Consiglio dei ministri relativi al cosiddetto «milleproroghe», ovvero all'attuazione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, prevede che le regioni colpite da calamità avranno l'obbligo (non quindi la facoltà) di reperire i fondi necessari per gli interventi di emergenza e ricostruzione, attraverso una rigida sequenza di misure fiscali, ricadenti tutte sulla stessa comunità regionale;
    in particolare, è posto a carico della regione l'onere:
     a) di reperire le risorse all'interno del proprio bilancio;
     b) qualora il bilancio non sia sufficiente, di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali e delle aliquote fino al limite massimo consentito;
     c) qualora le risorse al punto b) non siano sufficienti, di elevare ulteriormente l'imposta regionale sulla benzina sino ad un massimo di 5 centesimi per litro in più rispetto al massimo consentito;
    per quanto riguarda il punto a) delle misure previste nella direttiva, è evidente l'impossibilità di reperire risorse all'interno del bilancio regionale in conseguenza dei tagli sui trasferimenti da parte dello Stato operati dal decreto-legge n. 78 del 2010, stimati in 179 milioni di euro rispetto ai 220 milioni di euro erogati nel 2009;
    per quanto riguarda l'Irap, si evidenzia che l'aliquota è già elevata al 4,73 per cento; a fronte della misura massima prevista del 4,82 per cento, un ulteriore innalzamento dell'aliquota graverebbe in modo insostenibile sulle imprese marchigiane già sofferenti per la crisi economica e duramente danneggiate dagli eventi alluvionali;
    per quanto concerne l'addizionale regionale all'Irpef, la regione Marche ha già utilizzato la leva fiscale per i redditi medio alti, per cui un innalzamento dell'aliquota al limite massimo consentito dell'1,4 per cento peserebbe in grandissima parte sui redditi dei ceti sociali meno abbienti;
    dalle notizie diffuse dagli organi di stampa emergerebbe che, secondo la direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri, solo dopo che saranno attuate dalla regione tutte queste misure, sarà possibile attivare il Fondo nazionale di protezione civile;
    tale criterio non è condivisibile in quanto impone alla regione di adottare obbligatoriamente tutte le misure sopra citate per poter accedere al Fondo nazionale di protezione civile;
    tale impostazione, se confermata, risulterebbe profondamente ingiusta verso comunità duramente colpite da eventi calamitosi, in quanto farebbe venire meno principi di solidarietà, comune responsabilità ed equità di trattamento;
    l'interpretazione del decreto-legge n. 225 del 2010, come definita dalla direttiva del Consiglio dei ministri, evidenzia profili di dubbia legittimità costituzionale;
    è interesse preminente della regione rispondere con immediatezza alle esigenze delle popolazioni colpite, rimborsando prioritariamente alle amministrazioni locali le spese di somma urgenza sostenute nella fase di prima emergenza e intervenendo a favore delle aziende per consentire l'immediata ripresa delle attività produttive;
    con risoluzione unitaria del consiglio regionale delle Marche del 22 marzo 2011, il governo della regione Marche è stato impegnato:
     a) a ricercare e a concertare nella Conferenza Stato-regioni un'azione unitaria e solidale, nei confronti della regione Marche e delle regioni colpite dal maltempo come Abruzzo e Basilicata, per una richiesta articolata e motivata al Governo affinché vi sia un intervento di totale sostegno economico e finanziario;
     b) ad assumere tutte le iniziative opportune e necessarie affinché il Governo:
      1) escluda dal patto di stabilità le spese causate dai fenomeni alluvionali riguardanti la messa a norma degli edifici pubblici, con particolare riguardo alle scuole, e gli interventi di messa in sicurezza della viabilità e della tutela del territorio necessari a seguito degli eventi calamitosi;
      2) renda possibile effettuare i pagamenti relativi alle opere realizzate e finanziate da altri enti,

impegna il Governo

a rivedere l'applicazione della disposizione recata dal decreto-legge n. 225 del 2010 (così come sollecitano anche tutte le istituzioni locali, le categorie economiche e le forze sociali) affinché vengano rese subito disponibili le risorse necessarie sia per gli interventi emergenziali, sia per quelli destinati a consentire la prosecuzione delle attività da parte delle aziende, la messa in sicurezza del territorio, il rilancio delle funzioni vitali della comunità, così come avvenuto per Veneto, Liguria e Campania e per gli altri territori purtroppo recentemente colpiti da fenomeni analoghi, almeno fino all'entrata in vigore dei decreti attuativi del federalismo e all'individuazione, auspicabile, di meccanismi finanziari compensativi del quadro complessivo contabile, e a consentire alla regione Marche di poter liberare risorse con proprie strategie di bilancio.
(1-00607)
«Cesa, Franceschini, Della Vedova, Di Pietro, Tabacci, Ciccanti, Galletti, Adornato, Binetti, Bosi, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Nunzio Francesco Testa, Agostini, Giovanelli, Merloni, Vannucci, Favia, Lanzillotta».
(28 marzo 2011)

   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio dei ministri ha deliberato il 10 marzo 2011 lo stato di emergenza per i territori della regione Marche colpiti dall'alluvione eccezionale dei primi giorni del mese di marzo 2011;
    il disastroso evento ha colpito l'intera regione e parte dell'Abruzzo provocando tre vittime;
    nelle Marche, si sono registrate 52 zone allagate, 73 strade interrotte, famiglie evacuate, aziende allagate con blocco di attività e coste distrutte dalle mareggiate;
    i danni stimati sono di circa 493 milioni di euro, oltre ai danni al settore agricolo di importo quasi corrispondente;
    due giorni prima della calamità era entrata in vigore la legge di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010, cosiddetto mille proroghe (legge del 26 febbraio 2011, n. 10);
    la legge aveva introdotto, all'articolo 2, i commi dal 2-quater al 2-octies, che prevedono la modifica della legge 24 febbraio 1992, n. 225, che disciplina il servizio nazionale di protezione civile;
    le nuove norme prevedono che, in caso di calamità, sia sempre il Consiglio dei ministri a decretare lo stato di emergenza, ma che gli oneri per gli interventi siano in primo luogo a carico della regione;
    tutto è stato descritto e confermato dalla direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri subito emanata secondo la seguente procedura:
     a) la regione procede ad una ricognizione delle risorse disponibili nel proprio bilancio da destinare alla ricostruzione ed agli indennizzi;
     b) se queste non sono sufficienti, delibera aumenti di tributi, addizionali, tasse sino al limite massimo (Irpef, Irap e altro);
     c) se ancora le risorse non sono sufficienti, aumenta l'accisa sui carburanti sino a cinque centesimi al litro ulteriori rispetto alle precedenti eventuali decisioni;
    solo dopo aver aumentato tutto questo può chiedere, se le risorse non fossero sufficienti, l'utilizzo del Fondo di protezione civile;
    se le risorse del fondo non sono sufficienti, si attiva il fondo per le spese impreviste ed a questo punto, automaticamente, senza ulteriori decisioni, in quanto è previsto dalla nuova normativa, il direttore dell'agenzia delle dogane deve disporre l'aumento dell'accisa sui carburanti corrispondente all'utilizzo del fondo per reintegrarlo;
    praticamente dal 26 febbraio 2011 tutte le calamità che prevedono la dichiarazione dello stato di emergenza sono finanziate dalle regioni stesse con l'aumento massimo dell'imposizione fiscale di loro spettanza e per le quote residue dello Stato con aumento automatico delle accise sul carburante per autotrazione;
    l'imposizione fiscale di una singola regione, già oggetto di una situazione emergenziale, portata al massimo incide sulla competitività delle imprese della regione medesima con rischi di tenuta e stimoli di trasferimento di azienda in altra regione;
    non vi è corrispondenza fra la capacità di una singola regione e l'ammontare delle calamità. Le Marche con 1,5 milioni di abitanti anche se utilizzassero tutte le potenzialità fiscali previste arriverebbero a coprire 20-25 milioni di euro contro 493 milioni di danni, ma le proprie imprese sarebbero in ginocchio;
    le calamità nazionali caricate sulle accise della benzina inciderebbero sulla competitività del Paese e sul potere di acquisto delle famiglie;
    uno schema del genere non potrebbe reggere di fronte a disastri di grosse proporzioni come furono quelli del Friuli, dell'Irpinia, di Marche ed Umbria, nonché dell'Abruzzo;
    comuni e province avrebbero in molti casi disponibilità di fondi per attuare alcuni interventi urgentissimi, ma non possono spenderli per i vincoli del patto di stabilità interno;
    desta forti perplessità il nuovo regime normativo che sottopone le popolazioni, si ribadisce già colpite da un evento calamitoso che lo stesso Consiglio dei ministri ha riconosciuto di tipo c), che significa non affrontabile dalla regione con strumenti ordinari, ad ulteriori disagi aggiuntivi costituiti dall'aumento dei tributi. Tale disposizione, infatti, appare in netta «controtendenza» con le normative emergenziali precedenti e con l'articolo 119 della Costituzione che prevede il vincolo di solidarietà tra le regioni. In passato, il legislatore nell'affrontare tali situazioni prevedeva addirittura la sospensione dei medesimi tributi;
    a tutt'oggi, non è stata emanata l'ordinanza di protezione civile pur essendo stato dichiarato uno stato di emergenza a seguito di evento calamitoso di tipo c);
    l'ordinanza non è stata emessa, in quanto la regione Marche non ha potuto oggettivamente ottemperare a quanto previsto dalla nuove norme avendo presentato ricorso davanti alla Corte costituzionale;
    l'enorme lasso di tempo trascorso, la drammaticità delle condizioni in cui persistono i cittadini e le attività produttive di un distretto, come quello calzaturiero, già colpito dalla difficile congiuntura economica, la necessità di dimostrare una viva e convinta solidarietà nei confronti di coloro che sono stati colpiti, come avvenuto nel recente passato per altre parti del territorio nazionale, richiedono che lo Stato e la regione Marche si assumano le rispettive responsabilità ed intervengano con urgenza;
    dopo cinque mesi dagli eventi non è stato adottato alcun intervento finanziario;
    comuni e province che hanno dovuto far fronte all'emergenza non sono in grado di pagare le ditte chiamate ad eseguire gli interventi di somma urgenza e, se lo facessero, non rispetterebbero il patto di stabilità con negativi effetti sulla vita degli enti;
    aziende, famiglie, cittadini danneggiati non hanno ricevuto alcun indennizzo con forti danni al tessuto sociale e produttivo dovuto all'incertezza sul futuro;
    risultano ancora strade chiuse, frane non rimosse, situazioni di pericolo incombente non affrontate;
    la mancata emanazione dell'ordinanza di protezione civile impedisce alle imprese ed ai privati cittadini danneggiati di avanzare richiesta di risarcimento dei danni subiti facendoli rimanere in una situazione di profonda incertezza;
    è estremamente urgente, dopo cinque mesi di attuazione, rivedere le norme del decreto-legge n. 225 del 2010, come convertito, che hanno modificato la legge 24 febbraio 1992, n. 225, in quanto hanno di fatto determinato la paralisi del servizio di protezione civile con blocco delle ordinanze anche rispetto agli altri stati di emergenza successivi, riferiti, oltre che alle regioni Marche e Abruzzo, alla regione Basilicata e la fattispecie si ripeterà per i recenti eventi alluvionali avvenuti nel nord Italia e per quelli che presumibilmente avverranno;
    il Presidente dei Consiglio dei ministri ha dichiarato uno stato di emergenza di tipo c), riconoscendo, quindi, che la calamità di cui trattasi non è affrontabile dalla regione con strumenti ordinari, e non può esimersi dall'emettere la prevista ordinanza di protezione civile,

impegna il Governo:

   nelle more della definizione del contenzioso aperto dalle regioni innanzi la Corte costituzionale, ad emettere le previste ordinanze di protezione civile per gli stati d'emergenza deliberati successivamente all'approvazione della legge n 10 del 2011, per far fronte agli indennizzi alle persone fisiche ed alle imprese colpite ed agli oneri di somma urgenza sostenuti dagli enti interessati per effettuare gli interventi più urgenti;
   a promuovere la revisione delle modifiche apportate alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, per meglio definire il rapporto Stato-regioni nello spirito delle premesse;
   a prevedere, anche mediante apposite iniziative normative, nei casi di dichiarazione dello stato di emergenza successivi alla legge n. 10 del 2011, la facoltà del Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica della disponibilità di cassa e delle capacità finanziarie degli enti territoriali, di autorizzare, con proprio decreto, le regioni interessate a derogare al patto di stabilità interno per un ammontare definito, ripartito fra regioni e singoli comuni o province, da destinare esclusivamente alla realizzazione di interventi di ripristino, manutenzione e prevenzione conseguenti allo stato di calamità.
(1-00693)
«Vannucci, Ciccanti, Favia, Agostini, Cavallaro, Merloni, Giovanelli, Pistelli, De Torre, Margiotta, Ginoble».
(15 luglio 2011)