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PDL 604

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 604



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CAPARINI, SALVINI, ALLASIA, FAVA, GRIMOLDI, LAURA MOLTENI, PINI, RAINIERI, RIVOLTA

Istituzione della provincia di Valcamonica

Presentata il 30 aprile 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Sono passati più di cinquanta anni dalla data di entrata in vigore della Costituzione repubblicana, ma i princìpi di autonomia e di decentramento amministrativo solennemente affermati all'articolo 5 sono rimasti lettera morta, vittime di una prassi di governo che nel tempo ha consolidato la struttura centralista dello Stato. Anche l'istituto della provincia, pur riaffermato dalla Carta costituzionale agli articoli 114 e 133, è rimasto un involucro senza contenuto, un ente territoriale dalle competenze incerte e marginali, spesso subordinato alla sua origine storica e alla sua principale funzione di organo di decentramento del potere statale sottoposto all'autorità del prefetto. Oggi che con la riforma delle autonomie locali si tenta di rilanciare la funzione della provincia anche accrescendone e meglio definendone il ruolo e le competenze (come ben spiega l'articolo 19 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), è sempre più impellente la necessità di riformare le circoscrizioni territoriali che attualmente competono a ciascuna provincia, per meglio adattarle alle esigenze di una società che si è profondamente trasformata.
      La Valcamonica, la Val di Scalve e l'Alto sebino possiedono una unitarietà ed omogeneità storica, sociale, culturale ed economica che le distingue dal resto della provincia di Brescia. Situata a nord-ovest di Brescia ed estendendosi dal Passo del Tonale sino al lago d'Iseo, lunga quasi 90 chilometri, la Valcamonica è la valle più grande d'Italia. È percorsa dal fiume Oglio ed è incuneata, nella sua parte più settentrionale, fra due grandi massicci alpini che superano entrambi i 3.500 metri d'altezza: l'Adamello-Presanella e l'Ortles-Cevedale. La Valle include nel suo territorio due parchi naturali di prima grandezza e vanta un patrimonio storico-artistico che abbraccia diecimila anni di storia rendendola unica fra le valli alpine. Le testimonianze che ancora oggi si possono ammirare riguardano l'epoca preistorica con le incisioni rupestri (patrimonio culturale dell'umanità - World Heritage UNESCO), il periodo romano, l'epoca longobarda, il Medioevo, il Rinascimento, e così via sino alle vicende della guerra bianca in Adamello. Oltre alle due capitali storiche del turismo camuno, Boario Terme e Ponte di Legno, la Valcamonica è punteggiata da numerose località turistiche estive e soprattutto invernali. Boario Terme, nome di spicco nel termalismo italiano, conosciuto da secoli, ed Angolo Terme sono centri ideali per cure idropiniche, inalatorie, irrigatorie, idromassaggi, fanghi e terapie antistress. Le grandissime potenzialità di questo territorio hanno nello sfruttamento delle risorse idriche un nodo focale: più di 110 milioni di metri cubi di acqua sono racchiusi in bacini idroelettrici che producono qualcosa come cinque miliardi di kWh annui di energia elettrica con la presenza di due degli impianti di ripompaggio più importanti d'Italia per oltre 1.500 MW: Edolo e S. Fiorano. Il distretto ENEL a cui la Valle fa riferimento è primo in Italia per efficienza produttiva, con un costo per ogni kWh inferiore alla metà della media italiana.
      Per quanto concerne Breno, che diverrebbe il capoluogo della nuova provincia, ha più di 5.000 abitanti, una superficie di 58,8 chilometri quadrati e una distanza dall'attuale capoluogo di provincia di 68 chilometri. Fin dall'antichità il sito sul quale sorge questo comune era frequentato, ma anche abitato, dagli antichi camuni, la cui presenza è attestata da ritrovamenti risalenti al Paleolitico. La successiva presenza dei romani è accreditata da alcune epigrafi e specialmente dalle recenti scoperte di un tempio dedicato alla dea romana Minerva. I longobardi prima e i franchi poi concentrarono, in questo che costituisce un passaggio obbligato tra la bassa e la media-alta Valcamonica, barriere artificiali di notevole importanza militare, con la costruzione prima di alcune fortificazioni e poi di un castello. In epoca carolingia Breno divenne il centro amministrativo della Valcamonica e, nel borgo ai piedi della rocca, vennero istituiti gli uffici e gli ambiti giudiziari e amministrativi che prima erano situati nella prima capitale amministrativa della Valle (Cividate Camuno). Gran parte della Valcamonica fu, in epoca post-carolingia, donata in beneficio ai monaci francesi di Tours e solo pochi anni prima del 1200 il vescovo di Brescia ne ottenne la signoria.
      Nel 1291 in Valcamonica fu imposta la reggenza di Ottolino da Cortenuova, seguita da quella di Maffeo Visconti, duca di Milano, e nel 1312 l'imperatore Enrico VII nominò vicario di Valle Cangrande della Scala. Pochi anni dopo il potere ripassò ai Visconti che lo mantennero, anche se non ininterrottamente, a lungo. Dal 1427 al 1454 iniziò una contesa che solo la pace di Lodi tra la Serenissima Repubblica veneta e gli Sforza concluse, sancendo la dominazione in tutta la Valcamonica di Venezia. Le costosissime guerre che la città lagunare dovette sostenere contro i turchi portarono all'aumento delle tasse e allo sfruttamento intensivo delle miniere e delle fucine della Valcamonica. Breno in quel periodo fu la capitale della Valcamonica e centro amministrativo e di giustizia. Con l'avvento di Napoleone (1797), Breno, mantenendo il primato valligiano, fu nominato capoluogo del cantone della montagna e in concorrenza con Lovere, in terra bergamasca, fu il principale centro amministrativo della zona. Sotto l'Austria prima e con l'unità d'Italia poi, Breno divenne sede di tribunale, di circondario e addirittura di sottoprefettura. Fu il periodo di massima importanza della cittadina, che vide aumentare in modo consistente i propri abitanti anche a causa del notevole afflusso di dipendenti pubblici e burocrati che venivano designati o nominati nella sede camuna. Nel 1887 fu costruita in comune di Breno la prima centrale elettrica della Valcamonica (in Europa preceduta solo da quella di Milano). A decorrere dagli anni 1950 e 1960 Breno divenne sede di numerosi istituti scolastici superiori (liceo, magistrali, istituti professionali), numerosi uffici della pubblica amministrazione (sezione staccata del tribunale di Brescia, comando compagnia dell'Arma dei carabinieri, comando brigata del Corpo della guardia di finanza), della locale comunità montana e del bacino imbrifero montano.
      Nel 2005 il consiglio regionale della Lombardia ha commissionato all'IReR (Istituto regionale di ricerca della Lombardia) una ricerca affidata al dottor Alberto Cerini per analizzare le implicazioni di un processo costitutivo della provincia di Valcamonica, i fattori di forza e di debolezza. Le attività che in forza di legge una provincia deve necessariamente assumere nella regione Lombardia sono due: 1) funzioni interne, che raggruppano tutte le materie che consentono all'ente di funzionare; 2) funzioni esterne, che consentono all'ente di interagire con il territorio per il raggiungimento degli obbiettivi assegnati.
      Al primo gruppo appartengono:

          a) la gestione delle risorse patrimoniali e finanziarie. Ad esse afferiscono: l'insieme delle attività di programmazione, gestione e rendicontazione dell'attività finanziaria al fine di tutelare ed indirizzare i processi gestionali dell'ente; gli adempimenti collegati alla riscossione dei tributi provinciali (TOSAP, canoni di concessione e imposta provinciale di trascrizione); la gestione del patrimonio immobiliare della Provincia;

          b) l'organizzazione e la valorizzazione delle risorse umane con le strutture idonee all'attuazione delle procedure concorsuali e di assunzione; il sistema di archivio e protocollo; il sistema informatico (CED);

          c) le funzioni di acquisto di beni e servizi;

          d) le funzioni connesse alla comunicazione ed informazione, l'Ufficio relazioni con il pubblico e la comunicazione istituzionale.

      Sulla base di quanto prevede il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali al secondo gruppo appartengono:

          a) la funzione programmatoria generale, che si esercita con la redazione del piano territoriale di coordinamento provinciale e che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio;

          b) la funzione pianificatoria settoriale, che si esercita con il piano rifiuti, il piano faunistico-venatorio, e il piano ittico, il piano agricolo, il piano cave, il piano di protezione civile;

          c) funzioni in materia di agricoltura, ossia: attività di sostegno allo sviluppo ed alle produzioni animali e vegetali, servizi di facilitazione ed assistenza alle imprese, divulgazione delle informazioni agricole nel territorio, progetti di educazione alimentare, valorizzazione dell'agriturismo;

          d) la gestione della viabilità e dei trasporti su scala provinciale: sviluppo e manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio viario, costruzione di nuove opere, sistema di trasporto pubblico locale (TPL) e del flusso delle merci, itinerari ciclabili;

          e) funzioni in materia di promozione e sostegno del sistema economico locale all'interno del ruolo istituzionale che assegna compiti di programmazione e di supporto allo sviluppo del territorio, coordinamento del sistema locale dello Sportello unico per l'impresa, attività a sostegno della produzione artigiana e alle piccole e medie imprese;

          f) funzioni di materia di formazione professionale, con gestione delle deleghe previste dalla legge regionale n. 1 del 2000 con coordinamento della programmazione territoriale, gestione dei finanziamenti e supporto alle attività dei centri di formazione;

          g) funzioni in materia di politiche del lavoro con gestione delle deleghe ai sensi del decreto legislativo n. 469 del 1997 e della legge regionale n. 1 del 1999. In questo ambito è prevista la direzione e organizzazione dei servizi per l'impiego;

          h) funzioni in materia di tutela e valorizzazione ambientale, con difesa del suolo, tutela idrogeologica e protezione civile, gestione dei rifiuti e bonifiche dei siti inquinati; formazione e sensibilizzazione in ambito di valorizzazione ambientale, parchi e aree naturali;

          i) funzioni in materia di caccia e pesca, con adozione e gestione dei rispettivi piani, coordinamento e assistenza degli ambiti di caccia, erogazione di contributi di miglioramento ambientale;

          l) funzioni di polizia amministrativa, polizia stradale, vigilanza e controllo in materia ambientale e ittico-venatoria;

          m) funzioni in materia di valorizzazione e promozione culturale nel territorio;

          n) funzioni afferenti alle politiche sociali e della persona (legge n. 328 del 2000), con indirizzo e programmazione sul territorio per affrontare le tematiche sociali del settore minori, anziani, immigrati, volontariato, tossicodipendenze ed handicap;

          o) funzioni in materia di edilizia scolastica superiore, ordinaria e straordinaria manutenzione del patrimonio edilizio, programmazione e costruzione di nuove strutture in relazione all'andamento ciclico della popolazione scolastica secondaria;

          p) funzioni inerenti alla promozione e alla valorizzazione del sistema turistico in riferimento a quanto previsto dalla legge regionale n. 8 del 2004, concorso alla programmazione ed attivazione delle IAT (strutture di informazione e accoglienza turistica).

      Nel rispetto delle disposizioni del citato testo unico, la provincia può peraltro ampliare gli ambiti d'intervento.
      Il dimensionamento finanziario e organizzativo stimato dall'IReR per la costituenda provincia fa riferimento a due scenari. La prima ipotesi prevede una provincia composta dai 42 comuni della Valcamonica con popolazione complessiva (al censimento 2001) pari a 96.209 unità e con una superficie complessiva pari a 1.319,23 kmq. La seconda ipotesi prevede che ai comuni della Valcamonica si aggiungano anche i 14 dell'Alto Sebino e della Val di Scalve (33.592 abitanti su 244,64 kmq), per una popolazione complessiva di 129.801 unità ed una superficie di 1.563,87 kmq. In entrambe le ipotesi, si tratta di un territorio interamente montano che per estensione diventerebbe la ottava provincia lombarda. Entrambe le ipotesi potrebbero subire varianti e il territorio delineato potrebbe estendersi ad altri comuni con caratteristiche, contiguità o volontà appropriate a rientrare nel progetto. A tal fine, al comma 3 dell'articolo 1, il proponente ha considerato l'eventualità che i comuni esclusi dalla circoscrizione entro tre mesi possano fare richiesta al Ministero dell'interno di essere inclusi nel costituenda provincia. Come, pure, non tutti i comuni coinvolti nei due scenari potrebbero rispondere positivamente, ponendo pertanto considerazioni che dovranno essere affrontate dal punto vista politico-istituzionale.
      La norma contenuta nell'articolo 21 del citato testo unico sull'ordinamento degli enti locali prescrive che «di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti» [comma 3, lettera e)]. Da un punto di vista formale, il limite posto dalla norma può essere superato in quanto la locuzione «di norma» lascia la possibilità ai comuni interessati di poter contare anche su una popolazione inferiore, con il relativo onere di dover motivare tale deroga in ragione di elementi di carattere territoriale, politico-istituzionale e sociale. Inoltre, il legislatore ha già derogato a tale limite istituendo le province di Biella, Lodi, Crotone, Verbano-Cusio-Ossola, Vibo Valentia, che al tempo della loro costituzione (1992) contavano tutte tra i 170.000 ed i 190.000 abitanti. Anche la legge regionale 24 maggio 1993, n. 15, «Norme per la promozione ed il coordinamento delle iniziative per il mutamento delle circoscrizioni provinciali e per l'istituzione di nuove province», all'articolo 9, comma 1, dispone testualmente: «L'iniziativa per la costituzione di una nuova provincia non è ammessa allorché la popolazione della medesima sia inferiore al limite minimo dei duecentomila abitanti»; tuttavia al comma 3 del medesimo articolo prevede una possibilità di deroga al limite posto al comma 1, qualora ricorrano obiettive ragioni da indicare specificatamente negli atti di competenza dei comuni interessati e della regione.
      Il potenziale dimensionamento territoriale e demografico della nuova provincia è importante non solo per il suo «allineamento» al dato puramente formale riportato nelle norme, quanto per le considerazioni circa le concrete possibilità di svolgere efficacemente il ruolo per il quale essa verrebbe costituita. Gran parte delle risorse finanziarie sulle quali una provincia può contare derivano, direttamente o indirettamente, dalla popolazione residente o dalla estensione territoriale, dalla ricchezza prodotta, dal numero di imprese insediate, eccetera. La provincia ha tre categorie di entrate: 1) tributarie (imposta provinciale di trascrizione-IPT, imposta sulle assicurazioni RC-auto, addizionale sul consumo dell'energia elettrica, tributo provinciale per l'ambiente); 2) derivanti da contributi e trasferimenti correnti; 3) extra tributarie derivanti da alienazione, trasferimenti di capitali e riscossione crediti, entrate per accensione prestiti e servizi in conto terzi. Nel dettaglio l'imposta provinciale di trascrizione prevista dal decreto legislativo n. 446 del 1997 è un'imposta dovuta per le formalità di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al PRA e rappresenta il 7 per cento circa delle entrate. Per l'imposta sulle assicurazioni RC-auto la nuova provincia, per poter beneficiare del gettito relativo, dovrebbe essere certa di poter contare su una rapida (ed effettiva) istituzione del PRA a seguito della propria istituzione. È un aspetto che potrebbe non darsi per scontato, alla luce della norma che [(articolo 21, comma 3, lettera f)] dispone che «l'istituzione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici». La successiva lettera g) dispone che «le province preesistenti debbono garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguate». Ciò implica che la nuova provincia dovrà prevedere patti negoziali per richiedere alla provincia madre (o alle province madri), nella fase di avviamento dopo la sua istituzione e fino alla sua operatività, che vengano trasferite le somme riferite alla quota di imposta che le spetterebbe. Questo cespite rappresenta ben il 43 per cento delle entrate tributarie medie delle province italiane ed il 12 per cento delle entrate complessive. L'addizionale sul consumo dell'energia elettrica (decreto-legge n. 511 del 1988) si applica sui consumi relativi ad utenze non domestiche con potenza sino a 200 Kw e fino al massimo di 200.000 Kwh di consumo al mese. Le province possono applicare un incremento fino a 0,0020 euro oltre i 0.009 euro previsti dalla norma. L'incidenza sulle entrate tributarie è pari al 16 per cento, mentre sulle entrate complessive è pari a circa il 4,5 per cento. Il tributo provinciale per l'ambiente previsto dal decreto legislativo n. 504 del 1992 viene introitato dalle province attraverso la TARSU comunale ed è determinato annualmente tra l'1 per cento ed il 5 per cento delle tariffe per unità di superficie stabilite ai fini della TARSU. L'incidenza sulle entrate tributarie è pari al 4 per cento. Dal 2003 le province beneficiano di una compartecipazione IRPEF pari al gettito dei trasferimenti erariali ad esse spettanti. Questa voce unitamente ad altre imposte e tasse minori (quali la TOSAP), rappresentano il rimanente 12 per cento delle entrate tributarie, pari al 3,5 per cento delle entrate totali. Gli importi derivanti dalla compartecipazione IRPEF non rappresentano entrate aggiuntive rispetto al passato in quanto, per legge, sono stati contestualmente ridotti i trasferimenti erariali per un pari importo. Quanto alle «entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti» da parte dello Stato e delle regioni, frutto del processo di decentramento amministrativo avviato con la legge n. 59 del 1997 e i successivi decreti delegati, a partire dall'anno 2000 hanno trovato ampi riflesso nei bilanci provinciali. Tali entrate sono da considerare come risorse finalizzate all'attuazione delle nuove deleghe nelle materie agricole, dei servizi per il lavoro e della formazione professionale, rappresentano (sempre al 2003) il 26 per cento del totale delle entrate del sistema delle province italiane (8 per cento dallo Stato e 17 per cento dalla regione). Infine, spicca un 4 per cento di contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari e internazionali (1 per cento sul totale delle entrate) a fronte dell'1 per cento del 1999, importante segnale della capacità delle province di ricercare e utilizzare i fondi dell'Unione europea.
      Alla luce dei sommari elementi riportati, si può ora provare a costruire un ipotesi di entrate che la nuova provincia della Valcamonica dovrà attendersi per le sole entrate afferenti al titolo I (entrate tributarie) ed al titolo II (entrate per trasferimenti e contributi). Prendendo come riferimento i bilanci consuntivi del 2003 delle province di Brescia e di Bergamo e gli indici nazionali di riscontro, si evince che l'incidenza delle entrate diverse da quelle per trasferimenti è nettamente minore nella media nazionale rispetto a quanto riportano i dati riferiti alle due province madri. Ciò si spiega tenendo conto che gli enti locali delle altre regioni italiane, dovendo contare su un'economia mediamente meno forte di quella della Lombardia, che possa garantire sufficienti entrate tributarie ed extratributarie, colmano il gap con maggiori trasferimenti da parte dello Stato e delle regioni. Con questa precisazione i dati di bilancio della provincia della Valcamonica, pertanto, si porranno verosimilmente molto più vicini ai dati delle province madri.

Ente
Entrate tributarie
euro (%)
Entrate per trasferimenti
euro (%)
Entrate extratributarie
euro (%)
Totale euro
Provincia
di Brescia

104.000.000 (55,5)


62.700.000 (33,5)


20.500.000 (11,0)


187.200.000

Provincia
di Bergamo

79.000.000 (68,5)


29.200.000 (25,3)


7.100.000 (6,2)


115.300.000

Media nazionale

4.390.000.000 (48,5)

4.160.000.000 (46,0)

502.000.000 (5,5)

9.052.000.000

Entrate correnti delle Province di Brescia e Bergamo, entrate in valori assoluti.
Fonte: elaborazione dati IReR anno 2003.


      Le tabelle che seguono danno un'idea dei valori delle risorse su cui la provincia della Valcamonica potrà verosimilmente contare sia in una ipotesi di territorio limitato alla attuale Valle, sia nell'ipotesi allargata agli ambiti dell'Alto Sebino e Val di Scalve. Si ritiene peraltro opportuno che il dato puntuale, trattandosi di un dato approssimativo, venga descritto con una forcella del + o - 10 per cento. Nell'ipotesi che la nuova provincia della Valcamonica sia limitata ai 42 comuni della provincia di Brescia, la cui popolazione residente complessiva è pari a 96.209 abitanti a fronte di 1.121.741 dell'intera provincia di Brescia, rappresentandone pertanto l'8,5 per cento, la stima delimita il potenziale valore delle entrate tra 17 e 14 milioni di euro (tra parentesi è invece posto il valore medio).

Entrate tributarie
euro
Entrate per trasferimenti
euro
Entrate extratributarie
euro
Totale euro
7.956.000 (8.840.000)
9.724.000
4.797.000 (5.330.000)
5.863.000
1.569.000 (1.742.000)
1.916.000
14.322.000 (15.912.000)
17.503.000

Simulazione delle entrate correnti (Titolo I e Titolo II) della Provincia della Valcamonica (dimensione di Valle).
Fonte: elaborazione dati IReR anno 2003.


      La tabella seguente prende in esame l'ipotesi che la nuova provincia comprenda anche i comuni della provincia di Bergamo, la cui popolazione residente complessiva è pari a 33.592 abitanti a fronte di 981.385 dell'intera provincia di Bergamo, rappresentandone pertanto il 3,4 per cento. La stima delimita il potenziale valore delle entrate tra 18 e 21 milioni di euro.

Entrate tributarie euro
Entrate per trasferimenti
euro
Entrate extratributarie
euro
Totale euro
10.373.000 (11.526.000)
12.678.000
5.961.000 (6.323.000)
6.955.000
1.785.000 (1.983.000)
2.181.000
18.119.000 (19.832.000)
21.814.000

Simulazione delle entrate correnti (Titolo I e Titolo II) della Provincia della Valcamonica (dimensione allargata).
Fonte: elaborazione dati IReR anno 2003.


      I dati aggregati forniscono un quadro della capacità finanziaria che potrà avere la nuova provincia della Valcamonica per far fronte al complesso delle spese correnti. Per dare un significato a questa stima si può fare riferimento alla dimensione delle entrate dichiarate nei bilanci dei comuni dell'area. L'ultimo valore disponibile al 2001 indica in euro 94.393.664 l'ammontare delle entrate comunali. La simulazione delle entrate correnti della provincia della Valcamonica rappresenta quindi un valore compreso tra il 19 ed il 23 per cento della spesa corrente dei comuni dell'area al 2001. Sono ora opportune alcune osservazioni sulla capacità di indebitamento di cui la nuova provincia dovrà tener conto. A tal proposito, ci sorregge la norma contenuta nell'articolo 204 del citato testo unico sull'ordinamento degli enti locali che, al primo comma, dispone: «Oltre al rispetto delle condizioni di cui all'articolo 203, l'ente locale può assumere nuovi mutui solo se l'importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi ed a quello derivante da garanzie prestate ai sensi dell'articolo 207, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non supera il 25 per cento delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui. Per le comunità montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate. Per gli enti locali di nuova istituzione si fa riferimento, per i primi due anni, ai corrispondenti dati finanziari del bilancio di previsione». C'è subito da rilevare che la legge finanziaria per il 2005 ha rideterminato il limite del 25 per cento al 12 per cento estendendolo non solo ai mutui ma anche «ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato». Vale a dire che gli enti potranno contrarre meno prestiti (per quelli che hanno già superato tale soglia, è prevista la necessità del rientro al di sotto di essa entro il 2013). Dunque, la somma degli interessi (per qualsiasi forma di indebitamento contratto) nel caso della provincia della Valcamonica, non potrà essere superiore al 12 per cento della somma dei primi tre titoli di entrata dei primi due bilanci di previsione. La somma degli interessi potrà quindi oscillare tra un minimo di 1.718.640 euro e un massimo di 2.617.680 euro. Questo dato di per sé è molto indicativo del fatto che, a seconda che la nuova provincia ricomprenda o meno i comuni della provincia di Bergamo, potrà avere una maggiore o minore capacità di indebitamento di entità non indifferente. In realtà, un ente locale virtuoso non potrà mai raggiungere il limite del 12 per cento, pena la totale rigidità del bilancio. La media delle province lombarde, al 2003, si attesta infatti intorno al 4-5 per cento.

      Proiettando tale percentuale sulle potenziali entrate della nuova provincia, possiamo quindi ricavare una spesa media presunta per interessi pari ad un minimo di 415.000 euro ed un massimo di 1.090.000 euro. Ne deriva che gli organi istituzionali della nuova provincia dovranno affinare la propria capacità di negoziazione nei confronti dello Stato e della regione Lombardia, come dovranno essere in grado di attrezzarsi in relazione ai fondi europei. Infatti, le risorse per investimenti derivanti da accensioni di prestito non sono le uniche a cui la nuova provincia potrà accedere. Il nuovo ente potrà aumentare le proprie capacità di investimento soprattutto tramite la programmazione negoziata e l'accesso ai fondi europei. A tale riguardo si ricorda che la provincia di Bergamo, nell'anno 2003, ha accertato entrate derivanti da trasferimenti di capitale per circa 83,5 milioni di euro, rappresentando il 35 per cento delle entrate complessive, mentre la provincia di Brescia (sempre nell'anno 2003) ha accertato entrate derivanti da trasferimenti di capitale per circa 156 milioni di euro, rappresentando circa il 33 per cento delle entrate complessive.
      Per la definizione di un possibile dimensionamento organizzativo, l'IReR ha fatto un'analisi comparata tra le province di Sondrio, Lecco e Lodi che, per dimensionamento territoriale e demografico, sono quelle più vicine alla realtà della ipotetica provincia della Valcamonica. I dati si riferiscono al 31 dicembre 2003 e prendono ad oggetto i soli rapporti di lavoro dipendente (sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato), tralasciando volutamente ogni considerazione sui rapporti di natura atipica.

Ente
Dipendenti al
31.12.2003
Residenti
(censimento 2001)
Rapporto
dipendenti/residenti
Provincia di Lecco
245
311.452
1.271
Provincia di Lodi
221
197.672
894
Provincia di Sondrio
214
176.856
826

      Il rapporto tra dipendenti e popolazione si esprime con un intervallo che va da un minimo di un dipendente ogni 826 residenti, ad un massimo di un dipendente ogni 1.271. Moltiplicando tali rapporti con la popolazione della Valcamonica, sia nella versione ristretta sia in quella allargata, possiamo ritenere plausibile che la dotazione organica della nuova provincia possa essere: 1) nel caso di una provincia che veda coinvolti i soli comuni della Valcamonica, i punti dell'intervallo vedranno un minimo di 75 ed un massimo di 116 unità di personale dipendente; 2) nel caso di una provincia allargata anche ai comuni della provincia di Bergamo, l'intervallo avrà un minino di 102 ed un massimo di 157 dipendenti. Per posizionare la dimensione stimata può essere utile richiamare l'attuale numerosità dei dipendenti comunali a tempo indeterminato degli enti locali dell'area. Al dicembre 2002 essi ammontavano a 615 unità. I dipendenti delle tre comunità montane corrispondevano invece alle 60 unità. Si può stimare che il personale della nuova provincia corrisponderebbe ad una percentuale compresa tra il 13 ed il 26 per cento dell'attuale personale degli enti locali dell'area. In relazione alla dotazione disponibile deriveranno politiche del personale diversificate (dal computo indicato, fonte Archivio Aspo PA - Regione Lombardia e aggiornato al 31 dicembre 2002, mancano i dipendenti a tempo indeterminato dei comuni di Ceto, Cevo, Berzo Demo e Paspardo). Con piccole entità si accrescerà il tasso di flessibilità e di adattabilità del personale rispetto alle realtà più grandi connotato dalla specializzazione e dal maggiore tasso di rigidità. I dati statistici riferiti al 2003 dicono che il personale dipendente del sistema province (riferito cioè a tutte le province italiane) era di 61.096 unità, per una spesa complessiva pari ad euro 1.951.555.268. Da ciò si desume che la spesa media per dipendente è pari ad euro 31.942. Il dato può essere considerato indicativo di ogni realtà provinciale, in quanto la struttura della retribuzione e la politica retributiva generale sono sostanzialmente rigide e predeterminate. Pertanto, la spesa media per dipendente, applicata alla dotazione organica presunta della nuova provincia della Valcamonica (come calcolata sopra), comporta che la spesa complessivamente da prevedere per il personale dovrebbe variare da un minimo di euro 2.395.650 (per l'ipotesi minimale di 75 dipendenti), ad un massimo di euro 5.014.894 (per l'ipotesi estensiva di 157 dipendenti). Le due stime corrispondono ad una incidenza sulla spesa corrente compresa tra il 13 ed il 26 per cento.
      Definito il verosimile livello di disponibilità finanziaria in entrata della nuova provincia, almeno per quanto riguarda le entrate correnti (titolo I e titolo II), si tratta di stimarne la spesa. Dall'analisi delle spese correnti delle province lombarde emerge un quadro della struttura di spesa omogeneo e costante nel tempo. Si osserva la regolarità della concentrazione della spesa delle province per le funzioni dell'amministrazione (autofunzionamento degli apparati), dell'istruzione, della gestione del territorio e dell'ambiente. Solo le spese per la funzione della cultura, del turismo e dei trasporti, che rappresentano meno del 10 per cento dei costi totali, rilevano una variabilità del 50 per cento rispetto al valore medio. Queste osservazioni sono funzionali a richiamare le seguenti considerazioni: 1) la nuova provincia, se conferma il comportamento di spesa delle attuali province lombarde, si connoterà come ente vocato a sostenere strutture formative, interventi di viabilità e gestione del territorio, interventi ambientali, azioni di sviluppo economico e di sostegno al funzionamento del mercato del lavoro; 2) dovrà presidiare con attenzione le spese di autofunzionamento e amministrazione che rischiano di crescere nel tempo e di diventare un fattore di spesa eccessivo; 3) si dovrà confrontare con le «riforme Bassanini» (programmazione territoriale, regolazione del mercato del lavoro, politiche della formazione professionale). Analizzando le spese in conto capitale delle province lombarde per le principali funzioni in valore medio sui tre anni, si osserva che passa dai 31 euro pro capite in media per la gestione del territorio ai 13 euro per lo sviluppo economico. Lo stesso discorso vale per la variabilità dei livelli di spesa in conto capitale assegnati dalle province per le stesse funzioni: i valori vanno da una variabilità del 200 per cento per le spese di amministrazione ad una del 36 per cento per quelle d'istruzione. L'istruzione e la gestione del territorio sono le funzioni per cui si spende di più e quelle con una variabilità media, tra le diverse province, minore. Se la nuova provincia volesse richiamarsi a comportamenti di spesa, per le risorse in conto capitale, simili a quelli praticati dalle altre province lombarde dovrebbe considerare: 1) la elevata variabilità delle scelte adottate, che sono correlate alla diversa capacità delle singole province di attivare progetti specifici e di trovare le risorse necessarie per svilupparli; 2) la necessità, praticata per esempio dalle province con alta quota di territorio montano (Bergamo, Brescia, Sondrio), di concentrare le risorse in conto capitale su territorio, ambiente e sviluppo economico; 3) la necessità di verificare l'urgenza di interventi in strutture scolastiche superiori.
      La pressione tributaria per abitante è determinata dal rapporto tra entrate tributarie e popolazione residente, e misura un livello di pressione fiscale esercitato dalle varie province nei confronti dei propri cittadini appare omogeneo. Il valore medio è di 71,46 euro per abitante. Nel caso delle province di riferimento i valori sono superiori a quello medio regionale: per Bergamo, di circa 1,85 euro di più e, Brescia, di circa 6,68 euro in più.

Province
Titolo I
Popolazione
residente
Pressione
tributaria
Bergamo
euro    71.433.397
   974.388
euro 73,31
Brescia
euro    86.939.553
1.112.628
euro 78,14
Como
euro    39.675.626
   542.606
euro 73,12
Cremona
euro    22.918.351
   335.700
euro 68,27
Lecco
euro    21.712.572
   311.674
euro 69,66
Lodi
euro    13.412.715
   197.291
euro 67,98
Mantova
euro    28.449.670
   376.184
euro 75,63
Milano
euro  285.664.310
3.773.893
euro 75,69
Pavia
euro    33.359.195
   499.197
euro 66,83
Sondrio
euro    12.255.737
   177.578
euro 69,02
Varese
euro    56.110.493
   820.575
euro 68,38
Totale
euro  671.931.618
9.121.714
euro 71,46

Pressione tributaria in euro.
Fonte: elaborazione IReR dati bilanci provinciali del 2000.


      L'autonomia finanziaria è misurata dal rapporto tra la somma delle entrate tributarie ed extra tributarie sulle entrate correnti. I valori rilevano una considerevole indipendenza, soprattutto per la provincia di Milano che supera il 90 per cento del totale delle entrare correnti. Il dato medio è il 78,68 per cento.

Province
Titolo I +
Titolo III
Autonomia
finanziaria
Bergamo
euro    76.113.299
86,19
Brescia
euro  100.018.087
88,79
Como
euro    45.080.299
87,23
Cremona
euro    25.917.657
72,01
Lecco
euro    23.012.955
78,62
Lodi
euro    16.495.114
70,18
Mantova
euro    31.032.924
66,55
Milano
euro  308.712.067
90,55
Pavia
euro    37.050.434
72,60
Sondrio
euro    13.347.037
69,09
Varese
euro    61.942.066
83,62
Totale
euro  738.721.938
78,68

Pressione tributaria in euro.
Fonte: elaborazione IReR dati bilanci provinciali del 2000.


      L'indicatore della dipendenza finanziaria dallo Stato, dalla regione Lombardia e da altri enti è dato dal rapporto tra le entrate derivanti da contributi e i trasferimenti derivanti dai diversi enti sull'ammontare delle entrate correnti.

Province
dallo Stato
Entrate correnti
Dipendenza
finanziaria
dallo Stato
Bergamo
-
euro    88.304.285
-
Brescia
euro            4.773
euro  112.649.570
0,004
Como
euro          63.563
euro    51.678.543
0,12  
Cremona
euro    2.808.903
euro    35.992.005
7,8    
Lecco
-
euro    29.271.213
-
Lodi
euro       877.220
euro    23.503.536
3,73  
Mantova
euro           4.773
euro    46.633.783
0,01  
Milano
euro       322.640
euro  340.913.279
1,11
Pavia
euro    3.787.145
euro    51.032.558
7,42  
Sondrio
euro       932.969
euro   19.318.037
4,83  
Varese
-
euro   74.076.560
-

Dipendenza finanziaria dallo Stato, valori assoluti in euro e percentuali.
Fonte: elaborazione IReR dati bilanci provinciali del 2000.


      Nella tabella è evidenziata la dipendenza finanziaria dallo Stato per quelle province che ne beneficiano, con l'esclusione delle amministrazioni provinciali di Bergamo, Lecco e Varese. Il dato più elevato si manifesta a Cremona, mentre la provincia di Brescia registra il valore più basso. Per quanto riguarda la dipendenza finanziaria delle province dalla regione Lombardia il valore medio è del 9,1 per cento: ad eccezione di Mantova, le province sono relativamente poco dipendenti dall'ente di livello appena superiore. Diversa la situazione per le nuove materie conferite a seguito del decentramento amministrativo. La tabella seguente evidenzia i dati sulla dipendenza finanziaria delle province per funzioni delegate. La provincia maggiormente dipendente da tale tipologia di trasferimenti è la provincia di Mantova, mentre la più autonoma è Varese. Nel complesso, le province lombarde dipendono mediamente per l'8,85 per cento dalla regione per il finanziamento delle funzioni ad esse devolute. Anche in questo caso va sottolineato che le province lombarde hanno adottato comportamenti di spesa nei quali pesano prevalentemente le risorse proprie. Le risorse regionali sono state significative in relazione alle nuove deleghe ed hanno permesso di caratterizzare nuove linee di attività provinciale.

Province
dalla regione
Entrate correnti
Dipendenza
finanziaria dalla
regione
Bergamo
euro    8.443.771
euro    88.304.285
  9,56
Brescia
euro    1.660.255
euro  112.649.570
  1,47
Como
euro    2.808.485
euro    51.678.543
  5,43
Cremona
euro    5.219.772
euro    35.992.005
14,50

Lecco
euro    1.274.249
euro    29.271.213
  4,35
Lodi
euro    2.062.007
euro    23.503.536
  8,77
Mantova
euro    6.518.181
euro    46.633.783
13,98
Milano
euro 24.750.106
euro  340.913.279
  7,26
Pavia
euro    3.661.875
euro    51.032.558
  7,18
Sondrio
euro    2.589.373
euro    19.318.037
13,40
Varese
euro 10.475.159
euro    74.076.560
14,14
Totale
euro 69.463.233
euro 873.373.370
  9,09

Dipendenza finanziaria dalla regione, valori assoluti in euro e percentuali
Fonte: elaborazione IReR dati bilanci provinciali 2000.


Province
Trasferimenti
dalla regione
per funzioni delegate
Entrate
correnti
Dipendenza
finanziaria dalla
regione per funz.
delegate
Bergamo
euro 3.283.065
euro 88.304.285
3,72
Brescia
euro 10.498.872
euro 112.649.570
9,32
Como
euro 3.007.430
euro 51.678.543
5,82
Cremona
euro 1.990.186
euro 35.992.005
5,53
Lecco
euro 4.177.681
euro 29.271.213
14,27
Lodi
euro 3.272.447
euro 23.503.536
13,92
Mantova
euro 9.025.205
euro 46.633.783
19,35
Milano
euro 2.498.644
euro 340.913.279
0,73
Pavia
euro 6.237.569
euro 51.032.558
12,22
Sondrio
euro 2.001.472
euro 19.318.037
10,36
Varese
euro 1.570.084
euro 74.076.560
2,12
Totale
euro 47.562.656
euro 873.373.370
8,85

Dipendenza finanziaria dalla regione per funzioni delegate, valori assoluti in euro e percentuali.
Fonte: elaborazione IReR dati bilanci provinciali 2000.


      Gli importi relativi ai contributi degli altri enti del settore pubblico e i contributi di enti comunitari e internazionali sono stati raggruppati, in quanto, come si è potuto notare in precedenza, non sono molto significativi. Il dato medio è molto basso: 1,19 per cento. La provincia di Lodi riceve più delle altre tale tipologia di trasferimenti.

Province
Trasferimenti
da altri enti
Entrate
correnti
Dipendenza
finanziaria da
altri enti
Bergamo
euro    464.150
euro    88.304.285
0,53
Brescia
euro    467.585
euro  112.649.570
0,42
Como
euro    718.766
euro    51.678.543
1,39
Cremona
euro      55.488
euro    35.992.005
0,15
Lecco
euro    806.327
euro    29.271.213
2,75
Lodi
euro    796.748
euro    23.503.536
3,39
Mantova
euro      52.700
euro    46.633.783
0,11
Milano
euro 4.629.822
euro  340.913.279
1,36
Pavia
euro    295.535
euro    51.032.558
0,58
Sondrio
euro    447.186
euro    19.318.037
2,31
Varese
euro      89.251
euro    74.076.560
0,12
Totale
euro 8.823.558
euro  873.373.370
1,19

Dipendenza finanziaria da altri enti, valori assoluti in euro e percentuali.
Fonte: elaborazione IReR dati bilanci provinciali 2000.


      Con l'aiuto di alcuni indicatori è possibile il confronto tra le province lombarde e le province d'Italia al fine di esaltare il loro elevato grado di autonomia rispetto al panorama italiano. I cittadini delle province lombarde subiscono una pressione tributaria più alta rispetto alla media nazionale: la differenza ammonta a 14,16 euro (72 euro contro la media nazionale di 58 euro). Il rapporto tra la somma delle entrate tributarie ed extratributarie e le entrate correnti misura la capacità degli enti a provvedere al proprio finanziamento evitando il ricorso a contributi e trasferimenti. Anche in questo caso, l'indicatore lombardo, 79,53, è decisamente migliore di quello medio delle province italiane, 57,09. Per quanto riguarda la dipendenza finanziaria dallo Stato, i dati dei due aggregati sono nettamente distanti: le province italiane dipendono per quasi il 18 per cento dallo Stato, mentre quelle lombarde sono molto più indipendenti. I dati sulla dipendenza finanziaria dalle regioni sono invece sostanzialmente simili e rilevano una relativa autonomia dai conferimenti regionali. Diverso è il valore relativo ai trasferimenti per funzioni delegate, che vede le province lombarde più autonome di quelle nazionali. Gli altri enti riuniti in un'unica voce sono il settore pubblico e gli organismi internazionali e comunitari. La dipendenza in questo caso è minima, anche se l'aggregato lombardo si riconferma al di sotto del livello nazionale.

 
Province
lombarde
Province
d'Italia
Dipendenza dallo Stato
  2,13
18,32
Dipendenza dalla regione
11,91
13,34
Dipendenza dalla regione per funzioni delegate
  8,34
14,71
Dipendenza da altri enti
  0,97
  1,36

Confronto dipendenza finanziaria da Stato, regione e altri enti, valori percentuali.


      I dati illustrati mostrano un quadro interessante. Gli indicatori di autonomia rilevano che le province lombarde hanno: 1) una più elevata pressione tributaria e quindi una maggiore autonomia impositiva; 2) maggiore autonomia finanziaria; 3) minore dipendenza dallo Stato e dalla regione per le funzioni delegate. Sono elementi che la nuova provincia dovrebbe considerare. Se risultano in questo senso possibili e praticati in altre province del Paese diversi comportamenti di entrata e di spesa, appartenendo però al sistema lombardo si deve far conto su prassi finanziarie meno dipendenti dallo Stato e più autonome oltre che più incisive dal punto di vista tributario rispetto ai cittadini amministrati. Ne derivano, come implicazione di questa particolarità del comportamento finanziario delle province lombarde: 1) la necessità di un legame più forte con le comunità locali amministrate sia in fase di programmazione delle attività che di loro rendicontazione; 2) un principio di attenzione a non gravare ulteriormente la pressione tributaria già elevata. Anche la nuova provincia dovrà considerare tale specificità e decidere se uniformarsi o impostare una diversa politica della spesa e dell'imposizione.
      In generale le principali variabili che influenzano i livelli di spesa delle autonomie locali e in particolare delle province sono: le domande provenienti dalla popolazione anziana a incidenza crescente e il peso del numero di chilometri di strade provinciali da sottoporre a manutenzione. È possibile una stima dell'incidenza degli oneri di manutenzione ordinaria della rete viaria della costituenda provincia. La Valcamonica, a fronte della sua conformazione di valle montana, è stata oggetto di importanti interventi migliorativi della rete viaria che vede ancora molto presente l'ANAS, mentre le strade provinciali assommano a 210 chilometri. Non essendo disponibile il costo di manutenzione viaria delle province di Bergamo e Brescia utilizziamo come riferimento il costo per la manutenzione della rete viaria di Lodi al 2003 (7.969,44 euro per km). Le diverse caratteristiche della Valcamonica rispetto alla provincia di Lodi (rete viaria pianeggiante, situazione socio-economica, incidenza della scolarità superiore) prudenzialmente ci fanno presumere che per garantire la manutenzione dell'intera rete stradale della Valcamonica saranno necessarie risorse pari a circa 12.000 euro al chilometro per un costo annuo pari a 2.520.000 euro. Tale importo si riferisce solo ai 210 chilometri di strade della Valcamonica e non anche alle strade provinciali che insistono nella Val di Scalve e nell'Alto Sebino, il cui dato chilometrico non è al momento disponibile.

Tipo di spesa
Fattori di contesto influenti
Spesa corrente e spesa per
amministrazione
DIMINUISCE all'aumentare della popolazione ed al numero dei comuni

SENSIBILE a: numero di anziani, trasferimenti, aliquote superiori a quelle di base, km di strade, disoccupazione

Spesa per l'istruzione DIMINUISCE all'aumentare dei giovani

SENSIBILE alle maggiori aliquote, al numero di iscritti alla scuola superiore

Spesa per gestione territorio DIMINUISCE all'aumentare dei tributi propri

SENSIBILE ai km di strade provinciali, ai trasferimenti statali e regionali

Riepilogo dei fattori che influiscono sulla spesa delle province lombarde.


      Il territorio oggetto di questa proposta di legge ha spiccate caratteristiche montane che influenzeranno in modo determinante nell'impostazione delle priorità politiche e istituzionali del nuovo ente. Questa parte della relazione tecnica organizza i dati statistici disponibili da varie fonti in una gerarchia di indici che consentano al legislatore di cogliere le differenze sia tra le tre comunità montane interessate al progetto di nuova provincia tra ognuna di esse rispetto all'insieme della montagna lombarda. Le questioni riguardanti la montagna evidenziano problemi specifici che è necessario impostare con indicatori appropriati in grado di definirne il quadro dei bisogni particolari. L'indicatore demografico fornisce un'indicazione sintetica sulla vitalità delle dinamiche demografiche. I valori più elevati dell'indicatore si riscontrano nelle comunità montane confinanti con le aree di pianura e corrispondono a situazioni caratterizzate da una densità abitativa almeno discreta (al di sopra dei 200 abitanti/kmq) da una buona componente di popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni e da tassi di crescita piuttosto sostenuti della popolazione residente dal 1981 ad oggi. Al contrario, nelle ultime posizioni troviamo le comunità montane meno accessibili, caratterizzate da una bassa densità abitativa (quasi sempre meno di 100 abitanti/kmq) e da tassi di variazione della popolazione molto bassi, se non addirittura negativi. Le tre aree d'interesse si posizionano con caratteristiche simili l'Alto Sebino e la Valcamonica, che presentano un indicatore demografico non brillante e intermedio tra le 30 comunità montane studiate, la Val di Scalve si distanzia ulteriormente per aver sofferto di una dinamica demografica non positiva e si posiziona verso la parte inferiore della scala della montagna lombarda.

Comunità
montane
Posizione
(1-30)
Densità
(abitanti/kmq)
Popolazione
15-64 su >65
Variazione %
popolazione
2003-1991
Variazione %
popolazione
1991-1981
Indicatore
demografico
Valle Cavallina
  1
272,64
4,27
15,88
  5,00
100,00
Alto Sebino
16
281,32
3,62
  4,47
-2,06
  57,75
C.M. Valcamonica
19
  69,77
4,06
  1,01
  0,01
  47,30
Val di Scalve
28
  31,69
3,53
-0,96
-4,79
  25,59

Caratteristiche demografiche delle comunità montane lombarde.
Fonte: elaborazione su dati ISTAT e regione Lombardia.


      L'analisi del sistema produttivo montano restituisce l'immagine di una montagna lombarda difficilmente riconducibile a categorie definite. Colpisce il peso relativamente basso del settore agricolo, segnale evidente delle problematiche relative alla tutela del patrimonio naturale. Accanto ad una certa rilevanza del settore industriale emerge un crescente peso del settore dei servizi, più in termini di unità locali che non di numero di addetti. Si conferma inoltre la forte parcellizzazione del settore terziario in attività di piccole dimensioni. Per questo aspetto le tre aree oggetto del nostro interesse hanno caratteristiche simili e simili posizioni nella scala delle 30 comunità montane. Rispetto all'insieme della montagna lombarda i valori di sviluppo sono di livello medio.

Comunità
montane
Posi-
zione
(1-30)
U.L
agric.
U.L
ind.
U.L
altri
servizi
U.L
totali
2001
Add.
agric.
Add.
ind.
Add.
altri
servizi
Add.
totali
2001
Add.
totali
2001
Valle Trompia
1
0,01
2,37
0,37
7,66
0,01
22,48
0,63
35,06
100,00
Val di Scalve
9
0,04
1,83
0,47
8,90
0,07
10,84
0,76
26,44
82,53
C.M. Valcamonica
10
0,02
1,33
0,44
8,91
0,04
11,00
0,86
31,05
82,10
Alto Sebino
14
0,02
1,27
0,39
8,10
0,02
13,02
0,70
30,68
64,39

Sistema produttivo delle comunità montane lombarde (unità per 100 abitanti).
Fonte: elaborazione su dati ISTAT e regione Lombardia.


      Solo due comunità montane (Valtellina di Bormio e Parco Alto Garda Bresciano) sono fortemente vocate alla funzione turistica e si attestano su valori superiori a 50 dell'indicatore di orientamento turistico. Questi dati descrivono una montagna lombarda forse non ancora attenta al settore turistico e poco cosciente dell'importanza che esso riveste nel processo di crescita delle aree montane. Quanto ai temi turistici, le tre aree oggetto del nostro interesse si posizionano in modo molto diverso. La Val di Scalve è la più orientata al turismo, seguono ad intervalli abbastanza distanziati tra loro la Valcamonica e l'Alto Sebino.

Comunità montane
Posizione
(1-30)
U.L. Alberghi e
Ristoranti
ADD. Alberghi e
Ristoranti
Indicatore
orientamento
turistico
Valtellina di Bormio
1
2,06
5,91
100,00
Val di Scalve
3
1,29
2,81
48,03
C.M. Valcamonica
10
0,89
2,01
28,58
Alto Sebino
20
0,54
1,30
11,64

Orientamento turistico delle comunità montane lombarde (unità per 100 abitanti).
Fonte: elaborazione su dati ISTAT e regione Lombardia.


      La dotazione delle comunità montane lombarde in termini di servizi appare poco differenziata, soprattutto in termini di sportelli bancari e di unità locali delle istituzioni pubbliche. Le tre aree di studio sono su posizioni simili nella parte alta dell'indice di dotazione dei servizi. Sembrano quindi abbastanza attrezzate. Come nel caso dei servizi, anche qui la situazione è generalmente omogenea con lievi differenze tra i territori. Le tre aree oggetto del nostro studio presentano differenze nell'indicatore del reddito imponibile e si posizionano nella fascia medio bassa della scala della montagna lombarda.

Comunità montane
Posizione
(1-30)
Reddito
imponibile
pro-capite
Consumo
elettr./ab.
Autovetture
x 100
abitanti
Indicatore
livello di
benessere
Parco Alto Garda Bresciano
  1
19.183,00
1,33
57,10
100,00
C.M. Valcamonica
15
15.560,00
1,09
56,90
  64,76
Alto Sebino
19
17.743,00
0,96
54,50
  54,51
Val di Scalve
29
14.266,00
1,07
46,20
  18,35

Livello di benessere delle comunità montane lombarde (unità per 100 abitanti).
Fonte: elaborazione su dati ISTAT e regione Lombardia.


      I territori che dovrebbero costituire la nuova provincia presentano alcune differenze nei comportamenti demografici, nella struttura economica, nella dotazione di servizi, nell'orientamento al turismo, nel grado di benessere. Le stesse differenze emergono nel confronto con il resto della montagna lombarda, confronto che va inteso comunque come posizionamento utile a fini descrittivi e certamente non definitori. Con questa precisazione sembra di poter dire che la Valcamonica intesa come area territoriale di valle presenti nel complesso una migliore dotazione di fattori di sviluppo che la posizionano rispetto alle trenta comunità montane lombarde sui livelli alti della scala di indicatori. Più distanziate invece le altre due aree.
      Le profonde ristrutturazioni aziendali e la riconversione del settore siderurgico in completo smantellamento hanno provocato una emorragia nei posti di lavoro amplificata dalla crisi del settore contoterzista del tessile e dell'abbigliamento. Una crisi economica senza precedenti con tassi di disoccupazione al di sopra della media nazionale. Una situazione che ha indotto all'inserimento della quasi totalità dei comuni della Valle nella programmazione per lo sviluppo socio-economico delle aree dell'obiettivo 2 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, per i fondi strutturali dell'Unione europea. Tra le prospettive operative con le quali la nuova provincia dovrà misurarsi gioca un ruolo centrale il rapporto con la Comunità europea e con gli strumenti comunitari. In buona parte questo rapporto è già stato attivato, per esempio con la proposta di numerosi programmi integrati di sviluppo locale corrispondenti all'obiettivo 2 da parte dei comuni e delle comunità montane dell'area. Le azioni comunitarie in atto (e le loro probabili trasformazioni) che dispongono delle specifiche più favorevoli nelle politiche settoriali dell'Unione europea sono quella per la politica agricola, la politica regionale, quella ambientale e per la politica di ricerca e sviluppo. Lo sviluppo delle aree montane è tradizionalmente collocato nel contesto dei divari regionali di sviluppo per le dinamiche che si esprimono con i fenomeni dell'emigrazione e dello spopolamento, della scarsità di servizi essenziali, della scarsa accessibilità. L'Unione europea ha elaborato una politica per le zone svantaggiate e considera le zone rurali come un settore prioritario sul quale concentrare in futuro le iniziative. Le zone di montagna non possono però rientrare esclusivamente nella categoria «aree rurali» per ragioni economiche, sociali e ambientali. Necessitano invece di strategie più adeguate a livello europeo, in quanto: 1) rappresentano un patrimonio molto specifico di risorse vitali per l'intera Europa; 2) presentano difficoltà nello sviluppare le attività tradizionali quali l'agricoltura e la silvicoltura (per questa ragione l'Unione europea ha istituito le misure compensative); 3) esiste, in alcune zone, un rischio reale d'irreversibilità del fenomeno dello spopolamento e, di conseguenza, di dispersione delle risorse umane e delle conoscenze tradizionali di gestione e protezione del territorio. Con le politiche comunitarie attuali gli spazi operativi e gli strumenti disponibili per i territori montani e per la costituenda provincia di Valcamonica sono: 1) la politica agricola comune; 2) la politica di coesione; 3) le iniziative comunitarie. È generalmente accettato il fatto che i pagamenti compensativi hanno avuto un impatto sociale positivo nell'incentivare gli agricoltori e le popolazioni di montagna a restare nelle loro regioni.
      Esiste un consenso in favore del rafforzamento delle misure compensative per l'agricoltura di montagna, destinate ad accrescere la loro efficacia sul piano economico e ambientale. Si tratta quindi di consolidare gli incentivi al fine di migliorare la gestione del territorio, la qualità delle produzioni e la protezione dell'ambiente, al posto di promuovere semplicemente la produzione. I programmi d'intervento nelle zone obiettivo 2 sono attuati mediante documenti unici di programmazione (DOCUP) e comprendono soprattutto misure cofinanziate dal FESR e, in minor misura, dal FSE. Molti di questi programmi sono, al momento, in fase di negoziato e dovranno essere monitorati nel loro sviluppo. Le iniziative comunitarie si rivolgono alle zone di montagna attraverso i programmi LEADER ed INTERREG. La Commissione europea ha confermato le iniziative INTERREG, LEADER e URBAN, ed è stata creata una nuova iniziativa EQUAL, la quale tratterà le tematiche presenti nelle precedenti iniziative indirizzate alle risorse umane (OCCUPAZIONE e ADPAT). Fra le passate iniziative, quelle che hanno maggiormente interessato le aree montane sono INTERREG II e LEADER II. Esse, in particolare, hanno consentito ai territori montani di acquisire una notevole esperienza in materia di cooperazione transnazionale. Nello specifico, INTERREG ha finanziato progetti rivolti a favorire l'assetto territoriale delle zone montane ricadenti nello spazio alpino e nel bacino del Mediterraneo, operando sul fronte della cooperazione fra le istituzioni. LEADER II ha invece sperimentato la cooperazione fra partenariati locali allargati. In ogni caso, ambedue hanno dimostrato come la cooperazione - nelle sue varie forme - possa apportare un valore aggiunto ai processi di sviluppo locale (scambio di prassi, di know-how, raggiungimento di massa critica).
      L'allargamento dell'Unione europea è destinato a cambiare significativamente l'attuale geografia delle disparità regionali. La variabilità degli indicatori di sviluppo regionale aumenterà notevolmente in un'Europa allargata e il reddito medio si abbasserà. Subiranno modifiche profonde anche le direzioni dei flussi di risorse finanziarie destinati alle politiche di riequilibrio e coesione ed i criteri di allocazione delle risorse alle regioni in ritardo di sviluppo. In tale contesto, l'orientamento prevalente, anche con riferimento alla riforma dei fondi strutturali per il periodo 2007-2013, sembra quello di pervenire ad un riconoscimento formale della montagna e delle altre zone con «particolari caratteristiche geografiche» come gruppo a sé stante di regioni sulle quali intervenire con un supporto selettivo riferito a condizioni di disagio ambientale o sociale. Le strategie adottate dall'Unione europea in previsione di questa prospettiva prefigurano un cambiamento interessante in particolare: 1) l'Unione europea ha focalizzato tre settori prioritari, che sono in rapporto diretto con le sfide e con le soluzioni considerate per le zone montane: a) cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale, b) sviluppo rurale; c) risorse umane e pari opportunità; 2) la riflessione aperta sulla gestione del territorio a scala europea attraverso lo schema di sviluppo dello spazio comunitario (SSSE); 3) i problemi delle aree montane si trovano al centro delle due priorità dell'Unione europea e cioè l'ambiente e l'occupazione.
      In particolare, l'Unione europea ha individuato alcuni orientamenti prioritari:

          a) rendere il territorio montano viabile e più attraente per le popolazioni locali e le attività economiche attraverso un approccio comunitario di compensazione dei sovracosti a livello di comunità locali. L'accento dovrà essere messo sulla necessità di assicurare le infrastrutture e i servizi essenziali oltre a nuovi servizi che rivestono un ruolo strategico per il futuro di queste regioni. Si menzionano in particolare i servizi legati alle nuove tecnologie della comunicazione e dell'informazione, grazie alle quali si possono mantenere i giovani sul posto;

          b) proteggere e valorizzare il patrimonio naturale e culturale nelle aree montane. L'obiettivo è la coesione ambientale ma anche il contributo a preservare la diversità e l'identità locale;

          c) sostenere e promuovere le basi strutturali dello sviluppo durevole delle comunità montane;

          d) sviluppare lo scambio e la cooperazione tra comunità montane a livello europeo.

      Questi obiettivi possono essere realizzati attraverso l'uso appropriato e la combinazione di più strumenti esistenti (fondi strutturali, fondi di coesione, programmi comunitari settoriali per i trasporti). Nell'applicazione di questi strumenti per le zone di montagna si dovrebbero tenere in considerazione i seguenti princìpi: 1) nel campo delle infrastrutture dei trasporti, promuovere la decentralizzazione e la creazione di reti, di sistemi d'approvvigionamento a breve distanza, di sistemi di trasporto combinati che si adattino al turismo stagionale, promuovere il trasporto su rotaia, tener conto nella pianificazione dell'accessibilità delle zone di montagna; 2) nel campo delle infrastrutture delle telecomunicazioni, delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione - questione chiave per la coesione e la gestione dello spazio a livello europeo - rovesciare la tendenza attuale che favorisce le regioni più sviluppate, e dare la possibilità e la priorità alle aree montane al fine di prevenire l'esodo dei giovani; 3) nel campo del turismo promuovere una pianificazione che tenga conto degli effetti non positivi del turismo di massa e di quello a piccola scala e favorisca la cooperazione tra tutti gli attori coinvolti, nella prospettiva di una promozione delle culture locali (prodotti locali, artigianato e habitat) e una diversificazione dell'offerta durante tutto l'anno.
      Le iniziative comunitarie citate hanno sempre la necessità di essere monitorate ed utilizzate a dovere dalle autorità che rappresentano la montagna, in forza della loro capacità di esserne forza motrice e di sviluppo. Una nuova istituzione provinciale dovrebbe perciò porsi l'obiettivo permanente di raccordarsi con le azioni comunitarie. Compito rilevante della provincia consiste nel costruire azioni di programmazione comune con gli enti locali appartenenti al proprio territorio. Sono numerosi gli ambiti nei quali esplicare questa attività di coinvolgimento, dal coordinamento della pianificazione territoriale all'ambiente, dalla promozione dello sviluppo economico al trasporto locale, all'istruzione superiore. Dall'analisi dei dati di bilancio dei comuni della Valcamonica, dell'Alto Sebino e della Valle di Scalve emergono in proposito indicazioni precise sullo stato attuale delle risorse finanziarie disponibili e sul loro impiego. I cittadini dei comuni appartenenti all'area allargata della nuova provincia sono sottoposti a pressione tributaria di poco più elevata rispetto alla media provinciale (288,50 euro) la differenza ammonta a 3 euro pro capite in più. Gli indicatori comunali di area sono più deboli rispetto a quelli dei comuni delle province di appartenenza.

Dipendenza finanziaria
Comuni dell'area
Totale Comuni BS e BG
dallo Stato
28,1
23,6
dalla regione
  3,6
  2,9
da altri enti
  1,6
  0,6

Confronto dipendenza finanziaria da Stato, regione e altri enti, valori percentuali.
Fonte: elaborazione IReR dati bilanci provinciali 2000.


      Si tratta in sintesi di indicatori che rivelano la maggior dipendenza dei comuni dell'area dai trasferimenti (statali, regionali e comunitari). Visto nel medio periodo questo aspetto rivela una dinamica più positiva per la crescita di incidenza delle altre componenti di entrata (tributi ed extratributi).

Funzioni principali
Valori assoluti
Distribuzione comuni
BS e BG
% Variaz.
rispetto totale
Amministrazione
euro 25.759.628
   33,0
  6,1
Giustizia
euro         78.714
     0,1
-0,2
Polizia locale
euro    2.904.546
     3,7
-0,6
Istruzione
euro    9.849.393
   12,6
-0,7
Cultura
euro    1.468.012
     1,9
-1,9
Sport
euro    1.729.569
     2,2
-0,2
Turismo
euro    1.106.699
     1,4
  1,0
Viabilità
euro    7.823.333
   10,0
  3,1
Territorio e ambiente
euro  16.262.324
   20,9
  1,4
Servizi sociali
euro    8.609.163
   11,0
-1,7
Sviluppo economico
euro       400.239
     0,5
  0,0
Servizi produttivi
euro    1.981.178
     2,5
-6,3
Totale
euro  77.972.799
100,0
  0,0

Comuni delle tre aree interessate alla nuova provincia della Valcamonica.
Composizione della spesa corrente per funzioni (valori percentuali medi sul 1999, 2000, 2001).


      Significative anche le distribuzioni della spesa per funzione comunale esercitata. La spesa corrente e in conto capitale considerata osserva la rilevanza delle spese per amministrazione (automantenimento) causate dalla frammentazione amministrativa e l'incidenza delle spese per il territorio e la viabilità. Limitati invece gli interventi per lo sviluppo economico e sotto la media delle province di appartenenza le azioni per l'istruzione ed il sociale. Nella spesa in conto capitale ancora rilevante l'incidenza degli interventi per il territorio e la viabilità, mentre diventa più visibile la spesa per lo sviluppo economico.

Funzioni principali
Valori assoluti
Distribuzione comuni
BS e BG
% Variaz.
rispetto totale
Amministrazione
euro    5.015.615
   11,0
-8,0
Giustizia
euro         35.587
     0,1
-0,2
Polizia locale
euro         64.030
     0,1
-0,4
Istruzione
euro    2.907.099
     6,4
-3,3
Cultura
euro       794.670
     1,7
-1,7
Sport
euro    2.595.561
     5,7
-0,5
Turismo
euro       772.324
     1,7
 0,9
Viabilità
euro  12.677.205
   27,8
 6,2
Territorio e ambiente
euro  14.625.729
   32,1
 5,9
Servizi sociali
euro    2.094.359
     4,6
-3,5
Sviluppo economico
euro    3.226.869
     7,1
 3,9
Servizi produttivi
euro       809.806
     1,8
 0,6
Totale
euro  45.618.856
100,0
 0,0

Comuni delle tre aree interessate alla nuova provincia della Valcamonica.
Composizione della spesa in conto capitale per funzioni (valori percentuali medi sul 1999, 2000, 2001).


      Si può in sintesi rimarcare come la finanza dei comuni dell'area sia contraddistinta da una maggior incidenza dei costi strutturali rispetto alle funzioni di servizio maggiormente rivolte ai cittadini. Sostanzialmente si tratta di amministrazioni con sviluppo incrementale delle spese e qualche difficoltà ad utilizzare le leve impositive già superiori a quelle provinciali. Godono sostanzialmente del basso numero di abitanti che consente un maggior livello pro capite di investimenti mentre il livello di spesa corrente è sotto la media provinciale. Il primato degli interventi per la gestione del territorio e dell'ambiente inoltre lascia bassa la spesa per l'istruzione, la cultura, i servizi sociali e produttivi. Per tener conto di questi aspetti il progetto di provincia richiederà tre livelli programmatici: 1) forte identificazione con i temi di area vasta per coordinare gli interventi rivolti al territorio e all'ambiente; 2) rafforzamento delle azioni finalizzate allo sviluppo economico; 3) impegno per affrontare l'attuale «impari» opportunità nella fruizione dei servizi alla persona.
      Per concludere l'analisi vengono fornite alcune indicazioni di massima circa le disponibilità finanziarie delle comunità

montane appartenenti all'area della nuova provincia. In questo caso può essere utile confrontare le entrate al netto dei trasferimenti comunali per non appesantire con inutili raddoppi l'entità delle risorse sul territorio. Emergono differenze tra le aree bergamasche rispetto a quelle bresciane. Si può comunque rimarcare il peso globale delle risorse a disposizione di questo livello istituzionale intermedio e la necessità che nel definire compiutamente l'ipotesi di nuova provincia si ponga in evidenza il tema del coordinamento degli interventi con queste istituzioni locali titolari di funzioni di livello sovracomunale nei territori montani.

Comunità montana
1998
1999
2000
2001
Valcamonica
Pro capite
euro  3.777.132
euro  2.753.776
euro  3.700.702
euro  4.356.490
euro            39,4
euro            28,7
euro            38,5
euro            45,3
Alto Sebino
Pro capite
euro      638.951
euro      738.936
euro      689.881
euro      859.708
euro            22,1
euro            25,5
euro            23,7
euro            29,5
Val Di Scalve
Pro capite
euro      692.544
euro      722.224
euro      693.245
euro      697.798
euro           154,8
euro          161,0
euro          154,4
euro          155,6
Totale com. montane
Pro capite
euro  5.108.627
euro  4.214.935
euro  5.083.828
euro  5.913.996
euro            39,5
euro            32,5
euro            39,2
euro            45,6

Entrate da trasferimenti netti - Entrate correnti totali e pro capite delle comunità montane diverse dai trasferimenti comunali.


Comunità montana
1998
1999
2000
2001
Valcamonica
Pro capite
euro      487.699
euro      768.578
euro      902.856
euro      775.937
euro               5,1
euro               8,0
euro               9,4
euro               8,1
Alto Sebino
Pro capite
euro        97.712
euro        81.743
euro        96.348
euro        92.055
euro               3,4
euro               2,8
euro               3,3
euro               3,2
Val di Scalve
Pro capite
euro      224.997
euro      243.924
euro      286.242
euro      266.212
euro             50,3
euro             54,4
euro             63,8
euro             59,3
Totale com. montane
Pro capite
euro      810.407
euro  1.094.245
euro  1.285.446
euro  1.134.204
euro               6,3
euro               8,4
euro               9,9
euro               8,7

Entrate extra tributarie - Entrate correnti totali e pro capite delle comunità montane diverse dai trasferimenti comunali.


Comunità montana
1998
1999
2000
2001
Valcamonica
Pro capite
euro  4.264.831
euro  3.522.354
euro  4.603.558
euro  5.132.427
euro             44,5
euro             36,7
euro             47,9
euro             53,3
Alto Sebino
Pro capite
euro      736.663
euro      820.678
euro      786.229
euro      951.763
euro             25,5
euro             28,3
euro             27,0
euro             32,7
Val di Scalve
Pro capite
euro      917.541
euro      966.148
euro      979.487
euro      964.011
euro           205,1
euro           215,4
euro           218,1
euro           214,9
Totale com. montane
Pro capite
euro  5.919.035
euro  5.309.180
euro  6.369.274
euro  7.048.201
euro             45,8
euro             41,0
euro             49,1
euro             54,3

Entrate correnti - Entrate correnti totali e pro capite delle comunità montane diverse dai trasferimenti comunali.


Comunità montana
1998
1999
2000
2001
Valcamonica
Pro capite
euro  3.236.846
euro  8.931.808
euro  4.746.252
euro  6.592.884
euro               34
euro               93
euro               49
euro               69
Alto Sebino
Pro capite
euro      889.594
euro  1.245.468
euro      967.778
euro  1.270.158
euro               31
euro               43
euro               33
euro               44
Val di Scalve
Pro capite
euro      792.592
euro  1.590.602
euro      430.640
euro  1.002.408
euro             177
euro             355
euro               96
euro             223
Totale com. montane
Pro capite
euro  4.919.032
euro 11.767.878
euro  6.144.669
euro  8.865.450
euro               38
euro               91
euro               47
euro               68

Entrate in conto capitale - Entrate correnti totali e pro capite delle comunità montane diverse dai trasferimenti comunali.


      Quando si avvia il dibattito sulla possibile istituzione di una nuova provincia, la prima domanda che l'opinione pubblica si pone è se il nuovo ente sia proprio utile e quali vantaggi comporterà la sua istituzione. Il dibattito, in fondo, ha molti punti in comune con quello (mai definitivamente tramontato a partire dal varo della Costituzione) sull'utilità dell'ente provincia nell'organizzazione del nostro Stato. Il legislatore sembra aver messo un punto fermo sulla questione con la legge costituzionale n. 3 del 2001, nel momento in cui ha sancito che (articolo 114) «la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato». Con questa affermazione di principio è stato definitivamente sancito il ruolo di rappresentanza territoriale delle province e, di rimando, è stato riconosciuta loro l'esercizio di una funzione non sostituibile. Ma il problema non è tanto stabilire se l'istituzione di una nuova provincia sia in astratto evento positivo, quanto se una nuova provincia possa essere, soprattutto per il territorio interessato, un'occasione da perseguire o un rischio da evitare. Un primo tangibile elemento di indubbio vantaggio è costituito dalla delocalizzazione degli uffici dello stato e della regione. L'articolo 21, comma 3, lettera f) del testo unico sull'ordinamento degli enti locali dispone che «l'istituzione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici». Sembrerebbe, quindi, che il vantaggio di cui sopra possa essere reso sterile da una volontà politica contraria (che, peraltro, trova fondamento in una norma di legge). In effetti, prendendo in esame quanto è accaduto in alcune delle province istituite nel 1992 osserviamo che il processo devolutivo degli uffici statali e degli altri enti pubblici è stato portato a compimento praticamente per tutti gli uffici principali.

Province
Lodi
Biella
Prato
Vibo
Crotone
Verbano
Rimini
Lecco
Prefettura
Questura
CCIAA
Comando prov. Carabinieri
Comando prov. Guardia
di finanza
Direzione prov. del lavoro
Centro Servizi Amministrativi
INPS
INPDAP
INAIL

Localizzazione di uffici periferici dello Stato e delle regioni nelle province di recente istituzione.


      La maggiore vicinanza di uffici statali e regionali rispetto alla provincia madre comporta minori disagi per i cittadini nei rapporti con tali uffici. Ma non solo. Le stesse istituzioni ne trovano beneficio laddove il governo del territorio richieda una concertazione (o almeno un coordinamento) in termini di sviluppo, di sicurezza sociale, di tempestività degli interventi, di presidio e salvaguardia degli interessi del territorio. Quanto appena detto apre la strada ad un altro tema cui è opportuno fare cenno: quello della rappresentanza istituzionale, legittimata dal voto popolare, nei confronti (in primis) della provincia madre, ma anche di tutte le altre istituzioni del settore pubblico e dei soggetti rappresentativi degli interessi di categorie sociali ed economiche. In altre parole, essere rappresentanti di una comunità territoriale aumenta notevolmente la capacità di incidere nelle (o, almeno, influenzare le) decisioni che altri livelli devono prendere, nell'interesse della stessa comunità. Questo presupposto indubbiamente non può che: 1) agevolare la capacità programmatoria e pianificatoria (principale «vocazione» di una provincia) rendendola più incisiva; 2) aumentare le potenzialità di investimento che, nel lungo periodo, sono una delle leve più importanti dello sviluppo di un territorio. Spesso, le istanze di istituzione di nuove province partono dalla sensazione vissuta dai territori periferici rispetto alla provincia madre di non avere sufficiente attenzione e sufficiente referenza. Il territorio, in pratica, si sente trascurato (a torto o a ragione) dal centro e addebita tale stato alla mancanza di una rappresentanza istituzionale che faccia da punto di riferimento. La nascita di una nuova provincia aiuta a colmare questa asimmetria di percezione e di programmazione sostanziale fornendo una rappresentanza istituzionale alle istanze del territorio. La nascita di una nuova provincia inevitabilmente suscita aspettative più o meno forti nel territorio. Ma, al contrario di quanto può succedere per un comune, le attese sono molto più marcate non tanto nei cittadini comuni, quanto in altre categorie portatrici di interessi. Quelle che, inevitabilmente, sono destinate a relazionarsi con la provincia e ad attendersi, da questa, le giuste risposte. Ci si riferisce soprattutto ai comuni, alle associazioni di categoria, al mondo della scuola (per l'edilizia scolastica), agli operatori e ai rappresentanti dei sistemi che richiedono risposte di scala intermedia. È quindi richiesto di condividere con il territorio le scelte più rilevanti e di costruire in forma di co-partecipazione i risultati attesi.
      Il progetto di nuova provincia trae convinzione dallo stato attuale della montagna (lombarda ma non solo) e dalla constatazione delle asimmetrie che vivono questi territori a proposito della fruizione di servizi, delle opportunità di sviluppo, del rapporto con le aree più sviluppate della regione. Uno dei maggiori problemi con cui le aree montane si devono confrontare è proprio quello relativo alla loro sostanziale «debolezza istituzionale», retaggio probabilmente di una insufficiente visione della montagna come sistema capace di decidere, programmare e auto-finanziare il proprio sviluppo. Questo anche per l'annosa assenza di soggetti dotati di strumenti decisionali e finanziari adatti a governare efficacemente le dinamiche socio-economiche e definire percorsi di crescita della montagna. La nuova provincia potrebbe costituire una risposta a queste istanze. Se venisse costituita, superando il confronto ed il conflitto che si genererà con gli altri livelli istituzionali implicati, la nuova istituzione si troverà a governare direttamente le risorse ora destinate a questo territorio, ma affidate ad altri enti. La gestione diretta potrebbe migliorare la finalizzazione di tali risorse e definire logiche e priorità dell'azione pubblica più condivise dalle comunità locali. In una interpretazione positiva del progetto di legge in esame potrebbe crescere la capacità di meglio rispondere alle necessità dei cittadini residenti nel territorio e di adempiere al meglio le funzioni istituzionali. Un aspetto non secondario è quello che, dopo la fase di avvio, si determinerebbero condizioni per l'attrazione di risorse aggiuntive da destinare al territorio. Se questa capacità di attrazione avesse successo, come avvenuto nelle province di recente costituzione, il territorio beneficerebbe di maggiori investimenti. Se il progetto venisse costruito anche, se non specialmente, con riferimento ai temi del rilancio della montagna lombarda, la nuova provincia sarebbe la seconda interamente montana in Lombardia dopo quella di Sondrio (e l'ottava provincia lombarda per estensione) e le politiche che vi verrebbero attuate potrebbero diventare rappresentative di modelli diversi e innovativi per i territori montani.
      Un'ultima considerazione: la creazione della provincia di Valcamonica avrebbe benèfici effetti non solo per l'area interessata, che si troverebbe svincolata dall'eccessiva dipendenza, ormai anacronistica, dal capoluogo, ma anche per la stessa provincia di Brescia. La presente proposta di legge di istituzione della provincia di Valcamonica, integrando e modificando quelle presentate nel corso della XII, XIII e XIV legislatura, amplia il territorio interessato dalla Valcamonica all'Alto Sebino e alla Val di Scalve al fine di meglio rispondere alle esigenze di sviluppo, convivenza civile e crescita sociale delle popolazioni di questi comuni.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Nell'ambito della regione Lombardia, è istituita la provincia di Valcamonica, con capoluogo Breno.
      2. La circoscrizione territoriale della provincia di Valcamonica comprende i comuni di: Azzone, Bossico, Castro, Colere, Costa Volpino, Fonteno, Lovere, Pianico, Riva Di Solto, Rogno, Schilpario, Solto Collina, Sovere, Vilminore Di Scalve, Angolo Terme, Artogne, Berzo Demo, Berzo Inferiore, Bienno, Borno, Braone, Breno, Capo Di Ponte, Cedegolo, Cerveno, Ceto, Cevo, Cimbergo, Cividate Camuno, Corteno Golgi, Darfo Boario Terme, Edolo, Esine, Gianico, Incudine, Losine, Lozio, Malegno, Malonno, Monno, Niardo, Ono San Pietro, Ossimo, Paisco Loveno, Paspardo, Pian Camuno, Piancogno, Pisogne, Ponte Di Legno, Prestine, Saviore Dell'Adamello, Sellero, Sonico, Temù, Vezza D'Oglio, Vione.
      3. Ulteriori comuni delle province di Bergamo e di Brescia, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono fare richiesta al Ministro dell'interno di essere inclusi nella circoscrizione di cui al comma 2.

Art. 2.

      1. Le province di Bergamo e di Brescia procedono alla ricognizione delle proprie dotazioni organiche di personale e deliberano lo stato di consistenza del proprio patrimonio ai fini delle conseguenti ripartizioni, da effettuare con apposite deliberazioni di giunta, in proporzione sia al territorio sia alla popolazione trasferiti alla nuova provincia.

Art. 3.

      1. Le prime elezioni del presidente della provincia e del consiglio provinciale di Valcamonica hanno luogo entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le elezioni per il rinnovo dei medesimi organi hanno luogo in concomitanza con le elezioni per il rinnovo dei consigli provinciali del restante territorio dello Stato.

Art. 4.

            1. Fino alla elezione del presidente della provincia e del consiglio provinciale, ai sensi dell'articolo 3, i provvedimenti necessari per consentire il funzionamento della nuova amministrazione sono adottati da un commissario ad acta, nominato con decreto del Ministro dell'interno.

Art. 5.

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Presidente del Consiglio dei ministri sentiti il Ministro dell'interno e la regione Lombardia, adotta con proprio decreto i provvedimenti occorrenti per l'attivazione, nella provincia di Valcamonica, degli uffici periferici dello Stato, utilizzando il personale che, alla data del 1o gennaio 2008, ricopre un posto in organico nelle corrispondenti sedi relative alle province di Bergamo e di Brescia.
      2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i Ministri interessati, provvede, altresì, alle occorrenti variazioni dei ruoli del personale delle rispettive amministrazioni.

Art. 6.

      1. Gli atti e gli affari amministrativi pendenti, alla data di inizio del funzionamento degli uffici di cui all'articolo 5, presso l'ufficio territoriale del Governo e gli altri organi dello Stato costituiti nell'ambito delle province di Bergamo e di Brescia e relativi a cittadini ed enti dei comuni di cui all'articolo 1 sono attribuiti alla competenza dei rispettivi organi ed uffici costituiti nell'ambito della provincia di Valcamonica.

Art. 7.

      1. Le spese per i locali e per il funzionamento dei nuovi uffici ed organi provinciali dello Stato sono poste a carico delle pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 2008.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 8.

      1. Il Governo è autorizzato a procedere alla revisione delle circoscrizioni finanziarie e giudiziarie della provincia di Valcamonica al fine di armonizzarle con l'ordinamento territoriale della provincia stessa, sentito il parere della regione Lombardia.

Art. 9.

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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