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PDL 4829

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4829



 

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DISEGNO DI LEGGE

presentato dal presidente del consiglio dei ministri
e ministro dell'economia e delle finanze
(MONTI)

dal ministro del lavoro e delle politiche sociali
(FORNERO)

e dal ministro dello sviluppo economico
(PASSERA)

di concerto con il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
(CLINI)

e con il ministro per i rapporti con il parlamento
(GIARDA)

Conversione in legge del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici

Presentato il 6 dicembre 2011
 

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Onorevoli Deputati! — Il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, reca disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.

Articolo 1.
      Al fine di incentivare il rafforzamento della struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo italiano, la norma intende fornire un aiuto alla crescita economica volto a riequilibrare il trattamento fiscale tra imprese che si finanziano con debito e imprese che si finanziano con capitale proprio.
      Anticipando quanto previsto dal disegno di legge di delega per la riforma fiscale e assistenziale (atto Camera n. 4566), la norma introduce una riduzione del prelievo delle imposte sui redditi commisurata al nuovo capitale immesso nell'impresa sotto forma di conferimenti in denaro da parte dei soci o di destinazione di utili a riserva.
      La misura esclude dalla base imponibile del reddito d'impresa il rendimento nozionale riferibile ai nuovi apporti di capitale di rischio e agli utili accantonati a riserva, secondo il modello cosiddetto ACE (Allowance for Corporate Equity): il rendimento è fissato al 3 per cento per il primo triennio. Si tratta, quindi, di un meccanismo di riequilibrio del carico fiscale relativo alle diverse fonti di finanziamento di natura incrementale in modo che non siano beneficiati, ex post, gli attuali azionisti. Per le imprese di nuova costituzione l'incremento è costituito dall'intero patrimonio conferito.
      Il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio si determina, ai sensi del comma 2, mediante applicazione dell'aliquota percentuale alla variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2010. Tale aliquota, fissata in via transitoria per il primo triennio di applicazione al 3 per cento, dal quarto periodo di imposta è determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio di ogni anno, tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabili di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior rischio.
      L'ambito di applicazione (comma 1) di tale regime agevolativo è costituito dalle società di capitali e dagli enti commerciali indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. Il regime si applica altresì al reddito d'impresa di persone fisiche e di società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria (comma 7), con le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Per le società e gli enti commerciali di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), del medesimo testo unico, il regime si applica relativamente alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.

Articolo 2.
      La norma ha lo scopo di affermare, in deroga al principio generale di indeducibilità dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) dalle imposte statali già affermato dall'articolo 1, comma 43, della legge n. 242 del 2007 e dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, la deducibilità, ai fini

 

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delle imposte sui redditi, dell'IRAP gravante sul costo sostenuto dalle imprese e dai professionisti per il personale dipendente e assimilato.
      In particolare, la norma consente, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012, la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi delle società (IRES) e delle persone fisiche (IRPEF) di una quota parte dell'IRAP dovuta, corrispondente all'imposta analiticamente calcolata sul costo per lavoro dipendente e assimilato. La deducibilità è ammessa a favore di tutti i soggetti che determinano la base imponibile secondo i criteri ordinari.
      Risultano, pertanto, compresi anche i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere e) ed e-bis) del decreto legislativo n. 446 del 1997 (gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, nonché le amministrazioni pubbliche) con riferimento all'esercizio di attività commerciali.
      Il comma 2, lettera a), della disposizione, modificando l'articolo 11, comma 2, lettera a), numero 2), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, prevede, al fine di incentivare l'occupazione femminile e giovanile, l'aumento da euro 4.600 a euro 10.600 dell'importo ammesso in deduzione per il calcolo della base imponibile IRAP per ogni lavoratore di sesso femminile, nonché per i lavoratori di età inferiore ai 35 anni, impiegati a tempo indeterminato nel periodo di imposta considerato.
      Tale agevolazione spetta ai soggetti passivi dell'IRAP di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, con esclusione delle imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento, nonché delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle amministrazioni della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e degli organi legislativi delle regioni a statuto speciale.
      Il comma 2, lettera b), della disposizione, modificando l'articolo 11, comma 1, lettera a), numero 3), del decreto legislativo n. 446 del 1997, sempre al fine di incentivare l'occupazione femminile e giovanile, prevede, con riguardo ai soggetti passivi dell'IRAP fiscalmente domiciliati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, l'aumento fino a euro 15.200 dell'importo ammesso in deduzione, per il calcolo della base imponibile dell'IRAP, per ogni lavoratore di sesso femminile, nonché per i lavoratori di età inferiore ai 35 anni, impiegati a tempo indeterminato nel periodo di imposta considerato.
      Tale agevolazione spetta ai soggetti passivi dell'IRAP, di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, con esclusione delle banche, degli altri enti finanziari, delle imprese di assicurazione e delle imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti, nonché delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle amministrazioni della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e degli organi legislativi delle regioni a statuto speciale.
      Il comma 3 della disposizione prevede che le agevolazioni di cui al comma 2 si applicano a decorrere dal periodo di imposta 2012.

Articolo 3.
      La disposizione normativa in esame si inserisce a pieno titolo nell'alveo delle

 

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misure di sostegno della crescita economica, volte a creare le premesse di un serio e programmatico rilancio dell'economia reale nel nostro Paese.
      La ratio ispiratrice di siffatto articolato normativo risiede nell'esigenza di accelerare un percorso di crescita e di sviluppo socio-economico, in coerenza con l'impianto strategico del Piano di azione coesione, concordato con le regioni e inviato alla Commissione europea il 15 novembre, nel quadro degli impegni assunti in occasione del Vertice dei Paesi euro del 26 ottobre 2011.
      Nel dettaglio, l'articolato in questione assolve la primaria funzione di allentare i vincoli che frenano la spesa delle autonomie locali, successivamente all'adozione delle regole del Patto di stabilità interno, attraverso le quali le regioni e gli enti locali concorrono al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica assunti in sede europea con l'adesione al Patto europeo di stabilità e crescita. In tale ottica, la presente disposizione integra l'articolo 32 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità per il 2012) che, nel dettare la disciplina del Patto di stabilità per le regioni e le province autonome per gli anni 2012 e successivi, individua alcune tipologie di spesa da escludere dalla determinazione del complesso delle spese finali in termini di competenza e di cassa (per le regioni e province autonome), rilevante ai fini della verifica del rispetto del medesimo Patto.
      L'ampliamento del numero di deroghe consentite all'applicazione delle regole del suaccennato Patto mira ad accelerare la dinamica della spesa pubblica per gli investimenti e per lo sviluppo. Tale accelerazione avrebbe un significativo impatto positivo in quanto consentirebbe di accelerare la realizzazione di servizi collettivi (scuola, banda larga, ferrovie, ricerca, infrastrutture intangibili per l'innovazione e l'inclusione, altre infrastrutture di trasporto).
      Nello specifico, il comma 1 della presente disposizione novella il comma 4 del sopra richiamato articolo 32, introducendo la lettera o), con la quale si prevede, per il triennio 2012-2014, limitatamente ad un importo di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni indicati, l'esclusione dal complesso delle spese finali delle regioni, rilevante ai fini della verifica del rispetto del Patto, delle spese effettuate a valere sui cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali dell'Unione europea. L'esclusione, in tal caso, riguarderebbe in misura prevalente, il fondo per l'attuazione delle politiche comunitarie di cui alla legge n. 183 del 1987. Tale fondo provvede ad erogare, alle condizioni previste dalla richiamata legge, alle amministrazioni pubbliche e agli operatori pubblici e privati interessati la quota di finanziamento a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione dei programmi di politica comunitaria e può, altresì, concedere ai soggetti titolari dei progetti compresi nei programmi medesimi, che ne facciano richiesta, anticipazioni a fronte dei contributi spettanti a carico del bilancio dell'Unione europea.
      Per le regioni ricomprese nell'Obiettivo Convergenza e nel regime di phasing in nell'Obiettivo Competitività, di cui al regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, tale esclusione è subordinata all'accordo fra il Ministro per la coesione territoriale e i presidenti delle regioni interessate, entro il 15 dicembre 2011, sull'attuazione del Piano di azione coesione del 15 novembre 2011.
      Il comma 2, al fine compensare gli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, derivanti dall'accelerazione della sopra accennata spesa, prevede l'istituzione, per gli anni 2012, 2013 e 2014, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un fondo denominato «Fondo di compensazione per gli interventi volti a favorire lo sviluppo» con una dotazione annua, in termini di sola cassa, di 1.000 milioni di euro, ripartita tra le singole regioni sulla base della chiave di riparto tra programmi operativi regionali dei fondi strutturali 2007-2013. All'utilizzo del predetto fondo si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro per la coesione territoriale, da
 

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comunicare al Parlamento e alla Corte dei conti, su richiesta dell'amministrazione interessata, sulla base dell'ordine cronologico delle richieste ed entro i limiti della dotazione.
      Il comma 4 prevede un incremento della dotazione del Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese di 400 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014.
      Il comma 5 dispone un intervento finanziario per il sostegno delle attività di credito all'esportazione.

Articolo 4.
      L'articolo 4, comma 1, modifica il testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, inserendo, con la lettera c), un nuovo articolo 16-bis, al fine di introdurre una detrazione dall'imposta lorda sui redditi delle persone fisiche pari al 36 per cento delle spese sostenute per taluni interventi di recupero del patrimonio edilizio nonché volti al miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici.
      Sono riproposte, nella sostanza, le norme relative alla detrazione spettante per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio – introdotta dall'articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 – nonché quelle relative alla detrazione spettante agli acquirenti o agli intestatari degli immobili facenti parti di fabbricati interamente ristrutturati da imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, introdotta dall'articolo 9, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, successivamente prorogate.
      Attualmente, ai sensi dell'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, come modificato dall'articolo 2, comma 10, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le predette detrazioni spettano:

          a) per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2012 per interventi di recupero del patrimonio edilizio;

          b) relativamente agli interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati, eseguiti entro il 31 dicembre 2012 da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile entro il 30 giugno 2013.

      Nel nuovo articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi restano confermati non solo l'ambito, soggettivo ed oggettivo, di applicazione delle disposizioni sopra elencate ma anche le condizioni di spettanza del beneficio fiscale, così da consentire di fare salvo il consolidato orientamento di prassi formatosi in materia.
      La detrazione, pertanto, spetta ai contribuenti assoggettati all'imposta sul reddito delle persone fisiche, residenti o meno nel territorio dello Stato, che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono stati effettuati gli interventi previsti dalle disposizioni in argomento e che hanno sostenuto le relative spese, se le stesse sono rimaste a loro carico. Come già precisato, restano confermati gli orientamenti di prassi espressi al riguardo: pertanto, ad esempio, la detrazione spetta, tra l'altro, non solo al proprietario o al nudo proprietario dell'immobile ma anche al titolare di un diritto reale sullo stesso (uso, usufrutto, abitazione), nonché all'inquilino o al comodatario. La detrazione compete anche al familiare convivente del possessore o detentore dell'immobile sul quale vengono effettuati i lavori, che ha sostenuto le relative spese.
      Il limite di spesa, sul quale è possibile calcolare la detrazione, è fissato in 48.000 euro per ciascuna unità immobiliare. Trattandosi di un limite complessivo, qualora più soggetti realizzino interventi sulla medesima unità immobiliare, la detrazione dovrà comunque essere calcolata sul limite massimo di spesa pari a 48.000 euro e ripartita tra gli aventi diritto.
      Nei commi da 1 a 3 del nuovo articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi sono elencati gli interventi che danno diritto alla detrazione. Si tratta,

 

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come già precisato, dei medesimi interventi già ammessi alla detrazione di cui all'articolo 1 della legge n. 449 del 1997 e all'articolo 9, comma 2, della legge n. 448 del 2001.
      È stata, peraltro, introdotta una nuova fattispecie agevolabile, ammettendo alla detrazione ogni altro intervento necessario alla ricostruzione o al ripristino degli immobili danneggiati a seguito di eventi calamitosi. In tale ultimo caso, tuttavia, la detrazione spetta sempreché sia stato dichiarato lo stato di emergenza a seguito del verificarsi dell'evento medesimo.
      I successivi commi del nuovo articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi disciplinano, in via generale, le modalità applicative della detrazione in argomento. In particolare:

          nel comma 4 viene espressamente stabilito che, qualora gli interventi realizzati in ciascun anno consistano nella mera prosecuzione di interventi iniziati in anni precedenti, ai fini della determinazione dell'importo massimo di spese sulle quali calcolare la detrazione si deve tener conto anche delle spese già sostenute negli stessi anni;

          nei commi 5 e 6 viene stabilita la riduzione del 50 per cento, rispettivamente, della detrazione spettante per interventi realizzati su unità immobiliari residenziali adibite promiscuamente all'esercizio dell'arte o della professione, ovvero all'esercizio dell'attività commerciale, e delle agevolazioni già previste per gli immobili oggetto di vincolo ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, qualora gli interventi riguardino i predetti immobili vincolati;

          nel comma 7 viene stabilito che la detrazione deve essere ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo a partire dall'anno in cui sono state sostenute le spese;

          nel comma 8 viene previsto che, in caso di vendita dell'unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi agevolabili di cui al comma 1, effettuata prima che il venditore abbia fruito di tutte o di alcune delle quote di detrazione spettanti per i singoli periodi d'imposta, la detrazione non utilizzata in tutto o in parte è trasferita per i rimanenti periodi di imposta alla persona fisica acquirente dell'unità immobiliare. È consentito, tuttavia, che le parti si accordino diversamente stabilendo che la detrazione possa continuare ad essere fruita dal venditore. Per espressa previsione, inoltre, in caso di decesso dell'avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all'erede che conservi la detenzione materiale e diretta del bene;

          il comma 9 richiama espressamente il decreto interministeriale 18 febbraio 1998, n. 41, con il quale sono state individuate le norme di attuazione della detrazione spettante per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui al citato articolo 1 della legge n. 449 del 1997, facendo salve le modalità applicative già previste per la predetta agevolazione. Per effetto di tale richiamo, la detrazione per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio spetta sempreché siano posti in essere gli adempimenti ivi previsti. Pertanto, ad esempio, per fruire della detrazione, il pagamento delle spese deve essere effettuato, a pena di decadenza dall'agevolazione, con bonifico bancario o postale dal quale risultino la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione e il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del beneficiario. I contribuenti, inoltre, sono tenuti, tra l'altro, ad indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell'immobile e se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell'atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti ai fini del controllo della detrazione nonchè a conservare ed esibire a richiesta degli uffici i documenti indicati nel provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate 2 novembre 2011;

          il comma 10, infine, demanda ad un eventuale successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione

 

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di ulteriori modalità attuative delle disposizioni in argomento.

      Le lettere a), b) e d) del comma 1 dell'articolo 4 del decreto-legge recano norme di coordinamento con la modifica introdotta dal citato comma 1, lettera c), intervenendo, rispettivamente, sugli articoli 11, 12 e 24 del testo unico delle imposte sui redditi.
      In coerenza con l'entrata in vigore delle nuove disposizioni, fissata al 1o gennaio 2012 dal comma 5 dell'articolo in commento, il comma 2 interviene sull'articolo 1, comma 17, della legge n. 244 del 2007 – ai sensi del quale la detrazione per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio nonché quella riguardante gli acquirenti o gli intestatari degli immobili facenti parti di fabbricati interamente ristrutturati da imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie spettano fino al 31 dicembre 2012 – al fine di prevedere che la disciplina ivi contenuta si renda applicabile fino al 31 dicembre 2011.
      Il comma 3 dell'articolo in commento, infine, richiama le disposizioni di cui all'articolo 25 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, con le quali – al fine di contrastare la sottrazione di materia imponibile da parte di coloro che rendono prestazioni per le quali i committenti beneficiano di vantaggi fiscali – è previsto che le banche e la società Poste italiane Spa operano una ritenuta a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, con obbligo di rivalsa, all'atto dell'accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d'imposta.
      Con il comma 4 viene prorogata fino al 31 dicembre 2012 la detrazione per le spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, prevista dall'articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010 nella misura del 55 per cento. A decorrere dal 1o gennaio 2013 la predetta detrazione resta confermata a regime per effetto della novella recata dal comma 1, lettera h), del predetto articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, nella misura del 36 per cento.
      Infine, il comma 5 fissa l'entrata in vigore delle nuove disposizioni al 1o gennaio 2012.

Articolo 5.
      L'articolo 5 prevede la revisione, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi entro il 31 maggio 2012, delle modalità di determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) in modo da rafforzare la rilevanza degli elementi di ricchezza patrimoniale della famiglia nonché della percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale.
      Si prevede altresì la necessità di individuare, con il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, le agevolazioni che a decorrere dal 2013 non potranno più essere riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore alla nuova soglia.

Articolo 6.
      Ferma restando la tutela derivante dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, l'articolo 6 prevede l'abrogazione degli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata.
      La norma non si applica al personale del comparto sicurezza-difesa e soccorso pubblico né ai procedimenti attualmente in corso.

Articolo 7.
      La norma autorizza il Presidente della Repubblica ad accettare gli emendamenti all'Accordo istitutivo della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), adottati con le risoluzioni n. 137 e n. 138 del 30 settembre 2011 dai Governatori della suddetta Banca, e incarica il Ministro dell'economia e delle finanze dell'esecuzione della presente disposizione. È data

 

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piena e esecuzione ai suddetti emendamenti.
      Si autorizza la spesa di 87,642 milioni di euro nell'anno 2012, di 125,061 milioni di euro per il 2013 e di 121,726 milioni di euro nel 2014 per consentire l'adempimento degli impegni dello Stato italiano derivanti dalla partecipazione a banche e fondi internazionali (comma 2). La copertura degli oneri è assicurata da una corrispondente riduzione, per gli anni 2012, 2013 e 2014, dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze per l'anno 2012, utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      Il comma 3 prevede il versamento all'entrata del bilancio dello Stato, fino al 2017, di una somma complessiva pari a 226 milioni di euro delle disponibilità giacenti sul conto corrente di tesoreria di cui all'articolo 7, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 143 del 1998, per finanziare la partecipazione italiana agli aumenti di capitale nelle banche multilaterali di sviluppo.

Articolo 8.
      L'articolo 8 introduce alcune misure, attivabili fino al 30 giugno 2012, volte a ripristinare l'accesso alle fonti di finanziamento a medio-lungo termine da parte delle banche.
      Le esigenze alla base del provvedimento trovano saldo fondamento sia sul piano nazionale, alla luce dell'articolo 47 della Costituzione, sia nel quadro comunitario, in linea con le comunicazioni della Commissione europea che contengono gli orientamenti sui criteri per la valutazione della compatibilità del sostegno pubblico agli enti finanziari con il disposto dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
      Si tratta delle seguenti: la Comunicazione sull'applicazione delle regole in materia di aiuti di Stato alle misure adottate per le istituzioni finanziarie nel contesto dell'attuale crisi finanziaria mondiale (2008/C 270/02); la Comunicazione sulla ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie nel contesto dell'attuale crisi finanziaria (2009/C 10/03); la Comunicazione sul trattamento delle attività che hanno subito una riduzione di valore nel settore bancario comunitario (2009/C 72/01) e la Comunicazione sul ripristino della redditività e la valutazione delle misure di ristrutturazione del settore finanziario nel contesto dell'attuale crisi in conformità alle norme sugli aiuti di Stato (2009/C 195/04). Il 7 dicembre 2010 è stata, inoltre, adottata una quinta comunicazione, relativa all'applicazione, dal 1o gennaio 2011, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria (2010/C 329/07). Tale comunicazione ha esteso, con alcune modifiche, fino al 31 dicembre 2011, la validità della precedente comunicazione sulla ristrutturazione, l'unica delle quattro per la quale era stata specificata una data di scadenza.
      La gravità della crisi di liquidità delle banche ha indotto la Commissione europea ad aggiornare le norme esistenti sotto diversi aspetti. In data 1o dicembre 2011 è stata, pertanto, adottata la Comunicazione C(2011) 8744, che definisce il nuovo quadro regolamentare per il rilascio delle garanzie sulle passività bancarie. In particolare, la nuova comunicazione introduce nuovi criteri di prezzo per le banche che vogliono usufruire di garanzie statali, con riferimento alle operazioni realizzate a partire dal 1o gennaio 2012.
      Le soluzioni contemplate sono, inoltre, in linea con gli indirizzi, approvati dai Capi di Stato e di Governo nel vertice del 26 ottobre 2011, sul pacchetto di misure intese a ristabilire la fiducia nel settore bancario attraverso, tra l'altro, la concessione di garanzie sulle passività bancarie al fine di fornire, ove opportuno, un maggior sostegno alle banche nell'accesso al finanziamento a termine, evitando pertanto un'erosione del credito.
      Con la disposizione di cui al comma 1, il Ministro dell'economia e delle finanze è

 

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autorizzato a concedere, a partire dal 1o gennaio 2012, la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane, purché risultanti da operazioni di finanziamento poste in essere successivamente all'entrata in vigore del decreto-legge e con scadenza da tre mesi fino a cinque anni, o a sette anni qualora si tratti di obbligazioni bancarie garantite di cui all'articolo 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130. La garanzia statale, in base al comma 2, viene concessa sulla base di una valutazione tecnica della Banca d'Italia, tesa sostanzialmente a verificare che l'operazione si risolva in un approvvigionamento di liquidità in un contesto di adeguatezza patrimoniale della banca beneficiaria e di capacità di quest'ultima di far fronte alle obbligazioni assunte.
      Il comma 3 dispone che la garanzia di cui al comma 1 è incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta.
      Il comma 4 contiene le disposizioni contabili per la concessione della garanzia, prevedendo l'elencazione di tale strumento di intervento nell'allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di cui alla legge 31 dicembre 2009 n. 196.
      Il comma 5 individua le istituzioni bancarie nei cui confronti può essere concessa la garanzia statale. Gli istituti che possono beneficiare della misura sono le banche italiane, ossia le banche aventi sede legale in Italia.
      La disposizione di cui al comma 6 limita l'ammontare delle garanzie concesse dallo Stato a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine delle banche. La norma prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze effettui, con il supporto della Banca d'Italia, un monitoraggio semestrale volto a verificare la necessità del mantenimento in vigore della misura e l'esigenza di eventuali modifiche operative. È previsto l'invio dei risultati di tali verifiche alla Commissione europea. Si prevede, inoltre, la presentazione, entro il 15 aprile 2012, di un rapporto sintetico sul funzionamento dello schema di garanzia e sulle emissioni garantite e non garantite delle banche da parte del Ministero dell'economia e delle finanze.
      Il comma 7 prevede che le banche beneficiarie devono svolgere la propria attività in modo da non abusare del sostegno ricevuto né conseguire indebiti vantaggi per il tramite dello stesso, in particolare nelle comunicazioni commerciali rivolte al pubblico. La Banca d'Italia verificherà il rispetto di tali condizioni.
      Il comma 8 prevede l'esclusione dall'ammissione alla garanzia da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, su segnalazione della Banca d'Italia, per le banche che abusino del sostegno ricevuto e conseguano indebiti vantaggi.
      Con la disposizione del comma 9 si stabilisce l'ammontare massimo delle operazioni coperte da garanzia statale che, per ciascuna banca, non deve superare, di norma, il patrimonio di vigilanza della banca stessa, incluso quello di terzo livello. I risultati del monitoraggio devono essere comunicati dal Dipartimento del Tesoro alla Commissione europea.
      Il comma 10 definisce le caratteristiche degli strumenti finanziari di debito nei cui confronti può essere concessa la garanzia dello Stato. Tale garanzia, come disposto al comma 11, copre il capitale e gli interessi.
      Il comma 12 prevede l'esclusione del rilascio della garanzia statale per le passività computabili nel patrimonio di vigilanza, come individuate dalle Nuove disposizioni di Vigilanza prudenziale per le banche.
      Con il comma 13 si introduce un limite al volume complessivo degli strumenti finanziari sui quali può essere prestata la garanzia con durata superiore a tre anni, nella misura di un terzo del valore nominale totale dei debiti garantiti dallo Stato emessi dalla banca stessa.
      Al comma 14 sono individuate, in linea con le comunicazioni della Commissione europea, le modalità di calcolo delle commissioni a carico delle banche che beneficiano delle garanzia per le operazioni di cui al comma 1. Alla luce del nuovo quadro regolamentare previsto dalla comunicazione della Commissione europea
 

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del 1o dicembre 2011, tali disposizioni si applicheranno a tutte le operazioni poste in essere a partire dal 1o gennaio 2012.
      La disposizione, in particolare, prevede una differente modalità di calcolo per la determinazione della commissione applicabile, a seconda che si tratti di passività delle banche con una durata originaria di almeno dodici mesi, di passività con durata originaria inferiore a dodici mesi o di obbligazioni bancarie garantite.
      Al comma 15 sono inoltre regolate le modalità di calcolo degli oneri economici per le banche per le quali non sono negoziati contratti di CDS o comunque non sono disponibili dati rappresentativi.
      Il comma 16 stabilisce che in caso di valutazioni difformi dei rating, ai fini del calcolo della commissione si considera rilevante quello più elevato, mentre il comma 17 disciplina le modalità di individuazione dei rating.
      La disposizione di cui al comma 18 rinvia alle raccomandazioni della Banca centrale europea del 28 ottobre 2008, come aggiornate dalla Commissione europea a far data dal 1o luglio 2010, qualora la garanzia dello Stato sia concessa sulle passività emesse anteriormente tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 dicembre 2010.
      Il comma 19 contiene le disposizioni contabili relative alle modalità di versamento delle commissioni da parte delle banche.
      La disposizione al comma 20 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, a variare i criteri di calcolo e la misura delle suddette commissioni, tenuto conto delle condizioni di mercato e in conformità con le disposizioni dell'Unione europea.
      La norma disciplina la procedura che la banca deve seguire per l'ammissione alla concessione della garanzia. In particolare, il comma 21 prevede che la richiesta di ammissione venga presentata alla Banca d'Italia e al Dipartimento del Tesoro, mentre il comma 22 contiene precise indicazioni sugli elementi che la banca interessata è tenuta a specificare sul proprio modello di richiesta.
      Al comma 23 sono individuati i criteri in base ai quali la Banca d'Italia verifica che l'operazione sia effettuata in un contesto di adeguatezza patrimoniale della banca beneficiaria e di capacità di quest'ultima di far fronte alle obbligazioni assunte.
      Il comma 24 dispone che la Banca d'Italia comunichi tempestivamente l'esito delle suddette valutazioni al Dipartimento del Tesoro il quale, come previsto al comma 25, provvede in merito alla richiesta presentata dalla banca, di norma entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione da parte della Banca d'Italia e sulla base di una serie di elementi.
      Con la disposizione di cui al comma 26 è disciplinata l'ipotesi in cui la banca non sia in grado di adempiere all'obbligazione garantita prevedendo, in tal caso, la presentazione di una richiesta al Dipartimento del Tesoro e alla Banca d'Italia, almeno entro trenta giorni prima della scadenza della passività, salvi casi di urgenza motivata.
      Il comma 27 disciplina le modalità attraverso cui sono resi disponibili alla Banca d'Italia i fondi occorrenti per il successivo pagamento ai creditori.
      Nel comma 28 sono contenute le disposizioni che prevedono per la banca sia il rimborso delle somme all'Erario, maggiorate degli interessi al tasso legale fino al giorno del rimborso, sia la presentazione di un piano di ristrutturazione da presentare alla Commissione europea non oltre sei mesi (come previsto dalla comunicazione della Commissione del 25 ottobre 2008 e successive modificazioni).
      Il comma 29 detta disposizioni per il caso in cui uno dei provvedimenti di cui al titolo IV del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, sia stato adottato in conseguenza della escussione della garanzia ai sensi del presente articolo.
      Il comma 30, volto a incentivare e a semplificare le modalità di prestazione di finanziamenti da parte della Banca d'Italia a banche per esigenze di liquidità, si
 

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riferisce all'ipotesi in cui la Banca d'Italia eroghi finanziamenti garantiti da pegno o cessione di credito. In questo caso la norma deroga ai requisiti di opponibilità della garanzia nei confronti del debitore e dei terzi – stabiliti dal codice civile (articoli 1264, 1265, 2800) e dalla disciplina relativa ai contratti di garanzia finanziaria (articoli 1, comma 1, lettera q), e 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 170 del 2004) – e considera a tal fine sufficiente la sottoscrizione del contratto di garanzia. La garanzia prestata è sottratta a revocatoria fallimentare, in applicazione dell'articolo 67, comma 4, del regio decreto n. 267 del 1942, che già esclude la revocatoria stessa nei confronti dell'istituto di emissione. La disciplina derogatoria si applica ai contratti stipulati entro il 31 dicembre 2012.
      In base alle disposizioni di cui al comma 31, è prevista la presentazione, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, di una relazione (viability review) alla Commissione europea, per ciascuna banca beneficiaria della garanzia statale e nell'ipotesi in cui il totale delle passività garantite ecceda sia il 5 per cento delle passività totali della banca sia l'ammontare di 500 milioni di euro. Nel presentare tale relazione, il Ministero dell'economia e delle finanze deve tener conto degli elementi forniti dalla Banca d'Italia.
      Al comma 32 è previsto che alla Commissione europea venga comunicato, sempre sulla base degli elementi forniti dalla Banca d'Italia, l'ammontare della commissione effettivamente applicata per ciascuna emissione.
      Con il comma 33, è rimessa a decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di natura non regolamentare, sentita la Banca d'Italia, l'indicazione di eventuali criteri, condizioni e modalità di attuazione delle disposizioni del presente articolo.
      Il comma 34 ammette il rilascio, fino al 30 giugno 2012, della garanzia statale su finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alle banche italiane e alle succursali di banche estere in Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità.

Articolo 9.
      La norma in esame interviene sulla disciplina della trasformazione in crediti d'imposta delle attività per imposte anticipate (di seguito DTA), contenuta nell'articolo 2, commi 56-58, del decreto-legge n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011. La modifica ha l'obiettivo di eliminare qualsiasi circostanza in cui il recupero delle DTA indicate nel predetto decreto possa dipendere dalla redditività futura delle imprese, in modo da assicurare in ogni situazione la certezza del recupero delle DTA stesse.
      Dal punto di vista della normativa in materia di patrimonio di vigilanza degli intermediari finanziari – come disciplinata dall'accordo di Basilea III – ciò assicura la completa capacità di assorbimento delle perdite, in tutte le fasi della vita degli intermediari stessi, da parte della corrispondente riserva patrimoniale, ed evita di dedurre dal patrimonio di vigilanza le DTA in esame.
      Pertanto, al fine di rendere esaustiva la casistica delle possibilità di conversione delle DTA in crediti d'imposta e, quindi, di assicurare in ogni momento il pieno realizzo delle stesse, con la norma in esame si apportano le seguenti modifiche alla disciplina vigente.
      Il comma 56 dell'articolo 2 del citato decreto-legge n. 225 del 2010 viene modificato in coerenza con l'introduzione del successivo comma 56-ter, che estende la disciplina in argomento anche ai casi di provvedimenti di rigore adottati nei confronti di intermediari vigilati dalla Banca d'Italia, nei quali i bilanci di fine procedura sono approvati dalla Banca d'Italia stessa. A tal fine, viene previsto che i bilanci in cui si registra una perdita sono approvati dall'assemblea dei soci oppure dai diversi organi competenti per legge. L'individuazione del periodo d'imposta a partire dal quale non sono deducibili i componenti negativi corrispondenti alle DTA trasformate in credito d'imposta – che nella norma vigente è disposta dal comma 57 – è ora stabilita dall'ultimo periodo del comma in esame, per renderne

 

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coerente la struttura con quella del nuovo comma 56-bis, il quale prevede altri casi di trasformazione del credito ai quali non si applica la norma di decorrenza prevista per il comma in esame.
      Il nuovo comma 56-bis prevede la trasformazione in crediti d'imposta delle DTA da perdite fiscali per la quota di queste dovuta alla deduzione dei componenti negativi di reddito di cui al comma 55. La trasformazione riguarda le DTA da perdite fiscali generate dai componenti negativi di reddito di cui al comma 55 per l'intero ammontare delle stesse che trova capienza nella perdita fiscale dell'esercizio. La trasformazione decorre dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui viene rilevata la perdita fiscale di cui al comma in esame.
      La trasformazione di una parte delle DTA in credito d'imposta comporta che l'ammontare della perdita fiscale dell'esercizio, computabile in diminuzione del reddito imponibile nei periodi d'imposta successivi, va depurato della quota di perdita fiscale che ha dato luogo alle DTA trasformate in crediti d'imposta ai sensi del presente comma.
      Il nuovo comma 56-ter estende l'applicazione della disciplina in argomento ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all'amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d'Italia. Inoltre, poiché nei casi di liquidazione con patrimonio netto positivo il meccanismo di cui al comma 55 non consente il recupero di tutte le DTA, viene previsto che in tali situazioni la totalità delle residue DTA si converta in crediti d'imposta, indipendentemente dalla presenza di perdite d'esercizio. La finalità di tale previsione è di evitare che si possa determinare una situazione – ancorché puramente teorica nel caso dei soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale – in cui un elemento patrimoniale sia incluso ex ante nel patrimonio di vigilanza, ma non riceva lo stesso trattamento per tutta la durata della sua iscrizione in bilancio (ad esempio, nella fase di liquidazione dell'azienda). Resta ferma l'applicazione delle disposizioni antielusive previste dall'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, alle trasformazioni delle DTA in crediti d'imposta che avvengono nei casi di liquidazione volontaria.
      Il comma 57 è stato modificato per prevedere il richiamo, oltre che al comma 55, anche ai commi 56, 56-bis e 56-ter.
      La possibilità di cedere i crediti d'imposta in esame viene limitata a quanto previsto dall'articolo 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Inoltre, viene precisato che la cessione dei crediti d'imposta – che può avvenire solo tra soggetti appartenenti al medesimo gruppo – deve essere operata al valore nominale, al fine di evitare l'applicazione di qualsiasi sconto o riduzione d'importo rispetto al valore iscritto in bilancio.
      Viene inserita, infine, la possibilità di chiedere il rimborso del credito d'imposta, per l'ammontare che residua dopo averlo portato in compensazione.

Articolo 10.
      L'articolo propone di istituire un nuovo regime semplificato e agevolato, opzionale, per i soggetti che svolgono attività artistica o professionale ovvero attività di impresa in forma individuale o con le forme associative di cui all'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi.
      Il nuovo regime è contraddistinto da alcune caratteristiche innovative: è infatti finalizzato a incoraggiare la trasparenza fiscale e l'emersione. L'idea centrale è di abbinare la volontaria accettazione di adempimenti in grado di rafforzare fortemente i controlli e l'accertamento da parte del fisco (in particolare l'invio telematico all'amministrazione finanziaria dei corrispettivi, delle fatture emesse e ricevute, la tracciabilità delle operazioni bancarie di tutti i movimenti finanziari di importo superiore a 1.000 euro e l'accesso diretto alle evidenze sulle disponibilità finanziarie)

 

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a una serie di vantaggi di tipo premiale, quali la drastica semplificazione degli adempimenti amministrativi, il tutoraggio prestato dall'amministrazione fiscale, sia ai fini degli adempimenti IVA sia ai fini degli adempimenti in qualità di sostituto d'imposta, una corsia preferenziale per i rimborsi e le compensazioni dei crediti IVA (particolarmente importante per chi esporta).
      In sostanza, se il contribuente accetta di sottoporsi a forme di controllo potenziate da parte del fisco, può accedere al nuovo regime (denominato di «trasparenza fiscale»), che comporta i ricordati vantaggi di natura premiale. Inoltre, per i contribuenti non soggetti all'applicazione degli studi di settore è disposta l'esclusione degli accertamenti basati su presunzioni semplici di cui all'articolo 39, comma 1, lettera d) secondo periodo del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ferma restando l'applicazione dell'articolo 38, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
      Il comma 3 prevede l'accesso al tutoraggio offerto dall'Agenzia delle entrate, la cui puntuale individuazione è demandata a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. Tale provvedimento potrebbe prevedere: la predisposizione automatica delle liquidazioni periodiche IVA e dei relativi modelli di versamento; la predisposizione della dichiarazione annuale ai fini IVA, previa immissione delle informazioni necessarie a cura dello stesso contribuente; la predisposizione automatica del modello 770 semplificato, del modello CUD e dei modelli di versamento periodico delle ritenute, la gestione degli esiti dell'assistenza fiscale, eventualmente previo invio delle informazioni a tal fine necessarie; la soppressione degli obblighi di certificazione mediante scontrino o ricevuta fiscale; e notevoli semplificazioni per rimborsi e compensazioni, quali, ad esempio, la soppressione del visto di conformità per le compensazioni di importo superiore a 15.000 euro o l'eliminazione dell'obbligo di garanzia per i rimborsi.
      Il regime sarà graduato su più livelli, prevedendo i benefìci prima elencati che sono comuni per tutti i soggetti che, rispettando le condizioni previste dalla norma, intendono accedere alle semplificazioni in esame.
      Il comma 4 prevede ulteriori benefìci più specificamente indirizzati verso quei soggetti che non sono in regime di contabilità ordinaria. Tali benefìci consistono nella determinazione del reddito imponibile IRPEF secondo il criterio di cassa; nella predisposizione automatica delle dichiarazioni IRPEF e IRAP da parte dell'Agenzia delle entrate; nell'esonero dalla tenuta delle scritture contabili previste ai fini dell'IRPEF e dell'IRAP; nell'esonero dalla tenuta del registro dei beni ammortizzabili nonché nell'esonero dalle liquidazioni, dai versamenti periodici e dal versamento dell'acconto ai fini IVA.
      Anche questi benefìci possono essere graduati in funzione della dimensione e del tipo di attività.
      Il contribuente potrebbe accedere al regime e al connesso tutoraggio o direttamente o per il tramite di un CAF o di un intermediario autorizzato o di un professionista.
      La norma ruota attorno all'assunto che non tutti i contribuenti a partita IVA siano evasori. In altre parole, accanto a soggetti con elevata propensione all'evasione, esistono altri contribuenti (imprenditori e professionisti) che tendono a essere tax-compliant e che, se messi in condizione di scegliere, potrebbero esprimere un favore per sottoporsi a forme di trasparenza potenziata nei confronti del fisco, in cambio di vantaggi in termini di adempimenti, tutoraggio, corsia preferenziale per i rimborsi IVA.
      Il comma 6 disciplina le modalità di esercizio dell'opzione per l'accesso al beneficio e il comma 8 reca la relativa disciplina sanzionatoria.
      Il comma 9 prevede che ai contribuenti cui risultino applicabili, in fase di accertamento, le disposizioni dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, i quali
 

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dichiarino, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità ai fini dell'applicazione degli studi medesimi, sono riservate alcune disposizioni di favore proprio in ragione della presenza di comportamenti indicativi di un significativo minor rischio di evasione.
      In particolare, nei confronti di tali contribuenti sono preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633; sono, inoltre, ridotti di un anno i termini di decadenza per l'attività di accertamento, salvo in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, in cui restano confermate le disposizioni di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 633.
      È, altresì, previsto che nei confronti dei medesimi contribuenti la determinazione sintetica del reddito complessivo di cui all'articolo 38, commi dal quarto all'ottavo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è ammessa, in deroga al sesto comma del medesimo articolo, a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo (e non «un quinto») quello dichiarato.
      Il comma 10 specifica che le disposizioni di cui al comma 9 si applicano a condizione che il contribuente abbia regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti.
      Ulteriore condizione necessaria è costituita dalla necessità che sulla base dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore comunicati, la posizione del contribuente risulti coerente con gli specifici indicatori di coerenza previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili.
      Al comma 12 è prevista l'abrogazione sia del comma 4-bis dell'articolo 10 della legge n. 146 del 1998 in materia di limitazioni ai poteri accertativi, sia dell'articolo 10-ter della medesima legge, in materia di limiti alla possibilità per l'Amministrazione finanziaria di effettuare accertamenti presuntivi in caso di adesione agli inviti a comparire ai fini degli studi di settore, in coerenza con l'introduzione delle disposizioni in commento.

Articolo 11.
      L'efficacia dei controlli effettuati dall'Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza (e dunque del complessivo contrasto all'evasione) dipende molto da quella dei poteri istruttori in base ai quali vengono acquisite le informazioni necessarie per verificare la correttezza fiscale del contribuente.
      In moltissimi casi le informazioni sono fornite dallo stesso contribuente controllato, o da soggetti ad esso collegati per convergenza di interessi economici, e purtroppo sono caratterizzate da mendacio, finalizzato a evitare la scoperta dell'evasione. La stessa finalità induce, talvolta, a fornire atti o documenti falsi, sia materialmente che ideologicamente.
      Tale scorretto comportamento, oltre a ledere il rapporto di fiducia con il Fisco che dovrebbe sussistere anche in caso di controllo, può compromettere, anche gravemente, l'efficacia delle acquisizioni probatorie, ed è sicuramente favorito dalla assenza di un regime sanzionatorio che ne scoraggi fortemente l'adozione.
      La disposizione intende quindi sanzionare più adeguatamente il comportamento dei contribuenti che, a seguito delle richieste effettuate dall'amministrazione finanziaria nell'esercizio dei poteri istruttori (di cui agli articoli 32 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e agli articoli 51 e 52 del decreto del

 

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Presidente della Repubblica n. 633 del 1972) esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero.
      La norma si riferisce, ad esempio, alle risposte agli inviti a fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento o a esibire atti e documenti o, ancora alle risposte ai questionari inviati ai contribuenti ai medesimi fini, così come alle dichiarazioni rese dai contribuenti ai verificatori e riportate nei processi verbali di constatazione.
      La disposizione prevede in specie che qualora il contribuente esibisca o trasmetta atti o documenti anche in parte falsi, ovvero fornisca dati e notizie mendaci, è punito alla stessa stregua di chi rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000. Ciò in base al rinvio all'articolo 76 del predetto testo unico che sancisce la punibilità dei menzionati comportamenti ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia.
      L'efficacia dell'azione di contrasto dell'evasione è strettamente correlata anche alle informazioni a disposizione degli organi ad essa preposti.
      Tra tali informazioni assumono una specifica rilevanza quelle relative ai rapporti di natura finanziaria, che possono rivelare l'esistenza di componenti positivi di reddito sottratti a tassazione, così come di corrispettivi non contabilizzati rilevanti ai fini dell'IVA.
      A differenza delle innumerevoli informazioni attualmente disponibili, quelle relative ai rapporti di natura finanziaria possono essere acquisite solo a seguito dell'avvio di un controllo fiscale, e non al fine, ancora più importante, di utilizzarle per l'analisi del rischio di evasione propedeutica alla selezione delle posizioni da controllare.
      In altre parole, il Fisco dispone dell'informazione circa l'esistenza dei rapporti finanziari, ma la può concretamente conoscere (e utilizzare) solo se ha già stabilito che un contribuente è meritevole del controllo.
      Si tratta, all'evidenza, di una situazione paradossale, che priva la funzione di contrasto dell'evasione di uno strumento di straordinaria efficacia, il quale potrebbe consentire di mirare molto meglio l'azione di controllo, intercettando le situazioni a più alto rischio di evasione.
      Onde imprimere un decisivo impulso alla efficacia dell'azione di controllo fiscale, con rilevanti ritorni anche in termini di aumento della compliance, appare quindi indispensabile mettere a disposizione degli organi preposti al contrasto dell'evasione tutti i dati relativi a tutti i rapporti finanziari, imponendone la comunicazione agli operatori del settore.
      A ciò provvede il comma 2 introducendo, a far corso dal 1o gennaio 2012, l'obbligo di comunicare periodicamente all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato i rapporti la cui esistenza viene già comunicata ai sensi all'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973, nonché ogni informazione relativa ai rapporti medesimi necessaria ai fini dei controlli fiscali. L'obbligo viene coerentemente esteso anche alle operazioni finanziarie, non transitate per i predetti rapporti, con riferimento agli importi delle operazioni medesime.
      Il comma 3 stabilisce che le modalità della comunicazione, compresa la periodicità, saranno fissate con un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria degli operatori finanziari. Il provvedimento potrà indicare le eventuali, ulteriori informazioni relative ai rapporti da comunicare, in quanto necessarie ai fini dei controlli fiscali.
      Il comma 4 reca, a propria volta, l'importante precisazione che i dati comunicati secondo la nuova prescrizione saranno utilizzati dall'Agenzia delle entrate anche per l'individuazione dei contribuenti a maggior rischio di evasione da sottoporre a controllo (e non più soltanto per l'esecuzione di indagini mirate sui rapporti
 

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finanziari di contribuenti già selezionati in base ad altri, magari meno attendibili, criteri).
      Il comma 5, infine, abroga la previsione di cui all'articolo 2, comma 36-undevicies, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito dalla legge n. 148 del 2011, non più compatibile con quella introdotta dalle disposizioni in commento.
      La disposizione recata dal comma 6 prevede che nell'ambito dello scambio informativo già attivo tra l'INPS, l'Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza, la fornitura da parte dell'Istituto stesso all'Agenzia delle entrate e alla Guardia di finanza dei dati relativi alle posizioni dei soggetti destinatari delle prestazioni socio-assistenziali è volta a potenziare i controlli sulla fedeltà dei redditi dai medesimi dichiarati; controlli che, grazie al riscontro dei dati ricevuti, dovranno essere basati su specifiche analisi del rischio di evasione, idonee a intercettare i casi più rilevanti di mendacio dichiarativo finalizzato anche al conseguimento delle prestazioni socio-assistenziali. Infatti, i soggetti destinatari di prestazioni socio-assistenziali erogate dall'INPS non sempre adempiono correttamente agli obblighi dichiarativi in materia di imposte sui redditi, anche allo scopo di fruire indebitamente delle dette prestazioni (quando la relativa erogazione è condizionata dal livello del reddito).
      Il comma 7 apporta modifiche all'articolo 7 del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito dalla legge n. 106 del 2011. Tale articolo mira, tra l'altro, a tutelare il regolare esercizio dell'attività di impresa delle microimprese e delle piccole e medie imprese, imponendo alle pubbliche amministrazioni di evitare duplicazioni e sovrapposizioni nell'attività di controllo nei riguardi di tali imprese e assicurando una maggiore semplificazione dei relativi procedimenti.
      Al fine di ridurre al massimo la possibile turbativa nell'esercizio delle attività delle imprese è, poi, previsto che gli accessi dovuti a controlli di natura amministrativa disposti nei confronti delle predette imprese devono essere oggetto di programmazione da parte degli enti competenti e di coordinamento tra i vari soggetti interessati.
      In conseguenza di tali princìpi, era, tra l'altro, previsto, ai numeri 3) e 4) della lettera a) del comma 2, che gli accessi dovessero essere svolti nell'osservanza del principio della contestualità e della non ripetizione per periodi di tempo inferiori al semestre e che gli atti e i provvedimenti, anche sanzionatori, adottati in violazione delle previsioni attuative dei detti princìpi costituissero, per i dipendenti pubblici che li hanno adottati, illecito disciplinare.
      La disposizione del comma 7 conferma, da una parte, con la sostituzione della lettera a) del comma 1, con la previsione che gli accessi dovuti a controlli di natura amministrativa disposti nei confronti delle predette imprese devono essere oggetto di programmazione da parte degli enti competenti e di coordinamento tra i vari soggetti interessati al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni nell'attività di controllo, ed elimina i detti numeri 3) e 4) che, nel tentativo di semplificare i procedimenti ed evitare duplicazioni e sovrapposizioni dei controlli, rischiano di compromettere in molti casi l'efficacia dei controlli stessi e di penalizzare impropriamente i dipendenti pubblici.
      La soppressione delle disposizioni contenute nei numeri 3) e 4) non pregiudica, peraltro, l'efficacia delle previsioni che impongono il coordinamento degli accessi presso i locali delle imprese da parte delle Agenzie fiscali, del Corpo della guardia di finanza, dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, dell'INPS e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'impulso allo scambio telematico di dati e di informazioni fra le citate amministrazioni.
      Resta, peraltro, confermato, proprio al fine di garantire la tutela del regolare esercizio dell'attività di impresa, che in sede di attuazione delle dette disposizioni sia previsto in capo a tali amministrazioni l'obbligo di informare preventivamente le altre, in ordine all'inizio di ispezioni e di verifiche, fornendo al termine delle stesse
 

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gli eventuali elementi acquisiti utili ai fini delle attività di controllo di rispettiva competenza.
      I commi da 8 a 10 intendono fornire un ulteriore contributo alla razionalizzazione della partecipazione dei comuni all'attività di accertamento, a suo tempo operata, tra l'altro, con la revisione della disciplina contenuta nell'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ad opera dell'articolo 18 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, e dell'articolo 1, comma 12-ter, del decreto-legge n. 138, convertito dalla legge n. 148 del 2011.
      Al fine di agevolare tale forma di collaborazione nell'attività di accertamento è stato introdotto l'obbligo di costituzione del consiglio tributario per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che non vi abbiano già provveduto, mentre per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti che non siano già dotati del consiglio tributario è previsto, invece, l'obbligo di riunirsi in consorzio, da costituire secondo le pertinenti disposizioni del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, ai fini della successiva istituzione del consiglio tributario.
      La concreta attuazione di tali previsioni non è tuttavia ancora effettiva e uniforme su tutto il territorio nazionale.
      Ciò posto, tenuto conto che la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento sintetico dei redditi delle persone fisiche, anche in ragione dei connessi adeguamenti delle modalità di scambio dei dati ai vigenti strumenti di condivisione telematica, appare già garantire l'efficacia delle modalità di realizzazione della partecipazione stessa, con la disposizione in commento si prevede l'eliminazione dell'obbligo di istituzione dei consigli tributari e dei consorzi espressamente previsto dall'articolo 18 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, al fine di evitare ulteriori e non necessari adempimenti amministrativi.

Articolo 12.
      Il comma 1, al fine di rafforzare i meccanismi di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio di proventi illeciti, dispone che 1'utilizzo legale dei contanti e dei titoli al portatore come mezzo di pagamento sia ridotto da euro 2.500 a euro 1.000. Conseguentemente, in riferimento ai libretti di deposito bancari o postali al portatore in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, con saldo superiore a 1.000 euro, si precisa che essi devono essere estinti dal portatore ovvero che il loro saldo deve essere ridotto a una somma non eccedente il predetto importo entro il 31 dicembre 2011.
      L'intervento garantisce non solo la maggiore efficacia delle misure per il contrasto degli illeciti finanziari, ma anche un potenziamento degli strumenti di contrasto dell'evasione fiscale.
      Il comma 2, nell'ambito delle norme di finanza pubblica e locale, introduce il comma 4-ter all'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011. Il predetto comma 4-ter intende esplicitare in modo univoco alcuni princìpi di carattere generale presenti nell'ambito dell'ordinamento in modo solo frammentario e che, invece, sono alla base del processo di modernizzazione dei sistemi di pagamento e riscossione da e per le pubbliche amministrazioni centrali e locali e per i loro enti. Si vuole con ciò contribuire al definitivo superamento di sistemi non più attuali, basati sull'utilizzo del contante e di supporti cartacei, fugando ogni incertezza di carattere normativo derivante dall'esistenza di norme che si prestano ad interpretazioni restrittive o che pongono residui dubbi sulla legittimità di adozione di tecniche evolute.
      La disposizione proposta si inquadra nel processo di profonda riforma del settore pubblico basata sulla digitalizzazione degli enti della pubblica amministrazione, l'attuazione dei piani di e-Government e lo svecchiamento di procedure che non sfruttano appieno le più moderne tecnologie; la

 

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proposta è inoltre dettata dall'esigenza di un coordinamento con norme che intendono accelerare in maniera significativa questo processo di rinnovamento quali quelle contenute nel «nuovo CAD» e nella normativa attuativa della direttiva sui servizi di pagamento (Payment Services Directive – PSD) di prossima applicazione agli enti della pubblica amministrazione.
      Più in dettaglio, alla lettera a) del comma 4-ter si prevede che i pagamenti delle spese delle pubbliche amministrazioni centrali e locali e dei loro enti abbiano luogo mediante l'utilizzo di strumenti telematici.
      In tal modo si fornisce un impulso significativo al superamento di sistemi basati sull'uso di supporti cartacei che, pur avviato da oltre un quinquennio per talune categorie di enti grazie anche a specifiche norme di settore, non ha ancora assunto una valenza generalizzata con riguardo a tutti gli enti della pubblica amministrazione, ritardando un processo che una volta completato contribuirà a garantire efficienza, efficacia ed economicità nei rapporti tra gli enti e i loro tesorieri o cassieri.
      Alla lettera b) della disposizione proposta si intende superare il principio, ancora rinvenibile in norme datate e tuttora vigenti, in base al quale i pagamenti della pubblica amministrazione sono effettuati in contanti e solo previo accordi tra le parti o su richiesta del beneficiario e possono essere basati su modalità che non utilizzino moneta avente corso legale. In ogni caso, si precisa che gli eventuali pagamenti per cassa non possono comunque superare l'importo di 500 euro.
      In sostanza, si ritiene necessario inserire una norma di principio – molto importante ai fini di una effettiva svolta nel processo di informatizzazione dei sistemi di pagamento – che inverta il rapporto pagamenti per cassa e pagamenti elettronici nel senso di considerare adottabili in via ordinaria, in assenza di diverse indicazioni specifiche, modalità evolute in luogo di quelle basate sul contante.
      Sul versante della lotta all'uso del contante, si intende favorire l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, ponendosi in linea di continuità con recenti interventi legislativi sulla tracciabilità dei pagamenti, e con la finalità di coadiuvare gli sforzi che il Governo e i diversi attori di mercato e istituzionali stanno mettendo in campo per scoraggiare fortemente i fenomeni del riciclaggio, della corruzione, dell'economia sommersa e dell'elusione fiscale.
      Più in particolare, con le disposizioni di cui alla lettera c) del comma 4-ter, in analogia a quanto avviene da tempo in diversi Paesi europei (ad esempio in Francia), si fa obbligo alla pubblica amministrazione di effettuare con strumenti diversi dal contante il pagamento di stipendi, pensioni, compensi continuativi e ogni altro tipo di emolumento a chiunque destinato.
      Sono dettate al contempo [lettera d)] disposizioni volte a tutelare i soggetti che percepiscono trattamenti pensionistici e sociali di modesto importo, per i quali si propone di creare un incentivo economico per l'accredito delle pensioni su conti correnti rendendoli esenti dall'imposta di bollo e da costi bancari.
      La disciplina contenuta nella lettera e) concretizza ulteriormente l'obiettivo di modernizzare e di rendere maggiormente efficiente la pubblica amministrazione attraverso l'introduzione di sistemi evoluti per la riscossione delle entrate. In particolare, attraverso la stipula di apposite convenzioni per dotare tutti gli enti della pubblica amministrazione di POS, si otterrà un graduale processo di modernizzazione e si potrà tener conto anche di specifiche esigenze territoriali, ad esempio, dei comuni, garantendo peraltro non solo condizioni economiche favorevoli (ulteriormente migliorabili dai singoli intermediari che intendono offrire il servizio) ma anche una maggiore qualità nella rendicontazione dei flussi di incasso.
      I commi 3 e 4 demandano a una specifica convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Associazione bancaria italiana (ABI) la definizione delle caratteristiche di un conto corrente di base che le banche aderenti all'iniziativa sono tenute ad offrire.
 

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      Il comma 5 indica i criteri che la convenzione deve osservare nell'individuazione delle caratteristiche del conto (inclusione nell'offerta di un numero adeguato di servizi e di operazioni, compresa la disponibilità di una carta di debito; struttura dei costi semplice, trasparente e facilmente comparabile; livello dei costi coerente con finalità di inclusione finanziaria e comunque conforme ai princìpi indicati dalla Commissione europea sull'accesso al conto corrente di base; assenza di spese del conto corrente di base per le fasce socialmente svantaggiate di clientela).
      Il comma 6 prevede, inoltre, l'esenzione dall'imposta di bollo sui conti correnti di base offerti senza spese alle fasce socialmente svantaggiate di clientela.
      Il comma 7 stabilisce che, nel caso in cui la convenzione in parola non sia stipulata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le caratteristiche del conto corrente saranno individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia.
      Il comma 8 dispone che per i contratti di conto corrente resta ferma l'applicazione di quanto previsto dal titolo VI del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, contenente le disposizioni sulla trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti.
      I commi 9 e 10 mirano a ridurre il ricorso al contante anche attraverso il contenimento dei costi connessi con l'utilizzo della moneta. Come noto, infatti, nel nostro Paese l'uso del contante riveste ancora un ruolo importante e non in linea con la media dei Paesi europei, generando costi di gestione non espliciti per l'economia nel suo complesso, che ammontano a 10 miliardi di euro l'anno per il sistema Paese.
      In particolare, con il comma 9 si prevede che l'ABI e le associazioni delle imprese rappresentative a livello nazionale dovranno provvedere a definire, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regole generali per assicurare la riduzione delle commissioni a carico dei beneficiari delle transazioni effettuate mediante carte di pagamento. Con il comma 10, inoltre, si stabilisce che, entro i successivi sei mesi, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, verifica l'efficacia delle misure di cui al comma 9, definite dalle rappresentanze di impresa. In caso di esito positivo, a decorrere dal primo giorno del mese successivo, le regole così definite saranno applicate anche alle transazioni di cui al comma 7 dell'articolo 34 della legge 12 novembre 2011, n. 183, ai sensi del quale le transazioni regolate con carte di pagamento presso gli impianti di distribuzione di carburanti, di importo inferiore ai 100 euro, sono gratuite sia per l'acquirente che per il venditore.
      Il comma 11 prevede l'obbligo a carico di tutti i destinatari degli obblighi in materia di antiriciclaggio ai sensi del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, di comunicare anche all'Agenzia delle entrate le infrazioni ai limiti posti all'utilizzo del denaro contante e dei titoli al portatore o al divieto di conti e di libretti di risparmio anonimi o con intestazione fittizia, previsti dagli articoli 49, commi 1, 5, 6, 7, 12, 13 e 14 («Limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore»), e 50 («Divieto di conti e libretti di risparmio anonimi o con intestazione fittizia») del decreto. La disponibilità da parte dell'Agenzia di tali dati consentirà analisi del rischio più approfondite e selezioni più accurate dei soggetti a maggiore rischio di evasione e di frode, con conseguente maggiore incisività dell'azione di contrasto degli illeciti fiscali e maggiore efficacia dell'attività di accertamento.

Articolo 13.
      Le disposizioni dell'articolo 13 sono finalizzate ad anticipare, in via sperimentale a decorrere dall'anno 2012 e fino al 2014, l'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU) prevista dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.

 

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      L'attuale situazione economico-finanziaria ha reso, però, necessarie alcune fondamentali modiche all'impianto originario del tributo che sono state disposte nei commi da 2 a 14 dell'articolo in esame.
      L'IMU è applicata in tutti i comuni del territorio nazionale, inclusi, quindi, anche i comuni situati nei territori delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.
      L'IMU, che, come stabilisce il comma 1 dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 23 del 2011, sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari attinenti ai beni non locati e l'imposta comunale sugli immobili (ICI), verrà applicata a regime dal 2015.
      Il comma 2 dell'articolo in esame stabilisce che il presupposto dell'IMU è rappresentato dal possesso degli immobili, per la cui definizione fa rinvio all'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, che disciplina l'ICI. Quest'ultima norma, per la definizione di area fabbricabile fa rinvio ai soggetti di cui all'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 504 del 1992, vale a dire i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale, disponendo che i terreni da questi posseduti e condotti sono considerati non fabbricabili. Occorre precisare che la nuova imposta non ripropone le stesse agevolazioni previste dal citato articolo 9, a cui non viene fatto alcun rinvio. Tuttavia tali soggetti, pur dovendo pagare l'IMU secondo i criteri ordinari, possono continuare a beneficiare della finzione giuridica prevista dall'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 504 del 1992.
      La norma precisa che sono compresi tra gli immobili anche l'abitazione principale e le pertinenze della stessa che vengono puntualmente individuate:

          la prima nell'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente;

          le pertinenze in quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo.

      Il comma 3 prevede che la base imponibile dell'imposta è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 5, commi 1, 3, 5 e 6, del decreto legislativo n. 504 del 1992, che disciplina l'ICI e continua, quindi, ad essere applicabile anche per la nuova imposta municipale, ferme restando alcune sostanziali innovazioni contenute nei successivi commi 4 e 5.
      I commi 4 e 5 dell'articolo in questione introducono, infatti, dei nuovi coefficienti per la determinazione della base imponibile per i fabbricati iscritti in catasto e per i terreni agricoli.
      Infatti, per i fabbricati iscritti in catasto il valore ai fini dell'IMU è costituito da quello che risulta applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1o gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i seguenti moltiplicatori:

          a) 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10;

          b) 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;

          c) 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10;

          d) 60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D;

          e) 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.

      Per i terreni agricoli, invece, il valore è costituito da quello che risulta applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto vigente al 1o gennaio

 

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dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 51, della citata legge, n. 662 del 1996, un moltiplicatore pari a 120.
      Il successivo comma 6 stabilisce che l'aliquota di base è pari allo 0,76 per cento. La norma prevede, poi, che i comuni possono, con deliberazione adottata ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, modificare, in aumento o in diminuzione, l'aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali.
      Il successivo comma 7 dispone che l'aliquota è ridotta allo 0,4 per cento per l'abitazione principale e per le relative pertinenze. La norma precisa che i comuni possono modificare, in aumento o in diminuzione, detta aliquota sino a 0,2 punti percentuali.
      Il comma 8 dispone che l'aliquota è ridotta allo 0,2 per cento per i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e che i comuni possono ridurre la suddetta aliquota fino allo 0,1 per cento.
      Dal chiaro tenore della norma e dalle successive abrogazioni previste dal comma 14, lettera d), risulta che i fabbricati rurali sono assoggettati all'IMU. Limitatamente a quelli strumentali il legislatore ha dettato una disciplina specifica di carattere agevolativo. Per quanto riguarda, invece, i fabbricati rurali ad uso abitativo di cui al comma 3 dell'articolo 9 del citato decreto-legge n. 557 del 1993, ove essi costituiscano abitazione principale del soggetto passivo, sconteranno l'IMU in base all'aliquota e alle detrazioni stabilite per tale fattispecie. Ove, al contrario, detti fabbricati non costituiscono abitazione principale, saranno assoggettati all'IMU secondo le regole ordinarie.
      Il successivo comma 9 accorda ai comuni la facoltà di ridurre l'aliquota fino allo 0,4 per cento nel caso di immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell'articolo 43 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ovvero nel caso di immobili posseduti dai soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società, ovvero nel caso di immobili locati.
      Il comma 10 prevede che per l'abitazione principale e per le relative pertinenze è introdotta una detrazione di euro 200, che è rapportata al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione. Viene, inoltre precisato che se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.
      La norma accorda, inoltre, ai comuni la possibilità di elevare l'importo di euro 200 fino a concorrenza dell'imposta dovuta, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio. In tal caso, però, il comune che ha optato per tale scelta non può stabilire un'aliquota superiore a quella ordinaria per le unità immobiliari tenute a disposizione. Tale misura è infatti diretta ad evitare che l'eventuale azzeramento dell'imposta per l'abitazione principale gravi sugli immobili tenuti a disposizione.
      Viene, inoltre, previsto che la suddetta detrazione si applica anche agli immobili di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992, vale a dire alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari.
      La norma stabilisce, poi, che l'aliquota ridotta per l'abitazione principale e le relative pertinenze e la detrazione si applicano anche alle fattispecie di cui all'articolo 6, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 504 del 1992, che disciplina il trattamento tributario della ex casa coniugale stabilendo che il soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non risulta assegnatario della casa coniugale, può considerare detta unità immobiliare come abitazione principale, purché non sia titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale su un immobile
 

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destinato ad abitazione situato nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale.
      Infine, viene riconosciuta ai comuni la facoltà di considerare come abitazione principale, con la conseguente applicazione dell'eventuale aliquota ridotta e della relativa detrazione, l'immobile posseduto a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o da disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che lo stesso non risulti locato.
      Il comma 11 dell'articolo in parola prevede la riserva allo Stato della quota di imposta pari alla metà dell'importo calcolato applicando l'aliquota di base, di cui al comma 6, primo periodo, pari allo 0,76 per cento, alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze di cui al comma 7 e dei fabbricati rurali ad uso strumentale di cui al comma 8. La quota di imposta risultante deve essere versata allo Stato contestualmente all'imposta municipale propria.
      La disposizione in commento precisa che le detrazioni previste dal presente articolo, nonché le detrazioni e le riduzioni di aliquota deliberate dai comuni non si applicano alla quota di imposta riservata allo Stato di cui al periodo precedente.
      La norma precisa, infine, che per l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi e il contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di IMU e che le attività di accertamento e di riscossione dell'imposta erariale sono svolte dal comune al quale spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddette attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni.
      Il comma 12 dell'articolo in esame reca disposizioni in materia di versamento del tributo, introducendo, in deroga all'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, l'utilizzo obbligatorio del modello F-24 di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, rinviando a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle relative modalità applicative. Il ricorso al modello F-24 è reso necessario dalla circostanza che, essendo prevista la riserva di una quota di gettito a favore dello Stato, tale strumento di pagamento semplifica gli adempimenti del contribuente e garantisce un più agevole controllo dei flussi di entrata. Tale scelta appare peraltro in linea con le recenti modifiche al sistema di riscossione delle entrate degli enti locali, che dispongono che siano esclusivamente i comuni i destinatari dei versamenti dei tributi.
      Il comma 13, al fine di evitare dubbi interpretativi, precisa che trovano applicazione le disposizioni dell'articolo 9 e dell'articolo 14, commi 1 e 6, del decreto legislativo n. 23 del 2011. Occorre precisare che il comma 4 dell'articolo 9 viene abrogato dal successivo comma 14, lettera c), in quanto la disciplina delle modalità di versamento è prevista dal comma 12 del presente articolo.
      Le norme dell'articolo 9 espressamente richiamate riguardano in particolare:

          i soggetti passivi dell'IMU (comma 1);

          il periodo di applicazione del tributo (comma 2);

          i termini del versamento dell'imposta (comma 3);

          i poteri regolamentari del comune in materia di accertamento con adesione del contribuente (comma 5);

          le disposizioni in materia di modulistica (comma 6);

          le disposizioni in materia di accertamento, riscossione coattiva, rimborsi, sanzioni, interessi e contenzioso (comma 7);

          le esenzioni (comma 8).

      L'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 23 del 2011 prevede che l'IMU è indeducibile dalle imposte erariali sui redditi e dall'IRAP. Il successivo comma 6 dello stesso articolo 14 conferma innanzitutto la piena applicabilità dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che continua a rappresentare la norma di riferimento della potestà regolamentare delle province e dei comuni, nonché dell'articolo 59, dettato in

 

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particolare per l'ICI. Pertanto i comuni potranno comunque introdurre, con proprio regolamento, particolari mitigazioni del carico tributario per specifiche fattispecie come, ad esempio, per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, o per i fabbricati realizzati per la vendita e non venduti dalle imprese che hanno per oggetto esclusivo o prevalente dell'attività la costruzione e l'alienazione di immobili, che non trovano nelle norme dell'IMU, a differenza che dell'ICI, una specifica disciplina agevolativa. In correlazione con l'anticipazione sperimentale dell'IMU vengono anticipate al 1o gennaio 2012 anche le modalità di calcolo dell'aliquota percentuale spettante ai concessionari della riscossione dei tributi locali.
      Nello stesso comma 13 si prevedono modifiche in materia di sanzioni rese necessarie a seguito dell'intervento normativo ad opera dell'articolo 1, comma 20, lettere b) e c), della legge 13 dicembre 2010, n. 220, che ha modificato la misura delle sanzioni applicabili nel caso di definizione agevolata. Dette disposizioni, infatti, hanno modificato il comma 3 dell'articolo 16 e il comma 2 dell'articolo 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, elevando da un quarto a un terzo la misura delle sanzioni in caso di definizione agevolata entro il termine per l'impugnativa previsto dagli stessi articoli 16 e 17. Il legislatore, però, nell'introdurre la nuova disciplina sanzionatoria attraverso la legge di stabilità per il 2011, non ha modificato le specifiche disposizioni sanzionatorie di ciascun tributo locale e regionale che, infatti, ancora riportano la misura di «un quarto». La modifica della norma ha, quindi, la finalità di adeguare la misura delle sanzioni a quanto stabilito dagli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997, evitando in tal modo l'insorgere di un sicuro contenzioso in considerazione del fatto che la misura del quarto, ancora contenuta nelle norme in materia di tributi locali e regionali, è indubbiamente più favorevole al contribuente rispetto alle nuove misure sanzionatorie previste, invece, dall'articolo 1, comma 20, della legge n. 220 del 2010.
      Un'ulteriore previsione del comma in esame riguarda i privilegi e ha la finalità di evitare i problemi interpretativi che sono stati sollevati in passato sull'articolo 2752 del codice civile che, dopo avere stabilito al primo comma che i crediti dello Stato per alcune imposte hanno privilegio generale sui mobili del debitore, dispone al quarto comma che lo stesso privilegio compete, in subordine a quello dello Stato, ai crediti «per le imposte, tasse e tributi dei comuni e delle province previsti dalla legge per la finanza locale e dalle norme relative all'imposta comunale sulla pubblicità e ai diritti sulle pubbliche affissioni». Un'interpretazione restrittiva di tale disposizione porterebbe ad escludere, ad esempio, che il credito dell'IMU vantato dal comune si possa considerare privilegiato, poiché la norma, facendo esplicito riferimento alla «legge per la finanza locale», sembrerebbe riferirsi soltanto al testo unico sulla finanza locale, di cui al regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175, che disciplinava all'epoca la materia, oltre che all'imposta comunale sulla pubblicità e al diritto sulle pubbliche affissioni – che sono gli unici tributi locali espressamente indicati – lasciando fuori così dall'ambito della sua applicabilità tutti i tributi istituiti successivamente all'entrata in vigore della disposizione in esame. Alla stregua degli ultimi orientamenti giurisprudenziali la norma del comma 7 dispone che, ai fini del quarto comma dell'articolo 2752 del codice civile, il riferimento alla «legge per la finanza locale» si intende effettuato a tutte disposizioni che disciplinano i singoli tributi comunali e provinciali.
      La disposizione finale del comma in esame stabilisce che dall'anno 2011 viene soppresso l'obbligo, previsto a regime dall'articolo 2, commi 39 e 46, del decreto-legge n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 286 del 2006, di presentazione della certificazione diretta a far emergere il maggior gettito dell'ICI derivante dall'attività di rilevazione che ha interessato in particolar modo i fabbricati rurali che hanno perduto il requisito della ruralità. La norma consolida, a partire dall'anno 2011, il taglio dei trasferimenti
 

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sulla base dei dati risultanti dall'ultima certificazione trasmessa dai comuni a norma del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 7 aprile 2010. In tal modo, oltre a definire esattamente gli stanziamenti statali, la disposizione consente di risolvere le problematiche conseguenti alla determinazione del taglio dei trasferimenti connessi all'invio delle certificazioni rispetto ad un fenomeno che nel corso degli anni si è avviato ad una graduale stabilizzazione.
      Il comma 14 prevede l'abrogazione di alcune disposizioni che sono di fatto incompatibili con la nuova disciplina del tributo. In particolare sono abrogati:

          l'articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, che disponeva l'esenzione dall'ICI per l'abitazione principale;

          il comma 3 dell'articolo 58 e le lettere d), e) e h) del comma 1 dell'articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che disponevano rispettivamente in ordine alla detrazione per l'abitazione principale, alle pertinenze e alle aliquote ridotte per le abitazioni assimilate all'abitazione principale – che sono stata ridisciplinate nel decreto in esame – nonché le caratteristiche di fatiscenza dei fabbricati;

          l'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che nel disporre la necessità che il comune deliberi annualmente l'aliquota dell'IMU, è in contrasto con una successiva disposizione contenuta nella disciplina del tributo che prevede l'automatismo delle deliberazioni comunali;

          il comma 4 dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 23 del 2011, che, come già illustrato, disponendo diverse modalità di versamento, è incompatibile con le disposizioni del comma 12 dell'articolo in esame;

          il comma 1-bis dell'articolo 23 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, che costituisce una norma interpretativa diretta ad escludere dal campo di applicazione dell'ICI i fabbricati rurali. L'abrogazione è conseguente alla circostanza che, come già illustrato, detti fabbricati rientrano, invece, nel campo di applicazione dell'IMU.

      Il comma 15 stabilisce che a decorrere dall'anno d'imposta 2012, tutte le deliberazioni regolamentari e tariffarie relative alle entrate tributarie degli enti locali devono essere inviate al Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, entro il termine di cui all'articolo 52, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, e comunque entro trenta giorni dalla data di scadenza del termine previsto per l'approvazione del bilancio di previsione. La norma dispone, altresì, che il mancato invio delle predette deliberazioni nei suddetti termini è sanzionato, previa diffida da parte del Ministero dell'interno, con il blocco, sino all'adempimento dell'obbligo dell'invio, delle risorse a qualsiasi titolo dovute agli enti inadempienti.
      La norma dispone, altresì, un rinvio a un decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell'interno, per stabilire le modalità di attuazione, anche graduale, delle disposizioni di cui ai primi due periodi del presente comma.
      Infine la norma stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze provvede a pubblicare sul proprio sito informatico le suddette deliberazioni inviate dai comuni e che tale pubblicazione sostituisce l'avviso nella Gazzetta Ufficiale previsto dal citato articolo 52, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997.
      Il comma 16 reca disposizioni in materia di addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), con lo specifico scopo di razionalizzarne l'applicazione. Si dispone, innanzitutto, l'anticipazione al 20 dicembre della pubblicazione della delibera comunale in materia di addizionale comunale all'IRPEF prevista dalla norma richiamata. In base

 

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alla norma vigente, ai fini della determinazione dell'acconto, l'aliquota e la soglia di esenzione sono assunte nella misura vigente nell'anno precedente, salvo che la pubblicazione della delibera sia effettuata entro il 31 dicembre precedente l'anno di riferimento. La particolarità di tale data ha comportato nel passato numerosi problemi di carattere organizzativo degli uffici sia centrali che periferici, che possono essere agevolmente superati anticipando al 20 dicembre la pubblicazione. Viene, inoltre, previsto un intervento sull'articolo 1, comma 11, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, teso ad evitare che gli enti locali procedano a differenziare le proprie aliquote in maniera sin troppo dettagliata e specifica; circostanza che ha comportato numerosi problemi interpretativi che rischiano di vanificare il tentativo di razionalizzare il tributo e di rendere problematica la fruizione del sito informatico del Ministero dell'economia e delle finanze sul quale vengono pubblicate le aliquote e la soglia di esenzione del tributo in oggetto. La modifica normativa, quindi, ha il fine di indurre i comuni che scelgono di differenziare le aliquote ad utilizzare gli stessi scaglioni di reddito stabiliti per l'IRPEF e ad applicare il tributo secondo il criterio di progressività. La norma dispone, infine, che l'Agenzia delle entrate provvede all'erogazione dei rimborsi dell'addizionale comunale all'IRPEF già richiesti con dichiarazioni o con istanze presentate entro la data di entrata in vigore del presente decreto, senza far valere l'eventuale prescrizione decennale del diritto dei contribuenti. La deroga all'ordinaria prescrizione decennale del diritto dei contribuenti all'erogazione dei rimborsi è dettata dalla circostanza che, essendo trascorso ormai un notevole lasso di tempo dal momento in cui avrebbe dovuto essere emanato il decreto previsto dall'articolo 1, comma 8, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, non sembra coerente con i princìpi di affidamento e di buona fede denegare un diritto del contribuente per fatti imputabili ad un ritardo della pubblica amministrazione nell'emanazione del provvedimento.
      Il comma 17 prevede che il fondo sperimentale di riequilibrio, il fondo perequativo e i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della regione Sicilia e della regione Sardegna sono ridotti in misura corrispondente al maggior gettito ad aliquota di base attribuito ai comuni dalle disposizioni recate dal presente articolo. Le regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché le province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito dei comuni ricadenti nel proprio territorio. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui all'articolo 27 della legge n. 42 del 2009 a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, è accantonato un importo pari al maggior gettito di cui al precedente periodo.
      Il comma 18, nel modificare il comma 3 dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 23 del 2011, stabilisce che, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l'alimentazione del Fondo sperimentale di riequilibrio è determinata anche dalla compartecipazione al gettito dell'IVA di cui al comma 4 del medesimo articolo 2 del decreto legislativo n. 23 del 2011.
      Il comma 19 stabilisce che per gli anni 2012, 2013 e 2014 non trovano applicazione le disposizioni recate dall'ultimo periodo del comma 4 dell'articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, (il quale dispone che, in sede di prima applicazione, e in attesa della determinazione del gettito dell'IVA ripartito per ogni comune, l'assegnazione del gettito ai comuni avviene sulla base del gettito dell'IVA per provincia, suddiviso per il numero degli abitanti di ciascun comune), nonché dal comma 10 dell'articolo 14 del medesimo decreto legislativo.
      Il comma 20 incrementa di 10 milioni di euro per gli anni 2012 e 2013 la dotazione del fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa.
      Il comma 21 riapre i termini previsti dal decreto-legge n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106
 

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del 2011, per la presentazione, presso gli uffici dell'Agenzia del territorio, delle domande di variazione della categoria catastale dei fabbricati per cui sussistono i requisiti di ruralità. Termine che viene differito dal 30 settembre 2011 al 31 marzo 2012. Inoltre si dispone la proroga dal 20 novembre 2011 al 30 giugno 2012 del termine entro cui l'Agenzia del territorio, previa verifica dell'esistenza dei requisiti di ruralità, convalida la certificazione presentata dal richiedente e riconosce l'attribuzione della categoria catastale richiesta. Infine, si differisce al 30 giugno 2013 il termine entro il quale il richiedente è tenuto al pagamento delle imposte non versate in caso di diniego della domanda da parte dell'Amministrazione finanziaria. Sono fatte salvi le domande presentate e gli effetti prodotti dopo la scadenza dei termini originariamente previsti.

Articolo 14.
      Il presente articolo istituisce, a partire dal 2013, un nuovo tributo comunale relativo alla gestione dei rifiuti, volto a razionalizzare la materia attualmente caratterizzata dalla presenza di diverse forme di prelievo. Al nuovo tributo, che si applicherà in tutto il territorio nazionale, si aggiunge una maggiorazione finalizzata alla copertura di servizi indivisibili dei comuni.
      Il comma 1 istituisce il tributo sui rifiuti e sui servizi destinato a coprire i costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati avviati allo smaltimento, nonché i costi connessi all'erogazione da parte del comune di servizi indivisibili. Il comma 2 individua, quale soggetto attivo del tributo, il comune nel cui territorio insiste, interamente o prevalentemente, la superficie degli immobili assoggettabili al tributo. L'introduzione del criterio della prevalenza rappresenta un'innovazione rispetto alla normativa vigente, che si limita a considerare il territorio comunale senza alcuna ulteriore specificazione.
      Il comma 3 individua, quale presupposto del tributo, il possesso, l'occupazione o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. In tal modo, viene recepito il consolidato orientamento della Corte di cassazione, riconducendo l'applicazione del tributo alla mera idoneità dei locali e delle aree a produrre rifiuti, prescindendo dall'effettiva produzione degli stessi. Il comma 4, tuttavia, continua ad escludere dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali di cui all'articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva.
      Il comma 5 definisce i soggetti passivi, che sono coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte assoggettabili a tributo e precisa che i componenti del medesimo nucleo familiare, nonché coloro che usano in comune i locali e le aree, sono obbligati in solido al pagamento del tributo. Il comma 6 introduce una disposizione innovativa, diretta a superare le difficoltà applicative del tributo in caso di utilizzi temporanei. Infatti, in caso di locazione o di comodato di durata non superiore a sei mesi, anche non continuativi nel corso dello stesso anno solare, la norma stabilisce che il tributo sia dovuto soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione, superficie.
      Il comma 7 disciplina l'applicazione del tributo ai locali in multiproprietà e ai centri commerciali integrati.
      I commi da 8 a 14 concernono le modalità di applicazione del tributo, nonché i criteri per la determinazione della tariffa relativa alla gestione dei rifiuti e della maggiorazione volta alla copertura di servizi indivisibili.
      In particolare il comma 8 stabilisce che la corresponsione del tributo debba avvenire in base alla tariffa riferita a ciascun anno solare, al quale corrisponde un'autonoma obbligazione tributaria.
      In ordine alla determinazione della tariffa, il comma 9 prevede che la stessa sia commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione a ciascun

 

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uso o tipo di attività svolta, sulla base di criteri che devono essere determinati con un successivo regolamento (comma 12). In base a tale norma, quindi, viene confermata la modalità di commisurazione del tributo basata su un criterio presuntivo o medio-ordinario e non sull'effettiva quantità di rifiuti prodotti.
      In ordine, invece, alla composizione della tariffa, il successivo comma 11 precisa che la stessa è costituita da due quote. La prima è rappresentativa dei costi riferiti, in particolare, agli investimenti per le opere e ai relativi ammortamenti. La seconda quota, invece, è rapportata alle quantità di rifiuti conferiti e all'entità dei costi di gestione. Nella stessa disposizione si afferma il principio della copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, comprensivi anche dei costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, nonché di quelli relativi allo spazzamento dei rifiuti esterni che vengono considerati nell'ambito del cosiddetto metodo normalizzato di cui si farà cenno nel prosieguo. Il principio della copertura integrale dei costi è stato mutuato dall'analoga previsione contenuta nell'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ora abrogato, per la tariffa di igiene ambientale (TIA 1). Giova ricordare, al riguardo, che l'articolo 61 del decreto legislativo 30 novembre 1993, n. 507, in materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), stabilisce, invece, l'obbligo di copertura integrale dei costi solo in caso di dissesto finanziario del comune.
      I commi 9 e 10 disciplinano anche il profilo relativo alla determinazione della superficie assoggettabile a tributo. Il comma 9, in particolare, conferma sostanzialmente il principio di determinazione della superficie di riferimento per le unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano – introdotto a partire dal 2005 per la TARSU e successivamente per la TIA 1 – in base al quale la superficie assoggettabile al tributo è pari all'80 per cento di quella catastale. In proposito, deve essere evidenziato che tale disposizione individua in maniera puntuale la percentuale di superficie tassabile, a differenza di quanto attualmente previsto dall'articolo 70, comma 3, del decreto legislativo n. 507 del 1993, il quale dispone che «la superficie di riferimento non può in ogni caso essere inferiore all'80 per cento». Per le unità immobiliari diverse da quelle a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, la superficie assoggettabile al tributo è costituita, invece, da quella calpestabile come avviene attualmente.
      Il comma 10 esclude dalla superficie assoggettabile al tributo le aree di formazione dei rifiuti speciali, a condizione che il produttore ne dimostri l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. In tal modo è stato recepito un principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità consentendo anche un più efficace controllo in ordine al rispetto degli obblighi derivanti dalla legislazione ambientale.
      Il comma 12 prevede l'emanazione, entro il 31 ottobre 2012, del regolamento contemplato nel precedente comma 9, volto alla definizione dei criteri per l'individuazione del costo del servizio di gestione dei rifiuti e per la determinazione della tariffa. La disposizione stabilisce, altresì, che fino alla data di applicazione di tale regolamento – prevista dall'anno successivo alla data della sua entrata in vigore – si applichino in via transitoria, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, con il quale è stato approvato il metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento relativa alla gestione dei rifiuti urbani.
      Un'importante novità rispetto alla normativa vigente è rappresentata dall'introduzione, ad opera del comma 13, di una maggiorazione di 0,30 euro rapportata ai metri quadrati dell'unità immobiliare presa in considerazione, da applicare alla tariffa determinata in base ai criteri sopra descritti e il cui gettito è destinato a coprire i costi relativi a servizi indivisibili dei comuni. La disposizione attribuisce al
 

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comune la facoltà di aumentare, con deliberazione consiliare, la misura base della maggiorazione fino a 0,40 euro, che può essere differenziato in relazione alla tipologia e all'ubicazione dell'immobile.
      Il comma 14, infine, richiama la disciplina del tributo dovuto per il servizio di gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche statali, precisando che il relativo costo è sottratto da quello che deve essere coperto con il tributo per l'autonomia sui rifiuti e sui servizi.
      I commi da 15 a 21 disciplinano le agevolazioni tariffarie, confermando, innanzitutto, la facoltà del comune di prevedere riduzioni in presenza di una serie di situazioni, specificamente indicate nel comma 15, caratterizzate da una minore capacità di produzione di rifiuti. La misura massima di tali riduzioni è fissata al 30 per cento, in luogo della previsione dell'articolo 66 del decreto legislativo n. 507 del 1993, il quale prevede che la tariffa possa essere ridotta di un importo non superiore ad un terzo.
      Oltre a tali fattispecie di riduzione, di natura meramente facoltativa, vengono previste alcune ipotesi in cui la riduzione deve essere in ogni caso riconosciuta. Rientrano in questa sfera, in primo luogo (comma 16), le riduzioni per i locali e le aree situati nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, alle quali il tributo deve essere applicato nella misura massima del 40 per cento della tariffa, graduabile tenendo conto della distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita.
      Inoltre, il tributo è dovuto nella misura massima del 20 per cento della tariffa, in caso di mancato svolgimento del servizio, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento. La stessa misura si applica nel caso di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che determinino una situazione dalla quale possa derivare un danno o un pericolo di danno alle persone o all'ambiente, debitamente riconosciuto dall'autorità sanitaria (comma 20).
      Un'altra ipotesi di riduzione obbligatoria della tariffa è prevista per le utenze domestiche ed è collegata alla raccolta differenziata (comma 17), mentre per le utenze non domestiche è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero (comma 18).
      Ulteriori agevolazioni, sotto forma di riduzioni e di esenzioni, possono essere deliberate dal comune per ragioni meritevoli di considerazione, anche non collegate alla capacità di produzione di rifiuti, a condizione che il mancato gettito ascrivile alla loro applicazione sia coperto da risorse diverse dai proventi del tributo (comma 19).
      Infine, il comma 21 chiarisce che tutte le agevolazioni si applicano anche alla maggiorazione destinata alla copertura dei servizi indivisibili.
      I commi 22 e 23 rinviano a un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, la disciplina degli aspetti inerenti l'applicazione del tributo.
      In particolare, per quanto concerne la delibera di approvazione delle tariffe del tributo, il comma 23 ribadisce che essa deve essere adottata entro il termine fissato dalle norme statali per l'approvazione del bilancio di previsione, mentre il comma 22 introduce un'importante novità in ordine all'organo competente, che viene individuato nel consiglio comunale, anziché nella giunta comunale, organo attualmente competente. La disposizione stabilisce in maniera inequivocabile che le tariffe devono essere determinate tenendo conto del contenuto del piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso e approvato dall'autorità competente (comma 23).
      I commi da 24 a 27 disciplinano l'applicazione del tributo, in base a tariffa giornaliera, in caso di occupazione o detenzione temporanee, anche senza autorizzazione, di locali ed aree pubbliche o di uso pubblico. L'occupazione è definita dal comma 24 temporanea quando è di durata
 

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inferiore a 183 giorni nel corso dello stesso anno solare.
      In particolare, il comma 25 prevede che la determinazione della misura tariffaria deve avvenire in base alla tariffa annuale del tributo, rapportata a giorno, maggiorata di un importo percentuale non superiore al 100 per cento.
      Per gli adempimenti dei contribuenti, il comma 26 stabilisce che l'obbligo di presentazione della dichiarazione è assolto con il pagamento del tributo da effettuare con le modalità e nei termini previsti per la tassa di occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche ovvero per l'imposta municipale secondaria di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, a partire dalla data di entrata in vigore della stessa.
      Il comma 28 fa salva l'applicazione del tributo provinciale per l'esercizio delle funzioni di tutela, protezione ed igiene dell'ambiente previsto dall'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. Tale tributo, commisurato alla superficie dei locali e delle aree assoggettabili, è applicato nella misura percentuale deliberata dalla provincia sull'importo del tributo, con esclusione della maggiorazione prevista dal comma 13.
      I commi da 29 a 32 attribuiscono ai comuni, che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico, la facoltà di applicare, in luogo del tributo per l'autonomia sui rifiuti e servizi, una tariffa avente natura corrispettiva. In ogni caso, il costo del servizio da coprire con tale prelievo deve essere determinato sulla base degli stessi criteri stabiliti nel regolamento governativo di cui al comma 12.
      Il comma 32 precisa, inoltre, che sulla tariffa corrispettiva, che è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, non si applica la maggiorazione per la copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili.
      Nei commi da 33 a 45 sono contenute le disposizioni in materia di dichiarazioni, versamenti, poteri istruttori del funzionario responsabile e sanzioni previste per le violazioni tributarie. In particolare, si deve precisare che, in linea con le recenti modifiche in materia di riscossione delle entrate degli enti locali, il comma 35 dispone che il tributo deve essere versato esclusivamente al comune, in deroga quindi all'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997. Viene in tal modo ribadito il principio che la riscossione spontanea del tributo è riservata al comune; tale principio risulta inoltre ribadito anche nel successivo comma 36, che attribuisce al solo comune il potere di designare il funzionario responsabile del tributo e nel comma 45 che fa salva l'applicazione dell'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, alla sola riscossione coattiva del tributo.
      Quest'ultimo comma richiama, inoltre, le disposizioni di cui al cosiddetto «mini testo unico dei tributi locali» contenute nell'articolo 1, commi da 161 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che attengono all'accertamento, alla riscossione, ai rimborsi e al contenzioso.
      I commi 46 e 47 sopprimono, a decorrere dal 1o gennaio 2013, tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria. In tale previsione rientra anche l'abrogazione della tariffa prevista dal cosiddetto «codice ambientale» per i rifiuti speciali assimilati agli urbani e le disposizioni ad essa correlate. Tale abrogazione si rende necessaria per uniformare il sistema e, soprattutto, per consentire una tassazione più equilibrata e uniforme sia all'interno delle stesse utenze non domestiche che tra le utenze domestiche e no. Viene, infine, abrogata la cosiddetta «ex-ECA», che costituisce una sorta di addizionale alla TARSU pari al 10 per cento, la cui abrogazione era prevista dal decreto sul federalismo fiscale municipale a decorrere dal 2014.

Articolo 15.
      Con la presente disposizione vengono incrementate, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le aliquote di accisa sulle benzine, sul gasolio, sui GPL e sul gas naturale, impiegati come carburanti.

 

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      In via preliminare si evidenzia che gli incrementi sono stati determinati in coerenza con i recenti orientamenti dell'Unione europea contenuti nella proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/96/CE relativamente al ravvicinamento delle aliquote di accisa della benzina e del gasolio usato come carburante.
      Corre l'obbligo di precisare, altresì, che nel determinare le nuove aliquote di accisa sulle benzine e sul gasolio usato come carburante, previste dal comma 1, si è tenuto conto delle aliquote di accisa sui menzionati prodotti che, secondo la previsione contenuta nell'articolo 34, comma 4, lettera a), della legge di stabilità per il 2012, sarebbero dovute entrare in vigore dal 1o gennaio 2012 e le cui maggiori entrate sono finalizzate a far fronte agli oneri derivanti, nell'anno 2012, dai commi da 1 a 3 della medesima disposizione, concernente benefìci in favore degli esercenti impianti di distribuzione carburanti.
      Considerato, inoltre, che per far fronte agli oneri derivanti, a partire dall'anno 2013, dai menzionati commi da 1 a 3 dell'articolo 34, il comma 4, lettera b), del medesimo articolo fissa, a decorrere dal 1o gennaio 2013, le aliquote, incrementandole rispetto a quanto previsto per il 2012, di euro 0,50 per mille litri di prodotto, il comma 2 della presente disposizione ridetermina le aliquote vigenti al 1o gennaio 2013 inglobando il predetto incremento di euro 0,50 per mille litri di prodotto.
      Al comma 3 viene prevista la disapplicazione dell'articolo 1, comma 154, secondo periodo, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, onde consentire la piena applicazione degli incrementi dell'aliquota di accisa sulle benzine anche nelle regioni a statuto ordinario in cui è stata introdotta l'imposta regionale.
      Con il comma 4 viene disposto che gli incrementi di accisa sul gasolio usato come carburante vengano rimborsati agli esercenti attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate nonché ad alcune categorie esercenti il trasporto di persone, al fine di neutralizzarne gli effetti.

Articolo 16.
      Il comma 1 interviene sul comma 21 dell'articolo 23 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha introdotto, a partire dall'anno 2011, l'addizionale erariale della tassa automobilistica dovuta per i veicoli di elevata potenza, abbassando la soglia al di sopra della quale è dovuta la tassa in argomento e aumentandone la misura.
      In particolare si prevede che a partire dall'anno 2012 l'addizionale erariale è dovuta per tutti i veicoli di potenza superiore a 185 chilowatt (per il 2011 la medesima tassa era limitata ai veicoli di potenza superiore a 225 chilowatt) e l'importo dovuto per ciascun chilowatt di potenza superiore alla predetta soglia viene elevato da 10 a 20 euro.
      I contribuenti interessati devono effettuare il pagamento dell'addizionale, con il modello di pagamento F24, alle stesse scadenze previste per il pagamento della tassa automobilistica ordinaria, utilizzando appositi codici tributo.
      I commi da 2 a 10 introducono una tassa di stazionamento, navigazione e ancoraggio per le unità da diporto nazionali ed estere che stazionino in porti marittimi nazionali, navighino o siano ancorate in acque pubbliche anche se in concessione a privati.
      La tassa è ridotta alla metà per le unità con scafo di lunghezza fino a 12 metri, utilizzate esclusivamente dai proprietari residenti, come propri ordinari mezzi di locomozione, nei comuni ubicati nelle isole minori e nella Laguna di Venezia, nonché per le unità a vela con motore ausiliario.
      Sono esenti dalla tassa le unità da diporto possedute e utilizzate da enti ed associazioni di volontariato esclusivamente ai fini di assistenza sanitaria e pronto soccorso.
      La tassa è dovuta per ogni giorno o frazione di esso e non si applica alle navi

 

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ed imbarcazioni da diporto di proprietà o in uso allo Stato e ad altri enti pubblici, a quelle obbligatorie di salvataggio, nonché ai battelli di servizio, purché questi rechino l'indicazione dell'imbarcazione o della nave al cui servizio sono posti.
      Sono tenuti al pagamento della tassa i proprietari, gli usufruttuari, gli acquirenti con patto di riservato dominio o gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria.
      Per una più semplice gestione della tassa è previsto anche il pagamento con moneta elettronica (bancomat e carte di credito) e sistemi telematici individuati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
      La vigilanza sul corretto assolvimento degli obblighi derivanti dal presente articolo è demandata alle capitanerie di porto e ad altre forze preposte alla pubblica sicurezza.
      Per l'accertamento, la riscossione e il contenzioso si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.
      I commi 11 e seguenti istituiscono un'imposta erariale sugli aeromobili privati, analoga a quella a suo tempo disciplinata dall'articolo 9 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202, poi abrogata con l'articolo 2-duodecies, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656.
      I presupposti dell'imposta sono l'immatricolazione dell'aeromobile nel registro aeronautico nazionale nonché la richiesta del rilascio o del rinnovo del certificato di revisione della aeronavigabilità del medesimo.
      L'imposta è applicata sulla base di aliquote progressive per chilogrammo di peso dell'aeromobile. In considerazione delle loro caratteristiche costruttive, le aliquote sono raddoppiate per gli elicotteri, mentre per gli alianti, i motoalianti, gli autogiri e gli aerostati l'imposta è determinata in misura fissa a prescindere dal loro peso.
      L'imposta è dovuta all'atto dell'inoltro della richiesta del certificato e il suo versamento è requisito necessario per il rilascio o il rinnovo del medesimo. L'imposta non è annuale, ma è calcolata, sulla base delle misure annuali indicate al comma 11 del provvedimento, in relazione all'intero periodo di validità del certificato. Se il certificato che si va a richiedere ha durata inferiore a un anno, essa è dovuta nella misura di un dodicesimo della misura annuale per ogni mese di validità del certificato stesso.
      In via transitoria il comma 13 del provvedimento stabilisce l'applicazione dell'imposta, da versare per dodicesimi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento, per gli aeromobili con certificato di revisione della aeronavigabilità in corso di validità; altresì, al secondo periodo è stabilito il versamento dell'imposta entro lo stesso termine per gli aeromobili il cui certificato scade entro il 31 gennaio 2012.
      Sono esenti dall'imposta gli aeromobili di Stato ed equiparati, nonché gli aeromobili di proprietà o in esercenza dei licenziatari dei servizi di linea e non di linea e del lavoro aereo; analoga esenzione è prevista per gli aeromobili di proprietà o in esercenza delle scuole di pilotaggio, dell'Aero Club d'Italia, degli Aero Club locali e dell'Associazione nazionale paracadutisti d'Italia. Infine, sono esenti anche gli aeromobili immatricolati a nome dei costruttori e in attesa di vendita e gli aeromobili destinati esclusivamente all'elisoccorso o all'aviosoccorso.
      Al comma 15 si prevede che l'imposta va versata sulla base di modalità stabilite con un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento.

Articolo 17.
      Si introduce l'obbligo, per le imprese e le società (ad esempio alberghi), di indicare nella dichiarazione dei redditi gli elementi necessari a verificare il pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale.

 

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Articolo 18.
      Si prevede l'incremento delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento nella misura di due punti percentuali dal 1o ottobre 2012 al 31 dicembre 2013. Si prevede, altresì, un aumento di ulteriori 0,5 punti percentuali a decorrere dal 1o gennaio 2014.
      Si riducono, inoltre, gli importi della cosiddetta «clausola di salvaguardia» contenuta nell'articolo 40 del decreto-legge n. 98 del 2011 (prima manovra estiva), cosicché il taglio previsto delle agevolazioni fiscali (5 per cento per il 2012, 20 per cento per il 2013) scatterà soltanto se alla data del 30 settembre 2012 non entreranno in vigore misure idonee a determinare risparmi pari a 13.119 milioni di euro per il 2013 e a 16.400 milioni di euro annui a decorrere dal 2014.

Articolo 19.
      Il comma 1 modifica l'articolo 13, comma 2-ter, della tariffa, parte I, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, al fine di estendere l'applicazione dell'imposta di bollo, già prevista per le comunicazioni relative ai depositi di titoli, anche alle comunicazioni relative ad altri prodotti e strumenti finanziari non soggetti all'obbligo di deposito.
      Sono escluse dall'imposta le comunicazioni relative ai fondi pensione e ai fondi sanitari.
      L'imposta è commisurata al valore di mercato degli strumenti e dei prodotti finanziari; in mancanza del valore di mercato, l'imposta deve essere commisurata al valore nominale o di rimborso di tali strumenti e prodotti finanziari.
      L'imposta, determinata in misura proporzionale, è pari allo 0,1 per cento per l'anno 2012; a decorrere dal 2013 la medesima imposta è fissata allo 0,15 per cento.
      Il comma 2 modifica la nota 3-ter all'articolo 13 della tariffa (ai sensi della quale l'estratto conto, compresa la comunicazione relativa ai depositi di titoli, si considera in ogni caso inviato almeno una volta nel corso dell'anno), prevedendo una presunzione di invio della comunicazione dell'estratto conto e degli strumenti e prodotti finanziari, anche non soggetti a deposito, almeno una volta nel corso dell'anno nonché alla chiusura del rapporto, anche nel caso in cui non sussista un obbligo di invio. Pertanto, anche in assenza di un obbligo di invio della comunicazione, l'imposta di bollo resta comunque dovuta. Qualora le comunicazioni siano relative a periodi inferiori all'anno, l'imposta deve essere rapportata al periodo rendicontato.
      Infine, si sostituisce l'ultimo periodo della nota 3-ter, ai sensi della quale non sono altresì soggette all'imposta di bollo le comunicazioni relative ai depositi di titoli emessi con modalità diverse da quelle cartolari e comunque oggetto di successiva dematerializzazione, il cui complessivo valore nominale o di rimborso posseduto presso ciascuna banca sia pari o inferiore a 1.000 euro. Con la presente novella si prevede che l'imposta dovuta per le comunicazioni relative ai prodotti e agli strumenti finanziari è comunque dovuta nella misura minima di 34,20 euro e massima di euro 1.200.
      Il comma 4 stabilisce che, con riferimento alle attività che sono state oggetto di rimpatrio o di regolarizzazione, ai sensi dell'articolo 13-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, nonché degli articoli 12 e 15 del decreto-legge n. 350 del 2001, e ancora segretate, è dovuta un'imposta straordinaria dell'1,5 per cento.
      L'imposta è trattenuta e versata dagli intermediari (in due rate di pari importo entro il 16 febbraio degli anni 2012 e 2013), che hanno diritto di riceverne provvista dal contribuente. Qualora non sia possibile, da parte dell'intermediario, effettuare tale versamento per carenza di provvista, l'intermediario è tenuto a comunicare il nominativo del contribuente all'Agenzia delle entrate. In tal caso, l'imposta nei confronti del contribuente è riscossa mediante iscrizione a ruolo ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973.

 

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      L'omesso versamento comporta l'applicazione di una sanzione pari all'importo non versato.
      Per l'accertamento, la riscossione e il contenzioso si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.
      Infine, si dispone che la presente imposta straordinaria sui rimpatri è dovuta altresì per le attività oggetto di emersione che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono state in tutto o in parte prelevate dal rapporto di deposito, amministrazione o gestione acceso per effetto della procedura di emersione ovvero comunque dismesse.
      Le disposizioni di attuazione dell'imposta straordinaria in argomento saranno stabilite con successivo provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

Articolo 20.
      Il comma 1, sostanzialmente, proroga di un anno il regime dell'imposta sostitutiva, di cui ai commi 10-bis e 10-ter dell'articolo 15 del decreto legge n. 185 del 2008, introdotto dal comma 12 dell'articolo 23 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, per i soggetti che hanno iscritto nel bilancio individuale una partecipazione di controllo per effetto di un'operazione straordinaria o traslativa e facenti parte di un gruppo nel cui bilancio consolidato riferibile all'esercizio in corso al 31 dicembre 2010, a seguito di una delle predette operazioni, sia stata iscritta una voce a titolo di avviamento, marchi di impresa e altre attività immateriali. Tale regime, pertanto, si applica anche alle operazioni effettuate nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2011.
      Contrariamente al previgente regime, che richiedeva un unico versamento da effettuarsi entro il 30 novembre 2011, il comma 1 ripartisce l'imposta sostitutiva dovuta in tre rate di pari importo da versare, rispettivamente, entro il termine di scadenza dei versamenti del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d'imposta 2012 nonché della prima e della seconda o unica rata di acconto delle imposte sui redditi dovute per il periodo d'imposta 2014. In sostanza, per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare e considerate le vigenti scadenze dei termini dei citati versamenti, le tre rate sono da versare entro il 16 giugno 2013, il 16 giugno 2014 e il 30 novembre 2014.
      Il comma 2 stabilisce che gli effetti del riallineamento decorrono dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e, pertanto, per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, a partire dal 2015.
      Il comma 3 rinvia, quanto alle modalità di attuazione, alle disposizioni, ove compatibili, emanate con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate 22 novembre 2011. Ne consegue, ad esempio, che troveranno applicazione le modalità di versamento e gli obblighi dichiarativi ivi indicati nonché le disposizioni sulla determinazione della base imponibile di cui all'articolo 3 del citato provvedimento.

Articolo 21.
      L'articolo 21 detta disposizioni finalizzate a migliorare l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa nel settore previdenziale e assistenziale, anche in considerazione del processo ormai avviato di armonizzazione e convergenza del sistema pensionistico nel metodo contributivo.
      A tal fine si prevede la soppressione immediata dell'INPDAP e dell'ENPALS, con attribuzione delle relative funzioni all'INPS, che vi succede in tutti i rapporti attivi e passivi.
      Con appositi decreti di natura non regolamentare dei Ministri competenti sarà disposto il trasferimento all'INPS delle risorse strumentali, umane e finanziarie degli enti soppressi.
      In seguito alla soppressione, l'INPS dovrà provvedere al proprio riassetto organizzativo, in modo da raggiungere l'obiettivo di riduzione complessiva dei costi di funzionamento in misura pari ad almeno 20 milioni di euro nel 2012, 50 milioni di euro per il 2013, 100 milioni di euro a decorrere dal 2014.

 

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      Sono previste altresì:

          la soppressione dell'EIPLI (Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania), che viene posto in liquidazione, con conseguente devoluzione delle relative funzioni e risorse ad apposito soggetto individuato dalle regioni interessate;

          l'istituzione del Consorzio nazionale per i grandi laghi prealpini, che svolgerà le funzioni spettanti ad altri consorzi (del Ticino, dell'Oglio, dell'Adda), che vengono contestualmente soppressi;

          la soppressione degli enti indicati nell'allegato A: l'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, che viene incorporata nel Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mentre le funzioni attinenti alla regolazione e alla vigilanza della tariffa relativa ai servizi idrici sono trasferite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas; l'Agenzia per la sicurezza nucleare, che viene incorporata nel Ministero dello sviluppo economico; l'Agenzia per il settore postale, che viene incorporata nell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Articolo 22.
      L'articolo 22 prevede a carico degli enti e organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, che ricevono contributi dallo Stato o ai quali lo Stato partecipa mediante apporti finanziari, l'obbligo di trasmettere i propri bilanci al Ministero vigilante e al Ministero dell'economia e delle finanze-Ragioneria generale dello Stato.
      Tale previsione è finalizzata ad un più efficace monitoraggio della spesa pubblica e non si applica alle società.
      Il comma 2 prevede il riordino, entro i prossimi sei mesi, delle Agenzie, incluse quelle fiscali, con l'obiettivo di ridurne il numero dei componenti e i costi di funzionamento. Tale riordino dovrà essere effettuato con appositi regolamenti di delegificazione, tenendo conto della specificità dei rispettivi ordinamenti.
      Il comma 3 impone alle regioni e agli enti locali l'obbligo di modificare i rispettivi ordinamenti al fine di conseguire, entro un anno, obiettivi di riduzione dei costi degli organismi operanti sottoposti al loro potere di vigilanza. Il parametro di riferimento per la riduzione è costituito dall'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che ha previsto per tutti gli enti pubblici la riduzione degli organi di amministrazione e di controllo, nonché del collegio dei revisori, ad un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti. La riduzione sarà operativa a decorrere dal primo rinnovo dei predetti organi.
      Il comma 5 prevede la proroga al 31 dicembre 2012 del termine per l'adozione dei regolamenti di riordino delle fondazioni lirico-sinfoniche ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100.
      Il comma 6 istituisce l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, quale ente di diritto pubblico sottoposto ai poteri di vigilanza e indirizzo del Ministero dello sviluppo economico, che li esercita sentiti il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell'economia e delle finanze per le materie di rispettiva competenza.
      Le funzioni che appartenevano all'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) sono trasferite alla predetta Agenzia e al Ministero per lo sviluppo economico, che entro sei mesi dovrà essere conseguentemente riorganizzato.
      L'Agenzia di nuova istituzione ha il compito di sviluppare l'internazionalizzazione delle imprese italiane e la commercializzazione dei beni e servizi italiani nei mercati internazionali, nonché di promuovere nel mondo l'immagine del prodotto italiano. Svolge, inoltre, funzioni di informazione, assistenza e consulenza alle imprese che operano nel commercio internazionale e opera in stretto raccordo con le regioni, le camere di commercio, le organizzazioni imprenditoriali e gli altri soggetti pubblici e privati interessati.

 

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      Gli organi dell'Agenzia sono: il consiglio di amministrazione, composto da 5 membri, che elegge al suo interno il presidente e il collegio dei revisori dei conti. È prevista, inoltre, la figura del direttore generale, con funzioni di direzione, coordinamento e controllo, nominato per quattro anni rinnovabili una sola volta.
      La dotazione organica del personale dell'Agenzia sarà determinata dello statuto, in misura comunque non superiore a 300 unità.
      Per quanto riguarda l'attività dell'Agenzia all'estero, il comma 25 stabilisce che essa operi nell'ambito delle rappresentanza diplomatiche e consolari con le modalità stabilite da apposita convenzione con il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero degli affari esteri; il personale dell'Agenzia operante all'estero è accreditato presso le autorità locali in lista diplomatica e dipende dal titolare della rappresentanza diplomatica.
      In sede di prima applicazione, il personale dell'Agenzia è costituito da personale a tempo indeterminato del soppresso ICE, da individuarsi sulla base di una valutazione comparativa per titoli.
      L'Agenzia sarà costituita in due sedi italiane, a Roma e Milano, ma potranno essere definite opportune intese con il Ministero dello sviluppo economico, le regioni e le camere di commercio, per destinare le risorse assegnate alle sedi periferiche soppresse.
      Sono previste, infine, misure transitorie per lo svolgimento delle funzioni svolte dall'ICE fino alla piena operatività dell'Agenzia.

Articolo 23.
      L'articolo 23 detta disposizioni finalizzate al contenimento della spesa per il funzionamento di alcune Autorità indipendenti, prevedendo la riduzione del numero dei loro componenti a decorrere dai prossimi rinnovi.
      In particolare:

          per l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) il numero dei componenti del Consiglio è ridotto da otto a quattro, escluso il Presidente;

          per l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP) il numero dei componenti è ridotto da sette a tre, compreso il Presidente;

          per l'Autorità per l'energia elettrica e il gas il numero dei componenti è ridotto da cinque a tre, compreso il Presidente;

          per la Commissione nazionale per la società e la borsa (CONSOB) il numero dei componenti è ridotto da cinque a tre, compreso il Presidente;

          per il Consiglio dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) il numero dei componenti dell'organo è ridotto da sei a tre, compreso il Presidente;

          per la Commissione per la vigilanza sui fondi pensione (COVIP) il numero dei componenti è ridotto da cinque a tre, compreso il Presidente;

          per la Commissione indipendente per la valutazione, l'integrità e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, si prevede una diminuzione dei componenti da cinque a tre compreso il Presidente;

          per la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali il numero dei componenti è ridotto da nove a cinque, compreso il Presidente.

      I commi 4 e 5 introducono l'obbligo, per i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, di procedere all'acquisizione di lavori, servizi e forniture mediante affidamento ad un'unica centrale di committenza, a decorrere dalle gare che saranno bandite successivamente al 31 marzo 2012.
      Il comma 6 chiarisce in via interpretativa che, ai sensi dell'articolo 47, comma 2, della legge n. 146 del 1980, per i componenti del Governo che non siano membri del Parlamento e siano dipendenti pubblici, il periodo di aspettativa previsto

 

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per i pubblici dipendenti è computabile ai fini dell'anzianità di servizio e del trattamento di quiescenza e di previdenza, prendendo a base di calcolo l'ultimo trattamento economico in godimento prima di assumere la carica.
      I commi da 8 a 13 modificano la disciplina del CNEL, riducendone il numero dei componenti a sessantotto, oltre il presidente e il segretario generale, secondo la seguente ripartizione:

          dieci esperti di cultura economica, sociale e giuridica, di cui otto nominati dal Presidente della Repubblica e due proposti dal Presidente del Consiglio dei ministri;

          quarantotto rappresentanti delle categorie produttive, di cui ventidue in rappresentanza dei lavoratori dipendenti, nove in rappresentanza dei lavoratori autonomi e diciassette in rappresentanza delle imprese;

          dieci esponenti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato, di cui cinque designati dall'Osservatorio nazionale per l'associazionismo e cinque designati dall'Osservatorio nazionale per il volontariato.

      I commi da 14 a 22 introducono misure volte a ridurre i costi di funzionamento delle province.
      In particolare, si prevede che la provincia eserciti esclusivamente le funzioni di indirizzo politico e di coordinamento delle attività dei comuni.
      Le altre funzioni sino ad oggi svolte dalle province sono trasferite, entro il 30 aprile 2012, ai comuni, ovvero acquisite dalle regioni stesse in applicazione del principio di sussidiarietà.
      Gli organi della provincia sono: il consiglio provinciale, composto da non più di dieci membri eletti dagli organi elettivi dei comuni ricadenti nel territorio, e il presidente, eletto dal consiglio provinciale tra i suoi componenti. Entrambi durano in carica cinque anni.
      Con legge dello Stato è stabilito il termine decorso il quale gli organi in carica delle province decadono automaticamente (comma 20).
      Si prevede infine che la titolarità di qualsiasi carica, ufficio o organo di natura elettiva assunti presso enti territoriali non previsti dalla Costituzione è a titolo onorifico e non può dar luogo a indennità, remunerazioni o gettoni di presenza (comma 22).

Articolo 24.
      Al comma 1 sono enunciati i princìpi generali a cui si ispirano le modifiche al sistema pensionistico introdotte dal provvedimento, finalizzate a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico, in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo.
      Al comma 2 si prevede l'introduzione del sistema di calcolo contributivo delle pensioni, con il metodo pro rata, anche per i lavoratori che avevano almeno 18 anni di anzianità contributiva alla data del 1o gennaio 1996, per i quali la legge n. 335 del 1995 aveva previsto l'applicazione del sistema retributivo.
      La disposizione contenuta al comma 3 riconosce la certezza dei diritti ai lavoratori che hanno già raggiunto, alla data del 31 dicembre 2011, i requisiti di accesso al pensionamento secondo la vigente normativa. Pertanto, ad essi non si applicano le nuove disposizioni in materia di requisiti di accesso. Inoltre, il medesimo comma contiene le definizioni delle prestazioni erogate dal sistema pensionistico («pensione di vecchiaia» e «pensione anticipata»).
      Il comma 4 prevede che la pensione di vecchiaia si può conseguire all'età in cui operano i requisiti minimi, mentre il proseguimento dell'attività lavorativa, fermi restando i limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza, viene incentivato dall'operare dei coefficienti di trasformazione calcolati fino all'età di settant'anni, fatti salvi gli adeguamenti alla speranza di vita. Inoltre, si prevede che l'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 18 dello statuto dei lavoratori opera

 

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fino al conseguimento del limite massimo di flessibilità.
      Il comma 5 prevede l'abolizione del regime delle decorrenze dei trattamenti pensionistici (cosiddette finestre), che sono assorbite nell'ambito dei requisiti di accesso al pensionamento.
      Il comma 6 prevede i requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia. In particolare, si prevede l'accelerazione dell'innalzamento del requisito di età previsto per l'accesso alle pensioni di vecchiaia delle lavoratrici del settore privato, innalzato a 62 anni per le lavoratrici dipendenti (62 e 6 mesi per le autonome) dal 1o gennaio 2012, e gradualmente innalzato, fino a conseguire, alla data del 1o gennaio 2018, l'allineamento dei requisiti delle suddette lavoratrici a quelli degli uomini e delle lavoratrici delle pubbliche amministrazioni. Per gli uomini e per le donne dipendenti delle pubbliche amministrazioni il nuovo requisito di 66 anni, a decorrere dal 1o gennaio 2012, corrisponde di fatto a quello previgente, tenendo conto dell'abolizione delle cosiddette «finestre».
      Il comma 7 prevede che la pensione di vecchiaia si possa conseguire con un'anzianità contributiva minima di 20 anni. Per quanto riguarda i lavoratori che hanno iniziato l'attività dopo il 1o gennaio 1996, cui si applica interamente il sistema contributivo, è prevista la possibilità di accedere al pensionamento prima dei 70 anni, a condizione di possedere 20 anni di anzianità contributiva, e una pensione pari ad almeno 1,5 volte l'assegno sociale. All'età di 70 anni, si prescinde dall'importo della pensione, ferma restando un'anzianità contributiva minima di 5 anni.
      Il comma 8 prevede l'incremento di un anno, dal 1o gennaio 2018, del requisito anagrafico per il riconoscimento dell'assegno sociale.
      Il comma 9 prevede l'accelerazione del raggiungimento del requisito di accesso per le pensioni di vecchiaia all'età di 67 anni per tutti i lavoratori, richiesto dall'Unione europea, che avverrà a partire dall'anno 2021 (precedentemente era previsto nel 2026).
      Il comma 10 prevede l'innalzamento del requisito di accesso al pensionamento di anzianità contributiva, indipendentemente dall'età posseduta. Il requisito è fissato per gli uomini in 42 anni e 1 mese e per le donne in 41 anni e 1 mese, a decorrere dal 1o gennaio 2012 (con ulteriori incrementi di un mese nel 2013 e nel 2014). Nel caso in cui il lavoratore acceda al pensionamento con il requisito di anzianità contributiva, indipendentemente dall'età posseduta, ad un'età inferiore a 62 anni, il trattamento pensionistico viene ridotto del 2 per cento per ogni anno di anticipo rispetto all'età di 62 anni.
      Il comma 11 prevede che, per i lavoratori che hanno iniziato l'attività dopo il 1o gennaio 1996, cui si applica interamente il sistema contributivo, sussiste anche la possibilità di accedere al pensionamento a 63 anni di età, a condizione che abbiano almeno 20 anni di anzianità contributiva e una pensione di importo non inferiore a 2,8 volte l'assegno sociale.
      Con il comma 12 viene esteso e reso strutturale l'intervento relativo all'adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento all'incremento della speranza di vita. Infatti, a decorrere dal 1o gennaio 2013, l'intervento sarà riferito non solo ai requisiti anagrafici, ma anche al pensionamento per raggiungimento del requisito previsto di anzianità contributiva, indipendentemente dall'età posseduta.
      Il comma 13 dispone che gli adeguamenti dei requisiti di accesso al pensionamento all'incremento della speranza di vita avvengano, a decorrere dal 2019, con cadenza biennale.
      Il comma 14 e il comma 15 prevedono esenzioni dal nuovo regime dei requisiti di accesso al pensionamento per determinate categorie di lavoratori. In particolare, oltre ad essere confermato il regime sperimentale dell'articolo 1, comma 9, della legge n. 243 del 2004 (fino al 2015 le lavoratrici possono accedere al pensionamento con 57 anni di età e 35 di anzianità contributiva, optando per il calcolo interamente con il sistema contributivo), sono confermati benefìci per i lavoratori addetti a mansioni usuranti, mentre continua ad applicarsi la
 

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previgente normativa – nel limite di 50.000 unità – ai lavoratori in mobilità, mobilità lunga, fondi di solidarietà, e ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche in posizione di esonero dal servizio.
      Il comma 16 prevede l'estensione dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo individuale – attualmente previsti fino a 65 anni di età – fino a 70 anni. Si prevede che l'adeguamento dei coefficienti avvenga, a decorrere dal 2019, con cadenza biennale.
      Il comma 17 prevede l'adeguamento della disciplina dei requisiti previsti per i lavoratori addetti a mansioni particolarmente usuranti. In particolare, si prevede che per essi continuerà ad operare la possibilità di accesso al pensionamento secondo le cosiddette quote (tabella B allegata alla legge n. 243 del 2004).
      Il comma 18 dispone che, per i regimi speciali che prevedono requisiti di accesso al pensionamento inferiori a quelli vigenti nel sistema generale, si procederà all'adeguamento, con regolamenti da adottare entro il 30 giugno 2012, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti.
      Il comma 19 estende la possibilità di totalizzazione dei periodi assicurativi, eliminando l'attuale limite minimo di tre anni presso ciascuna gestione
      Il comma 20 prevede che la nuova disciplina dei requisiti di accesso al pensionamento determini l'adeguamento, in modo sistematico, delle disposizioni relative al personale delle amministrazioni pubbliche prossimo al pensionamento (articolo 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).
      Il comma 21 prevede l'istituzione di un contributo di solidarietà per i fondi speciali che hanno beneficiato di regole più favorevoli.
      I commi 22 e 23 prevedono un graduale incremento delle aliquote contributive dei lavoratori autonomi.
      Il comma 24 prevede che gli enti previdenziali di diritto privato dei professionisti debbano adottare – entro il termine del 31 marzo 2012 – provvedimenti funzionali a garantire l'equilibrio di medio-lungo periodo delle gestioni. In assenza di tali provvedimenti, si prevede anche per essi l'adozione del metodo contributivo pro rata, nonché un contributo di solidarietà dell'1 per cento sulle pensioni erogate.
      Il comma 25 dispone che, in considerazione della necessità di conseguire gli obiettivi di finanza pubblica, per gli anni 2012 e 2013 l'adeguamento delle pensioni sarà riconosciuto al 100 per cento solo ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a due volte il trattamento minimo INPS.
      Il comma 26 dispone l'applicazione, ai professionisti iscritti alla gestione separata INPS, delle tutele in materia di malattia, maternità e congedo parentale, riconosciute dall'articolo 1, comma 788, della legge n. 296 del 2006.
      Il comma 27 prevede l'accantonamento di risorse in un Fondo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, finalizzato all'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne.
      Il comma 28 prevede l'istituzione di una Commissione (composta da esperti e da rappresentanti di enti gestori di previdenza obbligatoria nonché di autorità di vigilanza operanti nel settore previdenziale), incaricata di valutare, entro il 31 dicembre 2012, nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica e delle compatibilità finanziarie del sistema pensionistico nel medio/lungo periodo, possibili e ulteriori forme di gradualità nell'accesso al trattamento pensionistico determinato secondo il metodo contributivo, nonché eventuali forme di decontribuzione parziale dell'aliquota contributiva obbligatoria verso schemi previdenziali integrativi.
      Il comma 29 prevede che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali adotti, unitamente agli enti previdenziali, iniziative di promozione della cultura del risparmio previdenziale.
      Il comma 30 prevede che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali promuova, entro il 31 dicembre 2011, un tavolo tecnico di confronto con le
 

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parti sociali sui temi del riordino del sistema degli ammortizzatori sociali, degli istituti di sostegno al reddito e della formazione continua.
      Il comma 31 prevede che alla quota delle indennità di fine rapporto eccedente un milione di euro non si applica il regime di tassazione separata e che tale importo concorre alla formazione del reddito complessivo. Tali disposizioni si applicano ai compensi e alle indennità a qualsiasi titolo erogati agli amministratori di società di capitali.

Articolo 25.
      L'articolo 25 prevede la destinazione di quota parte dei proventi della vendita all'asta delle quote di emissione di anidride carbonica al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

Articolo 26.
      L'articolo 26 prevede che le banconote, i biglietti e le monete in lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell'Erario con decorrenza immediata e che il relativo controvalore è destinato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

Articolo 27.
      La norma prevede che siano attivate iniziative a livello territoriale con la finalità di costituire forme societarie, consortili o fondi immobiliari locali, in relazione anche all'interesse di natura generale del Ministero dell'economia e delle finanze, affinché sia espresso il valore potenziale degli immobili pubblici degli enti territoriali e locali.
      La promozione della fattibilità delle iniziative è assegnata all'Agenzia del demanio, che coinvolge tutti i soggetti pubblici interessati alla valorizzazione e richiede i pareri e i nulla osta alle amministrazioni competenti, che si devono esprimere per gli immobili sottoposti a tutela. Acquisiti i pareri attraverso la conferenza di servizi preliminare e concluse le procedure di individuazione degli immobili da valorizzare, l'Agenzia predispone una proposta da inviare ai soggetti pubblici che amministrano i beni immobili. La previsione è, per certi versi, parallela a quanto già previsto nel processo di formazione dei «programmi unitari di valorizzazione territoriale» ma, in questo caso, data la natura di impegno anche alla partecipazione alle forme societarie o consortili, i soggetti devono esprimersi favorevolmente entro sessanta giorni, trascorsi i quali, in mancanza di una risposta, la valorizzazione si considera inattuabile.
      L'articolo, infatti, prevede la possibilità di costituire forme societarie per la valorizzazione, alle quali l'Agenzia partecipa come socio o apportando immobili se nella valorizzazione sono compresi immobili dello Stato oppure, in ogni caso, in qualità di finanziatore e di struttura tecnica di supporto per lo sviluppo dell'iniziativa se nella valorizzazione non sono compresi immobili statali. È prevista la possibilità di costituire società miste e sarà cura dell'Agenzia individuare, con procedure di evidenza pubblica, i soggetti privati che possono partecipare. La società costituita è sottoposta al controllo della Corte dei conti e alla stessa si applica la disciplina prevista dal codice civile. L'Agenzia può avvalersi di soggetti pubblici o privati specializzati, questi ultimi da selezionare tramite procedure di evidenza pubblica.
      Al fine di rendere cogenti gli accordi stipulati tra i soggetti pubblici coinvolti è predisposto un atto che deve contenere le modalità e i criteri di sviluppo dell'operazione e gli eventuali rimborsi attribuibili ai diversi soggetti partecipanti in caso di annullamento dell'iniziativa.
      L'investimento nelle iniziative determinate da queste procedure di valorizzazione immobiliare è compatibile con i fondi disponibili degli enti previdenziali ai sensi della legge n. 244 del 2007, i quali possono destinare tali finanziamenti agli investimenti immobiliari. Questi investimenti, nella quota del 7 per cento, devono essere attribuiti ai fondi immobiliari che sono costituiti per la valorizzazione degli immobili oggetto di sviluppo nelle iniziative promosse dall'Agenzia del demanio.

 

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      Per allineare il modulo procedimentale agli strumenti di valorizzazione, alienazione e dismissione utilizzabili dagli enti territoriali e locali, viene proposta una modifica al secondo comma dell'articolo 58 del decreto-legge n. 112 del 2008 volta anche a superare, con l'applicazione di un riferimento oggi considerabile principio generale di semplificazione, le censure della Corte costituzionale circa la procedura di variazione urbanistica, connessa all'approvazione del «piano di valorizzazione» allegato al bilancio degli enti territoriali.
      Nel primo comma viene autorizzata la possibilità di utilizzare il piano di valorizzazione anche da parte delle società ed enti a totale partecipazione pubblica.
      Poiché, di norma, le variazioni urbanistiche di immobili di proprietà degli enti territoriali sono di natura «puntuale» e non coinvolgono interessi urbanistici e ambientali generali, viene esclusa l'applicazione della valutazione ambientale strategica. Infine, viene prevista la possibilità di inserire, in modo «additivo», immobili dello Stato nell'ambito dei piani di alienazione e valorizzazione dell'ente locale competente per utilizzare le relative procedure semplificate. Tale modifica interviene a completamento di quanto già previsto nell'articolo 33 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011 nel quale viene previsto l'uso dell'accordo di programma per la variazione di destinazione d'uso e per la regolarizzazione urbanistica ed edilizia degli immobili pubblici da conferire ai Fondi immobiliari costituiti nell'ambito dell'applicazione del predetto articolo 33.
      Per concordare le modalità di affidamento delle procedure di valorizzazione di beni immobili in uso alle altre amministrazioni, devono essere definiti preventivamente, tramite convenzione, i reciproci impegni. Nel caso del Ministero della difesa, viene prevista una deroga a questa regola generale, in base alla quale lo stesso Ministero opera direttamente, eventualmente applicando la disciplina prevista nelle norme presenti per evitare sovrapposizioni o contraddizioni istituzionali, in alternativa alla normativa di attribuzione a tale dicastero delle procedure di valorizzazione dei beni in loro uso. Per consentire il mantenimento e la valorizzazione di immobili solo temporaneamente non più necessari alla difesa, è prevista la possibilità di un loro utilizzo attraverso lo strumento della concessione di valorizzazione di cui al decreto-legge n. 351 del 2001 con le opportune mitigazioni a favore dell'amministrazione comunale. Come limite alla trasformazione degli immobili viene consentita l'attuazione di interventi con la categoria di intervento di «restauro e risanamento conservativo» che prevedono «interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio».
      Per le finalità esposte, viene proposto un modulo procedimentale «complesso» basato, principalmente, sull'accordo di programma di cui all'articolo 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000, delle relative leggi regionali che, tra l'altro, ne hanno consentito l'applicazione anche all'ambito del governo del territorio, talvolta anche ai fini della riconformazione di strumenti urbanistici «sovraordinati». In tale processo, quindi, si tende a rendere responsabili le amministrazioni (in particolare, competenti in materia di governo del territorio) degli esiti finali e sulla certezza dei tempi. Per consentire la conclusione delle relative determinazioni, viene introdotto un meccanismo di «sollecitazione», conforme all'ordinamento vigente, con l'attribuzione all'interno del Comitato di vigilanza dell'accordo di programma di eventuali poteri sostitutivi delle amministrazioni, anche con compiti di
 

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acquisizione di ogni elemento utile per garantire l'obiettivo finale di valorizzazione degli assetti immobiliari pubblici.
      Nel rispetto del principio generale di cui al comma 1, si prevede che la strutturazione preliminare del programma unitario di valorizzazione territoriale possa essere definita dal Ministero dell'economia e delle finanze – Agenzia del demanio e dalle strutture tecniche della Regione, degli enti territoriali e locali interessati, anche per assicurare che l'entità del valore potenziale esprimibile dei beni immobili che saranno oggetto dello stesso programma sia tale da garantire la fattibilità di utilizzo di uno strumento finanziario immobiliare. Per questa finalità, viene proposta, in via innovativa, l'eventuale costituzione di una struttura tecnica di attuazione del programma di valorizzazione composta dallo Stato e dalle autonomie locali.
      Per garantire il rispetto delle tutele differenziate, è stato determinato un meccanismo di avocazione della responsabilità da parte del Ministro per i beni e le attività culturali, ovvero del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con l'assunzione, in caso di mancata espressione da parte degli organi periferici o competenti, della espressione positiva o negativa, nonché delle eventuali prescrizioni da adottare per il superamento di tale espressione negativa.
      Per assicurare la conclusione, in senso positivo o negativo, dell'accordo di programma, le proposte di trasformazione urbanistica, integrate con le soluzioni alle richieste di integrazione e modifica, sono ripresentate alle amministrazioni partecipanti, le quali possono, entro sessanta giorni, esprimere il proprio dissenso.
      Il comma 3 integra e semplifica la procedura vigente per la vendita dei terreni a vocazione agricola prevedendo la possibilità di vendere anche i terreni agricoli, nonché di formulare richiesta da parte degli interessati. Viene inoltre definito il criterio per la determinazione del prezzo.
      Il comma 4 intende modificare parzialmente l'articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010) che, integrando un quadro normativo già esistente, ha introdotto disposizioni in materia di contenimento della spesa e di razionalizzazione degli spazi in uso alle amministrazioni dello Stato.
      In particolare il predetto comma 222 ha individuato nell'Agenzia del demanio il soggetto che, in virtù di un notevole processo di accentramento, provvede in via esclusiva a soddisfare le esigenze allocative delle suddette amministrazioni, adempiendo alle attività di verifica di disponibilità di immobili demaniali, di congruità del canone per l'uso di beni di proprietà di terzi, di stipula dei relativi contratti di locazione o rinnovo di quelli già sottoscritti e di consegna degli immobili alle amministrazioni interessate, che, per il loro uso e custodia, se ne assumono ogni responsabilità ed onere.
      La finalità perseguita dal legislatore, tramite il comma 222, è quella di garantire un miglior monitoraggio e coordinamento della pianificazione dei fabbisogni degli spazi necessari alle Amministrazioni dello Stato con riguardo all'utilizzo sia di immobili di proprietà statale, sia di immobili privati, allo scopo di conseguire il massimo contenimento della spesa pubblica e di migliorare l'efficacia e l'efficienza di processi ed attività di razionalizzazione, ottimizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato.
      La disposizione in esame prevede, in luogo della competenza dell'Agenzia del demanio alla stipula del contratto di locazione, il rilascio da parte della medesima Agenzia di un nulla osta alla stipula, con conseguente sottoscrizione dei contratti di locazione da parte delle amministrazioni statali e previsione di nullità per tutti gli atti contrattuali stipulati in assenza del predetto nulla osta.
      Tale previsione è stata elaborata alla luce di alcune criticità emerse in fase di prima applicazione delle disposizioni su cui intende incidere ed è finalizzata a semplificare, snellire e rendere più spedita l'azione amministrativa connessa all'attuazione del citato articolo 2, comma 222, senza intaccare i presupposti e la ratio che
 

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governano tale norma e lasciando sostanzialmente inalterato l'impianto generale della stessa. Infatti, in base all'attuale formulazione del comma 222, pur essendo l'Agenzia del demanio tenuta a sottoscrivere il contratto di locazione con la proprietà dell'immobile, è l'amministrazione utilizzatrice che risponde ex lege di tutti gli oneri e le responsabilità connessi all'uso del bene. Tale situazione determina un rapporto triadico alquanto complesso che, come si è potuto verificare nella quotidianità, costringe tutte le parti interessate ad una continua mediazione per conciliare le diverse esigenze con conseguente allungamento dei tempi occorrenti per addivenire alla stipula del contratto di locazione.
      La previsione del rilascio del nulla osta alla stipula da parte dell'Agenzia del demanio e della nullità degli atti contrattuali sottoscritti in assenza di detto provvedimento superano le criticità riscontrate, non intaccando la struttura generale della norma e garantendo comunque il pieno soddisfacimento delle esigenze di monitoraggio e coordinamento della pianificazione dei fabbisogni delle amministrazioni dello Stato voluti dal legislatore.
      Il comma 5 per superare le criticità operative scaturenti dall'incoerenza tra l'avvio del sistema di gestione centralizzata degli interventi manutentivi sugli immobili in uso alle amministrazioni dello Stato fissato al 1o gennaio 2012 e la previsione dei relativi stanziamenti a decorrere dal 1o gennaio 2013, prevede il riallineamento dei due termini (fissati rispettivamente al comma 2 e al comma 6), fermo restando che nel corso del 2012 saranno avviate tutte quelle attività preordinate alla gestione degli interventi stessi (programmazione; stipula degli accordi o delle convenzioni per l'esecuzione degli interventi).
      Inoltre, la proposta integra il comma 7 con una clausola di salvaguardia circa la copertura finanziaria di quegli interventi che pur ricompresi nel Piano generale non possono essere affidati secondo il sistema centralizzato, nell'eventualità che contingenze particolari impediscano la stipula dei relativi accordi o delle relative convenzioni quadro.
      Infine, nell'ottica di garantire l'efficiente gestione, verifica e monitoraggio degli interventi manutentivi, a carattere ordinario e straordinario, sugli immobili in uso alle amministrazioni dello Stato, la proposta introduce al comma 8 la possibilità dell'Agenzia (sia pure entro contenuti limiti) di dotarsi di proprie professionalità e di strutture interne appositamente dedicate, senza che ciò comporti costi aggiuntivi rispetto alla precedente formulazione normativa considerato che di conseguenza verrà meno il costo per l'esternalizzazione del servizio a società specializzate e indipendenti.
      Il comma 6 è volto a ricondurre anche gli alloggi realizzati a totale carico dello Stato e destinati all'eliminazione delle abitazioni malsane (legge n. 640 del 1954) nell'alveo della disciplina prevista dai primi due periodi del comma 441 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004, ai sensi dei quali gli alloggi di proprietà dello Stato, costruiti in base a leggi speciali di finanziamento per sopperire ad esigenze abitative pubbliche, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati.
      Ciò per ragioni di razionalità, coerenza, economicità ed unificazione delle competenze in capo ai medesimi soggetti, ed al fine di consentire che anche gli immobili in argomento, che non presentano peculiarità tali da giustificare l'esclusione degli stessi dal trasferimento ai comuni, possano essere utilizzati da questi ultimi per sopperire ad esigenze di carattere sociale.
      Peraltro la proposta è coerente con il recente orientamento seguito dal legislatore, che, con il comma 15 dell'articolo 2 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), ha ricondotto anche gli alloggi realizzati a favore dei profughi ai sensi della legge n. 137 del 1952 nella disciplina generale di cui al citato comma 441.
      Il comma 7 mira ad abrogare alcune disposizioni relative a Roma Capitale che devono intendersi ormai superate per effetto dell'entrata in vigore di leggi ordinarie di epoca successiva volte ad innovare la disciplina relativa alla razionalizzazione
 

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degli spazi allocativi utilizzati dalle amministrazioni sia a titolo di locazioni passive che di usi governativi.
      Si fa riferimento, in particolare, all'articolo 3, comma 1, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che, intervenendo sul comma 204 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha rimesso ad appositi decreti del Ministero dell'economia e delle finanze la determinazione dei piani di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa, ed alle previsioni di cui al comma 222 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le quali hanno ridisegnato, ampliandolo, il perimetro delle competenze dell'Agenzia del demanio, individuando in via esclusiva in quest'ultima il soggetto competente a provvedere a soddisfare le esigenze allocative delle amministrazioni statali.
      Il comma 8 mira a superare le incertezze legate al termine entro il quale deve concludersi la procedura di attribuzione di beni agli enti territoriali coordinata dalle direzioni regionali del Ministero per i beni e le attività culturali, attualmente indicata dal decreto legislativo n. 85 del 2010 entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo. Con la modifica proposta la procedura di attribuzione è a regime.
      Il comma 9 prevede la possibilità per il Ministero della giustizia di permutare propri beni immobili con altri immobili, già esistenti o da edificare, da destinare a nuovi istituti penitenziari

Articolo 28.
      Incrementa, dall'anno d'imposta 2011, l'addizionale regionale all'IRPEF di base, anche per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano. Le medesime regioni a statuto speciale e le province autonome assicurano, dal 2012, un concorso alla finanza pubblica di euro 857 milioni annui e di 60 milioni annui da parte dei comuni ricadenti nel territorio della Valle d'Aosta, del Friuli Venezia Giulia e delle province autonome.
      Con riferimento alla compartecipazione regionale all'IVA, prevede che l'importo corrispondente rimane accantonato in bilancio fino alla realizzazione delle condizioni che ne consentono l'erogabilità alle regioni e, comunque, per un periodo non superiore al quinto anno successivo a quello di iscrizione in bilancio.
      Riduce, dal 2012, di 1.450 milioni di euro il fondo sperimentale di riequilibrio e il fondo perequativo, nonché i trasferimenti erariali dovuti ai comuni delle regioni Sicilia e Sardegna. Inoltre, sempre dal 2012, riduce di 415 milioni di euro il fondo sperimentale di riequilibrio e il fondo perequativo, nonché i trasferimenti erariali dovuti alle province delle regioni Sicilia e Sardegna.

Articolo 29.
      Con la disposizione di cui al comma 1 si intende definire il ruolo di Consip come centrale di committenza nazionale cui le amministrazioni pubbliche centrali possono ricorrere per procedere ad acquisizioni di beni e servizi.
      In particolare, dette amministrazioni potranno ricorrere a Consip per l'aggiudicazione di appalti pubblici, per la conclusione di accordi quadro o per l'acquisto di beni e servizi funzionali allo svolgimento dei propri compiti istituzionali.
      In tal modo si esplicita la possibilità per i suddetti soggetti di usufruire dei benefìci che, in termini procedurali nonché in termini di rapporto qualità-prezzo delle acquisizioni, possono essere raggiunti attraverso il ricorso alle centrali di committenza. La centrale di committenza, infatti, in quanto soggetto dotato di specifiche competenze e esperienze, è ritenuto modello di efficienza per le acquisizioni di beni e servizi.
      Consip risulta soggetto particolarmente adeguato in quanto organismo di diritto pubblico qualificabile come centrale di committenza che ha maturato significative esperienze nell'ambito delle acquisizioni di beni e servizi per la pubblica amministrazione per i servizi prestati al Ministero dell'economia e delle finanze in tema di acquisizioni funzionali allo svolgimento delle attività informatiche riservate allo

 

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Stato ed in tema di programma di razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione.
      I vantaggi del ricorso alla centrale di committenza sono tanto maggiori quanto maggiore è la complessità di una acquisizione o l'importo della stessa; pertanto si prevede la possibilità di ricorrere a Consip per le acquisizioni al di sopra della soglia di rilievo comunitario.
      Si ammette la stipula di convenzioni fra le dette amministrazioni e Consip per la definizione dell'affidamento delle attività e per la disciplina dei rapporti da esso derivanti.
      Il comma 2 estende tale possibilità agli enti di previdenza e assistenza sociale, al fine di agevolare il processo di razionalizzazione della spesa e garantire gli obiettivi di risparmio previsti dalla legislazione vigente.
      Il comma 3, per contribuire all'obiettivo del pareggio bilancio entro la fine del 2013, determina la cessazione del sistema di contribuzione diretta per l'editoria di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250.
      La cessazione opera alla data del 31 dicembre 2014, con riferimento alla gestione 2013.
      Il Governo deve provvedere, con decorrenza dal 1o gennaio 2012, alla revisione del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 per conseguire il risanamento della contribuzione pubblica, una selezione più rigorosa per accedere alle risorse e risparmi della spesa pubblica. Si determina la destinazione dei suddetti risparmi alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta, all'innovazione tecnologica del settore, al contenimento dei costi delle materie prime e all'informatizzazione della rete distributiva.

Articolo 30.
      Il comma 1 modifica il comma 18 dell'articolo 33 della legge di stabilità per l'anno 2012, che disponeva il finanziamento (700 milioni di euro) della partecipazione italiana a missioni internazionali per il primo semestre del predetto anno. Al fine di consentire la prosecuzione di tale partecipazione, la disposizione in esame stanzia le risorse per l'intero anno, con un maggior onere di ulteriori 700 milioni di euro in relazione al secondo semestre 2012.
      Il comma 2 prevede che le risorse del «Fondo per gli investimenti del Gruppo Ferrovie dello Stato s.p.a» istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 25 del decreto-legge n. 185 del 2008 possano essere utilizzate per le esigenze del trasporto pubblico locale ferroviario, al fine di assicurare i necessari servizi da parte di Trenitalia nelle regioni a statuto ordinario.
      Il comma 3 dispone l'incremento di ulteriori 800 milioni di euro, a decorrere dal 2012, della dotazione del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 21 del decreto-legge n. 98 del 2011. A decorrere dal 2013, il Fondo sarà alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dall'aumento delle accise sulla benzina.
      Il comma 4 incrementa di 40 milioni di euro per il 2012 l'autorizzazione di spesa contenuta nella legge di stabilità per le attività di AGEA finalizzate allo sviluppo e sostenibilità del settore agricolo, agroindustriale e mezzi tecnici di produzione.
      Il comma 5 incrementa di 57 milioni di euro la dotazione del Fondo per la protezione civile; tale incremento viene coperto con corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativamente alla destinazione dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale.
      Il comma 6 autorizza la spesa di 1 milione e 300 mila euro annui per le attività e il funzionamento dell'Accademia dei Lincei e di 700 mila euro annui per le attività e il funzionamento dell'Accademia della Crusca.
      Il comma 8 detta disposizioni in materia di personale del Ministero per i beni

 

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e le attività culturali, autorizzando l'assunzione di personale, anche dirigenziale, tenendo conto delle esigenze delle strutture centrali e periferiche. È prevista altresì la possibilità di formare una graduatoria unica nazionale.

Articolo 31.
      L'articolo 31 estende la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali a tutti i comuni, sopprimendo la limitazione, prevista dalla legislazione vigente, alle sole località turistiche e città d'arte.
      Il comma 2 prevede che la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali senza contingenti, limitazioni territoriali o di altra natura, ad eccezione di quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente e dei beni culturali, costituisca «principio generale dell'ordinamento», al quale le regioni e gli enti locali devono adeguarsi entro novanta giorni dalla conversione del presente decreto.

Articolo 32.
      Il comma 1 liberalizza la vendita dei farmaci cosiddetti «di fascia C» (quelli non essenziali e non di rilevante interesse terapeutico, ad eccezione di quelli non soggetti a ricetta con accesso alla pubblicità) presso gli esercizi commerciali aperti in comuni con più di quindicimila abitanti, purché avvenga nell'ambito di un apposito reparto che impedisca l'accessibilità ai farmaci da parte del pubblico o di personale non addetto.
      Il comma 3 qualifica come «pratica commerciale sleale» l'adozione, da parte delle imprese di produzione o distribuzione di farmaci, di condizioni contrattuali e prassi commerciali che si risolvono in una ingiustificata discriminazione tra farmacie e parafarmacie.
      Il comma 4 autorizza le farmacie e i venditori di farmaci nei centri commerciali a praticare liberamente sconti sui prezzi al pubblico, purché siano esposti in modo leggibile e chiaro al consumatore e siano praticati a tutti gli acquirenti.

Articolo 33.
      Con riferimento alla riforma degli ordinamenti professionali prevista dal decreto-legge n. 138 del 2011, l'articolo 33 dispone l'abrogazione automatica delle norme vigenti alla data del 13 agosto 2012, indipendentemente dall'adozione, da parte dei singoli ordini, dell'apposito regolamento di riforma di cui all'articolo 5, lettera c), del citato decreto-legge. Modifica inoltre i criteri e princìpi direttivi ai quali il regolamento deve attenersi, riducendo la durata massima dei tirocini da tre anni a diciotto mesi.

Articolo 34.
      L'articolo 34 detta disposizioni in materia di concorrenza al fine di realizzare compiutamente la libertà dei mercati e dare una spinta propulsiva allo sviluppo del Paese.
      Le disposizioni in esame si inquadrano nella potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (articolo 117, secondo comma, lettere e) ed m), della Costituzione).
      I commi 1 e 2 della norma dispongono che la disciplina di tutte le attività economiche (imprenditoriale, commerciale, artigianale, autonoma o professionale) debba essere improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento.
      Il comma 3 abroga, con effetto immediato, le disposizioni vigenti che limitano a livello soggettivo, oggettivo o di allocazione l'esercizio dell'attività economica, nonché le norme di imposizione di prezzi minimi e commissioni per la fornitura di beni e servizi.
      Altri limiti imposti alla riconosciuta libertà dell'attività economica si fondano sulla necessità di salvaguardare le esigenze imperative di interesse generale derivanti dai princìpi costituzionali e comunitari (comma 2). Tali limiti comportano la previsione,

 

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ispirata al principio di proporzionalità, dell'adozione di atti amministrativi ampliativi o di controllo (comma 4).
      Al fine di verificare il rispetto del principio di proporzionalità, il comma 5 dell'articolo prevede che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato sia tenuta a rendere parere obbligatorio sui disegni di legge governativi e sui regolamenti che introducono restrizioni all'accesso e all'esercizio di attività economiche.
      Il comma 6 dispone che nei casi in cui è necessario prevedere particolari requisiti che limitino l'esercizio dell'attività economica, è comunque sufficiente l'autocertificazione per iniziare immediatamente l'attività economica stessa. L'autorità competente, d'ufficio, entro un termine stabilito, svolge un controllo amministrativo sull'attività iniziata. In ogni caso restano ferme le responsabilità civili e penali per i danni arrecati a terzi nell'esercizio dell'attività stessa.
      Le regioni sono tenute ad adeguare la propria normativa a tali princìpi e regole (comma 7).
      Il comma 8 esclude dall'ambito di applicazione del presente articolo i servizi finanziari e i servizi di comunicazione come definiti dagli articoli 4 e 5 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 recante «Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno».

Articolo 35.
      L'articolo 35 mira ad ampliare i poteri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato già attribuiti dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, attraverso la legittimazione della stessa ad agire innanzi al TAR del Lazio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti e i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che determinano distorsioni della concorrenza.
      A tale fine è previsto che l'Autorità emetta un parere motivato, qualora ritenga che una pubblica amministrazione abbia emanato un atto in violazione delle norme sulla concorrenza; successivamente, decorsi sessanta giorni senza che l'amministrazione si sia conformata ad esso, l'Autorità potrà presentare, per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, il ricorso entro i successivi trenta giorni.
      La disciplina di cui al Libro IV, Titolo V, del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applica anche ai giudizi instaurati ai sensi del comma 1.

Articolo 36.
      L'articolo 36 mira ad eliminare una delle anomalie del sistema finanziario italiano e, al contempo, a migliorare la concorrenza tra le imprese operanti nel settore assicurativo, finanziario e creditizio.
      In particolare, il comma 1 vieta ai titolari di cariche assunte negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo e ai vertici delle strutture organizzative, di assumere incarichi in imprese tra loro concorrenti. Il comma 2 chiarisce che si intendono concorrenti le imprese o i gruppi di imprese tra i quali non vi sono rapporti di controllo e che operano nei medesimi mercati. A tal fine, la nozione di controllo assume un contenuto più ampio rispetto alla nozione codicistica dell'articolo 2359 del codice civile, attraverso il richiamo all'articolo 7 della legge n. 287 del 1990, che individua ulteriori casi di controllo rilevanti ai fini di un'effettiva tutela della concorrenza.

Articolo 37.
      L'articolo 37 mira a risolvere le difficoltà incontrate dal processo di liberalizzazione nel settore del trasporto ferroviario, aereo e marittimo nella prospettiva di migliorare le condizioni di offerta e la qualità dei servizi. A tale scopo viene autorizzata l'adozione di uno o più regolamenti di delegificazione per individuare l'Autorità competente, tra quelle già esistenti, a realizzare una compiuta liberalizzazione del settore.
      Il comma 3, poi, disciplina i poteri che l'Autorità può esercitare nell'esercizio delle suddette competenze.
      I commi 4 e 5 stabiliscono che restano ferme tutte le altre competenze dell'Autorità,

 

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la quale è tenuta a rendere pubblici nei modi più opportuni i provvedimenti di regolazione e a riferire annualmente alle Camere circa lo stato del processo di liberalizzazione.
      Il comma 6 prevede che agli oneri derivanti dall'esercizio delle competenze previste si provvede mediante un contributo versato dai gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati, in misura non superiore all'uno per mille del fatturato derivante dall'esercizio delle attività svolte percepiti nell'ultimo esercizio.

Articolo 38.
      L'articolo 38 modifica la disciplina del Fondo rotativo di sostegno alle imprese, prevedendo che le relative risorse siano destinate prioritariamente anche alle iniziative e programmi di ricerca e sviluppo nel settore dell'innovazione industriale, individuati nell'ambito delle aree tecnologiche dell'efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie della vita, delle nuove tecnologie per il made in Italy e delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e turistiche, di cui all'articolo 1, comma 842, della legge n. 296 del 2006.

Articolo 39.
      L'articolo 39 detta misure di sostegno per le piccole e medie imprese (PMI).
      In particolare, si prevede la possibilità di concedere alle PMI garanzia diretta e controgaranzia, fino all'80 per cento dell'ammontare delle operazioni finanziarie garantite, a valere sulle risorse disponibili presso il Fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale Spa, di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996. L'importo massimo garantito per ogni singola impresa è aumentato a 2 milioni e 500.000 euro.

Articolo 40.
      L'articolo 40 detta misure di semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese.
      In particolare, il comma 1 semplifica la comunicazione alle autorità di pubblica sicurezza delle generalità dei clienti da parte degli albergatori, prevedendo che l'invio della scheda informativa deve avvenire con modalità telematiche.
      Il comma 2 semplifica la disciplina in tema di privacy, modificando la nozione di «dato personale» in modo da eliminare i dati relativi a persone giuridiche, enti o associazioni. Si tratta dunque di un intervento più radicale rispetto a quello adottato con il decreto-legge n. 70 del 2011, che escludeva dall'applicazione del codice i trattamenti effettuati tra persone giuridiche per finalità amministrativo-contabili. L'obiettivo è portare a compimento la semplificazione già avviata al fine di riallineare la normativa italiana alla disciplina comunitaria, evitando l'introduzione di oneri non previsti a livello europeo.
      Il comma 3 mira a facilitare l'impiego del lavoratore straniero nelle more del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno.
      Il comma 4 sposta alla fine del mese successivo a quello di riferimento il termine entro il quale deve essere aggiornato da parte del datore il libro unico del lavoro.
      Il comma 5 modifica l'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006, prevedendo che gli interventi di scavo di terreni finalizzati a realizzare attività di manutenzione, ordinaria e straordinaria, e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche possono essere realizzati, anche in aree contaminate, purché non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica e siano condotti adottando appropriate misure di prevenzione dei rischi per i lavoratori. Prevede inoltre che, qualora gli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, presentino particolare complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell'estensione dell'area interessata dagli interventi medesimi, il progetto di bonifica o di messa in sicurezza potrà essere articolato per fasi progettuali distinte al fine

 

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di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive.
      Il comma 8 semplifica le procedure di smaltimento dei rifiuti speciali per le attività di estetista, acconciatore, trucco, tatuaggio, podologo e altre, prevedendo che i relativi rifiuti pericolosi prodotti possono essere trasportati in conto proprio sino all'impianto di smaltimento per una quantità massima di 30 chilogrammi al giorno. Ai fini della registrazione sul registro di carico e scarico rifiuti, nonché ai fini dell'assolvimento dell'obbligo di presentazione del modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) al catasto dei rifiuti è sufficiente la compilazione e conservazione dei formulari di trasporto.
      Il comma 9 prevede che le documentazioni e certificazioni attualmente richieste per il conseguimento delle agevolazioni fiscali in materia di beni e attività culturali sono sostituite da un'apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

Articolo 41.
      Il comma 1 modifica l'articolo 161 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, con l'intento di ridefinire le modalità e i criteri di programmazione delle opere strategiche, in modo tale da selezionare alcune specifiche opere da realizzare in via prioritaria, con particolare riferimento alle opere finanziabili con l'apporto di capitale privato. Inoltre si prevede un'azione di coordinamento tra i Ministri interessati a diverso titolo alla realizzazione delle infrastrutture strategiche. Le modifiche, attraverso la concentrazione dell'attività su specifiche opere individuate quali prioritarie, sono tese a favorire una maggiore efficacia dell'azione pubblica volta alla realizzazione delle infrastrutture di interesse strategico.
      Con la norma di cui al comma 2 si introduce nel codice dei contratti pubblici un nuovo articolo volto a consentire che l'approvazione, da parte del CIPE, dei progetti delle opere di interesse strategico possa intervenire, su richiesta del soggetto aggiudicatore, sul solo progetto preliminare, e non anche sul progetto definitivo, qualora sia verificata la coerenza dello stesso rispetto al progetto preliminare con riferimento, in particolare, al rispetto del medesimo limite di finanziamento previsto in sede di approvazione del progetto preliminare. La disposizione prevede che in tal caso il progetto definitivo sia approvato con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per i profili di rispettiva competenza, sentito il Dipartimento per la programmazione economica. Con la norma, di carattere semplificatorio e acceleratorio, si intende ridurre la durata della fase progettuale complessiva dell'infrastruttura, quantificabile in un periodo di almeno sei mesi/un anno e, conseguentemente, pervenire a un più rapido avvio della fase di realizzazione degli investimenti infrastrutturali. Si prevede inoltre, sempre a fini acceleratori, la possibilità per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di effettuare sopralluoghi tecnico-amministrativi al fine di verificare l'effettivo andamento dei lavori, con la possibilità di avvalersi, mediante appositi protocolli d'intesa, del Corpo della Guardia di finanza.
      I commi 3, 4 e 5 prevedono, al fine di fissare tempi certi per l'utilizzo dei finanziamenti assegnati per opere pubbliche, che in caso di mancata adozione del decreto di utilizzo delle risorse, entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della delibera CIPE e, per le opere di interesse strategico, entro trenta giorni dalla pubblicazione del bando, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti riferisca la circostanza al Consiglio dei Ministri per le successive conseguenti determinazioni; gli stessi effetti sono previsti per la mancata formalizzazione e trasmissione delle delibere CIPE alla firma del Presidente del Consiglio dei Ministri entro trenta giorni dalla seduta in cui è assunta la delibera. Si evidenzia che la remissione della questione in seno al Consiglio dei Ministri non comporta l'esercizio di poteri sostitutivi rispetto alle specifiche

 

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competenze dei Ministri, ma è tesa a consentire che la questione possa trovare una rapida soluzione mediante una valutazione di tipo collegiale. Le predette disposizioni, combinate alla previsione della riduzione di un terzo dei termini di registrazione della delibera CIPE da parte della Corte dei conti, di cui al comma 5, sono tese a ridurre la durata della fase di approvazione dei progetti delle infrastrutture, consentendo un più rapido avvio della fase realizzativa.

Articolo 42.
      Con la modifica di cui al comma 1 si interviene sull'articolo 143 del codice dei contratti pubblici, che disciplina la concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche, ampliando la possibilità di utilizzo, a titolo di prezzo, della cessione di beni immobili nella disponibilità del committente pubblico o espropriati allo scopo. In particolare, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, non sarebbe più necessario che i beni ceduti siano strettamente connessi o funzionali alle opere da realizzare, essendo sufficiente che la cessione sia necessaria ai fini del raggiungimento dell'equilibrio del piano economico-finanziario (PEF); a salvaguardia del patrimonio pubblico è previsto che le amministrazioni aggiudicatrici, ai fini dell'utilizzo del bene a titolo di prezzo, debbano effettuare una preventiva analisi costi – benefìci volta a garantire un'efficiente azione amministrativa. La modifica consentirebbe di ridurre, attraverso la cessione in proprietà o in diritto di godimento di beni immobili, la quota di finanziamento pubblico necessaria per raggiungere l'equilibrio del PEF. In questo modo è evidente anche l'incentivo alla realizzazione di costruzioni edilizie nelle aree cedute al concessionario; in particolare, la disposizione potrebbe trovare applicazione con riferimento a interventi di riqualificazione e valorizzazione delle aree promossi dagli enti locali nonché delle aree dismesse in ambito ferroviario.
      Con la modifica di cui al comma 2 si interviene sulla disciplina della concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche dettata dal codice dei contratti pubblici, prevedendo, per le nuove concessioni, la possibilità di estendere l'ambito gestionale del concessionario anche a opere già realizzate al momento dell'affidamento, che siano direttamente connesse con quelle da realizzare. Rispetto alla vigente normativa in materia, si consente al concessionario di acquisire sin dall'inizio del rapporto concessorio l'afflusso dei proventi della gestione, che rimangono comunque correlati ai costi di investimento, e dunque di ridurre l'onerosità finanziaria derivante dal ricorso al mercato finanziario per ottenere la liquidità necessaria alla realizzazione dell'investimento. La disposizione è dunque tesa a favorire, rendendolo più appetibile, l'apporto di capitale privato nella realizzazione di infrastrutture pubbliche. La disposizione potrebbe trovare applicazione, ad esempio, nel caso del completamento della realizzazione della linea C della metropolitana di Roma, del costo previsto di 2,5 miliardi di euro, ripartiti tra finanziamento pubblico e finanziamento privato, per la quale la gara per l'affidamento della concessione potrebbe prevedere l'anticipo della gestione da parte del concessionario della tratta della linea già realizzata. Al comma 3 è posta una disposizione transitoria.
      Con la modifica di cui al comma 4 si interviene sull'articolo 143 del codice dei contratti pubblici, relativo all'affidamento delle concessioni di costruzione e gestione di opere pubbliche, prevedendo che, in caso di infrastrutture di importo superiore a un miliardo di euro, la concessione possa arrivare fino alla durata di cinquanta anni. La norma è tesa a favorire lo strumento del partenariato pubblico-privato per le grandi opere che richiedono l'impiego di ingenti capitali e per le quali il rientro dell'investimento avviene nell'arco di un lungo periodo temporale. Con la disposizione in oggetto i privati saranno maggiormente attratti dall'investimento dei propri capitali nelle grandi infrastrutture (aeroporti, autostrade eccetera), disponendo ope legis della garanzia che la

 

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durata della concessione consenta il rientro dell'investimento tramite la gestione dell'infrastruttura. È previsto che la disposizione sia applicabile solo alle nuove concessioni ancora da affidare (comma 5).
      Al fine di concorrere ad attrarre il capitale privato nella realizzazione delle opere pubbliche, le disposizioni contenute nei commi 6 e 7 introducono la possibilità per le imprese di assicurazioni di coprire le proprie «riserve tecniche», oltre che con investimenti in beni immobiliari, anche con azioni, obbligazioni o fondi che investono nel settore delle infrastrutture pubbliche; la relativa disciplina attuativa è demandata all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP). La norma è tesa ad aumentare l'entità dell'apporto di capitale privato, attraverso l'ampliamento dei soggetti che possono investire in infrastrutture pubbliche; in particolare, la disposizione consentirebbe di immettere sul mercato della realizzazione delle infrastrutture anche le risorse finanziarie immobilizzate presso le imprese assicurative.
      Il comma 8 prevede che il sistema di finanziamento delle infrastrutture mediante defiscalizzazione, introdotto dalla recente legge di stabilità e attualmente limitato alle opere autostradali, sia esteso anche alle nuove opere di infrastrutturazione ferroviaria metropolitana e di sviluppo e ampliamento dei porti e dei collegamenti stradali e ferroviari inerenti i porti nazionali appartenenti alla rete strategica transeuropea di trasporto essenziale (CORE TEN-T NETWORK).
      Il comma 9 introduce una disposizione che accelera la riassegnazione in favore del Ministero per i beni e le attività culturali delle risorse derivanti dalle donazioni di soggetti pubblici e privati per le attività rientranti tra i fini istituzionali del medesimo Ministero.

Articolo 43.
      I commi da 1 e 4 prevedono, per l'approvazione degli aggiornamenti e revisioni delle convenzioni relative alle concessioni autostradali, una disciplina semplificata rispetto a quella attualmente vigente. Secondo la disciplina semplificata è previsto che siano acquisiti i pareri del CIPE e del Nucleo di consulenza per l'attuazione e regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) solo nel caso in cui gli aggiornamenti o le revisioni comportino variazioni o modificazioni al piano degli investimenti o riguardino aspetti di carattere regolatorio; negli altri casi invece l'approvazione avviene semplicemente con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, senza l'acquisizione di pareri. In entrambi i casi non è prevista l'acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari. La disposizione costituisce una notevole misura di semplificazione e di accelerazione che consente l'accelerazione dei tempi di realizzazione degli investimenti infrastrutturali, anche in vista della necessità di adeguare i piani economico-finanziari a seguito dell'avvenuto recepimento della normativa europea in materia di sicurezza delle infrastrutture. In molti casi si potrebbe conseguire una riduzione di circa un anno dei tempi di avvio degli investimenti in materia di infrastrutture stradali per la realizzazione di terze corsie, svincoli eccetera.
      Con il comma 5 si introduce una norma volta a chiarire che, qualora una concessione autostradale abbia ad oggetto la sola gestione dell'infrastruttura e dia luogo a un contratto di servizi, l'affidamento deve comunque avvenire secondo le procedure di gara previste dal codice dei contratti pubblici per le concessioni di costruzione e gestione. La norma è tesa a garantire maggiore concorrenzialità per l'affidamento delle concessioni autostradali di gestione che, pur avendo come oggetto prevalente i servizi, richiedono l'esecuzione di opere. Nell'ambito dei sistemi di affidamento delle concessioni di costruzione e gestione può essere anche utilizzato il sistema del promotore.
      La norma di cui al comma 6 è volta a consentire di procedere in tempi rapidi a interventi di ammodernamento su infrastrutture

 

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autostradali e stradali esistenti mediante l'installazione di impianti tecnologici (e opere civili connesse) che, in quanto accessori e funzionali all'infrastruttura, non incidono sull'impatto della struttura già oggetto dei necessari provvedimenti approvativi e autorizzativi, con conseguente riduzione di centottanta/duecentodieci giorni dei tempi necessari per avviare gli interventi di installazione di impianti tecnologici sulle strade esistenti. In particolare si segnala che la disposizione consentirebbe una rapida installazione dei portali necessari al pedaggiamento della rete autostradale in gestione diretta ANAS.
      I commi da 7a 15 prevedono interventi prioritari per la messa in sicurezza delle grandi dighe presenti nel territorio nazionale, al fine di garantire un sistema di controllo efficace ed efficiente e di tutelare la pubblica incolumità, in particolare delle popolazione e dei territori a valle. L'insieme delle attività da svolgere produrrà nel breve termine l'attivazione di interventi da effettuare a cura e spese dei rispettivi concessionari e gestori, senza gravare sulla finanza pubblica, con significative ricadute sull'economia in forza degli investimenti privati da attivare e con un forte impatto occupazionale di diverse professionalità.

Articolo 44.
      I commi 1 e 2 intervengono sulla disposizione introdotta in sede di conversione del decreto-legge n. 70 del 2011 (cosiddetto «decreto sviluppo»), relativa all'esclusione del costo del lavoro dal ribasso offerto nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, che ha determinato notevoli difficoltà applicative. La disposizione, rivelatasi di problematica e di non univoca applicazione, come evidenziato di recente anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, comporta notevoli difficoltà da parte delle stazioni appaltanti nell'attività di predisposizione dei bandi di gara e di affidamento dei contratti pubblici e aumenta notevolmente il rischio di contenzioso. Si prevede pertanto l'abrogazione della disposizione, fermo restando che l'ordinamento normativo vigente già garantisce ampiamente la tutela dei lavoratori negli appalti pubblici, sia sotto il profilo della retribuzione che della sicurezza, attraverso numerose specifiche disposizioni contenute nel codice dei contratti pubblici e nel testo unico della sicurezza e richiamate nel testo.
      I commi 4 e 5 insistono sulle norme contenute nel «decreto sviluppo» in materia di varianti e conferenze di servizi, che hanno determinato, relativamente alla disciplina transitoria, rallentamenti nella realizzazione di opere già avviate. In particolare, in materia di varianti, al fine di consentire la celere prosecuzione delle opere, è previsto un regime transitorio che escluda – sia per le opere ordinarie che per quelle cosiddette «di legge obiettivo» – l'applicazione del limite introdotto (50 per cento dei ribassi d'asta ottenuti in fase di gara) agli interventi per i quali è già in corso la progettazione esecutiva o l'esecuzione dei lavori; sono inoltre esclusi, ai fini del calcolo dell'eventuale superamento del limite alle varianti per le opere cosiddette «di legge obiettivo», gli importi relativi a varianti già approvate alla data di entrata in vigore del provvedimento. Ciò consente di evitare il blocco di rilevanti opere in corso, per le quali sono necessarie varianti progettuali. In materia di conferenza di servizi si prevede che le nuove disposizioni introdotte con il «decreto sviluppo» non trovino applicazione con riferimento ai progetti già pervenuti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
      Infine il comma 5 abroga l'articolo 12 della legge n. 180 del 2011, in materia di contratti pubblici, che consentiva di procedere senza gara all'affidamento dei contratti pubblici di architettura e di ingegneria fino alle soglie comunitarie; con l'abrogazione si intende garantire maggiore trasparenza e concorrenza attraverso l'espletamento della gara per l'affidamento dei contratti di importo superiore a 100.000 euro.
      Il comma 6, a fini di accelerazione e semplificazione, estende a ulteriori ipotesi, rispetto a quelle già previste, la possibilità di procedere al completamento del contratto

 

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mediante scorrimento della graduatoria formatasi in esito della gara originaria, in luogo dell'espletamento di una nuova gara. Si prevede in tal modo un celere completamento di opere avviate per le quali sono intervenute informative antimafia o altre situazioni riguardanti l'appaltatore che non consentono la prosecuzione del rapporto contrattuale (l'espletamento della gara richiede in molti casi anche otto mesi).
      Il comma 7, al fine di garantire il più ampio coinvolgimento di tutti gli operatori economici nella realizzazione delle opere pubbliche, con particolare riferimento alle medie e piccole imprese, introduce nel codice dei contratti pubblici norme di principio volte a favorire la suddivisione degli appalti in lotti funzionali e forme di coinvolgimento nella realizzazione delle opere strategiche. Come effetto si prevede una maggiore partecipazione delle piccole e medie imprese al mercato degli appalti pubblici attraverso il coinvolgimento delle stesse anche nelle grandi opere.
      Il comma 8, per le opere di importo superiore ai 20 milioni di euro, prevede una procedura di consultazione sul progetto posto a base di gara, quale costruttivo momento di confronto tra le imprese invitate alla gara ristretta e la stazione appaltante, funzionale a chiarire eventuali incertezze sugli elaborati progettuali. Si riduce il rischio di contenzioso relativo ad aspetti progettuali in fase di esecuzione dell'opera.

Articolo 45.
      Con la disposizione prevista al comma 1 si escludono le opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria dall'applicazione delle procedure di affidamento previste dal codice dei contratti pubblici, atteso che la realizzazione di tali opere è un onere connaturato alla trasformazione urbanistica del territorio e pertanto può essere posta in essere direttamente dallo stesso soggetto che dà attuazione agli interventi di nuova edificazione. La norma favorisce la celere realizzazione degli investimenti privati per la realizzazione delle opere di urbanizzazione «a scomputo».
      La previsione normativa del comma 2 introduce modifiche al testo unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2011, volte a chiarire, a fini di semplificazione, che per i sistemi costruttivi che utilizzano i materiali innovativi via via individuati e disciplinati dalle norme tecniche per le costruzioni, quali il legno, non è necessario procedere al rilascio dell'idoneità da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Inoltre, nell'ambito della procedura di autorizzazione dei laboratori, si prevede, a fini semplificatori, di eliminare il riferimento al parere obbligatorio del Consiglio superiore dei lavori pubblici, per via delle difficoltà che l'acquisizione di tale parere comporta, in relazione ai tempi di rilascio delle autorizzazioni richieste. Come effetto immediato si elimina la procedura volta al rilascio dell'idoneità da parte del Consiglio superiore, che richiede un tempo di circa quattro mesi, nell'ambito della realizzazione delle opere pubbliche e private.
      Il comma 3, al fine di semplificare le procedure concernenti l'approvazione degli accordi di programma per la realizzazione degli interventi previsti dal piano nazionale di edilizia abitativa, modifica le disposizioni che prevedono una loro approvazione con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, mediante sostituzione con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Si riducono di circa due mesi i tempi attualmente impiegati.

Articolo 46.
      L'articolo consente alle autorità portuali, d'intesa con le regioni, le province e i comuni interessati, di costituire «sistemi logistici» aventi la finalità di coordinare le attività di più porti e retroporti appartenenti a una medesima area territoriale, indicando, in particolare, le finalità di tali sistemi logistici portuali. Le disposizioni determinano un efficientamento del sistema logistico e, prevedendo la promozione del traffico ferroviario di collegamento

 

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tra porti e retroporti, il coordinamento dei piani regolatori portuali e comunali e la promozione delle infrastrutture di collegamento. Inoltre, si prevede che il servizio doganale sia svolto dalla medesima amministrazione regionale che esercita il servizio nei porti di riferimento.

Articolo 47.
      Il comma 1 estende alle infrastrutture di interesse strategico, come il MOSE, la possibilità di utilizzare le risorse di cui al «fondo infrastrutture ferroviarie e stradali», istituito dall'articolo 32, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011.
      Il comma 2, al fine di garantire la continuità del servizio pubblico svolto da Trenitalia, prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze corrisponda a Trenitalia Spa le somme previste per l'anno 2011 dal bilancio di previsione dello Stato, nelle more della stipula dei contratti di servizio.

Articolo 48.
      L'articolo finalizza, per cinque anni, le maggiori entrate derivanti dal decreto al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea.

Articolo 49.
      L'articolo 49 reca le disposizioni relative alla copertura finanziaria.

Articolo 50.
      L'articolo 50 dispone l'immediata entrata in vigore del decreto-legge.

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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

      1. È convertito in legge il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.
      2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

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Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2011.

Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

        Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

        Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il consolidamento dei conti pubblici, al fine di garantire la stabilità economico-finanziaria del Paese nell'attuale eccezionale situazione di crisi internazionale e nel rispetto del principio di equità, nonché di adottare misure dirette a favorire la crescita, lo sviluppo e la competitività;

        Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 4 dicembre 2011;

        Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i rapporti con il Parlamento;

emana
il seguente decreto-legge:

Titolo I
SVILUPPO ED EQUITÀ

Articolo 1.
(Aiuto alla crescita economica (Ace)).

        1. In considerazione della esigenza di rilanciare lo sviluppo economico del Paese e fornire un aiuto alla crescita mediante una riduzione della imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio, nonché per ridurre lo squilibrio del trattamento

 

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fiscale tra imprese che si finanziano con debito ed imprese che si finanziano con capitale proprio, e rafforzare, quindi, la struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo italiano, ai fini della determinazione del reddito complessivo netto dichiarato dalle società e dagli enti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è ammesso in deduzione un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio, secondo le disposizioni dei commi da 2 a 8. Per le società e gli enti commerciali di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), del citato testo unico le disposizioni del presente articolo si applicano relativamente alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.

        2. Il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio è valutato mediante applicazione dell'aliquota percentuale individuata con il provvedimento di cui al comma 3 alla variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2010.

        3. Dal quarto periodo di imposta l'aliquota percentuale per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio è determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro il 31 gennaio di ogni anno, tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabili di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior rischio. In via transitoria, per il primo triennio di applicazione, l'aliquota è fissata al 3 per cento.

        4. La parte del rendimento nozionale che supera il reddito complessivo netto dichiarato è computata in aumento dell'importo deducibile dal reddito dei periodi d'imposta successivi.

        5. Il capitale proprio esistente alla chiusura dell'esercizio in corso nel primo anno di applicazione della disposizione è costituito dal patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, senza tener conto dell'utile del medesimo esercizio. Rilevano come variazioni in aumento i conferimenti in denaro nonché gli utili accantonati a riserva ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili; come variazioni in diminuzione: a) le riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti; b) gli acquisti di partecipazioni in società controllate; c) gli acquisti di aziende o di rami di aziende.

        6. Gli incrementi derivanti da conferimenti in denaro rilevano a partire dalla data del versamento; quelli derivanti dall'accantonamento di utili a partire dall'inizio dell'esercizio in cui le relative riserve sono formate. I decrementi rilevano a partire dall'inizio dell'esercizio in cui si sono verificati. Per le aziende e le società di nuova costituzione si considera incremento tutto il patrimonio conferito.

        7. Il presente articolo si applica anche al reddito d'impresa di persone fisiche, società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, con le modalità stabilite con il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze di cui al comma 8 in modo da assicurare un beneficio conforme a quello garantito ai soggetti di cui al comma 1.

        8. Le disposizioni di attuazione del presente articolo sono emanate con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze entro 30 giorni

 

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dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Con lo stesso provvedimento possono essere stabilite disposizioni aventi finalità antielusiva specifica.

        9. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2011.

Articolo 2.
(Agevolazioni fiscali riferite al costo del lavoro nonché per donne e giovani).

        1. A decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012 è ammesso in deduzione ai sensi dell'articolo 99, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, un importo pari all'imposta regionale sulle attività produttive determinata ai sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell'articolo 11, commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1 del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997.

        2. All'articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) al numero 2), dopo le parole «periodo di imposta» sono aggiunte le seguenti: «, aumentato a 10.600 euro per i lavoratori di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni»;

            b) al numero 3), dopo le parole «Sardegna e Sicilia» sono aggiunte le seguenti: «, aumentato a 15.200 euro per i lavoratori di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni».

        3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2011.

Articolo 3.
(Programmi regionali cofinanziati dai fondi strutturali e rifinanziamento fondo di garanzia).

        1. In considerazione della eccezionale crisi economica internazionale e della conseguente necessità della riprogrammazione nell'utilizzo delle risorse disponibili, al fine di accelerare la spesa dei programmi regionali cofinanziati dai fondi strutturali negli anni 2012, 2013 e 2014, all'articolo 32, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, dopo la lettera n), è aggiunta la seguente: «o) per gli anni 2012, 2013 e 2014, delle spese effettuate a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari. Per le Regioni ricomprese nell'Obiettivo Convergenza e nel regime di phasing in nell'Obiettivo Competitività, di cui al Regolamento del Consiglio (CE) n. 1083/2006, tale esclusione è subordinata all'Accordo sull'attuazione

 

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del Piano di Azione Coesione del 15 novembre 2011. L'esclusione opera nei limiti complessivi di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014.». L'esclusione delle spese di cui al periodo precedente opera per ciascuna regione nei limiti definiti con i criteri di cui al comma 2.

        2. Per compensare gli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto di cui al comma 1, è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze con una dotazione, in termini di sola cassa, di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014 un «Fondo di compensazione per gli interventi volti a favorire lo sviluppo», ripartito tra le singole Regioni sulla base della chiave di riparto dei fondi strutturali 2007-2013, tra programmi operativi regionali, così come stabilita dal Quadro Strategico Nazionale 2007-2013, adottato con Decisione CE C (2007) n. 3329 del 13/7/2007. All'utilizzo del Fondo si provvede, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro per la coesione territoriale, da comunicare al Parlamento e alla Corte dei conti, su richiesta dell'Amministrazione interessata, sulla base dell'ordine cronologico delle richieste e entro i limiti della dotazione assegnata ad ogni singola Regione.

        3. Alla copertura degli oneri derivanti dalla costituzione del predetto fondo si provvede con corrispondente utilizzo delle maggiori entrate e delle minori spese recate dal presente provvedimento.

        4. La dotazione del Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modificazioni ed integrazioni, è incrementata di 400 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014.

        5. Per assicurare il sostegno alle esportazioni, la somma di 300 milioni di euro delle disponibilità giacenti sul conto corrente di Tesoreria di cui all'articolo 7, comma 2-bis, del decreto legislativo 31 marzo 1988, n. 143, e successive modifiche e integrazioni, è versata all'entrata del bilancio statale nella misura di 150 milioni nel 2012 e 150 milioni nel 2013, a cura del titolare del medesimo conto, per essere riassegnata al fondo di cui all'articolo 3 della legge 28 maggio 1973, n. 295, per le finalità connesse alle attività di credito all'esportazione. All'onere derivante dal presente comma in termini di fabbisogno e indebitamento netto si provvede con corrispondente utilizzo delle maggiori entrate e delle minori spese recate dal presente decreto.

Articolo 4.
(Detrazioni per interventi di ristrutturazione, di efficientamento energetico e per spese conseguenti a calamità naturali).

        1. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) nell'articolo 11, comma 3, le parole: «15 e 16», sono sostituite dalle seguenti: «15, 16 e 16-bis)»;

 

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            b) nell'articolo 12, comma 3, le parole: «15 e 16», sono sostituite dalle seguenti: «15, 16 e 16-bis)»;

            c) dopo l'articolo 16, è aggiunto il seguente: «Art. 16-bis. – (Detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici). – 1. Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 36 per cento delle spese documentate, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi:

            a) di cui alle lett. a) b), c) e d) dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, effettuati sulle parti comuni di edificio residenziale di cui all'articolo 1117, n. 1), del codice civile;

            b) di cui alle lettere b), c) e d) dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali e sulle loro pertinenze;

            c) necessari alla ricostruzione o al ripristino dell'immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, ancorchè non rientranti nelle categorie di cui alle lettere a) e b) del presente comma, sempreché sia stato dichiarato lo stato di emergenza;

            d) relativi alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali anche a proprietà comune;

            e) finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche, aventi ad oggetto ascensori e montacarichi, alla realizzazione di ogni strumento che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo di tecnologia più avanzata, sia adatto a favorire la mobilità interna ed esterna all'abitazione per le persone portatrici di handicap in situazioni di gravità, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

            f) relativi all'adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi;

            g) relativi alla realizzazione di opere finalizzate alla cablatura degli edifici, al contenimento dell'inquinamento acustico;

            h) relativi alla realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici con particolare riguardo all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia. Le predette opere possono essere realizzate anche in assenza di opere edilizie propriamente dette, acquisendo idonea documentazione attestante il conseguimento di risparmi energetici in applicazione della normativa vigente in materia;

            i) relativi all'adozione di misure antisismiche con particolare riguardo all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, in

 

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particolare sulle parti strutturali, per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione. Gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche e all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari;

            l) di bonifica dall'amianto e di esecuzione di opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

        2. Tra le spese sostenute di cui al comma 1 sono comprese quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia.

        3. La detrazione di cui al comma 1 spetta anche nel caso di interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia di cui di cui alle lett. c) e d) dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano entro sei mesi dalla data di termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile. La detrazione spetta al successivo acquirente o assegnatario delle singole unità immobiliari, in ragione di un'aliquota del 36 per cento del valore degli interventi eseguiti, che si assume in misura pari al 25 per cento del prezzo dell'unità immobiliare risultante nell'atto pubblico di compravendita o di assegnazione e, comunque, entro l'importo massimo di 48.000 euro.

        4. Nel caso in cui gli interventi di cui al comma 1 realizzati in ciascun anno consistano nella mera prosecuzione di interventi iniziati in anni precedenti, ai fini del computo del limite massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione si tiene conto anche delle spese sostenute negli stessi anni.

        5. Se gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati su unità immobiliari residenziali adibite promiscuamente all'esercizio dell'arte o della professione, ovvero all'esercizio dell'attività commerciale, la detrazione spettante è ridotta al 50 per cento.

        6. La detrazione è cumulabile con le agevolazioni già previste sugli immobili oggetto di vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ridotte nella misura del 50 per cento.

        7. La detrazione è ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi.

        8. In caso di vendita dell'unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi di cui al comma 1 la detrazione non utilizzata in tutto o in parte è trasferita per i rimanenti periodi di imposta, salvo diverso accordo delle parti, all'acquirente persona fisica dell'unità immobiliare. In caso di decesso dell'avente diritto, la fruizione del

 

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beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all'erede che conservi la detenzione materiale e diretta del bene.

        9. Si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro dei lavori pubblici 18 febbraio 1998, n. 41, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 marzo 1998, n. 60, con il quale è stato adottato il “Regolamento recante norme di attuazione e procedure di controllo di cui all'articolo 1 della L. 27 dicembre 1997, n. 449, in materia di detrazioni per le spese di ristrutturazione edilizia”.

        10. Con successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze possono essere stabilite ulteriori modalità di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo.»;

            d) nell'articolo 24, comma 3 dopo le parole: «e i)», sono aggiunte le seguenti: «, e dell'articolo 16-bis)».

        2. All'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) all'alinea, le parole: «2010, 2011 e 2012 » sono sostituite dalle seguenti: «2010 e 2011»;

            b) alla lettera a), le parole: «dicembre 2012» sono sostituite dalle seguenti: «dicembre 2011»;

            c) alla lettera b), le parole: «dicembre 2012» sono sostituite dalle seguenti: «dicembre 2011» e le parole: «giugno 2013» sono sostituite dalle seguenti: «giugno 2012».

        3. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 25 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122.

        4. Nell'articolo 1, comma 48, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, le parole «31 dicembre 2011» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2012». La detrazione prevista dall'articolo 16-bis comma 1, lettera h), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal presente articolo, si applica alle spese effettuate a decorrere dal 1o gennaio 2013.

        5. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore il 1o gennaio 2012.

Articolo 5.
(Introduzione dell'ISEE per la concessione di agevolazioni fiscali e benefìci assistenziali, con destinazione dei relativi risparmi a favore delle famiglie).

        1. Con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare previo parere delle commissioni parlamentari competenti entro il 31 maggio 2012, sono riviste le modalità di determinazione dell'ISEE (Indicatore della situazione

 

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economica equivalente) al fine di rafforzare la rilevanza degli elementi di ricchezza patrimoniale della famiglia, nonché della percezione di somme anche se esenti da imposizione fiscale. Con il medesimo decreto sono individuate le agevolazioni fiscali e tariffarie, nonché le provvidenze di natura assistenziale che, a decorrere dal 1o gennaio 2013, non possono essere più riconosciute ai soggetti in possesso di un Isee superiore alla soglia individuata con il decreto stesso. Restano, comunque, fermi anche i requisiti reddituali già previsti dalla normativa vigente. I risparmi a favore del bilancio dello Stato e degli enti nazionali di previdenza e di assistenza derivanti dall'applicazione del presente comma sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al fondo per le politiche sociali per essere destinati ad interventi in favore delle famiglie numerose, delle donne e dei giovani.

Articolo 6.
(Equo indennizzo e pensioni privilegiate).

        1. Ferma la tutela derivante dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, sono abrogati gli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata. La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica nei confronti del personale appartenente al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico. La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica, inoltre, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ai procedimenti per i quali, alla predetta data, non sia ancora scaduto il termine di presentazione della domanda, nonché ai procedimenti instaurabili d'ufficio per eventi occorsi prima della predetta data.

Titolo II
RAFFORZAMENTO DEL SISTEMA FINANZIARIO NAZIONALE E INTERNAZIONALE

Articolo 7.
(Partecipazione italiana a banche e fondi).

        1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato ad accettare gli emendamenti all'Accordo istitutivo della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), adottati dal Consiglio dei Governatori della Banca medesima con le risoluzioni n. 137 e n. 138 del 30 settembre 2011. Il Ministro dell'Economia e delle Finanze è incaricato dell'esecuzione della presente disposizione e dei rapporti da mantenere con l'amministrazione della Banca Europea per la Ricostruzione

 

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e lo Sviluppo, conseguenti ai predetti emendamenti. Piena ed intera esecuzione è data agli emendamenti di cui al presente comma a decorrere dalla sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 56 dell'Accordo istitutivo della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, ratificato ai sensi della legge 11 febbraio 1991, n. 53 e successive modificazioni.

        2. Al fine di adempiere agli impegni dello Stato italiano derivanti dalla partecipazione a Banche e Fondi internazionali è autorizzata la spesa di 87,642 milioni di euro nell'anno 2012, di 125,061 milioni di euro nel 2013 e di 121,726 milioni di euro nel 2014. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione, per gli anni 2012, 2013 e 2014 dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

        3. Per finanziare la partecipazione italiana agli aumenti di capitale nelle Banche Multilaterali di Sviluppo, la somma di 226 milioni di euro delle disponibilità giacenti sul conto corrente di Tesoreria di cui all'articolo. 7, comma 2-bis, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143, e successive modifiche e integrazioni, è versata all'entrata del bilancio statale nella misura di 26 milioni di euro nel 2012, 45 milioni di euro nel 2013, 2014 e 2015, 35,5 milioni di euro nel 2016 e 29,5 milioni di euro nel 2017, per essere riassegnata nella pertinente missione e programma dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'Economia e delle Finanze.

Articolo 8.
(Misure per la stabilità del sistema creditizio).

        1. Ai sensi della Comunicazione della Commissione europea C(2011)8744 concernente l'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria, il Ministro dell'economia e delle finanze, fino al 30 giugno 2012, è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane, con scadenza da tre mesi fino a cinque anni o, a partire dal 1 gennaio 2012, a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite di cui all'art. 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, e di emissione successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto. Con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, si procede all'eventuale proroga del predetto termine in conformità alla normativa europea in materia.

        2. La concessione della garanzia di cui al comma 1 è effettuata sulla base della valutazione da parte della Banca d'Italia dell'adeguatezza della patrimonializzazione della banca richiedente e della sua capacità di fare fronte alle obbligazioni assunte.

 

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        3. La garanzia dello Stato di cui al comma 1 è incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta.

        4. La garanzia dello Stato di cui al comma 1 sarà elencata nell'allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 31 della legge 31 dicembre 2009 n. 196. Per tale finalità è autorizzata la spesa di 200 milioni di euro annui per il periodo 2012-2016. I predetti importi sono annualmente versati su apposita contabilità speciale, per essere destinati alla copertura dell'eventuale escussione delle suddette garanzie. Ad eventuali ulteriori oneri, si provvede ai sensi dell'articolo 26, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con imputazione nell'ambito dell'unità di voto parlamentare 25.2 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

        5. Ai fini del presente articolo, per banche italiane si intendono le banche aventi sede legale in Italia.

        6. L'ammontare delle garanzie concesse ai sensi del comma 1 è limitata a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine delle banche beneficiarie. L'insieme delle operazioni e i loro effetti sull'economia sono oggetto di monitoraggio semestrale da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, con il supporto della Banca d'Italia, anche al fine di verificare la necessità di mantenere in vigore l'operatività di cui al comma 1 e l'esigenza di eventuali modifiche operative. I risultati delle verifiche sono comunicati alla Commissione europea; le eventuali necessità di prolungare la vigenza delle operazioni oltre i sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto e le eventuali modifiche operative ritenute necessarie sono notificate alla Commissione europea. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze, sulla base degli elementi forniti dalla Banca d'Italia, presenta entro il 15 aprile 2012 un rapporto sintetico sul funzionamento dello schema di garanzia di cui al comma 1 e sulle emissioni garantite e non garantite delle banche.

        7. Le banche che ricorrono agli interventi previsti dal presente articolo devono svolgere la propria attività in modo da non abusare del sostegno ricevuto e conseguire indebiti vantaggi per il tramite dello stesso, in particolare nelle comunicazioni commerciali rivolte al pubblico.

        8. In caso di mancato rispetto delle condizioni di cui al comma 7, il Ministero dell'economia e delle finanze, su segnalazione della Banca d'Italia, può escludere la banca interessata dall'ammissione alla garanzia di cui al comma 1, fatte salve le operazioni già in essere. Di tale esclusione è data comunicazione alla Commissione europea.

        9. Per singola banca, l'ammontare massimo complessivo delle operazioni di cui al presente articolo non può eccedere, di norma, il patrimonio di vigilanza, ivi incluso il patrimonio di terzo livello. La Banca d'Italia effettua un monitoraggio del rispetto dei suddetti limiti e ne comunica tempestivamente gli esiti al Dipartimento del Tesoro. Il Dipartimento del Tesoro comunica alla Commissione europea i risultati del monitoraggio.

 

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        10. La garanzia dello Stato può essere concessa su strumenti finanziari di debito emessi da banche che presentino congiuntamente le seguenti caratteristiche:

            a) sono emessi successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, anche nell'ambito di programmi di emissione preesistenti, e hanno durata residua non inferiore a tre mesi e non superiore a cinque anni, a partire dal 1o gennaio 2012, a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite di cui all'art. 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130;

            b) prevedono il rimborso del capitale in un'unica soluzione a scadenza;

            c) sono a tasso fisso;

            d) sono denominati in euro;

            e) rappresentano un debito non subordinato nel rimborso del capitale e nel pagamento degli interessi;

            f) non sono titoli strutturati o prodotti complessi né incorporano una componente derivata. A tal fine si fa riferimento alle definizioni contenute nelle Istruzioni di Vigilanza per le banche (Circolare della Banca d'Italia n. 229 del 21 aprile 1999, Titolo X, Capitolo 1, Sezione I.);

        11. La garanzia di cui al precedente comma copre il capitale e gli interessi.

        12. Non possono in alcun caso essere assistite da garanzia dello Stato le passività computabili nel patrimonio di vigilanza, come individuate dalle Nuove disposizioni di Vigilanza prudenziale per le banche (Circolare della Banca d'Italia n. 263 del 27 dicembre 2006, Titolo I, Capitolo 2).

        13. Il volume complessivo di strumenti finanziari di cui al comma 10 emessi dalle banche con durata superiore ai 3 anni sui quali può essere prestata la garanzia di cui al comma 1, non può eccedere un terzo del valore nominale totale dei debiti garantiti dallo Stato emessi dalla banca stessa e garantiti dallo Stato ai sensi del comma 1.

        14. Gli oneri economici a carico delle banche beneficiarie della garanzia di cui al comma 1 effettuate a partire dal 1o gennaio 2012, sono così determinati:

            a) per passività con durata originaria di almeno 12 mesi, è applicata una commissione pari alla somma dei seguenti elementi:

                (i) una commissione di base di 0,40 punti percentuali; e

                (ii) una commissione basata sul rischio eguale al prodotto di 0,40 punti percentuali per una metrica di rischio composta come segue: la metà del rapporto fra la mediana degli spread sui contratti di Credit Default Swap (CDS) senior a 5 anni relativi alla banca o alla capogruppo nei tre anni che terminano il mese precedente la data di emissione della garanzia e la mediana dell'indice iTraxx Europe Senior Financial a 5 anni nello stesso periodo di tre anni, più la metà del

 

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rapporto fra la mediana degli spread sui contratti CDS senior a 5 anni di tutti gli Stati Membri dell'Unione Europea e la mediana degli spread sui contratti CDS senior a 5 anni dell'Italia nel medesimo periodo di tre anni.

            b) per le obbligazioni bancarie garantite di cui all'art. 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, la commissione, di cui al punto (ii) della lettera a), è computata per la metà;

            c) per passività con durata originaria inferiore a 12 mesi, è applicata una commissione pari alla somma dei seguenti elementi:

                (i) una commissione di base di 0,50 punti percentuali; e

                (ii) una commissione basata sul rischio eguale a 0,20 punti percentuali nel caso di banche aventi un rating del debito senior unsecured di A+ o A ed equivalenti, a 0,30 punti percentuali nel caso di banche aventi un rating di A- o equivalente, a 0,40 punti percentuali per banche aventi un rating inferiore a A- o prive di rating.

        15. Per le banche per le quali non sono negoziati contratti di CDS o comunque non sono disponibili dati rappresentativi, la mediana degli spread di cui al punto ii) della lettera a) del comma 14 è calcolata nel modo seguente:

            a) per banche che abbiano un rating rilasciato da ECAI riconosciute: la mediana degli spread sui contratti di CDS a cinque anni nei tre anni che terminano il mese precedente la data di emissione della garanzia registrati per un campione di grandi banche, definito dalla Commissione europea, insediate in paesi dell'area euro appartenenti alla medesima classe di rating del debito senior unsecured;

            b) per banche prive di rating: la mediana degli spread sui contratti CDS registrati nel medesimo periodo per un campione di grandi banche, definito dalla Commissione europea, insediate in paesi dell'area dell'euro e appartenenti alla più bassa categoria di rating disponibile.

        16. In caso di difformità delle valutazioni di rating, il rating rilevante per il calcolo della commissione è quello più elevato.

        17. I rating di cui al presente articolo sono quelli assegnati al momento della concessione della garanzia.

        18. Nel caso in cui la garanzia dello Stato di cui al comma 1 sia concessa sulle passività emesse nel periodo intercorrente tra l'entrata in vigore del presente decreto e il 31 dicembre 2011, le commissioni sono determinate secondo quanto previsto dalle Raccomandazioni della Banca Centrale Europea del 20 ottobre 2008, come aggiornate dalla Commissione europea a far data dal 1 luglio 2010.

        19. La commissione è applicata in ragione d'anno all'ammontare nominale dei titoli emessi dalla banca. Le commissioni dovute dalle banche interessate sono versate, in rate trimestrali posticipate, ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere

 

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riassegnate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Le relative quietanze sono trasmesse dalla banca interessata al Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento del Tesoro.

        20. Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, può variare i criteri di calcolo e la misura delle commissioni del presente articolo in conformità delle Comunicazioni della Commissione Europea, tenuto conto delle condizioni di mercato. Le variazioni non hanno effetto sulle operazioni già in essere.

        21. Le richieste di ammissione alla garanzia di cui al comma 1 sono presentate dalle banche interessate nel medesimo giorno alla Banca d'Italia e al Dipartimento del Tesoro con modalità che assicurano la rapidità e la riservatezza della comunicazione.

        22. La richiesta è presentata secondo un modello uniforme predisposto dalla Banca d'Italia e dal Dipartimento del Tesoro che deve indicare, tra l'altro, il fabbisogno di liquidità, anche prospettico, della banca, le operazioni di garanzia a cui la banca chiede di essere ammessa e quelle alle quali eventualmente sia già stata ammessa o per le quali abbia già fatto richiesta di ammissione.

        23. Ai fini dell'ammissione alle operazioni, la Banca d'Italia valuta l'adeguatezza patrimoniale e la capacità di fare fronte alle obbligazioni assunte in particolare sulla base dei seguenti criteri:

            a) i coefficienti patrimoniali alla data dell'ultima segnalazione di vigilanza disponibile non siano inferiori a quelli obbligatori;

            b) la capacità reddituale della banca sia adeguata per far fronte agli oneri delle passività garantite.

        24. La Banca d'Italia comunica tempestivamente al Dipartimento del Tesoro, di norma entro 3 giorni dalla presentazione della richiesta, le valutazioni di cui al comma 23. Nel caso di valutazione positiva la Banca d'Italia comunica inoltre:

            a) la valutazione della congruità delle condizioni e dei volumi dell'intervento di liquidità richiesto, alla luce delle dimensioni della banca e della sua patrimonializzazione;

            b) l'ammontare del patrimonio di vigilanza, incluso il patrimonio di terzo livello;

            c) l'ammontare della garanzia;

            d) la misura della commissione dovuta secondo quanto previsto al comma 14.

        25. Sulla base degli elementi comunicati dalla Banca d'Italia, il Dipartimento del Tesoro provvede tempestivamente e di norma entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione della Banca d'Italia, in merito alla richiesta presentata della banca. A tal fine tiene conto del complesso delle richieste provenienti dal sistema, dell'andamento del mercato finanziario e delle esigenze di stabilizzazione dello stesso, della rilevanza dell'operazione, nonché dell'insieme delle operazioni attivate dal singolo operatore. Il Dipartimento del Tesoro comunica la

 

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decisione alla banca richiedente e alla Banca d'Italia, con modalità che assicurano la rapidità e la riservatezza della comunicazione.

        26. La banca che non sia in grado di adempiere all'obbligazione garantita presenta richiesta motivata d'intervento della garanzia al Dipartimento del Tesoro e alla Banca d'Italia, allegando la relativa documentazione e indicando gli strumenti finanziari o le obbligazioni contrattuali per i quali richiede l'intervento e i relativi importi dovuti. La richiesta è presentata, di norma, almeno 30 giorni prima della scadenza della passività garantita, salvo casi di motivata urgenza.

        27. Il Dipartimento del Tesoro accertata, sulla base delle valutazioni della Banca d'Italia, l'ammissibilità della richiesta, autorizza l'intervento della garanzia entro il giorno antecedente la scadenza dell'operazione. Qualora non sia possibile disporre il pagamento con procedure ordinarie, sulla base della predetta autorizzazione, la Banca d'Italia effettua il pagamento a favore dei creditori mediante contabilizzazione in conto sospeso collettivo. Il pagamento è regolarizzato entro i successivi novanta giorni.

        28. A seguito dell'intervento della garanzia dello Stato, la banca è tenuta a rimborsare all'erario le somme pagate dallo Stato maggiorate degli interessi al tasso legale fino al giorno del rimborso. La banca è altresì tenuta a presentare un piano di ristrutturazione, come previsto dalla Comunicazione della Commissione europea del 25 ottobre 2008 e successive modificazioni e integrazioni. Tale piano viene trasmesso alla Commissione europea entro e non oltre sei mesi.

        29. Ove uno dei provvedimenti di cui al Titolo IV del Testo unico bancario, sia stato adottato in conseguenza della escussione della garanzia ai sensi del presente articolo, il provvedimento è trasmesso alla Commissione Europea entro 6 mesi.

        30. Qualora, al fine di soddisfare anche in modo indiretto esigenze di liquidità, la Banca d'Italia effettui operazioni di finanziamento o di altra natura che siano garantite mediante pegno o cessione di credito, la garanzia ha effetto nei confronti del debitore e dei terzi all'atto della sua prestazione, ai sensi degli articoli 1, comma 1, lettera q), e 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 170 ed in deroga agli articoli 1264, 1265 e 2800 del codice civile e all'articolo 3, comma 1-bis del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 170. In caso di garanzia costituita da crediti ipotecari, non è richiesta l'annotazione prevista dall'articolo 2843 del codice civile. Alle medesime operazioni si applica l'articolo 67, quarto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. La disciplina derogatoria si applica ai contratti di garanzia finanziaria a favore della Banca d'Italia stipulati entro la data del 31 dicembre 2012.

        31. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze, sulla base degli elementi forniti dalla Banca d'Italia, presenta alla Commissione europea una relazione (viability review) per ciascuna banca beneficiaria della garanzia di cui al comma 1 nel caso in cui il totale delle passività garantite ecceda sia il 5 per cento delle passività totali della banca sia l'ammontare di 500 milioni di euro. Il rapporto ha ad oggetto la solidità e la capacità di raccolta della banca interessata, è redatto in conformità dei criteri stabiliti dalla Commissione nella

 

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Comunicazione del 19 agosto 2009 ed è comunicato alla Commissione europea entro 3 mesi dal rilascio della garanzia.

        32. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze, sulla base degli elementi forniti dalla Banca d'Italia, comunica alla Commissione europea, entro tre mesi successivi a ciascuna emissione di strumenti garantiti ai sensi del comma 1, l'ammontare della commissione effettivamente applicata con riferimento a ciascuna emissione.

        33. Con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, possono essere stabiliti eventuali ulteriori criteri, condizioni e modalità di attuazione del presente articolo.

        34. Nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, il Ministro dell'Economia e delle Finanze può rilasciare, fino al 30 giugno 2012, la garanzia statale su finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alle banche italiane e alle succursali di banche estere in Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità (emergency liquidity assistance). Agli eventuali oneri si provvede nell'ambito delle risorse e con le modalità di cui al comma 4 del presente articolo.

Articolo 9.
(Imposte differite attive).

        1. All'articolo 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2011, n. 10, sono apportate le seguenti modifiche:

            a) al comma 56:

                1) dopo le parole «dei soci» sono aggiunte le seguenti: «- o dei diversi organi competenti per legge -»;

                2) dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: «Con decorrenza dal periodo d'imposta in corso alla data di approvazione del bilancio, non sono deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta ai sensi del presente comma;»

            b) dopo il comma 56, sono inseriti i seguenti:

        «56-bis. La quota delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio relative alle perdite di cui all'articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e derivante dalla deduzione dei componenti negativi di reddito di cui al comma 55, è trasformata per intero in crediti d'imposta. La trasformazione decorre dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui viene rilevata la perdita di cui al presente comma. La perdita del periodo d'imposta rilevata nella dichiarazione dei redditi di cui al periodo precedente è computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi per un ammontare pari alla perdita del periodo d'imposta rilevata nella dichiarazione dei redditi di cui al periodo precedente ridotta dei

 

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componenti negativi di reddito che hanno dato luogo alla quota di attività per imposte anticipate trasformata in crediti d'imposta ai sensi del presente comma.

        56-ter.La disciplina di cui ai commi 55, 56 e 56-bis si applica anche ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all'amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d'Italia. Qualora il bilancio finale per cessazione di attività, dovuta a liquidazione volontaria, fallimento o liquidazione coatta amministrativa, evidenzi un patrimonio netto positivo, è trasformato in crediti d'imposta l'intero ammontare di attività per imposte anticipate di cui ai commi 55 e 56. Alle operazioni di liquidazione volontaria di cui al presente comma si applicano le disposizioni previste dall'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.»

            c) al comma 57:

                1) nel primo periodo, le parole «al comma 55» sono sostituite dalle parole «ai commi 55, 56, 56-bis e 56-ter» e le parole «rimborsabile né» sono soppresse;

                2) nel secondo periodo, le parole «può essere ceduto ovvero» sono soppresse;

                3) nel secondo periodo, dopo le parole «n. 241» sono aggiunte le seguenti: «, ovvero può essere ceduto al valore nominale secondo quanto previsto dall'articolo 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.»;

                4) dopo il terzo periodo, è aggiunto il seguente: «L'eventuale credito che residua dopo aver effettuato le compensazioni di cui al secondo periodo del presente comma è rimborsabile.»;

                5) l'ultimo periodo è soppresso.

            d) nel comma 58 dopo le parole «modalità di attuazione» sono aggiunte le parole «dei commi 55, 56, 56-bis, 56-ter e 57».

Titolo III
CONSOLIDAMENTO DEI CONTI PUBBLICI

Capo I
MISURE PER L'EMERSIONE DELLA BASE IMPONIBILE E LA TRASPARENZA FISCALE

Articolo 10.
(Regime premiale per favorire la trasparenza).

        1. Al fine di promuovere la trasparenza e l'emersione di base imponibile, a decorrere dal 1o gennaio 2013, ai soggetti che svolgono

 

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attività artistica o professionale ovvero attività di impresa in forma individuale o con le forme associative di cui all'articolo 5 del TUIR sono riconosciuti, alle condizioni indicate nel comma 2, i seguenti benefìci:

            a) semplificazione degli adempimenti amministrativi;

            b) assistenza negli adempimenti amministrativi da parte dell'Amministrazione finanziaria;

            c) accelerazione del rimborso o della compensazione dei crediti IVA;

            d) per i contribuenti non soggetti al regime di accertamento basato sugli studi di settore, ai sensi dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, esclusione dagli accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

            e) riduzione di un anno dei termini di decadenza per l'attività di accertamento previsti dall'articolo 43, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dall'articolo 57, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 633; la disposizione non si applica in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.

        2. I benefìci di cui al comma 1 sono riconosciuti a condizione che il contribuente:

            a) provveda all'invio telematico all'amministrazione finanziaria dei corrispettivi, delle fatture emesse e ricevute e delle risultanze degli acquisti e delle cessioni non soggetti a fattura;

            b) istituisca un conto corrente dedicato ai movimenti finanziari relativi all'attività artistica, professionale o di impresa esercitata.

        3. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sono individuati i benefìci di cui al comma 1, lettere a), b) e c) con particolare riferimento agli obblighi concernenti l'imposta sul valore aggiunto e gli adempimenti dei sostituti d'imposta. In particolare, col provvedimento potrà essere previsto:

            a) predisposizione automatica da parte dell'Agenzia delle entrate delle liquidazioni periodiche IVA, dei modelli di versamento e della dichiarazione IVA, eventualmente previo invio telematico da parte del contribuente di ulteriori informazioni necessarie;

            b) predisposizione automatica da parte dell'Agenzia delle entrate del modello 770 semplificato, del modello CUD e dei modelli di versamento periodico delle ritenute, nonché gestione degli esiti

 

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dell'assistenza fiscale, eventualmente previo invio telematico da parte del sostituto o del contribuente delle ulteriori informazioni necessarie;

            c) soppressione dell'obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante scontrino o ricevuta fiscale;

            d) anticipazione del termine di compensazione del credito IVA, abolizione del visto di conformità per compensazioni superiori a 15.000 euro ed esonero dalla prestazione della garanzia per i rimborsi IVA.

        4. Ai soggetti di cui al comma 1, che non sono in regime di contabilità ordinaria e che rispettano le condizioni di cui al comma 2, lettera a) e b), sono riconosciuti altresì i seguenti benefìci:

            a) determinazione del reddito IRPEF secondo il criterio di cassa e predisposizione in forma automatica da parte dell'Agenzia delle entrate delle dichiarazioni IRPEF ed IRAP;

            b) esonero dalla tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP e dalla tenuta del registro dei beni ammortizzabili;

            c) esonero dalle liquidazioni, dai versamenti periodici e dal versamento dell'acconto ai fini IVA.

        5. Con uno o più provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro 180 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, sono dettate le relative disposizioni di attuazione.

        6. Le disposizioni di cui ai commi precedenti operano previa opzione da esercitare nella dichiarazione dei redditi presentata nel periodo d'imposta precedente a quello di applicazione delle medesime.

        7. Il contribuente può adempiere agli obblighi previsti dal comma 2 o direttamente o per il tramite di un intermediario abilitato ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

        8. I soggetti che non adempiono agli obblighi di cui al precedente comma 2 nonché a quelli di cui al decreto legislativo n. 231 del 2007 perdono il diritto di avvalersi dei benefìci previsti dai commi precedenti e sono soggetti all'applicazione di una sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 4.000. I soggetti che adempiono agli obblighi di cui al comma 2, lettera a) con un ritardo non superiore a 90 giorni non decadono dai benefìci medesimi, ferma restando l'applicazione della sanzione di cui al primo periodo, per la quale è possibile avvalersi dell'istituto del ravvedimento operoso di cui all'articolo 13 del decreto legislativo. 18 dicembre 1997, n. 472.

        9. Nei confronti dei contribuenti soggetti al regime di accertamento basato sugli studi di settore, ai sensi dell'articolo 10, della legge 8 maggio 1998, n. 146, che dichiarano, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell'applicazione degli studi medesimi:

            a) sono preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo

 

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periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

            b) sono ridotti di un anno i termini di decadenza per l'attività di accertamento previsti dall'articolo 43, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dall'articolo 57, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 633; la disposizione non si applica in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;

            c) la determinazione sintetica del reddito complessivo di cui all'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato.

        10. La disposizione di cui al comma 9 si applica a condizione che:

            a) il contribuente abbia regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti;

            b) sulla base dei dati di cui alla precedente lettera a), la posizione del contribuente risulti coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili.

        11. Con riguardo ai contribuenti soggetti al regime di accertamento basato sugli studi di settore, ai sensi dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, per i quali non si rende applicabile la disposizione di cui al comma 9, l'Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza destinano parte della capacità operativa alla effettuazione di specifici piani di controllo, articolati su tutto il territorio in modo proporzionato alla numerosità dei contribuenti interessati e basati su specifiche analisi del rischio di evasione che tengano anche conto delle informazioni presenti nella apposita sezione dell'anagrafe tributaria di cui all'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605. Nei confronti dei contribuenti che dichiarano ricavi o compensi inferiori a quelli risultanti dall'applicazione degli studi di settore e per i quali non ricorra la condizione di cui alla lettera b) del precedente comma 10, i controlli sono svolti prioritariamente con l'utilizzo dei poteri istruttori di cui ai numeri 6-bis e 7 del primo comma dell'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 26 settembre 1973, n. 600, e ai numeri 6-bis e 7 del secondo comma dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

        12. Il comma 4-bis dell'articolo 10 e l'articolo 10-ter della legge 8 maggio 1998, n. 146, sono abrogati. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria, possono essere differenziati i termini di accesso alla disciplina di cui al presente articolo tenuto conto del tipo di attività svolta dal contribuente.

 

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Con lo stesso provvedimento sono dettate le relative disposizioni di attuazione.

        13. Le disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10 si applicano con riferimento alle dichiarazioni relative all'annualità 2011 ed a quelle successive. Per le attività di accertamento effettuate in relazione alle annualità antecedenti il 2011 continua ad applicarsi quanto previsto dal previgente comma 4-bis dell'articolo 10 e dall'articolo 10-ter della legge 8 maggio 1998, n. 146.

Articolo 11.
(Emersione di base imponibile).

        1. Chiunque, a seguito delle richieste effettuate nell'esercizio dei poteri di cui agli articoli 32 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e agli articoli 51 e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 633, esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero è punito ai sensi dell'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

        2. A far corso dal 1o gennaio 2012, gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare periodicamente all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato i rapporti di cui all'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, ed ogni informazione relativa ai predetti rapporti necessaria ai fini dei controlli fiscali, nonché l'importo delle operazioni finanziarie indicate nella predetta disposizione.

        3. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria degli operatori finanziari, sono stabilite le modalità della comunicazione di cui al precedente periodo, estendendo l'obbligo di comunicazione anche ad ulteriori informazioni relative ai rapporti necessarie ai fini dei controlli fiscali.

        4. Oltre che ai fini previsti dall'articolo 7, undicesimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, le informazioni comunicate ai sensi dell'articolo 7, sesto comma, del predetto decreto e del precedente comma 2 sono utilizzate dall'Agenzia delle entrate per la individuazione dei contribuenti a maggior rischio di evasione da sottoporre a controllo.

        5. All'articolo 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni,dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, il comma 36-undevicies è abrogato.

        6. Nell'ambito dello scambio informativo previsto dall'articolo 83, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, l'Istituto Nazionale della previdenza sociale fornisce all'Agenzia delle entrate ed alla Guardia di finanza i dati relativi alle posizioni di soggetti destinatari di prestazioni socio-assistenziali affinché vengano considerati ai fini della effettuazione di controlli sulla fedeltà dei redditi dichiarati, basati su specifiche analisi del rischio di evasione.

 

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        7. All'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, sono apportate le seguenti modifiche:

            a) al comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente: «a) esclusi i casi straordinari di controlli per salute, giustizia ed emergenza, il controllo amministrativo in forma d'accesso da parte di qualsiasi autorità competente deve essere oggetto di programmazione da parte degli enti competenti e di coordinamento tra i vari soggetti interessati al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni nell'attività di controllo. Codificando la prassi, la Guardia di Finanza, negli accessi di propria competenza presso le imprese, opera, per quanto possibile, in borghese;»

            b) al comma 2, lettera a), i numeri 3) e 4) sono soppressi.

        8. All'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le seguenti modifiche:

            a) al secondo comma le parole «e dei consigli tributari» e le parole «nonché ai relativi consigli tributari» sono soppresse, nel terzo comma le parole «, o il consorzio al quale lo stesso partecipa, ed il consiglio tributario» sono soppresse, la parola «segnalano» è sostituita dalla seguente: «segnala», e le parole «Ufficio delle imposte dirette» sono sostituite dalle seguenti: «Agenzia delle entrate»;

            b) al quarto comma, le parole: «, ed il consiglio tributario» sono soppresse, la parola: «comunicano» è sostituita dalla seguente: «comunica»;

            c) all'ottavo comma le parole: «ed il consiglio tributario possono» sono sostituite dalla seguente: «può»;

            d) al nono comma, secondo periodo, le parole: «e dei consigli tributari» sono soppresse.

        9. All'articolo 18 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, i commi 2, 2-bis e 3 sono abrogati.

        10. L'articolo 1, comma 12-quater del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, è abrogato.

Articolo 12.
(Riduzione del limite per la tracciabilità dei pagamenti a 1.000 euro e contrasto all'uso del contante).

        1. Le limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore, di cui all'articolo 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, sono adeguate all'importo di euro mille: conseguentemente, nel comma 13 del predetto articolo 49, le

 

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parole: «30 settembre 2011» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2011».

        2. All'articolo 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dopo il comma 4-bis, è inserito il seguente: «4-ter. Al fine di favorire la modernizzazione e l'efficienza degli strumenti di pagamento, riducendo i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante:

            a) le operazioni di pagamento delle spese delle pubbliche amministrazioni centrali e locali e dei loro enti sono disposte mediante l'utilizzo di strumenti telematici. È fatto obbligo alle Pubbliche Amministrazioni di avviare il processo di superamento di sistemi basati sull'uso di supporti cartacei;

            b) i pagamenti di cui alla lettera precedente si effettuano in via ordinaria mediante accreditamento sui conti correnti bancari o postali dei creditori ovvero con le modalità offerte dai servizi elettronici di pagamento interbancari prescelti dal beneficiario. Gli eventuali pagamenti per cassa non possono, comunque, superare l'importo di 500 euro;

            c) lo stipendio, la pensione, i compensi comunque corrisposti dalla pubblica amministrazione centrale e locale e dai loro enti, in via continuativa a prestatori d'opera e ogni altro tipo di emolumento a chiunque destinato, di importo superiore a cinquecento euro, debbono essere erogati con strumenti diversi dal denaro contante ovvero mediante l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici bancari o postali, ivi comprese le carte di pagamento prepagate. Il limite di importo di cui al periodo precedente può essere modificato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze;

            d) per incrementare i livelli di sicurezza fisica e tutelare i soggetti che percepiscono trattamenti pensionistici minimi, assegni e pensioni sociali, i rapporti recanti gli accrediti di tali somme sono esenti in modo assoluto dall'imposta di bollo. Per tali rapporti, alle banche e agli altri intermediari finanziari è fatto divieto di addebitare alcun costo;

            e) per consentire ai soggetti di cui alla lettera a) di riscuotere le entrate di propria competenza con strumenti diversi dal contante, fatte salve le attività di riscossione dei tributi regolate da specifiche normative, il Ministero dell'economia e delle finanze promuove la stipula di una o più convenzioni con gli intermediari finanziari, per il tramite delle associazioni di categoria, affinché i soggetti in questione possano dotarsi di POS (Point of Sale) a condizioni agevolate, che tengano conto delle economie realizzate dagli intermediari per effetto delle norme introdotte dal presente articolo. Relativamente ai Comuni, alla stipula della Convenzione provvede l'ANCI. Analoghe Convenzioni possono essere stipulate con le Regioni. Resta in ogni caso ferma la possibilità per gli intermediari di offrire condizioni migliorative di quelle stabilite con le convenzioni.».

 

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        3. Il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Associazione bancaria italiana definiscono con apposita convenzione, da stipulare entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, le caratteristiche di un conto corrente di base.

        4. Le banche sono tenute ad offrire il conto corrente di cui al comma 3.

        5. La convenzione individua le caratteristiche del conto avendo riguardo ai seguenti criteri:

            a) inclusione nell'offerta di un numero adeguato di servizi ed operazioni, compresa la disponibilità di una carta di debito;

            b) struttura dei costi semplice, trasparente, facilmente comparabile;

            c) livello dei costi coerente con finalità di inclusione finanziaria e conforme a quanto stabilito dalla sezione IV della Raccomandazione della Commissione europea del 18 luglio 2011 sull'accesso al conto corrente di base;

            d) le fasce socialmente svantaggiate di clientela alle quali il conto corrente è offerto senza spese.

        6. Il rapporto di conto corrente individuato ai sensi del comma 3 è esente dall'imposta di bollo nei casi di cui al comma 5, lettera d).

        7. Se la convenzione prevista dal comma 3 non è stipulata entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, le caratteristiche del conto corrente sono individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia.

        8. Rimane ferma l'applicazione di quanto previsto per i contratti di conto corrente ai sensi del Titolo VI del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385.

        9. L'Associazione Bancaria Italiana e le associazioni delle imprese rappresentative a livello nazionale definiscono, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regole generali per assicurare una equilibrata riduzione delle commissioni a carico dei beneficiari delle transazioni effettuate mediante carte di pagamento.

        10. Entro i sei mesi successivi il Ministero delle sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, verifica l'efficacia delle misure definite dalle rappresentanze di impresa. In caso di esito positivo, a decorrere dal primo giorno del mese successivo, le regole così definite si applicano anche alle transazioni di cui al comma 7 dell'articolo 34 della legge 12 novembre 2011, n. 183.

        11. All'articolo 51, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e per la immediata comunicazione della infrazione anche alla Agenzia delle entrate che attiva i conseguenti controlli di natura fiscale».

 

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Capo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI MAGGIORI ENTRATE

Articolo 13.
(Anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria).

        1. L'istituzione dell'imposta municipale propria è anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall'anno 2012, ed è applicata in tutti i comuni del territorio nazionale fino al 2014 in base agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in quanto compatibili, ed alle disposizioni che seguono. Conseguentemente l'applicazione a regime dell'imposta municipale propria è fissata al 2015.

        2. L'imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ivi compresa l'abitazione principale e le pertinenze della stessa. Per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente. Per pertinenze dell'abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo.

        3. La base imponibile dell'imposta municipale propria è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 5, commi 1, 3, 5 e 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e dei commi 4 e 5 del presente articolo.

        4. Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1o gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i seguenti moltiplicatori:

            a. 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10;

            b. 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;

            c. 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10;

            d. 60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D;

            e. 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.

        5. Per i terreni agricoli, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1o gennaio dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per

 

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cento ai sensi dell'articolo 3, comma 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, un moltiplicatore pari a 120.

        6. L'aliquota di base dell'imposta è pari allo 0,76 per cento. I comuni con deliberazione del consiglio comunale, adottata ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, possono modificare, in aumento o in diminuzione, l'aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali.

        7. L'aliquota è ridotta allo 0,4 per cento per l'abitazione principale e per le relative pertinenze. I comuni possono modificare, in aumento o in diminuzione, la suddetta aliquota sino a 0,2 punti percentuali.

        8. L'aliquota è ridotta allo 0,2 per cento per i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133. I comuni possono ridurre la suddetta aliquota fino allo 0,1 per cento.

        9. I comuni possono ridurre l'aliquota di base fino allo 0,4 per cento nel caso di immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell'articolo 43 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ovvero nel caso di immobili posseduti dai soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società, ovvero nel caso di immobili locati.

        10. Dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200 rapportate al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. I comuni possono stabilire che l'importo di euro 200 può essere elevato, fino a concorrenza dell'imposta dovuta, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio. In tal caso il comune che ha adottato detta deliberazione non può stabilire un'aliquota superiore a quella ordinaria per le unità immobiliari tenute a disposizione. La suddetta detrazione si applica alle unità immobiliari di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. L'aliquota ridotta per l'abitazione principale e per le relative pertinenze e la detrazione si applicano anche alle fattispecie di cui all'articolo 6, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e i comuni possono prevedere che queste si applichino anche ai soggetti di cui all'articolo 3, comma 56, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

        11. È riservata allo Stato la quota di imposta pari alla metà dell'importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze di cui al comma 7, nonché dei fabbricati rurali ad uso strumentale di cui al comma 8, l'aliquota di base di cui al comma 6, primo periodo. La quota di imposta risultante è versata allo Stato contestualmente all'imposta municipale propria. Le detrazioni previste dal presente articolo, nonché le detrazioni e le riduzioni di aliquota deliberate dai comuni non si applicano alla quota di imposta riservata allo Stato di cui al periodo precedente. Per l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si

 

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applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta municipale propria. Le attività di accertamento e riscossione dell'imposta erariale sono svolte dal comune al quale spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddette attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni.

        12. Il versamento dell'imposta, in deroga all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, è effettuato secondo le disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

        13. Restano ferme le disposizioni dell'articolo 9 e dell'articolo 14, commi 1 e 6 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23. All'articolo 14, comma 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, le parole: «dal 1o gennaio 2014», sono sostituite dalle seguenti: «dal 1o gennaio 2012». Al comma 4 dell'articolo 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ai commi 3 degli articoli 23, 53 e 76 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 e al comma 31 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, le parole «ad un quarto» sono sostituite dalle seguenti «alla misura stabilita dagli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472». Ai fini del quarto comma dell'articolo 2752 del codice civile il riferimento alla «legge per la finanza locale» si intende effettuato a tutte disposizioni che disciplinano i singoli tributi comunali e provinciali. La riduzione dei trasferimenti erariali di cui ai commi 39 e 46 dell'articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e successive modificazioni, è consolidata, a decorrere dall'anno 2011, all'importo risultante dalle certificazioni di cui al decreto 7 aprile 2010 del Ministero dell'economia e delle finanze emanato, di concerto con il Ministero dell'interno, in attuazione dell'articolo 2, comma 24, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.

        14. Sono abrogate le seguenti disposizioni:

            a. l'articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126;

            b. il comma 3, dell'articolo 58 e le lettere d), e) ed h) del comma 1, dell'articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;

            c. l'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo 8 e il comma 4 dell'articolo 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23;

            d. il comma 1-bis dell'articolo 23 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.

        15. A decorrere dall'anno d'imposta 2012, tutte le deliberazioni regolamentari e tariffarie relative alle entrate tributarie degli enti locali devono essere inviate al Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze, entro il termine di cui all'articolo 52, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, e comunque entro trenta giorni dalla data di scadenza del termine previsto per l'approvazione del bilancio di previsione. Il mancato invio delle predette

 

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deliberazioni nei termini previsti dal primo periodo è sanzionato, previa diffida da parte del Ministero dell'interno, con il blocco, sino all'adempimento dell'obbligo dell'invio, delle risorse a qualsiasi titolo dovute agli enti inadempienti. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell'interno, di natura non regolamentare sono stabilite le modalità di attuazione, anche graduale, delle disposizioni di cui ai primi due periodi del presente comma. Il Ministero dell'economia e delle finanze pubblica, sul proprio sito informatico, le deliberazioni inviate dai comuni. Tale pubblicazione sostituisce l'avviso in Gazzetta Ufficiale previsto dall'articolo 52, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997.

        16. All'articolo 1, comma 4, ultimo periodo del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, le parole «31 dicembre» sono sostituite dalle parole: «20 dicembre». All'articolo 1, comma 11, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, le parole da «differenziate» a «legge statale» sono sostituite dalle seguenti: «utilizzando esclusivamente gli stessi scaglioni di reddito stabiliti, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dalla legge statale, nel rispetto del principio di progressività». L'Agenzia delle Entrate provvede all'erogazione dei rimborsi dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche già richiesti con dichiarazioni o con istanze presentate entro la data di entrata in vigore del presente decreto, senza far valere l'eventuale prescrizione decennale del diritto dei contribuenti.

        17. Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 13 del medesimo decreto legislativo n. 23 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti in misura corrispondente al maggior gettito ad aliquota di base attribuito ai comuni dalle disposizioni recate dal presente articolo. In caso di incapienza ciascun comune versa all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue. Con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito dei comuni ricadenti nel proprio territorio. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, è accantonato un importo pari al maggior gettito di cui al precedente periodo.

        18. All'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 dopo le parole: «gettito di cui ai commi 1 e 2», sono aggiunte le seguenti: «nonché, per gli anni 2012, 2013 e 2014, dalla compartecipazione di cui al comma 4»;

        19. Per gli anni 2012, 2013 e 2014, non trovano applicazione le disposizioni recate dall'ultimo periodo del comma 4 dell'articolo 2, nonché dal comma 10 dell'articolo 14 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.

 

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        20. La dotazione del fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa è incrementata di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013.

        21. All'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, sono apportate le seguenti modifiche:

            a) al comma 2-bis, secondo periodo, le parole «30 settembre 2011», sono sostituite dalle seguenti: «31 marzo 2012»;

            b) al comma 2-ter, primo periodo, le parole: «20 novembre 2011», sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2012»;

            c) al comma 2-ter, terzo periodo, le parole: «20 novembre 2012», sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2013».

        Restano salve le domande presentate e gli effetti che si sono prodotti dopo la scadenza dei termini originariamente posti dall'articolo 7 del decreto legge n. 70 del 2011.

Articolo 14.
(Istituzione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi).

        1. A decorrere dal 1o gennaio 2013 è istituito in tutti i comuni del territorio nazionale il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa dai comuni, e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.

        2. Soggetto attivo dell'obbligazione tributaria è il comune nel cui territorio insiste, interamente o prevalentemente, la superficie degli immobili assoggettabili al tributo.

        3. Il tributo è dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani.

        4. Sono escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali di cui all'articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva.

        5. Il tributo è dovuto da coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte di cui ai commi 3 e 4 con vincolo di solidarietà tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune i locali o le aree stesse.

        6. In caso di utilizzi temporanei di durata non superiore a sei mesi nel corso dello stesso anno solare, il tributo è dovuto soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione, superficie.

        7. Nel caso di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento del tributo dovuto per i locali ed aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte in uso esclusivo ai singoli

 

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occupanti o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi, gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo.

        8. Il tributo è corrisposto in base a tariffa commisurata ad anno solare, cui corrisponde un'autonoma obbligazione tributaria.

        9. La tariffa è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base dei criteri determinati con il regolamento di cui al comma 12. Per le unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, la superficie assoggettabile al tributo è pari all'80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138. Per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d'ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, comprensivi della toponomastica, con quelli dell'Agenzia del territorio, secondo modalità di interscambio stabilite con provvedimento del Direttore della predetta Agenzia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, gli intestatari catastali provvedono, a richiesta del comune, a presentare all'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l'eventuale conseguente modifica, presso il comune, della consistenza di riferimento. Per le altre unità immobiliari la superficie assoggettabile al tributo è costituita da quella calpestabile.

        10. Nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano di regola rifiuti speciali, a condizione che il produttore ne dimostri l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.

        11. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. La tariffa è determinata ricomprendendo anche i costi di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.

        12. Con regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i criteri per l'individuazione del costo del servizio di gestione dei rifiuti e per la determinazione della tariffa. Il regolamento emanato ai sensi del primo periodo del presente comma si applica a decorrere dall'anno successivo alla data della sua entrata in vigore. Si applicano comunque in via transitoria, a decorrere dal 1o gennaio 2013 e fino alla data da

 

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cui decorre l'applicazione del regolamento di cui al primo periodo del presente comma, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158.

        13. Alla tariffa determinata in base alle disposizioni di cui ai commi da 8 a 12, si applica una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato, a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i quali possono, con deliberazione del consiglio comunale, modificare in aumento la misura della maggiorazione fino a 0,40 euro, anche graduandola in ragione della tipologia dell'immobile e della zona ove è ubicato.

        13-bis. A decorrere dall'anno 2013 il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 13 del medesimo decreto legislativo n. 23 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti in misura corrispondente al gettito derivante dalla maggiorazione standard di cui al comma 13 del presente articolo. In caso di incapienza ciascun comune versa all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue. Con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito dei comuni ricadenti nel proprio territorio. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, è accantonato un importo pari al maggior gettito di cui al precedente periodo.

        14. Resta ferma la disciplina del tributo dovuto per il servizio di gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche, di cui all'articolo 33-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31. Il costo relativo alla gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche è sottratto dal costo che deve essere coperto con il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi.

        15. Il comune con regolamento può prevedere riduzioni tariffarie, nella misura massima del trenta per cento, nel caso di:

            a) abitazioni con unico occupante;

            b) abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo;

            c) locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente;

            d) abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all'anno, all'estero;

            e) fabbricati rurali ad uso abitativo.

        16. Nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, il tributo è dovuto in misura non superiore al quaranta per cento della tariffa da determinare, anche in maniera graduale, in relazione alla distanza dal

 

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più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita.

        17. Nella modulazione della tariffa sono assicurate riduzioni per la raccolta differenziata riferibile alle utenze domestiche.

        18. Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero.

        19. Il consiglio comunale può deliberare ulteriori riduzioni ed esenzioni. Tali agevolazioni sono iscritte in bilancio come autorizzazioni di spesa e la relativa copertura è assicurata da risorse diverse dai proventi del tributo di competenza dell'esercizio al quale si riferisce l'iscrizione stessa.

        20. Il tributo è dovuto nella misura massima del 20 per cento della tariffa, in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall'autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all'ambiente.

        21. Le agevolazioni di cui ai commi da 15 a 20 si applicano anche alla maggiorazione di cui al comma 13.

        22. Con regolamento da adottarsi ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, il consiglio comunale determina la disciplina per l'applicazione del tributo, concernente tra l'altro:

            a) la classificazione delle categorie di attività con omogenea potenzialità di produzione di rifiuti;

            b) la disciplina delle riduzioni tariffarie;

            c) la disciplina delle eventuali riduzioni ed esenzioni;

            d) l'individuazione di categorie di attività produttive di rifiuti speciali alle quali applicare, nell'obiettiva difficoltà di delimitare le superfici ove tali rifiuti si formano, percentuali di riduzione rispetto all'intera superficie su cui l'attività viene svolta;

            e) i termini di presentazione della dichiarazione e di versamento del tributo.

        23. Il consiglio comunale deve approvare le tariffe del tributo entro il termine fissato da norme statali per l'approvazione del bilancio di previsione, in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso ed approvato dall'autorità competente.

        24. Per il servizio di gestione dei rifiuti assimilati prodotti da soggetti che occupano o detengono temporaneamente, con o senza autorizzazione, locali od aree pubbliche o di uso pubblico, i comuni stabiliscono con il regolamento le modalità di applicazione del tributo, in base a tariffa giornaliera. L'occupazione o detenzione è temporanea quando si protrae per periodi inferiori a 183 giorni nel corso dello stesso anno solare.

 

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        25. La misura tariffaria è determinata in base alla tariffa annuale del tributo, rapportata a giorno, maggiorata di un importo percentuale non superiore al 100 per cento.

        26. L'obbligo di presentazione della dichiarazione è assolto con il pagamento del tributo da effettuarsi con le modalità e nei termini previsti per la tassa di occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche ovvero per l'imposta municipale secondaria di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, a partire dalla data di entrata in vigore della stessa.

        27. Per tutto quanto non previsto dai commi da 24 a 26, si applicano in quanto compatibili le disposizioni relative al tributo annuale, compresa la maggiorazione di cui al comma 13.

        28. È fatta salva l'applicazione del tributo provinciale per l'esercizio delle funzioni di tutela, protezione ed igiene dell'ambiente di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. Il tributo provinciale, commisurato alla superficie dei locali ed aree assoggettabili a tributo, è applicato nella misura percentuale deliberata dalla provincia sull'importo del tributo, esclusa la maggiorazione di cui al comma 13.

        29. I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento, prevedere l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo del tributo.

        30. Il costo del servizio è determinato sulla base dei criteri stabiliti nel regolamento previsto dal comma 12.

        31. La tariffa è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

        32. I comuni di cui al comma 29 applicano il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi limitatamente alla componente diretta alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni determinato ai sensi del comma 13.

        33. I soggetti passivi del tributo presentano la dichiarazione entro il termine stabilito dal comune nel regolamento, fissato in relazione alla data di inizio del possesso, dell'occupazione o della detenzione dei locali e delle aree assoggettabili a tributo. Nel caso di occupazione in comune di un fabbricato, la dichiarazione può essere presentata anche da uno solo degli occupanti.

        34. La dichiarazione, redatta su modello messo a disposizione dal comune, ha effetto anche per gli anni successivi sempreché non si verifichino modificazioni dei dati dichiarati cui consegua a un diverso ammontare del tributo; in tal caso, la dichiarazione va presentata entro il termine stabilito dal comune nel regolamento.

        35. Il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, in deroga all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, è versato esclusivamente al comune. Il versamento del tributo comunale per l'anno di riferimento è effettuato, in mancanza di diversa deliberazione comunale, in quattro rate trimestrali, scadenti nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre, mediante bollettino di conto corrente postale ovvero modello di pagamento unificato. È consentito il pagamento in unica soluzione entro il mese di giugno di ciascun anno.

 

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        36. Il comune designa il funzionario responsabile a cui sono attribuiti tutti i poteri per l'esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale, compreso quello di sottoscrivere i provvedimenti afferenti a tali attività, nonché la rappresentanza in giudizio per le controversie relative al tributo stesso.

        37. Ai fini della verifica del corretto assolvimento degli obblighi tributari, il funzionario responsabile può inviare questionari al contribuente, richiedere dati e notizie a uffici pubblici ovvero a enti di gestione di servizi pubblici, in esenzione da spese e diritti, e disporre l'accesso ai locali ed aree assoggettabili a tributo, mediante personale debitamente autorizzato e con preavviso di almeno sette giorni.

        38. In caso di mancata collaborazione del contribuente od altro impedimento alla diretta rilevazione, l'accertamento può essere effettuato in base a presunzioni semplici di cui all'articolo 2729 del codice civile.

        39. In caso di omesso o insufficiente versamento del tributo risultante dalla dichiarazione, si applica l'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

        40. In caso di omessa presentazione della dichiarazione, si applica la sanzione dal 100 per cento al 200 per cento del tributo non versato, con un minimo di 50 euro.

        41. In caso di infedele dichiarazione, si applica la sanzione dal 50 per cento al 100 per cento del tributo non versato, con un minimo di 50 euro.

        42. In caso di mancata, incompleta o infedele risposta al questionario di cui al comma 37, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica dello stesso, si applica la sanzione da euro 100 a euro 500.

        43. Le sanzioni di cui ai commi 40 e 41 sono ridotte ad un terzo se, entro il termine per la proposizione del ricorso, interviene acquiescenza del contribuente, con pagamento del tributo, se dovuto, della sanzione e degli interessi.

        44. Resta salva la facoltà del comune di deliberare con il regolamento circostanze attenuanti o esimenti nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla normativa statale.

        45. Per tutto quanto non previsto dalle disposizioni del presente articolo concernenti il tributo comunale rifiuti e servizi, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 161 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Resta ferma l'applicazione dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

        46. A decorrere dal 1o gennaio 2013 sono soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza. All'articolo 195, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogate le parole da «Ai rifiuti assimilati» fino a «la predetta tariffazione».

        47. L'articolo 14, comma 7, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, è abrogato, con efficacia a decorrere dalla data di cui al comma 46 del presente articolo.

 

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Articolo 15.
(Disposizioni in materia di accise).

        1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le seguenti aliquote di accisa di cui all'Allegato I del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, sono fissate nelle misure sottoindicate:

            a) benzina e benzina con piombo: euro 704,20 per mille litri;

            b) gasolio usato come carburante: euro 593,20 per mille litri;

            c) gas di petrolio liquefatti usati come carburante: euro 267,77 per mille chilogrammi;

            d) gas naturale per autotrazione: euro 0,00331 per metro cubo.

        2. A decorrere dal 1o gennaio 2013, l'aliquota di accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo nonché l'aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante, di cui all'allegato I del testo unico richiamato nel comma 1, sono fissate, rispettivamente, ad euro 704,70 per mille litri e ad euro 593,70 per mille litri.

        3. Agli aumenti di accisa sulle benzine, disposti dai commi 1, lettera a), e 2, non si applica l'articolo 1, comma 154, secondo periodo, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

        4. Il maggior onere conseguente agli aumenti dell'aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante, disposti dai commi 1, lettera b), e 2, è rimborsato, con le modalità previste dall'articolo 6, comma 2, primo e secondo periodo, del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26, nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 1, limitatamente agli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate, e comma 2, del decreto legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16.

Articolo 16.
(Disposizioni per la tassazione di auto di lusso, imbarcazioni ed aerei).

        1. Al comma 21 dell'articolo 23 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «A partire dall'anno 2012 l'addizionale erariale della tassa automobilistica di cui al primo periodo è fissata in euro 20 per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a centottantacinque chilowatt.».

        2. Dal 1o maggio 2012 le unità da diporto che stazionino in porti marittimi nazionali, navighino o siano ancorate in acque pubbliche, anche se in concessione a privati, sono soggette al pagamento della

 

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tassa annuale di stazionamento, calcolata per ogni giorno, o frazione di esso, nelle misure di seguito indicate:

            a) euro 5 per le unità con scafo di lunghezza da 10,01 metri a 12 metri;

            b) euro 8 per le unità con scafo di lunghezza da 12,01 metri a 14 metri;

            c) euro 10 per le unità con scafo di lunghezza da 14,01 a 17 metri;

            d) euro 30 per le unità con scafo di lunghezza da 17,01 a 24 metri;

            e) euro 90 per le unità con scafo di lunghezza da 24,01 a 34 metri;

            f) euro 207 per le unità con scafo di lunghezza da 34,01 a 44 metri;

            g) euro 372 per le unità con scafo di lunghezza da 44,01 a 54 metri;

            h) euro 521 per le unità con scafo di lunghezza da 54,01 a 64 metri;

            i) euro 703 per le unità con scafo di lunghezza superiore a 64 metri.

        3. La tassa è ridotta alla metà per le unità con scafo di lunghezza fino a 12 metri, utilizzate esclusivamente dai proprietari residenti, come propri ordinari mezzi di locomozione, nei comuni ubicati nelle isole minori e nella Laguna di Venezia, nonché per le unità di cui al comma 2 a vela con motore ausiliario.

        4. La tassa non si applica alle unità di proprietà o in uso allo Stato e ad altri enti pubblici, a quelle obbligatorie di salvataggio, ai battelli di servizio, purché questi rechino l'indicazione dell'unità da diporto al cui servizio sono posti, nonché alle unità di cui al comma 2 che si trovino in un'area di rimessaggio e per i giorni di effettiva permanenza in rimessaggio.

        5. Sono esenti dalla tassa di cui al comma 2 le unità da diporto possedute ed utilizzate da enti ed associazioni di volontariato esclusivamente ai fini di assistenza sanitaria e pronto soccorso.

        6. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 la lunghezza è misurata secondo le norme armonizzate EN/ISO/DIS 8666 per la misurazione dei natanti e delle imbarcazioni da diporto.

        7. Sono tenuti al pagamento della tassa di cui al comma 2 i proprietari, gli usufruttuari, gli acquirenti con patto di riservato dominio o gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità ed i termini di pagamento della tassa, di comunicazione dei dati identificativi dell'unità da diporto e delle informazioni necessarie all'attività di controllo. I pagamenti sono eseguiti anche con moneta

 

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elettronica senza oneri a carico del bilancio dello Stato. Il gettito della tassa di cui al comma 2 affluisce all'entrata del bilancio dello Stato.

        8. La ricevuta di pagamento, anche elettronica, della tassa di cui al comma 2 è esibita dal comandante dell'unità da diporto all'Agenzia delle dogane ovvero all'impianto di distribuzione di carburante, per l'annotazione nei registri di carico-scarico ed i controlli a posteriori, al fine di ottenere l'uso agevolato del carburante per lo stazionamento o la navigazione.

        9. Le Capitanerie di porto, le forze preposte alla tutela della sicurezza e alla vigilanza in mare, nonché le altre forze preposte alla pubblica sicurezza o gli altri organi di polizia giudiziaria e tributaria vigilano sul corretto assolvimento degli obblighi derivanti dalle disposizioni di cui ai commi da 2 a 7 del presente articolo ed elevano, in caso di violazione, apposito processo verbale di constatazione che trasmettono alla direzione provinciale dell'Agenzia delle entrate competente per territorio, in relazione al luogo della commissione della violazione, per l'accertamento delle stesse. Per l'accertamento, la riscossione e il contenzioso si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi; per l'irrogazione delle sanzioni si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, esclusa la definizione ivi prevista. Le violazioni possono essere definite entro sessanta giorni dalla elevazione del processo verbale di constatazione mediante il pagamento dell'imposta e della sanzione minima ridotta al cinquanta per cento. Le controversie concernenti l'imposta di cui al comma 2 sono devolute alla giurisdizione delle commissioni tributarie ai sensi del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

        10. Per l'omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta si applica una sanzione amministrativa tributaria dal 200 al 300 per cento dell'importo non versato, oltre all'importo della tassa dovuta.

        11. È istituita l'imposta erariale sugli aeromobili privati, di cui all'articolo 744 del codice della navigazione, immatricolati nel registro aeronautico nazionale, nelle seguenti misure annuali:

            a) velivoli con peso massimo al decollo:

                1) fino a 1.000 kg., euro 1,50 al kg;

                2) fino a 2.000 kg., euro 2,45 al kg;

                3) fino a 4.000 kg., euro 4,25 al kg;

                4) fino a 6.000 kg., euro 5,75 al kg;

                5) fino a 8.000 kg., euro 6,65 al kg;

                6) fino a 10.000 kg., euro 7,10 al kg;

                7) oltre 10.000 kg., euro 7,55 al kg;

            b) elicotteri: l'imposta dovuta è pari al doppio di quella stabilita per i velivoli di corrispondente peso;

            c) alianti, motoalianti, autogiri e aerostati, euro 450,00.

 

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        12. L'imposta è dovuta da chi risulta dai pubblici registri essere proprietario, usufruttuario, acquirente con patto di riservato dominio, ovvero utilizzatore a titolo di locazione finanziaria dell'aeromobile, ed è corrisposta all'atto della richiesta di rilascio o di rinnovo del certificato di revisione della aeronavigabilità in relazione all'intero periodo di validità del certificato stesso. Nel caso in cui il certificato abbia validità inferiore ad un anno l'imposta è dovuta nella misura di un dodicesimo degli importi di cui al comma 11 per ciascun mese di validità.

        13. Per gli aeromobili con certificato di revisione della aeronavigabilità in corso di validità alla data di entrata in vigore del presente decreto l'imposta è versata, entro novanta giorni da tale data, in misura pari a un dodicesimo degli importi stabiliti nel comma 11 per ciascun mese da quello in corso alla predetta data sino al mese in cui scade la validità del predetto certificato. Entro lo stesso termine deve essere pagata l'imposta relativa agli aeromobili per i quali il rilascio o il rinnovo del certificato di revisione della aeronavigabilità avviene nel periodo compreso fra la data di entrata in vigore del presente decreto ed il 31 gennaio 2012.

        14. Sono esenti dall'imposta di cui al comma 11 gli aeromobili di Stato e quelli ad essi equiparati; gli aeromobili di proprietà o in esercenza dei licenziatari dei servizi di linea e non di linea, nonché del lavoro aereo, di cui al codice della navigazione, parte seconda, libro I, titolo VI, capi I, II e III; gli aeromobili di proprietà o in esercenza delle Organizzazioni Registrate (OR), delle scuole di addestramento FTO (Flight Training Organisation) e dei Centri di Addestramento per le Abilitazioni (TRTO – Type Rating Training Organisation); gli aeromobili di proprietà o in esercenza dell'Aero Club d'Italia, degli Aero Club locali e dell'Associazione nazionale paracadutisti d'Italia; gli aeromobili immatricolati a nome dei costruttori e in attesa di vendita; gli aeromobili esclusivamente destinati all'elisoccorso o all'aviosoccorso.

        15. L'imposta di cui al comma 11 è versata secondo modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

Articolo 17.
(Canone RAI).

        1. Le imprese e le società, ai sensi di quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nella relativa dichiarazione dei redditi, devono indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione la categoria di appartenenza ai fini dell'applicazione della tariffa di abbonamento radiotelevisivo speciale, nonché gli altri elementi che saranno eventualmente indicati nel provvedimento di approvazione del modello per la dichiarazione dei redditi, ai fini della verifica del pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale.

 

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Articolo 18.
(Clausola di salvaguardia).

        1. All'articolo 40 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) il comma 1-ter è sostituito dal seguente:

        «1-ter. A decorrere dal 1o ottobre 2012 fino al 31 dicembre 2012 le aliquote Iva del 10 e del 21 per cento sono incrementate di 2 punti percentuali. A decorrere dal 1o gennaio 2013 continua ad applicarsi il predetto aumento. A decorrere dal 1o gennaio 2014 le predette aliquote sono ulteriormente incrementate di 0,5 punti percentuali.».

            b) al comma 1-quater, dopo le parole: «comma 1-ter» sono inserite le seguenti: «, secondo e terzo periodo»; nel medesimo comma la parola: «adottati» è sostituita dalle seguenti: «entrati in vigore»; nel medesimo comma le parole: «4.000 milioni di euro per l'anno 2012, nonché a 16.000 milioni di euro per l'anno 2013 ed a 20.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014» sono sostitute dalle seguenti: «13.119 milioni di euro per l'anno 2013 ed a 16.400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014».

Articolo 19.
(Disposizioni in materia di imposta di bollo su titoli, strumenti e prodotti finanziari nonché su valori «scudati»).

        1. A decorrere dal 1o gennaio 2012, all'articolo 13 della Tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, il comma 2-ter è sostituito dal seguente:

Articolo della Tariffa
Indicazione degli atti soggetti all'imposta Imposte dovute fisse Imposte dovute proporzionali
13 2-ter. Le comunicazioni relative ai prodotti e agli strumenti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ad esclusione dei fondi pensione e dei fondi sanitari.
Per ogni esemplare, sul complessivo valore di mercato o, in mancanza, sul valore nominale o di rimborso.
  0,1 per cento annuo per il 2012
0,15 per cento a decorrere dal 2013

        2. Nella Nota 3-ter all'articolo 13 della Tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642:

            a) il secondo periodo è sostituito dal seguente: «L'estratto conto, compresa la comunicazione relativa agli strumenti ed ai prodotti finanziari, anche non soggetti all'obbligo di deposito, si considera in ogni caso inviato almeno una volta nel corso dell'anno nonché alla chiusura del rapporto, anche nel caso in cui non sussista un obbligo

 

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di invio. Se le comunicazioni sono inviate periodicamente nel corso dell'anno, l'imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato»;

            b) l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Per le comunicazioni relative ai prodotti e agli strumenti finanziari, l'imposta è dovuta nella misura minima di euro 34,20 e nella misura massima di euro 1.200,00.».

        3. Per le comunicazioni di cui al comma 2-ter dell'articolo 13 della Tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, la percentuale della somma da versare entro il 30 novembre 2012 ai sensi dell'articolo 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, è ridotta al 50 per cento.

        4. Le attività oggetto di rimpatrio o di regolarizzazione ai sensi dell'articolo 13-bis del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni e integrazioni, e degli articoli 12 e 15 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, e successive modificazioni e integrazioni, e ancora segretate, sono soggette a un'imposta straordinaria dell'1,5 per cento.

        5. Gli intermediari di cui all'articolo 11, comma 1, lettera b), del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, provvedono a trattenere l'imposta dalle attività rimpatriate o regolarizzate, ovvero ricevono provvista dallo stesso contribuente. I medesimi intermediari effettuano il relativo versamento in due rate di pari importo entro il 16 febbraio 2012 ed entro il 16 febbraio 2013, secondo le disposizioni contenute nel Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

        6. Gli intermediari di cui al comma precedente segnalano all'Agenzia delle Entrate i contribuenti nei confronti dei quali non è stata applicata e versata l'imposta a causa dell'intervenuta cessazione del rapporto di deposito, amministrazione o gestione delle attività rimpatriate o regolarizzate o, comunque, per non aver ricevuto la provvista di cui al comma precedente. Nei confronti dei contribuenti l'imposta è riscossa mediante iscrizione a ruolo ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

        7. Per l'omesso versamento si applica una sanzione pari all'importo non versato.

        8. Per l'accertamento e la riscossione dell'imposta, nonché per il relativo contenzioso si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.

        9. L'imposta di cui al comma 4 è dovuta anche per le attività oggetto di emersione che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono state in tutto o in parte prelevate dal rapporto di deposito, amministrazione o gestione acceso per effetto della procedura di emersione ovvero comunque dismesse.

        10. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni di attuazione dei commi da 4 a 9.

 

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Articolo 20.
(Riallineamento partecipazioni).

        1. La disposizione del comma 12 dell'articolo 23 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, si applica anche alle operazioni effettuate nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2011. Il versamento dell'imposta sostitutiva è dovuto in tre rate di pari importo da versare:

            a) la prima, entro il termine di scadenza dei versamenti del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d'imposta 2012;

            b) la seconda e la terza entro il termine di scadenza dei versamenti, rispettivamente, della prima e della seconda o unica rata di acconto delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta 2014.

        2. Gli effetti del riallineamento di cui al comma 1 decorrono dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.

        3. Si applicano, ove compatibili, le modalità di attuazione dei commi da 12 a 14 dell'articolo 23 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, disposte con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 22 novembre 2011.

Capo III
RIDUZIONI DI SPESA. COSTI DEGLI APPARATI

Articolo 21.
(Soppressione enti e organismi).

        1. In considerazione del processo di convergenza ed armonizzazione del sistema pensionistico attraverso l'applicazione del metodo contributivo, nonché al fine di migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa nel settore previdenziale e assistenziale, l'INPDAP e l'ENPALS sono soppressi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e le relative funzioni sono attribuite all’ INPS, che succede in tutti i rapporti attivi e passivi degli Enti soppressi.

        2. Con decreti di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanarsi entro 60 giorni dall'approvazione dei bilanci di chiusura delle relative gestioni degli Enti soppressi alla data di entrata in vigore del presente decreto legge e sulla base delle risultanze dei bilanci medesimi, da deliberare entro il 31 marzo 2012, le risorse strumentali, umane e finanziarie degli Enti soppressi sono trasferite all'INPS. Conseguentemente la dotazione

 

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organica dell'INPS è incrementata di un numero di posti corrispondente alle unità di personale di ruolo in servizio presso gli enti soppressi alla data di entrata in vigore del presente decreto. Non sono trasferite le posizioni soprannumerarie, rispetto alla dotazione organica vigente degli enti soppressi, ivi incluse quelle di cui all'articolo 43, comma 19 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Le posizioni soprannumerarie di cui al precedente periodo costituiscono eccedenze ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. I due posti di direttore generale degli Enti soppressi sono trasformati in altrettanti posti di livello dirigenziale generale dell'INPS, con conseguente aumento della dotazione organica dell'Istituto incorporante. I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza.

        3. L'Inps subentra, altresì, nella titolarità dei rapporti di lavoro diversi da quelli di cui al comma 2 per la loro residua durata.

        4. Gli organi di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479 e successive modificazioni e integrazioni, degli Enti soppressi ai sensi del comma 1, cessano dalla data di adozione dei decreti di cui al comma 2.

        5. I posti corrispondenti all'incarico di componente del Collegio dei sindaci dell'INPDAP, di qualifica dirigenziale di livello generale, in posizione di fuori ruolo istituzionale, sono così attribuiti:

            a) in considerazione dell'incremento dell'attività dell'INPS derivante dalla soppressione degli Enti di cui al comma 1, due posti, di cui uno in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed uno in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze, incrementano il numero dei componenti del Collegio dei sindaci dell’ INPS; b) due posti in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e tre posti in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze sono trasformati in posizioni dirigenziali di livello generale per le esigenze di consulenza, studio e ricerca del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato; le dotazioni organiche dei rispettivi Ministeri sono conseguentemente incrementate in attesa della emanazione delle disposizioni regolamentari intese ad adeguare in misura corrispondente l'organizzazione dei medesimi Ministeri. La disposizione di cui all'articolo 3, comma 7, del citato decreto legislativo n. 479 del 1994, si interpreta nel senso che i relativi posti concorrono alla determinazione delle percentuali di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modifiche ed integrazioni, relativamente alle dotazioni organiche dei Ministeri di appartenenza.

        6. Per le medesime esigenze di cui al comma 5, lettera a), e per assicurare una adeguata rappresentanza degli interessi cui corrispondevano le funzioni istituzionali di ciascuno degli enti soppressi di cui al comma 1, il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'INPS è integrato

 

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di sei rappresentanti secondo criteri definiti con decreto, non regolamentare, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

        7. Entro sei mesi dall'emanazione dei decreti di cui al comma 2, l'Inps provvede al riassetto organizzativo e funzionale conseguente alla soppressione degli Enti di cui al comma 1 operando una razionalizzazione dell'organizzazione e delle procedure.

        8. Le disposizioni dei commi da 1 a 9 devono comportare una riduzione dei costi complessivi di funzionamento relativi all'INPS ed agli Enti soppressi non inferiore a 20 milioni di euro nel 2012, 50 milioni di euro per l'anno 2013 e 100 milioni di euro a decorrere dal 2014. I relativi risparmi sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo ammortamento titoli di Stato. Resta fermo il conseguimento dei risparmi, e il correlato versamento all'entrata del bilancio statale, derivante dall'attuazione delle misure di razionalizzazione organizzativa degli enti di previdenza, previste dall'articolo 4, comma 66, della legge 12 novembre 2011, n. 183.

        9. Per assicurare il conseguimento degli obiettivi di efficienza e di efficacia di cui al comma 1, di razionalizzazione dell'organizzazione amministrativa ai sensi del comma 7, nonché la riduzione dei costi di cui al comma 8, il Presidente dell'INPS, la cui durata in carica, a tal fine, è differita al 31 dicembre 2014, promuove le più adeguate iniziative, ne verifica l'attuazione, predispone rapporti, con cadenza quadrimestrale, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e al Ministero dell'economia e delle finanze in ordine allo stato di avanzamento del processo di riordino conseguente alle disposizioni di cui al comma 1 e redige alla fine del mandato una relazione conclusiva, che attesti i risultati conseguiti.

        10. Al fine di razionalizzare le attività di approvvigionamento idrico nei territori delle Regioni Puglia e Basilicata, nonché nei territori della provincia di Avellino, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione Fondiaria in Puglia e Lucania (EIPLI) è soppresso e posto in liquidazione.

        11. Le funzioni del soppresso Ente con le relative risorse umane e strumentali, nonché tutti i rapporti attivi e passivi, sono trasferiti, entro 180 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto al soggetto costituito o individuato dalle Regioni interessate, assicurando adeguata rappresentanza delle competenti amministrazioni dello Stato. La tutela occupazionale è garantita con riferimento al personale titolare di rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'ente soppresso. A far data dalla soppressione di cui al comma 10 e fino all'adozione delle misure di cui al presente comma, la gestione liquidatoria dell'Ente è assicurata dall'attuale gestione commissariale.

        12. A decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto, è istituito, sotto la vigilanza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Consorzio nazionale per i grandi laghi prealpini, che svolge le funzioni, con le inerenti risorse finanziarie strumentali e di personale, attribuite dall'articolo 63, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 al consorzio del Ticino – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore, al consorzio dell'Oglio – Ente autonomo

 

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per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago d'Iseo e al consorzio dell'Adda – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago di Como. Per garantire l'ordinaria amministrazione e lo svolgimento delle attività istituzionali fino all'avvio del Consorzio nazionale, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nomina un commissario e un sub commissario e, su designazione del Ministro dell'economia e delle finanze, un collegio dei revisori formato da tre membri, di cui uno con funzioni di presidente. Dalla data di insediamento del commissario, il consorzio del Ticino – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore, il consorzio dell'Oglio – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago d'Iseo e il consorzio dell'Adda – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago di Como sono soppressi e i relativi organi decadono. La denominazione «Consorzio nazionale per i grandi laghi prealpini» sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, le denominazioni: «Consorzio del Ticino – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore», «Consorzio dell'Oglio – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago d'Iseo» e «Consorzio dell'Adda – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago di Como». Con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro e non oltre sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentite le Commissioni parlamentari competenti in materia di ambiente, che si esprimono entro venti giorni dalla data di assegnazione, sono determinati, in coerenza con obiettivi di funzionalità, efficienza, economicità e rappresentatività, gli organi di amministrazione e controllo, la sede, nonché le modalità di funzionamento, e sono trasferite le risorse strumentali, umane e finanziarie degli enti soppressi, sulla base delle risultanze dei bilanci di chiusura delle relative gestioni alla data di soppressione. I predetti bilanci di chiusura sono deliberati dagli organi in carica alla data di soppressione, corredati della relazione redatta dall'organo interno di controllo in carica alla medesima data, e trasmessi per l'approvazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero dell'economia e delle finanze. Ai componenti degli organi dei soppressi consorzi, i compensi, indennità o altri emolumenti comunque denominati ad essi spettanti sono corrisposti fino alla data di soppressione mentre per gli adempimenti di cui al precedente periodo spetta esclusivamente, ove dovuto, il rimborso delle spese effettivamente sostenute nella misura prevista dai rispettivi ordinamenti. I dipendenti a tempo indeterminato dei soppressi Consorzi mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza e sono inquadrati nei ruoli del Consorzio nazionale per i grandi laghi prealpini, cui si applica il contratto collettivo nazionale del comparto
 

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enti pubblici non economici. La dotazione organica del Consorzio nazionale per i grandi laghi prealpini non può eccedere il numero del personale in servizio, alla data di entrata in vigore del presente decreto, presso i soppressi Consorzi.

        13. Gli enti di cui all'allegato A sono soppressi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e i relativi organi decadono, fatti salvi gli adempimenti di cui al comma 15.

        14. Le funzioni attribuite agli enti di cui al comma 13 dalla normativa vigente e le inerenti risorse finanziarie e strumentali compresi i relativi rapporti giuridici attivi e passivi, sono trasferiti, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione, neppure giudiziale, alle amministrazioni corrispondentemente indicate nel medesimo allegato A.

        15. Con decreti non regolamentari del Ministro interessato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono trasferite le risorse strumentali e finanziarie degli enti soppressi. Fino all'adozione dei predetti decreti, per garantire la continuità dei rapporti già in capo all'ente soppresso, l'amministrazione incorporante può delegare uno o più dirigenti per lo svolgimento delle attività di ordinaria amministrazione, ivi comprese le operazioni di pagamento e riscossione a valere sui conti correnti già intestati all'ente soppresso che rimangono aperti fino alla data di emanazione dei decreti medesimi.

        16. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge, i bilanci di chiusura degli enti soppressi sono deliberati dagli organi in carica alla data di cessazione dell'ente, corredati della relazione redatta dall'organo interno di controllo in carica alla data di soppressione dell'ente medesimo e trasmessi per l'approvazione al Ministero vigilante al Ministero dell'economia e delle finanze. Ai componenti degli organi degli enti di cui al comma 13 i compensi, indennità o altri emolumenti comunque denominati ad essi spettanti sono corrisposti fino alla data di soppressione. Per gli adempimenti di cui al primo periodo del presente comma ai componenti dei predetti organi spetta esclusivamente, ove dovuto, il rimborso delle spese effettivamente sostenute nella misura prevista dai rispettivi ordinamenti.

        17. Per lo svolgimento delle funzioni attribuite, le amministrazioni incorporanti possono avvalersi di personale comandato nel limite massimo delle unità previste dalle specifiche disposizioni di cui alle leggi istitutive degli enti soppressi.

        18. Le amministrazioni di destinazione esercitano i compiti e le funzioni facenti capo agli enti soppressi con le articolazioni amministrative individuate mediante le ordinarie misure di definizione del relativo assetto organizzativo. Al fine di garantire la continuità delle attività di interesse pubblico già facenti capo agli enti di cui al presente comma fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione indicato, l'attività facente capo ai predetti enti continua ad essere esercitata presso le sedi e gli uffici già a tal fine utilizzati.

 

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        19. Con riguardo all'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, in deroga a quanto previsto dall'allegato A, sono trasferite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas le funzioni attinenti alla regolazione e alla vigilanza della tariffa relativa ai servizi idrici, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

        20. La Commissione Nazionale per la Vigilanza sulle Risorse idriche è soppressa.

ALLEGATO A

Ente soppresso
Amministrazione interessata Ente incorporante
Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
Agenzia per la sicurezza nucleare Ministero dello sviluppo economico Ministero dello sviluppo economico d'intesa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale Ministero dello sviluppo economico Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

        21. Dall'attuazione dei commi da 13 a 20 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Articolo 22.
(Altre disposizioni in materia di enti e organismi pubblici).

        1. Ai fini del monitoraggio della spesa pubblica, gli enti e gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, escluse le società, che ricevono contributi a carico del bilancio dello Stato o al cui patrimonio lo Stato partecipa mediante apporti, sono tenuti, ove i rispettivi ordinamenti non lo prevedano, a trasmettere i bilanci alle amministrazioni vigilanti e al Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, entro dieci giorni dalla data di delibera o approvazione.

        2. Al fine di conseguire l'obiettivo di riduzione della spesa di funzionamento delle Agenzie, incluse quelle fiscali di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e degli enti e degli organismi strumentali, comunque denominati, con uno o più regolamenti, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, su proposta dei Ministri vigilanti e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono riordinati, tenuto conto della specificità dei rispettivi ordinamenti, gli organi collegiali di indirizzo, amministrazione, vigilanza e controllo delle Agenzie, incluse

 

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quelle fiscali di cui all'articolo 10, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e degli enti e degli organismi strumentali, comunque denominati, assicurando la riduzione del numero complessivo dei componenti dei medesimi organi.

        3. Le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli Enti locali, negli ambiti di rispettiva competenza, adeguano i propri ordinamenti a quanto previsto dall'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con riferimento alle Agenzie, agli enti e agli organismi strumentali, comunque denominati, sottoposti alla loro vigilanza entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto.

        4. La riduzione di cui al comma 2 si applica a decorrere dal primo rinnovo dei componenti degli organi di indirizzo, amministrazione, vigilanza e controllo successivo alla data di entrata in vigore dei regolamenti ivi previsti.

        5. All'articolo 1, comma 3, del decreto legge 30 aprile 2010, n. 64, recante «Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali», convertito, con modificazioni, nella legge 29 giugno 2010, n. 100, le parole «entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 dicembre 2012».

        6. I commi da 18 a 26 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono sostituiti dai seguenti:

        «18. È istituita l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, di denominata “ICE – Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane”, ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, che li esercita sentiti, per le materie di rispettiva competenza, il Ministero degli affari esteri ed il Ministero dell'economia e delle finanze.

        19. Le funzioni attribuite all'ICE dalla normativa vigente e le inerenti risorse di personale, finanziarie e strumentali, compresi i relativi rapporti giuridici attivi e passivi, sono trasferiti, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione, anche giudiziale, al Ministero dello sviluppo economico, il quale entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge è conseguentemente riorganizzato ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, e all'Agenzia di cui al comma precedente. Le risorse già destinate all'ICE per il finanziamento dell'attività di promozione e di sviluppo degli scambi commerciali con l'estero, come determinate nella Tabella C della legge 13 dicembre 2010, n. 220, sono trasferite in un apposito Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese, da istituire nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.

        20. L'Agenzia opera al fine di sviluppare l'internazionalizzazione delle imprese italiane, nonché la commercializzazione dei beni e dei servizi italiani nei mercati internazionali, e di promuovere l'immagine del prodotto italiano nel mondo. L'Agenzia svolge le attività utili al perseguimento dei compiti ad essa affidati e, in particolare, offre

 

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servizi di informazione, assistenza e consulenza alle imprese italiane che operano nel commercio internazionale e promuove la cooperazione nei settori industriale, agricolo e agro-alimentare, della distribuzione e del terziario, al fine di incrementare la presenza delle imprese italiane sui mercati internazionali. Nello svolgimento delle proprie attività, l'Agenzia opera in stretto raccordo con le regioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le organizzazioni imprenditoriali e gli altri soggetti pubblici e privati interessati.

        21. Sono organi dell'Agenzia il presidente, nominato, al proprio interno, dal consiglio di amministrazione, il consiglio di amministrazione, costituito da cinque membri, di cui uno con funzioni di presidente, e il collegio dei revisori dei conti. I membri del consiglio di amministrazione sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico. Uno dei cinque membri è designato dal Ministro degli affari esteri. I membri del consiglio di amministrazione sono scelti tra persone dotate di indiscusse moralità e indipendenza, alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore. La carica di componente del consiglio di amministrazione è incompatibile con incarichi politici elettivi. Le funzioni di controllo di regolarità amministrativo-contabile e di verifica sulla regolarità della gestione dell'Agenzia sono affidate al collegio dei revisori, composto di tre membri ed un membro supplente, designati dai Ministeri dello sviluppo economico, degli affari esteri e dell'economia e delle finanze, che nomina anche il supplente. La presidenza del collegio spetta al rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze. I membri del consiglio di amministrazione dell'Agenzia durano in carica quattro anni e possono essere confermati una sola volta. All'Agenzia si applica il decreto legislativo 30 giugno 2011, n. 123. È esclusa l'applicabilità della disciplina della revisione legale di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2009, n. 39.

        22. Il direttore generale svolge funzioni di direzione, coordinamento e controllo della struttura dell'Agenzia. Formula proposte al consiglio di amministrazione, dà attuazione ai programmi e alle deliberazioni da questo approvati e assicura gli adempimenti di carattere tecnico-amministrativo, relativi alle attività dell'Agenzia ed al perseguimento delle sue finalità istituzionali. Il direttore generale è nominato per un periodo di quattro anni, rinnovabili per una sola volta. Al direttore generale non si applica il comma 8 dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

        23. I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione sono determinati con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in conformità alle norme di contenimento della spesa pubblica e, comunque, entro i limiti di quanto previsto per enti di similari dimensioni. Gli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma sono coperti nell'ambito delle risorse di cui ai commi 26-bis, primo periodo, 26-ter e 26-quater. Se dipendenti di amministrazioni pubbliche, ai membri del consiglio di amministrazione si applica il comma 5 dell'articolo 1 del presente decreto.

 

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        24. Il consiglio di amministrazione dell'Agenzia delibera lo statuto, il regolamento di organizzazione, di contabilità, la dotazione organica del personale, nel limite massimo di 300 unità, ed i bilanci. Detti atti sono trasmessi ed approvati dai Ministeri vigilanti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, che possono formulare i propri rilievi entro novanta giorni per lo statuto ed entro sessanta giorni dalla ricezione per i restanti atti. Il piano annuale di attività è definito tenuto conto delle proposte provenienti, attraverso il Ministero degli esteri, dalle rappresentanze diplomatiche e consolari.

        25. L'Agenzia opera all'estero nell'ambito delle Rappresentanze diplomatiche e consolari con modalità stabilite con apposita convenzione stipulata tra l'Agenzia, il Ministero degli affari esteri e il Ministero dello sviluppo economico. Il personale dell'Agenzia all'estero – è individuato, sentito il Ministero degli Affari Esteri, nel limite di un contingente massimo definito nell'ambito della dotazione organica di cui al comma 24 – e può essere accreditato, previo nulla osta del Ministero degli affari esteri, secondo le procedure previste dall'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, in conformità alle convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e consolari e tenendo conto delle consuetudini esistenti nei Paesi di accreditamento. Il funzionario responsabile dell'ufficio è accreditato presso le autorità locali in lista diplomatica. Il restante personale è notificato nella lista del personale tecnico-amministrativo. Il personale dell'Agenzia all'estero dipende dal titolare della Rappresentanza diplomatica per tutto ciò che concerne i rapporti con le autorità estere, è coordinato dal titolare della Rappresentanza diplomatica, nel quadro delle sue funzioni di vigilanza e di direzione, e opera in linea con le strategie di internazionalizzazione delle imprese definite dal Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero degli affari esteri.

        26. In sede di prima applicazione, con i decreti di cui al comma 26-bis, è trasferito all'Agenzia un contingente massimo di 300 unità, provenienti dal personale dipendente a tempo indeterminato del soppresso istituto, da individuarsi sulla base di una valutazione comparativa per titoli. Il personale locale, impiegato presso gli uffici all'estero del soppresso istituto con rapporti di lavoro, anche a tempo indeterminato, disciplinati secondo l'ordinamento dello Stato estero, è attribuito all'Agenzia. I contratti di lavoro del personale locale sono controfirmati dal titolare della Rappresentanza diplomatica, nel quadro delle sue funzioni di vigilanza e direzione, al fine dell'impiego del personale in questione nell'ambito della Rappresentanza stessa.

        26-bis. Con uno o più decreti di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede, nel rispetto di quanto previsto dal comma 26 e dalla lettera b) del comma 26-sexies, alla individuazione delle risorse umane, strumentali, finanziarie, nonché dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo al soppresso istituto, da trasferire all'Agenzia e al Ministero dello sviluppo economico. Con i medesimi decreti si provvede a rideterminare le dotazioni organiche del Ministero dello sviluppo economico in misura corrispondente alle unità di personale

 

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in servizio a tempo indeterminato trasferito. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Al fine della adozione dei decreti di cui al presente comma, il Ministero dello sviluppo economico cura, anche con la collaborazione dei competenti dirigenti del soppresso istituto, la ricognizione delle risorse e dei rapporti attivi e passivi da trasferire e provvede alla gestione delle attività strumentali a tale trasferimento. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al primo periodo, sono fatti salvi gli atti e le iniziative relativi ai rapporti giuridici già facenti capo all'ICE, per i quali devono intendersi autorizzati i pagamenti a fronte di obbligazioni già assunte. Fino all'adozione del regolamento di cui al comma 19, con il quale sono individuate le articolazioni del Ministero dello sviluppo economico necessarie all'esercizio delle funzioni e all'assolvimento dei compiti trasferiti, le attività relative all'ordinaria amministrazione già facenti capo all'ICE continuano ad essere svolte presso le sedi e con gli uffici già a tal fine utilizzati. Per garantire la continuità dei rapporti che facevano capo all'ICE e la correttezza dei pagamenti, il predetto Ministero dello sviluppo economico può delegare un dirigente per lo svolgimento delle attività di ordinaria amministrazione.

        26-ter. A decorrere dall'anno 2012, la dotazione del Fondo di cui al comma 19 è determinata ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ed è destinata all'erogazione all'Agenzia di un contributo annuale per il finanziamento delle attività di promozione all'estero e di internazionalizzazione delle imprese italiane. A decorrere dall'anno 2012 è altresì iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito capitolo destinato al finanziamento delle spese di funzionamento, la cui dotazione è determinata ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e di un apposito capitolo per il finanziamento delle spese di natura obbligatoria della medesima Agenzia. Il contributo erogato per il finanziamento delle attività di promozione all'estero e di internazionalizzazione delle imprese italiane non può essere utilizzato a copertura delle spese fisse per il personale dipendente. Ai predetti oneri si provvede nell'ambito delle risorse individuate al comma 4.

        26-quater. Le entrate dell'Agenzia sono costituite, oltre che dai contributi di cui al comma 26-ter, da:

            a) eventuali assegnazioni per la realizzazione di progetti finanziati parzialmente o integralmente dall'Unione europea;

            b) corrispettivi per servizi prestati agli operatori pubblici o privati e compartecipazioni di terzi alle iniziative promozionali;

            c) utili delle società eventualmente costituite o partecipate;

            d) altri proventi patrimoniali e di gestione.

        26-quinquies. L'Agenzia provvede alle proprie spese di funzionamento e alle spese relative alle attività di promozione all'estero e internazionalizzazione delle imprese italiane nei limiti delle risorse finanziarie di cui ai commi 26-bis, primo periodo, 26-ter e 26-quater.

 

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        26-sexies. Sulla base delle linee guida e di indirizzo strategico adottate dal Ministero dello sviluppo economico sentito, il Ministero degli esteri e, per quanto di competenza, il Ministero dell'economia e delle finanze, l'Agenzia provvede entro sei mesi dalla costituzione a:

            a) una riorganizzazione degli uffici di cui al comma 25 mantenendo in Italia soltanto gli uffici di Roma e Milano. Il Ministero dello sviluppo economico, l'Agenzia, le regioni e le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono definire opportune intese per individuare la destinazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie assegnate alle sedi periferiche soppresse;

            b) una rideterminazione delle modalità di svolgimento delle attività di promozione fieristica, al fine di conseguire risparmi nella misura di almeno il 20 per cento della spesa media annua per tali attività registrata nell'ultimo triennio;

            c) una concentrazione delle attività di promozione sui settori strategici e sull'assistenza alle piccole e medie imprese.

        26-septies. I dipendenti a tempo indeterminato del soppresso istituto, fatto salvo quanto previsto per il personale di cui al comma 26 e dalla lettera a) del comma 26-sexies, sono inquadrati nei ruoli del Ministero dello sviluppo economico, sulla base di apposite tabelle di corrispondenza approvate con uno o più dei decreti del Ministro per la pubblica amministrazione e per l'innovazione, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, assicurando l'invarianza della spesa complessiva. L'eventuale trasferimento di dipendenti alle Regioni o alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ha luogo in conformità con le intese di cui al comma 26-sexies, lettera a) senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

        26-octies. I dipendenti trasferiti al Ministero dello sviluppo economico e all'Agenzia di cui al comma 18 mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza nonché il trattamento economico fondamentale e accessorio limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento. Nel caso in cui tale trattamento risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale del Ministero e dell'Agenzia, disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro del personale dei ministeri, ai dipendenti trasferiti è attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        26-novies. L'Agenzia si avvale del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, ai sensi dell'articolo 43 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611.

        26-decies. Il controllo sulla gestione finanziaria dell'Agenzia è esercitato dalla Corte dei conti, ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, con le modalità di cui all'articolo 12 della legge stessa.»

        7. Fino alla piena operatività dell'Agenzia di cui al comma 18 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con

 

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modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come sostituito dal presente articolo, e, comunque, fino a non oltre 30 giorni dalla data di adozione dei decreti di cui al comma 26-bis, fermo restando quanto previsto dal medesimo comma 26, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro degli affari esteri, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a valere sui fondi di cui ai commi 19 e 26-ter del medesimo articolo e delle altre risorse finanziarie comunque spettanti al soppresso istituto, le iniziative di promozione e internazionalizzazione da realizzare ed è definito il limite di spesa per ciascuna di esse.

        8. Il dirigente delegato di cui al comma 26-bis dell'articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come inserito dal presente articolo, esercita i poteri attribuiti ai sensi della legge 25 marzo 1997, n. 68, al consiglio di amministrazione e al direttore generale del soppresso istituto necessari per la realizzazione delle iniziative di cui al comma 7, stipula i contratti e autorizza i pagamenti. Può altresì delegare, entro limiti di spesa specificamente stabiliti e coerenti con quanto stabilito dai decreti di cui al comma 7, la stipula dei contratti e l'autorizzazione dei pagamenti ai titolari degli uffici del soppresso istituto. Le attività necessarie per la realizzazione delle iniziative di cui al comma 7 sono svolte presso le sedi e con gli uffici già a tal fine utilizzati, con le modalità e secondo le procedure previste per il soppresso istituto. Fino al termine di cui al primo periodo del comma 7 il personale in servizio presso gli uffici all'estero del soppresso istituto alla data di entrata in vigore del presente decreto continua ad operare presso i medesimi uffici. Fino allo stesso termine, il controllo sulla gestione del soppresso ICE è assicurato dal collegio dei revisori dell'Istituto stesso.

        9. Dall'attuazione dei commi da 6 a 8 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, utilizzando allo scopo le risorse già destinate al soppresso ICE per il finanziamento dell'attività di promozione e di sviluppo degli scambi commerciali con l'estero nonché le risorse per le spese di funzionamento e per le spese di natura obbligatoria del soppresso ente.

Articolo 23.
(Riduzione dei costi di funzionamento delle Autorità di Governo, del CNEL, delle Autorità indipendenti e delle Province).

        1. Al fine di perseguire il contenimento della spesa complessiva per il funzionamento delle Autorità amministrative indipendenti, il numero dei componenti:

            a) del Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è ridotto da otto a quattro, escluso il Presidente;

            b) dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture è ridotto da sette a tre, compreso il Presidente;

 

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            c) dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas è ridotto da cinque a tre, compreso il Presidente;

            d) dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato è ridotto da cinque a tre, compreso il Presidente;

            e) della Commissione nazionale per la società e la borsa è ridotto da cinque a tre, compreso il Presidente;

            f) del Consiglio dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo è ridotto da sei a tre, compreso il Presidente;

            g) della Commissione per la vigilanza sui fondi pensione è ridotto da cinque a tre, compreso il Presidente;

            h) della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche è ridotto da cinque a tre, compreso il Presidente;

            i) della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali è ridotto da nove a cinque, compreso il Presidente.

        2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica ai componenti già nominati alla data di entrata in vigore del presente decreto. Ove l'ordinamento preveda la cessazione contestuale di tutti componenti, la disposizione di cui al comma 1 si applica a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.

        3. Il Presidente e i componenti degli organismi di cui al comma 1 e delle altre Autorità amministrative indipendenti di cui all'Elenco (ISTAT) previsto dall'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono essere confermati alla cessazione dalla carica, fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 3, della legge 31 luglio 1997, n. 249.

        4. All'articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «3-bis. I Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano obbligatoriamente ad un'unica centrale di committenza l'acquisizione di lavori, servizi e forniture nell'ambito delle unioni dei comuni, di cui all'articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici.

        5. L'articolo 33, comma 3-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, introdotto dal comma 4, si applica alle gare bandite successivamente al 31 marzo 2012.

        6. Fermi restando i divieti e le incompatibilità previsti dalla legge, il secondo comma dell'articolo 47, della legge 24 aprile 1980, n. 146, si interpreta nel senso che ai dipendenti pubblici, che non siano membri del Parlamento e siano chiamati all'ufficio di Ministro e di Sottosegretario, non spetta la parte del trattamento economico, comprese le componenti accessoria e variabile della retribuzione, eccedente il limite indicato nella predetta disposizione, fermo restando,

 

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in ogni caso, che il periodo di aspettativa è considerato utile ai fini dell'anzianità di servizio e del trattamento di quiescenza e di previdenza, con riferimento all'ultimo trattamento economico in godimento, inclusa, per i dirigenti, la parte fissa e variabile della retribuzione di posizione, ed esclusa la retribuzione di risultato.

        7. Ove alla data del 31 dicembre 2011 la Commissione governativa per il livellamento retributivo Italia – Europa prevista dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 e istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 luglio 2011 non abbia provveduto alla ricognizione e alla individuazione della media dei trattamenti economici di cui all'articolo 1 del predetto decreto-legge n. 98 del 2011, riferiti all'anno precedente ed aggiornati all'anno in corso sulla base delle previsioni dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo contenute nel Documento di economia e finanza, il Governo provvederà con apposito provvedimento d'urgenza.

        8. Alla legge 30 dicembre 1986, n. 936, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

            a) l'articolo 2 è sostituito dal seguente:

        «Art. 2. – (Composizione del Consiglio).

        1. Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro è composto da esperti, da rappresentanti delle categorie produttive e da rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato, in numero di sessantotto, oltre al presidente e al segretario generale, secondo la seguente ripartizione:

            a) dieci esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica, dei quali otto nominati dal Presidente della Repubblica e due proposti dal Presidente del Consiglio dei Ministri;

            b) quarantotto rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato, dei quali ventidue rappresentanti dei lavoratori dipendenti, nove rappresentanti dei lavoratori autonomi e diciassette rappresentanti delle imprese. Tali rappresentanti nominano fra loro tre vicepresidenti, uno per ciascuna delle categorie produttive;

            c) dieci rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato, dei quali, rispettivamente, cinque designati dall'Osservatorio nazionale dell'associazionismo e cinque designati dall'Osservatorio nazionale per il volontariato. Tali rappresentanti nominano fra loro un vicepresidente.»;

            b) all'articolo 3 sono apportate le seguenti modifiche:

                1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Procedura di nomina dei componenti»;

                2) al comma 2, le parole: «lettera b)» sono sostituite dalle seguenti: «lettere b) e c)»;

 

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            c) all'articolo 4 sono apportate le seguenti modifiche:

                1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Procedura di nomina dei rappresentanti»;

                2) il comma 10 è soppresso.

        9. Entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, si provvede alla nomina dei componenti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, secondo la ripartizione di cui all'articolo 2 della legge 30 dicembre 1986, n. 936, e successive modificazioni, come modificato dal comma 8. In sede di prima applicazione, al fine di evitare soluzione di continuità nel funzionamento del Consiglio, restano confermati, fino alla nomina dei nuovi componenti, gli attuali esperti, gli attuali rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi, nonché gli attuali rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato. In sede di prima applicazione, la riduzione numerica, nonché l'assegnazione dei resti percentuali risultanti da tale riduzione, tiene conto dei seguenti criteri:

            a) maggiore rappresentatività nella categoria di riferimento, secondo i dati acquisiti ai fini del rinnovo della composizione per il quinquennio 2010-2015, tenendo anche conto della specificità del settore rappresentato nell'ambito della categoria di riferimento;

            b) pluralismo.

        10. La durata in carica dei componenti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro individuati secondo i criteri di cui sopra, ha scadenza coincidente con quella dell'attuale consiliatura relativa al quinquennio 2010-2015.

        11. Per quanto concerne la procedura di nomina dei componenti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro alle successive scadenze, si applicano le disposizioni degli articoli 3 e 4, della legge n. 936 del 1986.

        12. All'articolo 17, comma 2, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, è soppresso il terzo periodo.

        13. Dall'applicazione delle disposizioni dei commi da 8 a 12 non derivano nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

        14. Spettano alla Provincia esclusivamente le funzioni di indirizzo politico e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

        15. Sono organi di governo della Provincia il Consiglio provinciale ed il Presidente della Provincia. Tali organi durano in carica cinque anni.

        16. Il Consiglio provinciale è composto da non più di dieci componenti eletti dagli organi elettivi dei Comuni ricadenti nel

 

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territorio della Provincia. Le modalità di elezione sono stabilite con legge dello Stato entro il 30 aprile 2012.

        17. Il Presidente della Provincia è eletto dal Consiglio provinciale tra i suoi componenti.

        18. Fatte salve le funzioni di cui al comma 14, lo Stato e le Regioni, con propria legge, secondo le rispettive competenze, provvedono a trasferire ai Comuni, entro il 30 aprile 2012, le funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province, salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle Regioni, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. In caso di mancato trasferimento delle funzioni da parte delle Regioni entro il 30 aprile 2012, si provvede in via sostitutiva, ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, con legge dello Stato.

        19. Lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono altresì al trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali per l'esercizio delle funzioni trasferite, assicurando nell'ambito delle medesime risorse il necessario supporto di segreteria per l'operatività degli organi della provincia.

        20. Con legge dello Stato è stabilito il termine decorso il quale gli organi in carica delle Province decadono.

        21. I Comuni possono istituire unioni o organi di raccordo per l'esercizio di specifici compiti o funzioni amministrativi garantendo l'invarianza della spesa.

        22. La titolarità di qualsiasi carica, ufficio o organo di natura elettiva di un ente territoriale non previsto dalla Costituzione è a titolo esclusivamente onorifico e non può essere fonte di alcuna forma di remunerazione, indennità o gettone di presenza.

Capo IV
RIDUZIONI DI SPESA. PENSIONI

Articolo 24.
(Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici).

        1. Le disposizioni del presente articolo sono dirette a garantire il rispetto, degli impegni internazionali e con l'Unione europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo, in conformità dei seguenti princìpi e criteri:

            a) equità e convergenza intragenerazionale e intergenerazionale, con abbattimento dei privilegi e clausole derogative soltanto per le categorie più deboli;

            b) flessibilità nell'accesso ai trattamenti pensionistici anche attraverso incentivi alla prosecuzione della vita lavorativa;

 

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            c) adeguamento dei requisiti di accesso alle variazioni della speranza di vita; semplificazione, armonizzazione ed economicità dei profili di funzionamento delle diverse gestioni previdenziali.

        2. A decorrere dal 1o gennaio 2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata secondo il sistema contributivo.

        3. Il lavoratore che maturi entro il 31 dicembre 2011 i requisiti di età e di anzianità contributiva, previsti dalla normativa vigente, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, ai fini del diritto all'accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità, consegue il diritto alla prestazione pensionistica secondo tale normativa e può chiedere all'ente di appartenenza la certificazione di tale diritto. A decorrere dal 1o gennaio 2012 e con riferimento ai soggetti che, nei regimi misto e contributivo, maturano i requisiti a partire dalla medesima data, le pensioni di vecchiaia, di vecchiaia anticipata e di anzianità sono sostituite, dalle seguenti prestazioni: a) «pensione di vecchiaia», conseguita esclusivamente sulla base dei requisiti di cui ai commi 6 e 7; b) «pensione anticipata», conseguita esclusivamente sulla base dei requisiti di cui ai comma 10 e 11, salvo quanto stabilito ai commi 14, 17 e 18.

        4. Per i lavoratori e le lavoratrici la cui pensione è liquidata a carico dell'Assicurazione Generale Obbligatoria (di seguito AGO) e delle forme esclusive e sostitutive della medesima, nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, la pensione di vecchiaia si può conseguire all'età in cui operano i requisiti minimi previsti dai successivi commi. Il proseguimento dell'attività lavorativa è incentivato, fermi restando i limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza, dall'operare dei coefficienti di trasformazione calcolati fino all'età di settant'anni, fatti salvi gli adeguamenti alla speranza di vita, come previsti dall'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni e integrazioni. Nei confronti dei lavoratori dipendenti, l'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni opera fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità.

        5. Con riferimento esclusivamente ai soggetti che a decorrere dal 1o gennaio 2012 maturano i requisiti per il pensionamento indicati ai commi da 6 a 11 del presente articolo non trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 12, commi 1 e 2 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni e integrazioni, e le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 21, primo periodo del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.

        6. Relativamente ai soggetti di cui al comma 5, al fine di conseguire una convergenza verso un requisito uniforme per il

 

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conseguimento del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia tra uomini e donne e tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi, a decorrere dal 1o gennaio 2012 i requisiti anagrafici per l'accesso alla pensione di vecchiaia sono ridefiniti nei termini di seguito indicati:

            a. 62 anni per le lavoratrici dipendenti la cui pensione è liquidata a carico dell'AGO e delle forme sostitutive della medesima. Tale requisito anagrafico è fissato a 63 anni e sei mesi a decorrere dal 1o gennaio 2014, a 65 anni a decorrere dal 1o gennaio 2016 e 66 anni a decorrere dal 1o gennaio 2018. Resta in ogni caso ferma la disciplina di adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;

            b. 63 anni e 6 mesi per le lavoratrici autonome la cui pensione è liquidata a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Tale requisito anagrafico è fissato a 64 anni e 6 mesi a decorrere dal 1o gennaio 2014, a 65 anni e 6 mesi a decorrere dal 1o gennaio 2016 e a 66 anni a decorrere dal 1o gennaio 2018. Resta in ogni caso ferma la disciplina di adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;

            c. per i lavoratori dipendenti e per le lavoratrici dipendenti di cui all'articolo 22-ter, comma 1, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni e integrazioni, la cui pensione è liquidata a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima il requisito anagrafico di sessantacinque anni per l'accesso alla pensione di vecchiaia nel sistema misto e il requisito anagrafico di sessantacinque anni di cui all'articolo 1, comma 6, lettera b), della legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni, è determinato in 66 anni;

            d. per i lavoratori autonomi la cui pensione è liquidata a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il requisito anagrafico di sessantacinque anni per l'accesso alla pensione di vecchiaia nel sistema misto e il requisito anagrafico di sessantacinque anni di cui all'articolo 1, comma 6, lettera b), della legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni, è determinato in 66 anni.

        7. Il diritto alla pensione di vecchiaia di cui al comma 6 è conseguito in presenza di un'anzianità contributiva minima pari a 20 anni, a condizione che l'importo della pensione risulti essere non inferiore, per i lavoratori con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1o gennaio 1996, a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Il predetto importo soglia pari, per l'anno 2012,

 

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a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è annualmente rivalutato sulla base della variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) nominale, appositamente calcolata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), con riferimento al quinquennio precedente l'anno da rivalutare. In occasione di eventuali revisioni della serie storica del PIL operate dall'ISTAT, i tassi di variazione da considerare sono quelli relativi alla serie preesistente anche per l'anno in cui si verifica la revisione e quelli relativi alla nuova serie per gli anni successivi. Il predetto importo soglia non può in ogni caso essere inferiore, per un dato anno, a 1,5 volte l'importo mensile dell'assegno sociale stabilito per il medesimo anno. Si prescinde dal predetto requisito di importo minimo se in possesso di un'eta anagrafica pari a settanta anni, ferma restando un'anzianità contributiva minima effettiva di cinque anni. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2 del decreto-legge 28 settembre 2001, n. 355, convertito con legge 27 novembre 2001, n. 417, all'articolo 1, comma 23 della legge 8 agosto 1995, n. 335, le parole «, ivi comprese quelle relative ai requisiti di accesso alla prestazione di cui al comma 19,» sono soppresse.

        8. A decorrere dal 1o gennaio 2018 il requisito anagrafico per il conseguimento dell'assegno di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335 e delle prestazioni di cui all'articolo 10 della legge 26 maggio 1970, n. 381, e dell'articolo 19 della legge 30 marzo 1971, n. 118, è incrementato di un anno.

        9. Per i lavoratori e le lavoratrici la cui pensione è liquidata a carico dell'AGO e delle forme esclusive e sostitutive della medesima, nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, i requisiti anagrafici per l'accesso alla pensione di vecchiaia di cui al comma 6 del presente articolo devono essere tali da garantire un'età minima di accesso al trattamento pensionistico non inferiore a 67 anni per i soggetti, in possesso dei predetti requisiti, che maturano il diritto alla prima decorrenza utile del pensionamento dall'anno 2021. Qualora, per effetto degli adeguamenti dei predetti requisiti agli incrementi della speranza di vita ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, la predetta età minima di accesso non fosse assicurata, sono ulteriormente incrementati gli stessi requisiti, con lo stesso decreto direttoriale di cui al citato articolo 12, comma 12-bis, da emanare entro il 31 dicembre 2019, al fine di garantire, per i soggetti, in possesso dei predetti requisiti, che maturano il diritto alla prima decorrenza utile del pensionamento dall'anno 2021, un'età minima di accesso al trattamento pensionistico comunque non inferiore a 67 anni. Resta ferma la disciplina di adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per gli adeguamenti successivi a quanto previsto dal penultimo periodo del presente comma. L'articolo 5 della legge 12 novembre 2011 n. 183 è soppresso.

 

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        10. A decorrere dal 1o gennaio 2012 e con riferimento ai soggetti la cui pensione è liquidata a carico dell'AGO e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che maturano i requisiti a partire dalla medesima data l'accesso alla pensione anticipata ad età inferiori ai requisiti anagrafici di cui al comma 6 è consentito esclusivamente se risulta maturata un'anzianità contributiva di 42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne, con riferimento ai soggetti che maturano i requisiti nell'anno 2012. Tali requisiti contributivi sono aumentati di un ulteriore mese per l'anno 2013 e di un ulteriore mese a decorrere dall'anno 2014. Sulla quota di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente il 1o gennaio 2012, è applicata una riduzione percentuale pari a 2 punti percentuali per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni. Nel caso in cui l'età al pensionamento non sia intera la riduzione percentuale è proporzionale al numero di mesi.

        11. Fermo restando quanto previsto dal comma 10, per i lavoratori con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1o gennaio 1996 il diritto alla pensione anticipata, previa risoluzione del rapporto di lavoro, può essere conseguito, altresì, al compimento del requisito anagrafico di sessantatre anni, a condizione che risultino versati e accreditati in favore dell'assicurato almeno venti anni di contribuzione effettiva e che l'ammontare mensile della prima rata di pensione risulti essere non inferiore ad un importo soglia mensile, annualmente rivalutato sulla base della variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) nominale, appositamente calcolata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), con riferimento al quinquennio precedente l'anno da rivalutare, pari per l'anno 2012 a 2,8 volte l'importo mensile dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi 6 e 7 della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni e integrazioni. In occasione di eventuali revisioni della serie storica del PIL operate dall'ISTAT i tassi di variazione da considerare sono quelli relativi alla serie preesistente anche per l'anno in cui si verifica la revisione e quelli relativi alla nuova serie per gli anni successivi. Il predetto importo soglia mensile non può in ogni caso essere inferiore, per un dato anno, a 2,8 volte l'importo mensile dell'assegno sociale stabilito per il medesimo anno.

        12. A tutti i requisiti anagrafici previsti dal presente decreto per l'accesso attraverso le diverse modalità ivi stabilite al pensionamento, nonché al requisito contributivo di cui al comma 10, trovano applicazione gli adeguamenti alla speranza di vita di cui all'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni e integrazioni; al citato articolo sono conseguentemente apportate le seguenti modifiche:

            a. al comma 12-bis dopo le parole «e all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni,» aggiungere le seguenti: «e il requisito contributivo ai fini del conseguimento

 

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del diritto all'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica»;

            b. al comma 12-ter alla lettera a) le parole «i requisiti di età» sono sostituite dalle seguenti: «i requisiti di età e di anzianità contributiva»;

            c. al comma 12-quater, al primo periodo, è soppressa, alla fine, la parola «anagrafici».

        13. Gli adeguamenti agli incrementi della speranza di vita successivi a quello effettuato con decorrenza 1o gennaio 2019 sono aggiornati con cadenza biennale secondo le modalità previste dall'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni e integrazioni. A partire dalla medesima data i riferimenti al triennio, di cui al comma 12-ter dell'articolo 12 del citato decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni e integrazioni, devono riferirsi al biennio.

        14. Le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del presente articolo continuano ad applicarsi ai soggetti che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011, ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 9 della legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni e integrazioni, nonché nei limiti del numero di 50.000 lavoratori beneficiari, ancorché maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011:

            a) ai lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 31 ottobre 2011 e che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223;

            b) ai lavoratori collocati in mobilità lunga ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni e integrazioni, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 31 ottobre 2011;

            c) ai lavoratori che, alla data del 31 ottobre 2011, sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui all'articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

            d) lavoratori che, antecedentemente alla data del 31 ottobre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione;

            e) ai lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 hanno in corso l'istituto dell'esonero dal servizio di cui all'articolo 72, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni con legge 6 agosto 2008, n. 133.

 

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        15. Gli Enti gestori di forme di previdenza obbligatoria provvedono al monitoraggio, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro o dell'inizio del periodo di esonero di cui alla lettera d) del comma 14, delle domande di pensionamento presentate dai lavoratori di cui al comma 14 che intendono avvalersi dei requisiti di accesso e del regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del presente articolo. Qualora dal predetto monitoraggio risulti il raggiungimento del numero di 50.000 domande di pensione, i predetti Enti non prenderanno in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefìci previsti dalla disposizione di cui al presente comma. Nell'ambito del predetto limite numerico vanno computati anche i lavoratori che intendono avvalersi, qualora ne ricorrano i necessari presupposti e requisiti, congiuntamente del beneficio di cui al comma 14 e di quello relativo al regime delle decorrenze disciplinato dall'articolo 12, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito, con modificazioni, con legge 30 luglio 2010, n. 122, per il quale risultano comunque computati nel relativo limite numerico di cui al predetto articolo 12, comma 5 afferente al beneficio concernente il regime delle decorrenze. Resta fermo che, in ogni caso, ai soggetti che maturano i requisiti dal 1o gennaio 2012 di cui al presente comma trovano comunque applicazione le disposizioni di cui al comma 12.

        16. Con il decreto direttoriale previsto, ai sensi dell'articolo 1, comma 11 della legge 8 agosto 1995, n. 335, come modificato dall'articolo 1, comma 15, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, ai fini dell'aggiornamento triennale del coefficiente di trasformazione di cui all'articolo 1, comma 6, della predetta legge n. 335 del 1995, in via derogatoria a quanto previsto all'articolo 12, comma 12-quinquies del decreto-legge 31 maggio 2012, n. 78, convertito con modificazioni con legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni e integrazioni, con effetto dal 1o gennaio 2013 lo stesso coefficiente di trasformazione è esteso anche per le età corrispondenti a valori fino a 70. Il predetto valore di 70 anni è adeguato agli incrementi della speranza di vita nell'ambito del procedimento già previsto per i requisiti del sistema pensionistico dall'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni e integrazioni, e, conseguentemente, ogniqualvolta il predetto adeguamento triennale comporta, con riferimento al valore originariamente indicato in 70 anni per l'anno 2012, l'incremento dello stesso tale da superare di una o più unità il predetto valore di 70, il coefficiente di trasformazione di cui al comma 6 dell'articolo 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335, è esteso, con effetto dalla decorrenza di tale determinazione, anche per le età corrispondenti a tali valori superiori a 70 nell'ambito della medesima procedura di cui all'articolo 1, comma 11, della citata legge n. 335 del 1995. Resta fermo che la rideterminazione aggiornata del coefficiente di trasformazione esteso ai sensi del presente comma anche per età corrispondenti a valori superiori a 70 anni è effettuata con la predetta procedura di cui all'articolo 1, comma 11, della citata legge n. 335 del 1995. Al fine di uniformare la periodicità temporale della procedura di cui all'articolo 1, comma 11 della citata legge 8 agosto

 

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1995, n. 335 e successive modificazioni e integrazioni, all'adeguamento dei requisiti di cui al comma 12-ter dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni e integrazioni, gli aggiornamenti dei coefficienti di trasformazione in rendita, successivi a quello decorrente dal 1o gennaio 2019 sono effettuati con periodicità biennale.

        17. Al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, sono apportate le seguenti modifiche all'articolo 1 ai fini del riconoscimento della pensione anticipata, ferma restando la possibilità di conseguire la stessa ai sensi dei commi 10 e 11 del presente articolo, per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, a norma dell'articolo 1 della legge 4 novembre 2010, n. 183:

            - al comma 5, le parole «2008-2012» sono sostituite dalle seguenti: «2008-2011» e alla lettera d) del medesimo comma 5 le parole «per gli anni 2011 e 2012» sono sostituite dalle seguenti: «per l'anno 2011»;

            - al comma 4, la parola «2013» è sostituita dalla seguente: «2012» e le parole: «con un'età anagrafica ridotta di tre anni ed una somma di età anagrafica e anzianità contributiva ridotta di tre unità rispetto ai requisiti previsti dalla Tabella B» sono sostituite dalle seguenti: «con i requisiti previsti dalla Tabella B»;

            - al comma 6 le parole «dal 1o luglio 2009» e «ai commi 4 e 5» sono sostituite rispettivamente dalle seguenti: «dal 1o luglio 2009 al 31 dicembre 2011» e «al comma 5»;

            - dopo il comma 6 è inserito il seguente comma:

        «6.bis Per i lavoratori che prestano le attività di cui al comma 1, lettera b), numero 1), per un numero di giorni lavorativi annui inferiori a 78 e che maturano i requisiti per l'accesso anticipato dal 1o gennaio 2012, il requisito anagrafico e il valore somma di cui alla Tabella B di cui all'allegato 1 della legge n. 247 del 2007:

                a) sono incrementati rispettivamente di due anni e di due unità per coloro che svolgono le predette attività per un numero di giorni lavorativi all'anno da 64 a 71;

                b) sono incrementati rispettivamente di un anno e di una unità per coloro che svolgono le predette attività lavorative per un numero di giorni lavorativi all'anno da 72 a 77.»

            - al comma 7 le parole «comma 6» sono sostituite dalle seguenti: «commi 6 e 6-bis».

        Per i lavoratori di cui al presente comma non si applicano le disposizioni di cui al comma 5 del presente articolo e continuano a trovare applicazione, per i soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento dal 1o gennaio 2012 ai sensi del citato decreto legislativo n. 67 del 2011, come modificato dal presente comma, le disposizioni di cui all'articolo 12, comma 2 del decreto-legge 31

 

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maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni e integrazioni.

        18. Allo scopo di assicurare un processo di incremento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento anche ai regimi pensionistici e alle gestioni pensionistiche per cui siano previsti, alla data di entrata in vigore del presente articolo, requisiti diversi da quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria, ivi compresi i lavoratori di cui all'articolo 78, comma 23, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e il personale di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, di cui alla legge 27 dicembre 1941, n. 1570, nonché dei rispettivi dirigenti, con regolamento da emanare entro il 30 giugno 2012, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono adottate le relative misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti. Fermo restando quanto indicato al comma 3, primo periodo, le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.

        19. All'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, e successive modificazioni e integrazioni, con effetto dal 1o gennaio 2012 le parole «, di durata non inferiore a tre anni,» sono soppresse.

        20. Resta fermo che l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni con legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni e integrazioni, con riferimento ai soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento a decorrere dal 1o gennaio 2012, tiene conto della rideterminazione dei requisiti di accesso al pensionamento come disciplinata dal presente articolo. Al fine di agevolare il processo di riduzione degli assetti organizzativi delle pubbliche amministrazioni, restano, inoltre, salvi i provvedimenti di collocamento a riposo per raggiungimento del limite di età già adottati, prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento, nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165, anche se aventi effetto successivamente al 1o gennaio 2012.

        21. A decorrere dal 1o gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2017 è istituito un contributo di solidarietà a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioni previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti e del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, allo scopo di determinare in modo equo il concorso dei medesimi al riequilibrio del predetto Fondo. L'ammontare della misura del contributo è definita dalla Tabella A di cui all'Allegato n. 1 del presente decreto-legge ed è determinata in rapporto al periodo di iscrizione antecedente l'armonizzazione conseguente alla legge 8 agosto 1995, n. 335, e alla quota di pensione calcolata in base ai parametri più favorevoli rispetto

 

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al regime dell'assicurazione generale obbligatoria. Sono escluse dall'assoggettamento al contributo le pensioni di importo pari o inferiore a 5 volte il trattamento minimo INPS, le pensioni e gli assegni di invalidità e le pensioni di inabilità. Per le pensioni a carico del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea l'imponibile di riferimento è al lordo della quota di pensione capitalizzata al momento del pensionamento. A seguito dell'applicazione del predetto contributo sui trattamenti pensionistici, il trattamento pensionistico medesimo, al netto del contributo di solidarietà complessivo non può essere comunque inferiore a 5 volte il trattamento minimo.

        22. Con effetto dal 1o gennaio 2012 le aliquote contributive pensionistiche di finanziamento e di computo delle gestioni pensionistiche dei lavoratori artigiani e commercianti iscritti alle gestioni autonome dell'INPS sono incrementate di 0,3 punti percentuali ogni anno fino a raggiungere il livello del 22 per cento.

        23. Con effetto dal 1o gennaio 2012 le aliquote contributive pensionistiche di finanziamento e di computo dei lavoratori coltivatori diretti, mezzadri e coloni iscritti alla relativa gestione autonoma dell'INPS sono rideterminate come nelle Tabelle B e C di cui all'Allegato n. 1 del presente decreto.

        24. In considerazione dell'esigenza di assicurare l'equilibrio finanziario delle rispettive gestioni in conformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, gli enti e le forme gestorie di cui ai predetti decreti adottano, nell'esercizio della loro autonomia gestionale, entro e non oltre il 31 marzo 2012, misure volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni. Le delibere in materia sono sottoposte all'approvazione dei Ministeri vigilanti secondo le disposizioni di cui ai predetti decreti, che si esprime in modo definitivo entro trenta giorni dalla ricezione di tali delibere. Decorso il termine del 31 marzo 2012 senza l'adozione dei previsti provvedimenti, ovvero nel caso di parere negativo dei Ministeri vigilanti, si applicano, con decorrenza dal 1o gennaio 2012: a) le disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo sull'applicazione del pro-rata agli iscritti alle relative gestioni; b) un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell'1 per cento.

        25. In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 per il biennio 2012 e 2013 è riconosciuta esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a due volte il trattamento minimo Inps, nella misura del 100 per cento. L'articolo 18, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni e integrazioni, è soppresso. Per le pensioni di importo superiore a due volte trattamento minimo Inps e inferiore a tale limite, incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante

 

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ai sensi del presente comma, l'aumento di rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato.

        26. A decorrere dal 1o gennaio 2012, ai professionisti iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie sono estese le tutele di cui all'articolo 1, comma 788 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

        27. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne. Il Fondo è finanziato per l'anno 2012 con 200 milioni di euro, e a decorrere dall'anno 2013 con 300 milioni di euro. Con decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità istitutive del predetto Fondo.

        28. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, costituisce, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, una Commissione composta da esperti e da rappresentanti di enti gestori di previdenza obbligatoria nonché di Autorità di vigilanza operanti nel settore previdenziale, al fine di valutare, entro il 31 dicembre 2012, nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica e delle compatibilità finanziarie del sistema pensionistico nel medio/lungo periodo, possibili ed ulteriori forme di gradualità nell'accesso al trattamento pensionistico determinato secondo il metodo contributivo rispetto a quelle previste dal presente decreto. Tali forme devono essere funzionali a scelte di vita individuali, anche correlate alle dinamiche del mercato del lavoro, fermo restando il rispetto del principio dell'adeguatezza della prestazione pensionistica. Analogamente, e sempre nel rispetto degli equilibri e compatibilità succitati, saranno analizzate, entro il 31 dicembre 2012, eventuali forme di decontribuzione parziale dell'aliquota contributiva obbligatoria verso schemi previdenziali integrativi in particolare a favore delle giovani generazioni, di concerto con gli enti gestori di previdenza obbligatoria e con le Autorità di vigilanza operanti nel settore della previdenza.

        29. Il Ministero del Lavoro e della Politiche Sociali elabora annualmente, unitamente agli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, un programma coordinato di iniziative di informazione e di educazione previdenziale. A ciò concorrono la comunicazione da parte degli enti gestori di previdenza obbligatoria circa la posizione previdenziale di ciascun iscritto e le attività di comunicazione e promozione istruite da altre Autorità operanti nel settore della previdenza. I programmi dovranno essere tesi a diffondere la consapevolezza, in particolare tra le giovani generazioni, della necessità dell'accantonamento di risorse a fini previdenziali, in funzione dell'assolvimento del disposto dell'art. 38 della Costituzione. A dette iniziative si provvede attraverso le risorse umane e strumentali previste a legislazione vigente.

 

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        30. Il Governo promuove, entro il 31 dicembre 2011, l'istituzione di un tavolo di confronto con le parti sociali al fine di riordinare il sistema degli ammortizzatori sociali e degli istituti di sostegno al reddito e della formazione continua.

        31. Alla quota delle indennità di fine rapporto di cui all'articolo 17, comma 1, lettere a) e c), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, erogate in denaro e in natura, di importo complessivamente eccedente euro 1.000.000 non si applica il regime di tassazione separata di cui all'articolo 19 del medesimo TUIR. Tale importo concorre alla formazione del reddito complessivo. Le disposizioni del presente comma si applicano in ogni caso a tutti i compensi e indennità a qualsiasi titolo erogati agli amministratori delle società di capitali. In deroga all'articolo 3 della legge 23 luglio 2000, n. 212, le disposizioni di cui al presente comma si applicano con riferimento alle indennità ed ai compensi il cui diritto alla percezione è sorto a decorrere dal 1o gennaio 2011.

Capo V
MISURE PER LA RIDUZIONE DEL DEBITO PUBBLICO

Articolo 25.
(Riduzione del debito pubblico).

        1. Una quota dei proventi di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto-legge 20 maggio 2010, n. 72, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 2010, n. 111, stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell'economia e delle finanze, è versata all'entrata del bilancio dello stato per essere destinata al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 27 ottobre 1993, n. 462.

Articolo 26.
(Prescrizione anticipata delle lire in circolazione).

        1. In deroga alle disposizioni di cui all'articolo 3, commi 1 ed 1 bis, della legge 7 aprile 1997, n. 96, e all'articolo 52-ter, commi 1 ed 1 bis, del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, le banconote, i biglietti e le monete in lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell'Erario con decorrenza immediata ed il relativo controvalore è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo ammortamento dei titoli di Stato.

 

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Articolo 27.
(Dismissioni immobili).

        1. Dopo l'articolo 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 è inserito il seguente articolo:

«Art. 33-bis.
(Strumenti sussidiari per la gestione degli immobili pubblici).

        1. Per la valorizzazione, trasformazione, gestione e alienazione del patrimonio immobiliare pubblico di proprietà dei Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni, Stato e degli Enti vigilati dagli stessi, nonché dei diritti reali relativi ai beni immobili, anche demaniali, il Ministero dell'economia e delle finanze – Agenzia del demanio promuove, anche ai sensi della presente legge, iniziative idonee per la costituzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di società, consorzi o fondi immobiliari.

        2. L'avvio della verifica di fattibilità delle iniziative di cui al presente articolo è promosso dall'Agenzia del demanio ed è preceduto dalle attività di cui al comma 4 dell'articolo 3 ter del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351 convertito, con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. Qualora siano compresi immobili soggetti a vincoli di tutela, per l'acquisizione di pareri e nulla-osta preventivi ovvero orientativi da parte delle Amministrazioni preposte alla tutela, l'Agenzia del demanio procede alla convocazione di una conferenza dei servizi di cui all'articolo 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 che si deve esprimere nei termini e con i criteri indicati nel predetto articolo. Conclusa la procedura di individuazione degli immobili di cui al presente comma, i soggetti interessati si pronunciano entro 60 giorni dal ricevimento della proposta. Le risposte positive costituiscono intesa preventiva all'avvio dell'iniziative. In caso di mancata espressione entro i termini anzidetti, la proposta deve essere considerata inattuabile.

        3. Qualora le iniziative di cui al presente articolo prevedano forme societarie, ad esse partecipano i soggetti apportanti e il Ministero dell'economia e delle finanze – Agenzia del demanio, che aderisce anche nel caso in cui non vi siano inclusi beni di proprietà dello Stato in qualità di finanziatore e di struttura tecnica di supporto. L'Agenzia del demanio individua, attraverso procedure di evidenza pubblica, gli eventuali soggetti privati partecipanti. La stessa Agenzia, per lo svolgimento delle attività relative all'attuazione del presente articolo, può avvalersi di soggetti specializzati nel settore, individuati tramite procedure ad evidenza pubblica o di altri soggetti pubblici. Lo svolgimento delle attività di cui al presente comma dovrà avvenire nel limite delle risorse finanziarie disponibili. Le iniziative realizzate in forma societaria sono soggette al controllo della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria, con le modalità previste dall'articolo 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259.

 

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        4. I rapporti tra il Ministero dell'economia e delle finanze – Agenzia del demanio e i soggetti partecipanti sono disciplinati dalla legge, e da un atto contenente a pena di nullità i diritti e i doveri delle parti, anche per gli aspetti patrimoniali. Tale atto deve contenere, inoltre, la definizione delle modalità e dei criteri di eventuale annullamento dell'iniziativa, prevedendo l'attribuzione delle spese sostenute, in quota proporzionale, tra i soggetti partecipanti

        5. Il trasferimento alle società o l'inclusione nelle iniziative concordate ai sensi del presente articolo non modifica il regime giuridico previsto dagli articoli 823 e 829, primo comma, del codice civile, dei beni demaniali trasferiti. Per quanto concerne i diritti reali si applicano le leggi generali e speciali vigenti. Alle iniziative di cui al presente articolo, se costituite in forma di società, consorzi o fondi immobiliari si applica la disciplina prevista dal codice civile, ovvero le disposizioni generali sui fondi comuni di investimento immobiliare.

        6. L'investimento nelle iniziative avviate ai sensi del presente articolo è compatibile con i fondi disponibili di cui all'articolo 2, comma 488, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

        7. Il primo e il secondo comma dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono così sostituiti:

        “1. Per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali, nonché di società o Enti a totale partecipazione dei predetti enti, ciascuno di essi, con delibera dell'organo di Governo individua, redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione nel quale, previa intesa, sono inseriti immobili di proprietà dello Stato individuati dal Ministero dell'economia e delle finanze – Agenzia del demanio tra quelli che insistono nel relativo territorio.

        2. L'inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile, fatto salvo il rispetto delle tutele di natura storico-artistica, archeologica, architettonica e paesaggistico-ambientale. Il piano è trasmesso agli Enti competenti, i quali si esprimono entro trenta giorni, decorsi i quali, in caso di mancata espressione da parte dei medesimi Enti, la predetta classificazione è resa definitiva. La deliberazione del consiglio comunale di approvazione, ovvero di ratifica dell'atto di deliberazione se trattasi di società o Ente a totale partecipazione pubblica, del piano delle alienazioni e valorizzazioni determina le destinazioni d'uso urbanistiche degli immobili. Le Regioni, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplinano l'eventuale equivalenza della deliberazione del consiglio comunale di approvazione quale variante allo strumento urbanistico generale, ai sensi dell'articolo 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, anche disciplinando le procedure semplificate per la relativa approvazione. Le Regioni, nell'ambito della predetta normativa approvano procedure di copianificazione

 

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per l'eventuale verifica di conformità agli strumenti di pianificazione sovraordinata, al fine di concludere il procedimento entro il termine perentorio di 90 giorni dalla deliberazione comunale. Trascorsi i predetti 60 giorni, si applica il comma 2 dell'articolo 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Le varianti urbanistiche di cui al presente comma, qualora rientrino nelle previsioni di cui al comma 3 e all'articolo 3 della direttiva 2001/42/CE e del comma 4 dell'articolo 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. non sono soggette a valutazione ambientale strategica”.»

        2. Dopo l'articolo 3 bis del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351 convertito, con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, è aggiunto il seguente articolo:

«Art. 3-ter.
(Processo di valorizzazione degli immobili pubblici).

        1. L'attività dei Comuni, Città metropolitane, Province, Regioni e dello Stato, anche ai fini dell'attuazione del presente articolo, si ispira ai princìpi di cooperazione istituzionale e di copianificazione, in base ai quali essi agiscono mediante intese e accordi procedimentali, prevedendo, tra l'altro, l'istituzione di sedi stabili di concertazione al fine di perseguire il coordinamento, l'armonizzazione, la coerenza e la riduzione dei tempi delle procedure di pianificazione del territorio.

        2. Al fine di contribuire alla stabilizzazione finanziaria, nonché per promuovere iniziative volte allo sviluppo economico e alla coesione sociale e per garantire la stabilità del Paese, il Presidente della Giunta regionale, d'intesa con la Provincia e i comuni interessati, promuove, anche tramite la sottoscrizione di uno o più protocolli d'intesa ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, la formazione di “programmi unitari di valorizzazione territoriale” per il riutilizzo funzionale e la rigenerazione degli immobili di proprietà della Regione stessa, della Provincia e dei comuni e di ogni soggetto pubblico, anche statale, proprietario, detentore o gestore di immobili pubblici, nonché degli immobili oggetto di procedure di valorizzazione di cui al decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85. Nel caso in cui tali programmi unitari di valorizzazione territoriali non coinvolgano più Enti territoriali, il potere d'impulso può essere assunto dall'Organo di governo di detti Enti. Qualora tali programmi unitari di valorizzazione siano riferiti ad immobili di proprietà dello Stato o in uso alle Amministrazioni centrali dello Stato, il potere d'impulso è assunto, ai sensi del comma 15 dell'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351 convertito, con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410 dal Ministero dell'economia e delle finanze – Agenzia del demanio, concordando le modalità di attuazione e i reciproci impegni con il Ministero utilizzatore.

        3. Nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all'articolo 118 della Costituzione, nonché di leale collaborazione tra le istituzioni, lo Stato partecipa ai programmi di cui al comma 2 coinvolgendo, a tal fine, tutte le Amministrazioni statali

 

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competenti, con particolare riguardo alle tutele differenziate ove presenti negli immobili coinvolti nei predetti programmi, per consentire la conclusione dei processi di valorizzazione di cui al presente articolo.

        4. Per l'attuazione delle norme contenute nel presente articolo il Ministero dell'economia e finanze – Agenzia del demanio e le strutture tecniche della Regione e degli enti locali interessati possono individuare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le azioni, gli strumenti, le risorse, con particolare riguardo a quelle potenzialmente derivanti dalla valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, che saranno oggetto di sviluppo nell'ambito dei programmi unitari di valorizzazione territoriale, eventualmente costituendo una struttura unica di attuazione del programma, anche nelle forme di cui all'articolo 33 bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

        5. I programmi unitari di valorizzazione territoriale sono finalizzati ad avviare, attuare e concludere, in tempi certi, autodeterminati dalle Amministrazioni partecipanti, nel rispetto dei limiti e dei princìpi generali di cui al presente articolo, un processo di valorizzazione unico dei predetti immobili in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale e con la programmazione economica che possa costituire, nell'ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo sostenibile locale, nonché per incrementare le dotazioni di servizi pubblici locali e di quelle relative all'abitare. Restano esclusi dai programmi unitari di valorizzazione territoriale disciplinati dalla presente norma, i beni già inseriti in programmi di valorizzazione di cui decreto ministeriale richiamato al comma 5 bis dell'articolo 5 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, nonché di alienazione e permuta già avviati e quelli per i quali, alla data di entrata in vigore della presente norma, risultano sottoscritti accordi tra Amministrazioni pubbliche, a meno che i soggetti sottoscrittori concordino congiuntamente per l'applicazione della presente disciplina.

        6. Qualora sia necessario riconfigurare gli strumenti territoriali e urbanistici per dare attuazione ai programmi di valorizzazione di cui al comma 2, il Presidente della Giunta regionale, ovvero l'Organo di governo preposto, promuove la sottoscrizione di un accordo di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché in base alla relativa legge regionale di regolamentazione della volontà dei soggetti esponenziali del territorio di procedere alla variazione di detti strumenti di pianificazione, al quale partecipano tutti i soggetti, anche in qualità di mandatari da parte degli enti proprietari, che sono interessati all'attuazione del programma.

        7. Nell'ambito dell'accordo di programma di cui al comma 6, può essere attribuita agli enti locali interessati dal procedimento una quota compresa tra il 5% e il 15% del ricavato della vendita degli immobili valorizzati se di proprietà dello Stato da corrispondersi a richiesta dell'ente locale interessato, in tutto o in parte, anche come quota parte dei beni oggetto del processo di valorizzazione. Qualora tali immobili, ai fini di una loro valorizzazione, siano oggetto di concessione o

 

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locazione onerosa, all'Amministrazione comunale è riconosciuta una somma non inferiore al 50% e non superiore al 100% del contributo di costruzione dovuto ai sensi dell'articolo 16 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e delle relative leggi regionali per l'esecuzione delle opere necessarie alla riqualificazione e riconversione, che il concessionario o il locatario corrisponde all'atto del rilascio o dell'efficacia del titolo abilitativo edilizio. La regolamentazione per l'attribuzione di tali importi è definita nell'accordo stesso, in modo commisurato alla complessità dell'intervento e alla riduzione dei tempi del procedimento e sono finalizzati all'applicazione dei commi da 138 a 150 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220. I suddetti importi sono versati all'Ente territoriale direttamente al momento dell'alienazione degli immobili valorizzati.

        8. L'accordo deve essere concluso entro il termine perentorio di 120 giorni dalla data della sua promozione. Le Regioni possono disciplinare eventuali ulteriori modalità di conclusione del predetto accordo di programma, anche ai fini della celere approvazione della variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e dei relativi effetti, della riduzione dei termini e delle semplificazioni procedurali che i soggetti partecipanti si impegnano ad attuare, al fine di accelerare le procedure, delle modalità di superamento delle criticità, anche tramite l'adozione di forme di esercizio dei poteri sostitutivi previste dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché ogni altra modalità di definizione del procedimento utile a garantire il rispetto del termine di 120 giorni anzidetto. Qualora l'accordo non sia concluso entro il termine di 120 giorni sono attivate dal Presidente della Giunta regionale le procedure di cui al comma 7 dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che si devono concludere entro i successivi 60 giorni, acquisendo motivate proposte di adeguamento o richieste di prescrizioni da parte delle Amministrazioni partecipanti al programma unitario di valorizzazione territoriale. Il programma unitario di valorizzazione territoriale, integrato dalle modifiche relative alle suddette proposte di adeguamento e prescrizioni viene ripresentato nell'ambito del procedimento di conclusione dell'accordo di programma. La ratifica dell'accordo di programma da parte dell'Amministrazione comunale, ove ne ricorrano le condizioni, può assumere l'efficacia di cui al comma 2 dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

        9. Il Presidente della Giunta Regionale, le Provincie e i comuni, ovvero l'Amministrazione promuovente per l'attuazione dei processi di valorizzazione di cui al comma 2, possono concludere uno o più accordi di cooperazione con il Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dei commi 4 e 5 dell'articolo 5 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, anche per supportare la formazione del programma unitario di valorizzazione territoriale, identificando gli elementi vincolanti per la trasformazione dei beni immobili, in coerenza con la sostenibilità economica-finanziaria e attuativa del programma stesso.

        10. Gli organi periferici dello Stato, preposti alla valutazione delle tutele di natura storico-artistica, archeologica, architettonica e paesaggistico-ambientale si esprimono nell'ambito dell'accordo di cui al

 

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comma 6, unificando tutti i procedimenti previsti dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Qualora tale espressione non avvenga entro i termini stabiliti nell'accordo di programma, il Ministro per i beni e le attività culturali può avocare a sé la determinazione, assegnando alle proprie strutture centrali un termine non superiore a 30 giorni per l'emanazione dei pareri, resi ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, anche proponendo eventuali adeguamenti o prescrizioni per l'attuazione del programma unitario di valorizzazione territoriale. Analoga facoltà è riservata al Ministro per l'ambiente, per la tutela del territorio e del mare, per i profili di sua competenza.

        11. Per le finalità di cui al presente articolo, è possibile avvalersi di quanto previsto negli articoli 33 e 33 bis del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 e delle procedure di cui all'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Per il finanziamento degli studi di fattibilità e delle azioni di supporto dei programmi unitari di valorizzazione territoriale, l'Agenzia del demanio, anche in cofinanziamento con la Regione, le Province e i comuni, può provvedere a valere sui propri utili di gestione ovvero sul capitolo relativo alle somme da attribuire all'Agenzia del demanio per l'acquisto dei beni immobili, per la manutenzione, la ristrutturazione, il risanamento e la valorizzazione dei beni del demanio e del patrimonio immobiliare statale, nonché per gli interventi sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata.

        12. In deroga a quanto previsto all'ultimo capoverso del comma 2, per la valorizzazione degli immobili in uso al Ministero della difesa, lo stesso Ministro, previa intesa con il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Provincia, nonché con gli Organi di governo dei comuni, provvede alla individuazione delle ipotesi di destinazioni d'uso da attribuire agli immobili stessi, in coerenza con quanto previsto dagli strumenti territoriali e urbanistici. Qualora gli stessi strumenti debbano essere oggetto di riconformazione, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Provincia promuove un accordo di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, anche ai sensi della relativa legislazione regionale applicabile. A tale accordo di programma possono essere applicate le procedure di cui al presente articolo.

        13. Per garantire la conservazione, il recupero e il riutilizzo degli immobili non necessari in via temporanea alle finalità di difesa dello Stato è consentito, previa intesa con il Comune e con l'Agenzia del demanio, per quanto di sua competenza, l'utilizzo dello strumento della concessione di valorizzazione di cui all'articolo 3-bis del decreto- legge 25 settembre 2001, n. 351 convertito, con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. L'utilizzo deve avvenire nel rispetto delle volumetrie esistenti, anche attraverso interventi di cui alla lettera c) dell'articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e delle relative leggi regionali e possono, eventualmente, essere monetizzati gli oneri di urbanizzazione. Oltre alla corresponsione della somma prevista nel predetto articolo 3-bis, è rimessa al Comune, per la durata della

 

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concessione stessa, un'aliquota del 10 per cento del canone relativo. Il concessionario, ove richiesto, è obbligato al ripristino dello stato dei luoghi al termine del periodo di concessione o di locazione. Nell'ambito degli interventi previsti per la concessione dell'immobile possono essere concordati con l'Amministrazione comunale l'eventuale esecuzione di opere di riqualificazione degli immobili per consentire parziali usi pubblici dei beni stessi, nonché le modalità per il rilascio delle licenze di esercizio delle attività previste e delle eventuali ulteriori autorizzazioni amministrative.».

        3. All'articolo 7, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183, dopo le parole «a vocazione agricola» sono inserite le seguenti parole «e agricoli, anche su segnalazione dei soggetti interessati,»

            All'articolo 7, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183, dopo le parole «terreni alienati» sono inserite le seguenti «ai sensi del presente articolo»

            All'articolo 7, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183, è aggiunto il seguente capoverso: «Il prezzo dei terreni da porre a base delle procedure di vendita di cui al presente comma è determinato sulla base di valori agricoli medi di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327.»

            All'articolo 7, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, dopo le parole «i comuni» sono aggiunte le seguenti «, anche su richiesta dei soggetti interessati»

            All'articolo 7, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, le parole «aventi destinazione agricola» sono sostituite «a vocazione agricola e agricoli»

        4. All'articolo 2, comma 222 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le parole «c) stipula i contratti di locazione ovvero rinnova, qualora ne persista il bisogno, quelli in scadenza sottoscritti dalle predette amministrazioni e, salvo quanto previsto alla lettera d), adempie i predetti contratti; d) consegna gli immobili locati alle amministrazioni interessate che, per il loro uso e custodia, ne assumono ogni responsabilità e onere. A decorrere dal 1o gennaio 2011, è nullo ogni contratto di locazione di immobili non stipulato dall'Agenzia del demanio, fatta eccezione per quelli stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un fondo unico destinato alle spese per canoni di locazione di immobili assegnati alle predette amministrazioni dello Stato. Per la quantificazione delle risorse finanziarie da assegnare al fondo, le predette amministrazioni comunicano annualmente al Ministero dell'economia e delle finanze l'importo dei canoni locativi. Le risorse del fondo sono impiegate dall'Agenzia del demanio per il pagamento dei canoni di locazione.» sono sostituite dalle seguenti:

            «c) rilascia alle predette amministrazioni il nulla osta alla stipula dei contratti di locazione ovvero al rinnovo di quelli in

 

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scadenza, ancorché sottoscritti dall'Agenzia del demanio. È nullo ogni contratto di locazione stipulato dalle predette amministrazioni senza il preventivo nulla osta alla stipula dell'Agenzia del demanio, fatta eccezione per quelli stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Le predette amministrazioni adempiono i contratti sottoscritti, effettuano il pagamento dei canoni di locazione ed assumono ogni responsabilità e onere per l'uso e la custodia degli immobili assunti in locazione. Le medesime amministrazioni hanno l'obbligo di comunicare all'Agenzia del demanio, entro 30 giorni dalla data di stipula, l'avvenuta sottoscrizione del contratto di locazione e di trasmettere alla stessa Agenzia copia del contratto annotato degli estremi di registrazione presso il competente Ufficio dell'Agenzia delle Entrate.».

        5. All'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) al comma 2, le parole «1 gennaio 2012» sono soppresse e sostituite dalle seguenti «1 gennaio 2013»;

            b) al comma 7, primo periodo, dopo le parole «limiti stabiliti dalla normativa vigente,» sono inserite le seguenti «dandone comunicazione, limitatamente ai nuovi interventi, all'Agenzia del demanio che ne assicurerà la copertura finanziaria a valere sui fondi di cui al comma 6 a condizione che gli stessi siano ricompresi nel piano generale degli interventi.»

            c) al comma 8, dopo le parole «manutenzione ordinaria e straordinaria» le parole «si avvale» sono soppresse e sono inserite le seguenti parole «può dotarsi di proprie professionalità e di strutture interne appositamente dedicate, sostenendo i relativi oneri a valere sulle risorse di cui al comma 6 nella misura massima dello 0,5%. Per i predetti fini, inoltre, l'Agenzia del demanio può avvalersi».

        6. Il comma 442 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è abrogato e, conseguentemente, al comma 441 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le parole «nonché agli alloggi di cui al comma 442» sono soppresse.

        7. Al comma 1, lettera a), della legge 15 dicembre 1990, n. 396, le parole «nonché definire organicamente il piano di localizzazione delle sedi del Parlamento, del Governo, delle amministrazioni e degli uffici pubblici anche attraverso il conseguente programma di riutilizzazione dei beni pubblici» sono soppresse.

            Il comma 4 dell'articolo 62 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è abrogato.

            I commi 208 e 209 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono abrogati.

            Al comma 4 dell'articolo 3 del DPR 27 aprile 2006, n. 204, è soppressa la lettera h).

 

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        8. All'articolo 5, comma 5 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85: sono soppresse le parole «In sede di prima applicazione del presente decreto»; le parole «entrata in vigore del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti parole: «presentazione della domanda di trasferimento».

        9. Per fronteggiare l'eccessivo affollamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale, il Ministero della giustizia può individuare beni immobili statali, comunque in uso all'Amministrazione della giustizia, suscettibili di valorizzazione e dismissione in favore di soggetti pubblici e privati, mediante permuta, anche parziale, con immobili già esistenti o da edificare e da destinare a nuovi istituti penitenziari. Nel caso in cui gli immobili da destinare a nuovi istituti penitenziari siano da edificare i soggetti di cui al precedente periodo non devono essere inclusi nella lista delle Amministrazioni Pubbliche redatta dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Le procedure di valorizzazione e dismissione sono effettuate dal Ministero della giustizia, sentita l'Agenzia del demanio, anche in deroga alle norme in materia di contabilità generale dello Stato, nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico-contabile.

        10. Per le finalità di cui al comma 9, il Ministero della giustizia, valutate le esigenze dell'Amministrazione penitenziaria, individua i comuni all'interno del cui territorio devono insistere gli immobili già esistenti o da edificare e da destinare a nuovi istituti penitenziari e determina le opere da realizzare.

        11. Il Ministero della giustizia affida a società partecipata al 100% dal ministero del Tesoro, in qualità di contraente generale, ai sensi dell'articolo 173, comma 1, lett. b) del codice degli appalti di cui al Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il compito di provvedere alla stima dei costi, alla selezione delle proposte per la realizzazione delle nuove infrastrutture penitenziarie, presentate dai soggetti di cui al comma 9, con preferenza per le proposte conformi alla disciplina urbanistico-edilizia vigente.

        12. Per l'approvazione degli interventi volti alla realizzazione delle nuove infrastrutture penitenziarie e di eventuali variazioni degli strumenti urbanistici, il contraente generale previsto dal comma 11 può convocare una o più conferenze di servizi e promuovere accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con la partecipazione delle Regioni, degli enti locali e delle altre amministrazioni interessate.

        13. Gli immobili realizzati all'esito delle procedure previste dal presente articolo sono oggetto di permuta con immobili statali, comunque in uso all'Amministrazione della giustizia, suscettibili di valorizzazione e/o dismissione. A tal fine, il Ministero della giustizia, sentita l'Agenzia del Demanio, individua con uno o più decreti i beni immobili oggetto di dismissione, secondo le seguenti procedure:

            a) le valorizzazioni e/o dismissioni sono effettuate dal Ministero della giustizia, che può avvalersi del supporto tecnico-operativo dell'Agenzia del Demanio, e/o dell'Agenzia del Territorio e/o del contraente generale di cui al comma 11;

 

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            b) la determinazione del valore degli immobili oggetto di dismissione è decretata dal Ministero della giustizia, previo parere di congruità emesso dall'Agenzia del Demanio, che tiene conto della valorizzazione dell'immobile medesimo;

            c) il Ministero della giustizia comunica al Ministero per i beni e le attività culturali l'elenco degli immobili da valorizzare e dismettere, insieme alle schede descrittive di cui all'articolo 12, comma 3 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Il Ministero per i beni e le attività culturali si pronuncia, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, in ordine alla verifica dell'interesse storico-artistico e individua, in caso positivo, le parti degli immobili stessi soggette a tutela, con riguardo agli indirizzi di carattere generale di cui all'articolo 12, comma 2, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. Per i beni riconosciuti di interesse storico-artistico, l'accertamento della relativa condizione costituisce dichiarazione ai sensi dell'articolo 13 del citato codice. Le approvazioni e le autorizzazioni previste dal citato codice sono rilasciate o negate entro sessanta giorni dalla ricezione dell'istanza. Qualora entro il termine di 60 giorni le amministrazioni competenti non si siano pronunciate, le approvazioni e le autorizzazioni previste dal citato codice si intendono acquisite con esito positivo. Le disposizioni del citato codice, parti prima e seconda, si applicano anche dopo la dismissione;

            d) gli immobili da dismettere sono individuati con decreto dal Ministero della giustizia, sentita l'Agenzia del demanio, ed entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato;

            e) per l'approvazione della valorizzazione degli immobili individuati e delle conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici, il contraente generale di cui al comma 11 può convocare una o più conferenze di servizi e promuovere accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con la partecipazione delle Regioni, degli enti locali e delle altre amministrazioni interessate;

            f) i contratti di permuta sono approvati dal Ministero della giustizia. L'approvazione può essere negata per sopravvenute esigenze di carattere istituzionale dello stesso Ministero;

            g) eventuali disavanzi di valore tra i beni oggetto di permuta, esclusivamente in favore dell'Amministrazione statale, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per una quota pari al 80 per cento. La restante quota del 20 per cento è assegnata agli enti territoriali interessati alle valorizzazioni.

        14. Gli oneri economici derivanti dalle attività svolte dalla società indicata nel comma 3, in virtù del presente articolo sono posti a carico dei soggetti che risulteranno cessionari dei beni oggetto di valorizzazione e/o dismissione.

 

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        15. I soggetti di cui al comma 9, in caso di immobili di nuova realizzazione, devono assumere a proprio carico gli oneri di finanziamento e di costruzione. Devono altresì essere previste forme di penalità a carico dei medesimi soggetti per la realizzazione di opere non conformi alla proposta.

        16. In considerazione della necessità di procedere in via urgente all'acquisizione di immobili da destinare a nuovi istituti penitenziari, le conferenze di servizi di cui ai precedenti commi 11 e 12 lettera e) sono concluse entro il termine di quindici giorni dal loro avvio; e gli accordi di programma di cui ai medesimi commi sono conclusi e approvati entro il termine di trenta giorni dal loro avvio. Ove l'accordo di programma comporti variazione degli strumenti urbanistici, l'adesione del sindaco deve essere ratificata dal consiglio comunale entro quindici giorni dall'approvazione dell'accordo, decorsi i quali l'accordo stesso si intende comunque ratificato.

        17. È fatto salvo quanto disposto dagli statuti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e dalle pertinenti norme di attuazione relativamente al trasferimento dei beni oggetto dei commi da 9 a 16.

Capo VI
CONCORSO ALLA MANOVRA DEGLI ENTI TERRITORIALI

Articolo 28.
(Concorso alla manovra degli Enti territoriali e ulteriori riduzioni di spese).

        1. All'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, le parole: «pari allo 0,9 per cento», sono sostituite dalle seguenti: «pari a 1,23 per cento». Tale modifica si applica a decorrere dall'anno di imposta 2011.

        2. L'aliquota di cui al comma 1, si applica anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano.

        3. Con le procedure previste dall'articolo 27, della legge 5 maggio 2009, n. 42, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano assicurano, a decorrere dall'anno 2012, un concorso alla finanza pubblica di euro 860 milioni annui. Con le medesime procedure le Regioni Valle d'Aosta e Friuli Venezia Giulia e le Province autonome di Trento e Bolzano assicurano, a decorrere dall'anno 2012, un concorso alla finanza pubblica di 60 milioni di euro annui, da parte dei Comuni ricadenti nel proprio territorio. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto articolo 27, l'importo complessivo di 920 milioni è accantonato, proporzionalmente alla media degli impegni finali registrata per ciascuna autonomia nel triennio 2007-2009, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali. Per la Regione Siciliana si tiene conto della rideterminazione del fondo sanitario nazionale per effetto del comma 2.

 

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        4. All'articolo 27, comma 1, della legge 5 maggio 2009, n. 42 le parole «entro il termine di trenta mesi stabilito per l'emanazione dei decreti legislativi di cui all'articolo 2» sono soppresse.

        5. Nell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 4, dell'articolo 77-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, si tiene conto degli effetti derivanti dalla rideterminazione dell'aliquota di cui al comma 1 del presente articolo, ai fini della definizione della misura della compartecipazione spettante a ciascuna Regione.

        6. All'articolo 77-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in ciascuno dei commi 4 e 5, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le risorse corrispondenti al predetto importo, condizionate alla verifica positiva degli adempimenti regionali, rimangono accantonate in bilancio fino alla realizzazione delle condizioni che, ai sensi della vigente legislazione, ne consentono l'erogabilità alle regioni e comunque per un periodo non superiore al quinto anno successivo a quello di iscrizione in bilancio.».

        7. Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 2, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 13, del medesimo decreto legislativo n. 23 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti ai Comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti di ulteriori 1.450 milioni di euro per gli anni 2012 e successivi.

        8. Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 23, del medesimo decreto legislativo n. 68, del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti alle Province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti di ulteriori 415 milioni di euro per gli anni 2012 e successivi.

        9. La riduzione di cui al comma 7, è ripartita in proporzione alla distribuzione territoriale dell'imposta municipale propria sperimentale di cui all'articolo 13, del presente decreto.

        10. La riduzione di cui al comma 8 è ripartita proporzionalmente.

        11. Il comma 6, dell'articolo 18, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, è soppresso.

Capo VII
ULTERIORI RIDUZIONI DI SPESE

Articolo 29.
(Acquisizione di beni e servizi attraverso il ricorso alla centrale di committenza nazionale e interventi per l'editoria).

        1. Le amministrazioni pubbliche centrali inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 possono avvalersi,

 

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sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di Consip S.p.A., nella sua qualità di centrale di committenza ai sensi dell'articolo 3, comma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per le acquisizioni di beni e servizi al di sopra della soglia di rilievo comunitario.

        2. Allo scopo di agevolare il processo di razionalizzazione della spesa e garantire gli obiettivi di risparmio previsti dalla legislazione vigente, ivi compresi quelli previsti dall'articolo 3, comma 66, della legge 12 novembre 2011, n. 183, gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale possono avvalersi di Consip S.p.A. per lo svolgimento di funzioni di centrale di committenza di cui all'articolo 3, comma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, stipulando apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti.

        3. Allo scopo di contribuire all'obiettivo del pareggio di bilancio entro la fine dell'anno 2013, il sistema di contribuzione diretta di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250, cessa alla data del 31 dicembre 2014, con riferimento alla gestione 2013. Il Governo provvede, con decorrenza dal 1o gennaio 2012, a rivedere il regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 2010, n. 223, al fine di conseguire il risanamento della contribuzione pubblica, una più rigorosa selezione dell'accesso alle risorse, nonché risparmi nella spesa pubblica. Detti risparmi, compatibilmente con le esigenze di pareggio di bilancio, sono destinati alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta, all'innovazione tecnologica del settore, a contenere l'aumento del costo delle materie prime, all'informatizzazione della rete distributiva.

Capo VIII
ESIGENZE INDIFFERIBILI

Articolo 30.
(Esigenze indifferibili).

        1. All'articolo 33, comma 18, della legge 12 novembre 2011, n. 183, le parole «30 giugno 2012» sono sostituite dalle parole «31 dicembre 2012» e le parole «700 milioni» sono sostituite dalle parole «1.400 milioni».

        2. Per l'anno 2011, alle esigenze del trasporto pubblico locale ferroviario, al fine di assicurare nelle regioni a statuto ordinario i necessari servizi da parte di Trenitalia s.p.a, si provvede anche nell'ambito delle risorse destinate al trasporto pubblico locale di cui all'articolo 25, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e dal relativo decreto di attuazione del 22 luglio 2009. Fermo restando l'esigenza di applicazione a decorrere dall'anno 2012 di misure di efficientamento e razionalizzazione dei servizi, l'articolo 1, comma 6, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 è abrogato.

 

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        3. Il fondo di cui all'articolo 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è incrementato di 800 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012. A decorrere dall'anno 2013 il fondo è alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise di cui all'articolo 15 del presente provvedimento; l'aliquota della compartecipazione è stabilita entro il 30 settembre 2012 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze. Conseguentemente, al decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) all'articolo 2, comma 1, sono soppresse le parole «ed alle entrate derivanti dalla compartecipazione soppressa ai sensi dell'articolo 8, comma 4».

            b) all'articolo 8, il comma 4 è abrogato;

            c) all'articolo 32, comma 4, le parole: «a decorrere dall'anno 2012», sono sostituite dalle seguenti: « a decorrere dall'anno 2013».

        4. L'autorizzazione di spesa di cui al decreto-legislativo 27 maggio 1999, n. 165, come determinata dalla tabella C della legge 12 novembre 2011, n. 183, è incrementata di 40 milioni di euro per l'anno 2012. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.

        5. La dotazione finanziaria del Fondo per la protezione civile di cui all'articolo 19 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è incrementata di 57 milioni di euro per l'anno 2012. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, relativamente alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF).

        6. In attuazione degli articoli 9 e 33 della Costituzione:

            a) al fine di assicurare la continuità e lo sviluppo delle fondamentali funzioni di promozione, coordinamento, integrazione e diffusione delle conoscenze scientifiche nelle loro più elevate espressioni nel quadro dell'unità e universalità della cultura, è autorizzata la spesa di 1.300.000 euro annui, a decorrere dal 2012, quale contributo per le attività e il funzionamento dell'Accademia dei Lincei;

            b) al fine di promuovere lo studio, la tutela e la valorizzazione della lingua italiana, è autorizzata la spesa di 700.000 euro annui, a decorrere dal 2012, quale contributo per le attività e il funzionamento dell'Accademia della Crusca.

        7. All'onere derivante dalle disposizioni contenute nel comma 6, pari a due milioni di euro annui, si provvede mediante utilizzo di una quota parte, a valere, per un importo corrispondente, sulle risorse aggiuntive di cui all'articolo 1, comma 1, lett. b), del decreto-legge

 

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31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, destinate alla spesa di parte corrente.

        8. Al fine di assicurare l'espletamento delle funzioni di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale statale secondo i princìpi di efficienza, razionalità ed economicità e di far fronte alle richieste di una crescente domanda culturale nell'ottica di uno sviluppo del settore tale da renderlo più competitivo ed in grado di generare ricadute positive sul turismo e sull'economia del Paese, nonché in coerenza con quanto disposto dall'articolo 2 del decreto legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75 come modificato dall'articolo 24, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183, al Ministero per i beni e le attività culturali non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 8-bis e 8-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25 e di cui all'articolo 1, commi 3 e 4, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. Per le medesime finalità sopra evidenziate, il Ministero per i beni e le attività culturali è autorizzato per gli anni 2012 e 2013 all'assunzione di personale, anche dirigenziale, mediante l'utilizzazione di graduatorie in corso di validità, nel limite delle ordinarie facoltà assunzionali consentite dalla normativa vigente. Alla copertura degli oneri derivanti dal presente comma si provvede, a valere sulle facoltà assunzionali del predetto Ministero, per i medesimi anni 2012 e 2013, nell'ambito degli stanziamenti di bilancio previsti a legislazione vigente per il reclutamento del personale del Ministero per i beni e le attività culturali e nel rispetto dei limiti percentuali in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato di cui all'articolo 3, comma 102, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni. Il Ministero per i beni e le attività culturali procede alle suddette assunzioni, tenendo conto delle esigenze funzionali delle strutture centrali e periferiche e ove necessario anche attraverso la formazione di una graduatoria unica nazionale degli idonei secondo l'ordine generale di merito risultante dalla votazione complessiva riportata da ciascun candidato nelle graduatorie regionali in corso di validità, applicando in caso di parità di merito il principio della minore età anagrafica. La graduatoria unica nazionale è elaborata anche al fine di consentire ai candidati di esprimere la propria accettazione e non comporta la soppressione delle singole graduatorie regionali. I candidati che non accettano mantengono la collocazione ad essi spettante nella graduatoria della regione per cui hanno concorso. Il Ministero per i beni e le attività culturali provvede alle attività di cui al presente comma nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente. Il Ministero per i beni e le attività culturali comunica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell'economia e delle finanze Dipartimento della ragioneria generale dello Stato le assunzioni effettuate ai sensi del presente comma ed i relativi oneri.

 

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Titolo IV
DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE E LA TUTELA DELLA CONCORRENZA

Capo I
LIBERALIZZAZIONI

Articolo 31.
(Esercizi commerciali).

        1. In materia di esercizi commerciali, all'articolo 3, comma 1, lettera d-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sono soppresse le parole: «in via sperimentale» e dopo le parole «dell'esercizio» sono soppresse le seguenti «ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte».

        2. Secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Articolo 32.
(Farmacie).

        1. In materia di vendita dei farmaci, negli esercizi commerciali di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che ricadono nel territorio di Comuni aventi popolazione superiore a quindicimila abitanti e, comunque, al di fuori delle aree rurali come individuate dai Piani Sanitari Regionali, in possesso dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi fissati con decreto del Ministro della salute, previa intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regione e le Province autonome di Trento e di Bolzano, adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere venduti anche i medicinali di cui all'articolo 8, comma 10, lettera c) della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, ad eccezione dei medicinali di cui all'articolo 45 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni e di cui all'articolo 89 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219. Con il medesimo decreto, sentita l'Agenzia

 

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Italiana del Farmaco, sono definiti gli ambiti di attività sui quali sono assicurate le funzioni di farmacovigilanza da parte del Servizio sanitario nazionale.

        2. Negli esercizi commerciali di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, la vendita dei medicinali deve avvenire, ai sensi di quanto previsto dal comma 2 del citato articolo 5, nell'ambito di un apposito reparto delimitato, rispetto al resto dell'area commerciale, da strutture in grado di garantire l'inaccessibilità ai farmaci da parte del pubblico e del personale non addetto, negli orari sia di apertura al pubblico che di chiusura.

        3. Le condizioni contrattuali e le prassi commerciali adottate dalle imprese di produzione o di distribuzione dei farmaci che si risolvono in una ingiustificata discriminazione tra farmacie e parafarmacie quanto ai tempi, alle condizioni, alle quantità ed ai prezzi di fornitura, costituiscono casi di pratica commerciale sleale ai fini dell'applicazione delle vigenti disposizioni in materia.

        4. È data facoltà alle farmacie e agli esercizi commerciali di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, di praticare liberamente sconti sui prezzi al pubblico su tutti i prodotti venduti, purché gli sconti siano esposti in modo leggibile e chiaro al consumatore e siano praticati a tutti gli acquirenti.

Articolo 33.
(Soppressione limitazioni esercizio attività professionali).

        1. All'articolo 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183, sono apportate le seguenti modifiche:

            a) al comma 2, dopo le parole «sono abrogate con effetto dall'entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5», è aggiunto il seguente periodo: «e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012»;

            b) dopo il comma 2, è aggiunto il seguente: «2-bis. All'articolo 3, comma 5, lettera c), del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, le parole “la durata del tirocinio non potrà essere complessivamente superiore a tre anni”, sono sostituite dalle seguenti: “la durata del tirocinio non potrà essere complessivamente superiore a diciotto mesi”».

Capo II
CONCORRENZA

Articolo 34.
(Liberalizzazione delle attività economiche ed eliminazione dei controlli ex-ante).

        1. Le disposizioni previste dal presente articolo sono adottate ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettere e) ed m), della Costituzione,

 

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al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché per assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai beni e servizi sul territorio nazionale.

        2. La disciplina delle attività economiche è improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l'ordinamento comunitario, che possono giustificare l'introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità.

        3. Sono abrogate le seguenti restrizioni disposte dalle norme vigenti:

            a) il divieto di esercizio di una attività economica al di fuori di una certa area geografica e l'abilitazione a esercitarla solo all'interno di una determinata area;

            b) l'imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio di una attività economica;

            c) il divieto di esercizio di una attività economica in più sedi oppure in una o più aree geografiche;

            d) la limitazione dell'esercizio di una attività economica ad alcune categorie o divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti;

            e) la limitazione dell'esercizio di una attività economica attraverso l'indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all'operatore;

            f) l'imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi.

            g) l'obbligo di fornitura di specifici servizi complementari all'attività svolta.

        4. L'introduzione di un regime amministrativo volto a sottoporre a previa autorizzazione l'esercizio di un'attività economica deve essere giustificato sulla base dell'esistenza di un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l'ordinamento comunitario, nel rispetto del principio di proporzionalità.

        5. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato è tenuta a rendere parere obbligatorio, da rendere nel termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione del provvedimento, in merito al rispetto del principio di proporzionalità sui disegni di legge governativi e i regolamenti che introducono restrizioni all'accesso e all'esercizio di attività economiche.

        6. Quando è stabilita, ai sensi del comma 4, la necessità di alcuni requisiti per l'esercizio di attività economiche, la loro comunicazione all'amministrazione competente deve poter essere data sempre tramite autocertificazione e l'attività può subito iniziare, salvo il successivo controllo amministrativo, da svolgere in un termine definito; restano

 

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salve le responsabilità per i danni eventualmente arrecati a terzi nell'esercizio dell'attività stessa.

        7. Le Regioni adeguano la legislazione di loro competenza ai princìpi e alle regole di cui ai commi 2, 4 e 6.

        8. Sono escluse dall'ambito di applicazione del presente articolo le professioni, i servizi finanziari come definiti dall'articolo 4 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e i servizi di comunicazione come definiti dall'art. 5 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno).

Articolo 35.
(Potenziamento dell’Antitrust).

        1. Alla legge 10 ottobre 1990, n. 287, dopo l'articolo 21, è aggiunto il seguente:

        «21-bis – (Poteri dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato sugli atti amministrativi che determinano distorsioni della concorrenza). – 1. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato è legittimata ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato.

        2. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, se ritiene che una pubblica amministrazione abbia emanato un atto in violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, emette un parere motivato, nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate. Se la pubblica amministrazione non si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere, l'Autorità può presentare, tramite l'Avvocatura dello Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni.

        3. Ai giudizi instaurati ai sensi del comma 1 si applica la disciplina di cui al Libro IV, Titolo V, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.».

Articolo 36.
(Tutela della concorrenza e partecipazioni personali incrociate nei mercati del credito e finanziari).

        1. È vietato ai titolari di cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo e ai funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari di assumere o esercitare analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti.

        2. Ai fini del divieto di cui al comma 1, si intendono concorrenti le imprese o i gruppi di imprese tra i quali non vi sono rapporti di controllo ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 e che operano nei medesimi mercati del prodotto e geografici.

 

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Articolo 37.
(Liberalizzazione del settore dei trasporti).

        1. Il Governo con uno o più regolamenti da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988 n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentite le Commissioni parlamentari che si esprimono nel termine di 30 giorni, emana le disposizioni volte a realizzare una compiuta liberalizzazione nel settore ferroviario, aereo e marittimo.

        2. I regolamenti di cui al comma 1 sono adottati secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

            a) individuare tra le Autorità indipendenti esistenti, l'Autorità che svolge competenze assimilabili a quelle previste dal presente articolo;

            b) attribuire all'Autorità di cui alla lettera a) le seguenti funzioni:

                1) garantire condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture e alle reti ferroviarie, aeroportuali e portuali;

                2) definire, se ritenuto necessario in relazione alle condizioni di concorrenza effettivamente esistenti nei singoli mercati, i criteri per la fissazione da parte dei soggetti competenti delle tariffe, dei canoni e dei pedaggi, tenendo conto dell'esigenza di assicurare l'orientamento ai costi e l'equilibrio economico delle imprese regolate, alla luce degli oneri di servizio pubblico imposti e delle eventuali sovvenzioni pubbliche concesse;

                3) stabilire le condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto connotati da oneri di servizio pubblico o sovvenzionati;

                4) definire gli schemi dei bandi delle gare per l'assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva e delle convenzioni da inserire nei capitolati delle medesime gare.

        3. Nell'esercizio delle competenze disciplinate dal comma 2 del presente articolo, l'Autorità individuata ai sensi del medesimo comma:

            a) può sollecitare e coadiuvare le amministrazioni pubbliche competenti all'individuazione degli ambiti di servizio pubblico e dei metodi più efficienti per finanziarli, mediante l'adozione di pareri che può rendere pubblici;

            b) determina i criteri per la redazione della contabilità delle imprese regolate e può imporre, se necessario per garantire la concorrenza, la separazione contabile e societaria delle imprese integrate;

            c) propone all'amministrazione competente la sospensione, la decadenza o la revoca degli atti di concessione, delle convenzioni, dei contratti di servizio pubblico, dei contratti di programma e di ogni

 

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altro atto assimilabile comunque denominato, qualora sussistano le condizioni previste dall'ordinamento;

            d) richiede a chi ne è in possesso le informazioni e l'esibizione dei documenti necessari per l'esercizio delle sue funzioni, nonché raccoglie da qualunque soggetto informato dichiarazioni, da verbalizzare se rese oralmente;

            e) se sospetta possibili violazioni della regolazione negli ambiti di sua competenza, svolge ispezioni presso i soggetti sottoposti alla regolazione mediante accesso a impianti, a mezzi di trasporto e uffici; durante l'ispezione, anche avvalendosi della collaborazione di altri organi dello Stato, può controllare i libri contabili e qualsiasi altro documento aziendale, ottenerne copia, chiedere chiarimenti e altre informazioni, apporre sigilli; delle operazioni ispettive e delle dichiarazioni rese deve essere redatto apposito verbale;

            f) ordina la cessazione delle condotte in contrasto con gli atti di regolazione adottati e con gli impegni assunti dai soggetti sottoposti a regolazione, disponendo le misure opportune di ripristino; nei casi in cui intenda adottare una decisione volta a fare cessare un'infrazione e le imprese propongano impegni idonei a rimuovere le contestazioni da essa avanzate, può rendere obbligatori tali impegni per le imprese e chiudere il procedimento senza accertare l'infrazione; può riaprire il procedimento se mutano le circostanze di fatto su cui sono stati assunti gli impegni o se le informazioni trasmesse dalle parti si rivelano incomplete, inesatte o fuorvianti; in circostanze straordinarie, ove ritenga che sussistano motivi di necessità e di urgenza, al fine di salvaguardare la concorrenza e di tutelare gli interessi degli utenti rispetto al rischio di un danno grave e irreparabile, può adottare provvedimenti temporanei di natura cautelare;

            g) valuta i reclami, le istanze e le segnalazioni presentati dagli utenti e dai consumatori, singoli o associati, in ordine al rispetto dei livelli qualitativi e tariffari da parte dei soggetti esercenti il servizio sottoposto a regolazione, ai fini dell'esercizio delle sue competenze;

            h) favorisce l'istituzione di procedure semplici e poco onerose per la conciliazione e la risoluzione delle controversie tra esercenti e utenti;

            i) ferme restando le sanzioni previste dalla legge, da atti amministrativi e da clausole convenzionali, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato dell'impresa interessata nei casi di inosservanza dei criteri per la formazione e l'aggiornamento di tariffe, canoni, pedaggi, diritti e prezzi sottoposti a controllo amministrativo, comunque denominati, di inosservanza dei criteri per la separazione contabile e per la disaggregazione dei costi e dei ricavi pertinenti alle attività di servizio pubblico e di violazione della disciplina relativa all'accesso alle reti e alle infrastrutture o delle condizioni imposte dalla stessa Autorità, nonché di inottemperanza agli ordini e alle misure disposti;

 

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            l) applica una sanzione amministrativa pecuniaria fino all'1 per cento del fatturato dell'impresa interessata qualora:

                1) i destinatari di una richiesta della stessa Autorità forniscano informazioni inesatte, fuorvianti o incomplete, ovvero non forniscano le informazioni nel termine stabilito;

                2) i destinatari di un'ispezione rifiutino di fornire ovvero presentino in modo incompleto i documenti aziendali, nonché rifiutino di fornire o forniscano in modo inesatto, fuorviante o incompleto i chiarimenti richiesti;

            m) nel caso di inottemperanza agli impegni di cui alla lettera f) applica una sanzione fino al 10 per cento del fatturato dell'impresa interessata.

        4. Restano ferme tutte le altre competenze diverse da quelle disciplinate nel presente articolo delle amministrazioni pubbliche, statali e regionali, nei settori indicati; in particolare, restano ferme le competenze in materia di vigilanza, controllo e sanzione nell'ambito dei rapporti con le imprese di trasporto e con i gestori delle infrastrutture, in materia di sicurezza e standard tecnici, di definizione degli ambiti del servizio pubblico, di tutela sociale e di promozione degli investimenti. Restano altresì ferme e possono essere contestualmente esercitate le competenze dell'Autorità garante della concorrenza disciplinate dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287 e dai decreti legislativi 2 agosto 2007, n. 145 e 2 agosto 2007, n. 146, e le competenze dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e le competenze dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali di cui all'articolo 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98.

        5. L'Autorità individuata ai sensi del comma 2 rende pubblici nei modi più opportuni i provvedimenti di regolazione e riferisce annualmente alle Camere evidenziando lo stato della disciplina di liberalizzazione adottata e la parte ancora da definire. La regolazione approvata ai sensi del presente articolo resta efficace fino a quando è sostituita dalla regolazione posta dalle amministrazioni pubbliche cui saranno affidate le competenze previste dal presente articolo.

        6. Alle attività di cui al comma 3 del presente articolo si provvede come segue:

            a) nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente per l'Autorità individuata dal comma 2;

            b) mediante un contributo versato dai gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati, in misura non superiore all'uno per mille del fatturato derivanti dall'esercizio delle attività svolte percepiti nell'ultimo esercizio. Il contributo è determinato annualmente con atto dell'Autorità, sottoposto ad approvazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell'atto, possono essere formulati rilievi cui l'Autorità si conforma; in assenza di rilievi nel termine l'atto si intende approvato. Ai fini dell'esercizio

 

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delle competenze previste dal presente articolo l'Autorità provvede mediante l'utilizzo delle risorse umane disponibili a legislazione vigente.

Capo III
MISURE PER LO SVILUPPO INDUSTRIALE

Articolo 38.
(Misure in materia di politica industriale).

        1. All'articolo 1, comma 355, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modifiche:

            a) le parole «e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio» sono soppresse;

            b) dopo la lettera c-ter) è aggiunta la seguente lettera: «c-quater) iniziative e programmi di ricerca e sviluppo realizzati nell'ambito dei progetti di innovazione industriale di cui all'articolo 1, comma 842, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.»

Articolo 39.
(Misure per le micro, piccole e medie imprese).

        1. In materia di fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese, la garanzia diretta e la controgaranzia possono essere concesse a valere sulle disponibilità del Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lett. a), della legge 23 dicembre 1996 n. 662 e successive modificazioni ed integrazioni, fino all'80 per cento dell'ammontare delle operazioni finanziarie a favore di piccole e medie imprese e consorzi ubicati in tutto il territorio nazionale, purché rientranti nei limiti previsti dalla vigente normativa comunitaria. La misura della copertura degli interventi di garanzia e controgaranzia, nonché la misura della copertura massima delle perdite è regolata in relazione alle tipologie di operazioni finanziarie, categorie di imprese beneficiarie finali, settori economici di appartenenza e aree geografiche, con decreto di natura non regolamentare, adottato dal Ministro dello Sviluppo Economico, d'intesa con il Ministro dell'Economia e delle Finanze.

        2. Nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, per ogni operazione finanziaria ammessa all'intervento del Fondo di cui al comma 1, la misura dell'accantonamento minimo, a titolo di coefficiente di rischio, può essere definita con decreto di natura non regolamentare adottato dal Ministro dello Sviluppo Economico, d'intesa con il Ministro dell'Economia e delle Finanze.

        3. L'importo massimo garantito per singola impresa dal Fondo di cui al comma 1 è elevato a 2 milioni e cinquecentomila euro per le

 

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tipologie di operazioni finanziarie, le categorie di imprese beneficiarie finali, le aree geografiche e i settori economici di appartenenza individuati con decreto di natura non regolamentare adottato dal Ministro dello Sviluppo Economico, d'intesa con il Ministro dell'Economia e delle Finanze. Una quota non inferiore [all'80] per cento delle disponibilità finanziarie del Fondo è riservata ad interventi non superiori a [cinquecentomila] euro d'importo massimo garantito per singola impresa.

        4. La garanzia del Fondo di cui al comma l può essere concessa, a titolo oneroso, su portafogli di finanziamenti erogati a piccole e medie imprese da banche e intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 106 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 e successive modificazioni. Con decreto di natura non regolamentare adottato dal Ministro dello Sviluppo Economico, d'intesa con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, sono definite le tipologie di operazioni ammissibili, le modalità di concessione, i criteri di selezione nonché l'ammontare massimo delle disponibilità finanziarie del Fondo da destinare alla copertura del rischio derivante dalla concessione di detta garanzia.

        5. Con decreto di natura non regolamentare adottato dal Ministro dello Sviluppo Economico, d'intesa con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, può essere modificata la misura delle commissioni per l'accesso alla garanzia dovute dai soggetti richiedenti, a pena di decadenza, in relazione alle diverse tipologie di intervento del Fondo di cui al comma 1.

        6. Con decreto di natura non regolamentare adottato dal Ministro dello Sviluppo Economico, d'intesa con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, sono definite le modalità e le condizioni per l'eventuale cessione a terzi e la controgaranzia degli impegni assunti a carico del Fondo di cui al comma 1, le cui rinvenienze confluiscono al medesimo Fondo.

        7. In materia di patrimonializzazione dei Confidi, al capitale sociale dei confidi e delle banche di cui ai commi 29 e 32 dell'articolo 13 del dl. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 possono partecipare, anche in deroga alle disposizioni di legge che prevedono divieti o limiti di partecipazione, imprese non finanziarie di grandi dimensioni ed enti pubblici e privati, purché le piccole e medie imprese socie dispongano almeno della metà più uno dei voti esercitabili nell'assemblea e la nomina dei componenti degli organi che esercitano funzioni di gestione e di supervisione strategica sia riservata all'assemblea.

Articolo 40.
(Riduzione degli adempimenti amministrativi per le imprese).

        1. In materia di semplificazione degli adempimenti per la registrazione dei clienti nelle strutture ricettizie, al comma 3 dell'articolo 109 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931 n. 773, le parole: «I soggetti di cui al comma

 

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1 sono altresì tenuti a comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza le generalità delle persone alloggiate, mediante consegna di copia della scheda, entro le ventiquattro ore successive al loro arrivo, In alternativa, il gestore può scegliere di effettuare tale comunicazione inviando, entro lo stesso termine, alle questure territorialmente competenti i dati nominativi delle predette schede con mezzi informatici o telematici o mediante fax secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno» sono sostituite dalle seguenti: «I soggetti di cui al comma i sono altresì tenuti a comunicare entro le ventiquattrore successive all'arrivo, alle questure territorialmente competenti le generalità delle persone alloggiate mediante l'invio dei dati contenuti nella predetta scheda con mezzi informatici o telematici secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.»

        2. Per la riduzione degli oneri in materia di privacy, sono apportate le seguenti modifiche al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196:

            a) all'articolo 4, comma 1, alla lettera b), le parole «persona giuridica, ente od associazione» sono soppresse e le parole «identificati o identificabili» sono sostituite dalle parole «identificata o identificabile».

            b) All'articolo 4, comma 1, alla lettera i), le parole «la persona giuridica, l'ente o l'associazione» sono soppresse.

            c) Il comma 3-bis dell'articolo 5 è abrogato.

            d) Al comma 4, dell'articolo 9, l'ultimo periodo è soppresso.

            e) La lettera h) del comma i dell'articolo 43 è soppressa.

        3. Allo scopo di facilitare l'impiego del lavoratore straniero nelle more di rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno, dopo il comma 9 dell'articolo 5 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 è inserito il seguente comma:

        «9-bis. In attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, anche ove non venga rispettato il termine di venti giorni di cui al precedente comma, il lavoratore straniero può legittimamente soggiornare nel territorio dello Stato e svolgere temporaneamente l'attività lavorativa fino ad eventuale comunicazione dell'Autorità di pubblica sicurezza, da notificare anche al datore di lavoro, con l'indicazione dell'esistenza dei motivi ostativi al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno. L'attività dì lavoro di cui sopra può svolgersi alle seguenti condizioni:

            a) che la richiesta del rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro sia stata effettuata dal lavoratore straniero all'atto della stipula del contratto di soggiorno, secondo le modalità previste nel regolamento d'attuazione, ovvero, nel caso di rinnovo, la richiesta sia stata presentata prima della scadenza del permesso, ai sensi del precedente comma 4, e dell'articolo 13 del decreto del Presidente della

 

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Repubblica del 31 agosto 1999 n. 394, o entro sessanta giorni dalla scadenza dello stesso;

            b) che sia stata rilasciata dal competente ufficio la ricevuta attestante l'avvenuta presentazione della richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso.»

        4. In materia di semplificazione degli obblighi di tenuta ed annotazione del registro dei lavoratori, al comma 3 dell'articolo 39 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole «entro il giorno 16», sono sostituire con le seguenti: «entro la fine».

        5. In materia di bonifica dei siti inquinati, per semplificare gli adempimenti delle imprese, al comma 7 dell'articolo 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza di cui al periodo precedente, che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell'estensione dell'area interessata dagli interventi medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive.» Al comma 9 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole «con attività in esercizio» sono soppresse. Possono essere altresì autorizzati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche, purché non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di prevenzione dei rischi.

        6. Al fine di semplificare gli adempimenti delle imprese di auto-riparazione, il decreto del Ministero dei Trasporti e della Navigazione del 30 luglio 1997, n. 406 – Regolamento recante le dotazioni delle attrezzature e delle strumentazioni delle imprese esercenti attività di autoriparazione, è abrogato.

        7. In materia di semplificazione degli adempimenti amministrativi di registrazione C.O.V. (Composti Organici Volatili) per la vendita dei prodotti ai consumatori finali, all'articolo 2, comma 1, lett. o) del decreto legislativo 27 marzo 2006 n. 161, le parole «o per gli utenti» sono soppresse.

        8. In materia di semplificazione dello smaltimento dei rifiuti speciali per talune attività, i soggetti che svolgono le attività di estetista, acconciatore, trucco permanente e semipermanente, tatuaggio, piercing, agopuntura, podologo, callista, manicure, pedicure e che producono rifiuti pericolosi e a rischio infettivo (CER 180103: aghi, siringhe e oggetti taglienti usati) possono trasportarli, in conto proprio, per una quantità massima fino a 30 chilogrammi al giorno, sino all'impianto di smaltimento tramite termodistruzione o in altro punto di raccolta, autorizzati ai sensi della normativa vigente. L'obbligo di registrazione sul registro di carico e scarico dei rifiuti e l'obbligo di comunicazione al Catasto dei rifiuti tramite il Modello Unico di Dichiarazione ambientale, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006,

 

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n. 152, si intendono assolti, anche ai fini del trasporto in conto proprio, attraverso la compilazione e conservazione, in ordine cronologico, dei formulari di trasporto di cui all'articolo 193 del medesimo decreto. I formulari sono gestiti e conservati con modalità idonee all'effettuazione del relativi controlli così come previsti dal predetto articolo 193 del decreto legislativo n. 152 del 2006. La conservazione deve avvenire presso la sede dei soggetti esercenti le attività di cui al presente comma.

        9. La documentazione e le certificazioni attualmente richieste ai fini del conseguimento delle agevolazioni fiscali in materia di beni e attività culturali previste dagli articoli 15, comma 1. lettere g) ed h), e 100, comma 2, lettere e) ed f), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono sostituite da un'apposita dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, presentata dal richiedente al Ministero per i beni e le attività culturali ai sensi e per gli effetti dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 e successive modificazioni, relativa alle spese effettivamente sostenute per lo svolgimento degli interventi e delle attività cui i benefìci si riferiscono. Il Ministero per i beni e le attività culturali esegue controlli a campione ai sensi degli articoli 71 e 72 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 e successive modificazioni.

Capo IV
MISURE PER LO SVILUPPO INFRASTRUTTURALE

Articolo 41.
(Misure per le opere di interesse strategico).

        1. Fatte salve le priorità già deliberate in sede Cipe, all'articolo 161 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, i commi 1-bis e 1-ter sono sostituiti dai seguenti:

        «1-bis. Nell'ambito del programma di cui al comma 1, il Documento di finanza pubblica individua, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, l'elenco delle infrastrutture da ritenersi prioritarie sulla base dei seguenti criteri generali:

            a) coerenza con l'integrazione con le reti europee e territoriali;

            b) stato di avanzamento dell’iter procedurale;

            c) possibilità di prevalente finanziamento con capitale privato.

        1-ter. Per le infrastrutture individuate nell'elenco di cui al comma 1-bis sono indicate:

            a) le opere da realizzare;

            b) il cronoprogramma di attuazione;

 

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            c) le fonti di finanziamento della spesa pubblica;

            d) la quantificazione delle risorse da finanziare con capitale privato.

        1-quater. Al fine di favorire il contenimento dei tempi necessari per il reperimento delle risorse relative al finanziamento delle opere di cui al presente capo e per la loro realizzazione, per ciascuna infrastruttura i soggetti aggiudicatori presentano al Ministero lo studio di fattibilità, redatto secondo modelli definiti dal Cipe e comunque conformemente alla normativa vigente. Il Ministero, entro sessanta giorni dalla comunicazione, anche avvalendosi del supporto dell'Unità tecnica di finanza di progetto di cui all'articolo 7 della legge 17 maggio 1999, n. 144 e, nel caso, sentito il soggetto di cui all'articolo 163, comma 4, lettera b), verifica l'adeguatezza dello studio di fattibilità, anche in ordine ai profili di bancabilità dell'opera; qualora siano necessarie integrazioni allo stesso, il termine è prorogato di trenta giorni. A questo fine la procedura di Valutazione Ambientale Strategica, e la Valutazione di Impatto Ambientale, sono coordinate con i tempi sopra indicati.

        2. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) dopo l'articolo 169 è inserito il seguente:

        «Art. 169-bis. – (Approvazione unica progetto preliminare).1. Su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il CIPE può valutare il progetto preliminare, istruito secondo le previsioni dell'articolo 165, ai fini dell'approvazione unica dello stesso, assicurando l'integrale copertura finanziaria del progetto. In caso di opere finanziate a carico della finanza pubblica, la delibera CIPE relativa al progetto preliminare deve indicare un termine perentorio, a pena di decadenza dell'efficacia della delibera e del finanziamento, per l'approvazione del progetto definitivo. In caso di approvazione unica del progetto preliminare, che comporta gli effetti dell'articolo 165 comma 7, il progetto definitivo è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare per i profili di rispettiva competenza, sentito il Dipartimento per la programmazione economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con le modalità di cui al presente articolo e sempre che siano rispettate le condizioni previste al comma 2. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti fornisce al CIPE comunicazione periodica sulle avvenute approvazioni dei progetti definitivi e sullo stato di avanzamento delle opere.

        2. Il progetto definitivo è corredato, oltre che dalla relazione del progettista prevista dall'art. 166 comma 1, da una ulteriore relazione del progettista, confermata dal responsabile del procedimento, che attesti:

            a) che il progetto definitivo rispetta le prescrizioni e tiene conto delle raccomandazioni impartite dal CIPE;

 

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            b) che il progetto definitivo non comporta varianti localizzative rilevanti ai sensi dell'articolo 167, comma 6;

            c) che la realizzazione del progetto definitivo non comporta il superamento del limite di spesa fissato dal CIPE in sede di approvazione del progetto preliminare.

        3. Il progetto definitivo è rimesso da parte del soggetto aggiudicatore, del concessionario o contraente generale a ciascuna delle amministrazioni interessate dal progetto rappresentate nel CIPE e a tutte le ulteriori amministrazioni competenti a rilasciare permessi e autorizzazioni di ogni genere e tipo, nonché ai gestori di opere interferenti. Nel termine perentorio di quarantacinque giorni dal ricevimento del progetto le pubbliche amministrazioni competenti e i gestori di opere interferenti possono presentare motivate proposte di adeguamento o richieste di prescrizioni per il progetto definitivo o di varianti migliorative che non modificano la localizzazione e le caratteristiche essenziali delle opere, nel rispetto dei limiti di spesa e delle caratteristiche prestazionali e delle specifiche funzionali individuati in sede di progetto preliminare. Nei trenta giorni successivi il Ministero valuta la compatibilità delle proposte e richieste pervenute dalle pubbliche amministrazioni competenti e dai gestori di opere interferenti con le indicazioni vincolanti contenute nel progetto preliminare approvato e, nel caso in cui verifichi il rispetto di tutte le condizioni di cui al comma 2, il progetto definitivo viene approvato con il decreto di cui al comma 1.

        4. L'approvazione del progetto definitivo con il decreto di cui al comma 1, comporta gli effetti dell'articolo 166 comma 5, e la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. Per quanto riguarda l'avvio del procedimento di dichiarazione di pubblica utilità si applica l'articolo 166, comma 2.

        5. Il termine di cui all'articolo 170, comma 3, per l'indicazione delle interferenze non rilevate dal soggetto aggiudicatore è pari a quarantacinque giorni ed il programma di risoluzione, approvato con il decreto di cui al comma 2 unitamente al progetto definitivo, è vincolante per gli enti gestori di reti o opere destinate al pubblico servizio, con gli effetti dell'articolo 170, commi 4 e 5.»;

            b) all'articolo 163, comma 2, dopo la lettera f-bis) è inserita la seguente:

            «f-ter) verifica l'avanzamento dei lavori anche attraverso sopralluoghi tecnico-amministrativi presso i cantieri interessati, previo accesso agli stessi; a tal fine può avvalersi, ove necessario, del Corpo della Guardia di finanza, mediante la sottoscrizione di appositi protocolli di intesa.».

        3. All'articolo 4, comma 177-bis, della legge 24 dicembre 2003 n. 350 e successive modificazioni è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per i contributi destinati alla realizzazione delle opere pubbliche, il decreto di cui al presente comma è emanato entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale

 

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della delibera CIPE che assegna definitivamente le risorse. In relazione alle infrastrutture di interesse strategico di cui alla parte II, titolo III, capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, detto termine è pari a trenta giorni e decorre dalla data di pubblicazione del bando ai sensi degli articoli 165, comma 5-bis, e 166, comma 5-bis, del medesimo decreto legislativo. In caso di criticità procedurali tali da non consentire il rispetto dei predetti termini il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti riferisce al Consiglio dei Ministri per le conseguenti determinazioni.

        4. Al fine di garantire la certezza dei finanziamenti destinati alla realizzazione delle opere pubbliche, le delibere assunte dal CIPE relativamente ai progetti di opere pubbliche, sono formalizzate e trasmesse al Presidente del Consiglio dei Ministri per la firma entro trenta giorni decorrenti dalla seduta in cui viene assunta la delibera. In caso di criticità procedurali tali da non consentire il rispetto del predetto termine il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti riferisce al Consiglio dei Ministri per le conseguenti determinazioni.

        5. Per le delibere del CIPE di cui al comma 4, sottoposte al controllo preventivo della Corte dei Conti, i termini previsti dall'articolo 3, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni, sono ridotti di un terzo.

Articolo 42.
(Misure per l'attrazione di capitali privati).

        1. All'articolo 143 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il comma 5 è sostituito dal seguente:

        «5. Le amministrazioni aggiudicatrici, previa analisi di convenienza economica, possono prevedere nel piano economico finanziario e nella convenzione, a titolo di prezzo, la cessione in proprietà o in diritto di godimento di beni immobili nella loro disponibilità o allo scopo espropriati la cui utilizzazione ovvero valorizzazione sia necessaria all'equilibrio economico finanziario della concessione. Le modalità di utilizzazione ovvero di valorizzazione dei beni immobili sono definite unitamente all'approvazione del progetto ai sensi dell'articolo 97 e costituiscono uno dei presupposti che determinano l'equilibrio economico finanziario della concessione.».

        2. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) all'articolo 3, comma 11, è aggiunto il seguente periodo: «La gestione funzionale ed economica può anche riguardare, eventualmente in via anticipata, opere o parti di opere direttamente connesse a quelle oggetto della concessione e da ricomprendere nella stessa.»;

            b) all'articolo 143, comma 1, dopo le parole: «gestione funzionale ed economica» sono inserite le seguenti: «eventualmente estesa, anche in via anticipata, ad opere o parti di opere in tutto o in parte

 

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già realizzate e direttamente connesse a quelle oggetto della concessione e da ricomprendere nella stessa»;

            c) all'articolo 143, comma 4, dopo le parole: «anche un prezzo» sono inserite le seguenti: «nonché, eventualmente, la gestione funzionale ed economica, anche anticipata, di opere o parti di opere già realizzate».

        3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano ai contratti di concessione i cui bandi con cui si indìce una gara siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

        4. Al comma 8 dell'articolo 143 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Al fine di assicurare il rientro del capitale investito e l'equilibrio economico-finanziario del Piano Economico Finanziario, per le nuove concessioni di importo superiore ad un miliardo di euro, la durata può essere stabilita fino a cinquanta anni.»

        5. Le disposizioni di cui al comma 4 si applicano ai contratti di concessione i cui bandi con cui si indìce una gara siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

        6. L'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo disciplina, con proprio regolamento adottato ai sensi degli articoli 5, comma 2, 38, comma 2, 39, comma 3, 40, comma 3, 42, comma 3, e 191, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209, le modalità, i limiti e le condizioni alle quali le imprese autorizzate all'esercizio delle assicurazioni possono utilizzare, a copertura delle riserve tecniche ai sensi degli articoli 38, comma 1, e 42-bis, comma 1, attivi costituiti da investimenti nel settore delle infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, ospedaliere, delle telecomunicazioni e della produzione e trasporto di energia e fonti energetiche.

        7. Gli investimenti in questione possono essere rappresentati da azioni di società esercenti la realizzazione e la gestione delle infrastrutture, da obbligazioni emesse da queste ultime e da quote di OICR armonizzati che investano nelle predette categorie di titoli.

        8. All'articolo 18, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183, dopo le parole: «alla data di entrata in vigore della presente legge,», sono inserite le seguenti parole: «nonché di nuove opere di infrastrutturazione ferroviaria metropolitana e di sviluppo ed ampliamento dei porti e dei collegamenti stradali e ferroviari inerenti i porti nazionali appartenenti alla rete strategica transeuropea di trasporto essenziale (CORE TEN-T NETWORK)».

        9. Nell'Elenco 1, recante «Disposizioni legislative autorizzative di riassegnazioni di entrate», allegato alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, al numero 14, rubricato «Ministero per i beni e le attività e le attività culturali», sono abrogate le seguenti parole: «Legge 30 marzo 1965, n. 340» nonché «Legge 8 ottobre 1997, n. 352, articolo 2, comma 8». Le somme elargite da soggetti pubblici e privati per uno scopo determinato, rientrante nei fini istituzionali del Ministero per i beni e le attività culturali, versate all'erario sono riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, allo stato di

 

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previsione della spesa dell'esercizio in corso del Ministero per i beni e le attività culturali, con imputazione ai capitoli corrispondenti alla destinazione delle somme stesse o, in mancanza, ad appositi capitoli di nuova istituzione. Le predette somme non possono essere utilizzate per scopo diverso da quello per il quale sono state elargite.

Articolo 43.
(Alleggerimento e semplificazione delle procedure, riduzione dei costi e altre misure).

        1. Gli aggiornamenti o le revisioni delle convenzioni autostradali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, laddove comportino variazioni o modificazioni al piano degli investimenti ovvero ad aspetti di carattere regolatorio a tutela della finanza pubblica, sono sottoposti al parere del CIPE che, sentito il NARS, si pronuncia entro trenta giorni e, successivamente, approvati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla avvenuta trasmissione dell'atto convenzionale ad opera dell'amministrazione concedente.

        2. Gli aggiornamenti o le revisioni delle concessioni autostradali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto che non comportano le variazioni o le modificazioni di cui al comma 1 sono approvate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dall'avvenuta trasmissione dell'atto convenzionale ad opera dell'amministrazione concedente.

        3. Gli aggiornamenti o le revisioni delle concessioni autostradali, i cui schemi di atti aggiuntivi sono già stati sottoposti al parere del CIPE alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono approvati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dall'avvenuta trasmissione dell'atto convenzionale ad opera dell'amministrazione concedente.

        4. Sono abrogati il comma 2, ultimo periodo, dell'articolo 8-duodecies del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, e il comma 4 dell'articolo 21 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47.

        5. All'articolo 8-duodecies del decreto-legge 4 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, e successive modificazioni, dopo il comma 2-bis è aggiunto il seguente:

        «2-ter. I contratti di concessione di costruzione e gestione e di sola gestione nel settore stradale e autostradale sono affidati secondo le procedure previste all'articolo 144 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni, ovvero all'articolo 153 del medesimo decreto.

 

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        6. Ai fini della realizzazione di nuovi impianti tecnologici e relative opere civili strettamente connesse alla realizzazione e gestione di detti impianti, accessori e funzionali alle infrastrutture autostradali e stradali esistenti per la cui realizzazione siano già stati completati i procedimenti di approvazione del progetto e di localizzazione in conformità alla normativa pro-tempore vigente, non si applicano le disposizioni del Titolo II del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e non sono necessari ulteriori autorizzazioni, concessioni, permessi, nulla osta o atti di assenso comunque denominati.

        7. Al fine di migliorare la sicurezza delle grandi dighe, aventi le caratteristiche dimensionali di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti individua in ordine di priorità, anche sulla base dei risultati delle verifiche di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2004, n. 139, le dighe per le quali sia necessaria e urgente la progettazione e la realizzazione di interventi di adeguamento o miglioramento della sicurezza, a carico dei concessionari o richiedenti la concessione, fissandone i tempi di esecuzione.

        8. Ai fini del recupero delle capacità di invaso e del ripristino delle originarie condizioni di sicurezza il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con le regioni e le provincie autonome, individua, in ordine di priorità e sulla base anche dei progetti di gestione degli invasi ai sensi dell'articolo 114 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, le grandi dighe per le quali sia necessaria e urgente la rimozione dei sedimenti accumulatisi nei serbatoi.

        9. I concessionari o i richiedenti la concessione di derivazione d'acqua da grandi dighe che non abbiano ancora redatto il progetto di gestione dell'invaso ai sensi dell'articolo 114, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono tenuti a provvedere entro il 30 giugno 2012 e ad attuare gli interventi individuati ai sensi del comma 8 del presente articolo, entro due anni dall'approvazione del progetto di gestione.

        10. Per le dighe che hanno superato una vita utile di cinquanta anni, decorrenti dall'avvio degli invasi sperimentali di cui all'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 1o novembre 1959, n. 1363, i concessionari o i richiedenti la concessione sono tenuti a presentare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, il piano di manutenzione dell'impianto di ritenuta di cui all'articolo 93, comma 5, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e all'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, per l'approvazione e l'inserimento in forma sintetica nel foglio di condizioni per l'esercizio e la manutenzione della diga.

        11. Nelle more dell'emanazione del decreto di cui all'articolo 6, comma 4-bis, della legge 1o agosto 2002, n. 166, i concessionari o i richiedenti la concessione sono tenuti a presentare al predetto

 

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Ministero, entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, gli elaborati di consistenza delle opere di derivazione ed adduzione, comprese le condotte forzate, i relativi atti di collaudo, i piani di manutenzione, unitamente alle asseverazioni straordinarie sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di manutenzione delle citate opere dell'ingegnere designato responsabile ai sensi dell'articolo 4, comma 7, del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584. Il Ministero integra il foglio di condizioni per l'esercizio e la manutenzione delle dighe con le disposizioni riguardanti le predette opere.

        12. Entro sei mesi dall'emanazione del presente decreto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti procede, d'intesa con il Dipartimento della protezione civile, alla revisione dei criteri per l'individuazione delle «fasi di allerta» di cui alla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 22806, del 13 dicembre 1995, al fine di aggiornare i documenti di protezione civile per le finalità di gestione del rischio idraulico a valle delle dighe.

        13. Per il raggiungimento degli obiettivi connessi alle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2004, n. 139, nonché della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 febbraio 2004, i concessionari e i gestori delle grandi dighe sono tenuti a fornire al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per via telematica ed in tempo reale, i dati idrologici e idraulici acquisiti presso le dighe, comprese le portate scaricate e derivate, secondo le direttive impartite dal predetto Ministero.

        14. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esercita poteri sostitutivi nei confronti di concessionari e dei richiedenti la concessione in caso di inottemperanza degli stessi alle prescrizioni impartite nell'ambito dell'attività di vigilanza e controllo sulla sicurezza; in tali condizioni può disporre gli accertamenti, le indagini, gli studi, le verifiche e le progettazioni necessarie al recupero delle condizioni di sicurezza delle dighe, utilizzando a tale scopo le entrate provenienti dalle contribuzioni di cui all'articolo 2, commi 172 e 173, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, con obbligo di rivalsa nei confronti dei soggetti inadempienti.

        15. All'articolo 1, comma 7-bis, del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per le opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica, realizzate antecedentemente all'entrata in vigore della legge 5 novembre 1971, n. 1086, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti acquisisce o, in assenza prescrive, il collaudo statico delle opere anche complementari e accessorie degli sbarramenti. Per le opere realizzate successivamente i concessionari o i richiedenti la concessione di derivazione d'acqua da dighe sono tenuti a presentare entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto i collaudi statici delle opere stesse redatti ai sensi della normativa sopra indicata.

 

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Articolo 44.
(Disposizioni in materia di appalti pubblici).

        1. Al fine di garantire la piena salvaguardia dei diritti dei lavoratori, nonché la trasparenza nelle procedure di aggiudicazione delle gare d'appalto, l'incidenza del costo del lavoro nella misura minima garantita dai contratti vigenti e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro restano comunque disciplinati:

            a) dall'articolo 86, commi 3-bis e 3-ter; 87, commi 3 e 4; ed 89, comma 3, del decreto legislativo n. 163 del 2006;

            b) dall'articolo 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300;

            c) dagli articoli 26, commi 5 e 6, e 27 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

        2. L'articolo 81, comma 3-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è abrogato.

        3. L'articolo 4, comma 2, lettere n) e v), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, si interpreta nel senso che le disposizioni ivi contenute si applicano ai contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge; ai contratti già stipulati alla predetta data continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 132, comma 3, e dell'articolo 169 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel testo vigente prima della medesima data; ai fini del calcolo dell'eventuale superamento del limite previsto dal predetto articolo 4, comma 2, lettera v), del decreto-legge n. 70 del 2011, non sono considerati gli importi relativi a varianti già approvate alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge.

        4. All'articolo 4 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) al comma 10, le parole da: «ricevuti dalle Regioni» fino a: «gestori di opere interferenti», sono sostituite dalle seguenti: «pervenuti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti»;

            b) il comma 10-bis è sostituito dal seguente:

        «10-bis. Le disposizioni di cui al comma 2, lettera r), numeri 2-bis) e 2-ter), lettera s), numeri 1) e 1-bis), lettera t), numero 01), e lettera u), si applicano alle opere i cui progetti preliminari sono pervenuti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Alle opere i cui progetti preliminari sono pervenuti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni degli articoli da 165 a 168 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel testo vigente prima della medesima data.».

 

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        5. Alla legge 11 novembre 2011, n. 180, l'articolo 12 è soppresso.

        6. All'articolo 140, comma 1, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni, dopo le parole: «in caso di fallimento dell'appaltatore», sono aggiunte le seguenti: «o di liquidazione coatta e concordato preventivo dello stesso» e, dopo le parole «ai sensi degli art. 135 e 136», sono aggiunte le seguenti: «o di recesso dal contratto ai sensi dell'articolo 11, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252».

        7. All'articolo 2 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti:

        «1-bis. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l'accesso delle piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti devono, ove possibile ed economicamente conveniente, suddividere gli appalti in lotti funzionali.

        1-ter. La realizzazione delle grandi infrastrutture, ivi comprese quelle disciplinate dalla parte II, titolo III, capo IV, nonché delle connesse opere integrative o compensative, deve garantire modalità di coinvolgimento delle piccole e medie imprese.».

        8. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) dopo l'articolo 112 è inserito il seguente:

«Art. 112-bis.
(Consultazione preliminare per i lavori di importo superiore a 20 milioni di euro).

        1. Per i lavori di importo a base di gara superiore a 20 milioni di euro, da affidarsi con la procedura ristretta di cui all'art. 55 comma 6, le stazioni appaltanti indicano nel bando che sul progetto a base di gara è indetta una consultazione preliminare, garantendo il contraddittorio tra le parti.

            b) all'articolo 206, comma 1, dopo le parole «87; 88; 95; 96;» sono inserite le seguenti: «112-bis;».

        9. Le disposizioni di cui al comma 8 si applicano alle procedure i cui bandi o avvisi di gara sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Articolo 45.
(Disposizioni in materia edilizia).

        1. All'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

        «2-bis. Nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione

 

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dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.»

        2. Al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) all'articolo 52, il comma 2 è sostituito dal seguente:

        «2. Qualora vengano usati materiali o sistemi costruttivi diversi da quelli disciplinati dalle norme tecniche in vigore, la loro idoneità deve essere comprovata da una dichiarazione rilasciata dal Presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici su conforme parere dello stesso Consiglio.»;

            b) all'articolo 59, comma 2, le parole «, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici,» sono eliminate.

        3. All'articolo 11, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole: «Presidente del Consiglio dei Ministri» sono sostituite dalle seguenti: «Ministro delle infrastrutture e dei trasporti».

        4. All'articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 luglio 2009, le parole: «Presidente del Consiglio dei Ministri» sono sostituite dalle seguenti: «Ministro delle infrastrutture e dei trasporti».

Articolo 46.
(Collegamenti infrastrutturali e logistica portuale).

        1. Al fine di promuovere la realizzazione di infrastrutture di collegamento tra i porti e le aree retro portuali, le autorità portuali possono costituire sistemi logistici che intervengono, attraverso atti d'intesa e di coordinamento con le regioni, le province ed i comuni interessati nonché con i gestori delle infrastrutture ferroviarie.

        2. Le attività di cui al comma 1 devono realizzarsi in ottemperanza a quanto previsto dalla normativa comunitaria, avendo riguardo ai corridoi transeuropei e senza causare distorsione della concorrenza tra i sistemi portuali.

        3. Gli interventi di coordinamento devono essere mirati all'adeguamento dei piani regolatori portuali e comunali per le esigenze di cui al comma 2, che, conseguentemente, divengono prioritarie nei criteri di destinazione d'uso delle aree.

        4. Nei terminali retro portuali, cui fa riferimento il sistema logistico, il servizio doganale è svolto dalla medesima articolazione territoriale dell'amministrazione competente che esercita il servizio

 

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nei porti di riferimento, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Articolo 47.
(Finanziamento infrastrutture strategiche e ferroviarie).

        1. All'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, le parole: «ferroviarie e stradali» sono sostituite dalle seguenti: «ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico».

        2. Nelle more della stipula dei contratti di servizio pubblico il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a corrispondere a Trenitalia SpA le somme previste per l'anno 2011 dal bilancio di previsione dello Stato, in relazione agli obblighi di servizio pubblico nel settore dei trasporti per ferrovia, in applicazione della vigente normativa comunitaria.

Articolo 48.
(Clausola di finalizzazione).

        1. Le maggiori entrate erariali derivanti dal presente decreto sono riservate all'Erario, per un periodo di cinque anni, per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalità della situazione economica internazionale. Con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione.

Articolo 49.
(Norma di copertura).

        1. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente decreto, di cui, rispettivamente, all'articolo 1, all'articolo 2, all'articolo 3, comma 4, all'articolo 4, all'articolo 8, comma 4, all'articolo 9, all'articolo 13, commi 13 e 20, all'articolo 15, all'articolo 16, comma 1, all'articolo 18, comma 1, lettera b), all'articolo 20, all'articolo 21, comma 5, all'articolo 24, comma 27, all'articolo 30, commi 1 e 3 e all'articolo 42, comma 9, pari complessivamente a 6.882,715 milioni di euro per l'anno 2012, a 11.162,733 milioni di euro per l'anno 2013, a 12.669,333 milioni di euro per l'anno 2014, a 13.108,628 milioni di euro per l'anno 2015, a 14.630,928 milioni di euro per l'anno 2016, a 14.138,228 milioni di euro per l'anno 2017, a 14.456,228 milioni di euro per l'anno 2018, a 14.766,128 milioni di euro per l'anno 2019, a 15.078,428 milioni di euro per l'anno 2020, a 15.390,728 milioni di euro per

 

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l'anno 2021, a 15.703,028 di euro per l'anno 2022 e a 15.721,128 milioni di euro a decorrere dall'anno 2023, si provvede con quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dal presente decreto.

        2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Articolo. 50.
(Entrata in vigore).

        1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

        Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

        Dato a Roma, addì 6 dicembre 2011.

NAPOLITANO

Monti, Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'economia e delle finanze.
Fornero, Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Passera, Ministro dello sviluppo economico.
Clini, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Giarda, Ministro per i rapporti con il Parlamento.

Visto, il Guardasigilli: Severino.

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ALLEGATO 1

Tabella A – Contributo di solidarietà

Anzianità contributive al 31/12/1995

da 5 a fino a 15 anni

oltre 15 fino a 25 anni

Oltre 25 anni
Pensionati
Ex Fondo trasporti

0,3%

0,6%

1,0%
Ex Fondo elettrici

0,3%

0,6%

1,0%
Ex Fondo telefonici

0,3%

0,6%

1,0%
Ex Inpdai

0,3%

0,6%

1,0%
Fondo volo

0,3%

0,6%

1,0%
Lavoratori
Ex Fondo trasporti

0,5%

0,5%

0,5%
Ex Fondo elettrici

0,5%

0,5%

0,5%
Ex Fondo telefonici

0,5%

0,5%

0,5%
Ex Inpdai

0,5%

0,5%

0,5%
Fondo volo

0,5%

0,5%

0,5%

 

Pag. 242

Tabella B Aliquote di finanziamento

anno Zona normale Zona svantaggiata

Maggiore di 21 anni

Minore di 21 anni

Maggiore di 21 anni

Minore di 21 anni
2012

20,6%

18,4%

17,7%

14,0%
2013

20,9%

19,0%

18,1%

15,0%
2014

21,2%

19,6%

18,5%

16,0%
2015

21,5%

20,2%

18,9%

17,0%
2016

21,8%

20,8%

19,3%

18,0%
2017

22,0%

21,4%

19,7%

19,0%
dal 2018

22,0%

22,0%

20,0%

20,0%

 

Pag. 243

Tabella C Aliquote di computo

Anni
Aliquota di computo
2012 20,6%
2013 20,9%
2014 21,2%
2015 21,5%
2016 21,8%
2017 22,0%
dal 2018 22,0%

Frontespizio Relazione Relazione Tecnica Disegno di Conversione Decreto Legge Allegato
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