Onorevoli Colleghi! - Si stima che ogni anno in Italia circa 150.000 nuovi pazienti oncologici abbiano bisogno di cure palliative. Secondo ricerche recenti, il 12 per cento vive da solo e l'80 per cento ha più di sessantacinque anni di età. Il carico assistenziale ricade sui familiari, in particolare sulle donne: assistenti di sesso femminile gestiscono l'80 per cento dei pazienti maschi e il 55 per cento delle pazienti femmine. Considerando anche le altre malattie cronico-degenerative, la stima della Società italiana di cure palliative (SICP) è di 250.000 utenti potenziali ogni anno, di cui 11.000 minorenni. Sembra, però, che il 70 per cento dei malati terminali non goda di adeguate cure anti-dolore; ciò colloca il nostro Paese tra i peggiori in Europa nella diffusione della cultura della riduzione del dolore, anche al fine di garantire una migliore qualità di vita per i pazienti terminali durante gli ultimi mesi di vita, sebbene tra i 46 centri di eccellenza per le cure palliative riconosciuti in ambito europeo, otto siano italiani.
a) l'ottimizzazione dei percorsi di cura e di assistenza con un'adeguata organizzazione della rete. Tra le azioni prioritarie vi è la necessità di caratterizzare i processi nelle fasi di cura attiva, riabilitativa e palliativa, in particolare per quanto riguarda l'intervento territoriale, domiciliare e residenziale;
b) lo sviluppo di cure palliative;
c) lo sviluppo della terapia del dolore;
d) il riconoscimento della riabilitazione oncologica.
Ogni regione italiana ha provveduto a definire la programmazione della rete di cure palliative, ma le modalità applicative si differenziano tra loro. Molte hanno elaborato programmi regionali specifici per le cure palliative (soprattutto in conseguenza del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39, e della necessità di elaborare il programma regionale per le cure palliative finalizzato all'accesso ai finanziamenti previsti per la realizzazione dei centri residenziali di cure palliative o hospice). Altre hanno inserito lo sviluppo delle cure palliative all'interno del più vasto programma di riorganizzazione della rete di interventi domiciliaci sanitari, socio-sanitari e assistenziali (rete per la cura e l'assistenza domiciliari).
I dati della pubblicazione «Hospice in Italia 2006: prima rilevazione ufficiale», effettuata dalla Società italiana cure palliative in partnership con la Fondazione Isabella Seragnoli e la Fondazione Floriani, pubblicati a novembre 2007, evidenziano che l'applicazione e la diffusione delle cure palliative sono ancora poco sviluppate nel nostro Paese rispetto alla richiesta ufficiale. Si calcola infatti che a tutt'oggi ci siano circa 114 hospice attivi, strutture residenziali di degenza, con una maggiore concentrazione nel centro-nord, che rispecchiano circa un terzo del fabbisogno stimato, a cui si aggiunge la quasi assenza delle cure palliative delle unità domiciliari.
Inoltre, particolare attenzione deve essere rivolta al progetto «Ospedale senza dolore», nato dall'accordo approvato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il 24 maggio 2001 (di cui al provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 149 del 29 giugno 2001), con l'obiettivo di cambiare l'approccio degli operatori sanitari e dei cittadini nei confronti di un fenomeno spesso sottovalutato e, come già rilevato, considerato «fatale».
Per la realizzazione del progetto è previsto che in ogni azienda sanitaria si costituisca il comitato «Ospedale senza dolore», con il compito di assicurare un osservatorio specifico del dolore nelle strutture sanitarie, in particolare ospedaliere, di coordinare la formazione continua del personale medico e infermieristico, di promuovere gli interventi necessari per la disponibilità dei farmaci di derivazione oppiacea e di dare impulso all'applicazione di protocolli di valutazione e trattamento del dolore con l'obiettivo di estendere la cura agli ammalati affetti da dolore di qualsiasi origine (dolore post operatorio, neoplastico e cronico).
Risulta, quindi, necessaria l'elaborazione di un modello assistenziale di cure palliative flessibile e articolabile in base alle differenti necessità regionali, ma garantendo comunque su tutto il territorio una risposta ottimale ai bisogni della popolazione, sia per i malati sia per le loro famiglie che si trovano ad affrontare tale realtà.
La rete deve essere composta da un sistema di offerta nel quale la persona malata e la sua famiglia possano essere guidate e coadiuvate nel percorso assistenziale tra il proprio domicilio, sede di intervento privilegiata, in genere preferita