Onorevoli Colleghi! - In un'epoca come l'attuale, caratterizzata ovunque - e dunque anche in Italia - da accelerati fenomeni di mutamento economico che hanno profonde ricadute sul piano culturale e sociale, e il cui impatto è amplificato dalla natura globale delle reti produttive, gli strumenti di emancipazione individuale e di affermazione dei diritti diventano quanto mai preziosi. A perdere consistenza è proprio il perimetro delle tutele personali, logorate dall'economia delle transazioni internazionali, dalla speculazione finanziaria, da fenomeni inflativi e dal ritorno di una povertà diffusa.
Tra i possibili strumenti di sostegno e di contrasto a tali derive il microcredito è quello dalle caratteristiche più incisive e immediate, la cui validità è già provata sul piano applicativo.
L'opera di Muhammad Yunus, fondatore della Grameen Bank nel 1976, è stata essenziale per la diffusione e la conoscenza di questa misura virtuosa di aiuto in favore di coloro che vivono una condizione di marginalità. Tale importanza è stata suggellata, nel 2006, con il conferimento del premio Nobel per la pace a Yunus. Da allora, numerosi sono stati gli appuntamenti internazionali, promossi soprattutto
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in seno all'Organizzazione delle Nazioni Unite, per definire il perimetro e le implicazioni del microcredito per lo sviluppo.
I dati di base ci dicono che è in atto un epocale stravolgimento nella geografia socio-economica del pianeta. Il processo di urbanizzazione continua, fino al punto che di qui a un quinquennio la maggior parte della popolazione mondiale vivrà in un'area urbana allargata. Purtuttavia, la condizione delle aree rurali è in forte arretramento, con un evidente allargamento della forbice di sviluppo globale. Accanto a questa «divaricazione orizzontale» ne esiste una seconda, che ci interessa ancora più da vicino, poiché coinvolge le economie liberali occidentali: si tratta di una «divaricazione verticale», che sposta verso il basso quello che, dall'ottocento, si è soliti definire il «ceto medio» e che oggi assume più le fattezze sociologiche di un «proletariato emancipato». Come rivelano statistiche e indagini sociologiche, nel nostro Paese l'area delle povertà si amplia coinvolgendo, rispetto al passato, un numero sensibilmente maggiore di famiglie. C'è da attendersi che il fenomeno si amplii ancora, sotto la spinta di nuove dinamiche. Si pensi alla pressione che la nostra società dovrà gestire in termini di afflussi di migranti, spinti dalle nuove povertà, dalla persecuzione politica e ideologica, dalla naturale contaminazione tra popoli.
In entrambi i casi, il microcredito può essere uno strumento di ausilio per l'affermazione della dignità della persona e per la sua emancipazione, quindi per una sua integrazione sociale ed economica.
Numerose nel mondo sono le strutture organizzate di credito sociale, benché la natura spontaneistica e di prossimità del fenomeno rimanga la connotazione qualificante. Si calcola che siano circa 100 milioni le persone poverissime che, a livello globale, hanno avuto accesso alla «catena del valore del microcredito», con un tasso di copertura, vale a dire il rapporto tra i soggetti che effettivamente hanno goduto della misura e quelli potenziali, variabile dal 31 per cento dell'Asia allo 0,6 per cento dell'Europa.
La scarsa diffusione del microcredito in Europa e le crescenti situazioni di marginalità hanno costituito oggetto di una puntuale riflessione in sede comunitaria. Nel 2007 la Commissione europea ha sottolineato la necessità di incoraggiare lo sviluppo del microcredito, promovendo l'accesso a tali prestazioni in linea con gli obiettivi di inclusione sociale previsti dalla strategia di Lisbona.
In Italia le manifestazioni della marginalità connesse alle nuove forme di povertà e alle dinamiche migratorie hanno, del pari, alimentato una crescente attenzione, da parte delle amministrazioni locali e delle istituzioni finanziarie, verso i piccoli prestiti con finalità sociale.
Nel 2006 vivevano in Italia oltre 2.600.000 famiglie con reddito inferiore a 1.000 euro al mese, cioè oltre 7.600.000 persone povere, pari al 13 per cento della popolazione. L'incidenza della povertà è più diffusa nel Mezzogiorno, dove il fenomeno è cinque volte maggiore che nel resto del Paese, e si accompagna a una generale esclusione delle persone colpite da ogni forma di collegamento con gli strumenti della crescita e dello sviluppo offerti dalla società.
Trasversale rispetto all'andamento geografico è il fenomeno del degrado delle periferie dei grandi centri urbani o della lontananza dei piccoli comuni rispetto alle grandi aree metropolitane, che genera condizioni di isolamento per larghe parti di popolazione che vivono in contesti scarsamente provveduti di servizi pubblici, dove mancano punti di riferimento e di sostegno, dove alto è il rischio di devianze. Eppure, molto spesso si tratta di aree in cui, per la vivacità del capitale umano e la generosità delle risorse presenti, basterebbero pochi stimoli per ridare fiducia a coloro che non hanno, o non ricevono più, una considerazione da parte di quanti dovrebbero assistere e contrastare le condizioni di disagio.
In questo quadro articolato, se la povertà e il rischio di marginalità sono in fase di preoccupante crescita, il microcredito
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potrebbe contribuire a restituire attenzione e dignità agli ultimi, agli invisibili, a quelli che faticano a far sentire la loro voce.
Si calcola che il 25 per cento della popolazione italiana è escluso dall'accesso ai finanziamenti bancari. È a loro, agli studenti, ai lavoratori precari, ai lavoratori ultraquarantenni espulsi dal mercato del lavoro, alle donne sole, agli immigrati, alle famiglie povere, che il microcredito si rivolge.
Dal nord al sud del Paese, la platea potenziale di soggetti interessati al microcredito è ampia e ha sollecitato l'interesse di enti locali che hanno colto l'invito di agenzie ed enti di ricerca sociale ad attivare programmi di credito etico, utili a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e delle loro famiglie e che hanno generato interessanti dinamiche di sviluppo nei quartieri dove le iniziative sono state localizzate.
Seicentomila euro di piccoli finanziamenti per circa 350 soggetti beneficiari. Questa è la fotografia delle iniziative di microcredito attivate nell'ultimo quadriennio in Italia, con una prevalenza nel centro-nord, dove la finanza sociale ha un maggior radicamento e gode di un'esperienza più solida rispetto alle aree del Mezzogiorno.
La funzione di emancipazione della finanza etica e l'opportunità che il credito così inteso possa essere conosciuto da tutti, proprio per essere appannaggio di tutti, sono le ragioni fondanti della presente proposta di legge.
Ferma restando l'autonomia degli enti locali di scegliere se attivare sul loro territorio progetti di microcredito, la presente proposta di legge intende promuovere le finalità sociali di tale misura quale strumento di lotta contro la povertà e l'esclusione finanziaria e di sostegno alla creazione di microiniziative di carattere locale.
La finanza etica rimarrebbe «lettera morta» se le sue finalità non fossero conosciute dal largo pubblico. Se solo si tiene conto che essa ha come principali destinatari soggetti che, in ragione della loro condizione, hanno scarsa dimestichezza con le procedure bancarie o persone il cui grado di fiducia nelle proprie possibilità è fortemente scemato perché vivono ai margini della società a causa di eventi avversi, risulta di tutta evidenza come la promozione degli scopi e, soprattutto, delle modalità di accesso al microcredito giochi un ruolo fondamentale nell'avvicinare agli strumenti di stimolo necessari a sostenere le piccole iniziative di crescita sociale ed economica.
Il credito sociale può rivestire un'importanza determinante nel favorire i processi di sviluppo ove esso sia strettamente legato al territorio. Per questo, la presente proposta di legge intende promuovere l'idea che il microcredito debba avere una forte valenza locale, perché è solo calibrando le iniziative in ragione delle peculiarità sociali intrinseche al territorio che la finanza etica riesce a trasformare le sacche di disagio presenti in dinamiche di crescita, attivando il protagonismo di soggetti che, altrimenti, non avrebbero possibilità di sperimentare alcunché.
La proposta di legge si compone di cinque articoli.
L'articolo 1 esprime la finalità sociale della promozione della finanza etica.
L'articolo 2 costituisce il fulcro della proposta, prevedendo che la Presidenza del Consiglio dei ministri promuova, avvalendosi gratuitamente del concessionario del servizio pubblico radiotelevisivo, una campagna nazionale di informazione sulle finalità sociali del microcredito. Prevede, altresì, che le regioni, le province e i comuni che hanno avviato nei loro territori progetti di credito sociale possano avvalersi della consulenza del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri per la realizzazione di campagne di comunicazione al fine di portare a conoscenza del pubblico le finalità dei progetti attivati e, soprattutto, le modalità di accesso.
L'articolo 3, con una norma di indirizzo, individua le linee fondamentali delle campagne di informazione, prevedendo che la promozione debba evidenziare il carattere locale delle iniziative - in quanto destinate a stimolare le energie e le potenzialità
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dei territori e dei quartieri - e il principio di eguaglianza sostanziale nell'accesso ai benefìci che devono riguardare le donne e gli uomini, i cittadini italiani come i migranti che, integrati, vivono in regola nel nostro Paese.
A titolo di premialità, l'articolo 4 intende incentivare l'attivazione di progetti di credito sociale da parte degli enti locali, prevedendo che le risorse destinate da regioni, province e comuni al microcredito siano escluse dal calcolo della spese rilevanti ai fini del rispetto del patto di stabilità interno.
L'articolo 5 reca, infine, la relativa copertura finanziaria.
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