Onorevoli Colleghi! - In un momento di generale crisi finanziaria, quale l'attuale, non si può sottovalutare l'esistenza, da più parti sottolineata, delle difficoltà che un rilevante numero di enti locali ha nel rispettare il patto di stabilità interno (sembra che tale numero sia pari a circa il 50 per cento degli enti interessati), a cui si aggiunge l'aggravante della lentezza dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione in generale e di quella locale in particolare. Da «Il Sole 24 ore» di martedì 4 novembre 2008 (pagina 13) si apprende che le aziende che hanno problemi nei pagamenti con la pubblica amministrazione sono il 52 per cento (fonte Osservatorio su imprese e pubblica amministrazione), che il tempo medio è di 135 giorni (fonte ufficio studi della Confartigianato su dati Intrum Justitia European Payment Index 2008), che se nei settori delle infrastrutture e dell'edilizia, insieme con la sanità, si registrano, nell'ordine, le rispettive peggiori performance, in grave sofferenza sono anche le forniture diverse, la sicurezza, i servizi e simili. Sempre da «Il Sole 24 ore» di giovedì 15 gennaio 2009 si evidenzia (pagina 12) che «sessanta miliardi di liquidità bloccata, soprattutto per le piccole e medie imprese, sono una cifra che si commenta da sola. Possiamo solo immaginare cosa potrebbe significare, in positivo, lo sghiacciamento progressivo di questa montagna di denaro (qui ci si riferisce a quello degli enti locali, comuni e province, certamente di importo appena inferiore al 50 per cento di quello statale) da rimettere dentro i circuiti commerciali e a sostegno degli investimenti». Aggiunge poi lo stesso articolo che i comuni sono «stretti tra la necessità di pagare le imprese o rimandare un investimento essenziale, per non sforare il "patto di stabilità"».

 

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      Il tema di un tale stato di difficoltà, cioè delle condizioni di sostanziale insolvilibilità o di dissesto di comuni e province, attesi la dimensione e il rilievo che assumono nell'economia nazionale oltreché locale, va affrontato non più in termini meramente repressivi e con strumenti sostanzialmente punitivi, inidonei a garantire un effettivo risanamento, ma in termini di prevenzione e di programmazione non solo del risanamento finanziario indispensabile ma anche della ripresa e dello sviluppo idonei a garantirlo. Occorre, cioè, intervenire prima che si verifichino e si consolidino le condizioni di fatto che impongono la dichiarazione di default.
      In un simile contesto il tema del controllo si pone con immediatezza. È del tutto evidente che non si intende in alcun modo riproporre, in maniera più o meno surrettizia, il controllo preventivo di legittimità, ma che si vuole semplicemente rendere effettivo, a fronte di un programmato percorso di risanamento e di sviluppo, il «controllo interno» previsto e disciplinato dalla normativa vigente utilizzandolo, nell'ambito di tale risanamento e sviluppo, come strumento di buona amministrazione. Anche gli aspetti della cosiddetta «finanza innovativa» devono essere attentamente valutati, poiché, se usati correttamente, possono costituire un utile strumento di garanzia, nell'ambito del principio dell'esclusione di ogni contratto a contenuto aleatorio, onde impedire ogni possibile loro impiego distorto. Di qui il richiamo agli strumenti finanziari derivati, da considerare, appunto, come strumenti per la gestione delle risorse, quindi da assoggettare al «controllo interno» nel contesto di un'attenta regia della programmazione, con una specificità pari a quella che si utilizza per il bilancio e simili.
      Ovviamente il tutto nei limiti, anche propositivi e di coordinamento, della Costituzione.
      Di tutto ciò si dà contezza nella presente proposta di legge. Si sottolinea, innanzitutto, la valenza generale della normativa e l'ambizione della stessa di anticipare, in modo rispettoso dell'autonomia e dei criteri che potranno presiedere al federalismo, la necessaria riforma, addirittura, per quanto possibile, precorrendo quello che si potrebbe chiamare il diritto fallimentare degli enti pubblici locali infraregionali: comuni e province.
      La presente proposta di legge integra, dunque, nelle more di una più ampia e complessiva riforma, le disposizioni previste dal titolo VIII della parte seconda, in materia di enti locali deficitari o dissestati, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, di seguito «TUEL», ha valenza generale ed è senza oneri a carico dello Stato.
      Si prendono in considerazione le difficoltà finanziarie degli enti locali nel quadro degli obblighi di garanzia che gli stessi hanno in relazione a un adeguato livello di servizi ma anche alla promozione dello sviluppo, della coesione e della solidarietà, nonché di garantire il coordinamento e di rimuovere gli squilibri economici e sociali, sancito in capo allo Stato dall'articolo 119 della Costituzione, in sintonia con i princìpi generali della buona amministrazione.
      La proposta di legge riguarda «il mondo» delle autonomie locali, nella sua interezza, indipendentemente dalla dimensione di ciascun ente; mondo in cui molto forti ed evidenti sono i sintomi di un diffuso disagio, in particolare di natura finanziaria. Un mondo che ha la forza di incidere, per l'entità delle risorse che muove e per la vicinanza con la comunità in generale, con quella imprenditoriale e con i singoli protagonisti della vita quotidiana e dei suoi riflessi economici e finanziari, sullo sviluppo strutturalmente considerato, tenuto conto del momento di crisi finanziaria in atto.
      Si intende intervenire in questo comparto con ben strutturate, complete e organiche riforme, fondate sui princìpi dell'autonomia, dell'autodeterminazione e sull'assunzione delle responsabilità, anche finanziarie, che possono trarre origine dalla concreta attuazione di detti princìpi.
      I tempi necessari per affrontare una riforma così complessa in modo organico impongono soluzioni compatibili con l'urgenza
 

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delle risposte che si attendono per risolvere alcune tra le presenti emergenze, che sinteticamente si possono riassumere nella crisi di liquidità, di programmazione e dei controlli interni diretti a garantire la buona amministrazione, crisi che gli enti locali attraversano. Resta, in ogni caso, intatta la necessità della periodica verifica dell'effettivo impatto della normativa nell'ottica di un suo eventuale adeguamento ai fini previsti e ai risultati attesi.
      Lo strumento previsto allo scopo consiste in un'adeguata programmazione che, approvata, permetta tempestivamente a province e a comuni di affrontare il tema della liquidità e della capacità di spesa a regime, prevenendo il default. Infatti la situazione di dissesto, una volta dichiarata, non solo è formalmente irrevocabile, ma incide pesantemente e a lungo sullo sviluppo anche economico delle comunità locali, con effetti punitivi che, al momento in cui fu emanata la legislazione che li previde, erano attutiti grazie all'assunzione sistematica, in tutto o in parte, degli oneri di risanamento da parte dello Stato. Succedeva, cioè, che l'intera comunità nazionale di allora si faceva carico dell'eventuale cattiva gestione locale.
      Le riforme nel tempo succedutesi, specie quella costituzionale, non consentono più una siffatta soluzione: l'autonomia più è effettiva più sconta, come prezzo, l'assunzione della responsabilità e dei connessi oneri derivanti dalla «mala gestio» della stessa autonomia. Ma ciò viene attuato dalla normativa vigente in modo formale e burocratico, prescindendo in modo acritico dalle specifiche e reali situazioni e con scarsa attenzione all'autonomia dei singoli enti.
      L'intento del precedente legislatore in ordine al dissesto, dunque, appare punitivo per la comunità interessata se letto in questo contesto. Tuttavia l'effetto sanzionatorio, probabilmente ineludibile, potrebbe apparire corretto ove intervenissero a dirigerlo verso obiettivi ragionevoli alcune precisazioni: le sanzioni non dovrebbero essere applicate esclusivamente a carico dell'ente dissestato e della sua comunità, ma a carico di chi ha prodotto, o concorso a produrre, il dissesto. Non dovrebbe affermarsi una responsabilità oggettiva, posta comunque e totalmente a carico di cittadini incolpevoli (hanno solo espresso il loro diritto di voto), ma soggettiva a carico di chi effettivamente, direttamente o indirettamente, l'ha prodotto. Nello stesso tempo si dovrebbe sancire l'obbligo dell'ente di rivedere il proprio complessivo assetto organizzativo, strutturale e comportamentale, con un'adeguata programmazione.
      La situazione di pre-dissesto costituisce così (sia pur malauguratamente e tuttavia) un'occasione da cogliere per riorganizzare l'ente partendo dalla programmazione, con l'immediatezza che la drammaticità e l'eccezionalità della situazione impongono.
      Il controllo interno, che sicuramente è stato carente prima, non può più esserlo ora in sede di pre-dissesto: anzi, va qualificato e intensificato. È chiaro che non si intende in alcun modo reintrodurre il controllo preventivo di legittimità, ma soltanto verificare e rendere effettivo il sistema dei controlli interni attualmente vigenti.
      Le misure che si propongono, che sono, dunque, coerenti con le annunciate linee guida della riforma federalista, hanno il pregio e l'onere dell'immediatezza risolutiva della situazione contingente. L'effetto sanzione, che in qualche modo comunque permane come si è detto, si trasforma in opportunità per quegli enti che sappiano e che vogliano (si dovrebbe anche dire che devono), in piena autonomia, approfittarne.
      Per tutte queste ragioni la normativa che si propone è - e non potrebbe non esserlo - a costo zero per lo Stato e per la comunità nazionale.
      In questo contesto appare opportuno che al Ministro dell'interno si affianchino il Ministro per i rapporti con le regioni e il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, affinché ciascuno possa intervenire in relazione al suo ruolo di coordinamento organizzativo generale, atteso che la normativa sancisce la necessità dell'approvazione di un programma di risanamento e al tempo stesso l'effettività
 

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dei controlli interni, a garanzia del reale risanamento, con la definizione di un quadro di riferimento per la ripresa dello sviluppo locale.
      La normativa proposta:

          1) riguarda gli enti che si trovano nella situazione di pre-dissesto (enti strutturalmente deficitari di cui agli articoli 242 e 243 del TUEL), come risultante dalle oggettive condizioni espresse dal bilancio di previsione (tabella prevista dalla lettera f ) del comma 1, dell'articolo 172 del TUEL);

          2) tende, ove non fosse ancora in intervenuta, a prevenire la dichiarazione del dissesto;

          3) offre agli enti un'opportunità quale quella del mutuo - nella forma particolare evidenziata - anche in eccedenza ai limiti ma in base a un'adeguata e approvata programmazione che attesti la capacità di sopportare il relativo reintegro della cassa, ora non prevista, anzi non percorribile;

          4) rende possibile una soluzione che mette in pregio l'autonomia dei singoli enti;

          5) impone agli enti l'assunzione di responsabilità;

          6) impone un puntuale controllo sulla programmazione del risanamento: controllo preventivo (esterno, corrispondente ai princìpi della normativa vigente), in itinere (controllo interno) e successivo (controllo interno ed esterno), diretto proprio a garantire il corretto uso di tale autonomia;

          7) modifica sostanzialmente il diritto fallimentare pubblico (se di questo si può parlare);

          8) introduce una semplificazione, importante, del percorso di estinzione dei debiti attraverso la programmazione controllata applicata per l'occasione;

          9) introduce anche, sostanzialmente, una forma di concordato preventivo, dal momento che rende possibile l'estensione di queste regole alla condizione di pre-dissesto;

          10) sostituisce un astratto (quello attuale) controllo sulla capacità di contrarre debiti del comune e di ricostituire la cassa, con l'effettiva verifica di tale capacità e della solvibilità dell'ente, operata dal Ministro dell'interno, sentito il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, e fondata sul programma di risanamento;

          11) applica l'istituto all'intera massa passiva, garantendo la «par condicio creditorum» sia nelle procedure del dissesto che in quelle del pre-dissesto;

          12) consente una maggiore flessibilità e agevola soluzioni di risanamento alternative rispetto a quelle in uso, al fine di prevenire e di evitare l'effetto traumatico del dissesto o, quando sia dichiarato, al fine di attutirne gli effetti accelerando l'uscita da tale situazione;

          13) offre ai comuni la possibilità di programmare il risanamento per ricondurre «in bonis» la gestione dell'ente, attraverso questa particolare forma di indebitamento che si configura sostanzialmente - e almeno in parte - come anticipazione di cassa, sia pur nella forma garantista del mutuo, atteso l'alto tasso del rischio:

              a) per il pagamento di passività pregresse, in eccedenza ai limiti già normalmente previsti dalla legge (articolo 256, comma 5, del TUEL), passività che provengono anche da sentenze o da debiti per oneri correnti;

              b) per la ricostituzione della cassa e dei fondi a destinazione vincolata;

          14) in ogni caso, fa salvi gli eventuali giudizi di responsabilità nei confronti di chi ha determinato e ha concorso a determinare l'insorgenza del dissesto o del pre-dissesto;

          15) prevede che il debito (il mutuo ovvero l'indebitamento sostanzialmente per cassa):

              a) sia contratto con l'istituto di credito che gestisce la tesoreria;

 

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              b) sia a totale carico dell'ente e, quindi, senza oneri per lo Stato;

              c) sia stato approvato con apposito provvedimento motivato del Ministro dell'interno insieme con il programma di risanamento;

          16) stabilisce che il programma stesso preveda a carico dell'ente i controlli esterni sanciti per gli enti in dissesto;

          17) prescrive che sia previsto nel programma di risanamento, ed espressamente approvato con il provvedimento del Ministro dell'interno, sentito il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, il monitoraggio del programma stesso e le relative modalità, attraverso i controlli interni di cui all'articolo 147 del TUEL, ai quali presiede la commissione straordinaria di liquidità (CSL): eventuali specifiche sottocommissioni necessarie per tale controllo dovranno essere nominate con le stesse modalità di nomina della CSL e saranno composte esclusivamente da membri esterni all'ente;

          18) prevede che la commissione certifichi la massa attiva e passiva, provvedendo inoltre alla liquidazione dei debiti certi, liquidi ed esigibili nelle forme previste dal titolo VIII della parte seconda del TUEL;

          19) fa salve, ovviamente, le limitazioni previste dall'articolo 249 del TUEL per la contrazione di nuovi mutui;

          20) stabilisce che la CSL, ed eventualmente la sottocommissione per controlli interni se costituita, rendano al Ministro dell'interno il proprio parere in ordine al piano di risanamento entro e non oltre quindici giorni dalla sua presentazione; in difetto il Ministro dell'interno provvede ugualmente;

          21) impedisce ogni assunzione di oneri a carico dello Stato attraverso l'espresso divieto e attraverso il sistema «dell'apertura di credito autofinanziata a lungo termine», garantita e gestita con le economie e con le maggiori entrate;

          22) permette interventi di natura economica e finanziaria, ad esempio mediante l'utilizzo di quota parte del Fondo perequativo nazionale delle risorse destinate allo sviluppo e all'incentivazione della ripresa economica;

          23) consente la formazione di una banca dati, indispensabile per affrontare la riforma delle autonomie in senso federalista e la messa a punto, e a regime, del diritto fallimentare in materia di pubblica amministrazione locale;

          24) realizza consistenti economie di spesa, evitando la contrazione di servizi, per il risanamento del bilancio e per il finanziamento della ripresa e dello sviluppo dell'economia locale, che è uno dei volani di quella nazionale;

          25) introduce il principio degli «incentivi autoprodotti, autofinanziati e autoregolati» a carico del bilancio dello stesso ente locale. Incentivi possibili nei limiti di una percentuale, da definire in sede di redazione del programma e del piano di sviluppo, delle economie effettivamente realizzate e per il tempo in cui si producono, quali:

              a) riduzione di tariffe e di tasse comunali in favore delle imprese in relazione al tasso di occupazione;

              b) riduzione, in favore delle imprese, delle percentuali relative alle imposte addizionali;

              c) benefìci, in favore delle imprese, nella definizione degli accordi aventi ad oggetto miglioramenti tariffari convenzionati con fornitori di energia, di comunicazioni e simili;

          26) introduce il principio dei disincentivi quali interventi sulla remunerazione e sulle indennità per dirigenti e amministratori, non escludendo l'introduzione, anche in via sperimentale, degli indicatori di prodotto risultanti dalla valutazione di quozienti relativi a prodotti e a servizi, a costo della produzione e a monitoraggio della soddisfazione, funzionali

 

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agli obiettivi del programma di risanamento e del piano di sviluppo;

          27) istituisce, infine, la CSL a livello nazionale, articolata, in caso di necessità, in sottocommissioni decentrate, di norma regionali, con funzioni di indirizzo e di coordinamento dei percorsi gestionali connessi con il risanamento e con lo sviluppo, programmati e approvati dal competente Ministro.

      In merito alla sfera dell'autonomia degli enti locali la normativa proposta assolve puntualmente ai fini elencati ma lo fa attraverso la volontaria adesione dell'ente interessato il quale è, in piena autonomia, anche arbitro delle relative modalità, con il limite dettato dal criterio di carattere generale e di coordinamento del sistema della finanza pubblica, contenuto nella normativa. A meglio chiarire questo aspetto vale quanto di seguito esposto in relazione al divieto di cui allo stesso articolo 119 della Costituzione.
      Per quanto attiene il finanziamento delle spese correnti mediante l'indebitamento riservato esclusivamente alle spese di investimento, l'ente locale può predisporre il programma di risanamento (che sarà approvato dal Ministro dell'interno, sentito il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione) e provvede a finanziarlo attraverso la razionalizzazione delle entrate e delle spese, nonché attraverso il contenimento di queste ultime. Il principio cui attenersi, tuttavia, non è generico poiché nel programma deve essere inserito il vincolo delle maggiori entrate, specificamente individuate, e delle minori spese, altrettanto specificamente individuate, finalizzato esclusivamente alla ricostituzione della cassa che è stata utilizzata (o man mano che viene utilizzata) per fronteggiare l'entità della massa passiva (il risanamento), consolidata secondo l'attuale normativa e definita dalla commissione. Tali risorse, attenendo a un indebitamento che è più vicino alla figura dell'anticipazione di cassa che al mutuo, utilizza di quest'ultimo le garanzie. Le risorse stesse sono, in ogni caso, gestite dal tesoriere secondo lo schema del programma di risanamento adottato dall'ente ed approvato dal Ministro dell'interno, sentiti i Ministri per la pubblica amministrazione e per l'innovazione e per i rapporti con le regioni, programma che non è revocabile.
      La figura giuridica dell'operazione (tra il mutuo in senso stretto e l'anticipazione di cassa) si potrebbe probabilmente ascrivere - come meglio in seguito analizzato - a uno schema finanziario autonomo che si fonda sulla straordinarietà del caso al quale lo si vuol applicare e solo a quello, altrimenti non estensibile.
      Tutto il resto, come effetti sanzionatori, procedure, controlli e interventi terzi sulla gestione del dissesto e sull'ente locale stesso resta disciplinato dal TUEL e, per quanto riguarda il contenuto specifico del programma di risanamento, esso è previsto dalla normativa proposta.
      In ordine al ricorso all'anticipazione di cassa lunga tipo mutuo per fronteggiare anche spese non di investimento già sostenute, la normativa, riaffermando l'obbligo nei confronti dell'ente di procedere al risanamento con mezzi del tutto propri, potrebbe scoraggiare sia il pre-dissesto che il dissesto stesso.
      L'utilità del sistema si può misurare in funzione dell'efficienza, dell'efficacia e dell'economicità della gestione. Infatti non si tratta di incrementare l'indebitamento dell'ente ma di razionalizzare il sistema delle entrate a fronte di quello delle uscite, con uno strumento che permetta la fattibilità, la programmabilità, il controllo e, in una parola, l'effettività.
      Difatti, nel caso di cui si discute, non si ricorre agli strumenti tradizionali di finanziamento del mutuo, né dell'apertura di credito e neppure dell'anticipazione di cassa. Si tratta di un'operazione ascrivibile, da un lato, alla generalissima categoria del credito e, dall'altro, a quella dell'indebitamento, ma la cui connotazione, se pur preleva aspetti dei vari istituti indicati combinandoli tra loro in modo diverso e nuovo, è quella di un istituto innominato, inedito e innovativo.

 

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      Nello specifico e in concreto, infatti, si registrano:

          1) un'apertura di credito di cui si fa carico l'istituto di credito che cura la tesoreria che, allo scopo, può associarsi con altri istituti di credito a tutela del rischio dei quali, tuttavia, resta capofila;

          2) l'apertura di credito è gestita dal tesoriere che eroga le risorse, come disposto dal programma di risanamento approvato, man mano che provengono gli ordinativi in favore dei creditori di cui alla massa passiva, certificata dalla CSL e comunicata al tesoriere stesso, il quale verifica la correttezza del pagamento;

          3) la scopertura di cassa che così si produce, mentre viene contabilizzata autonomamente pur facendo parte del bilancio stabilmente riequilibrato, viene ricostituita a cura del tesoriere che in via diretta e autonoma, allo scopo utilizza le maggiori entrate e le economie puntualmente indicate nel programma di estinzione il quale, una volta approvato, è notificato al tesoriere che lo sottoscrive per accettazione e per assunzione della responsabilità della gestione allo stesso affidata;

          4) il credito così realizzato assorbe le delegazioni di pagamento ancora disponibili che, ope legis, operano in favore del tesoriere, e quelle che in prosieguo si saranno liberate per l'estinzione di altri indebitamenti, fino alla concorrenza del debito complessivo che, comunque, è garantito anche da quanto previsto al punto 3);

          5) il bilancio di previsione viene così finalizzato, prima di tutto, al risanamento, prevedendo anche, affinché il risanamento sia reale, adeguati strumenti per lo sviluppo;

          6) i soggetti gestori del sistema bilancio, fino al risanamento compiuto, il cui termine è esattamente corrispondente a quello indicato ed approvato con il programma di risanamento, sono:

              a) l'amministrazione comunale (anche eventualmente commissariata) per la generalità delle funzioni, dell'autonomia e delle rispettive responsabilità;

              b) la CSL per le funzioni attribuitegli dal TUEL e per quelle aggiuntive indicate dalla normativa proposta;

              c) il tesoriere per le funzioni attribuitegli dal TUEL e per quelle aggiuntive indicate dalla normativa proposta. Ciascuno di tali soggetti, dunque, secondo le proprie competenze, utilizza:

                  I) alcune prescrizioni proprie del mutuo; come indicato ai punti 4) e 5) e al presente punto;

                  II) alcune prescrizioni proprie dell'apertura di credito; come indicato ai punti 1) e 2) e al presente punto;

                  III) alcune prescrizioni proprie dell'anticipazione di tesoreria, come indicato ai punti 2) e 3) e al presente punto. Tali figure, terze rispetto all'ente, deputate all'approvazione del programma di risanamento, al controllo della sua esecuzione e alla concessione del finanziamento eventuale, partecipano e utilizzano in modo più pregnante il sistema del controllo interno in quanto anche esse sono collocate all'interno del processo di risanamento. Il sistema del controllo interno, di cui si ribadisce la necessità, è considerato nella forma prevista dal TUEL;

          7) quale primo approccio al relativo sistema, un criterio che punta alla terzietà del sistema di controllo interno e un processo che potrebbe condurre, perfino, alla terzietà del soggetto abilitato o competente alla declaratoria del dissesto;

          8) la funzione di coordinamento a livello nazionale, da un lato dell'effettiva esistenza presso ciascun ente locale del sistema di controllo interno e, dall'altro, della declaratoria di dissesto e delle relative conseguenze, funzioni che in tale valenza diacronica assumono valore organizzativo (per entrambi i livelli: proprio e di generale coordinamento) e che, dunque, postulano la necessaria presenza,

 

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nel processo, di alcuni soggetti esterni per il risanamento e per lo sviluppo che sono ciascuno con le specifiche competenze attribuite dalla normativa proposta e dal TUEL:

              a) la Commissione straordinaria di certificazione nazionale (articolabile in sezioni regionali a seconda delle eventuali necessità);

              b) il Ministro dell'interno;

              c) il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione;

              d) il Ministro per i rapporti con le regioni.

      Il sistema che si vorrebbe introdurre mantiene l'assetto garantista dell'attuale coordinamento statale e generale in materia di finanza locale, postula e impone un rafforzamento del sistema del controllo interno, nel pieno rispetto dell'autonomia, e sollecita l'assunzione del ruolo autonomistico effettivo degli enti locali nel contesto della loro responsabilità connessa con la buona amministrazione anche in funzione dello sviluppo.

 

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