Onorevoli Colleghi! - Le modifiche apportate dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479 (cosiddetta «legge Carotti») e, successivamente, dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 gennaio 2001, n. 4, hanno ridisegnato in maniera significativa e determinante l'istituto del giudizio abbreviato, trasformandone radicalmente i presupposti e gli schemi procedurali.
Introdotto dal nuovo codice di procedura penale, con l'articolo 438, il procedimento speciale del rito abbreviato è un giudizio predibattimentale e si caratterizza per la decisione presa dal giudice allo stato degli atti delle indagini preliminari che assumono piena valenza probatoria.
Il procedimento in questione è di natura «premiale». Infatti, l'imputato rinuncia al dibattimento e alle sue garanzie, accettando di essere giudicato in base agli atti raccolti nelle indagini preliminari e contenuti nel fascicolo del pubblico ministero; per contro, in caso di condanna, la pena che il giudice determina, tenendo conto di tutte le circostanze, è diminuita di un terzo.
Va sottolineato, inoltre, che il ricorso al giudizio abbreviato, dopo le modifiche introdotte dalla citata legge n. 479 del 1999, è stato esteso anche ai procedimenti per i delitti più gravi, puniti con la pena dell'ergastolo. Conseguentemente, a seguito della prevista riduzione di un terzo della pena, l'ergastolo viene sostituito con la reclusione di anni trenta, mentre l'ergastolo con l'isolamento diurno viene sostituito con la pena dell'ergastolo.
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Alla luce delle norme vigenti non esiste, di fatto, alcun limite all'applicabilità del rito abbreviato, con il duplice risultato di poter beneficiare di una riduzione di pena in caso di condanna anche per reati di particolare allarme sociale. Quest'ultima, però, non è l'unica obiezione che si possa rivolgere alla materiale applicazione dell'istituto in questione, se si considera che ogni qual volta, in caso di una pluralità di imputati per reati di mafia, alcuni di essi si avvalgano del giudizio abbreviato mentre altri scelgano il rito ordinario, si verifica un vero e proprio «cortocircuito» procedurale: in dibattimento sarà comunque necessario riesaminare la posizione di tutti gli altri imputati già giudicati e riascoltare tutti testimoni, con evidente aggravio di tempi e di costi per la giustizia a dispetto della proclamata natura deflattiva dell'istituto.
La presente proposta di legge intende, così, stabilire l'inapplicabilità del giudizio abbreviato, quanto meno nei procedimenti per reati di usura e di estorsione, notoriamente spesso legati alla criminalità organizzata, che il codice penale punisce in modo molto severo proprio in virtù della loro gravità.
Il reato di usura è in crescita e colpisce, solo tra i commercianti, circa 180.000 persone, con un giro di affari che oscilla intorno ai 15 miliardi di euro.
In concomitanza con l'aumento dell'usura si registra una tendenziale crescita delle denunce per estorsione. Negli ultimi cinque anni, infatti, le persone denunciate per tale reato, in Italia, sono aumentate del 30 per cento.
Solo nel 2008 ci sono stati 956 procedimenti per usura con 4.809 indagati. Ed è, emblematicamente, una recente relazione del Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata del Corpo della guardia di finanza a rivelare, tra l'altro, che «(...) per le associazioni mafiose l'interesse usuraio (...) è quasi sempre strumentale all'acquisizione delle imprese e si configura come canale di riciclaggio di proventi di altre attività illegali».
Accade troppo spesso, infatti, che se un usurato denuncia il proprio usuraio, quest'ultimo, avvalendosi del procedimento premiale del giudizio abbreviato, in caso di condanna sconti una pena talmente modesta da ritrovarsi - talvolta dopo nemmeno un anno - in libertà, con evidenti effetti negativi sotto il profilo della percezione di sicurezza dei cittadini.
Anche sul versante dell'estorsione, per motivi analoghi, il quadro non cambia se si considera - come si legge nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare della XV legislatura - che «si stima che l'80-90 per cento delle estorsioni non viene denunciato: a volte non solo non si ottiene la collaborazione delle vittime, ma si registrano atteggiamenti omertosi e fuorvianti».
Per tali motivi, si ritengono necessari e urgenti l'esame e l'approvazione della presente proposta di legge.
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