Onorevoli Deputati! — L'Ordine della Stella della Solidarietà Italiana (OSSI) è stata la prima onorificenza nazionale istituita dalla Repubblica italiana. La sua creazione infatti, scaturita da una proposta dell'allora Ministro degli affari esteri Pietro Nenni, fu approvata – durante i lavori dell'Assemblea costituente – con il decreto del Capo provvisorio dello Stato 27 gennaio 1947, n. 703.
L'istituzione dell'Ordine, durante uno dei periodi più complessi e drammatici della nostra storia nazionale, scaturì dall'esigenza, in quel momento particolarmente sentita, di riannodare i fili della solidarietà con le comunità degli italiani d'oltreoceano – separati per vent'anni dalla Patria – che stavano aiutando l'Italia nella crisi alimentare dell'immediato dopoguerra.
I princìpi della nuova onorificenza sono stati infatti delineati negli statuti dell'Ordine, qualificandola come «un particolare attestato in favore di tutti coloro che, italiani all'estero o stranieri, abbiano specialmente contribuito alla ricostruzione dell'Italia».
Inizialmente strutturato in un'unica classe, l'OSSI fu successivamente suddiviso, con il decreto legislativo 9 marzo
Pag. 2
1948, n. 812, in tre classi (grande ufficiale, commendatore e cavaliere). Lo stesso decreto emanava le norme sul governo dell'Ordine e sulle modalità di conferimento delle relative onorificenze, che stabilirono che l'OSSI fosse conferito con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro degli affari esteri e sentito il parere del Consiglio dell'Ordine. Le norme per l'esecuzione del suddetto decreto sono poi state definite con il decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1949, n. 61.
L'Ordine attraversò quindi un primo periodo di vita piuttosto regolare. Nel trentennio tra gli anni cinquanta e settanta, i conferimenti effettuati furono infatti numerosi nelle varie categorie sociali della diplomazia, dell'industria, della politica, della religione, nonché nel mondo della cultura, della scienza e dell'arte. Ciò nonostante, la nuova onorificenza stentava a incontrare il favore del pubblico e a conquistarsi un'adeguata posizione di prestigio nel sistema onorifico italiano. Lo scarso successo della distinzione, che per le sue caratteristiche istitutive e per la sua particolare destinazione onorifica presentava (e presenta tuttora) un'identità molto singolare nel panorama internazionale delle onorificenze, fu in gran parte dovuto alla scarsa attrattiva estetica delle sue insegne.
Dalla fine degli anni settanta in poi, sia per i suddetti motivi che per via di un generale calo di attenzione nel nostro Paese verso il settore dei riconoscimenti onorifici, i conferimenti dell'Ordine diminuirono drasticamente, fino a cessare del tutto agli inizi degli anni ottanta.
Durante questo periodo, l'intero complesso dei riconoscimenti onorifici nazionali, sia all'interno del Paese che verso l'esterno, fu sostenuto unicamente dall'Ordine al Merito della Repubblica italiana (OMRI), il cui numero di conferimenti annui – anche per compensare i vuoti lasciati vacanti dall'OSSI – raggiunse i livelli più elevati dall'epoca della sua fondazione.
Fu solo alla fine degli anni novanta che, grazie a un'azione di riforma e di rilancio del sistema premiale italiano, promossa dall'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, si decise di riattivare i conferimenti dell'Ordine, riducendo nel contempo il numero delle assegnazioni dell'OMRI, nell'intento di recuperare gli scopi e il prestigio di entrambe le distinzioni. L'iniziativa fu opportunamente accompagnata dall'emanazione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 2001, n. 385, che, recando modifiche al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 61 del 1949, stabiliva – pur lasciando invariata la parte normativa – l'adozione di una nuova foggia per le insegne dell'Ordine, rese decisamente più eleganti e attraenti rispetto alle precedenti.
I conferimenti dell'Ordine sono gradualmente passati dai 120 del 2001, ai 206 del 2002, ai 319 del 2003, ai 453 del 2004, ai 659 del 2005, ai 620 del 2006, ai 692 del 2007 e ai 587 del 2008. Ciò ha determinato un rapido reintegro sia quantitativo che qualitativo dei quadri di appartenenza all'Ordine, nonché un crescente rilancio internazionale sia a livello conoscitivo che di immagine dell'istituzione stessa.
La riattivazione dell'OSSI, offrendo nuovamente la disponibilità di una seconda onorificenza nazionale da poter affiancare all'OMRI, ha consentito, da un lato, il «risparmio» di un certo numero di conferimenti di quest'ultimo (rilanciandone il prestigio e la superiore importanza) e, dall'altro, di diversificare maggiormente le tradizionali categorie di merito delle assegnazioni dell'OSSI stesso.
Infatti, lasciando invariato il principio generale di destinare i conferimenti dell'Ordine verso le benemerenze acquisite dagli italiani all'estero e dagli stranieri, si è cercato di ampliare le tipologie dei meriti da riconoscere tramite l'inclusione tra i suoi destinatari anche di cittadini italiani residenti in Italia (purché con una forte connotazione di attività internazionale) e di stranieri appartenenti a particolari profili professionali, come ad esempio il corpo diplomatico estero operante nel nostro Paese.
Pag. 3
Come già accennato, la legge istitutiva dell'OSSI qualifica tuttora questa onorificenza come un «particolare attestato in favore di tutti coloro che, italiani all'estero o stranieri, abbiano specialmente contribuito alla ricostruzione dell'Italia».
A sessant'anni di distanza dalla fine della seconda guerra mondiale appare però evidente che il processo di ricostruzione dell'Italia si è ormai abbondantemente concluso. Mantenere negli statuti dell'Ordine una simile connotazione può quindi risultare non solo anacronistico da un punto di vista storico, ma anche fuorviante per gli attuali destinatari di questa distinzione.
Le motivazioni sulle quali si basano gli odierni conferimenti sono infatti alquanto diverse da quelle che avevano caratterizzato il primo periodo di vita dell'Ordine, essendosi ormai definitivamente orientate verso l'apprezzamento delle attività che i nostri concittadini svolgono all'estero quotidianamente, spesso in contesti difficili e con sacrifici personali, mantenendo vivo il legame con le proprie origini italiane o contribuendo a promuovere il prestigio dell'Italia nel contesto internazionale.
La stessa «solidarietà», da cui l'Ordine trae la sua denominazione, si è ormai spostata dai sentimenti di riconoscenza che la nazione ha voluto esprimere nel dopoguerra per gli aiuti ricevuti, agli attuali sentimenti di apprezzamento per la preservazione dell'italianità e per la promozione del prestigio nazionale all'estero.
In tale contesto la stessa denominazione dell'Ordine appare oggi sorpassata e una sua ridefinizione in Ordine della «Stella d'Italia» potrebbe risultare più consona al nuovo corso che l'istituzione ha ormai intrapreso.
Tra le motivazioni che caratterizzano le attuali candidature – anche grazie all'impulso derivato dalla creazione degli organismi rappresentativi della comunità italiana all'estero (CGIE, COMITES eccetera), nonché al rafforzamento dei nostri istituti di cultura italiana all'estero – si stanno tra l'altro evidenziando anche la promozione della lingua italiana, le attività di volontariato e assistenziali, le attività filantropiche, l'attivismo nella vita associativa delle nostre comunità, la ricerca scientifica e tecnologica, le missioni religiose, le imprese commerciali e la promozione eno-gastronomica, nonché l'offerta di lavoro ai nostri connazionali. Non va infine dimenticato anche il nuovo aspetto politico che ha comportato l'introduzione del voto all'estero, con l'istituzione di seggi parlamentari per i rappresentanti della nostra comunità fuori dei confini nazionali.
Una modifica alla normativa, sostituendo la motivazione consistente nello «speciale contributo alla ricostruzione dell'Italia» con quella più consona di aver «acquisito particolari benemerenze nella promozione dei rapporti di amicizia e di collaborazione tra l'Italia e gli altri Paesi e nella promozione dei legami con l'Italia» appare quindi molto più attuale e opportuna.
Anche dal punto di vista strutturale, a causa della sua suddivisione in sole tre classi (grande ufficiale, commendatore e cavaliere), l'Ordine risulta spesso penalizzato nelle occasioni di confronto con la maggioranza delle onorificenze internazionali esistenti. Queste, infatti, sono normalmente strutturate in cinque classi e presentano pertanto, rispetto all'OSSI, una classe superiore di cavaliere di gran croce e una intermedia di ufficiale.
Tale caratteristica, soprattutto nei casi dei conferimenti destinati ai cittadini stranieri, laddove – anche per motivi di reciprocità – la struttura dell'OSSI (in tre classi) deve inevitabilmente confrontarsi con quella della maggioranza degli ordini stranieri che sono assegnati ai cittadini italiani (in cinque classi), finisce per creare qualche squilibrio nelle nostre assegnazioni, particolarmente nel caso di attribuzione agli ambasciatori e ai funzionari diplomatici stranieri che abbiano compiuto un periodo di missione in Italia.
È pertanto evidente che una revisione normativa, la quale, oltre alla suddetta modifica della definizione e della «destinazione d'uso» dell'Ordine, preveda anche l'introduzione nella sua struttura delle
Pag. 4
classi ora mancanti di cavaliere di gran croce e di ufficiale, lo renderebbe a pieno titolo la seconda onorificenza civile dello Stato.
Tale soluzione, oltre a consentire delle più equilibrate possibilità di distribuzione dei nostri «onori» nel contesto internazionale, permetterebbe il pieno raggiungimento di quei princìpi che ispirarono l'avvio della riforma del 2001, ossia il rilancio del prestigio istituzionale spettante alle nostre onorificenze nazionali, nonché l'applicazione di un rigoroso principio meritocratico nelle loro assegnazioni.
Nell'ambito del processo di riforma dell'OSSI è stato valutato il progetto – proposto in Parlamento su iniziativa del senatore Luigi Ramponi (PdL) con atto Senato n. 167 del 29 aprile 2008, che risulta tuttora in attesa di esame – il quale intende istituire una nuova distinzione nazionale, denominata «Croce d'onore per i meriti umanitari»: una distinzione che dovrebbe essere destinata al riconoscimento dei gravi sacrifici sofferti da persone che, nello svolgimento di attività di alto valore umanitario all'estero, abbiano perso la vita o subìto gravi menomazioni fisiche. In quest'ambito è stata inserita del disegno di legge l'ipotesi di un impiego dell'OSSI, già ventilata dal Cerimoniale diplomatico in occasione dell'invio alla Presidenza del Consiglio di ministri del parere richiesto al Ministero degli affari esteri in sede istruttoria sulla suddetta istituzione. Tale ipotesi potrebbe comportare un duplice vantaggio sia per gli eventuali destinatari del conferimento sia per lo stesso Ordine: per gli insigniti l'assegnazione dell'OSSI potrebbe rappresentare la possibilità di ricondurre l'azione premiale a un più elevato rango cavalleresco del conferimento, certamente più prestigioso e di maggior risalto rispetto all'assegnazione di una semplice e specifica croce, mentre per l'Ordine l'eventuale allargamento delle sue destinazioni d'uso anche verso questa particolare categoria di merito potrebbe rappresentare – per via dell'elevata visibilità sociale degli insigniti e dei forti significati emotivi delle vicende ad essi collegate – un importante salto di qualità nei suoi stessi quadri di appartenenza.
Per quanto riguarda la classe di conferimento dell'Ordine che potrebbe essere concessa in questi particolari casi – per l'alto significato umanitario e di sacrificio insito nelle sue motivazioni – si dovrebbe istituire un'apposita classe speciale che potrebbe essere denominata «Gran Croce d'onore».
Da un punto di vista economico, mentre si segnala l'intenzione da parte del Consiglio dell'Ordine di proporre al Presidente della Repubblica una riduzione del numero delle nomine annue dalle attuali 1.700 (per tutte le classi), va considerato che i costi per l'acquisto delle insegne continuerebbero a gravare sul capitolo 1174 del Cerimoniale diplomatico. In tale ambito, considerando che il numero totale delle assegnazioni non cambierà – sia che vengano distribuiti nelle attuali tre classi o nei prospettati cinque gradi di conferimento – i costi complessivi per l'acquisto delle insegne non subiranno quindi incrementi sensibili.
Nessun aggravio, inoltre, sarebbe addebitato all'amministrazione per le modifiche da apportare alle insegne dell'Ordine (che sarebbero limitate alla parte centrale delle stesse, dove l'iscrizione «solidarietà italiana» sarebbe sostituita da quella di «Stella d'Italia» e dove la raffigurazione del Buon Samaritano sarebbe sostituita dall'emblema della Repubblica), che sarebbero sostenute dalle ditte produttrici incaricate.
Le modifiche proposte al decreto legislativo 9 marzo 1948, n. 812, recante norme relative all'Ordine, sono limitate al cambio di denominazione dell'onorificenza in «Stella d'Italia» (articoli 1, 2, 3, 5, 6, 8 e 9) e all'ampliamento della sua struttura dalle attuali tre a cinque classi (articolo 3). L'articolo 1 riporta le nuove finalità dell'Ordine «quale attestato in favore di tutti coloro che, italiani o stranieri, hanno acquisito particolari benemerenze nella promozione dei rapporti di amicizia e di collaborazione tra l'Italia e gli altri Paesi e nella promozione dei legami con l'Italia»,
Pag. 5
mentre l'articolo 3 comprende anche l'istituzione della classe speciale di una Gran Croce d'onore. L'introduzione dell'articolo 9-bis permette la prosecuzione senza limitazioni dell'uso delle attuali insegne dell'Ordine, mentre l'introduzione dell'articolo 9-ter consente di stabilire le modalità di revoca dell'onorificenza per indegnità. Con regolamento da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione (articolo 3 del decreto legislativo n. 812 del 1948, come sostituito dal disegno di legge), dovranno poi essere disciplinati i criteri di conferimento e di revoca nonché le nuove caratteristiche dell'Ordine della Stella d'Italia (modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1949, n. 61, già modificato dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 2001, n. 385).
Dall'attuazione della legge non derivano nuove o maggiori spese o minori entrate per il bilancio dello Stato per cui non si rende necessaria la redazione della relazione tecnica ai sensi del comma 3 dell'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
Pag. 6