Onorevoli Colleghi! — Negli ultimi venti anni sono stati condotti molteplici studi che hanno enormemente ampliato le nostre conoscenze sulle problematiche concernenti il trapianto d'organo in età pediatrica.
Vi è stato un costante lavoro per ottimizzare la preparazione del paziente candidato al trapianto, la selezione del donatore e del ricevente per compatibilità immunologica, la conservazione dell'organo dal donatore al ricevente, le tecniche chirurgiche, le terapie immunosoppressive, la gestione del paziente nell'immediato periodo post-trapianto e quella a lungo termine. Tutto questo ha portato a un progressivo miglioramento dei risultati, ma la sopravvivenza dell'organo a lungo termine rappresenta ancora oggi un problema aperto, su cui si sta concentrando la maggior parte degli studi sperimentali.
I dati più significativi sul piano quali-quantitativo riguardano i trapianti renali. Considerata, ad esempio, la popolazione pediatrica che ha ricevuto un trapianto renale da donatore cadavere nel 1987-1988, rispetto a quella del 1997-1998, la sopravvivenza dell'organo dopo un anno è passata dal 71 per cento al 93 per cento e per quelli che hanno ricevuto l'organo da un donatore vivente è salita dall'88 per cento al 94 per cento.
Il senso della presente proposta di legge è proprio quello di sviluppare la donazione di polmone da persona vivente per un trapianto nei bambini. Molti fattori hanno contribuito a migliorare tali risultati, come le dosi più alte di ciclosporina A, la riduzione di trasfusioni pretrapianto
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e la selezione più attenta degli organi da impiantare e della loro istocompatibilità.
La probabilità di sviluppare un rigetto acuto nel primo anno dopo il trapianto si è ridotta al 47 per cento nei trapianti da donatore cadavere e al 40 per cento nei trapianti da donatore vivente; la probabilità di sopravvivenza dell'organo trapiantato dopo cinque anni in quest'ultimo gruppo è stata stimata del 78,5 per cento. Sono stati condotti vari studi statunitensi e francesi per individuare i fattori di rischio che conducevano all'insorgenza del rigetto cronico e tutti hanno portato alla medesima conclusione: il rigetto cronico come causa di perdita dell'organo è significativamente più comune in riceventi che hanno avuto più di un rigetto in passato, rispetto a quelli che ne abbiano presentato uno solo (il 34,8 per cento contro l'8,9 per cento).
Gli studi in corso sono quindi per lo più rivolti a prevenire i rigetti acuti e quindi a ritardare l'insorgenza del rigetto cronico, per arrivare all'obiettivo finale che è la completa tolleranza, a tempo indeterminato, dell'organo trapiantato. Per capire perché un organo viene rigettato bisogna considerare diversi fattori, il principale dei quali è l'intolleranza da parte del sistema immunitario che considera «estraneo» l'organo trapiantato e lo vuole «scacciare», ma sono importanti anche i meccanismi emodinamici metabolici, dovuti cioè a uno stato di accelerato invecchiamento di un organo «stressato» a livello vascolare.
Alla luce di più approfondite conoscenze sulla patogenesi del rigetto cronico, responsabile della maggior parte dei fallimenti a lungo termine dei trapianti, la ricerca degli ultimi anni ha lavorato alla sperimentazione di nuove terapie immunosoppressive, volte cioè ad attenuare la reazione di difesa verso l'estraneo operata dal sistema immunitario. Gli obiettivi di tale ricerca sono stati quelli di prevenire in maniera più efficace gli episodi di rigetto acuto. Il primo obiettivo sembra aver avuto una risposta nella preparazione di anticorpi monoclonali anti-CD25, con l'uso dei quali sono diminuiti gli episodi di rigetto. La loro somministrazione a scopo preventivo ha ridotto al 25 per cento la probabilità del rigetto nei trapianti da donatore cadavere. Il secondo obiettivo ha portato alla scoperta della rapamicina o sorolimus, che ha un meccanismo di azione differente sia dalla ciclosporina che dal tacrolimus ed è stato dimostrato che nei pazienti adulti, in associazione con il microfenolato nofetile, effettua un'efficace prevenzione del rigetto acuto del trapianto renale e provoca meno danni renali rispetto alla ciclosporina A, sia dopo un anno dal trapianto, che dopo due anni. Tali risultati negli adulti fanno ben sperare per una futura applicazione nei pazienti pediatrici, che è attualmente limitata ad alcuni casi sperimentali.
Recenti studi epidemiologici hanno in effetti dimostrato la sicurezza e la superiorità della donazione da persona vivente, in termini di sopravvivenza dell'organo, rispetto a quella da donatore deceduto. Anche la qualità e l'aspettativa di vita del donatore rimangono del tutto analoghe a quelle del resto della popolazione. I risultati di questi studi saranno un argomento decisivo in favore di un cambiamento culturale della comunità scientifica e della società italiana nei riguardi della donazione d'organo da vivente.
La maggior parte degli organi da trapiantare proviene da donatori cadavere (fa eccezione il trapianto di midollo osseo, per il quale è necessario un donatore vivente e sano); negli ultimi anni è possibile prelevare organi da donatori viventi nel caso di trapianto di rene, polmone, fegato o pancreas.
Solitamente questo tipo di trapianto è riservato ai bambini poiché, tranne che nel caso del rene, si tratta di prelevare soltanto una parte dell'organo, che potrebbe rivelarsi insufficiente per un adulto ma che si adatterebbe benissimo alle dimensioni corporee di un bambino.
La presente proposta di legge si sviluppa partendo dal presupposto di base che il prelievo di organi da persona vivente è un atto volontario, attuato senza nessuna costrizione e soprattutto senza nessun compenso. Per questo motivo solitamente
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si preferisce effettuare il trapianto da persona vivente tra componenti dello stesso nucleo familiare. Si tratta di un modo per essere certi che non ci sia scopo di lucro nella donazione stessa.
I numerosi vantaggi che riguardano il trapianto da persona vivente comprendono anche il fatto che esso può essere pianificato e accompagnato, quindi, da un momento di preparazione anche psicologica e fisica per il donante.
Con un donatore cadavere questo non è possibile, poiché la disponibilità dell'organo è improvvisa, quindi tutto deve essere effettuato nel momento in cui il donatore si rende disponibile, e anche le condizioni di salute del donatore possono essere state modificate dalla terapia intensiva a cui è stato sottoposto in ospedale. Anche le condizioni del ricevente possono essere migliori con un donatore vivente.
Il trapianto da persona vivente rappresenta oggi un'importante conquista, basti riflettere sul fatto che nell'ultimo decennio l'aspettativa di vita dei pazienti affetti da fibrosi cistica è aumentata in misura considerevole grazie ai progressi della pediatria, all'assistenza fornita nei centri specializzati, ai nuovi metodi fisioterapici, a regimi alimentari migliori e a nuove terapie antibiotiche.
La sopravvivenza media supera attualmente i 32 anni di età. Tuttavia nonostante siano disponibili le migliori cure, molti giovani adulti subiscono ancora un deterioramento della funzionalità polmonare che conduce a un'insufficienza respiratoria irreversibile. Il trapianto polmonare ha quindi rappresentato un'occasione di speranza per questi pazienti e le loro famiglie.
Il primo trapianto dall'esito positivo con l'impiego di lobi polmonari provenienti da donatori viventi è stato effettuato a Los Angeles nel 1990. All'inizio questa opzione è stata scelta come «extrema ratio» per i giovani che sarebbero deceduti mentre si trovavano in lista d'attesa per il trapianto e i cui risultati non erano incoraggianti. Tuttavia, con il perfezionamento delle modalità di selezione dei casi e della preparazione per l'intervento e dell'assistenza post-operatoria, si è raggiunto un rilevante incremento della sopravvivenza nei casi trattati con trapianto da vivente.
La Società italiana per la sicurezza e la qualità nei trapianti (Sisqt) ha reso noto, nel corso del suo ultimo congresso tenuto a Milano, che nel 2010 sono stati eseguiti 2.876 trapianti d'organo in Italia, precisando che i pazienti in attesa di trapianto sono attualmente 9.489. Il tempo di attesa medio per i trapianti di rene è di 3,01 anni; di 2,04 anni per il fegato; di 2,36 anni per il cuore; di 3,25 anni per il pancreas; di 1,86 anni per il trapianto di polmone. Nei trapianti la qualità dell'Italia è alta e stabile e il dato sulla sopravvivenza dei pazienti, pari all'85,9 per cento a un anno dal trapianto, è sostanzialmente sovrapponibile a quello riscontrabile nei registri internazionali e riferiti ai maggiori centri.
La valutazione e la preparazione al trapianto spettano ai pediatri specialisti. I bambini candidati al trapianto devono essere indirizzati precocemente in un centro specialistico per una valutazione mirata a definire la reale necessità del trapianto, nonché per identificare quelle condizioni cliniche che possono essere trattate solo con la terapia medica. Anche per i bambini, come per gli adulti, ci sono dei punteggi (score) che permettono di valutare la gravità del quadro, in questo caso è utilizzato lo score Pediatric End-Stage (PELD).
La presente proposta si legge parte dalla consapevolezza dell'importanza di salvaguardare con ogni mezzo la vita umana e in ciò si rende necessario, visti i progressi della scienza, rimuovere ogni ostacolo.
Un'attenzione particolare deve essere posta alla possibilità di contrarre malattie infettive dell'età pediatrica. Importanza decisiva rivestono le vaccinazioni somministrate prima e dopo il trapianto, che consentono di prevenire un notevole numero di malattie.
È necessario coinvolgere il bambino anche nella raccolta del consenso informato,
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che spetta ai suoi genitori, ma che richiede un progressivo coinvolgimento del bambino, a seconda della sua età e della sua maturità.
La proposta di legge scaturisce anche da una questione molto delicata, che andrebbe affrontata con più cura e maggior consapevolezza psicologica. Nel caso di familiari che donano un organo o parte di esso per salvare un congiunto è bene tenere presente che probabilmente qualcuno di essi si sentirà «obbligato» a donare senza in realtà volerlo fare veramente. La questione diventa ancora più delicata nel caso di fratelli posti nelle condizioni di dover donare.
Sono temi di estrema rilevanza e delicatezza presi in considerazione dalla presente proposta di legge che vuole garantire la formazione di personale specializzato per fornire un adeguato sostegno medico e psicologico.
La proposta di legge consta di quattro articoli. Nello specifico, l'articolo 1 riformula l'articolo 5 del codice civile, ammettendo la possibilità di disporre a titolo gratuito di parti di polmone al fine esclusivo del trapianto tra persone viventi.
L'articolo 2 definisce le linee di principio volte alla promozione dell'informazione e dirette a diffondere e a garantire tra i cittadini la cultura della donazione di polmone da persona vivente a bambino.
L'articolo 3 prevede l'applicazione della legge 26 giugno 1967, n. 458, e del regolamento di cui al decreto del Ministro della salute 16 aprile 2010, n. 116, per quanto non previsto dal testo in esame.
L'articolo 4 dispone l'entrata in vigore.
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