Onorevoli Colleghi! — I dati diffusi dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) fotografano una difficile condizione dei giovani italiani nel mercato del lavoro. I giovani italiani sono in gran parte precari, poco pagati, vittime di alti tassi di disoccupazione; condizioni aggravate dall'assenza o dalla debolezza degli ammortizzatori sociali. La principale difficoltà delle giovani generazioni sta nella debolezza delle condizioni contrattuali con le quali accedono al lavoro. L’Employment Outlook dell'OCSE, basato su dati di fine 2010, mette in chiaro quanto sia difficile in Italia trovare una stabilità contrattuale. Nel nostro Paese il 46,7 per cento dei giovani tra i 15 e i 24 anni di età che lavorano ha un impiego temporaneo. Inoltre i giovani italiani soffrono un alto tasso di disoccupazione giovanile, di cui sono principali vittime le giovani donne. Oggi il tasso di disoccupazione giovanile in Italia, riporta ancora lo studio dell'OCSE, è più alto tra le ragazze,
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29,4 per cento, che tra i ragazzi, 26,8 per cento. Entrambi i dati sono superiori alla media dei 34 Paesi membri dell'organizzazione, rispettivamente 15,7 per cento e 17,6 per cento. È sempre l'organismo internazionale a rilevare come in Italia il sistema fiscale e di welfare giochi un ruolo minore nel proteggere le famiglie contro le conseguenze di grandi contrazioni del reddito da lavoro. Per gli italiani, spiega l'OCSE, grandi riduzioni del reddito da lavoro individuale (per esempio in caso di perdita del posto di lavoro) tendono a tradursi in contrazioni del reddito disponibile familiare superiori a quelle osservate negli altri Paesi dell'OCSE, a causa della limitata azione di assorbimento operata dagli ammortizzatori sociali. Di conseguenza, conclude l'Organizzazione internazionale, l'impatto negativo sui redditi da lavoro subìto da non pochi italiani durante la crisi si è probabilmente tradotto in un aumento del rischio di povertà e di difficoltà finanziarie. Di fronte a questa situazione si fa sempre più necessaria l'esigenza di rinforzare e di allargare il sistema degli ammortizzatori sociali includendo quelle categorie di lavoratori che finora ne sono sostanzialmente escluse: basti pensare ai collaboratori coordinati e continuativi, a progetto, ai soggetti con partita dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) che nascondono una condizione di lavoro subordinato (spesso in regime di monocommittenza), agli associati in partecipazione. Sono queste tutte categorie di lavoratori, accomunate dall'essere iscritti in via esclusiva alla Gestione separata dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), che non hanno diritto, in caso di perdita del lavoro, a strumenti di sostegno al reddito. Un'ulteriore debolezza che si aggiunge al fatto che essi vivono condizioni di lavoro – interne al contratto – oggettivamente più sfavorevoli rispetto ai lavoratori con contratti a tempo indeterminato (contributi previdenziali, regime fiscale, minori redditi eccetera).
I presentatori di questa proposta di legge, in sede di dibattito parlamentare, hanno valutato molto criticamente l'introduzione da parte del Governo di una forma una tantum di sostegno al reddito per i collaboratori, contenuta nell'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2009, n. 2. Le ragioni della valutazione negativa del provvedimento introdotto nel citato decreto-legge erano diverse: l'esiguità della somma erogata; la sua caratteristica una tantum rispetto alla necessità di una maggiore continuità degli strumenti di sostegno al reddito; l'esclusione di tutte le forme contrattuali a rischio di precarietà eccetto i collaboratori, i requisiti molto stringenti per essere ammessi all'erogazione della somma. A quasi tre anni dall'entrata in vigore della norma, sostituita dalla legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), gli scarsi risultati conseguiti dall'applicazione della norma confermano il giudizio critico allora formulato. Come recentemente evidenziato nel corso di interrogazioni parlamentari, a fronte di un significativo stanziamento di fondi dedicati, le erogazioni una tantum in favore dei collaboratori a progetto effettivamente versate risultano piuttosto esigue. Le cifre offerte dal Governo in risposta agli atti di sindacato ispettivo dell'opposizione lo confermano: «le domande pervenute nella procedura sono: n. 16.767 per l'anno 2009, n. 17.418 per il biennio 2010-2011; di cui respinte: n. 13.468 (2009) n. 10.904 (2010-2011). Le domande accolte/beneficiari e gli importi erogati sono: n. 3.138 (anno 2009) per un totale di euro 5.170.902,72 n. 6.107 (2010-2011) per un totale di euro 18.022.799,11. Alla data del 23 maggio scorso le risorse disponibili ammontano a euro 176.806.298,17» (risposta del Governo all'interpellanza urgente n. 2-01106 in data 9 giugno 2011). In considerazione del perdurare delle difficoltà occupazionali connesse alla complessa congiuntura economica in corso e della presumibile disponibilità attuale dei fondi stanziati, si propone quindi di introdurre delle modifiche alla norma, per quanto concerne i potenziali destinatari delle erogazioni e in merito ai criteri di assegnazione delle stesse, in modo di favorirne
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l'accessibilità e di provvedere al più diffuso sostegno del reddito possibile, nel rispetto dei limiti degli stanziamenti previsti.
Nella sua formulazione originale l'articolo 19, comma 1, del citato decreto-legge n. 185 del 2008 prevede che nell'ambito del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, siano preordinate le somme di 289 milioni di euro per l'anno 2009, di 304 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e di 54 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012, nei limiti delle quali è riconosciuto l'accesso, ai seguenti istituti di tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro, ivi includendo il riconoscimento della contribuzione figurativa e degli assegni al nucleo familiare, nonché all'istituto sperimentale di tutela del reddito introdotto dalla normativa. Il comma 2 prevede che, in via sperimentale per il triennio 2009-2011, nei limiti delle risorse di cui al comma 1, è riconosciuta quindi una somma, liquidata in un'unica soluzione pari al 10 per cento del reddito percepito l'anno precedente, ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata presso l'INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall'articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni: a) operino in regime di monocommittenza; b) abbiano conseguito l'anno precedente un reddito superiore a 5.000 euro e pari o inferiore al minimale di reddito di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, e sia stato accreditato presso la predetta Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre; c) con riferimento all'anno di riferimento sia accreditato presso la predetta Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre; d) svolgano nell'anno di riferimento l'attività in zone dichiarate in stato di crisi ovvero in settori dichiarati in crisi; e) non risultino accreditati nell'anno precedente almeno due mesi presso la predetta Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Con la citata legge finanziaria 2010, (articolo 2, comma 130), sono state apportate alcune modifiche al menzionato articolo 19 che hanno istituito il regime attualmente vigente. Con le modifiche in via sperimentale per il biennio 2010-2011, a valere sulle risorse di cui al comma 1 e comunque nei limiti di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, e nei soli casi di fine lavoro, fermo restando quanto previsto dai commi 8, secondo periodo, e 10, è riconosciuta una somma liquidata in un'unica soluzione, pari al 30 per cento del reddito percepito l'anno precedente e comunque non superiore a 4.000 euro, ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata presso l'INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall'articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni: a) operino in regime di monocommittenza; b) abbiano conseguito l'anno precedente un reddito lordo non superiore a 20.000 euro e non inferiore a 5.000 euro; c) con riguardo all'anno di riferimento sia accreditato, presso la predetta Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a uno; d) risultino senza contratto di lavoro da almeno due mesi; e) risultino accreditate nell'anno precedente almeno tre mensilità presso la predetta Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
La modifica contenuta in questa proposta di legge può così essere sinteticamente descritta. Si propone di portare l'erogazione al 35 per cento, ma, al fine di
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ottenere una distribuzione più uniforme delle risorse, tale percentuale viene calcolata sul «minimale per l'accredito contributivo» di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233. Il minimale per l'accredito rappresenta un «reddito minimo» di riferimento ai fini del calcolo del contributo dovuto alla Gestione separata per aver diritto a «un anno intero» di anzianità contributiva accreditata. Con propria circolare l'INPS ha stabilito, per l'anno 2011, il minimale di reddito a 14.552 euro (equivalenti a 1.212 euro mensili). La misura erogata equivale pertanto al 35 per cento del minimale contributivo mensile, moltiplicato per il numero di mensilità non coperte da contribuzione a causa dell'interruzione del rapporto di lavoro. Si propone di estendere la platea dei potenziali richiedenti suddividendoli in due gruppi con requisiti parzialmente differenti: il primo gruppo consiste nelle collaborazioni coordinate e continuative, collaborazioni a progetto, e gli associati in partecipazione. Il primo gruppo deve soddisfare in maniera congiunta i seguenti requisiti: almeno tre mesi di contribuzione nell'anno precedente alla presentazione della domanda; situazione di monocommittenza: tale condizione di monocommittenza deve essere riferita all'ultimo rapporto di lavoro, ossia quello per il quale si è verificato l'evento di «fine lavoro». Il secondo gruppo comprende i titolari di partita IVA iscritti in via esclusiva alla Gestione separata dell'INPS. Tali beneficiari devono soddisfare in maniera congiunta i seguenti requisiti: almeno tre mesi di contribuzione nell'anno precedente alla presentazione della domanda; monocommittenza o committenza prevalente, pari o superiore al 75 per cento dei redditi complessivi, rilevabile da autocertificazione in cui indicare i compensi complessivi dell'anno precedente, i compensi del committente principale e il codice fiscale del committente principale. La richiesta dell'indennità va inoltrata, per il primo gruppo, nell'anno successivo al periodo di inattività. Il secondo gruppo può presentare domanda successivamente alla dichiarazione dell'IVA dei committenti e il saldo contributivo dell'anno precedente. Sono indennizzati i mesi di lavoro non coperti da contribuzione per un numero di mensilità pari a quelle accreditate nell'anno antecedente alla domanda. Per tutti i soggetti percettori dell'indennità viene accreditata, a valere sugli stessi fondi, una contribuzione figurativa per la durata corrispondente a quella della percezione dell'indennità secondo le aliquote stabilite dall'INPS per la Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Le possibilità che di tale previsione possa farsi abuso sono contenute sia in considerazione della limitata entità del contributo, sia dalla conclusione dell'intero periodo lavorativo, che consente tutti i controlli necessari, sia dalla necessità dei committenti di concludere le operazioni relative alla contabilità dell'anno precedente e di poter regolarizzare e «scaricare» l'opera dei propri collaboratori. Si tratta pertanto di un provvedimento di grande importanza perché, a saldi invariati, riuscirebbe ad allargare la rete del sostegno al reddito a decine di migliaia di lavoratori che ne sono attualmente esclusi e che i provvedimenti del 2008 e del 2009 non sono riusciti a raggiungere. Per queste ragioni i presentatori richiedono agli onorevoli colleghi di consentire a una rapida approvazione della proposta di legge.
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