Onorevoli Colleghi! — Il diritto del lavoro, nella sua evoluzione novecentesca, stato costruito intorno a norme inderogabili edificate come moderno baluardo di uno sviluppo socio-economico compatibile con la difesa dei diritti della persona che lavora, che fanno parte del nucleo più profondo e autentico dei diritti umani. Si tratta di un modello che è andato affermandosi di pari passo con lo sviluppo della democrazia.
Lo scarso potere contrattuale del lavoratore, che non dispone degli strumenti e della forza negoziale per pattuire in posizione di effettiva parità molti aspetti del contratto di lavoro, è bilanciato da tali norme, con l'obiettivo di eliminare abusi. La giurisprudenza giuslavoristica e gli impressionanti numeri sul lavoro nero, purtroppo, testimoniano le difficoltà di portare a compimento un modello produttivo e sociale nel quale il lavoro non sia mercificato e ridotto a una mera cosa, secondo quanto avveniva fino agli inizi del secolo scorso, quando al lavoro subordinato si applicava lo schema della locazione d'opere, che ripeteva i caratteri della omologa locazione di cose (cfr. Paolo Grossi, «Rivista italiana di diritto del lavoro», 2009, 1, 5). Preoccupa il fatto che oggi – con il pretesto della globalizzazione economica e produttiva e con la crisi in atto
1. La forma del contratto di lavoro.
Il codice civile non definisce il contratto di lavoro subordinato, ma si limita ad individuare le caratteristiche del rapporto che lega il prestatore di lavoro al datore di lavoro. Si tratta di un contratto a titolo oneroso in cui le prestazioni corrispettive rispondono ad interessi contrapposti e consistono nello scambio di una prestazione di lavoro verso il pagamento di una retribuzione.
La natura contrattuale del rapporto di lavoro subordinato è condivisa dalla dottrina maggioritaria e trova conferma nello statuto dei lavoratori e nell'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante la disciplina del pubblico impiego, che individua espressamente nel contratto la sua fonte.
Il contratto di lavoro non è un negozio solenne e in ossequio ad una regola generale del nostro ordinamento la sua forma è libera, benché l'applicazione di questa regola non sia del tutto coerente con la materia dei contratti di lavoro, che devono anche assicurare la prevenzione del rischio di abusi a danno dei lavoratori. Ciò è confermato dal fatto che, mentre la legge impone la forma scritta del contratto di lavoro solo in alcuni casi, come per esempio nel contratto di lavoro a tempo determinato, nella prassi la forma scritta del contratto di lavoro è molto più diffusa.
La mancanza di una predeterminazione legislativa delle modalità di manifestazione del consenso nel contratto di lavoro, fatte salve le ulteriori ipotesi in cui la forma scritta è introdotta dalla contrattazione collettiva, importa che per la conclusione di esso le parti possano avvalersi di qualunque strumento rappresentativo idoneo all'esteriorizzazione della volontà negoziale, e quindi anche della forma cosiddetta tacita, ivi compreso il silenzio.
2. L'estinzione del rapporto di lavoro e le dimissioni in bianco.
L'articolo 2118 riconosce ad entrambi i contraenti di un contratto di lavoro a
3. La modifica dell'articolo 2118 del codice civile.
L'articolo 1 della proposta di legge inserisce nell'articolo 2118 del codice civile tre nuovi commi, con i quali si stabilisce che il recesso del prestatore di lavoro e la risoluzione consensuale sono nulli in mancanza di forma scritta.
L'ultimo dei nuovi commi aggiunti stabilisce anche che forma e modalità da seguire sono obbligatoriamente quelle che verranno dettate da un decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, nel rispetto dei princìpi indicati nell'articolo 3 della proposta di legge.
L'articolo stabilisce inoltre che tanto le dimissioni volontarie, quanto la risoluzione consensuale sono revocabili entro tre giorni dalla loro comunicazione o stipulazione. Questa previsione è stata inserita soprattutto per garantire dal rischio che il lavoratore si sia determinato alle dimissioni o alla risoluzione consensuale sotto la minaccia di un licenziamento per giusta causa. Si tratta di casi non infrequenti di dimissioni che la giurisprudenza giudica suscettibili di annullamento per violenza morale, quando venga accertata l'inesistenza del diritto del datore di lavoro di procedere al licenziamento per insussistenza dell'inadempimento addebitato al dipendente, dovendosi ritenere che, in detta ipotesi, il datore di lavoro, con la minaccia del licenziamento, persegua un risultato non raggiungibile con il legittimo esercizio del proprio diritto di recesso (Corte d'appello di Milano, 24 giugno 2005; Cassazione, Sez. lav., sent. n. 368 del 16 gennaio 1984). Il contenimento della possibilità della revoca in un termine di tre giorni consente di limitare al minimo il sacrificio richiesto all'impresa, soprattutto in considerazione del fatto che a carico del lavoratore, anche con l'introduzione dell'obbligo del recesso scritto, permane l'obbligo del preavviso, riferito a un periodo durante il quale continuerà a lavorare nell'impresa.
Infine, la presente legge nulla innova nel caso in cui il lavoratore, nella vigenza della nuova disciplina che impone dimissioni in forma scritta a pena di nullità, abbandoni il lavoro, allontanandosene di fatto, senza comunicare le proprie dimissioni al datore di lavoro nella forma richiesta. In questo caso, infatti, continuerà ad applicarsi a favore del datore di lavoro e dell'impresa la disciplina della giusta causa di licenziamento, contenuta nella legge n. 604 del 1966. In particolare, in base all'articolo 2 di tale legge, il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, è tenuto comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro, indicando il motivo che ha determinato il recesso nell'assenza ingiustificata del lavoratore dal servizio, aggiungendo, ove occorresse, che il lavoratore nell'allontanarsi dal lavoro ha dichiarato verbalmente la volontà di dimettersi senza procedere alla formalizzazione delle dimissioni.
4. L'introduzione dell'articolo 2118-bis del codice civile.
L'articolo 2 della proposta di legge introduce l'articolo 2118-bis del codice civile, per estendere la forma richiesta dall'articolo 2118 per le dimissioni o il recesso consensuale nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato anche a tutti i rapporti di lavoro subordinato, indipendentemente dalle caratteristiche. Il secondo comma dell'articolo stabilisce che ai fini del recesso e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sono assimilati al rapporto di lavoro subordinato i contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto, i contratti di collaborazione di natura occasionale di cui al comma 3 dell'articolo 61 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, i contratti di associazione in partecipazione di cui all'articolo 2549 del codice civile, per cui l'associato fornisce prestazioni lavorative e in cui i suoi redditi derivanti dalla partecipazione agli utili sono qualificati come redditi di lavoro autonomo, e i contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci.
5. Modalità di sottoscrizione della lettera di dimissioni volontarie e dell'accordo di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
L'articolo 3 della proposta di legge definisce le caratteristiche che deve avere il modulo che contiene le dimissioni volontarie o l'accordo di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione.
Per eliminare la pratica delle dimissioni in bianco viene richiesto che il modulo contenga una data certa e non possa essere contraffatto. Per rispondere alla prima esigenza si prevede che il modulo, compilato sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali o rilasciato gratuitamente dalle direzioni provinciali del lavoro, dagli uffici comunali e dai centri per l'impiego, contenga una data di emissione e abbia validità per quindici giorni dalla data di emissione.
Il modulo deve essere compilato con i dati relativi al lavoratore e al datore di lavoro, nonché gli altri elementi utili all'identificazione del rapporto lavorativo. Al fine di non gravare il lavoratore con la richiesta di informazioni di cui potrebbe non essere in possesso o che potrebbe non conoscere e dovendosi garantire che il lavoratore possa in ogni caso compilare da sé il modulo, qualora non intenda fare ricorso all'aiuto di organizzazioni sindacali, i dati richiesti dal modulo devono essere solo quelli necessari, indicando in ogni caso quali campi sono obbligatori e quali facoltativi.
Per evitare che il modulo possa essere contraffatto nonostante la presenza della data di scadenza, in particolare quando questo viene stampato in proprio direttamente dal sito del Ministero, si prevede che sullo sfondo dei moduli sia presente una griglia a quadretti di 50 millimetri di lato in tono di grigio chiaro. In questo modo viene impedito che il datore di lavoro in malafede, conoscendo la disposizione degli spazi sul modulo, possa preventivamente apporre la firma del lavoratore su un foglio bianco nell'esatto punto nel quale deve essere apposta la firma e lo utilizzi successivamente per stampare il modulo dal sito del Ministero. Si tratterebbe di un sistema di facile realizzazione con una semplice stampante. Invece, la presenza sul modulo di una griglia con piccoli quadrati sullo sfondo, di colore grigio chiaro in modo da non ridurre la leggibilità dei dati inseriti, permetterà di verificare facilmente se la firma è stata apposta prima della stampa del modulo.
L'articolo prevede infine che mediante convenzioni a titolo gratuito stipulate nelle forme definite con un altro decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono disciplinate le modalità attraverso le quali è reso possibile alla lavoratrice, al lavoratore, alla prestatrice d'opera o al