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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno, prefetto Mario Morcone, sullo stato di attuazione delle normative in materia di rimpatrio e di rilascio dei visti a cittadini extracomunitari.
Ringrazio sentitamente in modo non rituale, anche a nome del Comitato, il prefetto Morcone per aver accettato il nostro invito in un brevissimo lasso di tempo. Ricordo che sono presenti il prefetto Michele Penta, vice capo Dipartimento vicario, e l'architetto Luciano Buonpane, responsabile delle relazioni esterne.
Questa audizione, signor prefetto, è ritenuta di grande rilievo in quanto costituisce l'occasione per il Comitato di essere informato sullo stato di attuazione delle politiche in materia di immigrazione, nonché sull'attività della commissione nazionale per il diritto di asilo e delle relative commissioni territoriali. Anche in relazione alle notizie riportate negli ultimi giorni su organi di stampa, sarebbe quindi di grande interesse per il Comitato avere notizie circa i criteri della nuova programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari, che il Governo sta attualmente definendo.
Con la recente normativa che ha trasformato gli ex centri di permanenza temporanea ed assistenza (CPTA), ne sono state modificate e diversificate anche le funzioni?
Le domando inoltre quali ritiene possano essere le prospettive dei centri alla luce della recente proposta di direttiva comunitaria sui rimpatri, anche sotto il profilo dei costi di gestione.
Infine, sarebbe interessante conoscere la sua valutazione sugli esiti delle operazioni di censimento avviate nei mesi scorsi nei campi nomadi ubicati sul territorio italiano, in particolare a Roma, Napoli e Milano, che hanno suscitato straordinarie e volgari interpretazioni nonché una polemica politica fortissima che ha addirittura travalicato i confini nazionali.
Nel ringraziarla ancora per avere accettato il nostro invito, le do senz'altro la parola.
MARIO MORCONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno. La ringrazio, presidente. Il ventaglio di domande che sono state poste presuppongono molta pazienza da parte vostra. Cercherò di
essere il più sintetico possibile per poter toccare tutti gli argomenti citati dal presidente.
Partirei evidenziando il carattere eccezionale della situazione che si è determinata con gli sbarchi di immigrati: già dal mese di marzo di quest'anno le coste del sud, in maniera particolare in tutta la Sicilia e ancor più a Lampedusa, sono state meta di sbarchi continui e ripetuti di richiedenti asilo, donne e minori, adulti e famiglie, provenienti da Somalia, Eritrea, Nigeria e Ghana, che sono stati soccorsi dalle nostre unità navali della Marina militare, della Capitaneria di porto e della Guardia di finanza. Una quota minore di afgani e iracheni, invece, arriva in Italia su traghetti della Grecia, sbarcando a Bari o in altri porti adriatici.
Il fenomeno, che già si era verificato negli anni passati, quest'anno si sta manifestando con un andamento assolutamente eccezionale. Il numero delle persone sbarcate è quasi doppio rispetto a quello dell'anno precedente, le domande di asilo pervenute alle commissioni territoriali per la protezione internazionale sono praticamente raddoppiate e il dato è ancora provvisorio, tenuto conto che siamo ai primi giorni di novembre.
Per fare un raffronto, gli arrivi degli immigrati sulle coste del sud sono stati 22 mila nel 2005, sempre 22 mila nel 2006, 20 mila nel 2007, mentre dal 1o gennaio al 3 novembre 2008 sono stati ben 30.896. Lascerò la documentazione con le tabelle allegate che illustrano più in dettaglio le situazioni. Almeno il 65 per cento di coloro che sono arrivati ha espresso la volontà di richiedere la protezione internazionale, cosicché le domande di protezione internazionale presentate alle commissioni territoriali da gennaio a ottobre sono state 24.041. Il totale dei minori sbarcati sulle coste del sud è di 1.959; solo a Lampedusa nei mesi di maggio, giugno e luglio sono giunti 775 minori, di cui 635 non accompagnati.
È chiaro che tutto questo ha creato grande difficoltà, perché non è stato sufficiente avviare rapidamente i centri che avevamo predisposto o che avevamo in ristrutturazione. Siamo stati costretti ad andare oltre l'ordinaria gestione dei centri, individuando una serie di punti di accoglienza e mobilitando anche con posti straordinari il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) che è gestito insieme all'ANCI. L'emergenza ha congestionato sostanzialmente tutti i centri di prima accoglienza, nei quali la permanenza si protrae spesso oltre i 35 giorni previsti dalla normativa.
Al di là delle difficoltà anche nel rapporto con le istituzioni e con il governo locale per individuare i luoghi e le modalità di accoglienza delle persone, non nascondo al Comitato che questo stato di cose ha inciso profondamente anche sotto il profilo delle risorse economiche. Tra aprile e giugno sono stati completati i lavori di costruzione e di ristrutturazione delle strutture di Bari, Brindisi, Cagliari, Crotone e Gorizia, delle quali sono stati immediatamente esauriti i posti. Siamo stati costretti, dunque, ad attivare delle tendopoli a Foggia e Crotone, che non riusciamo ancora a smontare nonostante si stia approssimando l'inverno e che quindi destano preoccupazione sotto il profilo della qualità dell'accoglienza. Sono state mobilitate non solo le prefetture, e attraverso le prefetture i comuni italiani, ma anche tutte le ONG e le associazioni che lavoravano con noi per la ricerca di nuovi alloggi. Abbiamo attivato dei luoghi di accoglienza ad Ancona, Agrigento, Arezzo, Ascoli, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Frosinone, Latina, Mantova, Marina di Massa, Matera, Messina, Palermo, Pordenone, Ragusa, Rieti, a Roma sei centri (compreso Castelnuovo di Porto con una presenza consistente di circa 680 persone), Salerno, Siracusa, Taranto, Torino, Trapani e Trieste. Al 3 novembre del 2008 abbiamo in accoglienza oltre 10 mila persone, a cui vanno aggiunte ovviamente le 3.896 persone che trovano accoglienza nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR).
A causa della sofferenza, sotto il profilo economico e finanziario, a cui ha portato questa situazione, abbiamo chiesto al Ministero dell'economia un ulteriore stanziamento
di 25 milioni, che in questo momento è la cifra che vede esposto il Dipartimento a causa delle convenzioni che ha stipulato. Naturalmente è molto difficile immaginare l'andamento dei flussi nei prossimi mesi. Ieri eravamo a Vichy e il capo delegazione della Svizzera mi ha chiesto notizie in merito agli immigrati che partendo dal nostro territorio arrivano anche in Svizzera. Mentre lo stavo rassicurando sul fatto che le cattive condizioni del mare e la situazione complessiva dell'inverno che si approssima certamente davano maggiore tranquillità, sul mio telefono cellulare, che gli ho poi mostrato, è arrivata la comunicazione che la Marina militare aveva appena raccolto 360 persone che stava trasportando a Lampedusa. Naturalmente ho comunicato la notizia anche al direttore dell'unità immigrazione, asilo e frontiere della Commissione europea, Jean-Louis de Brouwer e molto probabilmente quest'anno verrà assegnata dall'Unione europea una parte delle risorse anche all'Italia a causa delle forti pressioni migratorie che si stanno verificando sulle coste.
Dinanzi a questa continua emergenza, che per adesso non tende a rallentare, oltre all'aspetto dell'accoglienza di queste persone cerchiamo di rafforzare i rapporti con le associazioni e con il governo locale nella gestione dei centri. Con l'approvazione del Ministro, è stato fatto un nuovo capitolato, che ha un obiettivo, non limitato al solo prezzo dell'appalto, ma di individuazione della forma migliore di gestione dei centri, con un servizio modulato in base alle effettive necessità degli ospiti, a seconda del tipo di accoglienza e della prospettiva di permanenza degli ospiti stessi. La scelta è coerente con l'idea di differenziare i servizi e la logistica in relazione al tipo di ospiti e soprattutto di valorizzare la capacità, l'esperienza e i progetti degli enti gestori.
Naturalmente lascerò a disposizione del Comitato tutta la documentazione necessaria ad approfondire ulteriormente l'argomento, ma vorrei concludere sul tema più generale degli sbarchi e dell'immigrazione illegale facendo presente che a Lampedusa, nonostante questa mattina ci sia stato un trasferimento di 332 persone con un ulteriore ponte aereo della Polizia di Stato, rimangono comunque 941 ospiti. Lampedusa ha un nuovo centro di accoglienza, che il Comitato ha visitato, che è un punto di riferimento importante, anche in ambito europeo, per la qualità dell'accoglienza, per il lavoro fatto insieme alle organizzazioni internazionali e per la particolare sinergia tra forze dell'ordine, ente gestore, Alto Commissariato per i rifugiati, Croce Rossa, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e Save the children. Tuttavia Lampedusa, che ha circa 400 posti letto che possono essere raddoppiati a 804 in momenti di particolare pressione, ha avuto 1.217 persone a maggio, 1.600 a giugno, 1.800 a luglio, tra 1.200 e 1.600 ad agosto, fino ad arrivare al record assoluto di 1.967 persone del 24 agosto, tra 1.100 e 1.595 a settembre, tra 1.200 e 1.400 ad ottobre, con un picco di 1.654 tra il 17 e il 20 ottobre.
Vi ho fornito questi dati per dimostrare come, nonostante siano organizzati quotidiani ponti aerei della Polizia di Stato per portare via gli ospiti dai luoghi che, come accennavo prima, abbiamo trovato con difficoltà, certamente la situazione è stata sempre e continua ancora oggi ad essere difficile.
Consentitemi un'altra considerazione su un argomento legato al tema degli sbarchi, quello dei minori non accompagnati. Credo che ciascuno di voi abbia potuto leggere su un quotidiano una sorta di rapporto-denuncia di un giornalista sulla presenza di minori non accompagnati nei centri intitolato, in termini un po' forzati, «I bambini fantasma di Lampedusa», anche se individua una situazione in parte vera. Vi è un alto numero di minori, 1.889, che sono arrivati sul nostro territorio quest'anno, di cui 1.458 non accompagnati. Non sono bambini, naturalmente, ma ragazzi tra i 14 e i 18 anni. Il tema diventa delicato perché non esiste un adeguato raccordo tra le istituzioni che si devono occupare di questi minori. Nel momento in cui essi sono affidati, a seguito dell'individuazione del
tutore presso il comune da parte della magistratura, noi abbiamo un doppio problema: il primo è che questi minori, che potrebbero considerarsi una ricchezza per il Paese se adeguatamente formati anche dal punto di vista professionale, non sono adeguatamente seguiti nella misura in cui sarebbe auspicabile e scappano raggiungendo, a seguito di un contatto telefonico, un parente o un conoscente, a volte entrano anche nei circuiti criminali; il secondo problema riguarda i danni apportati da questo fenomeno ai bilanci comunali.
Ad esempio, i minori di Lampedusa sono affidati spesso nella provincia di Agrigento, dove gravano certamente sui bilanci comunali che non sono tra i più solidi. Il prefetto di Agrigento e tutti i sindaci della provincia sottolineano questo aspetto perché il tema è particolarmente sentito. È di questa mattina una lettera del sindaco di Venezia Cacciari, che è ben distante da Agrigento, il quale deve affrontare il medesimo problema, così come molti altri sindaci di città che sono luogo di sbarco. L'affidamento di questi minori ai comuni, infatti, determina gravi sofferenze per il bilancio comunale.
Su questo tema stiamo aprendo un tavolo tecnico che vede impegnato anche il Ministro Meloni, che è venuto in visita a Lampedusa qualche giorno dopo il vostro Comitato. L'ipotesi che stiamo facendo è quella di istituire una rete di tipo SPRAR, simile cioè alla rete che si occupa dell'assistenza ai richiedenti asilo. È necessario quindi lavorare in collaborazione con i comuni in modo che si stabilisca un coordinamento più stretto e più vasto con tutte le istituzioni che operano in questo settore; ciò consentirà naturalmente anche il reperimento delle risorse necessarie affinché non ricada semplicemente sui comuni l'onere di una situazione che, se ben gestita, può rivelarsi un'opportunità.
Per quanto riguarda il tema delle politiche, come tutti ricorderete il 15, il 18 e il 21 dicembre dell'anno scorso si è aperta la procedura per il «decreto flussi» per 170 mila nulla osta al lavoro. I termini di quel «decreto flussi» si sono chiusi il 31 maggio 2008. Complessivamente sono state presentate 740.692 domande, fino a questa mattina ne sono state esaminate circa 172 mila, i nullaosta concessi sono 103 mila, il che significa che se tutte le domande fossero state corrette avremmo terminato questa prima parte del lavoro.
La procedura fortemente innovativa, che è stata denominata giornalisticamente «click day», ha avuto il merito di eliminare le code agli uffici postali, dove peraltro si verificava il paradosso delle forze dell'ordine impegnate a tenere in fila molte delle persone che in linea teorica avrebbero dovuto espellere. Questa procedura è trasparente ed ha determinato una straordinaria spinta all'innovazione nel nostro Paese, con la completa eliminazione di qualsiasi supporto cartaceo.
Lo scorso venerdì, a margine del Consiglio dei Ministri, si è svolta una riunione a palazzo Chigi con il Ministro dell'interno e il Ministro del lavoro, insieme ai relativi collaboratori, nella quale si è convenuto di proporre al Presidente del Consiglio dei Ministri un nuovo «decreto flussi» per il 2008, che avrà la stessa misura del decreto precedente, cioè di 170 mila unità, da attingere alla graduatoria che è aperta e che si è formata solo dopo il 31 maggio. Questo perché in mancanza del documento di programmazione triennale previsto dalla legge Bossi-Fini non si può far altro che ripetere il decreto dell'anno precedente.
I temperamenti che sono stati richiesti e che sono stati convenuti per la proposta al Presidente del Consiglio riguardano in particolare i datori di lavoro stranieri, perché tra le domande è presente un alto numero di richieste da parte di datori di lavoro stranieri presenti in Italia: ciò non solo fa emergere chiaramente un sospetto, ma fa quasi giungere alla certezza che si tratti di forme indirette di ricongiungimento familiare. Inoltre, si vuole puntare molto sul lavoro domestico, tenendo presente che una fase economica recessiva come questa rischia di colpire per prime le fasce più deboli e quindi sorge il rischio che molti lavoratori stranieri possano perdere il posto di lavoro. L'obiettivo è quello
di non incentivare arrivi con il «decreto flussi», soprattutto relativi all'industria e a quella fascia di economia che è investita dalla crisi; l'agricoltura o altri tipi di lavoro, come il lavoro domestico, sono ancora in grado di assorbire lavoro straniero.
Su questi argomenti il Parlamento dovrà fare una riflessione. Dovrà riflettere, ad esempio, sull'articolo 27 del decreto legislativo n. 286 del 1998 che individua categorie di lavoratori stranieri altamente specializzati quali ingegneri o manager, e sul fatto che in un mondo globale gli accordi industriali tra società straniere e grandi aziende italiane rendono necessaria una mobilità di questi lavoratori e delle loro famiglie sganciata assolutamente dalle procedure collegate al «decreto flussi». Si tratta di un migliaio di persone l'anno, non di più, che sono già al di fuori delle quote previste dal decreto ma che sono assoggettati alla stessa procedura. Intratteniamo stretti rapporti con l'ambasciata giapponese, ma il tema non riguarda solo il Giappone, riguarda molti Stati con i quali esistono importanti relazioni economiche. Sono convinto che i vertici politici, sia il Ministero del lavoro che il Ministero dell'interno, siano consapevoli di dover affrontare questo tema sganciandolo definitivamente dalla tradizionale disciplina dei flussi per cercare strade semplificate per gli ingegneri e gli specialisti che lavorano per aziende italiane.
Per quanto riguarda l'asilo, esso è un principio costituzionale in base all'articolo 10 della Costituzione. Per molti anni si è svolta una lunga polemica sulla necessità di una legge di attuazione di questo principio, ma nessuna delle proposte al riguardo ha completato l'iter legislativo. Tuttavia la Convenzione di Ginevra e successivamente il recepimento delle direttive europee, ad avviso della Corte di Cassazione, hanno portato di fatto alla realizzazione di una normativa attuativa di quel principio costituzionale tra le più civili ed avanzate dell'Unione europea.
I decreti legislativi di recepimento delle direttive europee n. 83 del 2004 e n. 85 del 2005 hanno stabilito in maniera chiara e definitiva le condizioni richieste per ottenere la protezione internazionale, cioè lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria. Una norma di chiusura, infine, prevede come ulteriore via d'uscita un permesso umanitario da poter chiedere al questore, in caso di particolari situazioni non disciplinate dalle norme.
Vorrei inoltre aggiungere che il decreto legislativo n. 159 del 2008, che entra in vigore oggi e che ha rivisto il cosiddetto «decreto procedure» n. 25 del 2008 approvato dal precedente Governo, non ha portato alcun indebolimento alle garanzie dell'asilo e della protezione internazionale. Il decreto si pone l'obiettivo, come abbiamo illustrato con una circolare ai prefetti, di evitare ed arginare il fenomeno delle domande strumentali, che vengono fatte in modo da aggirare la precedente normativa. Non è un caso che in questo momento, a fronte di una condizione a tutti nota in Etiopia, Somalia ed Eritrea, il numero più alto di cittadini che richiedono asilo dichiarano di provenire dalla Nigeria, e poi a seguire Somalia, Afghanistan, Costa d'Avorio, e così via. La presentazione di queste domande ha un evidente carattere strumentale, poiché con la Nigeria le procedure di rimpatrio sono più difficili e ciò permette a questi soggetti di disperdersi sul territorio nazionale.
Quest'anno, in relazione alla particolare pressione migratoria, abbiamo istituito 10 commissioni composte da due funzionari del Ministero dell'interno, il presidente proveniente dalla carriera prefettizia e un funzionario della Polizia di Stato, oltre che da un rappresentante del sindaco e da un rappresentante dell'Alto commissariato per i rifugiati. Questa composizione si ha unicamente in Italia, non avviene in nessun altro Paese d'Europa e fornendo particolari garanzie è guardata con molto interesse anche all'estero. Alle 10 commissioni attivate ne abbiamo aggiunte in via eccezionale altre 5 per coprire meglio quelle aree geografiche nelle quali esiste un numero molto elevato di richiedenti asilo, come ad esempio Roma, Bari, Siracusa. Le commissioni hanno lavorato con grande intensità e dinanzi a
circa 24 mila domande pervenute ne sono state già esaminate un gran numero, tanto che entro la fine dell'anno l'operazione sarà quasi conclusa.
Un altro tema molto importante, spesso poco percepito, è quello dell'integrazione e del dialogo interculturale. Per evitare qualsiasi utilizzo distorto delle cose che si possono dire, mi riferisco solo a quello che ho ascoltato ieri alla Conferenza di Vichy a presidenza francese.
Il Ministro dell'interno tedesco Wolfgang Schauble ha parlato espressamente di offerta di integrazione obbligatoria per tutti gli Stati membri e della necessità di una Conferenza annuale per fare il punto sullo buone pratiche e sulle iniziative intraprese in materia di integrazione. Analoga impostazione ha avuto l'intervento del Ministro dell'immigrazione francese Hortefeux, che ha insistito molto sull'importanza dell'acquisizione della lingua del Paese che ospita i migranti e dei valori fondamentali che regolano la vita comune. In questo quadro tutti hanno fatto riferimento all'importanza di disegnare i pilastri di una società interculturale che nei fatti si sta realizzando spontaneamente, mentre sarebbe più opportuno guidarne lo sviluppo nel rispetto della storia e della cultura di ciascun Paese. La nostra posizione è stata espressa dal sottosegretario al Ministero dell'interno Palma, che ha ricordato l'importante lavoro che stiamo facendo con i Consigli territoriali dell'immigrazione, che si è molto sviluppato negli ultimi anni ed è sostenuto economicamente dal finanziamento di progetti che vengono proposti da enti locali o da istituzioni locali proprio attraverso i Consigli territoriali. Inoltre i tedeschi hanno rilanciato il tema sempre più pressante del dialogo interreligioso, che sentono in maniera particolare avendo una comunità turca molto consistente sul proprio territorio.
Ultimo argomento è quello della cittadinanza, che è l'ultima porta dell'integrazione, uno strumento che non può e non deve essere sottovalutato perché è l'architrave della coesione sociale e della convivenza civile, fermo restando ovviamente il dovere di rispetto delle regole per chi vive nel nostro Paese e aspira appunto a diventare cittadino italiano. Tradizionalmente lo strumento più frequente per acquisire la cittadinanza italiana era il matrimonio, ma ad esso si sta progressivamente sostituendo la prolungata permanenza nel nostro Paese. Questo è un elemento molto significativo che ci fa riflettere sulla circostanza che molti immigrati vivono e lavorano regolarmente in Italia e tendono a stabilirvisi definitivamente. Personalmente ritengo che il Parlamento dovrà affrontare una riforma sul tema della cittadinanza, in modo da aggiornare l'attuale normativa anche sulla base di esperienze che hanno fatto altri Paesi, che prevedono percorsi più pregnanti di inserimento e di effettiva partecipazione alla vita della comunità di cui si intende far parte.
Il Presidente della Repubblica Napolitano nei prossimi giorni ha programmato una solenne cerimonia di conferimento della cittadinanza italiana a un certo numero di cittadini che vivono e lavorano sul nostro territorio. Il Ministro Maroni nella sua audizione presso il Comitato ha citato un'importante ricerca commissionata all'Università cattolica, sia a Milano che a Roma, e che sarà la piattaforma sulla base della quale effettuare una riflessione sui temi della coesione sociale e dell'integrazione e per affrontare problematiche che possano emergere da uno studio attento e mirato del territorio.
Con riferimento, infine, al censimento che è stato realizzato dai prefetti di Milano, Roma e Napoli, esso è di competenza del mio Dipartimento ed ho partecipato agli incontri presieduti dal Ministro, ma preferirei lasciare al ministro Maroni, quando lo riterrà opportuno, il compito di comunicare le iniziative che intende portare avanti. Va anche considerato che si sta ancora svolgendo una riflessione sulle cifre risultanti dal censimento e su quello che si intende fare proprio per il recupero, nelle grandi aree urbane degradate, di una condizione dignitosa per chi vive in quelle aree, fermi restando l'espulsione e il rimpatrio
di coloro che vivono in maniera illegale o non sono nelle condizioni di vivere legalmente.
PRESIDENTE. Il prefetto ci ha fornito un quadro estremamente dettagliato, in alcuni punti anche molto inquietante, su quanto sta accadendo sul fronte dell'immigrazione clandestina e non solo. Credo che le sue riflessioni stimoleranno un importante dibattito.
Dispongo che la documentazione prodotta dal prefetto Morcone sia pubblicata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.
Do quindi la parola ai colleghi che intendano porre domande o formulare osservazioni.
DIANA DE FEO. Non vorrei rendere più inquietante questa situazione, ma un mio ex dipendente mi ha telefonato dicendomi che ieri è stato licenziato dall'impresa dove lavorava, nel nord Italia. Mi chiedo quindi se la crisi comporterà prima di tutto una serie di licenziamenti proprio di cittadini stranieri con permesso di lavoro in Italia. Certamente ciò potrebbe solo aumentare il problema, anziché diminuirlo. Cosa accade a questi cittadini che da dieci o vent'anni si trovano in Italia e perdono il lavoro?
TERESIO DELFINO. Ringrazio anch'io, a nome della mia forza politica, il prefetto Morcone per la sua eccellente presenza e il suo esauriente intervento che ritengo molto interessante, anche perché espresso nella consapevolezza che esistono grandi problemi da affrontare con realismo e senza approcci pregiudiziali. Infatti, come l'acqua scende verso il basso, così le mutate situazioni, che il prefetto ha richiamato in relazione al censimento e alla cittadinanza, impongono che il Parlamento e il Governo adottino iniziative anche legislative completamente innovative. Siamo da sempre convinti che siano necessarie legalità e sicurezza, ma anche una grande capacità di accoglienza degli immigrati.
Vorrei allora formularle alcune domande. La prima è relativa al nuovo «decreto flussi», del quale si è detto che deve presentare lo stesso contenuto di quello dello scorso anno, presumo per disposizione normativa. Ebbene, se così è, bisogna segnalarlo e verificare quali siano le reali esigenze del Paese, perché per paure o per esigenze di legalità e sicurezza, non rispondiamo a un'esigenza della comunità nazionale.
Relativamente alle badanti, insieme al Ministro Giovanardi avevamo intrapreso una coraggiosa iniziativa. Si tratta di un tema che ci sta molto a cuore e relativamente al quale vorremmo sapere (oggi stesso, se è possibile, oppure successivamente anche mediante eventuale documentazione che lei potrebbe farci pervenire) se esista consapevolezza di questa esigenza, soprattutto per le priorità già indicate relativamente alle badanti e alle collaboratrici familiari.
Un'altra domanda è relativa alla questione dell'immigrazione clandestina (forse si tratta di informazioni che sono già contenute nella documentazione). Vorrei sapere quali nuovi centri siano stati attivati nel 2008 e, poiché esiste molta enfasi su nuovi centri da costruire, quali siano ancora previsti, nonché i tempi di realizzazione. Non entro nel merito dei dati relativi all'espulsione, però quelli da lei forniti confermano che il Governo, di centro, di destra o di sinistra che sia, non riesce ad arrestare il fenomeno dell'immigrazione.
Inoltre, lei ha affrontato un altro argomento a questo collegato, relativo alla situazione di Lampedusa (non ho potuto seguire la missione che si è svolta) che è diventata insostenibile. Le chiedo quindi, non essendo stato presente durante l'audizione del Ministro Maroni, se intenda prendere qualche provvedimento ulteriore rispetto alle indicazioni che ha fornito.
Vi è anche un ulteriore elemento, relativo all'integrazione, al dialogo interculturale e all'offerta obbligatoria di formazione. La mia domanda coniuga due aspetti. In primo luogo vorrei sapere se
l'offerta obbligatoria di formazione diventerà oggetto di apposita direttiva europea. Inoltre, ritengo che il nostro Paese, mediante il Ministero, abbia ormai acquisito una grande capacità di monitoraggio di cosa succede nei nostri centri di accoglienza. Sono stato responsabile della Croce Rossa del Piemonte, perché per sei anni ho avuto la responsabilità della gestione in convenzione con la prefettura di Torino. Sono andato diverse volte a visitare il centro e ne avevo un giudizio molto positivo, se non ottimo. Tuttavia, poiché adesso, già da due anni, ho lasciato l'incarico e non me ne occupo più, vorrei comprendere se esista un monitoraggio e se venga espresso un giudizio sopranazionale, a livello europeo. Infatti, sarò un po' nazionalista, ma ritengo che il nostro Paese abbia dentro di sé, nel suo dna, una capacità di accoglienza mediamente superiore rispetto a quella degli altri Paesi.
L'ultima questione che vorrei porre si collega a quella dei flussi e riguarda il rapporto con le organizzazioni datoriali di lavoro, che si rivolgono poi ai parlamentari. Provengo dalla provincia di Cuneo e, malgrado la crisi e quanto ha affermato la collega nel corso del suo intervento, non passa un giorno senza che queste organizzazioni vengano a chiederci di dar loro di più. È credibile la richiesta proveniente dal sistema delle imprese, al di là della questione relativa alle badanti e alle famiglie? Se è possibile, bisognerebbe fare un po' di chiarezza a questo riguardo.
PRESIDENTE. Non so se il prefetto Morcone nel tempo a disposizione riuscirà a rispondere alle domande che sono state formulate. In caso contrario potremmo rimandare ad altra seduta il seguito dell'audizione, in quanto le domande poste sono una più interessante dell'altra.
PIERGIORGIO STIFFONI. Anch'io vorrei ringraziare il nostro ospite. Da buon ex bancario ho subito fatto i conti di quanto costino pro die 24 mila domande di protezione: quasi due miliardi e mezzo al giorno delle vecchie lire, cioè un milione 320 mila euro al giorno. Le chiedo dunque quante di tali domande siano state evase, quante accolte e quanti rifugiati acclarati continuiamo ad ospitare e, logicamente, a mantenere.
Inoltre, lei ha affermato che l'Unione europea per il primo anno contribuirà ad alleviarci queste spese, il cui importo, moltiplicando tutte le cifre, sarà enorme. Visto che siamo la porta principale d'ingresso dei cittadini extracomunitari, forse non è il caso di fare pressione presso l'Unione europea affinché questo contributo vada a regime, anziché essere sporadico?
Lei ha parlato anche di mobilità di manager, già prevista nella legge. Mi permetto di sottolineare che alcune difficoltà non dovrebbero essere frapposte. Ho esperienza relativamente alle imprese della mia zona: bisognava fare arrivare dei lavoratori altamente qualificati dalla Cina per iniziare un'attività di produzione unica in Europa e vi sono state enormi difficoltà, tant'è che è stato necessario ricorrere al visto turistico. È assurdo e paradossale! Vorrei quindi che ci prestasse maggiore attenzione da questo punto di vista.
Per quanto riguarda l'offerta obbligatoria culturale, spero che venga emanata una direttiva europea. Ci stiamo muovendo in questa direzione e non mi meraviglio che sia la Germania a proporre questo tipo di iniziativa, considerata la questione dei turchi, cui lei ha accennato, per i quali, ai fini del ricongiungimento familiare, è prevista la conoscenza del tedesco. Dopo l'attuazione dell'iniziativa tedesca, il numero di ricongiungimenti dei cittadini della comunità turca, la più numerosa in Germania, è sceso del 67 per cento.
Per quanto riguarda la cittadinanza, lei ha parlato di lunga permanenza nel territorio nazionale. Mi trovo perfettamente d'accordo, ma vorrei aggiungere che la permanenza dovrebbe essere legata alla qualità. Certamente in questa materia non vi può essere una normativa dettata dall'Unione europea, perché ogni Paese ha le proprie disposizioni, in base alla realtà
nazionale. Lei, inoltre, ha fatto riferimento alla necessità di una revisione del problema relativo alla cittadinanza da parte del Parlamento. Non possiedo dati aggiornati, ma non credo che siano poi così tanti gli extracomunitari che chiedono la cittadinanza italiana; da quanto mi risulta, preferiscono mantenere la propria, non ci sono cifre così enormi. In ogni caso, a nostro avviso, è bene che la cittadinanza venga concessa considerando la qualità della vita di queste persone nel nostro Stato.
IVANO STRIZZOLO. Anch'io vorrei esprimere un apprezzamento non formale per la relazione ampia, non solo per i dati forniti ma anche per la sostanziale obiettività con cui sono state rappresentate le iniziative e le attività che il Dipartimento retto dal prefetto Morcone sta sviluppando in questi mesi; come lui stesso ha ricordato, si tratta di mesi difficili per una serie di ragioni, non solo per gli afflussi che arrivano al sud del Paese, ma anche per una difficoltà complessiva legata alle legittime posizioni e riflessioni politiche di ciascuna componente presente in Parlamento.
Ovviamente il prefetto Morcone è qui da tecnico, rappresenta un'istituzione e quindi non possiamo pretendere risposte di tipo politico o legislativo. Con sensibilità egli ha toccato alcuni punti legati, ad esempio, a quello che accade per un numero abbastanza preoccupante di minori che arrivano e che poi scompaiono, come abbiamo già sentito nel corso di precedenti audizioni. Ma, soprattutto, ho colto una grande attenzione per quanto riguarda il rapporto con il territorio e con le istituzioni locali, in particolare con i comuni.
I colleghi che mi hanno preceduto hanno già formulato tutta una serie di domande cui rinvio. Vorrei evidenziare solo due elementi. Vi è un compito che non è proprio solo del prefetto Morcone, ma anche del Governo e della parte politica: rafforzare un'azione maggiormente coordinata e più stretta di collaborazione tra i Paesi europei maggiormente esposti direttamente. L'Italia, purtroppo, è una specie di portaerei sul Mediterraneo e, quindi, necessita di uno sforzo di impegno maggiore a livello comunitario, per supportare l'azione del nostro Paese e far fronte a queste continue emergenze. Pertanto, da questo punto di vista, credo che anche i contatti e gli incontri a livello europeo di cui abbiamo sentito parlare sia dal Ministro Maroni sia dal Ministro Frattini, e che anche oggi sono stati richiamati dal prefetto Morcone, siano un elemento importantissimo. Bisogna quindi rafforzare l'azione coordinata dell'Europa per far fronte a questa emergenza che, chiaramente, non sappiamo quanto durerà perché è legata anche ai cambiamenti globali in atto.
L'altro punto che vorrei richiamare è legato ad una maggiore attenzione, in questo momento, al problema del «decreto flussi». È stata indicata la cifra di 170 mila persone perché purtroppo siamo in presenza di una congiuntura economica non favorevole, non solo in Italia ma, con accentuazione leggermente diversa, anche in altri Paesi dell'Unione europea. Esprimo una considerazione politica più che tecnica: è evidente che non possiamo pensare di ridurre esclusivamente i flussi migratori. Certo, è un auspicio, la situazione ideale: chiamare le persone professionalmente qualificate, gli ingegneri, oppure quel numero di persone utili anche per lavori meno qualificati.
Tuttavia, credo che il nostro Paese, per tradizione e cultura, non possa non tener conto, anche in una situazione complessiva di difficoltà, che occorre individuare un giusto punto di equilibrio tra il «dovere» di accoglienza e la garanzia della sicurezza per il Paese stesso. Anche questa ovviamente è una considerazione di carattere politico, che si deve poi tradurre in iniziative legislative.
Vorrei anche chiedere se il numero di 170 mila persone da inserire nel «decreto flussi» sia realistico rispetto alla situazione di difficoltà nella quale ci troviamo e al numero delle persone che probabilmente sarà richiesto dal mondo economico e produttivo. Magari fino a qualche settimana
o qualche mese fa, erano le stesse associazioni di categoria a sollecitare e stimolare un'accelerazione.
Infine, desidero esprimere una breve considerazione sulle richieste di asilo: ci rendiamo conto che probabilmente una parte non è legata ad un'esigenza effettiva, ma ci sono i tentativi di penetrazione di persone che magari non hanno effettivamente l'esigenza di ottenere l'asilo politico o lo status di rifugiato. Tuttavia, in merito alle 24 mila richieste, lievitate rispetto ai dati forniti tempo fa, vorrei conoscere la sua valutazione.
VINCENZO TADDEI. Anch'io ringrazio il prefetto Morcone per la sua esaustiva relazione sullo stato dell'arte. Credo che il tema dell'immigrazione vada distinto in due aspetti fondamentali: l'immigrazione clandestina e quella consentita, due temi paralleli ma diversi. In relazione all'immigrazione clandestina si è parlato dei minori che si perdono di vista e dei quali vorremmo sapere che fine fanno. Ma anche in relazione agli altri immigrati vorremmo capire cosa ne sia di loro dopo la permanenza nei centri e se esista un monitoraggio in tal senso; altrimenti c'è solo un'immissione di clandestini che poi si irradiano sul territorio nazionale, creando problemi in molti casi legati alla sicurezza.
Inoltre, per motivi di emergenza avete dovuto ampliare i centri di assistenza degli immigrati. In particolare, il centro istituito in provincia di Matera, a Policoro, si trova in una località dove per tre o quattro mesi all'anno è presente un turismo abbastanza significativo. Questi centri rimarranno dove si trovano o è prevista una diversa dislocazione, in modo tale da non creare problematiche evidenti alle attività turistiche nei vari territori?
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al prefetto per la replica, vorrei precisare che rinuncio a porre le mie domande per ragioni di tempo. Mi auguro comunque che il prefetto possa tornare in questa sede, fra qualche settimana, per una seconda audizione, perché la materia affrontata oggi è molto affascinante e complessa e merita un ulteriore approfondimento.
Do quindi nuovamente la parola al prefetto, ringraziandolo ancora.
MARIO MORCONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno. Signor presidente, la ringrazio della cortesia avuta sia nei miei confronti sia nei confronti dei collaboratori del mio Dipartimento. Naturalmente siamo a vostra disposizione, anche perché si tratta di situazioni che si evolvono di giorno in giorno.
Proprio domani si svolgerà una riunione tecnica sul «decreto flussi» di cui parecchi di voi hanno chiesto. Il tema dei flussi oggi va esaminato alla luce di una condizione economico-finanziaria completamente diversa rispetto anche al recente passato, ad alcuni mesi fa. Naturalmente, proprio per questo motivo, il Ministro del lavoro in particolare, che possiede competenza, sensibilità e conoscenza particolari, vorrebbe orientare le quote destinandole prevalentemente al lavoro domestico e alle badanti, in parte all'agricoltura e un po' meno all'industria e all'edilizia, proprio per le ragioni espresse dalla senatrice De Feo.
È chiaro che ci si attende e si teme, soprattutto, che una condizione di difficoltà economica porterà alcuni lavoratori stranieri a perdere posti di lavoro o che comunque non ci saranno grandi opportunità per lavoratori stranieri nell'industria. Le quote verranno quindi orientate sentendo cosa proporranno i colleghi del Ministero del lavoro, ma già il Ministro ha chiaramente fatto intendere che vorrebbe orientarle prevalentemente verso il lavoro domestico e verso i Paesi che hanno quote privilegiate. Si tratta di un tema importante che riguarda quei Paesi con i quali vi sono accordi di riammissione e un'intesa che ci consenta da un lato di avere flussi regolari d'ingresso e di garantirli, dall'altro di poter riaccompagnare a casa quei cittadini provenienti da questi Paesi giunti illegalmente sul territorio nazionale.
Le quote verranno comunque garantite, ma l'orientamento - mi permetto di ribadirlo
- è di orientarle prevalentemente a lavoro domestico e badanti e ai Paesi che hanno quote privilegiate, e molto meno rispetto al passato all'industria. Si tratta evidentemente di una valutazione, uno studio e un approfondimento del Ministero del lavoro che, dopo aver sentito le organizzazioni di categoria e soprattutto le regioni, ci rappresenta la situazione e le aspettative sul territorio.
Per quanto riguarda i nuovi centri del 2008, in realtà, per lo sforzo di sintesi che tutti abbiamo fatto, non abbiamo chiarito bene due mondi connessi ma diversi: i centri di permanenza temporanea, oggi di identificazione ed espulsione, che sono sostanzialmente centri di detenzione amministrativa (l'onorevole Delfino forse non aveva ben chiaro che a Milano esiste un CIE, non un centro di accoglienza) e quelli di cui invece ho parlato, che sono i centri di soccorso accoglienza o per richiedenti asilo, dove le persone vengono portate, identificate, assistite per poi determinarne il destino (CPT, CIE, permesso di un giorno o altro).
Naturalmente per quanto riguarda i CIE siamo fermi: il Parlamento sta convertendo in legge il decreto-legge con il quale sono state anticipate le misure sull'istituzione di dieci nuovi centri dei quali c'è bisogno, come affermato dal Capo della Polizia nell'audizione che si è svolta presso la 1a Commissione del Senato, eravamo insieme. Il Ministro dell'interno intanto, nel rispetto del Parlamento che si accinge a convertire il decreto-legge, sta comunque riflettendo su una ricognizione che abbiamo operato sul territorio nazionale, soprattutto nelle regioni in cui non vi sono centri, previe le mediazioni politiche e le valutazioni che riterrà opportune, per stabilire e indicarci dove realizzarli.
Su quel terreno, quindi, non si è mosso nulla, se non la disponibilità di risorse e di norme per poter partire e realizzare i dieci nuovi centri quando il Ministro ci darà disposizione in tal senso. Tutto quello di cui abbiamo parlato riguarda invece i centri per richiedenti asilo o di primo soccorso e di assistenza. Rispondo quindi subito al senatore Stiffoni. Tra i capitoli di bilancio, quello finalizzato a questo tipo di attività prevede uno stanziamento di 120 milioni di euro, dei quali una parte è evidentemente destinata ad altro. In uno studio recente abbiamo calcolato che le somme impegnate si aggirano intorno ai 93 milioni di euro.
PIERGIORGIO STIFFONI. 55 euro al giorno per 24 mesi!
MARIO MORCONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno. Non sono 55 euro, perché a Lampedusa, ad esempio, si pagano 33 euro e 40 centesimi. Anche in tal caso c'è una differenza che è utile conoscere: una cosa è il CIE, in relazione al quale evidentemente lo stesso capitolato richiede maggiori prestazioni, come personale più qualificato, anche perché ci sono realtà difficili, come Milano, Roma o Torino; altra cosa è invece il centro di accoglienza, dove le persone sono meno aggressive, più tranquille e dove l'assistenza è comunque di grande livello ma il costo dell'organizzazione è inferiore. Pertanto, in alcuni casi si arriva a 45-48 euro, ma mediamente siamo intorno a 34-35-37 euro, o 33 a Lampedusa.
PIERGIORGIO STIFFONI. I richiedenti asilo che sbarcano a Venezia vengono ospitati in un albergo di Chioggia; in tal caso il costo supera i 50 euro.
MARIO MORCONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno. Assolutamente no. Le farò avere i dati, non ci sono problemi in quanto si tratta di dati ufficiali. Le cifre salgono anche maniera consistente, arrivando anche a 70 euro per i CIE, perché è necessario gestire persone in una condizione di detenzione amministrativa, quindi con ben altre misure.
PIERGIORGIO STIFFONI. Ma al di là della cifra, il punto è quello di individuare,
visto che è una grossa cifra, quella sulla quale l'Unione europea dovrebbe darci costantemente una mano.
MARIO MORCONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno. La cifra che noi riteniamo di aver impegnato è pari a 93 milioni di euro, comprendente anche i CIE. Tutta la materia dell'accoglienza e della detenzione amministrativa che grava sul capitolo 2351 del piano gestionale 2, come può verificare dal bilancio, è pari a 93-95 milioni di euro.
Per quanto riguarda invece la conoscenza della lingua, ne condivido l'importanza; il Dipartimento si sta già muovendo in tal senso nei centri di accoglienza. Bisogna però stare attenti a non avere un criminale che parla perfettamente italiano e una povera filippina che invece non conosce la lingua. Occorre quindi tenere presenti diversi elementi di valutazione e di conoscenza.
Onorevole Strizzolo, le lascio a disposizione tutti gli elementi relativi alle valutazioni sui richiedenti asilo. Potrà vedere come, per ogni commissione, mediamente lo status di rifugiato venga riconosciuto a non più dell'8 per cento delle persone, e la protezione internazionale arrivi fino al 40 per cento delle domande. Complessivamente vengono accolte la metà del numero delle richieste di asilo, mediante due trattamenti e due status diversi: lo status di rifugiato, che comporta una protezione piena, e la protezione sussidiaria, che invece presenta un grado leggermente attenuato.
È evidente che sul tema dell'integrazione interculturale il rapporto con l'Unione europea è molto importante, ma lo è anche in relazione a tutta la materia dell'immigrazione, che oggi è pienamente comunitaria. Infatti, le direttive comunitarie condizionano, in qualche misura, anche le nostre politiche.
Per quel che riguarda Policoro, capisco la provenienza territoriale dell'onorevole Taddei...
MARIO MORCONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno. Sì, ma dal mio punto di vista Policoro non è una località diversa da Grosseto (dove, sulla costa, proprio questa mattina sono state impegnate 200 persone) o dalla costa di Siracusa. Sono tutte località turistiche.
VINCENZO TADDEI. Ci sono tanti comuni quasi abbandonati o altre realtà dove si potrebbe senz'altro fare accoglienza senza creare difficoltà agli operatori turistici.
MARIO MORCONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno. Quando è stato lanciato il centro di Trieste, ho detto al sindaco di Ancona, Sturani, persona di grande sensibilità ed intelligenza, in maniera provocatoria, molto francamente - consentitemi questa piccola provocazione rivolta non a voi, ma alla politica in genere - che probabilmente questa materia è ormai diventata oggetto di dibattito politico. Per ottenere qualche consenso in più o in meno, almeno nella stagione che ho vissuto, la scorsa primavera-estate, i sindaci forse si sono dimostrati poco attenti alle esigenze dell'Italia, da realizzare tutti insieme, mediante una strategia comune. Non vorrei penalizzare un sindaco in particolare: tutti si sono nascosti per paura di perdere le elezioni della prossima primavera. È successo sia a Reggio Emilia sia a Policoro.
Ho quindi chiesto all'ANCI non solo di aiutarci e di ragionare insieme sul sistema dei richiedenti asilo, ma anche di rappresentarci le esigenze e i doveri di accoglienza dei sindaci laddove, in caso di emergenze umanitarie, sia necessario sistemare alcune persone. Infatti, in questo caso, non posso essere io a decidere se condurle a Policoro o a Barletta o a Grosseto. Sarei ben lieto se l'ANCI o altro organismo rappresentativo delle esigenze dei sindaci ci aiutasse a costruire sul territorio una rete nella quale canalizzare questo tipo di emergenze. Non ho nessun motivo di condurre queste persone a Policoro anziché altrove.
Lascio a vostra disposizione la documentazione, che potrete esaminare, nel dettaglio, quando vorrete.
Signor presidente, nel ringraziarla ancora, rimango a disposizione per fornirvi tutti gli elementi che riterrete necessari nella prossima occasione, anche nelle prossime settimane.
PRESIDENTE. Probabilmente avremo modo di ascoltare nuovamente il prefetto Morcone, anche nell'ambito dell'indagine conoscitiva che l'ufficio di presidenza delibererà quest'oggi, relativa alla normativa europea in materia di immigrazione.
Ringrazio nuovamente il prefetto Morcone e tutti i colleghi intervenuti.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,10.
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