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Seduta del 10/11/2009


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Audizione del Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno, prefetto Mario Morcone.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove politiche europee in materia di immigrazione, l'audizione del capo del Dipartimento per le libertà civili e immigrazione presso il Viminale, il prefetto Mario Morcone, che ringrazio a nome di tutto il Comitato per aver accettato il nostro invito. Ricordo che alla sua destra è seduto il vice prefetto Renato Franceschelli.
Questa audizione è particolarmente importante nell'attuale fase del dibattito politico sui temi migratori, con particolare riguardo all'immigrazione clandestina.
In primo luogo, quindi, le chiederei di offrire al Comitato una panoramica sulla riconversione di alcune delle strutture prima deputate alla sola accoglienza, sia in relazione ai tempi di identificazione e rimpatrio, sia a seguito del diminuito afflusso dei clandestini all'indomani dell'avvio delle attività di restringimento e pattugliamento italo-libico, che hanno svuotato, almeno da qualche mese, la struttura di Lampedusa.
Ci interessa capire, soprattutto, le implicazioni derivanti dall'allungamento dei tempi di trattenimento e l'eventuale localizzazione di nuove strutture, che potrebbero essere necessarie.
Infine, le chiedo di fare un bilancio sulla regolarizzazione di colf e badanti avvenuta a settembre e di fare anche il punto sulle modalità di fruizione dei fondi europei, sulle progettualità e sull'eventuale ulteriore esigenza di finanziamento valutate dal Ministero.
Questi sono i principali argomenti sui quali le chiedo di rispondere; se ci saranno eventuali domande da parte dei colleghi, sono certa che lei potrà, ancora una volta, fornirci utili elementi in materia.

MARIO MORCONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno. Come da lei indicato, mi sforzo di rispondere immediatamente alle indicazioni che ha proposto.
Dal 1 gennaio al 3 novembre 2009 sono sbarcati illegalmente sul territorio nazionale 9.050 stranieri. Il fenomeno ha avuto, ovviamente, un forte decremento rispetto all'anno 2008, nel corso del quale sono arrivati sulle coste italiane 36.951 cittadini extracomunitari.
La riduzione, ovviamente, è particolarmente sensibile ed evidente sull'isola di Lampedusa, dove sono sbarcati 5.035 stranieri a fronte dei 30.657 del 2008. Se il Presidente conviene, lascio questi dati in dettaglio agli atti della Commissione, in maniera che potranno essere oggetto di riflessione.


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Parte di questi immigrati sono stati allontanati, parte sono stati trattenuti, parte sono stati respinti alla frontiera con provvedimenti dei questori e parte, ovviamente, sono stati rimpatriati.
Vengo al tema dei centri che, se ho ben capito, è per voi di particolare importanza. Come tutti sanno, ci sono varie tipologie di centri: ci sono i centri di accoglienza, i centri per richiedenti asilo e i centri di identificazione e di espulsione.
Per quanto riguarda i centri di accoglienza, istituiti con la legge del 29 dicembre 1995, n. 563, finalizzata a fronteggiare il fenomeno degli sbarchi degli anni '90, in realtà consentono di apprestare interventi e misure assistenziali urgenti di primo soccorso agli stranieri irregolari che giungono nel nostro Paese.
Attualmente, i centri di accoglienza operativi sul territorio nazionale hanno una ricettività di 3.176 posti; in allegato alla mia relazione lascerò informazioni in merito alla loro dislocazione e disponibilità.
Nell'ambito dei centri di accoglienza i centri di Lampedusa, Cagliari e Pozzallo, sono anche centri di primo soccorso oltre che di accoglienza, quindi centri presso i quali, nelle prime 24/48 ore - dipende dalle condizioni logistiche -, è possibile accogliere persone cui prestare la prima assistenza in attesa di trasferirli in strutture residenziali apprestate per tempi più lunghi.
I CARA (centri di accoglienza per richiedenti asilo) ospitano persone in attesa dell'incontro con la Commissione territoriale. La legge prevede termini brevi di sosta in tali centri, ma spesso si allungano, o si sono allungati, soprattutto nel 2008, a seguito di una massiccia richiesta di asilo da parte delle persone sbarcate.
In parallelo ai centri per i richiedenti asilo esiste il sistema SPRAR (servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), conosciuto da tutti, che è il fiore all'occhiello della legislazione italiana. Si tratta di progetti di comuni che accolgono, in un percorso di integrazione nel nostro Paese, i richiedenti asilo o coloro che hanno già ricevuto la protezione internazionale.
I CARA dispongono attualmente di 2.213 posti; lo SPRAR è stato finanziato per 3.000 posti nel 2009 e sarà finanziato per altrettanti posti nel 2010. Anche se le risorse non sono necessarie, dovremo far fronte a variazioni compensative, come è stato per l'anno 2009.
Come chiesto anche dal presidente dell'ANCI, Sergio Chiamparino, il Ministro dell'interno Roberto Maroni si è impegnato a proporre in Finanziaria l'adeguamento delle risorse per lo SPRAR, che è lo strumento di maggiore successo nella politica dell'immigrazione. Speriamo che la Finanziaria riesca a recepire tale richiesta, affinché i fondi SPRAR siano riportati alla soglia precedente e ci consentano di non ricorrere alla variazione compensativa a cui stavo accennando. In ogni caso, anche nello SPRAR del 2010 noi garantiremo 3.000 posti come abbiamo fatto nel 2009.
I CIE (centri di identificazione ed espulsione) sono strutture finalizzate al trattenimento del soggetto destinatario di un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale, convalidato a seguito di un procedimento in presenza del giudice di pace; inoltre, svolgono le procedure per l'identificazione, spesso difficile, del cittadino extracomunitario. La ricettività dei posti CIE è attualmente di 1.806 posti.
I dati che vi fornisco sono relativi, però, alla capienza teorica dei centri, che varia e fluttua a seconda delle specifiche situazioni. In particolare, per i CIE questi posti non sono coperti del tutto per varie motivazioni, che variano anche in funzione del genere delle persone, delle etnie, dei voli programmati, delle esigenze della pubblica sicurezza che, con gli accordi di riammissione, pianifica il rientro nei Paesi di origine di queste persone.
Per quanto riguarda l'ampliamento, il consolidamento e la realizzazione di nuove strutture di centri di identificazione ed espulsione, stiamo realizzando un nuovo centro a Trapani-Milo - perché quello di Serraino Vulpitta di Trapani è oggettivamente poco dignitoso -, in due lotti di cui


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il primo è quasi completato mentre per il secondo ci vorrà ancora un po' di tempo. Complessivamente, ci saranno 208 posti. Il CIE di Torino ha avuto il completamento del secondo lotto, quindi raddoppierà i posti fino a 204.
Infine, c'è il discusso CIE nella contrada Ponente dell'isola di Lampedusa, nella vecchia struttura di demanio militare trasferita al Ministero dell'interno, che potrà ospitare 150 persone e sul quale stiamo programmando degli interventi di manutenzione straordinaria, tenuto conto che si trattava di immobili abbandonati alla fine degli anni '70 e che sono state compiute una serie di procedure amministrative finalizzate a questo scopo.
Lavori di ampliamento sono stati effettuati a Bologna, e ne abbiamo autorizzati ulteriori sempre a Bologna, a Caltanissetta e a Gradisca d'Isonzo, dove è necessario il completamento di una serie di lavori di riqualificazione ambientale.
Per il centro di Brindisi Restinco, istituito nel 1999, si era pensato di utilizzarlo esclusivamente come centro di accoglienza. Invece, nella difficoltà dell'anno passato si è provveduto alla ristrutturazione per destinarlo in parte all'accoglienza e in parte a centro di identificazione ed espulsione, dopo opportuni lavori di riqualificazione.
Le vicende dei giorni passati hanno in qualche modo rimesso in discussione tale decisione, perché nel corso della rivolta di qualche giorno fa è stato fortemente danneggiato. Ora, quindi, si valuterà come affrontare il problema di Brindisi, tenuto presente che su quel territorio c'è esigenza di posti nei centri di identificazione ed espulsione perché il CIE di Bari è abbastanza piccolo. Immagino che il Comitato sia particolarmente interessato alla realizzazione e alla localizzazione dei nuovi CIE, come previsto dall'ultima legislazione. A tal proposito il Ministro dell'interno ha più volte dichiarato di prevedere la realizzazione di un CIE in ogni regione di modo che ciascuna regione si renda autonoma.
Ci sono aree del Paese in cui questa necessità è maggiormente avvertita e aree dove lo è di meno. A seguito di una approfondita ricognizione fatta insieme ai colleghi della Polizia di Stato, in funzione ad una serie di parametri necessari - come la vicinanza a infrastrutture, possibilmente aeroportuali, e la presenza di reparti mobili della Polizia di Stato - abbiamo individuato una serie di aree attualmente nella disponibilità del Ministro dell'interno; ci attiveremo per la realizzazione delle opere dopo l'input del Ministero che ha raccordi con i titolari del governo del relativo territorio.
Vorrei dare spazio alle vostre domande, lasciando gran parte delle informazioni nella relazione agli atti del Comitato.
Sul tema della regolarizzazione di colf a badanti e dell'emersione del lavoro nero devo dire, smentendo garbatamente qualche articolo di stampa pubblicato ieri, che l'operazione è partita dal 2 ottobre e, attualmente, registra oltre 22.000 convocazioni, mentre più di 5.000 contratti sono già stati siglati davanti allo sportello unico, quindi 5.000 persone sono state messe in regola.
Questa volta non si sono verificate le lentezze della precedente regolarizzazione del 2002. I problemi ci sono sempre, qualunque metodo si adotti; soprattutto quando si tratta di grandi operazioni come queste, non si può escludere che ci siano o ci saranno situazioni di irregolarità.
Tuttavia, è stata compiuta un'operazione di grande innovazione tecnologica, che ha consentito al cittadino di accedere direttamente al servizio della pubblica amministrazione - come era stato fatto nel 2007 -, senza sopportare oneri e, soprattutto, di essere alla pari con tutti gli altri.
Pur nel rispetto dell'attività svolta da sindacati e patronati, era anche giusto che il cittadino avesse la possibilità di accedere al servizio della pubblica amministrazione in maniera diretta e trasparente, senza essere costretto alla mediazione del sindacato o del patronato.
Questo progetto è riuscito forse anche grazie a numeri non esorbitanti. Probabilmente non abbiamo asciugato tutto quello che era sommerso, ma questo non dipende certamente dal procedimento informatico


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ma da altre riflessioni - che se volete possiamo anche affrontare - che sono contenute nei paletti posti dal legislatore nell'articolo 1-ter della legge 3 agosto 2009, n. 109.
Stamattina ho partecipato ad una riunione presso la Protezione civile con l'avvocato Giacomo Aiello, per mettere a punto l'ordinanza che ci consentirà di ripercorrere parte della procedura adottata nel 2002, con l'assunzione a sei mesi di personale interinale e con un finanziamento straordinario atto a rafforzare gli uffici, soprattutto delle grandi città più esposte come Milano, Roma e Napoli. Ho preparato un report specifico relativo sia alla città che hanno avuto più richieste, sia alle nazioni di provenienza.
Non escludiamo - anche questo è oggetto di qualche polemica - che ci siano forme di aggiramento della legge e di ricongiungimento familiare, piuttosto che di emersione vera e propria del lavoro nero Non lo considero un dramma, soprattutto se queste persone hanno pagato i 500 euro per la regolarizzazione, come previsto, e continuano a pagare i contributi previdenziali, due elementi che costituivano i punti di forza del provvedimento.
È mia opinione che, complessivamente, tutte le persone in regola e conosciute sia dalle forze dell'ordine che dall'amministrazione comunale, costituiscono una forma di riduzione del rischio anche sotto il profilo della legalità.
Lascio agli atti un report complessivo, che tutti potranno visionare; i dati riportati sono ad oggi, ma se, come mi auguro, il Presidente del Consiglio firmerà l'ordinanza, contiamo su una accelerazione di queste attività, in modo da chiudere rapidamente la partita nei primi mesi del prossimo anno. Mi permetto di fare qui una ulteriore proiezione: nel 2010, soprattutto se, come tutti auspichiamo, la ripresa economica ci darà una mano, si porrà nuovamente il problema di un decreto flussi e di arrivi regolari nel nostro Paese; noi vorremmo trovarci pronti e in grado di rispondere alle esigenze che il Governo eventualmente formulerà avendo già alle spalle la vicenda emersione e la vicenda decreto flussi 2008.
Infine, ci sono molte curiosità come le percentuali, le nazionalità, numeri molto specifici.
Vengo ora al tema dei fondi europei. L'Unione europea ha istituito, per l'esercizio finanziario 2007-2013, il Programma solidarietà e gestione dei flussi migratori, che ha consentito l'istituzione di quattro fondi specifici: il fondo frontiere esterne, per un importo di 1.820 milioni di euro per tutto il periodo di riferimento 2007-2013, destinato al rafforzamento e all'organizzazione della sorveglianza delle frontiere; il fondo europeo per i rifugiati, per progetti specifici destinati a richiedenti o titolari di protezione internazionale, il cui importo è di 628 milioni di euro per il periodo 2008-2013; all'Italia sono stati assegnati 2 milioni 821 mila euro nel 2008, 4 milioni 471 mila euro per il 2009 e 6 milioni 223 mila euro per il 2010, su un totale provvisoriamente definito per il nostro Paese di 21 milioni di euro per tutto l'esercizio di bilancio.
Sul fondo europeo per i rimpatri, destinato a finanziare i rimpatri coattivi e volontari dei cittadini dei Paesi terzi, l'importo totale è di 676 milioni di cui 5 milioni 800 mila per il 2008 e 6 milioni 323 mila per il 2010, su un totale provvisoriamente indicato in 71 milioni di euro per il nostro Paese.
Il fondo europeo per l'integrazione dei cittadini terzi ha un importo di 825 milioni di euro, sempre nel periodo 2007-2013, di cui abbiamo avuto assegnati 6 milioni per il 2007, 8 milioni 500 mila per il 2008 su un totale complessivo di 95 milioni di euro per l'Italia in tutto il periodo.
Di questi quattro fondi, quindi, ad eccezione del fondo frontiere, attribuito al Dipartimento della pubblica sicurezza, il Dipartimento che dirigo è autorità nazionale responsabile. È imminente la pubblicazione dei bandi di presentazione dei progetti che parteciperanno alla ripartizione dei fondi assegnati.


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L'Italia, in particolare, fruirà dei fondi per i rifugiati per finanziare progetti, per favorire anche l'integrazione socio economica dei titolari di protezione internazionale e per il miglioramento dell'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, mediante corsi di formazione per gli operatori dei centri, la predisposizione di manuali per favorire l'emersione di specifiche vulnerabilità e l'elaborazione di linee guida per ottimizzare le misure di accoglienza e dei servizi di orientamento.
A questo, si aggiunge anche il PON sicurezza (programma operativo nazionale) per la parte destinata all'asse della coesione sociale e dei diritti, che è anche abbastanza ricco perché ci porta, in tutto il periodo PON, a circa 150 milioni di euro. Su questo stiamo lavorando e stiamo finanziando i progetti presentati dai vari enti locali o dai vari territori.
Credo sia importante dire che, attraverso questi fondi, ci siamo nuovamente inseriti nei percorsi di resettlement, già in atto negli altri Paesi europei ed anche extraeuropei come gli Stati Uniti e il Canada. Il resettlement è il reinsediamento di persone da Paesi terzi nel nostro Paese, istituto a mio avviso molto civile e, soprattutto, molto sostenuto non solo dall'Unione europea, ma anche dall'Alto Commissariato per i rifugiati di Ginevra.
Avevamo già operato alcuni episodi di reinsediamento negli anni passati, accogliendo cittadini eritrei nel territorio di Rieti, in accordo con la Provincia. Ultimamente ne abbiamo accolti altri, circa 70 persone che adesso risiedono a Trapani.
Essi beneficiano di un finanziamento per un percorso di integrazione nel nostro Paese della durata di due anni, che prevede la formazione professionale e linguistica ai fini del loro inserimento.
In questo momento, un funzionario del Dipartimento è in Siria e in Giordania per esaminare le richieste e le situazioni dei campi profughi palestinesi, e contiamo di portare in Italia, già dalla fine di questo mese, alcune unità di palestinesi, un primo piccolo nucleo di 30 persone su un totale finale di circa 150.
Questo resettlement, finanziato dai fondi europei, coinvolgerà piccole famiglie con figli, donne incinte, persone vulnerabili, seguendo un percorso di integrazione finanziato per due anni e concordato con le autorità locali e i livelli di governo del territorio. In particolare, una parte di questi palestinesi andranno a San Lupo, in provincia di Benevento.
Data la vastità della documentazione che lascio a vostra disposizione, vorrei fermarmi qui per lasciare spazio alle vostre domande e agli approfondimenti, di modo che io possa cogliere meglio l'interesse della Commissione piuttosto che procedere nella mia esposizione.

PRESIDENTE. Signor prefetto, la ringrazio moltissimo anche a nome di tutti i colleghi, perché siamo rimasti molto soddisfatti della sua introduzione. Sono certa che le verranno poste numerose domande e, poiché oggi siamo tanti, vorrei pregare i colleghi di contenere i loro interventi in un massimo di 2-3 minuti a testa.
Prima di dare la parola, approfitto della mia posizione per porle una domanda. Lei ha parlato del reinsediamento di un gruppo di cittadini provenienti dalla Libia e arrivati nel trapanese qualche settimana fa, e di un programma per palestinesi; a me risulta, però, che ci sia anche un programma riguardante dei cristiani iracheni provenienti da un campo profughi a ridosso della frontiera.
Secondariamente, vorrei chiederle come si può immaginare di usufruire dei fondi per il rimpatrio volontario, dal momento che la nostra normativa presenta qualche difficoltà a riguardo, mentre invece il rimpatrio è uno strumento che, in alcune occasioni, può rivelarsi molto utile.
Dò la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

MASSIMO LIVI BACCI. Ringrazio il prefetto Morcone per l'esposizione precisa. Vorrei porre tre domande.
La prima riguarda gli annunziati CIE in ogni regione. Ci sarà veramente bisogno di un CIE in ogni regione? Questo era forse in previsione di una intercettazione di


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immigrati irregolari molto più ampia di quella effettiva, dal momento che non mi risulta siano stati invitati i questori a frequentare i luoghi di riunione degli immigrati irregolari, il giovedì sera o la domenica, per intercettarli e quindi trasportarli eventualmente nei CIE.
Forse è bene considerare sia il costo dei CIE, che la prudenza nel non esagerare nelle intercettazioni di quelli che non danno nessuna noia, di modo da non affollarli eccessivamente. Credo che tra questi due aspetti ci sia una specie di compensazione.
Lei ha detto che dal 2 ottobre ci sono state 22.000 convocazioni e sono stati sottoscritti 5.000 contratti. Forse questo ritmo dovrà essere accelerato, altrimenti di questo passo occorrerebbero 15 mesi per esaurire la pratica. Se ho interpretato bene, lei pensa che con l'ordinanza e la possibilità di reclutare personale sia possibile dare un'accelerata significativa. È così?
Il terzo punto che mi incuriosisce è che io non ho trovato, navigando nei siti o guardando documentazioni, nessuna analisi riguardo le identificazioni. Date 1.000 persone da identificare, in quanto tempo si esaurisce la possibilità di identificazione? Quanti vengono identificati nel primo mese, quanti nel secondo, nel terzo e via dicendo?
Se un immigrato non viene identificato entro un certo numero di settimane, la possibilità che possa essere identificato successivamente è tale da giustificare la lunghezza del trattenimento nei CIE?
Vorrei sapere se esiste la possibilità di avere statistiche precise in merito al tempo intercorrente tra l'intercettazione e il momento in cui la persona è identificata secondo la sua nazionalità.
Infine, chiedo alla Presidenza del Comitato di farci avere copia della documentazione che il prefetto ci lascerà.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Mi sia consentito investire almeno nella premessa il mio tempo, con un ringraziamento sentito al prefetto Morcone per la ricchezza dei dati e anche le buone notizie che ci ha fornito. Il suo orgoglio diventa anche una ragione di soddisfazione per chi, come noi, registra questa sensibile diminuzione dei flussi migratori e questa buona riuscita delle iniziative avviate dal Governo in direzione dell'emersione del lavoro nero.
Vorrei porre tre domande. Innanzitutto, vorrei sapere se, all'interno dei processi migratori registrati e della diminuzione segnalata, la percentuale di minori accompagnati risulta diminuita e in che misura ci sono minori tra i nostri ospiti.
Con riferimento alle iniziative per l'emersione del lavoro nero, al di là dei segnalati risultati in riferimento a colf e badanti, vorrei sapere se, rispetto ad altri fenomeni di lavoro nero che riguardano soprattutto le attività di impresa, il lavoro agricolo, le attività di artigianato, abbiamo numeri e segnali confortanti, di che natura e in che misura.
L'ultima precisazione, probabilmente, non è assolutamente in tema, e di questo mi scuso. Esiste un'emergenza Rom in molte regioni del Paese, io ne conosco direttamente i problemi anche perché rappresentano un'emergenza proprio nella mia città. Si tratta di soggetti svantaggiati, quindi le politiche di reinserimento, le politiche inerenti al rispetto dei diritti e, quindi, le questioni sociali connesse sono certamente una priorità in termini di attenzione ma anche in termini di preoccupazione.
Spesso e volentieri queste persone diventano manovalanza per la criminalità organizzata, ed io vorrei sapere se nel PON sicurezza esiste specificamente, come credo, la possibilità di attivare fondi europei, e in quale delle misure indicate c'è la possibilità di accesso a questi fondi per fronteggiare con progetti adeguati l'emergenza Rom laddove si presenta.

DIANA DE FEO. Oggi sono molto felice di essere presente perché la prima domanda che avevo posto al Ministro Frattini, in una delle prime audizioni del Comitato, riguardava proprio i fondi europei. Vedo che da quel tempo molte cose si sono mosse, che l'Europa ha avviato nuovi progetti e che noi abbiamo accesso


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a questi fondi, cosa che in passato non mi pare sia stata così evidente e chiara.
Tuttavia, mi domando se questi progetti permetteranno l'utilizzazione totale dei fondi o se, come accade in altri settori dell'amministrazione, sono destinati ad essere restituiti.
Per quanto riguarda le badanti e il personale di servizio, è bene che per i cittadini sia più semplice ottenere direttamente la regolamentazione; tuttavia, vorrei sapere se, dato che questa operazione sta procedendo a rilento, è prevista una possibilità di proroga.
Si è parlato di fare un centro di accoglienza a Caserta, e c'è stata una grande opposizione cittadina soprattutto perché si spera di fare di Caserta un centro turistico, di sviluppare il turismo nelle Regge napoletane e in Campania, quindi il centro di Caserta potrebbe rappresentare un disagio per la cittadinanza, tanto più che si troverebbe a pochissima distanza dalla Reggia.

MARIO MORCONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno. Seguo l'ordine delle domande che mi sono state fatte.
Rispondo alla presidente Boniver. Il progetto di resettlement è stato fortemente sponsorizzato dal Ministro dell'interno tedesco Scheuble, quindi soprattutto dai tedeschi, ai quali noi ci siamo allineati. Si riferisce a un numero molto elevato di persone che vivono in condizioni drammatiche nei campi profughi di Siria e Giordania. I tedeschi ne hanno ospitati 2.500, ed hanno accolto prevalentemente i cristiani iracheni a cui lei accennava.
L'Italia ha iniziato la selezione delle persone più adatte e disponibili a venire nel nostro Paese. Naturalmente, la decisione di incrementare questi numeri e di partecipare eventualmente in maniera più massiccia a questa operazione sarà politica e dipenderà anche da come questi programmi di reinsediamento si svilupperanno e, quindi, dei risultati che daranno che mi auguro positivi.
Il rimpatrio volontario assistito è un problema che non nascondo e che, peraltro, ho manifestato con molta chiarezza al Ministro dell'Interno, che ne è pienamente consapevole. In realtà, non essendo stata prevista una sorta di sospensione dal reato di immigrazione clandestina per chi chiede il rimpatrio volontario, ciò ne impedisce l'adozione concreta, nonostante il finanziamento dell'Unione europea in questa fase storica del nostro Paese. Con l'entrata in vigore del reato di immigrazione clandestina, di fatto, chi chiede o volesse chiedere il rimpatrio volontario assistito cadrebbe nella condizione di essere denunciato. Questo è il punto.
Il Ministro Maroni ne è pienamente consapevole e provvederà nel corso del dibattito parlamentare (o in via amministrativa, ma a mio parere è più difficile), a proporre un emendamento da noi predisposto. Il recepimento della nuova direttiva europea in materia di ritorno potrà essere l'occasione o la sede nella quale risolvere l'incongruenza della normativa.
Rispondo al senatore Massimo Livi Bacci. Io non posso esprimere opinioni, ma è chiaro che quando il ministro dice «un CIE per ogni regione» lo dice come indicazione politica generale, ma è evidente che ci sono territori che hanno una maggiore necessità di questo tipo di strumento e territori che ne hanno meno.
Non credo, infatti, che il Ministro decida di dare disposizioni per partire con un certo numero di CIE ma credo che, progressivamente, intenda costruire delle intese con i presidenti di regione o con chi ha il governo del territorio per coprire le difficoltà nelle aree geografiche in cui queste sono più forti.
Devo aggiungere, una mia personale considerazione che ho sempre espresso pubblicamente. È chiaro che, mettendo per un momento da parte l'aspetto umanitario e l'emozione o i sentimenti di ciascuno di noi, ragionando puramente dal punto di vista economico ci possono essere circostanze in cui non è opportuno ospitare in un CIE un soggetto che non costituisce alcun allarme sociale, ma lasciare un margine di discrezionalità a chi


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poi deve applicare le direttive può essere molto rischioso. Senza nulla togliere all'intelligenza e alla professionalità di chi opera in questo campo, affrontando i problemi nella maniera migliore, può sempre verificarsi qualche piccolo incidente.
Ho potuto verificarlo a Bologna nei giorni scorsi, dove sono andato a trovare una signora arrivata a Foggia nel 2008, richiedendo asilo. Non ne aveva diritto, ma aveva utilizzato la richiesta di asilo solo a fini strumentali.
Non l'ha ottenuto ma, intanto, aveva avuto il permesso come richiedente asilo; e, convinta di avere il permesso di soggiorno, ha iniziato a lavorare, il datore di lavoro l'ha denunciata all'INPS e quindi le è stato comunicato che non era titolare di permesso di soggiorno e suscettibile di espulsione.
Per quanto concerne l'accelerazione dei ritmi di emersione, è evidente la necessità di uno sforzo più sostenuto.
Le statistiche sull'identificazione sono funzionali ai tempi di trattenimento nei CIE; tutti i dati sono contenuti nella documentazione che lascerò agli atti del Comitato.
I tempi di trattenimento sono diversi e di difficile interpretazione. In alcune aree è possibile siano più lunghi che in altre, a causa di tante variabili: dalla disponibilità del console a recarsi presso il CIE e identificare la persona, dall'etnia o dalla pianificazione dei voli da parte della Polizia di Stato per riportare la persona nel Paese di origine. Di queste variabili e dei relativi tempi, potete trovare i dati negli allegati al documento, dove sono indicati, centro per centro, la capienza, gli ospiti rimpatriati e la presenza media nei centri.
La senatrice D'Ippolito mi poneva il problema dei minori non accompagnati. È un tema scottante, agli enti locali sono affidati il sostegno, l'inserimento e la tutela di queste persone. Ciò è difficilmente possibile, sia per la mancanza di risorse presso gli enti locali, sia per gli atteggiamenti dei minori che non sono bambini, ma adolescenti che arrivano in Italia in funzione di una loro sistemazione lavorativa dopo che i parenti, le famiglie, i genitori si sono indebitati per acquistare il biglietto ai fini di una loro occupazione e delle relative rimesse.
So che su questo tema il Comitato ha audito il direttore generale dell'immigrazione Silveri, del Ministero della solidarietà sociale oggi Ministero del lavoro; con il quale stiamo collaborando insieme al Ministro Meloni per un disegno di legge di riordino di tutta questa materia, che necessita di risorse adeguate.
Alcune regioni italiane, come la Sicilia ed il Veneto, hanno destinato dei fondi alle strutture di accoglienza, ma sono scelte episodiche e non sistematiche.
Sull'emersione del lavoro nero, tema sollevato dalla senatrice D'Ippolito, è noto che c'è una vasta area di irregolarità, soprattutto in alcuni segmenti lavorativi come l'agricoltura, l'edilizia, l'allevamento di bestiame.
Dal mio punto di vista sarebbe utile intervenire, soprattutto nell'agricoltura e nell'edilizia, per consentire l'emersione di queste situazioni di irregolarità che, in alcune aree del territorio, hanno creato una situazione davvero imbarazzante. Mi riferisco a Castel Volturno, a Rosarno, in Calabria, per citare una zona nota, parlo di San Nicola Varco di Eboli, di Siracusa per il pomodoro pachino, quando è tempo di raccolta.
È un tema che lascio alla valutazione e alla riflessione del Parlamento e del Governo per competenza. Il problema esiste e credo che non sia risolvibile con le sole risorse nazionali, dal momento che, qualunque sia il tasso di disoccupazione in Italia, non si trova forza lavoro nazionale disponibile per mansioni come, per esempio, quella della raccolta di pomodori nella provincia di Salerno.
Sull'emergenza Rom il Ministro Maroni ha ottenuto delle ordinanze per i prefetti capoluogo di Milano, per la Lombardia, Roma, Lazio, Napoli e la Campania; alle quali si sono aggiunte Venezia per il Veneto e Torino per il Piemonte.
I colleghi stanno andando avanti, noi stiamo fornendo il sostegno. In alcuni casi c'è la disponibilità di risorse autonome, come per la Lombardia, il Lazio e la


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Campania; in altri non ancora, ma sono imminenti, come per il Veneto e il Piemonte. Noi cerchiamo di sostenere le aree prive di risorse autonome, come nel caso della Calabria. Cerchiamo di portare sui progetti, soprattutto sui progetti PON e sull'asse di nostro interesse, le possibilità e le opportunità di attenuare le situazioni di disagio e di marginalità.
Nonostante l'impegno e le risorse che si possono destinare, i temi e i problemi sono abbastanza complessi, pur con grande rispetto per chi comunque appartiene a questo tipo di cultura e di minoranza protetta.
Senatrice De Feo, posso garantire che non sprecheremo un euro. Abbiamo già esaurito i fondi del 2007, stanno per esaurirsi quelli del 2008 e stiamo bandendo per il 2009. Le risorse finanziarie non sono mai abbastanza, ma non perderemo occasioni, può essere certa e magari sono pronto a testimoniarlo più in là, quando dovessero servirle dei dati. Il problema, probabilmente, è la buona utilizzazione di questi fondi e la loro finalizzazione utile piuttosto che la completa utilizzazione, perché di quest'ultima le posso dare ampia garanzia.
Relativamente a colf e badanti, il problema non credo sia la proroga, quanto una riflessione da parte di Governo e Parlamento, sull'intera materia, della quale abbiamo trattato.
Io sono casertano, quindi potete immaginare le telefonate che ho ricevuto quando si è sparsa la notizia infondata che sarebbe stato costruito un CIE a Caserta. L'idea iniziale di allestire un CIE sul viale che porta alla Reggia, era stata abbandonata; così come quella successiva di allestirlo a Triflisco, vicino a Caiazzo.
Io credo che lei, senatrice, si riferisca però ad un altro argomento, sul quale, pur avendo i miei dubbi, posso rassicurarla. La regione Campania voleva finanziare, insieme al PON sicurezza, la manutenzione straordinaria e la ristrutturazione degli immobili che si trovano nei pressi della stazione ferroviaria, nel grande piazzale vanvitelliano di fronte alla Reggia. Quello non era né un CIE, né un centro di accoglienza, né nulla di tutto questo: era, ed è tuttora, una sorta di sportello per gli immigrati, gestito da un'associazione locale molto legata al vescovo, in particolare al vescovo precedente, Monsignor Nogaro.
L'associazione commercianti e altre varie associazioni, nel momento in cui hanno percepito che poteva esserci un investimento di alcuni milioni di euro per ristrutturare questi edifici, si sono opposte, intuendo la possibilità di realizzare un altro tipo di investimenti.
Sul punto le posizioni del prefetto e del questore sono allineate e ne ho informato anche l'assessore De Felice della regione Campania, che portava avanti questo disegno. Credo che non si realizzerà, nemmeno lo sportello dell'immigrazione perché si sarebbe trattato semplicemente di uno sportello informativo per l'immigrazione e non di una struttura di accoglienza..

PIERFRANCESCO GAMBA. Vorrei fare una domanda di carattere più generale che riguarda una prospettiva di scenario. Sulla scorta di molti degli elementi e dei dati che ci ha fornito, sul periodo più recente, e specialmente in considerazione di quelli che dipendono da innovazioni normative, dall'introduzione del reato di clandestinità, dall'assai maggiore efficienza di funzionamento di tutti i vari centri delle procedure per la trattazione delle diverse pratiche che interessano il nostro argomento e anche le questioni inerenti al controllo, le chiedo: cosa ci dobbiamo aspettare? Quali sono le sue valutazioni sulla prospettiva?
Vorrei sapere se è presumibile che l'immigrazione clandestina intesa come nuovi ingressi - quindi a prescindere da quella già presente sul territorio -, ma non soltanto in riferimento agli sbarchi, diminuirà rispetto al momento attuale - nel quale è già più contenuta -, oppure se rimarrà stazionaria o se potranno intervenire nuovi elementi che, invece, potrebbero portarci a fronteggiare nuove esigenze. Capisco che sia una domanda piuttosto


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complessa, ma è quella su cui alla fine tutti ci interroghiamo e interroghiamo.

TERESIO DELFINO. Anche io mi unisco all'apprezzamento per la relazione del signor prefetto e pongo solo due brevi questioni. Una si ricollega alla domanda formulata dall'onorevole Gamba: poiché in Italia c'è stata una stretta dell'immigrazione clandestina, vorrei sapere se si ha un dato significativo in ambito europeo sui percorsi alternativi del flusso migratorio, o se è in atto una sua effettiva diminuzione complessiva.
Ritorno ora su un tema già trattato anche nella sua replica, ossia il lavoro nero. Lei ha giustamente detto, riferendo del caso della badante di sua conoscenza, che le regole vanno applicate erga omnes. Lei ha citato i lavori agricoli; io provengo dalla provincia di Cuneo che, sotto il profilo agricolo, ha molta manodopera anche in nero. Vorrei capire quali ulteriori misure, ad un suo giudizio tecnico, dovrebbero essere intraprese, oltre quelle già esistenti, per far sì che le regole valgano per tutti. Io appartengo a una forza politica che ha sostenuto con forza l'opinione che questa regolarizzazione, non sanatoria, debba comunque essere estesa ad altre realtà; inoltre, io condivido molto quanto lei ha detto, ossia che ci sono alcune attività che, qualunque sia il tasso di disoccupazione locale, dal nord al sud non vengono svolte da italiani.

MARIO MORCONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno. Le vostre domande sono molto interessanti, sono domande «da convegni» e cercherò disperatamente di essere sintetico.
Io credo che uno dei grandi problemi del nostro Paese sia quello di non distinguere i tre grandi temi dell'immigrazione: regolare, clandestina e richiedenti asilo. Non si può certo schematizzare, ma è in funzione di questi tre diversi segmenti che poi abbiamo o possiamo immaginare uno scenario futuro.
Sull'immigrazione regolare - rispondo anche in parte all'onorevole Delfino - il Patto europeo dell'immigrazione e dell'asilo, approvato dal Presidente del consiglio Silvio Berlusconi - ma non firmato - nell'ottobre 2008 a Parigi e sul quale noi abbiamo tutti convenuto, prevede un flusso di immigrazione regolare come una delle misure fondamentali per contrastare l'immigrazione clandestina, come sostanzialmente sostenuto da tutti i 27 membri dell'Unione europea. È uno dei temi che il Parlamento italiano dovrà affrontare nel prossimo futuro.
Sull'immigrazione clandestina sono sinceramente preoccupato, e lo dico senza riserve. Il Ministro Roberto Maroni e il nostro Governo hanno ottenuto un grande risultato con l'accordo con la Libia, frenando e ottenendo un'interruzione degli sbarchi dalla Libia, un percorso organizzato da strutture criminali. Tuttavia, il problema rimane intero rispetto all'Europa, perché abbiamo pressioni fortissime dalla Turchia, quindi dal sud est.
In alcuni Stati dell'Africa come la Somalia, l'Eritrea, il Darfur, ci sono situazioni problematiche che, se la comunità internazionale - non certamente il Ministro Roberto Maroni e il Governo italiano - non si decide ad affrontare in maniera concreta, si ripercuoteranno sotto forma di immigrazione irregolare per motivi economici, o di immigrazione di richiedenti asilo, o di persone provenienti da zone di guerra, bisognose di protezione internazionale. La risposta del Governo italiano è stata assolutamente efficace, ma è una risposta che riguarda uno spazio fisico limitato, rappresentato dalla Sicilia e, probabilmente, in questo periodo anche alle nostre coste del sud.
Peraltro, aggiungo che il Programma di Stoccolma, che probabilmente avrete letto, dedica pochissima attenzione al tema del sud del Mediterraneo. Ho appreso dalla stampa che il Presidente Silvio Berlusconi e il Presidente Nicholas Sarkozy hanno assunto un'iniziativa nei confronti dell'Unione europea in materia di rimpatri; ciò nonostante, rimane sullo sfondo il tema fondamentale della discesa in campo dell'Unione europea rispetto ai problemi del Mediterraneo, della sponda sud del


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Mediterraneo e dei tanti Paesi in condizioni di grande instabilità e criticità, che origineranno ed alimenteranno il fenomeno migratorio.
Chiudo dando all'onorevole Delfino la risposta più difficile che un funzionario del Ministero dell'interno possa dare, ma credo di doverlo fare con molta onestà, lealtà, e rispetto assoluto nei confronti del mio Ministro. Io credo che, quando il Parlamento e il Governo avranno uno spazio di riflessione sul tema dell'immigrazione, sarà necessaria una revisione profonda della normativa nella direzione della semplificazione. Come lo stesso Presidente Gianfranco Fini ha più volte apertamente sostenuto, la legge Bossi-Fini va modificata in alcuni punti, per creare condizioni nuove e diverse per migrazioni legali nel nostro Paese, e per costruire alleanze e intese con i Paesi con i quali abbiamo, peraltro, un forte interesse a sviluppare rapporti non solo di riammissione, ma anche di sviluppo economico. Mi riferisco al Marocco, all'Algeria, alla stessa Libia e alla Tunisia, e all'intero fronte di grandissimo interesse per il nostro Paese.

PRESIDENTE. Grazie. Dichiaro chiusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,15.

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