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Seduta del 30/11/2011


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Audizione del presidente della Impregilo SpA, Massimo Ponzellini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Impregilo SpA, dottor Massimo Ponzellini. L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Campania.
Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se vi saranno notizie da mantenere riservate, i lavori della Commissione proseguiranno in seduta segreta, invitandolo comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla fine della seduta.
Ringraziamo, in particolare, il dottor Ponzellini e il dottor Rubegni per la loro presenza e per il contributo che daranno ai nostri lavori. Il nome dell'Impregilo è emerso più volte nelle nostre audizioni per quello che riguarda la Campania e i rapporti con i commissari. Le chiederemmo, presidente, di fornirci un quadro del ruolo avuto dalla Impregilo nel settore dello smaltimento rifiuti, con particolare riferimento all'emergenza.
La ringrazio nuovamente e le do la parola.

MASSIMO PONZELLINI, Presidente della Impregilo SpA. Grazie, presidente. Mi lasci dire che per noi essere auditi presso una Commissione d'inchiesta bicamerale a esporre le nostre ragioni e le nostre visioni su un problema così grave è un onore e un'occasione che cogliamo con piacere perché si potranno mettere a fuoco alcune problematiche che spesso l'urgenza o l'opinione pubblica ha distorto o non fatto ben comprendere.
Quello dei rifiuti è un problema che si manifesta nelle società industrializzate recentemente. Non è, infatti, un problema riferibile alla nascita dello Stato moderno, ma che parte negli anni Sessanta a livello mondiale con un certo tipo di impronta che, in particolare, i mercati statunitensi e la politica degli imballaggi, delle scadenze, delle durate e del consumismo, con termine generico, danno alla qualità della spesa urbana e alla qualità e alla quantità dei rifiuti.
Da quel momento in avanti si comincia con la forma più semplice, le discariche, ma nascono nuove tecnologie che in Europa sono rappresentate - credo nella loro eccellenza - da Babcock, una società tedesca, che oggi appartiene al 100 per cento a Impregilo, e che ha costruito 500 inceneritori nel mondo, alcuni dei quali, come dirà l'amministratore delegato, in nazioni molto ricche, come l'Olanda, la Germania e la Danimarca, che inceneriscono rifiuti italiani mandati là perché le nostre burocrazie non permettono di costruirli in Italia.
Prima di passare la parola al nostro amministratore delegato, desidero dire che l'approccio che l'Impregilo pone nella soluzione e nell'aderire al progetto di gestire un processo integrato di smaltimenti di rifiuti di Napoli nasce con una mentalità da impresa. Pensiamo, cioè, a un'industria che, smaltendo i rifiuti, possa non solo risolvere un problema, ma essere redditizia, produrre energia e lasciare un territorio più pulito e vivibile alle popolazioni. Si tratta, dunque, di un progetto tipicamente industriale.
Tuttavia, per una serie di ragioni - a volte chiare, anche se ingiuste, a volte sempre ingiuste ma addirittura oscure - nel 2005 ci viene espropriato l'impianto e da quel momento entriamo in una serie di disavventure che hanno portato fino al sequestro di 750 milioni di euro e che hanno messo a rischio l'esistenza stessa dell'azienda. Riusciamo, con l'aiuto della Protezione civile, dell'Esercito, delle forze dell'ordine - ci fu una serie di attentati molto lunga - a portare a termine questo impianto, unico impianto che al momento in Campania permette di smaltire 600


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mila tonnellate di rifiuti, che rendono sempre problematica, ma almeno vivibile, la città.
Di fronte a questo percorso Impregilo si è ritirata, aspetta solo il piccolo dettaglio di essere pagata. Esiste una legge approvata in Parlamento che prevede che sia pagata entro il 2011. Ce lo auguriamo tutti, ma allo stesso tempo credo sia esemplare una più attenta e precisa ricognizione dei vari passaggi su cui, con la vostra autorizzazione, passerei la parola all'ingegnere Rubegni.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Grazie e buonasera. Vorrei fare prima un breve excursus di tutto l'iter del progetto Campania. L'emergenza dei rifiuti in Campania, come ben sapete, è iniziata negli anni Novanta. Nel 2001 è stata bandita una gara per risolvere il problema, cui Impregilo partecipò con la società Fisia Babcock Environment, leader mondiale negli impianti di incenerimento, e con Fisia di Genova, entrambe partecipate al 100 per cento.
Oggetto del contratto era lo smaltimento del ciclo dei rifiuti di Napoli e della Campania mediante la realizzazione di sette impianti di CDR, che dovevano trattare i rifiuti - in Campania attualmente, per inciso, i sette impianti sono gli unici funzionanti - e la realizzazione di due impianti di termovalorizzazione, uno ad Acerra e uno a Santa Maria la Fossa.
Il prezzo base di conferimento era 40 euro a tonnellata, cifra molto più bassa dei 93 euro a tonnellata previsti per l'attuale gara.
Il contratto prevedeva che, a valle della raccolta differenziata, che doveva portare entro un anno Napoli tra i comuni virtuosi e anche la Campania, questi impianti di CDR dovessero trattare i rifiuti che sarebbero stati mandati agli inceneritori e, nel periodo transitorio - tutti parlano, ma forse nessuno ha studiato bene il ciclo - erano state trovate delle discariche nelle more che si costruissero i termovalorizzatori.
In relazione alla domanda sulla presenza di tutte queste ecoballe, che non sono nemmeno le nostre, va detto che non si riusciva a costruire i due termovalorizzatori perché ci sono state rivolte, problemi, mancate autorizzazioni. I sette impianti erano stati costruiti a nostre spese e solamente nel 2009 si è riusciti a partire con questo termovalorizzatore. Nel frattempo, non si trovavano più le discariche. Questo è un altro punto che dovremmo analizzare perché è emerso nel corso di un'indagine della procura di Napoli - che ci vede parte lesa - che la camorra avrebbe tentato di organizzare un ciclo di rifiuti industriali contro Impregilo mediante un'azienda chiamata Impregeco.
Non trovandosi le discariche, si è cercato di trovare delle piazzole. I termovalorizzatori, che si dovevano realizzare in 36 mesi - e si è dimostrato con l'esercito che sono stati realizzati in quel tempo - non sono mai partiti. Con questi ritardi si sono accumulate ecoballe e il ciclo non è andato avanti secondo i programmi industriali previsti. Le discariche di servizio che dovevano essere procurate mediante autorizzazioni comunali e regionali non sono mai state autorizzate. Il fatto è singolare perché vedo che adesso è pieno di discariche; evidentemente non andavamo bene per gestire questo ciclo. I rifiuti, dunque, non avevano recapito, non si potevano bruciare, non si potevano mandare in discarica e il processo si è bloccato.
Nel 2005 è stato risolto il contratto al gruppo Impregilo. Nel frattempo, si era avviata la costruzione del termovalorizzatore, che è stato bloccato da una serie di attentati e di incidenti. Tuttavia, una volta risolto il contratto non siamo tornati a casa, perché la Protezione civile ci ha imposto di continuare a gestire in nome e per conto di essa, senza che nessuno ci pagasse. Siamo rimasti obbligati fino al 2007 a continuare a gestire in nome e per conto del commissario dei rifiuti, finché nel 2007 finalmente abbiamo chiesto la risoluzione in danno e ce ne siamo andati.
Non è finita, però, l'emergenza. Se la situazione va avanti, infatti, dal 1990, evidentemente, a Napoli esistono problemi strutturali. Nel frattempo è cambiato il


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governo. Nel 2008 il Governo Berlusconi, vista la grande crisi, chiese di completare l'impianto di Acerra, che è stato completato, sempre a spese nostre, mediante l'intervento del battaglione San Marco che ha presidiato tutto il cantiere. Diversamente, non avrebbe mai potuto essere realizzato.
A fine 2009 l'impianto è stato messo in funzione. Io ho sentito tante cose e ho letto oggi con vivo piacere che il dottor Sodano ha affermato che in Campania esiste già un impianto di termovalorizzazione, quello di Acerra, che brucia 600 mila tonnellate. È verissimo. Da quando è entrato in funzione, infatti, a fine 2009, ha bruciato 1.344.269 tonnellate - i dati ARPA sono a video - producendo 1.186.809 megawatt per un valore complessivo di 280 milioni di euro, senza considerare la tariffa di conferimento.
Questo significa che il ciclo dei rifiuti era industrialmente corretto. Il materiale che si sta bruciando, infatti, proviene dagli stessi impianti CDR realizzati da noi. L'importante era avere un'autorizzazione per costruirlo. Il secondo impianto, di cui abbiamo le aree, non è mai partito, a dimostrazione del fatto che c'è un'ostilità verso questi impianti.
Nel frattempo, tutte queste opere, cioè gestione dei rifiuti, impianti CDR e altro non sono state mai pagate nonostante la Protezione civile abbia incassato circa 300 milioni fino ad ora grazie ai nostri impianti, mai espropriati né pagati.
Vi leggo un brano del procedimento: «In tal modo, chi ne aveva interesse ha potuto espellere Fibe trasformandola nel capro espiatorio - parole del tribunale - di una crisi iniziata ben prima e proseguita ben oltre le sue limitate attività». Si rammenta, a tale proposito, che «si contesta a esponenti di spicco della politica locale e nazionale di aver dato un contributo alla programmazione e attuazione del progetto finalizzato, in particolare attraverso la società consortile Impregeco e consorzio Ce 4 e gli altri consorzi della provincia dallo stesso controllata, e a realizzare nella regione Campania un ciclo integrato e concorrenziale a quello legittimamente gestito da Fibe e Fisia, così boicottando le società affidatarie al fine di egemonizzare l'intera gestione del relativo ciclo economico, e comunque creare un'illecita autonomia gestionale a livello provinciale e provincializzazione del ciclo dei rifiuti controllando direttamente le discariche, luogo di smaltimento ultimo dei rifiuti, attivandosi nel progettare la costruzione e gestione di un termovalorizzatore», che era in concorrenza al nostro.

PRESIDENTE. Di che documento si tratta?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Questo è semplicemente agli atti del tribunale di Napoli, dove siamo citati come parte lesa.

PRESIDENTE. Nel fascicolo di un tribunale ci sono sentenze, ordinanze custodiali, provvedimenti di sequestro...

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. L'hanno mandato a noi come parte lesa.

PRESIDENTE. Per questo motivo lo sto chiedendo, può essere un atto del pubblico ministero. Ha valore diverso a seconda del tipo di atto. È una sentenza?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Non è ancora una sentenza, ritengo che sia quello che ha citato il pubblico ministero nella discussione.

PRESIDENTE. La requisitoria? Vorremmo avere questo documento per capire. Un conto è una sentenza, un conto è una requisitoria, sono due cose completamente diverse.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Non è una sentenza. Anche noi non abbiamo nessuna sentenza su quello che ci riguarda...


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PRESIDENTE. Ho solo chiesto il documento, non sto facendo una polemica. Gli atti di parte hanno un valore, gli atti del giudice ne hanno un altro.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Questo non è un atto di parte.

PRESIDENTE. Perché secondo lei un atto del pubblico ministero non è un atto di parte?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Sicuramente, ma come mai gli atti dei pubblici ministeri contro di noi...

PRESIDENTE. A me non interessa, sto solo chiedendo se è un atto di una delle due parti del processo o se, invece, è un atto del giudice.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. In ogni caso, trascorsi sei anni da che non gestiamo più il ciclo, apprendiamo con vivo piacere che esiste un impianto funzionante, che ha le emissioni più basse d'Europa, per cui evidentemente il ciclo industriale che era stato prospettato avrebbe funzionato se ci fosse stata la possibilità di farlo funzionare.
Evidentemente, c'è avversione a realizzare i termovalorizzatori. È chiaro che il miglior sistema è arrivare a rifiuti zero. Pro tempore, però, si continua a produrre rifiuti, quindi questa soluzione deve avere delle fasi intermedie. Prova ne sia che dal 1990 il problema dei rifiuti è ancora sul tavolo. Leggevo oggi proprio sui giornali che ci sono ancora roghi, problemi e altri fatti.
Anche in nord Europa, in zone evolute, si arriva al massimo a un 40-45 per cento di raccolta differenziata e questa è conveniente a condizione che i rifiuti prodotti possano essere riciclati in maniera economicamente vantaggiosa.
A questo punto, noi siamo fuori da sei anni, l'impianto sta producendo circa 130 milioni di euro di energia elettrica all'anno, brucia 600 mila tonnellate di rifiuto, e quindi dà un grande supporto perché Napoli, nel suo complesso, ne produce 800 mila tonnellate. Non siamo noi a dirlo, ma dalle tabelle il nostro risulta uno dei termovalorizzatori più avanzati d'Europa, con le emissioni più basse d'Europa, per cui riteniamo di esserci comportati in maniera seria e corretta.
Peraltro, siamo stati noi a realizzare l'inceneritore dove in Olanda si pensa di mandare le navi. Viene spontaneo chiedersi come mai in Italia non siamo in grado di realizzare dei termovalorizzatori e mandiamo a bruciare i rifiuti in paesi ricchi, come Germania o Olanda, con costi di trasporto elevatissimi. Probabilmente c'è un'ostilità, nessuno vuole realizzare un termovalorizzatore nel proprio territorio.
Questa è la situazione attuale, noi non ci occupiamo più nemmeno della gestione del termovalorizzatore perché l'impianto è stato preso - non espropriato - dalla Protezione civile e gestito tramite gara da A2A, una società del nord. Noi aspettiamo fiduciosi che alla fine qualcuno pagherà l'impianto e anche quelli di CDR, visto che sono trascorsi ormai anni. Speriamo che qualcuno arrivi a risolvere il problema.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che volessero porre quesiti o formulare osservazioni.

LORENZO PICCIONI. Grazie, presidente. Ho ascoltato con interesse la relazione e queste informazioni da oggi agli atti presso la nostra Commissione. Direi che la Campania rappresenta un caso. L'accorato appello o, comunque, l'illustrazione di quanto è successo in questi anni carica di responsabilità quelli che dovevano controllare o sovrintendere.
Alla luce di quanto è stato detto, mi è parso di capire che a Fibe è stato imposto di proseguire i lavori del termovalorizzatore dopo che era stato rescisso il contratto. Vorrei chiederle a spese di chi era stata fatta questa cosa, ma soprattutto a quanto ammontano i costi. Mi pare di ricordare che qualche anno fa nel decreto sui rifiuti di Napoli era stato stabilito con


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una perizia il valore del termovalorizzatore. È stato dichiarato che l'attività del termovalorizzatore è cominciata nel 2009, ha prodotto utili fino adesso e questi pagamenti non ci sono stati neanche con gli introiti realizzati da parte del commissario che ha gestito il termovalorizzatore.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Per quanto riguarda l'obbligo di proseguire - all'atto della risoluzione del contratto nel 2005 - non si è potuto abbandonare trattandosi di pubblico servizio, per cui si deve continuare a gestire, anche se in nome e per conto della Protezione civile. L'obbligo prevedeva la realizzazione dell'impianto di termovalorizzazione in quanto emergenza, con relativa utilità pubblica superiore.
Abbiamo realizzato il termovalorizzatore, a spese nostre, non è stato pagato benché all'epoca ci fosse un impegno a pagare l'impianto una volta ultimato. È stata imposta l'esecuzione e all'ultimazione dei lavori dovevano essere incassati i denari della realizzazione.
Nel frattempo l'ENEA e altri avevano effettuato delle perizie di valutazione dell'impianto, dopodiché, dalla data di ultimazione a oggi, gli incassi sono stati a vantaggio della Protezione civile, che ha incassato l'energia elettrica. Tra l'altro, avrebbe dovuto incassare anche il tipping fee. Nei bandi di Napoli, infatti, usciti adesso e andati deserti, si paga 84 euro a tonnellata, esiste cioè una tariffa di conferimento per la ricezione della merce e una che proviene dall'energia elettrica, che nei due anni ammonterebbe a circa ulteriori 120 milioni di euro, mai pagati.
Sostanzialmente, siamo stati obbligati a eseguire il lavoro e non siamo stati pagati.

LORENZO PICCIONI. A quanto ammontava la spesa dell'impianto e degli impianti di CDR?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Quando è stato risolto il contratto esisteva anche una valutazione secondo la quale il valore residuo da ammortizzare era di 250 milioni di euro per i sette impianti di CDR. L'impianto di termovalorizzazione è stato valutato circa 450 milioni di euro oggi, inclusi gli oneri finanziari e il valore.
D'altronde, il valore di quello andato in gara adesso a Napoli, che è la metà del nostro, è di 386 milioni di euro, ma la gara è andata deserta.

LORENZO PICCIONI. E la Fibe?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Oggi Fibe vanta i soldi del termovalorizzatore - circa 450 milioni di euro, che includono gli oneri finanziari sulla realizzazione - oltre agli impianti di CDR, che a valore di libro, valevano 250 milioni di euro nel 2005. Non dimentichiamo che quello di Napoli era un project financing e se fossero stati realizzati i termovalorizzatori, avremmo incassato, per energia elettrica con due impianti, 250 milioni di euro e realizzato altri 100 milioni di raccolta, quindi avremmo realizzato circa 350 milioni. La durata ventennale della concessione avrebbe ammortizzato tutto l'investimento. Il problema è che è stata una concessione strana: noi abbiamo fatto degli investimenti e li hanno gestiti altri che hanno preso anche gli incassi.

LORENZO PICCIONI. Per questa motivazione c'è il contenzioso?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Sì. Abbiamo fatto un contenzioso anche presso l'Unione europea perché non penso si possa acquisire un impianto in questo modo. L'impianto andrebbe espropriato.

CANDIDO DE ANGELIS. L'A2A non vi dà nessun corrispettivo?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Assolutamente no. A2A gestisce, e quindi prende un corrispettivo per la gestione. La Protezione civile, invece, incassa i ricavi.


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LORENZO PICCIONI. A voi non arriva niente?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. No. La situazione è un po' anomala e abbiamo fatto ricorso in sede europea per chiedere, appunto, il corrispettivo perché, secondo la procedura, questo impianto avrebbe dovuto essere acquisito tramite un esproprio e la valutazione di un'indennità. È stato anche concordato il valore dell'impianto, ma abbiamo ricevuto lettere da parte della Presidenza del Consiglio, dal sottosegretario di Stato, che la situazione del Paese in questo momento è critica.
La situazione di Fisia è ancora più critica. Fisia-Babcock lavorano solo all'estero, hanno realizzato solo questo impianto in Italia. Hanno una situazione finanziaria molto complessa. L'entità in gioco ha creato grossi problemi all'ordinata esecuzione delle attività industriali del gruppo, che lavora per circa ormai l'88 per cento in Paesi esteri. Tutto il gruppo Impregilo ha un fatturato ormai del 12 per cento in Italia, al massimo del 15.

GIANPIERO DE TONI. L'opera è in project financing, quindi l'obiettivo era di realizzare i sette impianti e i due termovalorizzatori. La domanda è: sono stati effettuati dei controlli nella realizzazione di questi impianti? Qualche autorità ha controllato? Se sì, quale sarebbe il motivo per cui questi impianti non erano in grado di produrre e realizzare le cose che dovevano fare?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Gli impianti dovevano trattare rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata. Ancora oggi arriva tal quale. Questa è la prima anomalia.
Quelli di CDR sono impianti di tritovagliatura meccanici: sostenevano che questi impianti - adesso ci saranno i periti perché ciascun pubblico ministero dice la sua - non fossero adeguati perché avevano un'umidità del 12 per cento più alta rispetto a quanto previsto nelle specifiche. Sappiamo tutti, però, che per forni che bruciano a 1.200 gradi l'umidità non è un problema. Il fatto stesso che funzioni tutto, che dagli stessi impianti escano ecoballe che sono bruciate, producono energia e non inquinano ne è la dimostrazione. In ogni caso, per questo dovremo aspettare il risultato del tribunale.
Faccio presente che al sequestro di 750 milioni ci siamo opposti, è stato svincolato, siamo andati in Cassazione a sezioni unite, si sono opposti i pubblici ministeri. Saremo forse andati quattro volte in Cassazione, quattro al tribunale del riesame. Dovremo aspettare i tempi del procedimento, le perizie tecniche e via dicendo. Non so quanto ci vorrà, credo che sarà lunga.
Importante, però, è la dimostrazione dei fatti, cioè che da quegli impianti - che non gestiamo più noi ma la Protezione civile - esce questo materiale, va al termovalorizzatore che lo brucia e produce energia.
In relazione al livello di emissione nell'atmosfera, il nostro progetto non prevedeva il livello di emissioni europee, nell'AIA - l'autorizzazione all'impatto ambientale - i nostri livelli addirittura sono il 50 per cento più bassi di quelli indicati nelle normative europee. Sono certificati. Basta andare sul sito dell'ARPA Campania, dove sono visibili tutte le emissioni.

MASSIMO PONZELLINI, Presidente della Impregilo SpA. Scusi se mi permetto di interpretare la domanda del senatore. La domanda era in parte questa, ma nella seconda parte chiedeva anche, essendo un project financing, come mai quando era stato prodotto il CDR, non era invece pronto l'inceneritore?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Il problema è che il ciclo prevedeva che gli impianti fossero realizzati in un anno, entrassero in funzione. Gli impianti di termovalorizzazione avevano una durata di 38 mesi, per cui per 24 mesi il materiale andava stoccato provvisoriamente. I due impianti producevano 1.100.000 tonnellate, lo avrebbero assorbito. Siccome, però, il periodo transitorio


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dell'entrata in funzione del termovalorizzatore è durato dieci anni, dal 2000 al 2009, si sono accumulati tutti questi materiali.
L'impianto non si è potuto costruire perché non si sono avute le autorizzazioni, ma ci sono stati i cortei di protesta. Il primo governo che l'avviò - credo fosse uno dei governi Berlusconi - mandò 500 militari e la polizia, poi fu sospeso tutto, quindi si ripartì con la brigata Folgore per riaprire i cantieri.

PAOLO RUSSO. Vorrei rivolgerle alcune domande che vanno un po' più indietro. Immagino che affittaste delle aree per stoccare queste ecoballe: ci può illustrare la procedura che utilizzavate? Come le individuate, a quali soggetti via affidavate per individuarle e chi ve le certificava?
Inoltre, rimane una questione centrale che continuo a non capire. È la qualità del CDR prodotto, che mi pare obiettivamente che non corrispondesse alla specifica del CDR.
Cosa pensavate, inoltre, delle ecoballe prodotte fino al 15 dicembre 2005, cioè le vostre per capirci? Qual è il loro destino? Sono, o erano, un valore, una risorsa o un costo? Come sono considerate nei bilanci?
L'ultima questione vuole essere una riflessione più che una domanda, ma so che la sua sensibilità ci aiuterà anche in questo caso: è singolare che il 15 dicembre 2005 con legge dello Stato vi viene, di fatto, sottratto un appalto e, mentre sarebbe dovuto accadere ciò che è naturale pensare per un appalto consistente, impegnativo, un tracollo in borsa, in quei giorni, viceversa, proprio in corrispondenza della sottrazione dell'appalto, accade l'esatto contrario. Ci aiuta a capire?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. La aiuto tranquillamente. Il crollo è avvenuto per l'uscita di azionisti. Il titolo ha perso il 70 per cento in borsa. I nuovi azionisti hanno fatto un aumento di capitale da 600 milioni di euro. Non è stata, quindi, un'opportunità. La risoluzione del contratto è stato un danno gravissimo e, infatti, dovremo rivalerci nelle sedi opportune.
Per quanto riguarda, invece, la difformità del materiale, il punto era l'umidità, ma sanno tutti che questa evapora. Si prevedeva, infatti, un certo risultato, ovvero 8.500 chilojoule. Nel mondo, se lei gestisce un impianto, siccome si ripaga con l'energia elettrica - la spazzatura è spazzatura, non è trattata chimicamente - se ha un rapporto calorico più basso, si produce meno energia e questo rappresenta un danno per lei, tutto qui. La spazzatura non cambia perché questi impianti servono a selezionare e a tritovagliare.
Le 300 chilocalorie in meno quando sono stoccate evaporano. Nell'inceneritore di colpo l'umidità evapora. Parliamo, infatti, di forni di ultima generazione, a griglia mobile a 1.200 gradi. Adesso bruciano e non inquinano: significherà pur qualcosa. Sono tutte cose che abbiamo spiegato durante i vari procedimenti.
Tornando al tracollo il borsa, nel 2005 sono usciti certi azionisti e sono entrate le banche, c'è stato un aumento di capitale di 580 milioni perché diversamente l'azienda sarebbe fallita.
Quanto ai terreni, Fibe ha presentato al commissario un vasto numero di siti, uno a uno, per stoccare transitoriamente le balle. Il commissario ne ha autorizzati solamente tre, dopodiché ha dovuto acquistare i siti al prezzo richiesto. Sono tutti siti nei territori del comune, aree di proprietà di consorzi comunali.
Quanto pagato è tutto agli atti della società e gli importi sono poco significativi: tenga conto che questo project, se avesse funzionato, come sta funzionando per chi gestisce, avrebbe generato circa 3-400 milioni di euro di ricavi all'anno e, in un arco di concessione di vent'anni, circa 6 miliardi di euro, per cui il noleggio delle piazzole rappresentava poca cosa.
A bilancio, sicuramente, non c'è nulla. Oltretutto, quelle ecoballe non sono più di nostra proprietà in quanto erano strumentali per essere bruciate. Risolto il contratto, portato via l'impianto di termovalorizzazione, realizzati gli impianti, che


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non ci hanno pagato, saremmo anche dovuti rimanere proprietari della spazzatura? No.

PAOLO RUSSO. A loro, quindi, non risulta che in prossimità di questi affitti e di questi acquisti ci siano stati passaggi di mano, magari dagli stessi soggetti, talvolta stessi soggetti implicati anche, in qualche modo, in vicende di attività criminale o indagini importanti?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Non ho mai detto questo. Ho semplicemente affermato che abbiamo presentato un elenco di siti alla Protezione civile e che alcuni sono stati autorizzati. Quando non ci sono stati più siti si è andati sul mercato e si è andati dove c'erano siti liberi. Ci sono tutti gli atti notarili con soggetti trasparenti - se hanno fatto altre operazioni, noi non ne siamo a conoscenza - ma credo che in questo momento tutti abbiano lo stesso problema. Quando c'è una certa emergenza sembra normale pagare di più. Quando ci siamo trovati in difficoltà le banche ci hanno chiesto il doppio del tasso di interesse.

PAOLO RUSSO. Ingegnere, comprenderà che, se casualmente io ho la fortuna di avere una divinazione per la quale ripetute volte nei confronti di Fibe acquisto o affitto terreni che poi...

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Ha perfettamente ragione, però la rimando all'altra indagine che ci vede parte lesa. Noi aspettiamo anche l'altra indagine e la sentenza.

CANDIDO DE ANGELIS. Buongiorno. Grazie per la vostra relazione. Rimango molto perplesso. Il project financing non ha funzionato e voi ponete una serie di situazioni a vostra difesa.
Vorrei, però, tornare sugli impianti di CDR. Mi pare voi abbiate realizzato sette impianti di CDR, che non sono in grado di produrlo. Questo è quello che a noi risulta. Tra l'altro, con un decreto l'impianto di CDR viene declassificato come STIR. Le risulta?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Certo che mi risulta. Da quell'impianto STIR esce il materiale che va all'inceneritore e viene bruciato.

CANDIDO DE ANGELIS. Sì, perché per decreto c'è stata una declassificazione.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Non è un decreto. Se lei va a Brescia bruciano anche il tal quale.

CANDIDO DE ANGELIS. Nel Lazio non è così. D'altra parte, si tratta di leggi regionali. Lei parlava della Germania: lì realizzano termovalorizzatori che bruciano tutto.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Anche il nostro brucia tutto.

CANDIDO DE ANGELIS. Quello di Acerra. Io, però, parlavo del CDR degli altri impianti.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Guardi che l'unica differenza del CDR - le spiego perché si è favoleggiato - consisteva nell'umidità. Era questa la non conformità. Oggi, i valori sono tutti sopra a quello previsto, anzi è addirittura troppo alto e bisognerà umidificarli. E le spiego anche perché erano più umidi: siccome non raccoglievamo noi la spazzatura, ci arrivava bagnata perché era conferita a tonnellate.

CANDIDO DE ANGELIS. La bagnavano per farla aumentare di peso?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Penso di sì.

PRESIDENTE. Si può dire chi l'avrebbe bagnata?


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ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Noi la ricevevamo agli impianti dalle municipalizzate.

PRESIDENTE. Tutto quello che ricevevate era bagnato da chiunque?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Non sempre, ma molte volte rimaneva in una strada per decine di giorni. Rimaneva sotto la pioggia e poi veniva mescolata.
Sembra che stessimo gestendo un processo ordinato, dimenticando, invece, che si producevano 1.600.000 tonnellate, le discariche erano scomparse improvvisamente - è un fenomeno che continua anche adesso, evidentemente, qualche problema deve esserci ancora dopo vent'anni - e la discarica diventava automaticamente la strada. Altre volte - non sono io a dirlo, era sui giornali - i camion si fermavano. Quello di Napoli era un processo molto complesso.

CANDIDO DE ANGELIS. C'era un sistema che, comunque, voleva essere alternativo a quello che stavate mettendo in piedi voi? Può dirci qualcosa su questo?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Penso che ci fosse. Bisogna aspettare gli atti, come ricorda giustamente il presidente. Questo è un atto del pubblico ministero. Secondo il progetto il nostro obbligo era fare il CDR e bruciare.

CANDIDO DE ANGELIS. In Campania dopo aver fatto gli impianti non avete mai riscosso nulla?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. No, nemmeno le tariffe di raccolta. Non le hanno mai pagate. D'altronde, il nuovo presidente della regione ci informava che i comuni dovrebbero pagare le tariffe da conferimento al termovalorizzatore e pare che ci abbiano rinunciato perché non le pagano.

PAOLO RUSSO. Ingegnere, per comprendere meglio, non v'è dubbio che negli inceneritori si può bruciare più o meno tutto, ma voi avevate un obbligo contrattuale - è questo il tema - di produrre e bruciare CDR.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Questa è una definizione semplicistica. Innanzitutto, dovevamo ricevere materiale a valle di una raccolta differenziata - e forse avremmo dovuto fermarci subito - ma ribadisco che una differenza di 300-400 chilocalorie nella produzione di CDR penalizza solamente il gestore, ma non si genera inquinamento.

PRESIDENTE. La domanda dell'onorevole Russo è soltanto questa: per contratto dovevate produrre CDR?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Sì, dovevamo produrre CDR con certe caratteristiche. La differenza del CDR prodotto è nell'umidità.

PAOLO RUSSO. Non c'è dubbio, ma può immaginare che accanto alla sua azienda ci sia la mia che, non avendo la possibilità di produrre quel CDR...

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Scusi, dove si produce CDR di quel tipo in Italia?

PAOLO RUSSO. Questo mi interessa relativamente. Lei può immaginare che esista un'altra azienda che avrebbe potuto regolarsi analogamente e magari, ritenendo che quella strada non fosse praticabile, non lo ha fatto, mentre voi, legittimamente, avete ritenuto che lo fosse e lo avete fatto. La domanda che le pongo è la seguente: avendo, contrattualmente, un obbligo di questa natura, avete rilevato in qualche modo alla pubblica amministrazione che non eravate posti nella condizione, che andava cambiato il contratto? Cosa peraltro accaduta.


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ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Naturalmente, sì. Ci sono decine di lettere in riferimento alla mancata raccolta differenziata, ai materiali che rimanevano per strada. Nell'ambito dell'emergenza, un 3-4 per cento di umidità in più è minimale perché non inquina, ma si limita a produrre meno energia. Questo, oltretutto, non si è verificato perché, chiaramente, stando ferme l'umidità è evaporata. Contrattualmente, però, tutti questi fatti sono stati esplicitati.

CANDIDO DE ANGELIS. Può dirci qualcosa su quell'indagine recente in cui Fibe si è costituita parte civile e si ipotizza un progetto alternativo a quello predisposto dal commissario sul ciclo dei rifiuti? Ci sono anche politici indagati.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Innanzitutto, non è stata Fibe a costituirsi parte civile, ma è stata costretta perché è stata considerata parte lesa. In ogni caso, è in corso questo procedimento, ma sono ipotesi del pubblico ministero.

PRESIDENTE. Quella è l'accusa formulata dal pubblico ministero con la richiesta di giudizio immediato, che dovrebbe essere iniziato, per cui forse qualche notizia dovrebbe averla. Ho qui l'annotazione, il 27 gennaio 2011 è stato emesso decreto di giudizio immediato. Significa che si sarà fatto poco dopo, un mese o due dopo. Cosa è stato di questo giudizio immediato?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Non so dirglielo, non sapevo nemmeno che fosse stato emesso.

PRESIDENTE. Chi avrebbe dovuto firmare la delega per la costituzione di parte civile?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. La delega l'abbiamo firmata.

PRESIDENTE. Vi siete costituiti, quindi, parte civile.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Sì, non sapevo che fosse già stato emesso il provvedimento.

PRESIDENTE. Mi sembrava di aver capito che foste solo parte offesa, invece siete presenti nel processo come parte civile. Per quali tipi di reato?

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Non so dirglielo. Possiamo farle avere una relazione dagli avvocati.

MASSIMO PONZELLINI, Presidente della Impregilo SpA. Se il presidente ha piacere, su questo mandiamo una nota.

PRESIDENTE. Chiederemo anche gli atti perché, ovviamente, a questa Commissione interessa particolarmente l'ipotesi di un'organizzazione mafiosa parallela che sceglie addirittura un nome molto simile.
Dunque, personalmente avrei una serie abbastanza numerosa di domande da rivolgervi, così come credo i colleghi. Si è aperto, infatti, uno scenario, quest'ultimo citato dal senatore De Angelis, particolarmente interessante. È molto significativo che esista un'organizzazione criminale che prova a fare concorrenza, dovremo anche capire come ha fatto concorrenza, attraverso quali soggetti.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Ho trovato un appunto, preparato dagli avvocati, sul quadro processuale: «Il progetto era quello per cui si doveva agire a livello di commissariato di Governo per sollecitare affinché il contratto con Fibe fosse risolto per inadempimento». Questo è quello che risulta agli atti.

PRESIDENTE. Proporrei alla Commissione, se è d'accordo, di chiedere ai nostri ospiti la cortesia di tornare.


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ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Anche con il nostro legale, se siete d'accordo, il professor Stile.

PRESIDENTE. Anche con il vostro legale. Il professor Stile lo conosco bene, sicuramente ci sarebbe utile. Ci sono, infatti, procedimenti a carico della società sui quali abbiamo bisogno di chiarimenti. Mi pare che una delle società del gruppo sia stata citata come responsabile diretta di determinati reati; viceversa, la società è a sua volta parte lesa. Visto che ci occupiamo di condotte illecite connesse al ciclo dei rifiuti, questo è un terreno per noi particolarmente interessante.

PAOLO RUSSO. Vorremmo chiedere la cortesia di portar al prossimo incontro anche i documenti relativi alla vicenda degli affitti e degli acquisti delle aree.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Certamente. Siccome, però, non si tratta più solo di un inquadramento tecnico, verranno i nostri legali, il professor Stile e il professor Giuffré.

PRESIDENTE. I legali fanno solo da consulenti.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Sicuramente, ma su questa parte del procedimento sono sicuramente più preparati.

PRESIDENTE. Lei sa che la denominazione della nostra è «Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti», quindi per noi i comportamenti illeciti sono al primo posto.

ALBERTO RUBEGNI, Amministratore delegato Impregilo SpA. Sono pienamente d'accordo. Noi siamo usciti nel 2005, ma dal 2005 al 2011 nulla è cambiato.

PRESIDENTE. La ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,00.

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