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il comune di Verona intende alienare quattro dei più significativi palazzi storici appartenenti al patrimonio artistico-culturale del comune di Verona, con destinazione museale per tre di essi:
a) Palazzo Forti, risalente al XIII secolo, attualmente destinato a sede della
Galleria d'arte moderna. Il complesso immobiliare è pervenuto al comune di Verona in virtù di successione ereditaria all'illustre scienziato Achille Forti che, ne ha vincolato l'utilizzo a sede della Galleria d'arte moderna e comunque l'adibizione a scopi culturali ed artistici a favore della comunità della «sua Verona»;
b) Palazzo Pompei, pregiato esempio di architettura rinascimentale, opera di Michele Sanmicheli, destinato a sede del Museo di storia naturale, costituisce un lascito a favore del comune di Verona da parte del conte Alessandro Pompei con precisa destinazione ad uso pubblico «per ponervi lì monumenti di belle arti, galerie...»;
c) Palazzo Gobetti, uno dei palazzi più caratteristici della rinascenza veronese, con destinazione museale quale sede distaccata del Museo di storia naturale;
d) l'ex Convento di San Domenico, preziosa testimonianza artistica dell'architettura del XVI-XVII secolo, oggi adibito a sede della Polizia municipale;
al fine di poter rendere appetibile la loro vendita, il comune di Verona intende concedere la possibilità di destinarli ad uso privato, sia residenziale che commerciale o direzionale, con forte disapprovazione da parte di associazioni culturali e cittadini veronesi;
la sottrazione di un bene di interesse pubblico di notevole valore paesaggistico/ambientale alla destinazione originaria la conseguente disposizione a favore di un privato, costituiscono azioni che incidono sul patrimonio ambientale, storico, artistico e naturale della nazione;
autorevoli rappresentanti del mondo della cultura assieme alle: associazione «Forti per Palazzo Forti», associazione «Civicittà» e Legambiente Onlus hanno presentato ricorso al Tar Veneto per l'annullamento:
a) della deliberazione del Consiglio comunale del comune di Verona n. 19 del 17 aprile 2008, pubblicata all'albo pretorio dal 24 aprile 2008;
b) di ogni altro atto presupposto, tra cui in particolare la deliberazione della Giunta comunale n. 182 del 1o giugno 2005 in parte qua, e/o conseguente -:
quali interventi intenda adottare il Ministero per evitare che i suddetti palazzi storici di interesse culturale siano soggetti ad alienazione, con destinazione d'uso residenziale, direzionale e commerciale.
(3-00137)
con delibera del consiglio comunale n. 5 del 17 marzo 2006, di Podenzano (Piacenza) veniva approvata la «dichiarazione di indirizzi circa la volontà di bandire un concorso di idee per la riqualificazione dell'area delle ex scuole medie nel centro urbano di Podenzano»;
le risultanze dei lavori della commissione giudicatrice del concorso di cui sopra, riportate nel verbale n. 4 del 30 novembre 2006, individuavano compiutamente i tre progetti premiati, oltre alla graduatoria definitiva;
successivamente, con determinazione Urb n. 362 del 18 maggio 2007, veniva affidato l'incarico professionale relativo al progetto della nuova piazza da realizzare all'interno della riqualificazione dell'area delle ex scuole medie;
con deliberazione n. 57 del 5 novembre 2007, il consiglio comunale di Podenzano approvava il Programma integrato d'intervento avviato dal Comune stesso per la riqualificazione urbanistica ed edilizia dell'area ex scuola media e la realizzazione della nuova piazza, ai sensi dell'ex articolo 21 della legge Regionale dell'Emilia-Romagna n. 47 del 1978;
con deliberazione n. 7 del 20 febbraio 2008, il consiglio comunale di Podenzano approvava il Programma Integrato d'Intervento avviato dal comune stessa con la predetta delibera n. 57 del 5 novembre 2007;
il programma di cui sopra prevedeva, tra l'altro, l'abbattimento del complesso che ospitava nel passato le scuole medie, incluso l'edificio, progettato dall'ingegnere Rodolfo Ozzola, costruito negli anni 1905-1906, una delle poche testimonianze del secolo passato tenuto conto dell'avvenuto abbattimento dell'ex cinema Italia;
non a caso la Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici dell'Emilia-Romagna, a seguito della richiesta d'abbattimento dell'edificio presentata dal Comune di Podenzano, con provvedimento del 18 giugno 1996, ritenne che l'edificio principale ed originario, destinato a scuola, dovesse considerarsi compreso negli elenchi previsti dall'articolo 4 della legge n. 1089 del 1939, e pertanto da considerare e salvaguardare, escludendo l'ipotesi di una sua demolizione. In particolare, in detto provvedimento, si leggeva testualmente «...la scuola costituisce un interessante esempio di edilizia scolastica dei primi anni del secolo che, nonostante le trasformazioni e le aggiunte, conserva la tipologia originaria dei fronti con cornici marcapiano e cornici di finestre»;
con nota del 4 febbraio 1999, l'Ufficio centrale beni Aaas del Ministero per i beni e le attività culturali, acquisito il parere ispettivo, esprimeva parere negativo circa l'esistenza dei requisiti di interesse storico ed architettonico ai sensi degli articoli 1-4 della legge n. 1089 del 1939;
in realtà sono state molte e il più delle volte inspiegabili, nel corso degli ultimi quindici anni, le decisioni degli Uffici centrali del ministero, in particolare del terzo Comitato di settore, con le quali sono state vanificate le decisioni assunte dai competenti organi regionali dello stesso riferite alla provincia di Piacenza;
nel caso di specie appare meritevole di riconsiderazione la predetta decisione dell'Ufficio centrale riferita specificatamente alla parte originaria dell'edificio di cui sopra realizzato, come detto, nei primi anni del `900;
appare, altresì, indispensabile un intervento degli organi deputati alla tutela del patrimonio artistico ed architettonico per scongiurare l'abbattimento di un fabbricato rurale di cui una consistente porzione risale ai primi dell'800 come inequivocabilmente risulta alle mappe d'impianto del catasto napoleonico depositata e visionabile presso l'Archivio storico di Piacenza (Palazzo Farnese) -:
se e quali urgenti iniziative intenda assumere in ordine a quanto sopra esposto.
(5-00350)
dalla fine del 1942 al febbraio 1943, a Visco, comune della Provincia di Udine collocato in un territorio che per secoli, fino alla caduta dell'impero austro-ungarico, è stato luogo di confine ma anche di incontro tra popolazioni di lingua e storia latina, slava, tedesca e serbo-croata, venne realizzato dal regime fascista un campo di concentramento per prigionieri civili provenienti dalla ex Jugoslavia, con una potenzialità di 10.000 internati;
dopo la sua apertura, nel campo di Visco furono internati circa 3.000 civili, fra cui anche molte donne e molti bambini, provenienti dalla Slovenia, Croazia, Bosnia, Herzegovina, Serbia e Montenegro;
dopo l'8 settembre del 1943 i prigionieri tornarono in patria (i morti nell'ex lager furono 25) e il campo fu occupato dai tedeschi;
in precedenza, nel 1915, l'area era stata destinata a sede dell'ospedale attendato più grande d'Italia (con 1.000 posti letto, era l'ospedale n. 35 della Croce
Rossa Italiana), vi morirono centinaia di soldati italiani, austroungarici e civili della allora Contea di Gorizia;
molti altri sono gli episodi legati ad eventi bellici e alla lotta di liberazione che hanno avuto al centro l'area che nel dopoguerra era stata destinata a caserma dell'esercito italiano;
grazie alla sensibilità e all'impegno storico-culturale di alcune associazioni locali, ed in particolare per la civile passione del professor Ferruccio Tassin verso persone, fatti e luoghi costituenti la memoria storica del comune di Visco (provincia di Udine) e del Friuli orientale, in questi giorni è emersa una attenzione nuova sul campo di concentramento di Visco che ha visto, nel corso del secondo conflitto mondiale, la deportazione di internati della ex Repubblica di Jugoslavia;
viene segnalato da più parti, anche con l'autorevole intervento dello scrittore sloveno Boris Pahor ripreso dal Corriere della Sera di mercoledì 17 settembre, pagina 27, il rischio che una zona dell'ex lager possa essere adibita ad attività commerciali e utilizzata per possibili speculazioni economiche;
la Sovrintendenza del Friuli Venezia Giulia ha già posto dei vincoli su una parte dei 130.000 metri quadri che costituiscono l'area a suo tempo occupata dall'ex campo di concentramento;
al sito sono interessati storici, associazioni ed istituzioni di Slovenia, Croazia, Serbia e Montenegro e numerosissime sono le pubblicazioni di carattere storico che citano l'ex lager di Visco le cui vicende sono state oggetto di convegni anche di livello internazionale tenutisi a Gorizia, Palmanova, Monfalcone e in altri convegni svoltisi in altre parti d'Italia e nella ex Jugoslavia -:
quali siano le iniziative che il Ministero dei beni culturali intende attivare per tutelare, nella sua interezza, questo luogo della memoria che, dimenticato per tanti anni, rappresenta uno storico sito di sofferenza di cittadini di più nazionalità e che si intreccia con la storia del futuro della nuova Europa, libera, democratica e rispettosa di tutti i Popoli.
(4-01071)