TESTO AGGIORNATO AL 28 GENNAIO 2009
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il consiglio comunale di Velletri ha approvato in data 29 settembre 2008 la delibera n. 45, per un importo di euro 2.476.577,07: «riconoscimento debiti fuori bilancio articolo 194 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Esercizio finanziario 2008»;
con delibera n. 25 del 20 settembre 2007 del Commissario prefettizio, assunti i poteri del consiglio comunale, è stato approvato il bilancio consuntivo dell'Azienda speciale Velletri (ASV), relativo all'esercizio 2006 e in tale bilancio la spesa di funzionamento dell'ASV, per l'esercizio in questione, è risultata pari ad euro 2.449.961,00, oltre ad un rimborso di euro 300.000,00 per interessi sul finanziamento inerente l'anticipazione su crediti eseguita nel 2004;
con verbale del consiglio di amministrazione del 2008, l'Azienda speciale Velletri ha approvato il bilancio consuntivo per l'esercizio 2007, dichiarando una spesa di funzionamento (ricavi verso il comune di Velletri) pari ad euro 2.518.085;
con delibera n. 172 del 24 settembre 2008, l'amministrazione comunale di Velletri ha approvato la bozza del conto del bilancio, determinando un disavanzo per la gestione di competenza pari ad euro 2.120.383,29 e per la gestione finanziaria un disavanzo di euro 5.430,89. Detto disavanzo, risultato della gestione finanziaria, determinato con la bozza del conto del bilancio - esercizio 2007 (del. 172/08), è stato ripianato in sede di approvazione della salvaguardia degli equilibri di bilancio (delibera di consiglio comunale n. 46 del 30 settembre 2008);
l'amministrazione del comune di Velletri, con proposta di deliberazione n. 57 del 15 settembre 2008, approvata dal consiglio comunale il 17 settembre 2008, avente ad oggetto «situazione finanziaria debitoria - presa d'atto e conseguenti indirizzi di natura finanziaria», ha riconosciuto che il comune di Velletri ha debiti certi, liquidi e esigibili per un importo di 27 milioni di euro ed usufruisce di una anticipazione di cassa per 11 milioni di euro;
il consiglio comunale di Velletri ha approvato in data 30 settembre 2008 la
delibera n. 46 del 2008, riferita alla «Salvaguardia degli equilibri di bilancio». Con tale deliberazione sono stati riconosciuti debiti fuori bilancio per un totale di euro 2.476.577,07. Il conseguente ed inerente finanziamento è stato acquisito attraverso l'assunzione di un mutuo Cassa depositi e prestiti per euro 661.669,75 e per la differenza a carico diretto del comune di Velletri, con un ammortamento previsto per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, inserito nel «documento pluriennale della salvaguardia degli equilibri di bilancio» (delibera 46/08);
l'articolo 194, comma 2, del TUEL (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo n. 267 del 2000) prevede che per il pagamento l'ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori;
la deliberazione n. 45 del 2008, nella sua elaborazione ed assemblaggio e nelle sue allegazioni conterrebbe una serie di «difformità» ovvero «omissioni» ovvero «errori», ed in particolare:
1. dal totale dei debiti riconosciuti di euro 2.476.577,07, risultano convenute con i creditori (C.T.), e comunque solo in data successiva alla delibera, dilazioni per un importo di euro 980.571,80, di cui euro 161.206,00 nel 2008, euro 409.682,50 nel 2009 ed euro 409.682,50 nel 2010, mentre mancherebbero gli accordi con i creditori, per le rateazioni spalmate sugli esercizi 2009 e 2010, per rispettivi euro 748.604,93;
2. non risultano le coperture finanziarie richieste con nota giustificativa e dettagliata, riferita a spese obbligatorie che l'ufficio legale del comune di Velletri, sulla base di sentenze, dovrà affrontare in corso di anno, per euro 88.000;
3. l'Azienda speciale Velletri ha approvato, ad oggi, i bilanci consuntivi per gli esercizi 2006 e 2007, dai quali risultano spese di funzionamento da ribaltare a carico dell'ente comunale pari ad euro 2.449.961,00 per l'esercizio 2006 (da riportare sul bilancio comunale 2007) e euro 2.518.085 per l'esercizio 2007 (da riportare sul bilancio comunale 2008). Siccome dal bilancio consuntivo del comune, per l'esercizio 2007, sono state stanziate somme per soli euro 1.768.529,82, risulta non finanziata la spesa di funzionamento dell'ASV per un importo di euro 681.631,18, mentre per l'esercizio 2008, nel relativo bilancio di previsione comunale (anche dopo l'adozione dei provvedimenti di salvaguardia degli equilibri), poiché risulta stanziata la somma di euro 1.982.802,13, emerge un'ulteriore differenza non coperta di euro 535.282,87;
4. la circostanza in ordine alla quale l'amministrazione comunale fosse a conoscenza che l'Azienda speciale Velletri, con l'approvazione del proprio bilancio consuntivo 2006 (approvato anche dal Commissario straordinario con delibera con poteri del consiglio comunale n. 25 del 20 settembre 2007) e del bilancio di esercizio 2007 (approvato dal Cda e depositato presso il comune di Velletri) potesse rappresentare un ulteriore debito fuori bilancio, per un importo totale di euro 1.216.914,05, è appurata anche attraverso la richiesta del consigliere Rolando Cugini, in data 22 settembre 2008, prot. 32168, nonché dalla risposta del direttore generale del comune di Velletri e nello stesso momento direttore generale dell'ASV, nella quale, solo in data 22 ottobre 2008, si dichiara sostanzialmente che i rapporti con l'ASV sono regolati da convenzioni e solo secondo queste ultime verranno adottati i provvedimenti economici compatibili con le disposizioni di cui agli articoli 42, 114 e 194 del TUEL;
5. non risultano finanziate le fatture, emesse per maggiori oneri, dalla municipalizzata Volsca Ambiente Spa: fatt. n. 104 del 20 giugno 2006 di euro 309.426,68 per maggiori oneri anno 2005; fatt. n. 61 del 19 giugno 2007 di euro 1.157.606,44 per maggiori oneri esercizio 2006; fatt. n. 85 del 31 luglio 2008 di euro 461.481,80 per maggiori oneri esercizio 2007. Secondo l'amministrazione comunale
il mancato riconoscimento dei maggiori oneri subiti dalla società Volsca Ambiente Spa è da attribuire alle generiche contestazioni del settore dirigenziale comunale. Ma così pare che non sia. Agli atti dell'amministrazione non risulta neppure alcuna contestazione legale (il comune è dotato del settore avvocatura) che entri nel merito del maggior credito richiesto dalla società Volsca ambiente Spa e porti chiarimenti sulla presunta controversia;
al riguardo si osserva che l'articolo 194 del TUEL elenca tassativamente i casi in cui è possibile procedere legittimamente al riconoscimento di debiti fuori bilancio in virtù del prescritto obbligo di copertura finanziaria nei procedimenti di spesa di cui agli articoli 191 e 193 del TUEL ed 84, quarto comma, della Costituzione e, quindi, del principio volto a garanzia degli equilibri di bilancio: come rilevato dalla Sezione autonomie della Corte dei conti, la norma prevede espressamente che debbano essere soddisfatte le due antitetiche esigenze, ossia la salvaguardia della funzionalità dell'ente per garantire i propri servizi oltreché l'obbligo di fronteggiare le proprie consistenze debitorie, ivi incluse quelle fuori bilancio ma riconosciute ex articolo 194 e seguenti prima dell'assunzione di nuove spese dovendo essere il bilancio attendibile;
appare evidente anche la violazione dell'articolo 194, comma 1, lettere a) e c), inerente la mancata deliberazione consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, in riferimento alle sentenze esecutive ed alla copertura di disavanzi delle aziende attraverso ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile, di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali: infatti la spa municipalizzata Volsca Ambiente a totale capitale municipalizzato avrebbe ottenuto nel corso degli anni 2007-2008 decreti ingiuntivi esecutivi, nei confronti del Comune di Velletri, per oltre 500.000 euro di cui non sembra esserci traccia;
per quanto riguarda la delibera n. 172 del 24 settembre 2008: «Approvazione della bozza del conto del bilancio - articolo 228 decreto legislativo 267 del 2000», dal conto di bilancio approvato risulta un disavanzo della gestione di competenza di euro 2.120.383,29 e un disavanzo della gestione finanziaria di euro 5.430,89. Con detto atto, l'amministrazione ha operato una riduzione dei residui passivi per euro 3.177.114,54 e di quelli attivi per euro 2.547.332,34. L'allegato D della delibera, risulta però completamente difforme, per descrizioni ed importi, rispetto alla comunicazione dirigenziale - settore OO.PP del 22 settembre 2008 prot. 1074;
a ulteriore conforto di quanto sostenuto, soccorre la richiesta del Segretario generale e dell'Assessore al bilancio inviata ai dirigenti comunali, in data 1° ottobre 2008, prot. 23. Con detta nota si chiede (a posteriori) ai dirigenti di verificare l'eventuale esistenza di impegni di spesa sulle eliminazioni impropriamente operate dal servizio finanziario;
a certificare tale stato di cose, incide l'esistenza della relazione a firma del Sub Commissario Vicario Prefettizio, dottoressa Maria Pia De Rosa, dell'agosto 2007, prot. 13168, avente ad oggetto la «deliberazione della Sezione regionale della Corte dei conti - adunanza del 19 giugno 2007» con la quale vengono fissati gli obiettivi di risanamento dell'ente comunale e, tra le varie soluzioni prospettate è rinvenibile la decisione di estinguere i mutui in essere, non ancora utilizzati dall'ente, al fine di ridurre sensibilmente la quota di ammortamento annuale (si vedano le deliberazioni del Commissario straordinario, assunti i poteri della Giunta comunale nn. 132, 133, 134, 135, 136, 137, 138 e 139 del 2007, tradotte in proposta di deliberazione con l'assunzione dei poteri del Consiglio comunale n. 18 del 26 maggio 2008, che risulta non più osservata dalla nuova amministrazione). Talché nessuna riduzione della spesa è avvenuta per estinzione dei mutui sopra citati;
per quanto riguarda la citata deliberazione n. 46 del 30 settembre 2008, si osserva quanto segue:
a) sul documento di salvaguardia degli equilibri di bilancio, per l'esercizio 2008, non risulta imputata la quota di ammortamento dei mutui di circa 1.500.000, regolarmente riportata invece nel pluriennale 2009 per euro 1.577.484,53 e sul 2010 per euro 1.659.365,46;
b) con riferimento all'entrata, mancano e/o sono carenti, rispetto alle previsioni di bilancio, le dichiarazioni dei dirigenti;
c) non sono state eseguite le dovute correzioni di bilancio per le minori entrate relative alla tarsu arretrati, per circa almeno 840.000 euro. Ciò provocherà inevitabilmente l'adozione di un impegno di spesa senza la necessaria copertura finanziaria;
d) nella delibera, il consiglio comunale «prende atto (come da dichiarazioni dei dirigenti) che i programmi risultano in regolare attuazione», mentre esiste una nota a firma del sindaco, dell'assessore e del dirigente al bilancio che impone agli uffici il blocco degli impegni di spesa e quindi dei programmi;
e) in materia di maggiori entrate del Titolo 1 esistono due comunicazioni dirigenziali, la prima in data 18 settembre 2008 prot. 31724 e la seconda in data 22 settembre 2008 prot. 32046 le quali comunicazioni discordano sugli accertamenti ai fini ici-arretrati: la prima comunicazione conferma un importo di euro 742.802 (sorte: 87.801,61+ 655.000,00), la seconda comunica il nuovo importo di euro 1.401.104 (sorte: 87.801,61+1.306.656,81) mentre ai fini tosap (temporanea+permanente), la prima comunica euro 100.000 (80.000+20.000) e la seconda euro 141.281 (121.281,00+20.000);
f) contrariamente alle comunicazioni dirigenziali del 18 settembre 2008 e del 22 settembre 2008, che confermano ai fini tarsu un importo di euro 500.000, su richiesta avanzata dal consigliere comunale Rolando Cugini, in data 8 ottobre 2008, vengono forniti gli elenchi per gli accertamenti notificati e da notificare, che alla data del 30 settembre 2008, prevedono maggiori entrate per tarsu arretrata per complessivi euro 125.491, anziché euro 500.000 come riportato nelle comunicazioni più volte citate. Va inoltre preso atto delle gravemente discordanti comunicazioni dei responsabili amministrativi del procedimento, occupati presso l'Azienda speciale di Velletri, sempre ai fini tarsu;
g) risultano mancanti comunicazioni circa il raggiungimento degli obiettivi per gli importi stanziati in bilancio;
h) l'assessore al bilancio si sarebbe sostituito fisicamente al dirigente del settore finanziario redigendo le comunicazioni amministrative di bilancio spettanti agli uffici (si veda il verbale del Consiglio comunale del 29 e 30 settembre);
i) con riferimento alle poste di bilancio riferite alla spesa, il comportamento è stato pressoché identico a quanto fatto per l'entrata. Più precisamente, non sono state inserite maggiori spese comunicate dai dirigenti, nonché e soprattutto sono state eliminate e/o ridotte le relative previsioni di bilancio rispetto alle comunicazioni in questione. Laddove non esistono comunicazioni dirigenziali riferite a riduzioni, eliminazioni e/o incrementi di spesa, si presume che ogni variazione apportata attraverso il documento degli equilibri si deve attribuire unicamente ad iniziativa dell'esecutivo. Per esempio, si segnala che sul documento degli equilibri, al pluriennale 2009, intervento 1010201 cap. 208020, è stata interamente eliminata la spesa di competenza del personale dipendente per euro 329.000 (vedi pagina 24 del PEG di variazione per gli equilibri), senza che esista una idonea documentazione dell'ufficio personale;
l) a conferma che le operazioni contabili sarebbero state eseguite al solo fine di creare un virtuale equilibrio di bilancio, soccorre la verifica dei dati riassuntivi della gestione finanziaria e di competenza, riferiti sia al rendiconto dell'anno 2007, sia ai dati di competenza riferiti ai
dati di competenza dell'esercizio 2008: dai suddetti documenti, risulta evidente che alla data del 9 settembre 2008 la gestione di competenza indicava un saldo passivo di euro 10.172.191, mentre la gestione finanziaria chiudeva con un saldo negativo di euro 9.515.152. Dagli stessi documenti, risalenti a data successiva, ma di pochi giorni, e più precisamente in data 25 settembre 2008, i saldi di chiusura diventano sulla gestione di competenza pari ad euro -415.306 e per la gestione finanziaria euro -287.639. Tale importante e gravosa operazione di revisione dei residui non risulta supportata da atti e/o documenti sottoscritti dai dirigenti dei vari settori;
l'articolo 193 del TUEL pone il generale principio del pareggio di bilancio, diventato un'esigenza prioritaria dopo la riforma del sistema finanziario degli enti locali, sul quale vigila il consiglio dell'ente locale, compiendo periodiche ricognizioni al fine di verificare lo stato di realizzazione dei programmi ma anche di appianare eventuali situazioni di disavanzo. Prevede, inoltre, che ove l'organo consiliare non provvedesse ad adottare tutti i provvedimenti necessari al riequilibrio del bilancio, si applicherebbero i provvedimenti previsti dal medesimo T.U. in caso di mancata adozione del bilancio di previsione (articolo 142, comma 2). Dunque il Prefetto dovrà provvedere alla conseguente emissione di decreto di nomina del commissario ad acta, che abbia i poteri di predisposizione di un provvedimento diretto al riequilibrio contabile dell'ente, da sottoporre, conseguentemente, al Consiglio per l'approvazione definitiva;
in merito ai crediti liquidi ed esigibili vantati da terzi, con i quali il comune non avrebbe ancora sottoscritto alcun accordo, se non in via assolutamente presuntiva tant'è che mancano, in allegato alla documentazione delle deliberazioni comunali citate, le certificazioni di detti accordi transattivi, si rammenta l'obbligo per il comune di dichiarazione di dissesto con conseguente attivazione di una peculiare procedura di risanamento di dissesto (TAR Campania Salerno sez. I, n. 461 dell'11 giugno 2002) -:
quali immediati provvedimenti si intendano prendere in relazione alle questioni evidenziate in premessa, in particolare verificando se sussistano i presupposti per il commissariamento e/o scioglimento degli organi dell'ente locale.
(2-00282)
«Ciocchetti, Vietti».
nell'anno 2008 si è registrata la cifra più alta degli sbarchi sulle coste italiane. In particolare, l'isola di Lampedusa è stata raggiunta da 397 imbarcazioni che hanno trasportato, in condizioni drammatiche, 30.657 persone (18.908 in più del 2007), tra le quali 3.522 donne e 2.325 minori (1.170 in più del 2007);
la forte pressione migratoria ha messo alla prova le strutture che ospitano gli immigrati, a partire dal centro di Lampedusa, che dal febbraio 2006 è stato destinato al soccorso e alla prima accoglienza di coloro che giungono sull'isola. Questo centro, trasferito in una nuova struttura inaugurata il 1o agosto 2007, è in grado di ospitare 381 persone e, in condizioni di necessità, può contenerne, al massimo, 804. Eppure, nel corso del 2008, si sono raggiunte presenze superiori a 1.900, con un notevole disagio sia per gli immigrati che per gli operatori addetti;
il centro di Lampedusa, come gli altri centri di accoglienza, ai sensi della legge n. 563 del 1995 e del testo unico sull'immigrazione, è una struttura destinata a
garantire un primo soccorso allo straniero irregolare rintracciato sul territorio nazionale. L'accoglienza nel centro è limitata al tempo strettamente necessario per stabilire l'identità e la legittimità della permanenza sul territorio. In ogni caso, deve escludersi che nel centro di accoglienza possa realizzarsi il trattenimento dello straniero, che, ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, «può avvenire unicamente presso i centri di identificazione e di espulsione individuati ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del testo unico»;
in linea con le disposizioni citate, il centro di Lampedusa, pur quando ha registrato i picchi di presenza, ha ospitato gli immigrati per un tempo assai contenuto, in genere 24/48 ore, giusto il tempo di procedere ai primi accertamenti sanitari e di identità e di organizzare il trasferimento presso altri centri di accoglienza della penisola, dove acquisire la posizione giuridica degli stranieri ed avviare le conseguenti procedure (tra le quali, la richiesta di asilo o l'espulsione). Per questa via, il centro di Lampedusa ha cominciato a rappresentare un «modello» di accoglienza umanitaria, osservato in ambito europeo ed internazionale, perché in grado di sostenere situazioni di emergenza con efficacia e con il necessario rispetto dei diritti umani;
il repentino trasferimento degli immigrati presso gli altri centri di accoglienza ha sempre evitato che si producesse o che si protraesse nel tempo il sovraffollamento del centro di Lampedusa (ipotesi insostenibile su molteplici piani), nel rispetto dei più elementari diritti di persone già ridotte in condizioni pietose. Non ha, invece, sottratto gli stessi immigrati, una volta sulla terra ferma, dalle norme rigorose stabilite verso chi arriva sul territorio, violando le procedure di ingresso. Ha aiutato, inoltre, a gestire un rapporto costruttivo, anche nei momenti più aspri, con gli abitanti di Lampedusa, sollecitati ad avere verso i più sfortunati capacità di accoglienza e di comprensione umana;
nell'ultimo mese, soprattutto attraverso le proteste degli abitanti di Lampedusa, si è avuta sempre più contezza che la funzione del centro stava cambiando. A conferma di questo, intervenivano sia il decreto del Ministro interrogato del 14 gennaio 2009, per il trasferimento a Lampedusa della commissione territoriale per l'asilo di Trapani, sia la notizia, confusa ma reiterata, dell'apertura a Lampedusa di un centro di identificazione ed espulsione, fortemente avversata dagli isolani;
il 23 gennaio 2009, una delegazione di parlamentari del Partito Democratico, si è recata personalmente a Lampedusa per visitare il centro di accoglienza. In quell'occasione ha potuto verificare che da giorni, per volontà dichiarata del Ministro interrogato, erano stati sospesi i consueti trasferimenti degli immigrati verso gli altri centri italiani, producendo così un sovraffollamento disumano del centro, costretto ad ospitare o, meglio, a «trattenere» oltre 1800 immigrati, la maggior parte dei quali giunti lì da quasi un mese;
la delegazione del Partito Democratico e, insieme, i giornalisti e gli operatori televisivi hanno visto, con i propri occhi, immigrati ridotti in condizioni pietose, malati stipati nell'infermeria o sotto la tenda, richiedenti asilo abbandonati nel centro, tutti costretti a vivere nel degrado di una struttura ormai difficilmente gestibile dai pur bravi e impegnati operatori del ministero dell'interno o dalle organizzazioni preposte. Non solo. Solo il giorno prima dell'arrivo della delegazione del Partito Democratico erano stati trasferiti presso altri centri i bambini e le donne (70 di queste spostate nel cuore della notte nella degradata base Loran, dove il Ministro interrogato si apprestava a decretare l'apertura di un centro di identificazione ed espulsione) ed i richiedenti asilo (uno dei pulmann veniva intercettato e bloccato, a testimonianza dell'accaduto, dagli abitanti dell'isola);
l'annunciata apertura a Lampedusa di un centro di identificazione ed espulsione lede profondamente il significato
umanitario della struttura e grava sulla comunità degli abitanti, che, da giorni, protestano con forza contro una decisione che li emargina ed intacca l'immagine dell'isola. Va anche detto che si tratta, ad avviso degli interroganti, di un'ipotesi velleitaria, una mera boutade ideologica, che, alla prova dei fatti, si rivelerebbe assai costosa e difficilmente praticabile, sia per le garanzie che il diritto impone, che per i tempi di realizzazione delle procedure. In ogni caso, la realizzazione di un centro di identificazione ed espulsione a Lampedusa, oltre a costringere gli immigrati ad un «confino» disumano, in condizioni che si aggraverebbero in rapporto all'entità degli sbarchi, mette in forte dubbio il rispetto di alcuni principi fondamentali, in particolare - come ricordato in un recente appello di alcune organizzazioni - reca il rischio di detenzioni arbitrarie, di negare l'accesso alla giurisdizione, di rendere incerte le procedure di identificazione e accertamento dell'età, di praticare espulsioni collettive, di ledere il diritto di asilo -:
se il Ministro interrogato, in ragione della situazione descritta, intenda apprestare con sollecitudine il trasferimento degli immigrati attualmente presenti a Lampedusa presso gli altri centri della penisola, allo scopo di mettere fine al drammatico e disumano stato di invivibilità che lì si è realizzato, recuperando così il centro di Lampedusa alla funzione che ha finora svolto e, conseguentemente, offrendo garanzie sul rispetto delle norme e dei diritti umani.
(3-00335)
c'è un'inquietudine diffusa fra la popolazione di Lampedusa, in ordine alla realizzazione di un nuovo centro di identificazione ed espulsione per gli immigrati clandestini nell'ex base Loran;
al diffondersi di tale inquietudine hanno contribuito irresponsabilmente, ad avviso degli interroganti, esponenti dell'opposizione, che indulgono anche in questa delicata materia alla loro tradizionale politica del «tanto peggio, tanto meglio»;
è noto che si sta definendo un accordo con la Tunisia, per il rimpatrio immediato degli immigrati clandestini di nazionalità tunisina, sul modello di quanto già concordato con l'Egitto;
il disegno di legge di ratifica del trattato con la Libia, già approvato dalla Camera, dei deputati, sarà con ogni probabilità varato definitivamente entro questa settimana anche dall'altro ramo del Parlamento, per cui anche le provenienze dalla Libia di immigrati clandestini dovrebbero essere finalmente poste sotto controllo -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per sostenere i cittadini di Lampedusa e per informarli in modo esaustivo, circa gli obiettivi di fondo della politica di contrasto all'immigrazione clandestina.
(3-00336)
con il decreto del 14 gennaio 2009, il Ministro dell'interno Maroni ha disposto di procedere con immediatezza al trasferimento di operatività della Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato di Trapani sull'isola di Lampedusa;
con il trasferimento della Commissione di Trapani sull'isola, il CPAeS (centro di prima accoglienza e soccorso) di Lampedusa si trasforma in un CARA (centro di accoglienza per richiedenti asilo) senza però averne gli stessi servizi e lo stesso regime;
la trasformazione del centro ha provocato il rapido collasso della struttura la quale, a fronte di una capienza regolamentare di 800 posti, ospita attualmente 2.000 persone: secondo quanto riportato nel reportage di Francesco Viviano apparso su La Repubblica del 22 gennaio 2009, a Lampedusa, ad oggi, decine e decine di immigrati sono costretti a vivere appollaiati uno sull'altro dentro tende improvvisate con teli leggeri; all'interno di camere di tre metri per tre si trovano ammassate fino a 15 persone; oltre 100 minori sono stipati per terra su finti materassi, senza coperte e senza teli, senza contare i rifiuti e gli escrementi sparsi ovunque a causa dei gabinetti e delle fognature completamente intasati;
attualmente, nel centro CPAeS di Lampedusa, secondo le previsioni normative, il trattenimento non dovrebbe superare le 48 ore (tempo stimato come sufficiente e necessario per il primo soccorso delle persone reduci dei viaggi in mare e per l'organizzazione del loro trasferimento negli altri centri - CARA o CIE - presenti sul territorio nazionale);
i trattenuti in un CARA hanno diritto ad uscire dal centro e ad accedere a un servizio di orientamento legale (spiegazione delle procedure e degli strumenti di difesa);
prevedere che una persona vittima di persecuzione e/o di violenza, dopo esser sopravissuta ad un viaggio spesso avvenuto in condizioni di fortuna, sia in grado di raccontare a estranei la propria storia e i motivi della fuga nello stesso luogo in cui è accolta e soccorsa significa nella realtà dei fatti non prevedere alcuna tutela;
il richiedente asilo ha diritto ad esser orientato e informato sulla legge italiana riguardo al diritto d'asilo;
il richiedente asilo ha diritto, in sede di audizione in Commissione, ad esser assistito da un avvocato e, verosimilmente, a Lampedusa è improbabile che ci siano avvocati/e privati o enti di tutela in grado di garantire l'attuale diritto a tutti i migranti che presentano domanda d'asilo sull'isola;
quanto al diritto al ricorso avverso il diniego della protezione internazionale, la normativa italiana vigente prevede (decreto legislativo n. 25 del 2008, articolo 35) che entro 15 giorni (o, in altri casi, entro 30 giorni) dalla notifica del provvedimento con il quale la Commissione territoriale rigetta l'istanza di asilo, l'interessato, a pena di decadenza dall'azione, debba presentare ricorso presso il Tribunale ordinario in composizione monocratica del capoluogo di distretto di corte d'appello in cui ha sede la commissione territoriale;
poiché nel caso di esame della domanda direttamente a Lampedusa permane la competenza del Tribunale di Palermo, dal momento che la Commissione territoriale di Trapani si trova ad operare a Lampedusa solo in via provvisoria, appare inverosimile e bizzarro ipotizzare che decine o centinaia di richiedenti asilo, totalmente privi di mezzi, ma liberi di circolare sull'isola di Lampedusa, possano, nel brevissimo lasso di tempo a loro disposizione, materialmente adire alla giurisdizione contattando legali disponibili, privatamente o per il tramite di enti di assistenza, a tutelare le singole posizioni individuali e depositare in tempo utile i ricorsi presso il Tribunale di Palermo, città situata a diverse centinaia di chilometri di distanza, raggiungibile solo dopo un lungo viaggio in nave ed un successivo viaggio via terra;
l'assunzione, nel centro di Lampedusa, di provvedimenti di respingimento ed espulsione da eseguirsi con immediatezza pone rilevanti interrogativi sulle procedure di identificazione dei migranti e sulla certezza delle attribuzioni delle rispettive identità e nazionalità, soprattutto in virtù del fatto che la maggior parte di loro, soprattutto nel caso di persone in fuga e in cerca di protezione internazionale, non hanno con sé documenti;
le incertezze delle procedure di identificazione sono particolarmente gravi
quando ricadono sui minori stranieri non accompagnati e sui minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo;
le misure di allontanamento forzato, se disposte direttamente a Lampedusa, non tutelano il diritto di impugnazione e il conseguente accesso ai diversi gradi della giurisdizione. Le persone entrate o soggiornanti irregolarmente, e tra queste anche i migranti giunti irregolarmente a Lampedusa, quale che sia la loro età, a partire dal momento del loro ingresso in Italia, devono avere possibilità adeguate di presentare un ricorso avverso il provvedimento di rimpatrio davanti ad un'autorità giudiziaria;
a fronte delle notizie stampa che paventano l'adozione da parte delle autorità di misure di rimpatrio collettivo, gli interroganti rammentano che l'articolo 4 del protocollo addizionale n. 4 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali vieta le espulsioni collettive di stranieri, che, in base alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, si verificano tutte le volte in cui non viene presa in considerazione la situazione individuale della persona sottoposta alla misura di allontanamento forzato, a maggior ragione in tutti i casi nei quali non si provveda ad una identificazione certa -:
se il Ministro interrogato non ritenga che le misure adottate sull'isola di Lampedusa, descritte in premessa, non determino conseguenze gravissime sulla tutela dei richiedenti protezione internazionale (richiedenti asilo) e sul rispetto dei diritti umani;
se nei confronti dei minori attualmente ospitati nel centro di Lampedusa vengano rispettate le norme internazionali e nazionali poste a tutela dei loro diritti;
se il Centro di prima accoglienza e soccorso di Lampedusa sia idoneo, dal punto di vista strutturale e funzionale, ad ospitare un numero così elevato di richiedenti asilo.
(4-02137)
il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, ha affermato che la predicazione nelle moschee in Italia deve avvenire in italiano, per evitare il rischio di istigazione all'odio e alla violenza, dichiarando inoltre: «È il principe ereditario Mohammed Bin Zayed ad essere fermamente convinto della necessità che in Italia, come negli altri Paesi, la predicazione del Corano sia fatta nella lingua del Paese che ospita i musulmani. Questo perché, come avviene qui negli Emirati, non ci sia alcun tipo di predicazione e istigazione all'odio, durante un momento che deve essere soltanto di tipo religioso» e che si tratta di una «faccenda seria, che va tenuta presente soprattutto in Italia, vista la superficialità con cui qualche volta da noi si affrontano questioni così complesse»;
Elzir Ezzedine, rappresentante della Unione delle Comunità Islamiche in Italia, ha affermato in risposta a tali dichiarazioni che la lingua non c'entra con l'istigazione all'odio ed alla violenza, denunciando di avere «chiesto al nostro governo di incontrarlo per discutere sulla realtà della comunità islamica, ma purtroppo abbiamo trovato le porte chiuse» e che per tale motivo «tra il governo e la comunità islamica non c'è dialogo»;
si è appena chiuso l'anno del dialogo interculturale ed interreligioso -:
se non ritenga che l'imposizione da parte dello Stato dell'utilizzo di una determinata lingua in occasione di riunioni quali le cerimonie religiose, per ragioni di presunta sicurezza pubblica e di lotta all'istigazione all'odio ed alla violenza, sia contraria alla rispetto della libertà religiosa, di riunione e di espressione e violi i principi di proporzionalità e necessità in una società democratica;
se non ritenga che se tale imposizione riguardasse solo un determinato gruppo religioso
o linguistico - ad esempio i musulmani che usano l'arabo - prevedendo invece eccezioni per altre religioni ed altre lingue - i cattolici che usano il latino - si tratterebbe di una discriminazione basata sulla religione, sulla lingua, sull'etnia e sulla razza, vietata dalla Convenzione europea sui diritti umani, dalla Carta dei diritti fondamentali e dall'articolo 6 TUE;
se e cosa intende fare per, a seconda dei punti di vista, instaurare, assicurare o migliorare il dialogo interculturale ed interreligioso.
(4-02140)
mercoledì 21 gennaio 2009, all'università La Sapienza di Roma, si è verificata per l'ennesima volta, una contestazione nei confronti di rappresentanti istituzionali regolarmente invitati a tenere «lezione» nella stessa università e questa volta è stato il Presidente della Camera dei Deputati, onorevole Gianfranco Fini, ad essere «contestato» solo per avere accettato l'invito del Rettore a tenere una lectio magistralis;
è ancora nella memoria della gente il «divieto di accesso» al Papa e ad uno dei suoi Vescovi nella stessa università e che ha leso l'immagine del nostro Paese nel mondo;
che stessa situazione hanno vissuto l'allora Ministro Fabio Mussi e l'allora Sindaco di Roma Walter Veltroni;
in un Paese democratico deve essere garantito il diritto al dissenso ma questo non può trasformarsi in un atto di violenza in netto contrasto con i principi fondamentali della democrazia;
l'ennesimo episodio di intolleranza ha riguardato una delle più alte cariche della Repubblica all'intero di una Istituzione statale -:
se il Governo sia in possesso di elementi sugli episodi citati in premessa e sulla «portata» dei fatti;
se il Governo sia nelle condizioni di affermare che i responsabili degli episodi citati siano sempre gli stessi e se questi siano stati identificati dalle Forze di Polizia e denunciati all'Autorità giudiziaria;
quali iniziative il Governo intenda adottare perché episodi analoghi non abbiano a ripetersi.
(4-02141)
il 21 gennaio 2009, nel corso del question time che è svolto alla Camera dei deputati, il Ministro degli Interni Roberto Maroni - riferendosi alla preghiera di centinaia di musulmani in piazza Duomo a Milano durante una manifestazione su Gaza avvenuta alcuni giorni prima - ha concluso il suo intervento sostenendo che «Per meglio regolamentare queste manifestazioni, assicurando il diritto di manifestare, ma anche il diritto dei cittadini a fruire pacificamente degli spazi della propria città, ho predisposto una direttiva che sarà emanata nei prossimi giorni a tutti i prefetti perché fatti come quelli denunciati dall'interrogante, e in particolare le manifestazioni davanti al Duomo di Milano, non abbiano più a ripetersi».
secondo informazioni apparse sui media, la direttiva proibirà manifestazioni davanti a luoghi di culto, supermercati e centri commerciali, monumenti e siti di interesse pubblico, nonché gli organizzatori potrebbero dover pagare una cauzione come garanzia per eventuali danni, come annunciato al Senato nel corso di un'audizione in commissione Affari Costituzionali -:
se abbia valutato il fatto che, se emanata, tale circolare violerebbe la libertà
d'espressione e di manifestazione come garantita dalla Convenzione europea sui diritti umani, dalla relativa giurisprudenza, dalla Carta europea dei diritti fondamentali e dall'articolo 6 del trattato sull'unione europea, e metterebbe l'Italia a rischio di condanne da parte delle Corti di Strasburgo e Lussemburgo;
se abbia valutato il fatto che il divieto generalizzato di compiere manifestazioni davanti a determinati edifici, (religiosi, commerciali, simbolici) o istituzioni senza che vi sia un reale rischio o pericolo, sia un modo surrettizio di impedire l'espressione del dissenso, che non rispetta i principi di proporzionalità e di necessità in una società democratica.
(4-02142)