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l'articolo 11 della legge n. 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita istituisce «presso l'Istituto superiore di sanità, il registro nazionale delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, degli embrioni formati e dei nati a seguito dell'applicazione delle tecniche medesime»;
è necessario garantire una trasparenza dei metodi e dei risultati ottenuti dai centri di procreazione medicalmente assistita ai fini di una corretta informazione delle coppie sterili e infertili che vi si rivolgono;
si registra una difformità delle procedure dei diversi centri, come risulta dall'ultima relazione al parlamento sull'attuazione della legge 40 del 2004, secondo cui, nel caso delle gravidanze trigemine, la media nazionale supera quella europea, ma, come riportato nella stessa relazione: «Questo è però un risultato medio di valori che - escludendo i centri con meno di dieci parti - variano da zero al 13,3 per cento» e che quindi evidenzia una enorme variabilità, dovuta alle forti differenze nei criteri seguiti e nelle procedure adottate dagli operatori del settore;
tale parametro è considerato uno degli indicatori più significativi del buon esito delle tecniche di fecondazione assistita;
il fatto che esistono centri che ottengono risultati inferiori alla media di riferimento europea ed altri con un numero eccessivo di gravidanze trigemine, dovrebbe indurre gli operatori ad un confronto fra le differenti strategie adottate, sia riguardo alla scelta ed al numero di ovociti da fecondare, soprattutto nelle donne più giovani, che alla possibilità di crioconservazione degli ovociti, per poterne diminuire il numero di quelli che rimangono oggi inutilizzati -:
per quale motivo l'ufficio del registro nazionale di cui in premessa, non abbia ancora attivato i registri degli embrioni e dei nati, come previsto al comma 1 dell'articolo 11 della legge n. 40 del 2004;
perché non siano stati resi pubblici i dati dei singoli centri, senza violare la privacy dei pazienti;
se, e in che modo, sia stata data attuazione al comma 3 dell'articolo 11, dove si prevede che «L'Istituto superiore di sanità raccoglie e diffonde, in collaborazione con gli osservatori epidemiologici regionali, le informazioni necessarie al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di procreazione medicalmente assistita adottate e dei risultati conseguiti»;
quali iniziative siano state intraprese, comunque, dalla data di istituzione del registro Pma, per dare trasparenza ai dati dei singoli centri Pma, e quali in collaborazione con le regioni;
se sia vero che prima della divulgazione dei dati, presso l'istituto superiore di sanità ci siano state riunioni informali con alcuni rappresentanti dei centri (Pma) e che avevano come oggetto la discussione e la modalità di presentazione dei dati ancora non divulgati;
quante riunioni, in caso di risposta affermativa, negli anni ci siano state e se questo sia stato il metodo normalmente seguito;
se i vertici dell'ISS, ne fossero a conoscenza, ed eventualmente se non si profili una inadeguatezza dei responsabili del registro nella gestione dello stesso;
quali azioni intende intraprendere il Ministero per procedere ad una maggiore trasparenza circa metodi, costi e risultati di ogni singolo centro di Pma.
(2-00521)
«Volontè, Buttiglione, Capitanio Santolini, Vietti».
la Costituzione italiana (articolo 27, comma 3: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»), le leggi che riguardano l'ordinamento penitenziario (in particolare la legge n. 354 del 1975 e
successive modifiche) e le cosiddette «misure alternative» si incentrano tutte sul principio della rieducazione e della riabilitazione del detenuto;
i suicidi dei detenuti e quelli dei poliziotti, le aggressioni quotidiane che si registrano tutti i giorni nelle carceri italiane, il sovraffollamento costante sono ormai indice di una situazione esplosiva e malata che occorre affrontare urgentemente;
il Ministero della giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria - aveva avviato fin dal 2004 un concorso per l'assunzione di 39 psicologi per coprire almeno parzialmente la totale carenza di organico di tale figure professionali (ne sono previste in totale 70) e aveva quindi approvato la graduatoria nel 2006;
nonostante ciò, da quel momento l'Amministrazione penitenziaria non ha proceduto ad alcuna assunzione, pur in presenza di tutte le risorse economiche (disponibilità di risorse per assicurare tali prestazioni essenziali) e giuridiche e pur a fronte dell'aggravarsi della situazione nel sistema penitenziario preferendo, invece, affidarsi ad un sistema di frammentate collaborazioni precarie e insufficienti;
in particolare il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sostiene che le prestazioni svolte dagli psicologi sarebbero state trasferite al Servizio sanitario nazionale in base alla recente riforma sulla sanità penitenziaria attuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, ma nel contempo afferma, contraddittoriamente, che le prestazioni psicologiche trattamentali e dell'osservazione sarebbero rimaste alla sua competenza, il tutto senza spiegare il motivo per cui tali prestazioni non possano essere svolte dai vincitori di concorso assunti;
in un comunicato stampa il dottor Antonio De Luca e la dottoressa Mariacristina Tomaselli del Comitato «Per i 39 psicologi non assunti dal Dap», hanno dichiarato quanto segue: «Come è possibile che detenuti e operatori non possano disporre di un aiuto concreto così importante perché si possano realizzare al meglio la rieducazione efficace dei primi e le condizioni di lavoro adeguate per i secondi? A quanti suicidi (12 poliziotti suicidatisi negli ultimi due anni; 46 detenuti nel 2008 e 48 al 31 agosto 2009, secondo i dati consultabili sul sito di Ristretti Orizzonti) dovremo ancora assistere prima della nostra immissione in ruolo: possono consulenze di poche ore al mese affrontare situazioni così drammatiche? Occorrerebbero diversi psicologi a tempo pieno per ogni Istituto Penitenziario e per ogni Uepe esistenti in Italia, ma oggi addirittura non vengono assunti neppure i 39 vincitori del primo e unico concorso a psicologo su scala nazionale, che rappresenterebbero, quanto meno, il primo concreto segnale positivo» -:
se non ritenga inderogabile ed urgente immettere in ruolo i 39 psicologi del concorso avviato nel 2004, la cui graduatoria è stata approvata nel 2006 come da Bollettino Ufficiale del Ministero della giustizia n. 17 del 15 settembre 2006.
(4-04734)
attualmente i numeri di targa delle auto dei portatori di handicap titolari di permesso di circolazione sono noti soltanto al sistema di avvistamento (varchi) del comune che ha rilasciato il permesso;
questa situazione crea notevoli disagi con la contestazione di contravvenzioni elevate da parte di altri Comuni qualora non si riesca a comunicare in tempo utile il numero della propria targa per ottenere l'inserimento in altri sistemi di avvistamento;
questa situazione si potrebbe risolvere, facilmente e senza oneri, comunicando via internet a tutti i sistemi ZTL i
numeri delle targhe già inseriti nel sistema dove è stato concesso il permesso in origine -:
quali iniziative intendano adottare per consentire ai diversamente abili di circolare e sostare liberamente nelle zone a traffico limitato di qualsiasi comune sull'intero territorio nazionale.
(4-04736)
sul Corriere della Sera edizione on line del 21 ottobre 2009 è apparso un articolo intitolato: «Malata di SLA abbandonata: vive con l'ossigeno vicino al gas», sottotitolo: «Vivono in cinque in meno di 50 metri e la donna malata non ha alcuna assistenza pubblica»;
l'articolo in questione narra la dolorosa vicenda di Marisa di Marcantonio, sessantenne affetta da SLA, costretta a vivere in un alloggio popolare di nemmeno 50 metri quadrati insieme alla figlia, al genero e a due ragazzini, tutto ciò senza la possibilità di essere spostata perché l'ambiente domestico è angusto e trovandosi dunque immobilizzata sul letto con la bombola d'ossigeno a ridosso dei fornelli a gas della cucina;
Alessandra, la figlia di Maria di Marcantonio, gestisce l'alimentazione forzata della madre con l'aiuto di un infermiere che passa da casa per cinque minuti al giorno; la paziente è priva persino della carrozzina elettrica in quanto inutile, posto che non riuscirebbe comunque a passare per le altre stanze ed il bagno, per lei totalmente inaccessibili;
nel richiamato articolo di giornale, la figlia Alessandra fa un accorato appello: «Sono ai limiti delle forze e prossima al crollo psico-fisico. Se non cambierà nulla non so cosa accadrà... oltre alla fisioterapia e ad un accesso al giorno di pochi minuti di un'infermiera non abbiamo nulla. Io ormai sono bloccata in casa ad assistere mia madre, non posso allontanarmi neanche un minuto e le notti sono pressoché in bianco. Viviamo con lo stipendio di mio marito che non ci consente, assolutamente, di permetterci una badante. Una mano me la danno i miei figli ma sono minorenni e non posso far pesare su di loro un'assistenza così gravosa. L'anno scorso ho richiesto un nuovo alloggio popolare più grande, almeno adeguato alla condizione di mia madre, non ho ancora ricevuto risposte. La buona notizia è che a gennaio del 2009 i servizi sociali del Comune hanno accettato la domanda per l'assistenza, ma mi hanno prospettato attese che possono arrivare fino a 3 anni...»;
Mauro Pichezzi, presidente dell'Associazione Viva la Vita Onlus che riunisce familiari e malati di SLA, dichiara: «È gravissimo che un caso di SLA in fase avanzata non sia seguito da nessun centro ospedaliero qualificato, ma è ancora più drammatico che la signora sia letteralmente abbandonata a se stessa»;
il legale della predetta associazione, l'avvocato Chiara Madia, ha preannunciato di voler adire le vie legali configurando nel caso di specie il reato di omissione di atti d'ufficio -:
quali iniziative di competenza intenda adottare in relazione a quanto esposto in premessa e in particolare se non ritenga di dover promuovere un'indagine statistica per accertare quante siano le persone che, come la signora Marisa di Marcantonio, necessitano di una assistenza domiciliare 24 ore su 24 in quanto malate di SLA, di quale assistenza effettivamente beneficiano e in quali regioni vivano e risiedano.
(4-04739)
tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il settimanale Magazine - Corriere della Sera del 22 ottobre 2009 n. 42 ha pubblicato una dettagliata inchiesta del giornalista Agostino Gramigna, significativamente intitolato: «Una città veneta accusa: ecco come da noi si muore di cromo»;
nella citata inchiesta si racconta di come, a causa delle venefiche esalazioni di una fabbrica chimica, la ex Tricom-Galvanica di Tezze sul Brenta (Vicenza) almeno quattordici operai siano stati uccisi da tumore;
i parenti delle vittime sono in attesa di un processo che la procura di Bassano, per imprescrutabile motivo non intende celebrare;
era il 1973 quanto la ditta Junior Costruzioni Meccaniche chiese al comune di Tezze l'autorizzazione per la realizzazione di un impianto «galvanico»; e la ditta Tricom si impegnò a collaudare un impianto di depurazione e a contenere il cromo esavalente, di eventuali scarichi liquidi, sotto la soglia dei 0,50 mg per litro;
il signor Silvio Bonan, figlio del signor Domenico Donan operaio per circa trent'anni nel reparto cromatura della Tricom-Galvanica, deceduto nel 1999 per cancro ai polmoni, ha creato un'associazione che si sta battendo per portare sul banco degli imputati i responsabili della ditta per l'omicidio di 14 operai morti;
il dottor Enzo Merler, epidemiologo, per anni ha studiato il caso della fabbrica Tricom-Galvanica su incarico del servizio di prevenzione e igiene della U.L.S.S. n. 3 di Padova, ed è giunto alla conclusione che «il tasso di mortalità per tumore polmonare alla Tricom era superiore di oltre tre volte rispetto alla media della popolazione veneta e nazionale»;
nel 2006 il tribunale di Cittadella ha inflitto al proprietario della Tricom, Paolo Zampierin, due anni e sei mesi e il risarcimento per avvelenamento dei pozzi; ma non ha fatto un solo giorno di carcere e non ha sborsato un euro, avendo dichiarato fallimento; il ministero dell'ambiente ha quantificato in 158 milioni di euro i danni ambientali e in 15 chilometri quadrati l'area della falda inquinata; falda inquinata come quella sotto il giardino della famiglia Milani, residente a Tezze dal 2001: «Abitavamo in una zona in mezzo al verde, con gli animali domestici. Fino a quando ci siamo trovati circondati da capannoni industriali», racconta la signora Gabriella Bragagnolo Milani. «Abbiamo venduto la vecchia abitazione e comperato la nuova a Tezze, in una zona considerata residenziale. Nessuno però ci ha avvertito che il pozzo di casa attingeva l'acqua a 25-30 metri di profondità, dalla falda inquinata. Così tutta la famiglia ha fatto la doccia e bevuto acqua al cromo esavalente. Spesso io, mio marito e le due figlie avevano mal di testa, prurito, rossore e perdita di capelli»;
secondo quanto riferito dal dottor Matteo Lorenzin, responsabile dell'Ufficio ambiente di Tezze, figlio di uno degli operai della Tricom deceduti per cancro, alcune delle sedici vasche di cromo utilizzate dalla ditta, sono state trovate con dei fori rattoppati alla meglio con nastro adesivo; gli impianti di depurazione non sempre erano in funzione; secondo denunce giornalistiche risalenti al 1977 già si ipotizzavano avvelenamenti di acqua e scarico di rifiuti industriali senza autorizzazioni e del pozzo abusivo dove la Tricom versava il cromo;
il signor Gian Pietro Stocco, per quindici anni l'unico addetto all'impianto di depurazione ricorda bene gli operai del reparto di cromatura: «Si prendevano persone dai sanatori, già malate. Non si rendevano conto di che cosa maneggiavano. Gli impianti? A norma. Poi se non si utilizzavano...»;
nell'ultimo periodo di attività della Tricom, gli operai italiani sono stati progressivamente sostituiti con extracomunitari. «C'erano solo loro, il giorno della
chiusura dell'impianto», scrive Gramigna. «Che fine hanno fatto? Sono stati messi a conoscenza dei rischi? Per la Procura sono dispersi. Bonan invece ne ha rintracciati tre, tra cui un pastore protestante... L'Arpa ha analizzato i loro guanti sono pieni di cromo» -:
se quanto pubblicato dal giornalista Agostino Gramigna, e sopra succintamente riportato, corrisponda a verità;
in caso affermativo, quali iniziative si intendano promuovere, sollecitare e adottare perché:
a) la zona interessata dall'inquinamento provocato dalla ditta Tricom sia bonificata;
b) i familiari delle vittime della ditta Tricom siano risarciti;
quali iniziative si intendano promuovere, adottare e sollecitare per accertare l'entità dei danni provocati, i livelli di inquinamenti e i pericoli esistenti per le popolazioni della zona in cui sorgeva e operava la ditta Tricom; specificatamente se non si ritenga di dover accertare se il caso della famiglia Milani sia isolato o se ve ne siano altri; e quanti.
(4-04740)