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Donato Bergamini, conosciuto come Denis Bergamini, calciatore del Cosenza, il 18 novembre del 1989, morì a soli 29 anni a Roseto Capo Spulico, nella zona dell'alto Jonio cosentino, investito da un autotreno lungo la statale 106 ionica;
il conducente del mezzo, Raffaele Pisano, 53 anni, imputato di omicidio colposo, fu assolto «per non avere commesso il fatto»;
la sentenza venne confermata dalla Corte d'appello di Catanzaro: la tesi dei giudici, sia in primo grado che in appello, fu che Bergamini si fosse suicidato;
ancora oggi, però, a venti di distanza, la morte di Bergamini, deve ancora trovare la sua verità;
le indagini hanno lasciate aperte una serie di interrogativi e tralasciando alcune evidenze di cui non si può assolutamente non tenere conto;
la magistratura dapprima ha dato credito alla tesi del suicidio, poi a quella di omicidio colposo, ma alla fine del processo l'imputato, ovvero il camionista, è stato assolto. Per la pubblica accusa il giocatore non era un suicida, per i giudici lo era;
la versione del suicidio, sostenuta presenta molte contraddizioni e incongruenze;
secondo la perizia eseguita grazie alle pressione dei legali della famiglia Bergamini il calciatore presentava uno sfondamento toracico e uno schiacciamento dell'addome, e l'autopsia esclude la tesi che Bergamini fosse stato travolto dal camion ma piuttosto sormontato da un mezzo;
all'epoca dei fatti secondo le dichiarazioni rese dal padre, Domizio Bergamini alcuni esponenti delle forze dell'ordine che accreditavano la tesi dell'omicidio sarebbero stati trasferiti alla questura di Cosenza;
il libro di Petrini, «Il calciatore suicidato», insieme ad altre inchieste giornalistiche e alla trasmissione Chi l'ha visto?, hanno dato un grande impulso alla riapertura del caso, almeno sotto il profilo mediatico;
si svolgerà nei prossimi giorni una manifestazione popolare a Cosenza per chiedere di rivedere il caso Bergamini -:
se corrisponda al vero che all'epoca dei fatti secondo le dichiarazioni del padre, Domizio Bergamini, alcuni esponenti
delle forze dell'ordine che accreditavano la tesi di omicidio siano stati trasferiti dalla questura di Cosenza.
(2-00573)
«Bratti, Veltroni, Lolli, Franceschini, Villecco Calipari, Minniti».
nella giornata odierna il Consiglio dei ministri ha trasferito il prefetto di Venezia, Michele Lepri Gallerano, collocandolo, così afferma il comunicato ufficiale «in posizione di fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per assumere l'incarico di Commissario dello Stato per la Regione Siciliana» e sostituendolo con il prefetto Luciana Lamorgese;
la decisione del Consiglio dei ministri desta sconcerto e incredulità poiché appare evidente, ad avviso dell'interrogante, che il motivo della «rimozione» del prefetto Lepri Gallerano, insediatosi a Venezia da soli quattro mesi, è dovuto a ragioni esclusivamente politiche;
il prefetto si è infatti trovato nelle vesti di mediatore tra le istituzioni locali riguardo alla vicenda che ha avuto come protagonista la comunità Sinti di Mestre, trasferita nel nuovo villaggio di via Vallenari; tale trasferimento ha generato un forte contrasto tra l'amministrazione comunale di centrosinistra, promotrice del trasferimento, e l'amministrazione provinciale, presieduta dalla leghista Francesca Zaccariotto, la quale si è tenacemente opposta a tale provvedimento;
secondo il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, che ha espresso piena solidarietà a Lepri Gallarano ribadendogli «la propria stima e vicinanza», si imputa al prefetto di non essere riuscito a evitare il trasferimento della comunità Sinti nel nuovo villaggio di via Vallenari. Il sindaco sottolinea che non si poteva impedire ciò che era stata già riconosciuto atto legittimo non solo dalle sentenze del tribunale amministrativo regionale, ma anche da quelle del Consiglio di Stato e che il prefetto «in nulla poteva interferire riguardo a una decisione che l'amministrazione comunale era pienamente titolata ad assumere, specie dopo che l'Asl 12 aveva dichiarato del tutto inagibile il vecchio campo per gravissime carenze igienico-sanitarie e di fronte all'avanzare della stagione invernale»;
sorprende la disinvoltura con la quale il Governo procede a sostituzioni di servitori dello Stato, quali Lepri Gallerano, sinora distintisi per correttezza istituzionale e costretti a pagare esclusivamente per aver svolto la propria funzione con serietà, imparzialità e professionalità;
la vicenda appena descritta non può non preoccupare coloro che ritengono che sia necessario rasserenare gli animi e attenuare il livello dello scontro che caratterizza, non positivamente, l'attuale contesto socio-politico italiano -:
quali siano le motivazioni che hanno condotto alla decisione, che all'interrogante appare sconcertante, di trasferire il prefetto Michele Lepri Gallerano dalla sede di Venezia, dopo soli quattro mesi dalla data del suo insediamento, e se non ritenga tale decisione ingiusta e punitiva sulla base della professionalità e correttezza istituzionale che ha sempre contraddistinto l'operato del prefetto Lepri Gallerano.
(5-02294)
da tempo, presso il comune di San Zeno al Naviglio (Brescia) sono state segnalate, da parte di esponenti dell'opposizione, varie irregolarità, rispetto alle quali, il prefetto di Brescia è stato informato con lettere del 9, 23 settembre e 9 dicembre 2009;
non è ancora stato definito il regolamento del consiglio comunale, come espressamente previsto dal testo unico sull'ordinamento degli enti locali;
la commissione che dovrebbe sanare questa grave carenza, malgrado reiterate richieste, non è ancora stata costituita;
il sindaco del comune detta arbitrariamente le regole di svolgimento del consiglio comunale in modo unilaterale e con interpretazioni delle norme a dir poco singolari;
la redazione dei verbali del consiglio avviene dopo mesi dallo svolgimento della seduta;
nel consiglio comunale di insediamento del 18 giugno 2009 si è inserito dell'ordine del giorno, la deliberazione «Approvazione degli indirizzi per la nomina dei rappresentanti del Comune presso aziende ed istituti», deliberazione non preventivamente sottoposta ai consiglieri;
nel consiglio comunale del 21 luglio 2009, quanto al punto all'ordine del giorno: «Seconda variazione di bilancio 2009», non è stato fornito ai consiglieri il prospetto delle variazioni in entrata ed uscita;
nello stesso consiglio comunale, quanto al punto all'ordine del giorno: «Piano del diritto allo studio 2009/2010», non sono state trasmesse ai consiglieri copie delle richieste di finanziamento avanzate dalle scuole, né sono state rese consultabili;
nella seduta del 28 settembre 2009, non sono stati inserite all'ordine del giorno le interpellanze proposte dall'opposizione mesi prima, e non sono state pubblicizzate, tramite le dovute affissioni pubbliche, data e tematiche trattate dal consiglio;
il sindaco ha comunicato ai consiglieri che, in assenza di un regolamento del consiglio comunale, detiene il potere di decidere i tempi d'intervento per regolare il dibattito e le risposte alle interpellanze;
nella seduta del 26 novembre 2009, il punto all'ordine del giorno n. 7, non è stato discusso perché il sindaco lo ha reputato inammissibile, benché rubricato nell'ordine dei lavori. Nella stessa seduta, il sindaco ha impedito all'opposizione una presentazione in power point, per illustrare punti all'ordine del giorno;
alle richieste di integrazione e correzione dei verbali del consiglio comunale, delle sedute del 18 giugno, 21 luglio, 20 ottobre 2009, non si è ancora provveduto a rispondere, né si è rilasciata copia del verbale richiesto;
le risposte alle interpellanze, o avvengono dopo mesi dalla loro presentazione, o non vengono effettuate, come ad esempio per l'interpellanza presentata il 25 ottobre 2009, circa emolumenti erogati pari a 25.000 euro, emolumenti rispetto ai quali non si è fornita copia di deliberazione della giunta comunale;
l'accesso agli atti viene consentito solo dopo mesi dalla richiesta, in alcuni casi, addirittura negato -:
se il Ministro interrogato sia al corrente della gravissima situazione creatasi presso il comune di San Zeno al Naviglio e se non ritenga di adottare iniziative normative per dettagliare maggiormente la disciplina nel caso di mancata approvazione dei regolamenti dei consigli comunali.
(5-02302)
le infiltrazioni camorristiche nel territorio e nell'amministrazione del comune di Fondi sono state oggetto nei mesi scorsi di molteplici attenzioni;
il Ministero degli Interni, la Prefettura, la DIA, le Forze dell'Ordine e non ultima la Magistratura hanno comunemente evidenziato i pericoli insiti in questa penetrazione fino a prefigurare, proporre e condividere il commissariamento del comune per infiltrazioni mafiose;
le dimissioni del sindaco e della giunta comunale ed il mancato commissariamento da parte del Consiglio dei
Ministri - nonostante l'assenso del Ministro dell'interno - hanno portato alla nomina di un Commissario prefettizio con compiti assai più circoscritti, ancorché straordinari, di «solo accompagnamento» alle prossime elezioni locali;
il motivo per cui qui si intende ribadire la preoccupazione per il mancato commissariamento non è solamente riconducibile a quanto già riportato nell'ampia e documentata relazione di oltre cinquecento pagine della Commissione di Accesso in merito alla presenza ed all'azione camorristica, altresì ad una altrettanto rilevante iniziativa della magistratura e delle forze dell'ordine che ha portato per gli stessi motivi alla incriminazione di trentatré persone ed all'arresto di 17 di esse;
nel dettaglio, qui preme soffermarsi sul fatto che uno di questi arresti ha riguardato il titolare Franco Peppe, di una delle aziende che operano nel mercato ortofrutticolo di fondi, a cui le indagini imputano rapporti strutturali con una famiglia camorristica infiltrata in quel territorio ed in quella amministrazione ed in particolare con una figura di spicco di tale famiglia (Antonino Venanzio Tripodo), peraltro anch'essa arrestata;
per non parlare di recenti condanne per traffico di stupefacenti che, seppur senza alcuna diretta responsabilità del Consorzio MOF, comunque si riferiscono ad autotrasportatori che si muovono anche nell'ambito di quel mercato;
desta dunque forte preoccupazione la conclamata presenza puntuale della camorra nel Mof - florida azienda a capitale misto pubblico/privato nella commercializzazione dei prodotti dell'ortofrutta, unica in Italia per estensione degli impianti, per qualità dei servizi, per quantità dei prodotti trattati e per volume del fatturato e che in tutta Europa ha una sola struttura di pari entità nel mercato Ortofrutticolo di Parigi;
all'inizio dello scorso agosto la regione Lazio, designando il suo rappresentante nel Consiglio di amministrazione del consorzio Mof SpA - che lo statuto prevede esserne il Presidente - ha creato definitivamente le condizioni per il rinnovo degli organi statutari da tempo in regime di prorogatio, così da consentire il pieno espletamento delle loro funzioni;
a tutt'oggi, siamo unicamente a conoscenza del fatto che l'Assemblea del Mof (convocata peraltro a fine ottobre) ha ratificato le designazioni nominando sia i cinque Consiglieri di amministrazione che i tre membri del Collegio sindacale, che i soggetti designati hanno accettato le rispettive nomine (alcuni usufruendo di tutti e trenta i giorni previsti) e che è stato quindi possibile convocare il nuovo consiglio di amministrazione solo per il 19 dicembre 2009;
si è purtroppo anche a conoscenza che su richiesta di alcuni consiglieri di amministrazione, che nel loro insieme esprimono la maggioranza dell'organo, è stato richiesto e concesso un rinvio della convocazione al 9 gennaio 2009;
per questo, in considerazione della preoccupazione che si esprime per il perdurare ed il protrarsi del mancato completamento di tale iter, che lascia ancora il Mof in un regime transitorio della sua gestione proprio in un momento, come sopra evidenziato, per altri versi assai delicato per la vita dell'azienda -:
se sia al corrente di quanto sopra richiamato circa gli organi statutari del consorzio Mof e se, nel caso in cui condivida le preoccupazioni e le sensibilità qui espresse, non intenda adottare le iniziative di competenza al riguardo.
(4-05538)
nell'ambito dell'iniziativa nazionale «Ponte dell'immacolata nei centri per immigrati», promossa dai Radicali Italiani,
domenica 6 dicembre 2009, gli interroganti onorevole Matteo Mecacci e l'onorevole Doris Lo Moro, si sono recati in visita ispettiva presso il CIE (centro per l'identificazione e l'espulsione) di Lamezia Terme, gestita dall'ente cooperativo «Malgradotutto»;
prima della visita è stata richiesta la compilazione di un questionario che ci è stato restituito compilato in tutte le sue parti con i dati dai quali, significativamente, si evidenzia come l'importo giornaliero corrisposto per gli ospiti dalla data d'inizio della convenzione (30 aprile 2009 e con scadenza 30 aprile 2012) è di euro 42,52 e quindi un importo di euro 1.241.413,00 complessivi annui. In questo momento si registra nel centro la presenza di cinquantaquattro immigrati; tutti si trovano nel CIE solo perché privi di permesso di soggiorno; i rimpatri effettuati nel corso del 2009 ammontano a 230. Le persone rilasciate per scadenza dei termini in questo stesso periodo sono 155; sono stati registrati, sempre nel corso del 2009, cinque atti di autolesionismo a fronte di nessuno nel 2008; due ospiti sono affetti da patologia tubercolare e nel centro presta servizio rispettivamente un solo addetto alla mediazione linguistica, un'assistente sociale, uno psicologo e un avvocato;
dalla visita abbiamo potuto costatare che nella fornitura agli ospiti, il vestiario, le schede telefoniche, le sigarette (unici beni di consumo forniti) sono insufficienti; come lo stato generale di manutenzione e igiene dell'edificio sono inadeguati e versano nelle medesime condizioni l'illuminazione e l'igiene delle stanze per la notte. La fornitura di lenzuola di carta (cosiddette monouso), con ricambio ogni 6-7 giorni, è inadeguata e fuori dalla normale logica d'igiene; la pulizia dei locali bagni è scarsa e lo spazio a disposizione per la socialità pure;
nel corso della visita ci è stato riferito che dal 19 aprile 2009 a oggi l'ente cooperativo «Malgradotutto», gestore del centro, non riceve il compenso previsto dalla convenzione; i dipendenti dello stesso ente non sono retribuiti da oltre sei mesi e per fare fronte alle obbligazioni assunte con la convenzione, dal punto di vista finanziario, l'ente gestore del centro, storna a favore di quest'ultimo fondi destinati ad altre attività della cooperativa e che comunque sono insufficienti per far fronte alle necessità;
nel centro non si svolge nessun tipo di attività d'alfabetizzazione, e/o di formazione professionale, e/o sportivo - ricreativo e quindi gli ospiti, in condizioni che possiamo definire di vera e propria detenzione, sono abbandonati a loro stessi; l'ente gestore del centro non ha rapporti con altre associazioni di volontariato e/o assistenza e meno che mai con organizzazioni che si occupano di migranti. L'assistenza sanitaria è garantita da due medici e due infermieri distribuiti su due turni per complessive otto ore nei giorni feriali e quindi nelle restanti sedici ore (che ricomprendono quelle notturne) e durante le giornate festive, il centro, dal punto di vista sanitario, non è presidiato; la struttura non ha un'ambulanza propria e si trova in una contrada di Lamezia Terme, isolata dal centro urbano e dal locale presidio ospedaliero -:
si ritenga indispensabile e urgente verificare lo stato di manutenzione ordinaria e straordinaria dei locali del CIE di Lamezia Terme e il loro adeguamento a uno standard di vivibilità adeguato e dignitoso;
si ritenga indispensabile e urgente verificare lo stato dei pagamenti in favore dell'ente cooperativo «Malgradotutto» che gestisce il CIE di Lamezia Terme e lo stato amministrativo della convenzione ed eventualmente rimuovere o risolvere eventuali problematiche di tipo amministrativo;
si ritenga necessario che sia potenziato il servizio medico e infermieristico del centro con un'adeguata estensione delle ore coperte e delle giornate festive;
si ritenga indispensabile potenziare adeguatamente la presenza nel centro del
l'assistente sociale e dello psicologo e l'istituzione di attività organizzate di alfabetizzazione, formazione professionale e attività sportivo/ricreative, in considerazione del numero di atti di autolesionismo verificatesi nel corso del 2009;
quale sia la nazionalità dei 230 migranti rimpatriati nel corso del 2009, quando e con quali modi siano stati eseguiti i rimpatri e per quali motivazioni;
quali siano le nazionalità dei 155 migranti rilasciati per decorrenza dei termini, le cause della decorrenza dei termini, i modi dei rilasci e le eventuali prescrizioni ordinate ai migranti;
in quali strutture sanitarie sono stati destinati i due migranti affetti da patologia tubercolare, in quali condizioni versino e a quali provvedimenti siano sottoposti in relazione alla loro posizione amministrativa.
(4-05542)
secondo quanto riportato da Il Sole 24Ore di lunedì 7 dicembre 2009, l'avvenuta introduzione nel nostro ordinamento giuridico del reato di clandestinità operata con la legge n. 94 del 2009, starebbe bloccando i rimpatri volontari assistiti, al punto che chi si trova in Italia irregolarmente non riesce a usufruire dei benefici stanziati dall'Unione europea per tornare nel proprio Paese e provare a ricostruirsi una vita. In sostanza, gli stranieri che vogliono fare rientro in patria attraverso il progetto dei rimpatri assistiti si «autodenunciano» e vengono quindi accusati del reato di clandestinità, per il quale è previsto l'avvio di un vero e proprio processo penale innanzi al giudice di pace;
Flavio Di Giacomo, responsabile comunicazione dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), ha dichiarato quanto segue: «Siamo riusciti a rimandare a casa 120 persone tra agosto e settembre ma poi da ottobre abbiamo dovuto spiegare a chi faceva richiesta a quali rischi andava incontro, con ciò sconsigliando agli irregolari di entrare nel programma dei rimpatri assistiti, anche perché non appena la richiesta arriva al Ministero dell'Interno parte la denuncia»;
per il 2009 l'Unione europea ha stanziato a favore dei rientri volontari circa 2 milioni di euro; somma che viene poi gestita dal Ministro dell'interno. I finanziamenti servono per finanziare le quattro fasi del progetto Networking italiano, rimpatri volontari assistiti (Nirva); progetto che prevede la pre-partenza dell'immigrato irregolare, il viaggio, l'arrivo nel Paese d'origine e la reintegrazione nel tessuto sociale ed economico. In pratica, oltre alle spese per il viaggio, il programma dei rientri prevede un finanziamento di 1.500 euro - di cui una parte viene concessa prima del ritorno in patria e il resto viene consegnato una volta arrivati a destinazione - per aiutare lo straniero a trovare una casa, a mettere in piedi una piccola attività, a frequentare un corso di formazione o soltanto a sopravvivere per i primi tempi nel posto dove ha fatto ritorno;
dal 1991 al 2006 sono stati 7.223 gli stranieri rimpatriati volontariamente. Il 72,7 per cento ha beneficiato di programmi speciali di ritorno legati alle emergenze umanitarie prima nei Balcani (inizio anni '90) e poi in Kosovo (inizio del 2000). Negli ultimi anni il numero si è attestato attorno ai 100 rimpatri annuali;
sempre secondo quanto dichiarato dal responsabile dell'OIM, Flavio Di Giacomo, «se non cambia la legge non ci potranno più essere rimpatri volontari» -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
quanti siano gli immigrati irregolari che hanno usufruito del programma dei rimpatri assistiti nel corso degli ultimi cinque anni;
a quanto ammontano i fondi stanziati negli ultimi cinque anni dall'Unione europea in favore dei rientri volontari;
quali iniziative urgenti si intendano adottare, sollecitare e promuovere al fine di rimuovere gli ostacoli alla piena attuazione del programma dei rimpatri assistiti così come denunciati dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni.
(4-05543)
è in atto da diversi giorni l'iniziativa non violenta di sciopero della fame lanciata da Gaoussou Outtarà, membro della giunta di radicali italiani, insieme ad altri 95 esponenti delle comunità d'immigrati di tutta Italia, di provenienza da diversi Paesi tra i quali Costa d'Avorio, Burkina Faso, Cameroun, Senegal, Congo, Pakistan, Guinea, Mali, Burundi e India, che richiedono rispetto dei termini legali nei percorsi di regolamentazione dei permessi di soggiorno-lavoro in Italia;
sono oltre 500 mila le persone immigrate che, avendo presentato regolare domanda, tuttora attendono, con tempi reali che vanno dagli 8 ai 15 mesi contro i 20 giorni massimi prescritti dal Testo unico sull'immigrazione (articolo 5), il rilascio, rinnovo o conversione del permesso di soggiorno, e sovente detto rilascio/rinnovo avviene quando il documento è già scaduto;
per ovviare a tali lungaggini, negli uffici per l'immigrazione di Roma e Milano, è stato recentemente attivato un nuovo sistema elettronico che dovrebbe velocizzare le procedure, ma da tale gestione elettronica risultano comunque escluse le domande già presentate che attendono di essere evase anche da oltre un anno;
il termine regolamentare per l'evasione delle domande di 20 giorni, quasi mai rispettato, è considerato ordinatorio, e non è previsto per gli immigrati che hanno presentato domanda per il permesso di soggiorno, avvalersi del meccanismo del silenzio-assenso ai fini della regolarizzazione della loro permanenza nel Paese in attesa del rilascio del documento;
ciò nonostante siano intervenute, rispettivamente del 5 agosto 2006 e del 20 febbraio 2007, due circolari/direttive del Ministero dell'interno che disciplinano lo status dell'immigrato nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, e che attribuiscono alla ricevuta di richiesta e di rinnovo validità ai fini della stipulazione di contratti di lavoro, dell'iscrizione a corsi scolastici e universitari, della tutela della salute e finanche dell'espatrio, ma che, dal punto di vista pratico, oltre a essere scarsamente conosciute dalla popolazione migrante (come anche dagli stessi cittadini italiani), sono nella maggior parte dei casi disattese, e, per quanto riguarda il lavoro, trovano difficile applicazione laddove i datori di lavoro difficilmente rischiano di assumere del personale straniero nell'incertezza di non doverlo licenziare dopo pochi mesi nel caso in cui le richieste di regolarizzazione presentate non vadano a buon fine;
per il rinnovo annuale del permesso in scadenza occorre versare un contributo tra gli 80 e i 200 euro, più una tassa di 72,5 euro di servizio, cifre che appaiono agli interroganti esose e difficilmente giustificabili per il rilascio di un atto amministrativo, anche in considerazione dell'estrema inefficienza e dei ritardi insostenibili e gravosi nell'erogazione del servizio -:
se i Ministri interrogati non intendano attivarsi per risolvere il problema assumendo iniziative volte a modificare la normativa, in particolare se non intendano valutare la possibilità di prevedere:
a) iniziative normative urgenti al fine di rendere più stringente la disciplina relativa alla validità della ricevuta di richiesta
del rinnovo, ovvero l'adozione di una novella circolare che disciplini in maniera efficiente e univoca la fattispecie;
b) un'azione di informazione capillare al fine di rendere nota la possibilità di utilizzare la ricevuta di richiesta con validità ai fini dell'inserimento nel lavoro, dell'istruzione e della tutela sanitaria;
c) il riconoscimento a livello nazionale di meccanismi come quello sperimentato recentemente presso il comune di Pavia, dove una vidimazione da parte della questura di competenza territoriale sui permessi di soggiorno scaduti, permette di prorogarne la validità in attesa che sia rilasciato il documento elettronico ufficiale;
d) la riduzione della tassa di servizio di 72,5 euro di rinnovo del permesso di soggiorno, considerate anche le inefficienze e gli insostenibili ritardi nell'erogazione dello stesso.
(4-05561)
il comune di Cicciano, in provincia di Napoli, negli ultimi mesi, è stato preso di mira da bande di ladri armati di spranghe che aggrediscono anziani e indifesi;
i furti nelle abitazioni hanno subito un forte aumento a tale punto che le persone hanno timore a lasciare incustodite le loro case;
nonostante gli sforzi e l'impegno, le forze dell'ordine locali non riescono a fronteggiare questa ondata di violenza che sconvolge il vivere sereno di questa cittadina di provincia -:
se il Ministro sia informato di questa grave situazione e quali provvedimenti urgenti intenda adottare per riportare in sicurezza la realtà cittadina di Cicciano.
(4-05568)
il Corpo nazionale vigili del fuoco e stato soggetto negli ultimi 15 anni a tagli del turn over, tali da ridurre per numero ogni qualifica, e attualmente si trova in condizione di cronica e pesante carenza di organico, soprattutto in personale operativo;
l'organico nazionale risulta inferiore a quanto stabilito dalle piante organiche, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 97 del 2001, di circa il 10 per cento, dato medio nazionale;
la carenza di personale, soprattutto operativo, oltre a creare pericolose conseguenze al dispositivo di soccorso tecnico urgente nazionale, pone in serio rischio individuale, il personale di soccorso, e ostacola le normali procedure di passaggio verticale di qualifica;
nella fattispecie, la qualifica di capo squadra risulta essere stata gravemente penalizzata da un biennio di assenza di procedure concorsuali atte all'approvvigionamento della stessa;
attraverso il concorso a Capo Squadra, con decorrenza 6 luglio 2008, stabilito con decreto ministeriale 2230/2008, l'amministrazione dell'Interno intendeva porre rimedio alla situazione citata;
con sentenza n. 11303 del 2009, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio annullava il provvedimento di approvazione della graduatoria del concorso interno, indetto con decreto ministeriale citato, per la copertura del 40 per cento dei posti disponibili, decorrenza 2006, nella qualifica di «capo squadra» del Corpo nazionale vigili del fuoco;
a seguito di detta sentenza, si e creata una situazione di disagio, disordine ed incertezza fra tutto il personale, con il rischio di serie ripercussioni non solo sull'operatività dei comandi provinciali, ma anche sull'operatività di chi legittimamente occupa gia la posizione di qualificato -:
se il Ministro intenda chiarire la posizione lavorativa dei vincitori del concorso,
che già di fatto espletano da mesi la funzione di capo squadra, nonché i tempi e i modi con cui, si intenda procedere con la graduatoria 2007, che di fatto nel merito è già stata pubblicata, nonché tempi e modi di procedere per la prova concorsuale a decorrenza 2008, vista la cronica carenza di qualificati.
(4-05570)