TESTO AGGIORNATO AL 20 GENNAIO 2010
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Italtel detiene circa il 74 per cento dell'installato della rete fissa Telecom in Italia, ha realizzato la rete interdistrettuale di Telecom e la rete fastweb in standard Ip (Internet protocol), inoltre ha sviluppato una tecnologia all'avanguardia, softswitch, per il passaggio rapido dalle reti tradizionali di fonia a quelle nuove Ip, che possono veicolare contemporaneamente le telefonate, internet e la televisione;
oltre al mercato italiano, Italtel è presente in Spagna, America latina (in particolare Brasile e Argentina), e in nuovi mercati con clienti importanti come France Telecom, Cegetel, Belgacom, Cable e Wireless, in Grecia con Tellas e On Telecom, Vodafone Romania e oggi si sta puntando su Algeria e Libia;
il 24 marzo 2009 durante un incontro tenutosi in Assolombarda, con Fim, Fiom, Uilm nazionali ed il coordinamento nazionale delle rappresentanze sindacali unitarie del gruppo Italtel, l'amministratore delegato di Italtel dichiarò al termine dell'esposizione del piano strategico 2009-2011, che Italtel doveva ridurre il proprio organico di 450 persone nel biennio 2009-2010;
in quell'occasione l'amministratore delegato attestò che Italtel è un'azienda sovradimensionata rispetto al fatturato realizzato nel 2008 e che pertanto tale dolorosa riduzione del personale risulta necessaria;
in particolare, l'amministratore delegato asserì che - nonostante la leggera crescita del fatturato nei primi mesi del 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008 - per la sopravvivenza dell'azienda è necessario aumentare il fatturato ma soprattutto l'efficienza procedendo al taglio dei costi e in primo luogo dell'organico, e che, a tal fine, risulta doverosa la riduzione dei dirigenti, del personale impegnato all'estero, la non sostituzione del personale dimissionario e la non riconferma di tutti i contratti a termine;
ad oggi 1.400 persone in tutto il gruppo sono in contratto di solidarietà per un anno e mezzo, da luglio 2009 a dicembre 2010, lavorando mezza giornata in meno alla settimana per ridurre gli eccedenti, impedendo così il licenziamento di un centinaio di lavoratori, ed entro la fine del 2010, circa 150 persone andranno comunque in mobilità;
il Governo a fronte di quanto promesso a luglio 2009 avrebbe dovuto emanare il decreto attuativo per l'aumento della copertura economica dal 60 all'80 per cento per coloro che stanno fruendo di contratti di solidarietà;
l'8 gennaio del 2010 l'amministratore delegato di Italtel ha annunciato 400 nuovi esuberi, per effetto dei tagli sul fatturato di decine di milioni di euro da parte di Telecom che, sommandosi ai 450 del biennio 2009/2010 risultano essere complessivamente circa 850;
a seguito dei preannunciati 400 nuovi esuberi, si prevede la chiusura di una sede «periferica»;
nei prossimi giorni l'amministratore delegato di Italtel presenterà un nuovo piano industriale al consiglio di amministrazione in quanto quello presentato nel 2009 è ormai superato;
secondo notizie di stampa il Ministro Scajola nel corso dell'ultimo Cipe del 2009, ha consegnato al Presidente del Consiglio dei ministri in appunto per chiedere l'avvio di alcuni progetti, per la banda larga, per i quali sono già state definite le risorse, «misure che attuate consentirebbero di dare risposta anticiclica a molte crisi in atto» potendo così difendere e creare, complessivamente, oltre 60.000 posti di lavoro -:
quali urgenti iniziative intenda intraprendere affinché vengano attivati tutti gli strumenti necessari al fine di evitare ogni ipotesi di taglio dell'organico della Italtel e se ritenga opportuno emanare il decreto attuativo dell'aumento della copertura dal 60 per cento all'80 per cento per coloro che fruiscono di contratti di solidarietà;
quali siano le iniziative che il Governo intende mettere in atto affinché si dia avvio a quei cantieri per la banda larga che potrebbero sbloccare molte situazioni in difficoltà e quali risorse intenda impegnare nei prossimi anni.
(2-00579)
«Peluffo, Veltroni, Quartiani, Lulli, Antonino Russo, Siragusa».
il precipitare degli eventi presso l'azienda Maflow di Trezzano sul Naviglio, principale fornitore del gruppo Bmw, ha messo a rischio il posto di lavoro di circa 330 dipendenti;
la sospensione degli ordini della Bmw, secondo le indicazioni fornite dalla stessa dirigenza in Italia, sembra sia legata alla scarsa affidabilità dell'azienda italiana, in amministrazione straordinaria da maggio 2009, e ai ritardi nelle conseguenti procedure di vendita;
le suddette motivazioni non trovano, tuttavia, riscontro nella realtà industriale dello stabilimento di Trezzano sul Naviglio, che, anche durante il periodo di amministrazione straordinaria, ha sempre garantito con regolarità e puntualità le forniture al gruppo Bmw;
la gravissima decisione di Bmw di trasferire gli ordini ad altri fornitori tedeschi non solo ostacola l'attuazione di specifici piani di rilancio dell'azienda di Trezzano sul Naviglio, il cui fatturato deriva per l'80 per cento dalle commesse della casa automobilista tedesca, ma rappresenta anche una palese ed inaccettabile violazione delle norme sul libero mercato e sulla concorrenza tra Paesi comunitari. Oltretutto, dall'operazione non deriva alcuna riduzione di costi per la Bmw, rappresentando la stessa solo un tentativo atto a sostenere l'industria nazionale;
l'iniziativa avrà, quindi, un impatto pesante non solo sui lavoratori e loro famiglie, ma anche sull'attuazione di politiche di rilancio dell'azienda, che, tra l'altro, rappresenta un importante polo di occupazione anche per i territori limitrofi;
il processo di riorganizzazione messo in atto dalla Bmw non può essere conseguito a danno dell'economia del territorio e ricadere interamente sui lavoratori, che, fino ad oggi, hanno pagato i costi più alti della crisi che ha investito il Paese -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'evolversi della situazione presso la Maflow di Trezzano sul Naviglio e quali iniziative intenda adottare per favorire l'immediata convocazione di un tavolo di crisi, a cui partecipino tutti i soggetti coinvolti, al fine di arrivare ad una soluzione condivisa e ad un chiarimento con Bmw e Governo tedesco, necessari a stimolare, da un lato, il rilancio dell'azienda e tutelare, dall'altro, i dipendenti e le loro famiglie.
(3-00843)
il gruppo Fiat, nel corso della sua lunga storia aziendale, è stato ripetutamente beneficiato dal sostegno economico pubblico, al punto che al giorno d'oggi è difficile delineare il quadro complessivo degli aiuti ricevuti in dote dalle istituzioni per costruire o implementare i suoi stabilimenti;
l'azienda torinese, infatti, più volte sull'orlo del disastro economico, è abilmente ricorsa alla strategia che da molti è stata definita «della socializzazione delle perdite e della privatizzazione dei profitti»;
è stato calcolato che, soltanto tra il 1990 ed il 2000, lo Stato italiano ha elargito alla Fiat, a fronte del suo alterno ricatto occupazionale, circa 5 mila milioni di euro sotto variegate forme di sussidio, come esenzioni decennali sulle imposte sul reddito, ammortizzatori sociali, prepensionamenti, mobilità lunga, incentivi alla rottamazione
e contributi in conto capitale e in conto interessi per gli investimenti nelle aree depresse grazie alla legge n. 448 del 1992, che dal 1996 al 2000 ha reso all'azienda automobilistica 328 milioni di vecchie lire;
oggi che la situazione economica del gruppo industriale, che ha conquistato una quota di mercato pari al 32 per cento, appare nettamente diversa, essendo stata abilmente risanata, come d'altra parte confermano anche gli indicatori di fine anno e relativi al volume di affari per il 2009, che registrano un incremento pari al 2,7 per cento rispetto al 2008, resta il drammatico vizio del management di scaricare su altri le gravi ripercussioni di scelte di comodo, come dimostrano la vicenda della paventata chiusura dello stabilimento siciliano di Termini Imerese, da cui dipende l'economia di una vasta area della Sicilia, e le mancate garanzie della operatività di quello di Pomigliano d'Arco;
oggi i destini di questi due distretti industriali sono tristemente intrecciati, essendo incerto il futuro lavorativo dei circa 7 mila addetti;
l'incertezza delle notizie circa la sorte dello stabilimento siciliano sta provocando gravi preoccupazioni in tutto il tessuto sociale e grande apprensione nelle famiglie, dal momento che non è dato conoscere soluzioni che in prospettiva garantiscano il futuro dei lavoratori;
in data 1o dicembre 2009 si apprende da notizie di stampa che nell'incontro avvenuto tra il Ministro interrogato e l'amministratore delegato di Fiat, la stessa Fiat avrebbe confermato la cessazione della produzione di autovetture presso lo stabilimento di Termini Imerese a partire dal 2012, e la riconversione dello stabilimento, non specificando, tuttavia, a quale tipo di attività;
la Fiat, dunque, immemore dell'enorme debito morale con lo Stato italiano pari almeno ai finanziamenti diretti e indiretti ricevuti nel corso degli anni, con dichiarazioni pretestuose ed ingiuriose, dichiara che la produzione presso lo stabilimento di Termini Imerese non è competitiva, ricorrendo così all'ausilio delle inesorabili leggi di mercato per giustificare il blocco della produzione di auto in una regione, la Sicilia, che sicuramente rappresenta la base logistica più grossa del Mediterraneo;
sarebbe pari a 425 milioni di euro, approssimati per difetto, la cifra stanziata dalle istituzioni siciliane negli ultimi anni per sostenere il distretto industriale termitano, dei quali 40 milioni per la formazione speciale degli operai dello stabilimento, 45 milioni per la realizzazione del porto di Fiumetorto (che sarebbe dovuto servire per spedire le auto sul continente, ma che non viene più utilizzato dalla Fiat, che, con ovvio aggravio di spese, ha sempre preferito i porti di Catania e di Augusta), 45 milioni per la costruzione della stazione ferroviaria a piccola e media velocità di Fiumetorto, che dista appena un chilometro dalla fabbrica di Termini Imerese ed alla quale hanno contribuito anche l'Anas e le Ferrovie dello Stato, 95 milioni in funzione del contratto di programma 2001/2005, 200 milioni di investimento, sottratti ai complessivi 350, che l'Enel aveva destinato all'intera Sicilia, ma che ha utilizzato per riconvertire le sue centrali a combustione vicino l'impianto di Termini in centrali a metano, operazione richiesta dalla stessa Fiat in quanto la fuliggine e le emissioni di quelle a combustione danneggiavano i suoi impianti, ed in ultimo, pari al 25 per cento, il cofinanziamento della Regione siciliana di tutti gli investimenti e le spese della Fiat: nell'impianto di Termini Imerese;
ai suddetti importi vanno oggi aggiunti 400 milioni che la Regione siciliana è pronta ad investire, di cui 200 in infrastrutture e 200 in innovazione tecnologica;
nell'aprile del 2009 è arrivata dalla Commissione europea l'autorizzazione, per le autorità italiane, a concedere alla Fiat, per un progetto che prevede la produzione di un nuovo modello di automobile in Sicilia, aiuti per 46 milioni di euro per
investimenti a finalità regionale e che serviranno ad ampliare lo stabilimento Fiat di Termini Imerese, a modificare il processo di produzione, a diversificare la produzione, permettendo così di salvaguardare i posti di lavoro esistenti nella regione. Tale misura, secondo le autorità di Bruxelles, «risulta compatibile con i requisiti previsti dagli orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale 2007-2013 e dalle norme sui grandi progetti di investimento, perché Fiat non aumenterebbe considerevolmente la sua capacità di produzione», e che: «si può pertanto ritenere che gli effetti positivi di questo investimento in termini di sviluppo regionale superino le possibili distorsioni della concorrenza»;
giacciono inutilizzati ben 300 milioni di euro, stanziati a giugno 2009 dal CIPE a favore e per il rilancio degli stabilimenti di Pomigliano d'Arco e di Termini Imerese;
il Governo avrebbe deciso la concessione di ulteriori misure di sostegno, seppure in misura ridotta, a favore del settore automobilistico, con il varo di un provvedimento per un valore, come è stato anticipato, di circa 1,2 miliardi di euro, che garantirà, tra l'altro agevolazioni per la rottamazione delle auto;
il 13 gennaio 2010 l'Assemblea regionale siciliana ha approvato con il pieno ed unanime consenso di tutti i gruppi parlamentari all'unanimità un ordine del giorno che impegna il Governo regionale a richiedere la convocazione di un Consiglio dei ministri con la presenza del Presidente della regione, ai sensi del terzo comma dell'articolo 21 dello Statuto siciliano, ove far assumere con decisione la salvaguardia dello stabilimento di Termini Imerese come questione nazionale prioritaria, convocando, altresì, immediatamente, un tavolo di trattative con la Fiat e con le organizzazioni sindacali e non concedendo alcuna forma d'incentivo alla produzione Fiat in assenza di una revisione dell'atteggiamento assunto dall'attuale management -:
a quanto ammonti il totale dei contributi elargiti nell'ultimo decennio, ai sensi della legge n. 488 del 1992, dal ministero dello sviluppo economico al gruppo Fiat.
(3-00844)