TESTO AGGIORNATO AL 6 MAGGIO 2010
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nella notte di sabato 13 febbraio 2010 si sono verificati in Via Padova a Milano alcuni scontri tra bande di immigrati nordafricani e sudamericani, che hanno causato la morte di un giovane egiziano, Hamed Mamoud El Fayed Adou, di appena diciannove anni;
i fatti di Via Padova non possono diventare l'occasione per una condanna sommaria del fenomeno migratorio in generale;
a seguito di tali fatti, il sindaco Moratti ha chiesto e ricevuto dal Governo un aumento delle forze di polizia a Milano, ad avviso degli interroganti così sconfessando, di fatto, il modello «ronde», a lungo enfatizzato dalla coalizione che sostiene il sindaco ed il Governo, in particolare dal partito della Lega Nord;
è paradossale che la richiesta di una presenza più massiccia delle forze dell'ordine avvenga dimenticando i tagli alle risorse che il Governo ha operato ai danni del comparto in questi anni;
il problema non può essere risolto nei termini suggeriti dal capogruppo in consiglio comunale a Milano e parlamentare europeo della Lega Nord Matteo Salvini, che ha chiesto «controlli ed espulsioni casa per casa, piano per piano»;
né si può far risalire la responsabilità degli incidenti e della ghettizzazione di quell'area milanese ad altri: come per i fatti di Rosarno la situazione di Via Padova era nota da tempo e negli anni sono cresciute le proteste degli abitanti e le manifestazioni per chiedere un intervento maggiore delle forze dell'ordine, come era nota la diffusa illegalità e la presenza di criminalità organizzata;
tanto meno accettabile è affermare, come ha fatto il Ministro interrogato, che «i quartieri multietnici come quello di Milano non sono un problema del ministero dell'interno, ma del governo della città»;
è necessario, invece, evitare forme di ghettizzazione, già fortemente presenti nelle aree metropolitane e in quelle a maggior densità di immigrati, nonché di prevedere un piano organico per l'integrazione, poiché, come ha ricordato il presidente
della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, si tratta di un processo «inevitabile, necessario, irrinunciabile»;
la nostra economia e la nostra società non possono fare a meno di queste persone e solo attraverso concreti processi di inserimento si può dare loro una risposta ed un futuro senza paure;
occorre investire sulla mediazione culturale e sulla mediazione sociale, strumenti assenti o troppo deboli nella politica immigratoria italiana -:
se non ritenga indifferibile l'adozione di una diversa politica per l'immigrazione che investa maggiormente su quei processi d'integrazione già utilizzati con successo in altri contesti e dal mondo dell'associazionismo e del volontariato, al fine di garantire una dignitosa, civile e sicura convivenza sia per i cittadini italiani che per coloro che sono venuti in Italia in cerca di un futuro migliore.
(3-00920)
il 29 gennaio 2010 (il quotidiano la Repubblica pubblica un articolo dal titolo «Giallo sul sabotaggio ai danni di un gip»;
nell'articolo si legge «sabotaggio ai freni e un'auto rubata sotto casa. La procura ha aperto un'inchiesta per danneggiamento e furto e dopo che il giudice per le indagini preliminari, Marina Petruzzella, ha denunciato ai carabinieri i due episodi che si sono verificati sotto la sua abitazione in centro storico, nei pressi di corso Vittorio Emanuele, ai danni di due mezzi intestati al marito»;
gli episodi si sono verificati nel giro di tre giorni a ridosso delle festività per il nuovo anno: il 31 dicembre qualcuno ha messo fuori uso i freni della moto del marito del gip (da un controllo in officina è stata verificata la manomissione); il 2 gennaio scorso la berlina della famiglia Petruzzella è stata rubata. Entrambi i mezzi erano parcheggiati nei pressi dell'abitazione del giudice dove campeggia un divieto di sosta per garantire meglio la sicurezza del giudice;
la vicenda più preoccupante è quella del sabotaggio ai freni;
non è escluso, secondo le prime ipotesi di chi indaga, che le due vicende possano essere classificate come atti intimidatori all'indirizzo del giudice Petruzzella;
se quanto sopra fosse confermato, l'inchiesta andrebbe ad aggiungersi a quelle già aperte nell'ultimo periodo per intimidazioni mafiose ai danni dei magistrati;
non è la prima volta che i magistrati aprono un'indagine dopo un esposto della Petruzzella: nel 2008 la Procura di Caltanissetta indagò dopo una denuncia presentata dal gip e da altri due magistrati, che segnalavano intromissioni nei computer;
il magistrato, che ha avuto assegnata una tutela diurna, si è occupata di diversi processi per mafia, tra i quali quelli ai boss di Palermo centro e quelli di Altarello, e diversi procedimenti per droga -:
se siano stati presi tutti i provvedimenti atti alla tutela della dottoressa Petruzzella, e se in particolare le sia stata assegnata una scorta.
(4-06125)
secondo quanto riportato dal quotidiano Il Piccolo del 7 febbraio 2010, i carabinieri della provincia di Gorizia avrebbero eseguito, all'alba del 7 febbraio 2010, una vasta operazione, con la partecipazione di un centinaio circa di militari in divisa, nel corso della quale moltissimi
giovani, alcuni dei quali minorenni, sarebbero stati oggetto di una perquisizione domiciliare finalizzata alla dichiarata ricerca di prove di un'attività di spaccio di sostanze stupefacenti, continuata con il trasporto degli stessi giovani, con automezzi dei carabinieri, presso il pronto soccorso dell'ospedale di Monfalcone;
secondo un comunicato del comando provinciale dell'Arma, la predetta operazione, resa pubblica, ad avviso degli interroganti senza rispetto né per la riservatezza delle persone interessate né per la doverosa segretezza delle indagini penali, sarebbe stata finalizzata testualmente a «dare un segnale volendo incidere sulla consapevolezza dei giovani ai fini del recupero di un sano stile di vita ... e una sorta anche di raccomandazione alle famiglie sollecitandole a mantenere l'attenzione verso i propri figli, rilevando così lo spessore sociale dell'operazione medesima»;
come evidenziato nel deliberato della Camera Penale di Gorizia dell'8 febbraio 2010, l'operazione del comando provinciale dell'Arma dei carabinieri è stata presumibilmente concepita e condotta con il fine principale di colpire alcuni giovani consumatori di «droghe leggere», non già personaggi di rilevante spessore criminale; tutto ciò è dimostrato dagli esiti davvero esigui dell'operazione (sequestro di quantità del tutto irrilevanti di sostanze, a prima vista riconducibili a consumo personale, non già a traffico di stupefacenti), nonché dalla vasta eco che dell'intera vicenda gli operanti hanno deciso di dare sulla stampa, immediatamente dopo il termine delle operazioni;
a giudizio degli interroganti non può non destare preoccupazione, per come riferita dai quotidiani, la dichiarazione dei comandi dell'Arma secondo la quale l'operazione intera sarebbe stata ad avviso degli interroganti finalizzata a dichiarati scopi politico-sociali, quali quello, secondo lo stesso comunicato dei carabinieri, di «incidere sulla consapevolezza dei giovani, ai fini di recupero di un sano stile di vita», trattandosi di tutta evidenza di una funzione politico-sociale che un ordinamento democratico ed attento ai diritti dei cittadini non può e non deve affidare alle Forze dell'ordine;
il consumo di stupefacenti ed il possesso degli stessi finalizzato al consumo personale, nel nostro ordinamento, non costituiscono reato secondo quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ma situazione strettamente pertinente alla sfera individuale di ciascuno, giudicata dal legislatore meritevole di interventi di carattere sociale, sanitario od assistenziale di natura tassativamente non repressiva;
gli accertamenti sanitari che la legge prevede come assolutamente volontari sarebbero stati eseguiti sui giovani, su richiesta dei carabinieri, da reparti ospedalieri deputati alla medicina d'urgenza, con corrispondente impegno degli stessi per fini diversi da quelli istituzionali, previa, sempre secondo la stampa, «firma di un modulo» da parte dell'interessato;
tale modalità di esecuzione degli accertamenti sanitari non sembra, tuttavia, tranquillizzare circa la piena consapevolezza, da parte degli interessati, del diritto insopprimibile, in quanto disposto chiaramente dalla legge, di rifiutarsi di sottoporsi agli accertamenti sanitari che sono stati loro proposti;
la volontarietà degli accertamenti sanitari, quali quelli cui sono stati sottoposti i giovani in questione, non può essere conculcata e deve essere attentamente verificata, in particolare dai medici e dal personale sanitario che gli stessi accertamenti sono chiamati ad eseguire; nel caso poi dovesse trattarsi di soggetti minori di età, come riferito dalla stampa, deve essere posta una maggiore attenzione da parte degli operanti, con espresso coinvolgimento dei genitori;
un accertamento sanitario deve, per precisa norma di legge, essere sempre e solo eseguito su richiesta ed iniziativa dell'interessato, o, se minorenne, dei suoi
genitori, viceversa, nel corso della vasta operazione del 7 febbraio 2010, l'iniziativa pare sia da ricondurre esclusivamente ai carabinieri, pur essendone seguita «formale accettazione» da parte del minorenne coinvolto;
l'intera vicenda è stata duramente criticata dalla Camera Penale di Gorizia con la delibera datata 8 febbraio, poi trasmessa al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro della gioventù, al questore e al prefetto di Gorizia, all'assessore alla sanità della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ai consiglieri regionali della provincia di Gorizia, al procuratore della Repubblica di Gorizia, al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Trieste, al comandante provinciale dei carabinieri di Gorizia e al direttore generale dell'azienda sanitaria n. 2 del Friuli Venezia Giulia «Isontina» -:
se la concatenazione degli eventi così come riportati dagli organi di informazione nonché dal deliberato della Camera Penale di Gorizia, non consigli un'attivazione del dicastero competente presso la questura e la prefettura di Gorizia per una ricognizione dei fatti;
quali iniziative intenda il Ministro assumere in relazione ai contenuti del comunicato dei Carabinieri ricordato in premessa e se tale comunicato sia in linea con gli intendimenti del Ministero, in relazione alle politiche di contrasto alla tossicodipendenza in particolare con riferimento a minori che consumino droghe leggere;
se non si intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di accertare gli eventuali responsabili in merito alla fuga di notizie che ha finito con il rendere pubblica la vasta operazione condotta dall'Arma dei carabinieri, senza alcun rispetto né per la riservatezza delle persone interessate né per la doverosa segretezza delle indagini penali;
quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, per accertare se nella vicenda meglio descritta in premessa vi sia stato il rispetto effettivo, e non meramente burocratico e formale, della normativa vigente in materia di consenso informato, ciò anche alla luce del fatto che coloro che sono stati sottoposti ad accertamenti sanitari erano tutti minorenni.
(4-06148)
nel 2009 le immatricolazioni di vetture alimentate a gpl sono cresciute del 357 per cento;
le disposizioni contenute in particolare nella legge finanziaria per il 2009 miravano a stimolare il mercato dell'auto con una decisa politica di ecoincentivi diretti anche alla riduzione delle emissioni inquinanti, di cui le vetture alimentate a gpl rappresentano una delle categorie direttamente interessate;
il decreto del 22 novembre 2002 regola il parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all'interno di autorimesse in relazione al sistema di sicurezza dell'impianto -:
se si intenda aggiornare il decreto 22 novembre 2002 in relazione agli impianti di sicurezza montati sulle autovetture a gpl dal 2008 ad oggi che risultano di minore pericolosità al fine di prevedere la possibilità di parcamento nei piani inferiori al primo interrato dei garage e delle autorimesse;
se i Ministri intendano assumere iniziative, anche di carattere normativo, al fine di prevedere posti riservati per le autovetture alimentate a gpl nelle autorimesse affinché in condizioni di assoluta sicurezza sia consentito un sufficiente numero di spazi all'interno delle stesse considerata la ridotta possibilità di parcamento nei piani sotterranei di garage e autorimesse.
(4-06150)
come più volte denunciato, anche in precedenti interrogazioni, avvengono di frequente sul territorio nazionale e specialmente nelle regioni del nord del Paese sconcertanti episodi aventi per oggetto i rapporti tra i cittadini comunitari di nazionalità romena e le autorità locali;
in particolare, nel comune di Pontevico (Brescia) si è costituita da tempo un'associazione culturale, «Garden disco circolo privato» che, su una superficie di circa 600 metri quadrati, ha aperto un locale per incontri di discussione e svago, nonché discoteca. Tale attività, che sinora non aveva dato luogo ad alcun rilievo, in particolare sul terreno dell'ordine pubblico, concerne circa 300 soci regolarmente tesserati (talvolta intere famiglie residenti in zona) che si recano nei locali dell'associazione, specialmente nei giorni festivi e prefestivi, per incontrarsi, ballare, far musica e altro;
per accedere ai citati locali è prevista l'esibizione della tessera d'iscrizione, così come avviene nella gran parte delle associazioni e circoli giovanili in tutta Italia;
il 31 gennaio 2010, alle ore 1.05, di notte la forza pubblica (agenti della polizia municipale, carabinieri) ha effettuato un'ispezione improvvisa con identificazione di tutti i presenti, riscontrando, stando al verbale redatto sul luogo, che era in atto «un intrattenimento danzante con musica»; che il locale era da ritenersi «aperto al pubblico, in quanto l'immediato ed indiscriminato accesso da parte di chiunque previo l'acquisto della tessera di socio» appariva «un mero espediente»; che i bagni non erano perfettamente puliti e in regola; e che pertanto si contestava alla proprietaria il relativo illecito amministrativo;
successivamente, con ordinanza del sindaco di Pontevico del 4 febbraio 2010 è stata disposta l'immediata cessazione dell'attività di somministrazione di bevande, e ciò in base alle seguenti contestazioni: a) locale dispensa sporco sul pavimento (...), disordine generale con presenza di materiale non attinente l'attività alla rinfusa; controsoffittatura che in alcuni punti risulta rotta con pareti scrostate e non adeguatamente tinteggiate; b) servizi igienici per il pubblico e bagno portatori di handicap: lavello sporco senza installazione di salviettine e sapone mono uso, sporco e disordine generale, una tazza del water risulta rotta senza installazione del contenitore della carta igienica; c) servizio igienico per il personale: (...) non utilizzato e notevolmente sporco, calcinacci, polvere e utilizzato come ripostiglio di materiale;
è evidente che alcune di queste contestazioni (peraltro, ad avviso degli interroganti, alcune palesemente futili) possono essere facilmente respinte tenuto conto dell'ora dell'ispezione e del fatto che da alcune ore 300 persone sostavano nel locale consumando bevande e utilizzando i servizi igienici;
comunque la distribuzione delle tessere configura l'esistenza di una struttura associativa, confermata dal fatto che il locale è frequentato notoriamente dai membri di una sola comunità, reciprocamente in comunicazione e familiarità tra di loro;
i locali, a seguito dell'ordinanza del sindaco, sono tuttora chiusi e contro il provvedimento sarebbe stato inoltrato ricorso al tribunale amministrativo regionale. La titolare dell'esercizio, di nazionalità romena, e suo marito (cittadino italiano), nonché altri membri autorevoli della comunità romena eccepiscono trattarsi di un provvedimento sproporzionato, assunto (come hanno scritto su alcuni volantini scritti in lingua romena e distribuiti alla popolazione romena) «per motivi razziali». Il sindaco, avendo fatto tradurre i volantini, ha sporto querela per diffamazione;
negli stessi giorni, nel comune di San Giorgio in Bosco (Padova) il sindaco Renato
Roberto Miatello, appartenente alla Lega Nord, ha revocato il provvedimento col quale il suo predecessore Leopoldo Marcolongo del Pd aveva concesso l'uso temporaneo per una partita settimanale del campo sportivo comunale all'Associazione Alleanza Romena, cui si riferisce una squadretta dilettantistica iscritta al campionato «amatori». Si tratta di 11 ragazzi romeni di null'altro colpevoli che della loro nazionalità. Richiesto di spiegazioni il Miatello avrebbe detto (Corriere Veneto, 5 febbraio 2010): «Non vedo l'utilità di una formazione romena che non ha niente a che spartire col territorio». Avrebbe anche lamentato che i ragazzi romeni pianterebbero ai bordi del campo, mentre giocano, la bandiera del loro Paese; secondo quanto riportato dalla stampa, l'Associazione Alleanza Romena, a cui fa capo la squadra iscritta al campionato amatori, ha chiamato in causa palazzo Chigi con un esposto all'ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del Dipartimento per le pari opportunità -:
quali siano stati gli esiti dell'ispezione condotta presso i locali dei circolo «Garden Disco», con particolare riferimento alle eventuali irregolarità riscontrate, irregolarità che sarebbero alla base dell'ordinanza del sindaco di Pontevico del 4 febbraio 2010;
se e quali iniziative di competenza si intendano assumere in relazione a quanto denunciato dall'Associazione Alleanza Romena al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri.
(4-06151)
l'articolo 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000 al comma 8 prevede che: «sulla base degli indirizzi stabiliti dal Consiglio il sindaco ed il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione ed alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni»;
l'articolo 6 della legge n. 328 dell'8 novembre 2000, legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, dispone che: «i comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione regionale. Tali funzioni sono esercitate dai comuni adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini, secondo le modalità stabilite dalla legge 8 giugno 1990 n. 142, così come sostituita dal decreto legislativo n. 267 del 2000»;
l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 207 del 4 maggio 2001, recante il riordino del sistema delle istituzioni di assistenza e beneficenza a norma dell'articolo 10 della legge n. 328 del 2000, prevede tra l'altro che gli interventi e le attività svolte dalle istituzioni riordinate a norma del decreto medesimo si attuano nel rispetto dei principi dettati dalla legge n. 328 del 2000 e dalle disposizioni regionali;
l'articolo 21 del decreto legislativo n. 207 del 2001 dispone che: « (...) nel periodo transitorio previsto per il riordino delle istituzioni, ad esse seguitano ad applicarsi le disposizioni previgenti (tra cui la legge n. 6972 del 1890 e la legge regionale Veneto n. 6 del 1997), in quanto non contrastanti con i principi della libertà dell'assistenza, con i principi della legge (legge n. 328 del 2000) e con le disposizioni del presente decreto legislativo»;
dal combinato disposto delle norme testè citate appare evidente che l'amministrazione delle istituzioni di assistenza e beneficenza pubbliche deve avvenire, nelle more della normativa regionale individuata dal legislatore statale per il riordino delle medesime I.P.A.B., nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti tra l'altro dalla legge quadro n. 328 del 2000, tra cui sono espressamente richiamati quelli inerenti il funzionamento degli organi delle stesse istituzioni e quindi quanto previsto all'uopo dal testo unificato EE.LL., approvato
con decreto legislativo n. 267 del 2000, che ha sostituito al riguardo la legge n. 142 del 1990;
è evidente, pertanto, che attualmente in assenza di una normativa regionale di riordino delle I.P.A.B. in regione Veneto ed in presenza di una mala gestione dell'I.P.A.B. medesima, opportunamente documentata mediante estratti contabili ed altro, essendo state disattese tutte le disposizioni normative poste a fondamento delle finalità istituzionali dell'I.P.A.B. di che trattasi, improntate tra l'altro alla corretta gestione precipua per il perseguimento delle finalità di assistenza e beneficenza pubbliche, sembrerebbe legittimo l'intervento degli organi preposti, tra cui va annoverato il sindaco di Arcole ex articolo 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000, a sovvertire la pregressa ed attuale gestione dell'ente de quo caratterizzata da inefficienza, inefficacia e responsabilità contabili dei suoi amministratori;
alla legge regionale n. 6 del 1997 pare tuttavia attribuire in via esclusiva all'autorità territoriale regionale la rimozione degli organi di gestione delle I.P.A.B. -:
alla luce della legislazione nazionale ricordata in premessa quali siano gli ambiti di intervento riconosciuti ai sindaci nella materia con specifico riferimento ai principi di cui alla legge n. 328 del 2000.
(4-06152)