TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011
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nella notte tra il 20 e il 21 giugno 2010 una tromba d'aria ha devastato il litorale della costa nel territorio del comune di Capaccio;
ingenti danni sono stati registrati alle strutture ricettive, agli stabilimenti balneari, alle infrastrutture e anche alla base del Corpo dei bersaglieri;
si tratta di un duro colpo all'economia turistica del comprensorio;
le amministrazioni comunali interessate hanno già fatto una prima quantificazione degli ingenti danni;
occorre un intervento immediato da parte del Governo -:
se e quali iniziative intenda immediatamente attivare per il riconoscimento ove richiesto, dello stato di calamità naturale per il comune di Capaccio-Paestum.
(3-01142)
nelle giornate del 15 e 16 giugno 2010 si sono verificati nella parte occidentale della Regione Emilia Romagna eccezionali nubifragi di particolare intensità, con precipitazioni di oltre 150 millimetri di pioggia cumulata in 9 ore (paragonabile alla media dei tre mesi primaverili e ad un quinto della media annuale per la zona), che hanno provocando diverse interruzioni e danneggiamenti alle infrastrutture pubbliche essenziali e danni ai soggetti privati e alle attività produttive;
si è trattato di eventi i cui tempi di ritorno possono essere stimati in 120 anni per la pioggia oraria ed in 200 anni per la cumulata in 6 ore;
il quantitativo di pioggia in oggetto si è riversato su un'area di oltre 600 chilometri quadrati andando ad impattare sul reticolo idraulico minore, sui centri abitati e sulle superfici agrarie;
l'area maggiormente interessata dagli eventi calamitosi è stata la provincia di Parma, dove i nubifragi hanno colpito pesantemente i comuni compresi tra la via Emilia, il torrente Ongina ai confini con la provincia di Piacenza, il fiume Po ed il fiume Taro. Trattasi in particolare, dei comuni di Fontanellato, Fontevivo, Fidenza, Busseto, Roccabianca, Polesine, Zibello, San Secondo, Sissa, Soragna e in parte Noceto;
dai sopralluoghi effettuati si sono riscontrati rotture di argini, estese tracimazioni di canali e rii e rigurgiti dalle reti fognarie, diffusi allagamenti a strade provinciali e comunali, abitazioni, insediamenti produttivi e coltivazioni. Le esondazioni hanno anche provocato vasti allagamenti delle aree agricole con gravi danni alle colture;
sono stati già attuati interventi di somma urgenza, attivati sia dall'agenzia regionale di protezione civile, sia dalla provincia, dai comuni e dal consorzio di bonifica Parmense per un importo stimato in queste prime fasi di circa 500 mila euro. Una prima sommaria valutazione delle necessità finanziarie per la gestione della prima emergenza e la rimozione dei pericoli incombenti ammonta a 8 milioni di euro;
a seguito di questi avvenimenti, il presidente della regione Emilia Romagna, il 21 giugno 2010, ha firmato la richiesta al Presidente del Consiglio dei ministri di dichiarazione dello stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, per i territori della provincia di Parma colpiti dagli eventi alluvionali dei giorni 15 e 16 giugno 2010;
una ricognizione provvisoria delle conseguenze dell'evento eccezionale di cui trattasi fanno emergere serie criticità per il territorio interessato, con situazioni emergenziali riguardanti, in particolare:
l'interruzione della viabilità per allagamento nelle strade provinciali 63 in Località Cannetolo di Fontanellato e 11 in località Paroletta e Mezzadri, dove i ponti stradali sulla Fossaccia Scannabecco sono andati in pressione sormontando gli argini delle suddette arterie viarie;
l'interruzione della strada provinciale 91 presso Samboseto;
gli allagamenti del sottopasso strada provinciale 12, Trena AV-TAV a Soragna e sottopasso strada provinciale 47, ferrovia Milano-Bologna a Fontevivo;
l'interruzione per allagamento della strada provinciale 50;
i cedimenti diffusi delle scarpate stradali di recente realizzazione;
il cedimento del terrapieno del sovrappasso della TAV in località Fontanellato;
si sono avuti danni anche nel piacentino dove a Pontenure si è abbattuta una tromba d'aria, che ha provocato seri danni ad insediamenti industriali e civili abitazioni;
per fare fronte alle emergenze provocate dall'evento alluvionale del 15 e 16 giugno è necessario un concorso finanziario del Governo commisurato all'entità dei danni accertati ed in maniera da permettere la realizzazione degli interventi immediatamente cantierabili e ad ogni modo non inferiore a circa 10 milioni di euro, salvo l'erogazione di ulteriori risorse da verificare in corso d'opera -:
quali informazioni possa riferire in merito all'evento alluvionale che ha colpito i territori della provincia di Parma e più in generale la parte occidentale della regione Emilia Romagna durante i giorni del 15 e 16 giugno 2010;
se non intenda assegnare con la massima urgenza alla regione Emilia Romagna le risorse finanziarie dalla stessa richieste sulla base di una prima stima dei danni, ai sensi dello stato di emergenza dichiarato il 21 giugno 2010 e quali ulteriori somme possa trasferire per fare fronte in maniera esaustiva al ripristino funzionale delle opere danneggiate ed al ristoro dei danni subiti dai cittadini e delle attività produttive.
(5-03108)
secondo quanto riporta la Gazzetta del Mezzogiorno di martedì 15 giugno 2010, a Senise, provincia di Potenza, si discute del nuovo sito per rifiuti in contrada «Palombara», un'area non molto distante dalla discarica precedente;
molto a monte di fosso Palombara (il luogo dove, per ipotesi, potrebbe sorgere la discussa discarica di rifiuti speciali non pericolosi), in una contrada saltata più volte agli onori delle cronache (una zona popolata che soffre perennemente a causa di dissesto stradale e non solo) che si chiama «Foss», era ubicata la discarica utilizzata dal comune prima di un nuovo progetto risalente al 1993;
si tratta di un territorio in perenne movimento - finora non sono serviti a nulla gli interventi per tamponare il dissesto stradale che si crea di volta in volta;
proprio nel punto in cui si trova la vecchia discarica, la strada quasi non esiste più. I rifiuti sotterrati si stanno lentamente avviando verso valle, in un punto che si ricongiunge proprio a Fosso Palombara, a sua volta distante poche centinaia di metri dalle rive dell'invaso di Monte Cotugno;
un video curato da Maurizio Bolognetti per Radio Radicale (http://www.radioradicale.it/scheda/306164/storie-di-invasi-e-di-discariche) documenta la situazione;
la discarica rischia di costare un importo considerevole al comune di Senise perché, come si apprende dal settore tecnico, anni addietro il comune aveva in affitto il terreno nel quale la discarica era ubicata. Quando l'area arrivò a saturazione, nei fatti il comune non riconsegnò mai il terreno ai legittimi proprietari. Il tutto ha fatto partire un contenzioso tra ente e proprietari che, dopo anni, si è risolto con una sentenza, di pochi anni fa, che intima all'attuale amministrazione di versare i pagamenti dei canoni stabiliti (e che ammonterebbero ad oltre 150 mila euro);
grazie all'ufficio tecnico è inoltre emersa l'esistenza di un vecchio progetto in base al quale il tracciato della strada che collega i due costoni (e sotto la quale si trova la discarica) doveva essere deviato;
l'assenza di un impegno di spesa nel bilancio (visti gli alti costi) non ha mai fatto partire definitivamente il progetto, tanto che ad oggi, accanto a quello che resta dell'arteria, si nota un accenno di pista alternativa -:
se si intenda avviare una campagna di accertamento dello stato degli smottamenti a valle, al fine di tutelare l'ambiente e la salute pubblica, e, nel caso, promuovere un'immediata operazione di contenimento nell'area interessata;
se si intenda promuovere la messa in sicurezza dell'area, in un territorio già gravemente compromesso dal dissesto idrogeologico.
(5-03116)
nel corso della notte tra il 15 e il 16 giugno 2010 si sono verificate sulla provincia di Parma, in particolare nei territori dei comuni compresi all'interno di un quadrilatero delimitato a sud dalla via Emilia, a nord dal fiume Po, ad est dall'asta del fiume Taro e ad ovest dal Torrente Ongina (lungo i confini provinciali con la provincia di Piacenza), intense precipitazioni a carattere di rovescio che hanno messo in crisi l'intero sistema idraulico minore provocando esondazioni diffuse e numerosi danneggiamenti alle strutture e infrastrutture pubbliche, alle attività produttive e agricole, ai privati;
le analisi idrologiche sulle precipitazioni registrate dagli strumenti di rilevamento pluviometrici hanno confermato che l'evento ha raggiunto intensità tali da avere tempi di ritorno di 120 anni per la pioggia oraria e 200 anni per quella cumulata in 6 ore;
la pioggia cumulata nelle 12 ore ha raggiunto mediamente valori pari a 150 millimetri, un sesto delle precipitazioni medie annue della zona (900 millimetri);
le abbondanti precipitazioni hanno rapidamente messo in crisi l'intero reticolo idrografico minore (canali e rii), con numerose esondazioni per sormonti e rotture dei corpi arginali, provocando allagamenti estesi a campi, infrastrutture viarie, strutture pubbliche e private, oltre a numerose abitazioni;
su una superficie totale dell'area colpita pari a circa 33.000 ettari (nei comuni di Busseto, Fidenza, Fontanellato, Fontevivo, Polesine, San Secondo, Soragna, Zibello), oltre 4.300 ettari sono stati interessati da allagamenti, circa il 13 per cento del territorio interessato;
fin dalle prime ore della mattinata del 16 giugno si sono attivati tutti gli organi preposti a fronteggiare l'emergenza: Protezione civile, servizi d'emergenza della provincia, dei comuni, del Consorzio di bonifica P.se, dell'Agenzia interregionale per il fiume Po, del servizio tecnico di bacino degli affluenti del Po e vigili del fuoco;
la provincia, inoltre, si è da subito adoperata per coordinare le azioni e raccogliere i dati al fine di stilare un primo censimento dei danni: il quadro emerso ha evidenziato la forte fragilità idraulica di un territorio fortemente antropizzato e urbanizzato, caratterizzato da un fitto reticolo di canali, rii e nodi idraulici non più in grado di smaltire volumi di tale portata;
gravi emergenze hanno interessato strade provinciali con la conseguente limitazione o interruzione del traffico per gli elevati battenti d'acqua sul manto stradale: sono state interrotte le strade provinciali SP10 di Cremona, SP11 di Busseto, SP12 di Soragna, SP44 San Secondo-Fontanellato, SP47 di Fontevivo, SP50 di Carzeto, SP59 di Diolo, SP63 di Cannetolo, SP91 di Samboseto. Sono stati inoltre evidenziati fenomeni franosi sul rilevato stradale di accesso al sovrappasso della galleria artificiale TAV sulla SP11;
tra i maggiori danni al reticolo dei canali si riscontrano i sormonti, con danneggiamento del corpo arginale, lungo numerosi tratti del cavo Fossaccia Scannabecco nel comune di Fontanellato, oltre alla tracimazione del canale Ramazzone e conseguente allagamento del centro abitato di Fontanellato che ha interessato la casa di cura Cardinal Ferrari, rimasta priva di alimentazione elettrica con possibili rischi per i degenti. Ingenti sono stati i danni alle apparecchiature della struttura;
nei centri urbani si sono manifestati numerosi allagamenti anche per effetto di rigurgiti delle reti fognarie messe in crisi, mentre notevoli problemi si sono registrati per allagamenti prolungati anche nei giorni successivi l'evento, per la rottura degli argini lungo il canale Fossa Parmigiana nel comune di Busseto, gravato da un lento deflusso di piena;
a causa del lento defluire delle acque, dovuto ad una scarsa pendenza del terreno, ampie aree dei comuni rivieraschi (Polesine P.se e Zibello) risultano tuttora allagate a distanza di giorni con la conseguente compromissione di gran parte dei raccolti. La prolungata inibizione del corpo arginale di numerosi canali ha provocato, inoltre, il collassamento dello stesso in diversi tratti, compromettendo anche la futura irrigazione nei mesi di luglio e agosto 2010;
le problematiche emerse furono in parte già riscontrate in occasione degli eventi alluvionali del maggio e giugno 2007, durante i quali si evidenziarono analoghe criticità sul reticolo idrografico. Allora le piogge furono, però, di intensità notevolmente inferiore (tempo di ritorno di circa 10 anni);
dalla disamina dei danni è emersa la necessità di attivare interventi urgenti e di somma urgenza per un importo di circa 9.000.000 di euro relativi in particolare al ripristino delle opere idrauliche e delle infrastrutture danneggiate;
il Presidente della regione Vasco Errani, su richiesta del presidente della provincia di Parma Vincenzo Bernazzoli, ha firmato la richiesta al Presidente del Consiglio dei ministri di dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 -:
se il Ministro interrogato abbia acquisito ulteriori informazioni relative all'eccezionale evento alluvionale che ha colpito la provincia di Parma nei giorni 15 e 16 giugno 2010;
se il Ministro interrogato intenda attivarsi al fine di sostenere la richiesta dello stato di emergenza avanzata dal presidente della regione Emilia-Romagna, impegnandosi al contempo al reperimento delle risorse necessarie per gli interventi di somma urgenza, per il ristoro dei danni subiti dalle attività produttive, agricole e dai cittadini, e per la pianificazione degli interventi strutturali necessari a prevenire le conseguenze legate al determinarsi di questi eccezionali eventi atmosferici.
(5-03118)
mediante l'interpellanza urgente n. 2-00708, a prima firma Boccia, presentata
l'11 maggio 2010, nella seduta n. 319, si esprimevano forti perplessità riguardo alle modalità di utilizzo, alla consistenza e alle modalità di restituzione delle risorse destinate al «Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto». Tale fondo, istituito con l'articolo 1, comma 755 e seguenti, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2010), le cui modalità di finanziamento rispondono al principio della ripartizione, è gestito dall'INPS su un apposito conto corrente aperto presso la tesoreria dello Stato e vi affluiscono i contributi (versati mensilmente dai datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze almeno 50 addetti), pari alla quota di trattamento di fine rapporto non destinata alle forme pensionistiche complementari;
il Fondo in questione garantisce ai lavoratori dipendenti del settore privato l'erogazione dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile per la quota che i dipendenti stessi hanno richiesto disponibile al momento della cessazione del rapporto di lavoro;
per ciò che riguarda le risorse del Fondo, i commi 758 e 759 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, prevedevano che esse fossero destinate al finanziamento di una serie di interventi per lo sviluppo, in gran parte ascrivibili a spese d'investimento, indicati nell'elenco 1 allegato alla medesima legge, nei limiti degli importi stabiliti dallo stesso elenco;
nel corso degli esercizi 2007, 2008 e 2009 le risorse destinate al finanziamento degli interventi sono state versate sul capitolo n. 3331 («Versamenti corrispondenti alle risorse accertate sul fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile») per effetto dell'articolo 51, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31. Con l'articolo 2, comma 105, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (finanziaria 2010), è stata disposta la continuità, a decorrere dal 2010, del versamento, da parte dell'INPS, nell'apposito capitolo n. 3331 dell'entrata del bilancio dello Stato, delle risorse accertate del Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto;
l'interpellanza predetta prendeva spunto dalla relazione della Corte dei conti, sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, concernente la «gestione delle relazioni finanziarie tra il Ministero dell'interno e le Autonomie territoriali», approvata con delibera n. 2/2010/G, la quale ha evidenziato come i timori, espressi anche nel corso del dibattito parlamentare di approvazione della legge finanziaria per il 2010, non fossero privi di fondamento;
la Corte dei conti, nel corso della sua relazione ha infatti posto l'accento su due profili ritenuti di «fondamentale importanza nella gestione delle risorse in esame: la vincolatezza a specifici interventi e l'obbligo di rimborsare il prelievo consentito dalla legge. Quanto al problema della vincolatezza, pur prendendosi atto che il termine "specifici interventi" non corrisponde specularmente alla accezione di investimento, non sembra controvertibile che gli interventi stessi debbano corrispondere a iniziative o programmi nuovi, restando escluso il finanziamento di spese correnti. Vi sarebbe dovuta essere, pertanto, una chiara correlazione tra somme forzosamente acquisite e singole iniziative, analiticamente quantificate». L'esame delle poste inserite nella missione oggetto del controllo della Corte ha invece dimostrato «che ciò non è avvenuto se non in piccola parte», tanto da indurre la Corte a «sottoporre all'attenzione del Parlamento e delle amministrazioni interessate l'opportunità di ricondurre l'utilizzazione delle somme del Fondo allo scopo effettivamente contemplato dalla legge»;
la relazione prosegue soffermandosi sulla problematicità «della questione afferente
alla ricostituzione del Fondo, che non può essere considerato una entrata ordinaria, senza correlata posta di rimborso... L'istruttoria ha messo in luce come nessuna delle correlate poste passive siano iscritte per il valore prelevato né nella parte del bilancio finanziario e neppure nel conto del patrimonio». Il rischio, sostiene la Corte, prendendo spunto dalla nota n. 16101/09 del Ministero dell'economia e delle finanze, ispettorato generale del bilancio, dove «si dichiara implicitamente che le quote da erogare negli anni futuri debbano gravare sull'Amministrazione che le ha forzosamente distolte dalla naturale destinazione», è che si venga «a riprodurre una sostanziale erosione del capitale destinato ai trattamenti previdenziali, che già contraddistingue la pensionistica e la previdenza delle amministrazioni pubbliche. Ciò, con l'aggravante della evidente natura privata delle risorse dalla legge finalizzate alla previdenza dei lavoratori(...)»; inoltre «(...)il meccanismo (...) nell'interpretazione datane dal Ministero dell'economia e delle finanze, produce un progressivo squilibrio dei conti pubblici e un depauperamento del patrimonio, aumentandosi di anno in anno il saldo negativo dei rapporti con gli aventi diritto ai trattamenti previdenziali, fenomeno che - a meno di costituire una sorta di esproprio indiretto, palesemente incostituzionale - non potrebbe che comportare nuovi interventi finanziari a carico dell'Amministrazione utilizzatrice del Fondo»;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha, tramite il direttore generale per le competenze previdenziali, affermato «di condividere pienamente il contenuto della relazione per quel che riguarda le problematiche di propria competenza... La relazione ha permesso al Ministero di mettere a fuoco problematiche ulteriori rispetto a quella dell'accertamento, che riguardano essenzialmente la conservazione dello scopo per il quale il TFR viene accantonato. Questi profili saranno al centro dell'attenzione dell'Amministrazione, al fine di scongiurare i rischi fondatamente evidenziati dalla Corte», la quale, da parte sua, sottolinea che «il punto di vista dell'Amministrazione non può che essere condiviso; tuttavia l'azione del Ministero non è apparsa particolarmente incisiva nel tutelare il vincolo di destinazione del TFR. È di tutta evidenza - infatti - che allo stato delle cose non v'è nessuna garanzia, né copertura finanziaria per la ricostituzione del fondo attinto, ricostituzione che non può essere assicurata, peraltro, attraverso il mero valore nominale dei contributi prelevati, bensì tutelando nel tempo il suo valore reale. Allo stato delle cose, nella parte passiva del bilancio non esiste neppure la sorte al netto di interessi, fatto questo che dovrebbe indurre il Ministero ad una maggiore attenzione verso un fenomeno in grado di destabilizzare il correlato sistema previdenziale. Considerata la peculiare missione istituzionale, il problema più rilevante per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è quello di dare impulso alla sostanziale correzione del bilancio dello Stato, verificando la istituzione di appropriata posta passiva idonea a ricostituire il Fondo nella esatta dimensione economica esistente al momento del prelievo forzoso. Un tale adempimento appare ineludibile per evitare una sorta di esproprio senza indennizzo, inammissibile secondo i vigenti principi costituzionali»;
le dettagliate e critiche osservazioni della Corte dei conti appaiono contrastare con quanto sostenuto dal Sottosegretario dell'economia e alle finanze, onorevole Luigi Casero, il quale, nel corso della risposta all'interpellanza urgente summenzionata, ha affermato che il Fondo oggetto dell'atto in questione «non è in alcun modo riconducibile all'ambito della previdenza privata. Conseguentemente, non sussiste alcun obbligo giuridico» di reintegrarlo, dal momento che «l'unica obbligazione esistente, come per tutte le altre gestioni previdenziali pubbliche a ripartizione, è quello di corrispondere agli assicurati le prestazioni previste dalla legge (trattamenti e anticipazioni) al momento della maturazione dei requisiti. Pertanto, non può essere prevista alcuna restituzione al "sistema della previdenza privata"
regolato dal decreto legislativo n. 252 del 2005, in quanto il Fondo di tesoreria fa parte del sistema della previdenza pubblica obbligatoria»;
le parole del Sottosegretario dell'economia e delle finanze, sembrano essere in contraddizione, oltre che con le osservazioni contenute nella relazione della Corte dei conti, anche con l'ordine del giorno 9/2936-A/188, presentato dalla prima firmataria del presente atto, attraverso il quale, stante la mancanza di garanzia che gli oltre 3 miliardi di euro prelevati dal TFR dei lavoratori tornassero agli effettivi destinatari e che il deficit prodotto nelle casse dell'INPS venisse effettivamente ripianato, il Governo si impegnava «a riferire alle competenti Commissioni parlamentari le modalità di restituzione del suddetto importo» -:
come si intenda, sulla base dei rilievi mossi dalla Corte dei conti e pienamente condivisi dallo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, salvaguardare il vincolo di destinazione delle risorse destinate al «Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto», riconducendo l'utilizzazione delle stesse allo scopo effettivamente contemplato dalla legge;
quali iniziative si intendano adottare al fine di dare impulso alla sostanziale correzione del bilancio dello Stato, verificando l'istituzione di appropriata posta passiva idonea a ricostituire il Fondo in questione nell'esatta dimensione economica esistente al momento del prelievo forzoso, adempimento, questo, che a parere della Corte dei Conti «appare ineludibile per evitare una sorta di esproprio senza indennizzo, inammissibile secondo i vigenti principi costituzionali»;
come si possa conciliare la posizione del Ministero dell'economia e delle finanze riguardo alla non obbligatorietà giuridica di reintegrazione del Fondo, con quella espressa dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, manifestando «piena condivisione» della relazione della Corte dei conti, nella quale si evidenziava la necessità «di ricostituire il Fondo nella esatta dimensione economica esistente al momento del prelievo forzoso»;
se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non intenda, per la parte di sua competenza, rispettare l'impegno, assunto dal Governo all'atto dell'accoglimento dell'ordine del giorno 9/2936-A/188, di «riferire alle competenti Commissioni parlamentari le modalità di restituzione dell'importo» delle risorse del Fondo.
(5-03123)
l'emergenza rifiuti in Campania rischia di passare dal dramma a paradosso;
con il decreto-legge per la cessazione dello stato di emergenza e l'avvio della fase post emergenziale, si introducono una serie di norme che renderanno ad avviso dell'interrogante più difficile e farraginoso l'iter della gestione del ciclo dei rifiuti. Una questione che ricadrebbe proprio sui comuni campani che fino ad oggi hanno avuto performance virtuose sul fronte della raccolta differenziata come ad esempio molti comuni del salernitano o il caso del comune di Camigliano;
il comune di Camigliano, in provincia di Caserta, ha raggiunto alti livelli di raccolta differenziata arrivando al 65 per cento del totale. Sono state inoltre messe in campo azioni di grande rilievo in termini di ecocompatibilità quali la raccolta degli olii esausti e l'approvvigionamento di pannolini ecologici per gli asili. Inoltre l'amministrazione comunale di Camigliano è riuscita a far cessare alcune attività estrattive abusive nel suo territorio comunale;
il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla
legge 26 febbraio 2010, n. 26 recante disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla protezione civile, dispone infatti all'articolo 11 la costituzione e l'avvio di società provinciali, con l'attribuzione ai presidenti delle province dei compiti e delle funzioni il cui esercizio risulti essere funzionale alla programmazione della gestione dei rifiuti, anche in deroga alle precipue disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Le società provinciali potranno affidare il servizio di raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento dei rifiuti a soggetti privati, in via di estrema urgenza, ovvero avvalersi dei soggetti pubblici e privati che attualmente svolgono tale servizio;
con la creazione di ulteriori società provinciali e con l'affidamento ai presidenti delle province di ogni funzione e compito del servizio di gestione integrata dei rifiuti si incide pesantemente, solo per la regione Campania, sull'intero sistema del riparto di competenze, sulla capacità impositiva dei comuni e sui poteri ordinatori dei sindaci in materia, senza alcun coordinamento con il testo unico degli enti locali, fatta salva la formula di deroga, a giudizio dell'interrogante assai risibile, con riferimento agli articoli 42, 48 e 50, che affidavano agli organi del comune il potere di intervenire, sia per la gestione ordinaria del servizio sia per eventi straordinari verificatisi nel proprio territorio. In mancanza di un corretto raccordo con quanto previsto dall'ordinamento vigente, sia con riferimento agli effetti sui bilanci dei comuni ai fini del Patto di stabilità che alla possibilità per questi ultimi di esperire i servizi senza adeguata compensazione per il minor gettito, è ragionevole ipotizzare che da tale impostazione, altrettanto emergenziale di quella che si intende superare, possano derivare rilevanti problemi applicativi;
la sentenza n. 314 del 2009 della Corte costituzionale ha sancito, relativamente all'articolo 20 della legge regionale della Campania n. 4 del 2009, che la regione non aveva facoltà di regolare in merito all'organizzazione delle province e segnatamente che esse potessero costituire delle società di gestione del ciclo dei rifiuti. Anche con riferimento all'articolo 11 del decreto-legge n. 195 del 2009 potrebbe profilarsi una previsione analoga a quella dell'articolo annullato dalla Corte costituzionale, perché in esso ci si riferisce alle province in qualità di gestori dei rifiuti, ma si entra nel merito dell'organizzazione delle province stesse stabilendo, per legge, che devono costituire società provinciali;
il sindaco di Camigliano non ha adempiuto alle disposizioni dell'articolo 11 del decreto-legge n. 195 del 2009, rifiutando di consegnare i ruoli relativi alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) e alla tariffa igiene ambientale (TIA). Tale circostanza avrebbe causato una serie di richiami, poi sfociati in una diffida da parte del prefetto e in un probabile scioglimento del consiglio comunale con nomina di un commissario ad acta;
al di là del dato meramente giuridico, non si comprende quale logica induca ad approvare una legge secondo la quale i comuni che rispettano gli obiettivi di raccolta differenziata possono essere parzialmente esautorati dalle società provinciali subentranti nella gestione del servizio rifiuti, mentre ciò non dovrebbe accadere per comuni situati sulle isole minori, compresi quelli che non raggiungono gli standard qualitativi e i livelli di raccolta imposti dalla normativa vigente. Si continua pertanto nel tenere distinti gli aspetti della raccolta da quello dello smaltimento, mantenendo così un alto rischio di nuove emergenze future;
la perdita degli introiti legati alla riscossione della TARSU e TIA obbligherà i comuni ad ulteriori contrazioni economiche, aumentando i rischi di dissesto
finanziario e avrà possibili ricadute sui cittadini in termini di imposte e tariffe;
risulta all'interrogante che le province starebbero inglobando, ai fini della sostituzione dei comuni nelle operazioni di raccolta, quei consorzi provinciali già noti per la loro manifesta incapacità di gestire il ciclo dei rifiuti, tanto da essere concausa delle molteplici crisi patite dalla regione Campania -:
se, visti i possibili effetti controproducenti della disposizione sopra indicata, non si ritenga necessario promuovere iniziative normative volte a modificarne il contenuto.
(4-07719)
nel corso della cerimonia d'inaugurazione di una scuola primaria nel comune di Vedelago (TV), l'inno d'Italia, previsto nel programma concordato dal comune con la responsabile regionale dell'ufficio scolastico, non veniva eseguito dal coro, appositamente invitato dagli organizzatori a presenziare alla cerimonia con il compito di svolgere i canti e le arie ufficiali;
tale evento ha avuto molto rilievo sulla stampa e sui media locali e nazionali, con conseguenti polemiche politiche;
proprio a seguito di tali polemiche l'episodio è stato ricostruito, anche in modo difforme dal portavoce del presidente della regione Veneto, dal maestro del coro, dal sindaco del comune e dallo stesso Presidente Zaia;
facendo sintesi di tali ricostruzioni, l'inno italiano sarebbe stato quindi cantato o durante il taglio del nastro o, più probabilmente dopo, comunque sicuramente dopo che il coro aveva cantato l'aria «va' pensiero», canto questo avvenuto per certo subito prima del taglio del nastro;
tale tempistica risulterebbe, ad avviso degli interroganti, del tutto inadeguata, anche per il fatto che l'aria «va' pensiero», fin dal 1996 nella cosiddetta dichiarazione d'indipendenza della Padania fatta dall'onorevole Bossi, era stato proclamato come inno ufficiale della Lega Nord e della Padania;
appare, quindi, quanto mai opportuno prevedere un protocollo cerimoniale che indichi quando, come e con quale tempistica debba essere cantato e/o suonato l'inno nazionale durante le cerimonie d'inaugurazione, soprattutto quando dette cerimonie d'inaugurazione riguardano opere pubbliche afferenti funzioni di livello nazionale, come scuole, uffici pubblici statali o altro -:
se non si ritenga opportuno predisporre un protocollo cerimoniale con cui indicare quando, come e con quale tempistica debba essere prevista l'esecuzione dell'inno italiano nel corso delle cerimonie ufficiali d'inaugurazione di opere pubbliche.
(4-07721)
il dipartimento per l'informazione e l'editoria presso la Presidenza del Consiglio dei ministri gestisce il settore editoriale compresi i fondi corrisposti alla società Poste italiane per il rimborso delle tariffe agevolate postali;
le tariffe agevolate sono previste a favore di imprese editrici di quotidiani e periodici - 5.100 aziende editrici, 2.900 editori profìt e no profit - che non superino il 45 per cento di spazio fisico dedicato alla pubblicità; onlus, di cui 1.400 religiosi e 3.400 laici; associazioni le cui pubblicazioni periodiche abbiano ottenuto il riconoscimento del carattere politico dai gruppi parlamentari di riferimento; ordini
professionali; sindacati; associazioni professionali di categoria; associazioni d'arma e combattentistiche;
il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno dovuto emanare in data 30 marzo 2010 il decreto interministeriale che, comunque, fa salva la possibilità di destinare eventuali risorse aggiuntive alla copertura delle agevolazioni sulle tariffe postali nell'anno in corso;
gli editori che hanno già venduto gli abbonamenti annuali da mesi si trovano da un giorno all'altro, e senza preavviso, nella condizione di dover fronteggiare un aumento di almeno il 120 per cento delle tariffe, senza poter richiedere maggiorazioni agli abbonati in corso dell'anno;
le maggiori conseguenze saranno subite in particolare dalle piccole associazioni, il no profit che, dal 1o aprile fino a dicembre 2010, rischiano di sospendere le pubblicazioni e chiudere;
il Governo ha provveduto a reperire 30 milioni di euro per le organizzazioni no profit e si è impegnato ad istituire un tavolo di trattativa tra editori e Poste spa per arrivare ad una tariffa scontata che possa consentire a molti editori, specialmente quelli più piccoli, di poter sopravvivere -:
quale soluzione immediata sia possibile attuare, in favore degli editori, in particolare per quelli più piccoli, al fine di raggiungere tariffe convenienti in linea compatibilmente con l'equilibrio economico e finanziario;
quali siano i risultati raggiunti dal tavolo di trattative tra Governo, editori e Poste spa.
(4-07727)
la base militare della Marina statunitense situata a Sigonella, in provincia di Catania, si appresta a ridurre, entro il 2010, personale civile americano e italiano impiegato nella base per un processo di riduzione del personale elegantemente definito «adeguamento dell'organico»;
gli esuberi, secondo la US Navy riguarderebbero «personale non più necessario come supporto alle attività di comando» e i posti di lavoro a rischio, tra il personale italiano, sarebbero 62;
la notizia degli imminenti licenziamenti è stata comunicata alle parti sindacali, che hanno indetto per il 23 giugno 2010 una mobilitazione di tutte le basi NATO italiane, nel corso di un incontro durante il quale si stava discutendo in ordine al rinnovo del contratto di lavoro scaduto nel 2008;
la US Navy sottolinea che «l'adeguamento dell'organico, verrà effettuato facendo ricorso a diverse strategie, tra cui la possibilità di pensionamento per coloro che abbiano raggiunto i requisiti; la ricollocazione del personale in altri posti di lavoro vacanti laddove le loro competenze lo consentano; in caso di approvazione, incentivi per la risoluzione volontaria del rapporto di lavoro e, ove possibile, la riqualificazione professionale»;
il 18 febbraio 2010 è stato approvato dall'Assemblea regionale siciliana un ordine del giorno che
lavoro e delle politiche sociali ha proceduto, il 4 maggio 2010, alla firma di un apposito accordo con le organizzazioni sindacali;
è opportuno ricordare che il Parlamento, a seguito della sottoscrizione dei patti di intesa tra Governo italiano e Governo statunitense relativo alle infrastrutture in uso alle forze militari USA, ha approvato la legge 9 marzo 1971, n 98, e successive modificazioni ed integrazioni, la quale prevede che: «I cittadini italiani che prestavano la loro opera nel territorio nazionale alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di ristrutturazione degli organismi medesimi, se in possesso dei prescritti requisiti, in relazione al titolo di studio posseduto e alla diversa natura delle mansioni prevalentemente svolte, devono essere assunti a tempo indeterminato, nella amministrazioni dello Stato»;
successivamente la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), articolo 2, commi 100 e 101, ha esteso i benefici della legge n. 98 del 1971, consentendo a chi avesse maturato un anno di servizio al 31 dicembre 2006 di accedere, in soprannumero e sovra organico, all'interno della pubblica amministrazione, secondo uno speciale procedimento di accesso al pubblico impiego;
con l'articolo 68, comma 6, lettera c), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, si è provveduto in sede di riduzione degli organismi collegiali e di duplicazioni di strutture, alla soppressione della commissione per l'inquadramento del personale già dipendente da organismi militari operanti nel territorio nazionale nell'ambito della Comunità atlantica di cui all'articolo 2, comma 2, della citata legge 9 marzo 1971, n. 98 e al passaggio di consegne al dipartimento della funzione pubblica;
in data 15 gennaio 2009 è stato emanato dal Presidente del Consiglio dei ministri uno specifico decreto (individuazione dei criteri e delle procedure per l'assunzione di personale civile di basi militari soppresse) che trasferisce le competenze al dipartimento della funzione pubblica e definisce le procedure per l'inquadramento e la ricognizione dei posti nonché i criteri e le procedure per l'assunzione del personale;
si evidenzia inoltre che i lavoratori italiani delle basi USA in Sicilia, pur trovandosi al pari di altri lavoratori nelle condizioni previste dalla legge n. 98 del 1971 e successive modificazioni, rischiano di non potere trovare collocazione presso tutti i rami dell'amministrazione statale in quanto nella regione siciliana sono pochissimi gli uffici periferici che rappresentano l'amministrazione statale, essendo molte competenze attribuite per statuto alla regione -:
quali iniziative si intendano porre in essere al fine di tutelare i 62 lavoratori della base militare di Sigonella, assicurando l'estensione a tutti loro dei benefici della legge n. 98 del 1971 e successive modificazioni ed integrazioni e garantendo la ricollocazione, nel loro territorio, nell'ambito dell'amministrazione pubblica.
(4-07731)
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e
le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Basilica Papale di San Paolo Fuori le Mura» che è nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento nel triennio 2010-2012» per un importo di 1.000.000 di euro per «progetti, consolidamenti, restauri, manutenzione» della Basilica Papale di San Paolo Fuori le Mura;
il soggetto destinatario, «Basilica Papale di San Paolo Fuori le Mura» è di proprietà della Santa sede e gode della extraterritorialità;
tra la Repubblica italiana e la Santa sede sono in essere un trattato e un concordato; nel trattato è specificato che «per assicurare alla Santa Sede l'assoluta e visibile indipendenza, garantirLe una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale, si è ravvisata la necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano, riconoscendo sulla medesima alla Santa Sede la piena proprietà e l'esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana» -:
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero se siano state selezionate e con quali procedure le società che realizzeranno i diversi interventi («progetti, consolidamenti, restauri, manutenzione»);
se nella concessione del contributo sia stata presa in considerazione l'effettiva necessità del medesimo anche considerate l'entità delle risorse e la consistenza del patrimonio della «Città del Vaticano» e della «Santa Sede».
(4-07735)
in data 8 giugno 2010 tutti i media nazionali e internazionali riportavano la notizia della chiusura dell'Agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR) presente a Tripoli;
le autorità libiche non hanno fornito sufficienti spiegazioni per motivare tale ingiustificata decisione, salvo spiegare che gli uffici dell'UNHCR svolgevano attività illecite, in quanto la Libia non ha aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951;
l'UNHCR è presente in Libia da 19 anni, come ha ricordato Laura Boldrini, ed ha svolto un lavoro fondamentale nella gestione dei flussi migratori con particolare riferimento ai potenziali rifugiati per motivi politici o umanitari -:
quali siano state le azioni intraprese dal Governo;
se e che tipo di richieste formali siano state fatte alla Libia;
se il Presidente del Consiglio dei ministri, recatosi in visita dal leader libico Gheddafi, abbia posto la questione della riapertura del centro UNHCR di Tripoli;
se non si ritenga che debba essere presa in considerazione la possibilità di sospendere gli accordi bilaterali con la Libia, in attesa che venga ripristinata l'attività dell'Agenzia ONU per i rifugiati.
(4-07737)