Allegato B
Seduta n. 381 del 12/10/2010


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INTERNO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
notizie stampa riportano che ad Altamura (Bari) la mafia avrebbe fatto un vero e proprio salto di qualità, penetrando profondamente nel tessuto socio-economico della cittadina;
il Rapporto SOS Impresa «Le mani della criminalità sulle imprese» del gennaio 2010 - Confesercenti - conferma la presenza ad Altamura del clan Mangione Matera e la sua forte incidenza estorsiva. Ma ad Altamura opera anche «il clan Dambrosio, capeggiato da Dambrosio Bartolomeo, vicino ai Di Cosola e dedito all'usura e alle estorsioni» (Relazione al Parlamento anno 2008 sull'attività delle forze di polizia, sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata);
la Relazione del Ministro dell'interno al Parlamento sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia del settembre 2008, conferma che Altamura è una realtà ad elevata presenza criminale. Registra che in questi anni si sono verificati numerosi episodi delittuosi, come associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsioni, rapine, porto e detenzione di armi e materiale esplosivo, traffico di sostanze stupefacenti;
la Relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia sulle attività svolte dal Procuratore nazionale antimafia e dalla Direzione nazionale antimafia nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso riferita all'anno 2008, ribadisce e precisa che «in Altamura opera il clan Dambrosio, capeggiato da Bartolomeo Dambrosio, personaggio di spessore della criminalità organizzata (affiliato al clan Di Casola), dedito all'usura ed alle estorsioni; in Gravina in Puglia opera il sodalizio retto dal triumvirato Mangione/Gigante/Matera, attivo nel settore del traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e nell'usura. Particolarmente preoccupanti sono gli indicatori della capacità d'infiltrazione del clan Dambrosio nel tessuto economico e negli apparati della pubblica amministrazione locale, documentati attraverso la contiguità al sodalizio di esponenti del mondo dell'imprenditoria e della politica locale». La medesima Relazione riferita invece all'anno 2009, riporta nello schema della distribuzione territoriale dei clan nel territorio altamurano, non solo Dambrosio, Mangione, Matera, Gigante, ma anche Loglisci, Stolfa e Loiudice, con l'avvertenza che nell'ambito dei «processi di ristrutturazione delle cosche si possano profilare nuovi equilibri malavitosi e possano vedere la luce nuove organizzazioni criminali»;
la relazione del Ministro dell'interno al Parlamento sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla direzione investigativa antimafia del luglio/dicembre 2009 registra che «Ulteriori operazioni delle Forze di polizia hanno confermato sia la rilevanza strategica del territorio pugliese e delle locali compagini nei traffici di sostanze stupefacenti, sia l'esistenza di collegamenti con reti criminali transnazionali. Anche le fattispecie di reato meno rilevanti, essendo accompagnate dal ritrovamento


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di armi, evidenziano un non trascurabile livello criminale complessivo.»;
dalla relazione annuale sulle attività del commissario straordinario del Governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali del novembre 2008, emerge che ad Altamura sono stati confiscati 12 beni immobili e 3 aziende in gestione al Demanio;
già nel giugno 2005, in occasione dell'omicidio di Raffaele Scalera, ucciso con un colpo di arma da fuoco alla nuca sulla via vecchia per Cassano, dalle indagini investigative emersero presunti intrecci tra criminalità organizzata, imprenditori e politici;
sempre nel 2005, il 25 luglio fu sequestrato un imprenditore, mentre nel novembre 2006 scomparve Biagio Genco, amico fraterno di boss mafiosi e presunto autore di un violento pestaggio ai danni del giornalista di Radio Regio Stereo, Alessio Di Palo;
Alessio Di Palo è solito denunciare attraverso la sua trasmissione radiofonica il malaffare e la malapolitica nella gestione dei rifiuti, criticando apertamente il Gruppo imprenditoriale Columella e l'amministrazione comunale;
il fratello di Di Palo, Francesco, è divenuto testimone di giustizia per aver denunciato i propri estorsori che gli imponevano il pizzo, nell'ambito della sua attività imprenditoriale. Francesco Di Palo, per questo suo gesto civile e di ribellione alla mafia, è attualmente sotto il programma di protezione provinciale assieme alla famiglia;
un secondo caso di lupara bianca ad Altamura, dopo quello di Genco, si è verificato 5 anni fa, con la scomparsa di Paolo Loiudice, imprenditore edile caduto in rovina a causa della mafia altamurana capeggiata dal boss Bartolo Dambrosio;
il 27 marzo 2010, in pieno giorno e in un quartiere popolato, sono stati uccisi Rocco Lagonigro e il suo collaboratore Vincenzo Ciccimarra. Lagonigro, il principale obiettivo dei sicari, era legato al clan di Palermiti. Le indagini dovranno chiarire se il duplice omicidio sia il risultato di una guerra tra clan baresi o di un regolamento di conti locale;
ma è con l'uccisione del boss mafioso Bartolo Dambrosio, avvenuta il 6 settembre 2010 che l'ombra sulla legalità delle istituzioni altamurane si fa sempre più cupa. Come riporta l'articolo pubblicato su La Repubblica sezione di Bari dell'11 settembre 2010, l'assassinio è stato particolarmente efferato, eseguito con armi di particolare calibro e fabbricazione, che non erano mai state utilizzate negli ultimi agguati di mafia nel barese. È forte il rischio dunque che dietro l'omicidio vi possa essere «l'obiettivo della mafia di creare una struttura di comando che tutto controlla» (Procuratore della Repubblica di Bari, dottor Antonio Laudati, su La Repubblica dell'11 settembre 2010);
Bartolo Dambrosio era un elemento strategico nella mafia locale, e ben noto alle forze dell'ordine. Risulta che sul social forum Facebook coltivasse rapporti di amicizia con esponenti politici, quali il sindaco Mario Stacca, il consigliere Michele Barattini, l'assessore alla cultura Giovanni Saponaro, e l'ex consigliere Nicola Clemente (BariSera del 10 settembre 2010);
D'Ambrosio era anche il pro cugino del presidente del Consiglio Comunale, Nicola D'Ambrosio;
lo stesso Nicola Dambrosio e Saverio Columella, figlio dell'amministratore della Tradeco di Altamura, in alcune intercettazioni telefoniche disposte dal pubblico ministero Desirèe Digeronimo, avrebbero parlato «di presunte tangenti date a Pasquale Lomurno, segretario del sindaco di Altamura Mario Stacca» (Barisera di venerdì 10 settembre 2010). L'intercettazione sarebbe al vaglio dei carabinieri «per provare l'antica abitudine dei Columella al pagamento di tangenti ai pubblici amministratori» (Barisera di venerdì 10 settembre 2010);


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si precisa che la società Tradeco S.p.A gestisce il servizio rifiuti solidi urbani ad Altamura, e che da tempo è al centro di inchieste giudiziarie. Risulta che il 7 settembre 2010 il comune abbia deliberato un milione e 260 mila euro alla società per il trasporto di rifiuti fuori bacino. In proposito, come riportato da un articolo del 26 settembre pubblicato sul sito altamuralive.it, il movimento «Aria Fresca» avrebbe dichiarato: «Mentre da settimane i cittadini attendono che il sindaco Stacca e i suoi collaboratori chiariscano con versioni credibili e documentate il contenuto delle intercettazioni effettuate dai Carabinieri su disposizione della Magistratura in cui amabilmente diversi di loro parlano, come rilevano gli stessi investigatori, di mazzette e bustarelle, arriva la ciliegina sulla torta. Il giorno seguente all'omicidio di Bartolo Dambrosio, mentre la città era sgomenta per l'accaduto ed esponenti dell'amministrazione rilasciavano dichiarazioni sconcertanti sulla vittima, Stacca e la sua squadra erano impegnati anche in qualcos'altro»;
in particolare, riporta sempre l'articolo succitato, il Movimento avrebbe aggiunto che: «l'amministrazione Stacca ha deliberato, in via definitiva, di chiudere con una transazione il contenzioso che la opponeva alla Tradeco in merito alla quantificazione dei costi per il trasporto fuori bacino dei rifiuti indifferenziati. Si tratta della deliberazione di giunta n. 112 del 7 settembre 2010, che segue la precedente deliberazione n. 45 del 15 marzo 2010 con la quale sempre l'amministrazione Stacca aveva avviato tutta la procedura e la determinazione dirigenziale n. 1108 del 27 agosto 2010 che ha quantificato gli esborsi. Alla Tradeco viene riconosciuto, a partire dalla data di chiusura della discarica di Altamura (dal 1° aprile 2008) oltre un milione di euro all'anno per il servizio offerto. Somme che si aggiungono all'appalto di raccolta e smaltimento sui rifiuti (circa 7 milioni di euro, tra i più alti della Puglia) e ai costi di biostabilizzazione che il sindaco Stacca ha deciso di assumersi con ordinanza n. 52 del 30 aprile 2010. Tutto questo, mentre la percentuale già bassa di raccolta differenziata è in ulteriore diminuzione (appena l'8 per cento nel 2010) e, per questo, la Città paga 400mila euro di ecotassa regionale. Invece di prendere la strada dello scioglimento del contratto capestro, un contratto frutto di un appalto dalle regole truccate gestito da varie amministrazioni, ecco arrivare l'ennesimo esborso a danno degli altamurani. Un esito che non ci sorprende perché segue uno schema di condotta già collaudato in questo Comune: si fa la faccia feroce con la ditta, questa fa partire i contenziosi, l'amministrazione chiede pareri e consulenze, poi tutto si chiude con una transazione che viene fatta passare come favorevole per la Città (quest'ultima conciliazione riconosce alla Tradeco quasi 1.100.000 euro all'anno anziché i circa 1.700.000 richiesti inizialmente dalla ditta). "Con quale serenità, lucidità e imparzialità è stata definita e chiusa la transazione da questi amministratori, considerato che diversi di loro, tra i più vicini al sindaco, intrattenevano da anni - come emerge dalle intercettazioni effettuate su disposizione della Procura dai carabinieri in questi anni - rapporti molto confidenziali e intimi con i componenti della famiglia titolare della Tradeco (cioè l'impresa che gestisce il più costoso servizio pubblico locale che assorbe circa un quarto della spesa corrente comunale)?"»;
l'attività di Carlo Dante Columella, patron della Tradeco, è oggetto di indagine da parte dell'antimafia che ipotizza i reati di associazione per delinquere e corruzione, traffico illecito e presunta gestione non autorizzata dei rifiuti. Dalle indagini degli inquirenti, la discarica in contrada Le Lamie conterrebbe il doppio dei rifiuti previsti. Il «re dei rifiuti della Murgia» è stato condannato il 29 settembre 2010 a 5 mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 20 mila euro per costruzioni «in contrasto con la pianificazione urbanistica e in totale difformità rispetto al permesso di costruire peraltro illegittimo» in contrada San Tommaso, tra Altamura e San


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teramo. Stessa pena è stata irrogata alla moglie, Irene Petronella, e al progettista Alfredo Striccoli;
ma nelle intercettazioni all'esame della Procura, come si legge in un articolo pubblicato su Barisera, vi sarebbe anche uno «stralcio di presunte tangenti che i Columella devono pagare». Nella conversazione del 30 marzo 2002 tra Carlo Columella e una impiegata della Tradeco, Lucia Castoro, si discute di alcune questioni relative alla discarica. L'articolo succitato riporta la seguente conversazione: «Lucia Castoro (C): (...) i soldi per zio Franco (Petronella Francesco) per quelli lì ... (punto della registrazione incomprensibile) ... ora quello che mi ha detto, mi ha detto che deve andare lui ora (...) gli ottocento a Pasquale (duemilacinquecento a quell'altro - sembra dire al politico - (...). L'articolo riporta anche una telefonata del 10 aprile 2002 in cui le stesse persone parlano di una «presunta dichiarazione di guerra» che gli starebbero muovendo. Columella afferma che dirà al magistrato, il quale lo deve ascoltare, che «(...) mi hanno fatto la "delibera", volevano 500 milioni (di vecchie lire, ndr), non glieli ho dati, me l'hanno revocata»;
in un articolo apparso su La Repubblica sezione di Bari del 22 settembre 2010, il summenzionato giornalista Alessio Di Palo ha dichiarato: «Nico (Dambrosio) è un pesce piccolo. E in corso un braccio di ferro fra Stacca e i Columella. Nel 2011 dovrà essere bandita la gara d'appalto per lo smaltimento dell'immondizia e i Columella, appunto, non possono permettersi il lusso di perderla»;
Michele Columella è sotto indagine, insieme all'ex Assessore alla sanità Alberto Tedesco, per l'appalto dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri della Asl Bari. L'ex dirigente Asl Lea Cosentino, interrogata dalla pm Digeronimo, avrebbe parlato di «un'amicizia fraterna che Tedesco aveva con la Tradeco di Columella. Io conosco il signor Franco Petronella - ha spiegato Cosentino - lo conosco da quando stava ad Altamura perché è un consigliere anche comunale e siccome Alberto Tedesco lo definiva mio fratello sapevo che spesso andava presso la società Tradeco a fare politica» (Corriere del Mezzogiorno.it);
sottoposti ad interrogatorio, tra gli altri, anche il legale rappresentante della società di smaltimento rifiuti Vi.ri. di Altamura, e Francesco Petronella, titolare della società;
secondo il giudice «è stata evidenziata l'illecita ingerenza degli indagati a sostegno degli interessi economici» di tre aziende, la Vi.ri srl, specializzata nella raccolta di rifiuti speciali, la Draeger Spa, rappresentata dal nipote di Tedesco, e la Consanit scpa, per l'aggiudicazione di altrettanti appalti dalla Asl di Bari (Corriere del Mezzogiorno.it);
i reati contestati all'ex assessore regionale alla sanità Alberto Tedesco sono corruzione, turbativa d'asta e concorso in violazione del segreto d'ufficio rispetto ad appalti per un valore complessivo di 9 milioni di euro;
alla morte di Bartolo Dambrosio, sia il presidente del Consiglio Comunale che l'assessore alla cultura Giovanni Saponaro hanno addirittura esaltato la figura del boss, sostenendo che fosse «una persona rispettabile». In particolare Nico Dambrosio su La Repubblica ha definito il suo parente come «una personalità eccessivamente portata verso il prossimo, il suo atteggiamento di vita era quello di una persona che puntava ad una promozione sociale». Con tali dichiarazioni, non degne di pubblici amministratori, è stato minimizzato l'ennesimo fatto di sangue legato a dinamiche mafiose avvenuto ad Altamura;
risulterebbe anche che alcuni esponenti delle forze dell'ordine fossero soliti fare jogging col boss, esperto in arti marziali. Il fatto mai smentito, se confermato sarebbe ad avviso dell'interrogante di inaudita gravità, soprattutto considerato che uno di questi esponenti, avrebbe persino protetto Dambrosio (La Repubblica sezione di Bari del 14 settembre 2010);


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come se non bastasse, Bartolo Dambrosio avrebbe anche organizzato eventi collettivi, con il favore e il sostegno economico dell'amministrazione comunale. Appena due giorni prima della sua morte, avrebbe presentato la Notte bianca di Altamura;
il sindaco di Altamura, Mario Stacca, in seguito alle inopportune dichiarazioni del presidente del consiglio comunale sul parente boss assassinato, ha chiesto le dimissioni di Nico Dambrosio. Il presidente però non si è fatto da parte, così il 20 settembre 2010 il sindaco ha presentato la lettera di dimissioni, «già pronta per l'eventualità e l'ha fatta protocollare» (Corriere del Mezzogiorno.it) per consentire di fare chiarezza sugli ultimi fatti accaduti;
solo dieci giorni dopo, il sindaco ha ritirato le sue dimissioni, nonostante i presunti legami tra politica, imprenditoria e malavita siano rimasti inalterati e il presidente del consiglio comunale che elogia la personalità di un boss mafioso sia rimasto al suo posto;
in segno di protesta contro l'intensificarsi dei fenomeni mafiosi ad Altamura, il Coordinamento per la legalità ha recentemente organizzato una manifestazione in piazza della Repubblica. La portavoce del movimento, Valentina D'Aprile, ha dichiarato testualmente «Ad Altamura la mafia c'è, c'e anche una cultura mafiosa. Va avanti in questo modo da vent'anni. Non siamo noi a sostenerlo, ma gli investigatori della Dia e i magistrati della Dda, che parlano di intreccio mafioso-affaristico-politico. Ecco perché vorremmo che oltre agli inquirenti, impegnati a fare luce su questo intreccio, lo stesso risultato fosse garantito da chi ha gestito la nostra città» (La Repubblica sezione di Bari del 28 settembre 2010);
con tale manifestazione i ragazzi di Altamura per la legalità, hanno intesto proporre una «riflessione generale» per allontanare il rischio di «trasformare l'Alta Murgia in una terra invivibile, fra l'omertà dei testimoni, l'assenza di denunce per le estorsioni, la scarsa attenzione sul tema dell'usura e il consumo della droga» (La Repubblica sezione di Bari del 26 settembre 2010) -:
alla luce dei fatti descritti in premessa che rendono manifesta la forte incidenza della criminalità organizzata nella società altamurana, e che confermano l'esistenza di rapporti tra questa ed esponenti politici locali, se non si ritenga di accertare se ad Altamura vi siano condizionamenti esterni tali da richiedere lo scioglimento del consiglio comunale, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
(2-00849) «Zazzera, Barbato, Granata».

Interrogazioni a risposta immediata:

RAO, COMPAGNON, CICCANTI, NARO, VOLONTÈ, GALLETTI, LIBÈ, OCCHIUTO, ENZO CARRA e MEREU. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 7 del decreto-legge n. 144 del 2005 (il cosiddetto decreto Pisanu) ha posto dei limiti severi, in termini di adempimenti burocratici, per l'accesso senza fili alla rete internet;
la norma, infatti, obbliga il gestore di pubblico esercizio, dopo aver chiesto una specifica licenza al questore, a richiedere l'identificazione da parte di coloro che vogliono accedere alla rete a mezzo wi-fi e a conservare in un apposito archivio i vari log relativi ai clienti/utenti;
adottata nell'ambito delle misure volte a contrastare il terrorismo internazionale, una regolamentazione dell'utilizzo delle reti wi-fi aperte così rigida è riscontrabile solo in Italia e comporta elevati oneri burocratici, oltre a rappresentare un freno all'utilizzo della rete da parte dei cittadini e all'erogazione dei nuovi servizi offerti da parte delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici;
la norma, infatti, limita l'utilizzo dei servizi informativi diretti, quelli della infomobilità,


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dei servizi innovativi per la fruizione di beni culturali, ambientali e servizi per il turismo, dei servizi specifici destinati ai diversamente abili, dei servizi in ambienti pubblici, come aree verdi, biblioteche, ospedali, e dei servizi per la sicurezza;
il «decreto Pisanu» dal 2005 è stato oggetto di numerose proroghe, l'ultima delle quali scadrà il prossimo 31 dicembre 2010 -:
se non ritenga opportuno evitare una ulteriore proroga di una norma che non ha eguali in Europa e che rischia di frenare lo sviluppo del wi-fi in Italia, di pregiudicare il processo di semplificazione in atto e di limitare il diritto dei cittadini al libero accesso ai servizi della pubblica amministrazione.
(3-01274)

PICIERNO, FERRANTI, GARAVINI, MARAN, AMICI, QUARTIANI, GIACHETTI, CAPANO, CAVALLARO, CIRIELLO, CONCIA, CUPERLO, MELIS, ANDREA ORLANDO, ROSSOMANDO, SAMPERI, TENAGLIA, TIDEI e TOUADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si sta assistendo negli ultimi mesi al continuo ripetersi di azioni intimidatorie, minacce e attentati contro esponenti delle procure e operatori dell'informazione coinvolti nell'accertamento della verità e nel racconto di fatti riguardanti le organizzazioni mafiose;
l'intensa attività investigativa portata avanti in questi anni dalle forze dell'ordine e dalla magistratura ha consentito l'avvio di nuove indagini, l'arresto di numerosi latitanti, la confisca di beni per diversi milioni di euro, lo smantellamento di alcuni nuclei operativi di Cosa nostra, camorra e 'ndrangheta su tutto il territorio nazionale, l'apertura di nuovi importanti processi giudiziari;
in particolare, alcuni aspetti negli ultimi anni hanno dimostrato un rinnovato vigore nella lotta alle mafie da parte dello Stato: l'emergere di nuovi elementi sulle stragi di Capaci e Via D'Amelio, tali da condurre, secondo quanto risulta da notizie di stampa, il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari ad annunciare, nel corso dell'audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere del 21 luglio 2010, la trasmissione alla procura generale della richiesta di revisione del processo per l'attentato in cui persero la vita Paolo Borsellino e la sua scorta nel luglio del 1992; la realizzazione del più grande processo contro la camorra, il processo Spartacus, concluso nel corso del 2010 con il terzo grado di giudizio, che ha coinvolto 115 persone e condannato numerosi esponenti del clan dei Casalesi, fra cui Francesco Schiavone (detto Sandokan), Francesco Bidognetti, Michele Zagaria e Antonio Iovine, gli ultimi due processati in contumacia poiché latitanti; la grande energia con cui le forze investigative e giudiziarie hanno provveduto ad arresti, confische, indagini e processi ai danni della 'ndrangheta, in particolare dopo l'omicidio del vicepresidente della regione Francesco Fortugno nel 2004 e dopo la strage di Duisburg del 2007, nonché la centralità data dalla relazione annuale della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere del 2008 all'organizzazione criminale calabrese, a cui bisogna aggiungere l'evidente e positivo cambiamento intervenuto nella società calabrese, dove sono sorti vari movimenti a sostegno della legalità e dove sono apparsi per la prima volta dei collaboratori di giustizia appartenenti alle 'ndrine;
a questi importanti fatti sono seguiti avvenimenti che non possono che suscitare la più viva preoccupazione: sempre secondo quanto emerge da fonti di stampa, nel corso dell'audizione sopra citata in Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, è cominciato ad emergere come a impedire fino ad ora l'identificazione dei responsabili


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della strage di Via D'Amelio siano stati colossali depistaggi, le amnesie istituzionali, le false prove, parole chiare per descrivere come si vada delineando per gli avvenimenti del 1992 un coinvolgimento del più volte evocato «terzo livello», comprendente pezzi deviati dello Stato, uomini dei servizi, logge segrete; le minacce esplicite, considerate attendibili e pericolose, nei confronti del giudice Raffaele Cantone, della giornalista Rosaria Capacchione e dello scrittore Roberto Saviano, ognuno a suo modo protagonista di un nuovo racconto di verità sulla camorra, nonché le ripetute minacce e intimidazioni a esponenti politici e amministratori campani noti per l'impegno in difesa della legge; i ripetuti attentati e atti intimidatori avvenuti in Calabria negli ultimi mesi: la bomba del gennaio 2010 alla procura di Reggio Calabria, il 26 agosto 2010 lo scoppio di un ordigno nel palazzo del procuratore generale Salvatore Di Landro e il 5 ottobre 2010 il ritrovamento poco distante dalla procura di Reggio Calabria di un bazooka destinato al procuratore generale Pignatone; fatti particolarmente inquietanti, perché fanno emergere un tentativo delle organizzazioni criminali di rispondere all'attacco sferrato dallo Stato con maggiore violenza e ferocia, ricreando un clima che da più voci è stato descritto come simile a quello degli anni '90, precedente la stagione stragista;
in questo quadro, il recapito di una lettera anonima agli inquirenti di Caltanissetta, avente la forma di una nota riservata proveniente da organi investigativi o apparati di sicurezza, contenente informazioni riguardanti una recente riunione svoltasi a Messina tra esponenti di Cosa nostra, camorra e 'ndrangheta, per concordare e pianificare l'eliminazione fisica di rispettivi «nemici», fra i quali vengono citati lo stesso Lari, l'ex pubblico ministero Cantone e il procuratore Pignatone, assume dei contorni estremamente oscuri; la tempistica della nota e della relativa riunione di Messina risalirebbe proprio ai giorni successivi all'audizione svolta presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, in cui sono stati, tra l'altro, evidenziati gli ostacoli riscontrati nell'accertamento della verità sulla strage di Via D'Amelio -:
alla luce di quanto riportato, quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato ritenga opportuno avviare affinché sia accertata l'effettiva esistenza della riunione tra boss delle mafie tenutasi a Messina e di piani volti a dare vita a una nuova stagione di violenza, con attentati e omicidi «eccellenti», e al contempo, nel caso in cui questa ipotesi fosse considerata attendibile, quale ulteriore supporto intenda fornire all'azione repressiva e preventiva nei confronti delle organizzazioni mafiose, accertando che siano state prese le più efficaci misure di protezione e sicurezza per consentire piena incolumità e agibilità ai procuratori minacciati.
(3-01277)

Interrogazione a risposta in Commissione:

LUCIANO DUSSIN e REGUZZONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il posto di polizia ferroviaria di Castelfranco Veneto (Treviso), attualmente consta di n. 9 dipendenti, compreso il comandante, di cui n. 2 dipendenti in aspettativa che con tutta probabilità non rientreranno;
a maggio del 2011 resteranno in 6 poiché il vice comandante dovrà andare in pensione per limiti di età, mentre il comandante ha già raggiunto i presupposti per la pensione e in qualsiasi momento può andare via;
se questo accadesse si ritroverebbero in 5 unità, pochi per resistere alla paventata chiusura del posto Polfer da parte del Ministero dell'interno, che richiede un minimo di 7 unità;
si potrebbe incrementare in modo sufficiente con l'invio di almeno n. 2-3 unità operative da attingere dalle liste di attesa per questo ufficio;


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a tal proposito si precisa che la stazione di Castelfranco Veneto, per la sua importanza e logistica, è fra le 116 stazioni di media importanza «Centostazioni», perciò considerata dalle Ferrovie dello Stato una stazione molto, rilevante per la sua mole di viaggiatori e studenti, nonché quale snodo ferroviario che consente il passaggio giornalmente di circa 170-180 treni, di cui circa 50-60 merci provenienti da ogni parte, liberando così quasi tutto il traffico merci che gravava prima sulla tratta Padova-Mestre-Treviso;
la Polfer di Castelfranco è impegnata inoltre nella vigilanza di numerose linee, stazioni e scali F.S. e precisamente: linea F.S. Vicenza-Treviso, che comprende le stazioni di Albaredo-S. Martino di Lupari-Tombolo-Cittadella-Fontaniva-Carmignano di Brenta-San Pietro in Gu; linea F.S, Bassano-Padova, che comprende le stazioni di Bassano-Rosà-Rossano Veneto-Cittadella-Villa del Conte-Fratte; linea F.S. Camposampiero-Montebelluna che comprende dall'ingresso della stazione di Montebelluna, le stazioni di Fanzoro-Castelfranco Veneto, fino al segnale di protezione a Camposampiero, in attesa della nuova fermata a Loreggia; linea F.S. Mestre-Trento che comprende le stazioni di Trebaseleghe di nuova realizzazione Piombino-Dese-Resana-Castelfranco Veneto-Castello di Godego-Cassola-Bassano-Pove-Solagna-S. Nazario-Carpanè Valstagna-S. Marino-Cismon del Grappa-Primolano e fino al confine con la regione Trentino Alto Adige;
come si può notare, rientrano nella competenza del suddetto ufficio, le stazioni di Cittadella e Bassano: la prima risulta una delle prime stazioni per il carico e lo scarico di treni merci in tonnellaggio a livello regionale, mentre la stazione di Bassano è ai primi posti per numero di viaggiatori, studenti e pendolari verso Venezia, coprendo un grande bacino d'utenza;
la Polfer di Castelfranco Veneto risulta essere il primo ufficio della polizia istituito in Castelfranco Veneto, subito dopo la seconda guerra mondiale e ancor prima come milizia ferroviaria;
i compiti della Polfer sono la prevenzione e repressione reati in corsa treno, stazioni e scali F.S., nonché tutto quello che riguarda la regolarità dell'esercizio ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980;
chiudere la Polfer di Castelfranco Veneto significa meno controllo del territorio, e praticamente libero arbitrio da parte di piccole bande di minori extracomunitari che già a fatica si riesce per il momento ad allontanare;
le stazioni, come si sa, sono luogo di incontro e crocevia per qualsiasi malaffare;
il personale del posto di polizia ferroviaria di Castelfranco Veneto è inoltre impegnato per le scorte ai treni regionali e euro star city nell'ambito regionale e non;
talune volte personale del suddetto ufficio viene sacrificato per sopperire alle problematiche di altri uffici, tanto da dover chiudere e così perdere un po' alla volta il controllo del territorio;
in futuro il traffico ferroviario in Castelfranco Veneto sarà sempre più incrementato tanto che la regione Veneto con la metropolitana di superficie e la nuova istituenda stazione dei bus vicino a quella dei treni (gomma-rotaia) accentuerà il flusso di viaggiatori in modo esponenziale in arrivo e partenza da questo scalo F.S. -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato relativamente alla permanenza, o meglio al potenziamento, del posto di polizia ferroviaria di Castelfranco Veneto (Treviso).
(5-03558)

Interrogazione a risposta scritta:

BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese i casi di violenza da parte di stranieri, soprattutto di religione


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islamica, nei confronti delle mogli e dei figli, compiuti in nome del fondamentalismo e dell'oscurantismo religioso, sono sempre più numerosi;
un'ennesima tragedia si è consumata il 3 ottobre 2010 a Novi di Modena (Modena), dove una donna pakistana, Begm Shnez, è stata uccisa a sassate dal marito Hamad Khan Butt, di 53 anni e la figlia Nosheen Butt è stata gravemente ferita dal fratello di 19 anni, Hamir Butt;
alla base della tragedia ci sarebbe stato il rifiuto della figlia Nosheen, di 22 anni, di sposare il cugino, come invece avrebbe voluto il padre omicida;
la madre avrebbe difeso la figlia e per questo il marito l'avrebbe colpita, dapprima con un mattone alla testa e poi con una spranga, mentre il figlio bastonava ripetutamente la sorella, ferendola alla testa ed a un braccio;
sono stati inutili i soccorsi per la madre, che ha perso la vita poco dopo essere arrivata all'ospedale di Modena, mentre la ragazza è stata sottoposta ad un delicato intervento chirurgico alla testa ed è ancora in prognosi riservata;
molti della comunità pakistana di Novi di Modena conoscevano Khan Butt che, oltre ad essere proprietario dell'appartamento dove viveva la famiglia di cinque persone, è anche proprietario del locale a piano terra, di via Bigi Veles 38, utilizzato come moschea;
sempre secondo le testimonianze, la moglie aveva già chiesto aiuto ad associazioni locali vicine alla comunità pakistana e, da tempo, diceva di avere paura di essere uccisa dal marito, per le troppe liti in famiglia, a causa delle discussioni sulla figlia;
pare, sempre secondo altre testimonianze, che il Khan Butt stesse per comprare un altro locale da adibire a moschea;
la mediatrice culturale, nonché presidente della comunità pakistana del distretto di Carpi, ha dichiarato a mezzo stampa che «l'80 per cento dei matrimoni all'interno della comunità pakistana sono combinati» e di non sapere «quando nella nostra comunità si smetterà con questi omicidi»;
il cugino della vittima, Nasir Mahoomod di 45 anni, ha chiesto alle autorità di proteggere Nosheen, perché l'omicida, anche «dal carcere può organizzare atti violenti» nei suoi confronti e «temo che possa contattare qualcuno per portare a termine ciò che ha iniziato»;
sarebbe opportuno, tra l'altro, approfondire il ruolo dei servizi sociali in questa tragica vicenda;
violenza fisica, matrimoni imposti, poligamia e imposizione del burqa sono solo alcune delle vessazioni a cui sono sottoposte ancora troppe donne di religione islamica in Italia; si tratta di fenomeni alimentati dalla disinformazione, dall'isolamento, dalla mancata conoscenza dei propri diritti;
i tanti episodi di violenza compiuti nei confronti delle donne musulmane, oltre a suscitare indignazione e ferma condanna, devono anche far riflettere sul fatto che la maggior parte di essi sono compiuti da componenti dei loro nuclei famigliari e da persone del loro stesso credo religioso -:
se il Ministro sia a conoscenza di tali fatti;
come sia possibile che, nonostante le richieste di aiuto avanzate dalla vittima e dalla figlia ad associazioni locali dedite ad attività di mediazione culturale, teoricamente volte a facilitare l'integrazione degli stranieri, non sia intervenuto nessuno per denunciare le violenze subite dalle due donne;
se sia in grado di fornire dati relativi a vicende che vedono coinvolte donne islamiche vittime di violenze e soprusi all'interno dei propri nuclei famigliari, avvenuti nel nostro Paese negli ultimi cinque anni;
se non ritenga necessario avviare, con la collaborazione degli enti locali, un'indagine approfondita per verificare quante


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situazioni analoghe, non denunciate, ci siano nel nostro Paese, con particolare riferimento al fenomeno dei cosiddetti matrimoni combinati, e per verificare la reale situazione delle donne straniere che vivono in Italia;
se e come intenda intervenire per verificare se l'attività di culto svolta nel locale adibito a moschea, in Via Bigi Veles 38, di Novi di Modena, rispetti le prescrizioni di legge e soprattutto non sia rivolta a finalità illecite, a danno della sicurezza e dell'ordine pubblico, nonché della sicurezza nazionale;
quali iniziative urgenti intenda adottare per impedire che luoghi come questo continuino a proliferare nel nostro Paese, spesso senza essere tempestivamente individuati, e siano utilizzati per indottrinare le nuove generazioni straniere al fondamentalismo ed al fanatismo religioso.
(4-08982)