Allegato B
Seduta n. 422 del 24/1/2011


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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Libertà, in data 16 gennaio 2011 un detenuto nella casa circondariale delle Novate (Piacenza) si è conficcato in testa un pezzo di ferro che ha ricavato dagli arredi della sua cella, dopodiché è stato chiamato il 118 e l'uomo è stato soccorso dai sanitari dell'infermeria della casa circondariale;
da quanto si è appreso, il protagonista dell'episodio è un detenuto di origini straniere con problemi psichici che un paio di giorni prima era stato purtroppo protagonista di un altro simile episodio. Nella precedente circostanza infatti si era conficcato in testa due viti e anche allora era dovuto ricorrere alle cure dei sanitari, fortunatamente anche quella volta le ferite che si era provocato non erano state gravi -:
quali iniziative, anche normative, urgenti il Governo intenda adottare al fine di far sì che i detenuti affetti da gravi patologie psichiatriche siano assegnati a strutture, diverse da quelle carcerarie ordinarie, in grado non solo di contenerli ma


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anche di predisporre nei loro confronti un adeguato trattamento terapeutico, cosi come previsto dalle norme sull'ordinamento penitenziario.
(4-10540)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
una delegazione del sindacato di polizia penitenziaria, guidata la Mimmo Mastrulli (vice segretario nazionale dell'Organizzazione sindacati agenti di polizia penitenziaria) ha effettuato una visita ispettiva al nuovo reparto detentivo del carcere di Trani che dovrebbe ospitare, a breve, altri 180 detenuti che si aggiungeranno ai 260 attualmente reclusi nella struttura di via Andria;
i lavori, costati oltre 7 milioni di euro e durati poco meno di quattro anni, hanno interessato un'ala in passato occupata dalla sezione Giovani adulti. Il nuovo reparto si ispira al modello delle carceri americane e prevede - una rarità in Italia - anche due celle per detenuti disabili. La delegazione sindacale, al termine della visita, ha però contestato alcune disfunzioni strutturali;
secondo quanto dichiarato da Mastrulli, «il carcere di Trani tornerà ad accogliere anche detenuti di un certo spessore ma non è nelle condizioni di poter compiere questo passo, né di accogliere così tanti detenuti. Le nuove celle, seppur in linea con gli standard delle migliori carceri internazionali, lamentano alcune deficienze che ne mettono a rischio la sicurezza. Mancano le telecamere, non tutti i bagni sono dotati di spioncini e, nel caso dovesse andare in tilt la centrale operativa, si costringerebbe il personale di polizia ad effettuare controlli su di un muro a cielo aperto, con qualsiasi condizione metereologica. Il problema maggiore peraltro riguarda la cronica carenza di personale, visto che a Trani, nel giro di pochi anni, potremmo registrare un'utenza carceraria di circa 800 detenuti, soprattutto se verranno posti in essere i lavori di ristrutturazione di un'altra ala. Ad oggi, nella struttura, mancano circa 60 agenti di polizia penitenziaria. Per questo motivo chiedo l'istituzione di un tavolo di confronto al provveditorato regionale della Puglia invocando il rientro in sede a Trani di tutta la polizia penitenziaria distaccata da tempo presso altre strutture oltre che l'arrivo in città di un nuovo commissario di reparto. Le nostre richieste sono condivise dalla direzione locale, un motivo in più per proseguire nella nostra battaglia» -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare affinché venga posto rimedio, nel più breve tempo possibile, alle disfunzioni e alle carenze denunciate dal vice segretario dell'Osapp, dottor Mimmo Mastrulli.
(4-10541)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, Antonino Montalto, 22enne, recluso a Prato, si è tolto la vita impiccandosi nella propria cella il pomeriggio del 20 gennaio 2011;
ne ha dato notizia Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa Penitenziari, che ha commentato: «Chi ha competenze politiche e amministrative, potrà anche continuare a perpetrare un ostinato, quanto offensivo, silenzio e negare risposte a chi, come noi, pone senza indugio e foglie di fico la questione penitenziaria in termini crudi e nudi, ma non potrà sottrarsi, prima o poi, dall'affrontare la tragica realtà delle morti in cella»;
nei primi 20 giorni dell'anno salgono cosi a 5 i suicidi in carcere e a 6 il totale dei detenuti morti -:
se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza al fine di verificare, anche attraverso l'avvio di un'indagine, se vi siano responsabilità amministrative


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o disciplinari del personale penitenziario in ordine al suicidio del detenuto;
se e che tipo di sostegno psicologico fosse stato predisposto nei confronti del detenuto;
quanti siano gli psicologi e gli educatori effettivamente in servizio presso il carcere di Prato e quanti quelli previsti in pianta organica;
se non ritenga che l'alto tasso di suicidi in carcere dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere.
(4-10542)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, il 20 gennaio 2011 Salvatore Camelia, trentanovenne, si è suicidato in carcere, a Caltagirone, impiccandosi, con un lenzuolo, alla grata della finestra della sua cella. Inutili i primi soccorsi degli agenti dell'istituto penitenziario e i successivi interventi di rianimazione dell'uomo, il cui corpo è giunto privo di vita all'ospedale «Gravina» di Caltagirone;
secondo le prime ricostruzioni dei carabinieri di Mineo, che avevano eseguito il provvedimento restrittivo, l'uomo aveva aggredito e ferito la sua compagna con un coltello. Dopo l'arresto, Camelia era stato accompagnato nel carcere calatino. L'accusato sarebbe stato interrogato dalla competente autorità giudiziaria, che gli avrebbe contestato i reati di tentato omicidio e lesioni -:
se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza al fine di verificare, anche attraverso l'avvio di un'indagine, se vi siano responsabilità amministrative o disciplinari del personale penitenziario in ordine al suicidio del detenuto;
se e che tipo di sostegno psicologico fosse stato predisposto nei confronti del detenuto;
quanti siano gli psicologi e gli educatori effettivamente in servizio presso il carcere di Caltagirone e quanti quelli previsti in pianta organica;
se non si intenda immediatamente assumere le necessarie iniziative per stanziare fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione e di afflizione ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali, lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società.
(4-10543)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Tribuna di Treviso del 19 gennaio 2011 è stato pubblicato un articolo intitolato: «Così mi hanno picchiato in carcere. In aula il racconto di un detenuto rumeno arrestato per stupro. L'uomo ha accusato tre agenti di polizia penitenziaria di averlo pestato»;
il rumeno Lucian Elwis Andricsak, 28 anni, ha accusato in un'aula di giustizia tre agenti di polizia penitenziaria del carcere di Santa Bona di averlo picchiato tra il 12 e il 13 ottobre 2007, dopo che l'uomo era stato arrestato per aver violentato una brasiliana a Spresiano (condannato a 5 anni). I tre - Pasquale T., Gaspare C. e Maurizio V. - sono ora a processo con l'accusa di abuso d'ufficio;
nel corso della sua deposizione il rumeno ha raccontato quanto segue: «Mi hanno picchiato di brutto il giorno dopo il mio arrivo in carcere. Sono venuti tre


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volte in un giorno, mi hanno colpito alla schiena con calci e pugni. E sono tornati anche il giorno dopo. Mi hanno picchiato a mani nude, più volte: quando il giudice mi ha interrogato gli ho detto che ero stato picchiato. Ho avuto dolori per un anno dopo l'accaduto. Non capivo niente di quello che mi dicevano» -:
se sulla vicenda sia stata avviata un'indagine amministrativa interna e, in caso affermativo, quali ne siano stati gli esiti.
(4-10546)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, il 19 gennaio 2011 un detenuto egiziano di 66 anni, Mahmoud Tawfic, proveniente dalla libertà vigilata e tornato in carcere da due mesi, si è suicidato nel carcere di Sulmona;
il detenuto era affetto da tempo da una forte depressione che aveva minato il suo equilibrio psichico. Ad agosto aveva ottenuto la libertà dopo aver finito di scontare la sua pena. Ma la lunga detenzione gli aveva procurato forti contraccolpi a livello psichico. Uscito dal carcere, ha cercato di rifarsi una vita trasferendosi a Roma ma nella capitale si sarebbe macchiato di nuovi reati tanto che nel mese di dicembre 2010 è tornato nel carcere di Sulmona, questa volta da internato. Infatti, proprio in seguito al comportamento assunto una volta uscito dal carcere, il giudice lo ha ritenuto socialmente pericoloso, condannandolo all'ulteriore pena della casa di lavoro;
nei primi 20 giorni dell'anno salgono cosi a 5 i suicidi in carcere e a 6 il totale dei detenuti morti -:
se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza al fine di verificare, anche attraverso l'avvio di un'indagine, se vi siano responsabilità amministrative o disciplinari del personale penitenziario in ordine al suicidio del detenuto;
se e che tipo di sostegno psicologico fosse stato predisposto nei confronti del detenuto;
quanti siano gli psicologi e gli educatori effettivamente in servizio presso il carcere di Sulmona e quanti quelli previsti in pianta organica;
quanti internati siano impegnati in attività lavorative, quali i lavori svolti e quale sia lo stanziamento destinato alle mercedi in un anno;
più in generale cosa intenda fare affinché le case lavoro siano effettivamente tali con occupazioni che aiutino gli internati a superare il loro stato di «pericolosità sociale»;
se non ritenga di dover assumere iniziative volte a rivedere la normativa, risalente al codice Rocco del 1930, varato nel corso del ventennio fascista, riguardante le misure di sicurezza personali.
(4-10548)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con precedente interrogazione n. 4-05789, presentata nella seduta del 20 gennaio 2010, si è chiesto di sapere quali iniziative il Ministro della giustizia intenda adottare allo scopo di valutare, con riferimento al lungo periodo di custodia cautelare in carcere patito dal signor Giancarlo Benedetti, la sussistenza dei presupposti per un'eventuale promozione di un'azione disciplinare a carico dei magistrati investiti del relativo procedimento penale; nonché se la direzione degli istituti di pena all'interno dei quali il signor Benedetti è stato rinchiuso abbiano garantito al detenuto la presenza costante di un adeguato supporto psicoterapeutico come richiesto dalle sue precarie condizioni di


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salute, ed inoltre quali iniziative di rispettiva competenza il Ministro della giustizia ed il Ministro della salute intendessero adottare affinché al detenuto Giancarlo Benedetti fosse garantito il rispetto dei diritti inviolabili, in primis quello alla salute;
nonostante i solleciti del 9 febbraio 2010; del 4 marzo 2010; del 22 marzo 2010; del 12 aprile 2010; 12 ottobre 2010 e del 1o dicembre 2010, al predetto atto di sindacato ispettivo non è stata data ancora alcuna risposta;
nel frattempo lo stato di salute del signor Giancarlo Benedetti è andato lentamente peggiorando, atteso quanto accertato con apposita perizia medico-legale redatta in data 8 maggio 2010 dal professor dottor Maurizio Marasco, specialista in neurologia e in psichiatra, il quale nella conclusione della sua Relazione clinica ha rilevato (tra l'altro) quanto segue: «[...] A tutt'oggi, dopo oltre 40 giorni, il Benedetti non è stato ancora visitato dallo psichiatra del carcere, nonostante in data 14 gennaio 2010 il medico del reparto ove è alloggiato il predetto detenuto abbia richiesto la consulenza psichiatrica [...]»; «[...] Si rammenta, come rilevato nelle precedenti relazioni cliniche dello scorso anno e di qualche giorno fa, che si tratta di un soggetto con alto tasso di familiarità per le forme bipolari, patologia psichiatrica che si è presentata prevalentemente in forma depressiva e che funestamente ha colpito la madre del paziente, suicidatasi, ed altri familiari del Benedetti; il quale, dal canto suo, pur non avendo mai manifestato episodi acuti di depressione o di disturbo bipolare, sin dall'adolescenza soffre di disturbo da attacchi di panico, disturbo d'ansia che in realtà viene considerato un equivalente dei disturbi depressivi e non a caso richiede un trattamento farmacologico con farmaci anti-ansia, appoggiati a farmaci antidepressivi [...]»; «[...] In questo caso non si comprende la ragione per la quale, pur essendo stata richiesta la visita psichiatrica, il Benedetti a tutt'oggi non è stato posto a visita specialistica con il rischio che il disturbo da attacchi di panico che ormai si è cronicizzato si aggravi slatentizzando quella condizione depressiva che è latente ed insita nei geni del soggetto [...]»; «[...] Dunque, al fine di prevenire l'aggravamento della patologia di cui soffre attualmente il Benedetti, di prevenire in particolare il rischio che il suo disturbo da attacchi di panico si trasformi in una condizione depressiva franca, è indispensabile che il soggetto venga immediatamente sottoposto ad un trattamento farmacologico con farmaci antidepressivi e che venga anche sostenuto da una psicoterapia di supporto qualificata, oltre che sostenuto dal costante ed assiduo appoggio dei referenti affettivi. È dunque indispensabile avviare un programma multidisciplinare che non è realizzabile in ambiente penitenziario, non solo perché il supporto psicoterapeutico non è realizzabile nel circuito penitenziario ove la presenza dello psicologo è appena sufficiente ad osservare i nuovi giunti per un colloquio di primo ingresso e dove l'elevato numero di detenuti non consente allo psicologo la frequenza, la costanza e l'assiduità del supporto psicoterapeutico necessaria, ma anche in relazione al fatto che al supporto psicoterapeutico va affiancato il sostegno dei referenti affettivi, senza considerare il fatto che un paziente con la patologia di cui soffre il soggetto va assiduamente seguito anche dallo psichiatra, cosa che nello specifico non si sta verificando, considerato che la visita psichiatrica richiesta il 14 gennaio 2010, non è stata ancora eseguita ed anche se lo fosse a breve, comunque dovrebbe essere ripetuta a cadenza settimanale, il che, considerato che nel carcere di Rebibbia nuovo complesso sono operativi due psichiatri che devono fronteggiare una popolazione di oltre 1000 detenuti, appare utopistico. Per le sovraesposte ragioni ritengo, secondo scienza e coscienza, che il Benedetti presenti condizioni di salute psicofisica incompatibili con la persistenza del regime detentivo in carcere»;
contrariamente alle indicazioni contenute nelle relazioni cliniche del professor Marasco, il signor Giancarlo Benedetti, durante la sua permanenza negli istituti di


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pena di Regina Coeli, di Velletri e di Rebibbia nuovo complesso, non ha usufruito né di un adeguato supporto psicoterapeutico, né di un adeguato trattamento farmacologico;
nel corso del lungo periodo di custodia cautelare in carcere, al detenuto non sono mai stati concessi gli arresti domiciliari, pur essendo lo stesso persona incensurata e, quindi, sebbene difficilmente potesse essere ravvisato nel caso concreto il pericolo di reiterazione del reato e/o di fuga e né, tanto meno, il pericolo di inquinamento probatorio, atteso che i fatti di cui era accusato il signor Benedetti erano abbastanza risalenti nel tempo;
in data 11 novembre 2010, dopo 15 mesi trascorsi in carcere in custodia cautelare, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, dottor Riccardo Amoroso, assolveva il signor Giancarlo Benedetti, nel caso di specie difeso e assistito dall'avvocato Renato Borzone, perché «il fatto non sussiste»;
peraltro, sempre con riferimento alla carcerazione preventiva dal medesimo sofferta, consta agli interroganti che il signor Giancarlo Benedetti abbia preannunciato l'intenzione di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo al fine di chiedere la condanna dello Stato italiano per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali -:
se, anche alla luce della recente sentenza di assoluzione pronunciata in data 11 novembre 2010, il Ministro non ritenga opportuno valutare la sussistenza nella vicenda processuale illustrata in premessa dei presupposti per un'eventuale promozione di un'azione disciplinare nei confronti dei magistrati che sono stati investiti nel corso del tempo della questione relativa allo status detentionis del signor Benedetti, respingendo di volta in volta le richieste della difesa volte ad una sostituzione della misura cautelare carceraria;
se nel corso della sua detenzione il signor Giancarlo Benedetti sia stato sottoposto a visita psichiatrica così come dallo stesso richiesto dopo il 14 gennaio 2010;
se il detenuto abbia usufruito di un adeguato supporto psicoterapeutico e farmacologico nel corso della sua reclusione all'interno degli istituti di pena di Velletri e di Rebibbia nuovo complesso;
se, più in generale, al detenuto in questione sia stato garantito il rispetto dei suoi diritti inviolabili, a partire da quello alla salute.
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BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in un comunicato stampa del 17 gennaio 2011, l'Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria, alla luce delle recenti rivolte scoppiate in Tunisia, invita l'amministrazione penitenziaria a fornire tutti i mezzi necessari affinché i detenuti di nazionalità tunisina possano mettersi in contatto fin da subito con le famiglie di appartenenza, sia che si trovino dentro, sia che si trovino fuori dell'Italia;
ed invero su 67.973 mila reclusi presenti nelle carceri italiane, ben 3.122 sono di nazionalità tunisina, sicché sarebbe opportuno e necessario che l'amministrazione penitenziaria consentisse loro di entrare immediatamente in contatto con i propri parenti attraverso gli strumenti diplomatici nonché, anche in deroga all'ordinamento penitenziario, consentendo agli stessi di telefonare al proprio Paese di origine -:
se il Ministro interrogato intenda attivarsi al fine di consentire alle persone recluse di nazionalità tunisina di mettersi in contatto con i propri parenti attraverso gli strumenti diplomatici e/o per consentire agli stessi, anche in deroga a quanto previsto dalle norme dell'ordinamento penitenziario, di telefonare al proprio Paese di origine.
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MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
si apprende dall'articolo, pubblicato sulla cronaca romana del quotidiano La Repubblica di domenica 12 dicembre 2010 e dal titolo «Riaprite la biblioteca degli ex detenuti» che la biblioteca del Casale di Ponte di Nona, progettata e realizzata dall'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus, ha chiuso il 19 novembre 2010 i servizi al pubblico; motivo della chiusura della biblioteca del Casale di Ponte di Nona è la mancanza di disponibilità economiche sia per gli stipendi degli operatori (tra cui vi sono anche detenuti ed ex detenuti) sia per il pagamento dei servizi delle utenze;
negli anni 2004-2005, l'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus ha utilizzato una parte di due piccoli finanziamenti ottenuti dalla regione Lazio per iniziare ad allestire e organizzare una vera e propria biblioteca in una zona periferica del Municipio VIII di Roma;
l'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus ha, poi, raccolto migliaia di libri da cittadini provenienti da ogni parte della città di Roma, e ha pagato corsi di formazione che hanno permesso ad un gruppo di detenuti ed ex detenuti di imparare le basi della catalogazione con il sistema Sebina SBN, quello maggiormente utilizzato nei più importanti sistemi bibliotecari del Paese;
nel settembre del 2005 il comune di Roma ha assegnato all'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus un piccolo casale nel nuovo quartiere periferico denominato Nuova Ponte di Nona, come sede degli uffici dell'associazione e al fine di svolgervi iniziative di carattere socio-culturale rivolte prevalentemente alle fasce socialmente disagiate e in particolare agli ex detenuti e ai detenuti in misura alternativa;
nel giugno del 2006 l'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus ha inaugurato e aperto al pubblico, utilizzando i locali del piano terra del proprio casale, una vera e propria biblioteca, ossia la biblioteca del Casale di Ponte di Nona;
date le sue caratteristiche professionali, la biblioteca del Casale di Ponte di Nona è stata inserita nel polo bibliotecario della Sapienza di Roma;
grazie ai suoi 7.200 volumi e alla lunga serie di attività culturali e ludiche promosse dall'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus, la biblioteca del Casale di Ponte di Nona è stata, sino al giorno della sua chiusura, un prezioso luogo di aggregazione e di condivisione per tutti gli abitanti della zona, in particolar modo per i bambini;
l'attuale presidente della regione Lazio, Renata Polverini, il 17 aprile 2010, durante uno spettacolo della tradizione romanesca organizzato dall'Associazione Papillon, ha avuto modo di visitare la biblioteca e di apprezzare il lavoro socio-culturale svolto a Nuova Ponte di Nona dall'associazione Papillon - Rebibbia;
il 25 giugno 2010, il presidente Renata Polverini, durante l'inaugurazione della casa dello studente situata nel quartiere, ha inoltre confermato pubblicamente la sua volontà di sostenere lo sviluppo socio-culturale di Nuova Ponte di Nona, affermando che: «Questo quartiere, composto per lo più di giovani, ha certo bisogno di strade, ferrovie e servizi, ma ha anche bisogno di strutture dove usufruire gratuitamente della Cultura e dove poter socializzare»;
il 18 gennaio 2010, il consiglio dell'VIII municipio (Torbellamonaca) ha approvato all'unanimità una mozione bipartisan che chiede alle istituzioni competenti di intervenire per sostenere economicamente la biblioteca del Casale Ponte di Nona, dato che quest'ultima è stata considerata un centro di valorizzazione socio-culturale dell'estrema periferia dell'VIII Municipio -:
se a fronte dei menzionati fatti, e di un'apposita domanda dell'associazione


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non s'intenda aprire un'istruttoria per valutare in modo concreto se sussistano le condizioni affinché la Cassa delle ammende finanzi il centro di promozione socio-culturale organizzato dall'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus, che ha come elemento centrale la biblioteca del Casale di Ponte di Nona e che offre quotidianamente un servizio socio-culturale per tanti cittadini, costituendo al tempo stesso un posto di lavoro e di reinserimento sociale per detenuti ed ex detenuti.
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