Allegato B
Seduta n. 458 del 5/4/2011

TESTO AGGIORNATO AL 6 APRILE 2011


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GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
in un articolo del 24 gennaio 2011 de il Giornale di Luca Fazzo si riportava la notizia che tale Said Rashid, condannato in Italia nel 1986 all'ergastolo per omicidio, è attualmente presidente delle ferrovie di stato libiche;
nel luglio del 2009 Finmeccanica ha siglato un accordo di fornitura con le ferrovie libiche per un importo di 541 milioni di euro;
alla sigla di tale accordo erano presenti il presidente di Finmeccanica Guarguaglini,


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il sottosegretario agli esteri Stefania Craxi, il Ministro per il trasporto libico Zidane e lo stesso Rashid;
lo stesso Rashid ha chiesto alla procura di Milano la revisione del suo processo;
la vittima dell'omicidio che ha portato alla condanna all'ergastolo di Rashid si chiama Lahderi e lo stesso venne presentato dal Capo del Sismi generale Santovito al manager di Stato Giancarlo Elia Valori -:
se risulti a che punto sia la richiesta di revisione del processo presso il tribunale di Milano;
se si ritenga corretto che il Governo italiano e un'azienda di Stato sviluppino un contratto di tale importanza con una controparte condannata all'ergastolo in Italia;
se Rashid rientri nell'elenco delle persone fisiche contro le quali il Consiglio di sicurezza dell'ONU e l'Unione europea abbiano previsto sanzioni economiche e/o limitazioni alla libertà di circolazione;
se si ritenga nell'ambito dei rapporti anche futuri con la Libia di chiedere l'estradizione del Rashid in Italia per scontare la pena cui è stato condannato.
(2-01038)
«Mecacci, Fiano, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Zamparutti, Touadi, Beltrandi, Duilio, Villecco Calipari, Nannicini, Ferrari, Capano, Bobba, Picierno, Gozi, Bucchino, Grassi, Misiani, Porta, Gianni Farina, Bossa, Tidei, Lucà, Carella, Barbi, Lovelli, Minniti, Motta, Colombo, Sarubbi, Bernardini, Burtone, Melis, Dal Moro».

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa hanno riportato l'esito delle indagini relative alla cosiddetta inchiesta «toghe lucane» che avrebbe visto il proscioglimento di tutte trenta le persone indagate e per tutti ventiquattro i capi di imputazione ipotizzati dall'allora pubblico ministero Luigi de Magistris;
in particolare, dalla lettura dei quotidiani si apprende la generale mancanza di elementi di reato o l'insussistenza degli addebiti per tutte le ipotesi avanzate dall'accusa, ipotesi riferite, tra l'altro, a fattispecie molto gravi che avevano coinvolto magistrati e alti dirigenti della pubblica amministrazione;
si sarebbe trattato di un'indagine protratta per anni con ricorso a numerosi atti investigativi e a diverse intercettazioni telefoniche;
dalle anticipazioni sul provvedimento di archiviazione, a parere dell'interrogante, sembra emergere l'esistenza di un teorema accusatorio perseguito con inspiegabile perseveranza, in contrasto con l'evidenza degli elementi probatori posti, successivamente, alla base del generale proscioglimento degli indagati nonché in danno di persone coinvolte, loro malgrado, nell'indagine anche alla luce delle notizie rimbalzate, all'epoca, sui mezzi di comunicazione;
quello che, però, non risulta essere stato reso noto è il costo dell'intera operazione che, visto l'esito dell'indagine, farà probabilmente carico alle casse dello Stato -:
a quanto ammontino le spese relative al procedimento in questione e, in particolare, quelle riferibili alle intercettazioni telefoniche, quanti «bersagli» abbiano interessato queste ultime, quale sia stata la durata complessiva delle indagini, quali reati risultino essere stati contestati e per quali tra essi risultino autorizzate le intercettazioni telefoniche e con quali motivazioni;
quali iniziative intenda assumere, anche attraverso gli organi ispettivi, al fine di valutare l'esistenza dei presupposti per


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promuovere l'azione disciplinare, anche effettuando le segnalazioni del caso alla magistratura contabile.
(5-04527)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
giovedì 31 marzo 2011, Carlo Saturno, 22 anni, di Manduria (Ta), detenuto nella casa circondariale di Bari, si è impiccato nella sua cella. A trovarlo penzoloni sono state le guardie che lo hanno tirato giù quando respirava appena ed era in fin di vita. In suo aiuto è intervenuto il personale dell'infermeria e del 118 di Bari. Trasportato in ospedale è ora ricoverato in condizioni disperate nella rianimazione del policlinico, dove è mantenuto invita dalle macchine. L'elettroencefalogramma risulta piatto, per cui da un momento all'altro i sanitari potrebbero decidere di staccare la spina del respiratore. Come fanno sapere i suoi familiari, Carlo soffriva da tempo di crisi depressive ed era in cura con tranquillanti. Il suo avvocato, Tania Rizzo, del foro di Lecce, lo aveva visto l'ultima volta una ventina di giorni fa nel corso di un'udienza che lo riguardava nel tribunale di Mandria, e afferma di averlo trovato visibilmente agitato, nervoso e scostante;
i familiari si sono già rivolti ad un proprio legale di fiducia per capire le cause del gesto e soprattutto per scoprire eventuali responsabilità. Il giovane - come si legge nella nota diffusa dall'osservatorio permanente sulle morti in carcere - era detenuto per furto, ma era anche parte civile nel processo in corso davanti al tribunale di Lecce contro nove poliziotti del carcere minorile, che sono accusati di aver compiuto violenze sui detenuti tra il 2003 e il 2005. Il nome di Carlo Saturno, che all'epoca aveva 16 anni, compare infatti nell'elenco delle presunte vittime dei nove agenti di polizia penitenziaria del carcere minorile di Lecce che il tribunale salentino sta processando perché accusati di maltrattamenti e vessazioni di ogni tipo nei confronti di alcuni ospiti dell'istituto di pena per minori. Saturno è uno dei tre ex detenuti di quel minorile che si è presentato come parte lesa nel processo iniziato il 19 febbraio 2011 davanti giudice del tribunale di Lecce Pietro Baffa, che vede alla sbarra, per i presunti abusi nei confronti anche di Saturno, il capo degli agenti Gianfranco Verri, il suo vice Giovanni Leuzzi, sette agenti di polizia penitenziaria, per rispondere tutte della presunta atmosfera di paura instaurata tra i giovani detenuti con minacce, privazioni e violenze non di natura sessuale;
dal 29 marzo 2011 si sono verificati in Puglia tre tentativi di suicidio, uno a Lecce e gli altri due a Bari;
dall'inizio dell'anno in Puglia sono stati otto gli episodi - tra suicidi e tentativi di suicidi - riguardanti detenuti rinchiusi negli affollatissimi istituti di pena della regione;
dal 1o gennaio 2010 nella stessa regione sono morti 10 detenuti, 6 dei quali per suicidio;
il penitenziario di Bari in cui il detenuto era rinchiuso ha una capienza di 296 posti letto, a fronte di 606 detenuti presenti;
in tutta la regione sono 4.621 i detenuti rinchiusi tra i 13 penitenziari, a fronte di 2.528 posti regolamentari. Un esubero di 88 detenuti ogni 100 posti, affollamento del 182 per cento. Solo 125 reclusi svolgono lavoro intramurario. Al 28 febbraio 2011 i detenuti agli arresti domiciliari in base alla legge 199/10, cosiddetta «Svuota-carceri» risultano essere 128 di cui 8 stranieri;
la legge regionale 19 del 10 luglio del 2006 all'articolo 31 istituiva l'ufficio del garante dei diritti dei detenuti e impegnava la sua giunta ad approvare il regolamento per la composizione e il funzionamento dello stesso entro 180 giorni. Tale regolamento emanato il 29 settembre 2009 (n. 21) stabiliva entro 90 giorni la nomina


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di tale organo. A oggi la regione Puglia non ha ancora garante dei diritti dei detenuti;
il 25 giugno 2010 il Governo rendeva noto il parere dal titolo «Il suicidio in carcere Orientamenti bioetici» approvato dal comitato nazionale per la bioetica che, considerata la particolare vulnerabilità bio-psico-sociale della popolazione carceraria rispetto a quella generale sottolineava il preciso dovere morale a garantire un ambiente carcerario che rispetti le persone e lasci aperta una prospettiva di speranza e un orizzonte di sviluppo della soggettività in un percorso di reintegrazione sociale, ma, prima ancora, a riconsiderare criticamente le politiche penali che siano di per sé causa di sovraffollamento. E in cui il comitato nazionale di bioetica raccomandava alle autorità competenti di predisporre un piano d'azione nazionale per la prevenzione dei suicidi in carcere, secondo le linee indicate dagli organismi europei -:
di quali informazioni disponga il Ministro sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare un'indagine amministrativa volta a verificare eventuali responsabilità dell'amministrazione penitenziaria;
se non ritenga che l'alto tasso dei suicidi e dei tentati suicidi dipenda dall'elevato tasso di sovraffollamento e delle condizioni degli istituti di pena pugliesi;
quali iniziative, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere; se intenda istituire in ogni carcere degli appositi presidi specializzati per una prevenzione specifica rivolta alla tempestiva individuazione e intervento sulle situazioni a rischio suicidio in grado di travalicare la «soglia di resistenza» dei detenuti;
quali provvedimenti urgenti il Governo intenda adottare per garantire i livelli essenziali di assistenza sanitario-psicologica previsti dalla legge;
se si ritenga necessario, assumere le opportune iniziative per la creazione di un «osservatorio» per il monitoraggio delle morti che avvengono in situazioni di privazione o limitazione della libertà personale anche al di fuori del sistema penitenziario, osservatorio in cui siano presenti anche le associazioni per i diritti dei detenuti e degli immigrati;
cosa intenda fare per dare attuazione a quanto previsto e approvato nella mozione promossa dalla delegazione radicale nel gruppo del PD n. 1/00288, mozione che impegna il Governo ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte ad attuare, con il più ampio confronto con le forze politiche presenti in Parlamento, una riforma davvero radicale in materia di custodia cautelare preventiva, di tutela dei diritti dei detenuti, di esecuzione della pena e, più in generale, di trattamenti sanzionatori e rieducativi, che preveda:
1. la riduzione dei tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, nonché del potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale;
2. l'introduzione di meccanismi in grado di garantire una reale ed efficace protezione, del principio di umanizzazione della pena e del suo fine rieducativo, assicurando al detenuto un'adeguata tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei suoi diritti;
3. il rafforzamento sia degli strumenti alternativi al carcere previsti dalla cosiddetta legge «Gozzini», da applicare direttamente anche nella fase di cognizione, sia delle sanzioni penali alternative alla detenzione intramuraria, a partire dalla estensione dell'istituto della messa alla prova, previsto dall'ordinamento minorile, anche nel procedimento penale ordinario;
4. l'applicazione della detenzione domiciliare, quale strumento centrale nell'esecuzione penale relativa a condanne di minore gravità, anche attraverso l'attivazione di serie ed efficaci misure di controllo a distanza dei detenuti;


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5. l'istituzione di centri di accoglienza per le pene alternative degli extra-comunitari, quale strumento per favorirne l'integrazione ed il reinserimento sociale e quindi ridurre il rischio di recidiva;
6. la creazione di istituti «a custodia attenuata» per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento;
7. la piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario, in modo da poter esercitare al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento del detenuto che richiedono relazioni stabili e assidue tra quest'ultimo, i propri familiari e i servizi territoriali della regione di residenza;
8. l'adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi, non solo per ciò che concerne la loro consistenza numerica, ma anche per ciò che riguarda la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti;
9. il miglioramento del servizio sanitario penitenziario, dando seguito alla riforma della medicina penitenziaria già avviata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, in modo che la stessa possa trovare, finalmente, effettiva e concreta applicazione;
10. l'applicazione concreta della legge 22 giugno 2000 n. 193 (cosiddetta legge «Smuraglia»), anche incentivando la trasformazione degli istituti penitenziari, da meri contenitori di persone senza alcun impegno ed in condizioni di permanente inerzia, in soggetti economici capaci di stare sul mercato, e, come tali, anche capaci di ritrovare sul mercato stesso le risorse necessarie per operare, riducendo gli oneri a carico dello Stato e, quindi, della collettività;
11. l'esclusione dal circuito carcerario delle donne con i loro bambini;
12. una forte spinta all'attività di valutazione e finanziamento dei progetti di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, nonché di aiuti alle loro famiglie, prevista dalla legge istitutiva della Cassa delle ammende;
se intenda inviare un commissario straordinario dirigente generale per l'organizzazione dei servizi e delle relazioni sindacali dal dipartimento amministrazione penitenziaria presso il provveditorato regionale Pugliese;
se sia in grado di fornire un quadro di quanti garanti per i diritti privati della libertà personale siano stati istituiti a livello regionale, provinciale e comunale, e, per quel che riguarda le regioni, quali, pur avendo istituito la figura del garante non abbiano proceduto alla nomina;
se, considerate le difficoltà nell'istituzione dell'organo da parte delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali, non intenda riconsiderare la posizione negativa del Governo in merito all'istituzione del garante nazionale per le persone private della libertà.
(4-11492)

OLIVERIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Federica Mesoraca è una giovane ragazza di una famiglia originaria di Cutro in provincia di Crotone. Nata nei pressi di Bologna, in seguito al trasferimento della famiglia, conosce un ragazzo, Raffaele, con il quale avvia una relazione sentimentale;
dall'unione dei due nasce un bambino A.L.T, ma i problemi all'interno della coppia dei ragazzi, già evidenziati nel periodo precedente, si fanno più acuti e sia il bambino che la mamma vengono presi in carico dai servizi sociali;
nonostante Federica sia accolta in una casa famiglia insieme al figlio, il tribunale per i minorenni di Bologna apre un procedimento per accertare lo stato di


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abbandono del minore che, dopo un periodo di osservazione, termina con un decreto provvisorio di affido del piccolo, di 17 mesi, presso una famiglia affidataria, «in attesa che si creino condizioni diverse nella propria famiglia di origine, condizioni che gli consentano una crescita sana ed equilibrata»;
nel frattempo la famiglia materna aveva già fatto istanza di affido del minore, dichiarandosi disponibile ad accoglierlo in attesa che la mamma fosse in grado di acquisire le competenze genitoriali richieste, istanza respinta dal tribunale;
la famiglia di Federica è particolarmente unita ed in grado di assolvere i doveri parentali, tanto è vero che i nonni materni sono accorsi in aiuto della sorella maggiore, in occasione della separazione coniugale;
Federica Mesoraca, che ha visto il bambino solo una volta, lamenta l'impossibilità di vederlo in maniera adeguata e soprattutto a cadenze regolari;
senza entrare nel merito delle decisioni assunte dall'autorità giudiziaria, la vicenda in questione, ad avviso dell'interrogante, evidenzia la necessità di una revisione della normativa di cui alla legge n. 184 del 1983 in materia di affidamento temporaneo dei minori; in particolare, in casi come quello esposto, è necessario assicurare che sia preferita, tra le diverse opzioni possibili, la soluzione dell'affidamento del minore ai più stretti congiunti e che sia compiuto altresì ogni sforzo atto a preservare quantomeno le relazioni affettive del minore con i genitori e con la famiglia di origine -:
se il Governo non intenda assumere iniziative normative volte a modificare la disciplina dell'affido temporaneo dei minori di cui alla legge n. 184 del 1983, prevedendo, in casi come quello descritto in premessa, che sia privilegiata la scelta di affidamento del minore ai più stretti congiunti rispetto alle altre possibili soluzioni contemplate dalla legge o almeno che sia predisposta ogni cautela necessaria a salvaguardare le relazioni affettive tra il minore e la famiglia di origine, anche mediante il potenziamento degli strumenti di sostegno economico, educativo e psicologico finalizzati al tempestivo superamento delle difficoltà del nucleo familiare di provenienza.
(4-11496)