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la società italiana di ginecologia e ostetricia (SIGO) nella sua ultima newsletter ha rilanciato i dati del rapporto «L'assicurazione italiana 2010/11» di ANIA (Associazione delle imprese assicuratrici): tra il 1994 e il 2009, il numero dei contenziosi in ambito medico è più che triplicato, passando da 9.500 cause (civili e penali) alle attuali 34 mila, il che è il risultato della crescita esponenziale delle denunce sia contro singoli medici che nei confronti delle strutture sanitarie;
l'esplodere del contenzioso giudiziario in campo medico è preoccupante perché, accanto a casi nei quali vi sono realmente gli estremi per intervenire, ve ne è una grande massa nella quale in realtà non vi sono i presupposti;
tale situazione ha una serie di conseguenze molto gravi per l'intera categoria dei medici:
a) lo spargersi nell'opinione pubblica dell'idea, in realtà sbagliata, che i medici non sappiano fare il loro lavoro e che, quindi, curarsi in Italia (in realtà ai primi posti al mondo per qualità e preparazione della categoria) sia pericoloso;
b) l'aumento delle polizze assicurative pagate da medici e strutture sanitarie;
c) il crescente ricorso alla cosiddetta «medicina difensiva» la quale ha in definitiva, concretizzandosi nella scelta del medico di prescrivere cure ed esami a volte inutili pur di mettersi al riparo dall'eventualità di cause giudiziarie, anche conseguenze economiche negative sul bilancio sanitario nazionale;
il tema è al centro di una serie di utili proposte di legge all'esame dal Senato,
ma vista la complessità della materia i tempi di questo iter si stanno rivelando molto lunghi e quindi, a parere dell'interrogante e per le ragioni sopra esposte, sarebbe necessario compiere dei primi interventi per arginare il fenomeno del contenzioso giudiziario in campo medico in attesa dell'approvazione e dell'entrata in vigore di una riforma definitiva -:
quali eventuali iniziative, per quanto di sua competenza, il Governo intenda assumere in merito a quanto esposto in premessa.
(4-12718)
il quotidiano Il Messaggero nella edizione del 17 luglio 2011 riferisce del caso del signor Giorgio Manni, per sei volte andato al pronto soccorso, in quattro differenti ospedali, sofferente e con difficoltà respiratorie, chiedeva di essere ricoverato;
da quanto si apprende per ben cinque volte il signor Manni è stato rimandato a casa, e il 15 luglio è deceduto;
la sorella del signor Manni, signora Teresa, ha invano implorato i medici di fare qualcosa perché suo fratello stava sempre peggio, ma al pronto soccorso di Subiaco le hanno risposto scrivendo: «Si ribadisce l'assoluta incongruità di accessi al pronto soccorso, ancor più se effettuati utilizzando il servizio 118, per una sintomatologia cronica»;
secondo la ricostruzione che si è potuta fare, il signor Manni un mese fa avrebbe accusato forti dolori alla schiena; si sarebbe sottoposto a una cura a base di punture che non gli avrebbero procurato alcun giovamento, il medico di famiglia consiglia una risonanza magnetica, ma c'è posto solo per il 30 luglio. Le condizioni del signor Manni si aggravano, sente dolori forti all'altezza dei reni;
«il 4 luglio», racconta la signora Teresa, «chiamiamo il 118, l'ambulanza lo porta al pronto soccorso di Subiaco. Ha il volto giallo. Il medico lo visita e scrive che ha una lombosciatalgia resistente a terapia medica. Gli dicono di andare a casa e di fare quattro punture al giorno». La situazione non migliora, il signor Manni ha dolori sempre più forti, fatica a respirare: «L'8 luglio chiamiamo di nuovo l'ambulanza, soffre come un cane. Al pronto soccorso di Subiaco non gli fanno quasi nulla: una flebo, misurano la pressione, rilevano la frequenza cardiaca». Il medico scrive: «Paziente già valutato tre giorni fa e dimesso con chiara indicazione alla terapia domiciliare, torna alla nostra osservazione lamentando la medesima sintomatologia». Stessa terapia con tre medicinali. Aggiunge il medico: «Si ribadisce l'assoluta incongruità di accessi in pronto soccorso, ancora più se effettuati utilizzando il servizio 118»;
la notte del 9 luglio viene chiamata la guardia medica. Dopo la visita il responso. «Andate al pronto soccorso di Tivoli»;
il signor Manni viene condotto per la terza volta in pronto soccorso a Tivoli, è la mattina del 10 luglio. Stesso verdetto: lombosciatalgia resistente alla terapia, stesse punture; a questo punto i familiari del signor Manni si rivolgono al pronto soccorso dell'ospedale Umberto I di Roma; Qui, secondo il racconto della signora Teresa, il signor Manni viene respinto per la quarta volta: «Mio fratello entra al pronto soccorso dell'Umberto I alle 13.41, lo mettono su una sedia, dicono che c'è da aspettare. Lui non respira, perde la testa e comincia a urlare. Solo a sera lo portano in un altro stanzone con decine di altri pazienti sulle barelle. Lui mi sussurra: questo è un inferno, me sto a morì»;
il giorno successivo il giorno dopo il medico di base, dottor Filippo Pizzicaroli firma una richiesta di ricovero e consiglia di rivolgersi al CTO;
al CTO il signor Manni viene sottoposto ai raggi x rachide lombosacrale, una visita generale, e rimandato a casa;
secondo quanto riferito dalla signora Teresa, «mio fratello ha implorato il medico, tenetemi qua solo due giorni, io non respiro, sto morendo. Inutile. Ci hanno detto di comprare una bombola di ossigeno. Ma ogni notte mio fratello stava peggio. Quella notte l'ho trascorsa ad accudirlo, cercavo di dargli sollievo con asciugamani bagnati, lo portavo in balcone, non respirava. Al mattino Giorgio però è divenuto cianotico, ho capito che stava morendo. Ho telefonato al 118, ho urlato di correre»; la scena finale è tragica: codice rosso, Giorgio nel pronto soccorso perde conoscenza, alla fine un medico dice alla sorella che ci sono poche speranze: «la situazione è seria. Aveva un versamento polmonare, bisognava operarlo, mi hanno detto che lo portavano a Tor Vergata;
Giorgio Manni muore il 15 luglio 2011 al Policlinico Tor Vergata -:
di quali elementi disponga in relazione alla sconcertante vicenda di cui in premessa e quali iniziative di competenza abbia assunto o intenda assumere per far piena luce sull'accaduto.
(4-12726)
l'agenzia di informazioni «ANSA» il giorno 17 luglio 2011 ha diffuso la notizia che all'obitorio dell'ospedale «Papardo» di Messina il signor Francesco Tortorici, cognato del signor Mario Petralia, deceduto in seguito alle ferite riportate in un incidente stradale, ha scoperto che la salma del defunto era abbandonata - così si è espresso - «assieme con altre in un ambiente di circa 40 gradi, gonfia come se la morte fosse avvenuta da 15 giorni, e sul corpo vi erano formiche e insetti»;
il signor Tortorici ha fatto intervenire la polizia e sulla vicenda ha presentato un esposto;
l'episodio segue quello, non meno sconcertante, denunciato dai familiari di un paziente ricoverato nel reparto di rianimazione del policlinico di Messina, che hanno scoperto larve di mosca nei naso del loro congiunto in coma -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche promuovendo gli opportuni controlli da parte di carabinieri del Nucleo antisofisticazioni e sanità, in merito a episodi e situazioni che legittimamente sconcertano l'opinione pubblica.
(4-12730)
agenzie di stampa, notiziari televisivi e siti internet hanno riferito di un gravissimo episodio che si sarebbe verificato presso il reparto di rianimazione del policlinico di Messina a un paziente di 55 anni, ricoverato da due mesi per un'emorragia celebrale causata da un aneurisma;
in particolare, risulta che i congiunti abbiano scoperto delle larve sul corpo del paziente; la moglie del paziente, signora Maria Napoli, ha riferito: «Da 10 giorni vedevamo volare dei moscerini nella stanza dove si trova ricoverato mio marito, ma nonostante avessimo chiesto più volte un intervento dei sanitari loro non hanno fatto nulla. Avevo chiesto insieme a mia figlia di coprire con una garza il naso e la bocca di mio marito per evitare che questi insetti deponessero uova o si appoggiassero su di lui ma siamo state quasi derise. Poi ieri sui peli interni del naso abbiamo notato le larve. È stata una scena agghiacciante, mio marito sembrava un morto. A quel punto abbiamo chiamato la polizia che subito è intervenuta»;
il direttore dell'unità operativa, il professor Sinardi, avrebbe poi asserito di
aver tolto le larve dal naso del paziente e fatto intervenire un otorino per una visita, scusandosi per l'accaduto;
lo stesso professor Sinardi avrebbe confermato: «È vero erano presenti delle piccole larve sul naso di un nostro paziente ricoverato, ma subito siamo intervenuti eliminandole. L'uomo è stato sottoposto ad una visita da parte di un otorino che ha escluso la presenza di altre larve» -:
di quali elementi disponga in merito a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche promuovendo gli opportuni controlli da parte dei carabinieri del Nucleo antisofisticazioni e sanità, in relazione a una vicenda che appare agli interroganti inqualificabile e scandalosa.
(4-12731)
secondo quanto riferito dal quotidiano L'Arena di Verona, un neonato, venuto alla luce il 5 luglio 2011 dopo un intervento con parto cesareo, eseguito all'ospedale di Borgo Trento, sarebbe deceduto quattro giorni dopo;
il neonato, secondo quanto si è potuto apprendere, presenterebbe uno «strano taglio» alla pancia;
la vicenda, stando alla denuncia presentata dal padre del neonato, sarebbe cominciata il 3 luglio, quando la futura mamma, alla ventottesima settimana di gravidanza, si presenta in ambulanza al pronto soccorso della maternità dell'ospedale di Borgo Trento. La donna sarebbe stata visitata e rimandata a casa, in quanto il ricovero non sarebbe stato ritenuto necessario. Al pomeriggio, la dolorosa situazione si ripete e stavolta viene disposto subito il ricovero. La giornata del 4 luglio trascorre tra esami e iniezioni, mentre il martedì 5 luglio viene effettuata un'ecografia, dai risultati, stando almeno a quanto riferito dai sanitari al padre, tranquillizzanti;
nonostante ciò, la situazione si modifica: viene cosi chiamato un medico e un'ostetrica e la donna portata in sala operatoria, dove viene effettuato il cesareo. Qui la ricostruzione si fa concitata: il padre viene informato dai medici che il bambino era nato, ma aveva uno «strano taglio alla pancia», e per questo motivo si decide di trasferirlo al policlinico di Borgo Roma;
in quella struttura viene effettuato un nuovo intervento, stavolta sul bambino. L'operazione dura tre-quattro ore, ma il risultato è sconvolgente: un medico informa il padre che «lo strano taglio» è stavolta un «taglio vistoso dal quale erano fuoriusciti i visceri», con alcuni organi danneggiati e spostati»; e non si fa nessun cenno a malformazioni;
dopo l'intervento, il bambino è sopravvissuto quattro giorni -:
di quali elementi disponga in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative di competenza abbia assunto o intenda assumere per fare piena luce sull'accaduto.
(4-12732)
in data 18 novembre 2010, la sottoscritta ha presentato un'interrogazione a risposta scritta n. 4-09532 al Ministro della salute sul caso di un piano specifico della ASL di Pescara, di procedere a nuove assunzioni di personale medico nonostante il Piano di rientro dal disavanzo sanitario;
in particolare si segnalava la scelta insolita della Asl di Pescara di assumere, dentro un piano rivolto all'assorbimento di sette nuovi direttori medici e ventuno nuovi dirigenti medici, anche figure non indispensabili per il funzionamento dei
presidi, come quella del direttore dell'Utic (Unità di terapia intensiva cardiologica), che risultava accorpata alla struttura della cardiologia e veniva, invece, scorporata mentre in altri presidi (Teramo, l'Aquila) si faceva esattamente il contrario; il tutto mentre il piano di risanamento prevedeva esplicitamente, nel quadro della riduzione dei costi, l'accorpamento di strutture funzionalmente omogenee ed integrate;
alla interrogazione sopra richiamata il Ministro ha risposto in data 28 giugno 2011, con una nota scritta in cui si sostiene che «per quanto attiene alle assunzioni programmate nel limite del 10 per cento del turn over, nelle quali rientrano anche quelle relative a sette nuovi direttori medici tra cui il direttore dell'unità di terapia intensiva cardiologica cui si fa espresso riferimento nell'atto parlamentare in questione, la presidenza della giunta regionale ha precisato che tali assunzioni non sono state autorizzate dall'organo commissariale»;
da notizie a conoscenza della interrogante, il concorso per la figura di direttore dell'unità di terapia intensiva cardiologica è stato, però, effettuato in data 27 giugno 2011, nonostante il parere contrario del sub commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro disavanzi del settore sanitario della regione Abruzzo, Giovanna Baraldi;
quanto sopra esposto va, secondo l'interrogante, nella direzione contraria agli indirizzi di contenimento della spesa sanitaria fissati in sede di definizione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Abruzzo -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto; se non ritenga, nei limiti delle proprie competenze, di favorire un intervento del Governo in considerazione degli indirizzi di contenimento della spesa sanitaria fissati in sede di definizione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Abruzzo.
(4-12738)