Doc. II, n. 12




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - Con la presente proposta di modifica al Regolamento della Camera si intende disciplinare l'attività di relazione istituzionale svolta, in Parlamento, dai gruppi di pressione per influire sul processo decisionale. Questa attività di persuasione, influenza e sollecitazione è indicata comunemente con il termine di lobbying, dalla parola inglese lobby, ovvero quel processo per mezzo del quale «i rappresentanti di gruppi di interesse agendo da intermediari portano a conoscenza dei legislatori, dei decision-makers, i desideri dei loro gruppi» (G. Pasquino, Gruppi di pressione, in. N. Bobbio, N. Matteucci, G. Pasquino, Dizionario della Politica, Utet, 2004).
Nell'ambiente politico la parola lobby entra nel 1640 ed è usata per indicare la grande stanza d'ingresso della House of Commons di Londra, aperta al pubblico, dove conversavano parlamentari, giornalisti e, appunto, lobbisti, ovvero portatori di interessi particolari. È negli Stati Uniti d'America che, dal 1832, la parola lobby viene utilizzata anche come verbo per indicare l'attività di persuasione dei lobby agents verso i politici locali. Il diretto coinvolgimento delle lobbies nel processo decisionale è ormai una caratteristica propria del sistema politico degli Stati Uniti e trova il suo fondamento nella stessa Costituzione (P.L. Petrillo, Democrazie sotto pressione. Parlamenti e lobby nel diritto pubblico comparato, Giuffrè editore, 2011). L'esperienza delle società anglosassoni ha dimostrato nel tempo come la regolamentazione delle lobbies costituisca non solo un efficace strumento nella lotta alla corruzione, ma soprattutto uno strumento essenziale per assicurare l'efficacia delle politiche pubbliche e la più ampia partecipazione della società civile ai processi decisionali. In Italia, al contrario, giuristi autorevoli, fino a non molti anni fa, hanno manifestato una sorta di avversione nei confronti dei gruppi di pressione, visti come una minaccia alla «purezza» delle Assemblee parlamentari, una «malattia dell'ordinamento rappresentativo, male da combattere e da eliminare» (C. Esposito). Nell'opinione pubblica italiana, il fenomeno delle lobbies e il suo rapporto con la politica evoca, ancora oggi, giudizi negativi: l'idea di manipolazione, conflitti di interessi o, nella migliore delle ipotesi, di scarsa trasparenza. Non è un caso, probabilmente, che il primo vero disegno di legge organico in materia di gruppi di pressione in Italia sia stato presentato in occasione dell'introduzione di misure volte a contrastare la corruzione (B. G. Mattarella, Le regole dell'onestà. Etica, politica, amministrazione, Il Mulino 2007). La professionalità dei lobbisti e dei rappresentanti delle istituzioni è messa in dubbio a prescindere da qualsiasi valutazione di merito sulla correttezza dei comportamenti individuali, quando invece i casi di corruzione, o i casi comunque riferibili ad altre fattispecie penali, non sono altro che, il più delle volte, la degenerazione patologica di rapporti non regolati e dunque non trasparenti. La necessità di fissare delle regole discende, quindi, dall'esigenza di cancellare qualsiasi sospetto che possa gravare sui rapporti tra interessi economici privati e i rappresentanti delle istituzioni. La Corte costituzionale ha affermato che le attività di influenza svolte dai portatori di interessi privati nei confronti dei decisori pubblici non sono finalizzate «ad espropriare dei loro poteri gli organi legislativi o ad ostacolare o a ritardare l'attività degli organi della pubblica amministrazione, ma mirano a migliorare ed a rendere più trasparenti le procedure di raccordo degli organi rappresentativi con i soggetti più interessati dalle diverse politiche pubbliche» (Corte Cost., sent. n. 379 del 2004), come avviene da tempo nelle altre democrazie. La crisi di rappresentanza dei partiti ha reso più urgente la necessità di intervenire per regolamentare il settore, essendo oltretutto venuta meno una certa mitologia dell'interesse pubblico e della legge come espressione della volontà generale. Nella scienza giuspubblicistica si comincia a comprendere che l'interesse pubblico, se esiste, non può che essere il frutto di un processo di confronto tra gli interessi particolari. Oggi l'attività lobbistica è giudicata positivamente quando risulta funzionale al processo deliberativo, quando cioè consente di valutare l'impatto delle scelte sui destinatari, tanto da parlare di «funzione pubblica» dei gruppi di pressione in quanto «facilitatori» del processo decisionale. È un cambiamento importante nell'approccio alla materia, sul quale ha sicuramente inciso l'ordinamento comunitario, i cui caratteri sono stati influenzati dal confronto e dalla mescolanza di una molteplicità di culture giuridiche, comprese quella anglosassone e quella dei paesi scandinavi, che hanno origini diverse dalla cultura giuridica francese e italiana. Non a caso, nell'ordinamento comunitario il fenomeno del lobbying non solo non soffre di quel pregiudizio negativo che avvertiamo in Italia, ma è regolamentato positivamente già da diversi anni (N. Lupo, Verso una regolamentazione del lobbying anche in Italia ? Qualche osservazione preliminare, www.amministrazioneincammino.luiss.it, 2006).

Unione europea.
In Europa, l'attività di rappresentanza è stata in parte disciplinata tramite l'istituzione di un registro congiunto tra la Commissione europea e il Parlamento europeo, oltre che attraverso la predisposizione di un sistema codificato di registrazione e di accreditamento presso il Parlamento. Nel 2011, infatti, è stato siglato un Accordo tra il Parlamento europeo e la Commissione europea sull'istituzione di un registro per la trasparenza per le organizzazioni, le persone giuridiche e i lavoratori autonomi impegnati nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche dell'Unione che prevede l'istituzione di un registro per la trasparenza, il cui scopo è di occuparsi di tutte quelle attività portate avanti con l'obiettivo «di influenzare, direttamente o indirettamente, l'elaborazione o l'attuazione delle politiche e i processi decisionali delle istituzioni dell'Unione». Il registro consiste in una sorta di database, aperto, consultabile on-line e gratuito, in cui chiunque svolga attività di policy making è invitato a iscriversi e a rispettare un codice di condotta, pena l'esclusione dallo stesso. L'incentivo a registrarsi risponde anche alla necessità di poter accedere al Parlamento europeo, laddove l'accreditamento alla sede è riservato esclusivamente a coloro che ne risultino iscritti. Questo sistema permette quindi di visionare i nominativi dei professionisti iscritti, di individuare le società che essi rappresentano e di seguire una «traccia legislativa», ovvero la possibilità per i parlamentari di allegare la lista dei lobbisti incontrati durante la preparazione di un testo. L'obiettivo è di raggiungere una maggiore trasparenza e conoscenza circa la dimensione, la composizione e l'impatto del settore. L'accordo è stato recentemente rivisto da un gruppo ad alto livello, composto anche da parlamentari appartenenti a tutti i gruppi politici oltre ad un osservatore del Consiglio europeo. Il gruppo ha formulato una serie di raccomandazioni per il miglioramento del registro; il risultato di tale riesame è un accordo interistituzionale rivisto, che è stato adottato dalla Commissione il 9 aprile 2014 e approvato dal Parlamento europeo durante la sessione plenaria del 15 aprile 2014. Il nuovo registro sarà attivo, dal 1º gennaio 2015.
L'attività delle lobbies non è regolamentata in modo uniforme: in alcuni Paesi, l'accesso dei gruppi di pressione ai luoghi decisionali è oggetto di specifica legislazione, in cui sono indicati obblighi e diritti; in altri, risultano prevalenti le procedure consuetudinarie o i codici di condotta e di deontologia professionale; in altri ancora, manca ogni normazione, come se la questione non si ponesse (La disciplina dell'attività di lobbying in Francia, Germania, Regno Unito e USA, Biblioteca - Legislazione straniera, Camera dei deputati, XVII legislatura, 31 gennaio 2014).

Francia.
Nel 2009 le due Camere del Parlamento francese, l'Assemblea nazionale (AN) e il Senato, hanno avviato alcune iniziative per disciplinare le attività di lobbying al loro interno, in modo tale da garantire una maggiore trasparenza della vita politica e prevenire eventuali rapporti illeciti tra parlamentari e gruppi d'interesse. Il 2 luglio 2009 l'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea nazionale (le Bureau de l'Assemblée nationale) aveva adottato alcune prime regole di trasparenza e di etica applicabili all'attività dei rappresentanti dei gruppi di pressione (lobbies) presso tale Camera, contenute in uno specifico «Codice di condotta», che è stato successivamente oggetto di modifiche. Il nuovo Code de conduite dei rappresentanti di interessi è stato adottato dall'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea nazionale il 26 giugno 2013, ed ha raccolto i suggerimenti di un gruppo di lavoro presieduto da Christophe Sirugue (Rapport du groupe de travail sur les lobbies à l'Assemblée nationale). Attualmente è stabilito che il lobbista che intende accedere presso la sede dell'Assemblea nazionale debba essere iscritto nel «registro dei rappresentanti d'interessi» (tableau de répresentants d'intérêts), disponibile on line sul sito dell'AN, e possedere un documento specifico (carte de répresentant) da presentare all'ingresso della sede dell'AN. Con la presentazione di tale documento il lobbista riceve uno specifico badge d'accesso all'AN per un'intera giornata. Il badge è rilasciato per lo svolgimento di una determinata attività. Per la richiesta d'iscrizione nell'elenco sopra citato i rappresentanti delle lobbies sono tenuti, insieme al loro datore di lavoro, a riempire un modulo (formulaire d'enregistrement), disponibile sul sito internet dell'AN, in cui sono comunicati gli interessi di cui sono rappresentanti, insieme ad altri dati, e ad inviarlo alla «Segreteria generale dell'Assemblea e della Presidenza» dell'AN. Sul sito dell'AN sono presenti sei diversi formulaires d'enregistrement, ognuno dei quali relativo ad una categoria di ente per conto del quale può operare un rappresentante di interessi. Sono dunque disponibili moduli per rappresentanti di: imprese; autorità amministrative indipendenti ed altri organismi pubblici; organismi di ricerca; organizzazioni non governative ed associazioni; organizzazioni rappresentative di categorie professionali o organizzazioni sindacali; studi di consulenti specializzati in determinate materie o studi di avvocati. Nel formulario i lobbisti dichiarano di sottoscrivere il Codice di condotta. In caso di mancato rispetto del Codice di condotta l'Ufficio di Presidenza potrà decidere di cancellare dal registro dei rappresentanti di interessi, a titolo provvisorio o definitivo, il rappresentante inadempiente o trasgressore. Sulla base delle nuove regole sull'attività di lobbying, i rappresentanti di interessi registrati presso l'AN hanno inoltre la possibilità di pubblicare sul sito dell'Assemblea un proprio contributo relativo ad una questione trattata durante i lavori parlamentari. Il testo del contributo deve essere redatto in un numero massimo di 7.000 caratteri e deve riguardare uno specifico atto parlamentare. Nel febbraio 2013 è stata inoltre decisa dall'Ufficio di Presidenza una modifica dell’Instruction général du Bureau volta a favorire la pubblicità di eventuali audizioni di rappresentanti di interessi. È previsto che le relazioni, i pareri e gli altri documenti presentati alla Presidenza dell'Assemblea da una commissione, una delegazione, un ufficio o altro organo dell'Assemblea nazionale debbano contenere, in allegato, la menzione dell'insieme delle audizioni realizzate dal relatore nell'ambito del proprio lavoro parlamentare. Se un'audizione non è stata condotta, ciò deve essere segnalato nel documento. Nell'allegato devono inoltre essere indicate in maniera distinta le audizioni di rappresentanti di interessi iscritti nel registro.

Germania.
Il Bundestag è stato il primo Parlamento in Europa a prevedere disposizioni specifiche volte a regolare i rapporti istituzionali con i gruppi di pressione. In attuazione di una decisione del 21 settembre 1972 concernente la registrazione di associazioni e dei loro rappresentanti (Beschluß über die «Registrierung von Verbänden und deren Vertreter»), l'Allegato 2 al Regolamento del Bundestag (Anlage 2 - Registrierung von Verbänden und deren Vertretern) stabilisce che ogni anno è elaborata una lista pubblica (öffentliche Liste) in cui vengono registrate tutte le associazioni che intendono rappresentare o difendere interessi di fronte al Bundestag o al Governo federale. L'iscrizione nel registro rappresenta una condizione preliminare perché i rappresentanti dei gruppi di pressione possano partecipare alle audizioni nelle Commissioni parlamentari e accedere ai locali parlamentari previo rilascio di una tessera di riconoscimento (Hausausweis). Al momento dell'iscrizione, i rappresentanti dei gruppi di pressione devono fornire, in un apposito modulo di registrazione (Meldeformular), una serie di indicazioni, tra cui: nome e sede dell'associazione; composizione della presidenza e degli altri organi direttivi; ambito di interesse dell'associazione; numero dei membri; nome dei rappresentanti dell'associazione. Il registro delle associazioni non ha alcuna rilevanza giuridica; è stato istituito, infatti, allo scopo di garantire la trasparenza dell'attività di lobbying in ambito parlamentare e di fornire un supporto informativo per i lavori del Bundestag e delle Commissioni. L'inserimento nella lista non conferisce automaticamente al gruppo accreditato il diritto di pretendere un trattamento privilegiato, né quello di essere audito dalle Commissioni parlamentari. Il Bundestag può, infatti, decidere di sospendere unilateralmente la validità della tessera di riconoscimento per accedere agli uffici parlamentari e, d'altra parte, le Commissioni possono, nel caso lo ritengano necessario, invitare alle riunioni anche associazioni o esperti che non sono iscritti nel registro. Nel registro parlamentare delle lobbies non possono figurare enti, fondazioni ed istituti di diritto pubblico, e neppure le associazioni appartenenti ad una confederazione già registrata, singole società o singole imprese. Il Regolamento parlamentare stabilisce che la lista debba essere pubblicata annualmente dal Presidente del Bundestag in un supplemento della Gazzetta ufficiale federale (Bundesanzeiger). Oltre alle audizioni formali in commissione, i principali momenti di contatto e di confronto tra parlamentari e rappresentanti di gruppi di interesse hanno luogo durante le c.d. «serate parlamentari» (Parlamentarische Abende): si tratta di riunioni informali tra deputati, ministri e rappresentanti delle lobbies, che vengono organizzate nel corso delle sessioni parlamentari per agevolare lo scambio diretto di informazioni fra politici ed esperti sui temi più svariati.

Regno Unito.
Fonte normativa di riferimento per la disciplina dell'attività di lobbying è, nel Regno Unito, il Transparency of Lobbying, Non-Party Campaigning and Trade Union Administration Act 2014. La nuova legge, promulgata il 30 gennaio 2014, introduce un registro dei lobbisti professionali (consultant lobbyists) e ne disciplina le forme di pubblicità, con riguardo, tra l'altro, ai rapporti con i committenti e ai limiti di spesa per le campagne elettorali che si applicano ai candidati e alle organizzazioni non appartenenti a partiti politici registrati (questi ultimi altrimenti soggetti a particolari regole di trasparenza e contabilità). Si tratta di novità significative considerato che l'ordinamento britannico non contemplava una specifica disciplina delle attività di lobbying (definite un tempo di public affairs o di public relations); né prevedeva forme obbligatorie di registrazione dei soggetti che tali attività esercitano. La tenuta del registro è affidata ad un organo monocratico di nuova istituzione e posto in condizione di autonomia dal Governo e dal settore industriale di riferimento, il Registrar of Consultant Lobbyists, il cui ufficio vigila sul possesso dei requisiti da parte degli operatori che vi sono iscritti, nonché sull'osservanza degli obblighi di trasparenza relativamente alla pubblicazione dei dati dei loro clienti. L'esercizio dell'attività suddetta senza previa registrazione, oppure la comunicazione a tal fine di dati incompleti o inaccurati, costituiscono comportamenti dalla legge qualificati come reati; nei casi meno gravi, sono previste semplici sanzioni pecuniarie. In assenza di una disciplina legislativa, il tema - già affrontato dal Nolan Committee - era stato oggetto di una specifica indagine avviata nel 2007 dal Public Administration Committee della Camera dei Comuni, che aveva formulato nella relazione finale una serie di raccomandazioni volte a garantire la trasparenza delle decisioni governative rispetto all'influenza di interessi esterni; tra queste raccomandazioni vi era, appunto, quella di istituire un registro pubblico delle lobbies e dei rispettivi agenti o rappresentanti. Prima di arrivare all'introduzione, nel 2014, di una specifica disciplina legislativa, obblighi generali in materia di conflitti di interesse, al fine di prevenire ogni interferenza tra interesse pubblico ed interessi privati, erano stabiliti da una serie di norme deontologiche; tali obblighi sono stati trasposti nei codici di condotta destinati rispettivamente al pubblico impiego e ai membri di Governo nonché nelle regolamentazioni interne delle Assemblee legislative. Ai membri del Parlamento si applicano, in particolare, il Code of Conduct e le correlate risoluzioni della Camera di appartenenza (House of Commons, Code of Conduct together with The Guide to the Rules relating to the conduct of Members; House of Lords, Code of Conduct for Members of the House of Lords and Guide to the Code of Conduct), che a tutela della dignità e dell'indipendenza dell'istituzione dichiarano la totale incompatibilità con il mandato parlamentare della paid advocacy e di ogni attività parlamentare svolta nell'esclusivo interesse di soggetti esterni e da questi remunerate.

Stati Uniti d'America.
La piena liceità del lobbying e l'ampia diffusione che il fenomeno, da tempo, ha avuto negli Stati Uniti, propiziata dal peculiare modello costituzionale, non hanno ostacolato la regolamentazione per legge della materia, allo scopo di impedirne la degenerazione. Tralasciando i precedenti legislativi del XIX secolo, una prima organica disciplina fu introdotta con il Federal Regulation of Lobbying Act del 1946, nelle cui disposizioni si rispecchiava l'approccio normativo rivolto, per un verso, ad assicurare la trasparenza del fenomeno e, per l'altro, a sanzionare quei comportamenti illegittimi, posti in essere travalicando i limiti del right to petition garantito dalla Costituzione federale. L'efficacia della legge federale fu tuttavia minata da alcune difficoltà applicative. Dopo alcuni infruttuosi tentativi, per una riforma legislativa in materia si è dovuto attendere fino all'approvazione del Lobbying Disclosure Act (Public Law 104-65, 19 dicembre 1995). L'impianto della legge si caratterizza per l'obbligo di registrazione a carico di qualunque soggetto eserciti attività di lobbying dietro remunerazione, indipendentemente dal fatto che la svolga all'interno o all'esterno delle istituzioni interessate, e per l'inclusione nell'ambito applicativo dell'attività di lobbying nei confronti dell'Esecutivo, prima esclusa. La legge del 1995 ha inoltre superato l'indeterminatezza definitoria della disciplina precedente con riguardo ai comportamenti qualificabili come lobbying. Una volta individuati i profili soggettivi dell'attività, la legge ne definisce la natura e l'oggetto: integra l'attività di lobbying sia la comunicazione orale o scritta (lobbying contact) diretta ad un covered executive or legislative branch official e posta in essere nell'interesse di un cliente in riferimento a determinate attività istituzionali, sia ogni attività di preparazione, ricerca e, in generale, predisposizione di strumenti preordinata all'esecuzione di attività lobbistiche proprie od altrui (lobbying activity). Su queste premesse è intervenuta, nel 2007, l'ulteriore riforma introdotta con l’Honest Leadership and Open Government Act (Public Law 110-81, 14 settembre 2007), che ha modificato in più parti il Lobbying Disclosure Act del 1995. Le nuove disposizioni, in particolare, si concentrano sulla deontologia dei membri del Congresso e sulla trasparenza del loro operato, nell'intento di limitare l'ingerenza dei gruppi di pressione nei procedimenti legislativi e di porre un argine ai fenomeni di vicendevole ricambio tra ceto parlamentare ed esponenti degli interessi organizzati (proposito reso esplicito già nella rubrica del titolo primo del testo normativo: Closing the revolving door). In tale prospettiva la legge reca modifiche anche alla legislazione in materia di finanziamento delle campagne elettorali (segnatamente il Federal Election Campaign Act del 1971) e ai regolamenti parlamentari delle due Camere del Congresso, nella parte concernente la deontologia parlamentare, nonché puntuali aspetti del procedimento legislativo (è il caso del cosiddetto fenomeno degli earmarks dei progetti di legge, ossia della prassi diretta a destinare, su impulso di lobbies e per mezzo di leggi ad hoc, risorse finanziarie a determinate categorie di soggetti in elusione dei diversi criteri allocativi stabiliti dall'Esecutivo). Altre regole, poste dalla legge o da questa aggiornate, codificano principi di «etica pubblica» alla cui osservanza sono tenuti anche gli esponenti dell'Esecutivo o i titolari di determinate funzioni all'interno delle amministrazioni pubbliche. Rafforzando il già vigente criterio delle «incompatibilità successive», il legislatore, in primo luogo, ha esteso a due anni il periodo (cosiddetto cooling-off period) in cui il funzionario precedentemente in servizio presso l'amministrazione del Senato con grado elevato (senior executive personnel), oppure prima assegnato all'ufficio di un Senatore, non può intraprendere l'attività professionale di lobbyist. Analoga limitazione, per la durata di un anno, è prevista per gli altri funzionari del Senato nonché per gli ex membri della Camera dei rappresentanti. La legge pone altresì obblighi di trasparenza con riguardo ai finanziamenti in favore di esponenti politici, stabilendo regole applicabili alle diverse forme ed occasioni in cui, nell'esperienza politica degli Stati Uniti, conferimenti di denaro possono aver luogo: contributi elettorali, donazioni alle biblioteche presidenziali, erogazioni a comitati inaugurali oppure a convenzioni di partito per le elezioni primarie. Altre disposizioni della novella legislativa del 2007 riguardano le campagne elettorali, come, ad esempio, il divieto per i membri del Congresso di partecipare a manifestazioni organizzate in loro onore dal partito cui appartengono, se direttamente finanziate da un lobbista, a meno che il parlamentare medesimo non vi prenda parte in qualità di candidato alla carica di Presidente o di Vicepresidente degli Stati Uniti.

Altri Parlamenti.
Una regolamentazione del lobbismo fondata principalmente sulla registrazione dei gruppi di interesse e regole speciali di accesso agli edifici è il sistema in vigore presso il Parlamento danese (Folketing), il Parlamento lituano, quello polacco e la Camera bassa del Parlamento sloveno (Drzavni Zbor). A tutt'oggi è la combinazione più restrittiva, giuridicamente parlando, che offre le maggiori garanzie di pratica trasparente da parte delle lobbies. Nel 2005, nella Repubblica Ceca è stato introdotto un codice etico volontario che regola a quali condizioni un parlamentare può avere rapporti con i lobbisti e in quali luoghi. Nei Paesi Bassi sono previsti accrediti e badge per consentire l'ingresso in Parlamento ai lobbisti. In Finlandia e Svezia le lobbies non hanno mai avuto una connotazione negativa, come in passato in Francia o Spagna, anzi sono considerate come il miglior modo per raccogliere le opinioni della società civile (Rapport du groupe de travail sur les lobbies à l'Assemblée nationale, presieduto dal vicepresidente Christophe Sirugue, 27 febbraio 2013).

In Italia.
Per quanto riguarda l'esperienza italiana, nelle legislature passate innumerevoli sono state le iniziative legislative finalizzate a disciplinare i rapporti tra gruppi di interessi particolari e le istituzioni, così da colmare una lacuna normativa evidentemente suscettibile di essere di ostacolo ad una piena trasparenza delle istituzioni e del lavoro che al loro interno si svolge. Nessuna di queste proposte è, tuttavia, stata approvata: alcune di esse sono state esaminate nelle Commissioni di merito, ma nessuna è mai approdata alla discussione in Assemblea; e ciò è avvenuto, pur essendo diversi e molteplici i settori della vita istituzionale per i quali sarebbe opportuno intervenire per legge, settori che vanno dai rapporti con il Governo a quello con gli enti locali, alle aziende pubbliche.
Nella disciplina ed organizzazione dei lavori parlamentari i Regolamenti di Camera e Senato hanno individuato, da tempo, formule di ascolto diretto dei gruppi di interessi. Si pensi alla possibilità delle Camere di svolgere indagini conoscitive, ovvero di richiedere audizioni o altre procedure di informazioni. Superato dunque il timore di «contaminare» il procedimento legislativo, è ormai una prassi consolidata quella delle hearings a fini istruttori, formalmente sanzionate con il riconoscimento degli specifici poteri istruttori nel corso del procedimento legislativo in sede referente avvenuto con le modifiche regolamentari del 1997.
Il Parlamento ha dunque già diversi strumenti per ascoltare le voci che provengono dalla società civile, dal mondo delle professioni e delle imprese; alcuni di questi sono adesso in via di riforma. Partendo anche da queste basi, il complesso e coraggioso progetto di modifica del Regolamento della Camera, nel quale è impegnata la Giunta per il Regolamento dall'inizio della legislatura, annovera, infatti, tra i suoi capisaldi anche il potenziamento di queste forme di dialogo e di interlocuzione con gli esponenti della società civile. Con l'obiettivo di adeguare i contenuti delle norme regolamentari, nonché di rendere, in generale, più chiare e comprensibili a tutti i cittadini le regole di funzionamento dell'istituzione, lo schema di riforma elaborato prevede dunque il rafforzamento delle audizioni in Commissione, estendendole a moltissimi soggetti attualmente esclusi dal novero delle audizioni formali e altre norme per favorire un maggiore collegamento con la società civile e la trasparenza dei lavori parlamentari. Sono misure importanti ma non ancora sufficienti: serve un passo ulteriore, come quello fatto in altri Parlamenti, mediante il riconoscimento dell'attività di relazione istituzionale svolta dai gruppi di interessi, e la sua regolamentazione attraverso l'istituzione di un apposito registro; tali misure vanno poi accompagnate con altre disposizioni di dettaglio.
Non si tratta, tuttavia, solo di un problema di strumenti. Non va dimenticato che uno dei principi cardine di ogni Parlamento democratico è proprio quello della pubblicità dei suoi lavori, del modo in cui i decisori pubblici formano le loro opinioni e conseguentemente assumono le loro decisioni nell'interesse della collettività. Questa proposta di modifica del Regolamento si colloca quindi nel solco delle tante iniziative intraprese, in questa legislatura, per fare di questa Camera la casa della buona politica e rendere il Parlamento e il nostro lavoro ancora più trasparente. Una delle virtù del parlamentarismo è quella del dialogo, del confronto aperto anche tra opinioni radicalmente divergenti. Non dobbiamo temere di fare del Parlamento una «casa di vetro» dove si ascoltano gli interessi di parte per potere, successivamente, decidere guardando agli interessi generali. L'attività lobbistica può favorire la dialettica democratica e la partecipazione alla vita delle istituzioni, ma devono essere rispettate alcune condizioni precise: serve un'uguaglianza di opportunità tra tutti gli attori e devono essere assicurati criteri di trasparenza e di dialogo «codificato» con le istituzioni. La scelta di intervenire attraverso il Regolamento della Camera non preclude un intervento legislativo che, come detto, continua ad essere necessario, considerati il numero di soggetti interessati e le attività coinvolte. Sull'urgenza dell'intervento riteniamo, infine, ci sia un'ampia condivisione. L'area grigia, opaca, in cui spesso agiscono i rappresentanti di interessi e i decisori pubblici, rischia di costituire un terreno favorevole a fenomeni di corruzione, come purtroppo abbiamo troppo spesso verificato, anche di recente, e conseguentemente di determinare un ulteriore abbassamento del livello di fiducia nelle istituzioni politiche.
In parallelo, la presente proposta di modifica al Regolamento mira ad intervenire sulla fonte regolamentare interna alla Camera per promuovere l'adozione di quelle misure che già la Camera potrebbe disporre unilateralmente per rendere più trasparente, in condizioni di parità di trattamento, l'attività di coloro che operano nell'ambito delle relazioni istituzionali in quanto soggetti portatori di interessi particolari, in modo da assicurare, da una parte, la loro professionalità e, dall'altra, il rispetto delle regole deontologiche, nell'interesse generale delle istituzioni.
La proposta si connota dunque per l'inserimento di un nuovo Capo del Regolamento che definisce la disciplina generale in questa materia e con essa i principi cui essa si ispira, rimettendo ad un livello di normazione subordinato la ulteriore specificazione di questa nuova regolamentazione.
Con l'articolo aggiuntivo 67-bis, dunque, si prevede che i rappresentanti di interessi che intendono svolgere l'attività di relazione istituzionale nei confronti dei deputati siano obbligati a iscriversi in un apposito Registro pubblico istituito presso l'Ufficio di Presidenza della Camera ed articolato in sezioni distinte per categorie di interessi. L'Ufficio di Presidenza dovrà quindi disciplinare il contenuto, i requisiti e le modalità di iscrizione al Registro medesimo, prevedendo l'esclusione dall'obbligo di iscrizione per determinate categorie di soggetti in ragione della rilevanza istituzionale dell'ente per conto del quale svolgono l'attività. L'articolo 67-ter prevede poi che gli iscritti al Registro debbano, nello svolgimento della propria attività, osservare un codice deontologico, adottato dall'Ufficio di Presidenza, con l'obbligo di presentare una relazione annuale sull'attività svolta. Spetterà sempre all'Ufficio di Presidenza definire i doveri dei deputati e tutte le altre norme necessarie a garantire la trasparenza e la pubblicità dell'attività dei rappresentanti di interessi, oltre che le eventuali sanzioni per le violazioni delle norme in questione. Il Registro, il codice deontologico e la relazione annuale sono pubblicati sul sito internet della Camera dei deputati.
Definita in questi termini la disciplina regolamentare, dovrà essere, come detto, un successivo livello di normazione demandato all'Ufficio di Presidenza ad articolarne più analiticamente i contenuti. Sicché l'istituendo Registro dovrebbe contenere elementi specifici di informazione di coloro che svolgono l'attività di relazione istituzionale, quali i dati anagrafici e il domicilio professionale del rappresentante di interessi; i dati identificativi del portatore di interessi per conto del quale è svolta l'attività di relazioni istituzionali, l'interesse particolare che si intende rappresentare, nonché i potenziali destinatari dell'attività di relazione istituzionale; le risorse economiche e umane di cui dispone il rappresentante di interessi per lo svolgimento delle suddette attività. In applicazione della norma regolamentare che ammette la possibilità di escludere taluni soggetti dall'obbligo di iscrizione al Registro in ragione della rilevanza istituzionale dell'ente per conto del quale si svolge l'attività in esame, sarebbe opportuno esentare dall'obbligo di iscrizione nel Registro: i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio nell'esercizio delle loro funzioni; i dirigenti dei partiti e dei movimenti politici; i dirigenti dei sindacati; i dirigenti delle associazioni dei consumatori riconosciute per legge; i giornalisti nell'esercizio della loro attività professionale di informazione rivolta al pubblico; gli ambasciatori e i diplomatici stranieri in relazione alle attività svolte per conto e nell'interesse di Stati esteri; i rappresentanti degli enti e delle confessioni religiosi in relazione alle attività svolte per conto e nell'interesse di tali enti o confessioni. La normativa di dettaglio dovrebbe prevedere altresì eventuali cause di incompatibilità, in particolare, per quanti godono, in ragione della loro professione o di prerogative speciali ad essi attribuite, di accesso privilegiato alle sedi delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni. Così come non dovrebbe essere permesso iscriversi nel Registro ai deputati nei due anni successivi alla cessazione del loro mandato. Per quanto concerne i requisiti per l'iscrizione, è ragionevole immaginare alcuni di carattere generale, quali la maggiore età, il non aver riportato condanne passate in giudicato per reati contro la personalità dello Stato, la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, l'ordine pubblico, l'incolumità pubblica, il patrimonio o contro la persona e altri ancora, quali non essere mai stato interdetto dai pubblici uffici, non essere stato dichiarato fallito, salvo riabilitazione.
Per quanto riguarda i diritti e le facoltà degli iscritti al Registro, si può ipotizzare la possibilità di presentare ai deputati richieste di incontro, proposte e suggerimenti sull'attività parlamentare, i risultati di studi e di ricerche, nonché qualsiasi altra comunicazione relativa all'interesse rappresentato. Per quanto invece attiene alla relazione consuntiva dell'attività svolta, prevista dal nuovo articolo 67-ter, comma 1, essa dovrebbe contenere: l'elenco delle attività poste in essere; l'elenco dei deputati nei confronti dei quali esse sono state svolte; l'elenco delle risorse economiche e umane effettivamente impiegate per lo svolgimento di queste attività presso la Camera, la quale dovrebbe essere legittimata a chiedere a sua volta agli iscritti nel Registro, ove necessario, la trasmissione di ulteriori informazioni e dati integrativi, e a redigere ogni anno un rapporto sulla verifica dell'attività dei rappresentanti di interessi svolta nell'anno precedente.
Per quanto riguarda gli oneri di trasparenza in capo ai deputati, essi dovrebbero menzionare, nella relazione illustrativa degli atti di iniziativa legislativa, nonché nelle premesse agli atti di sindacato ispettivo e agli atti di indirizzo, le attività di relazione istituzionale che hanno avuto luogo nel corso del processo decisionale o comunque per la formulazione dell'atto. Per quanto concerne, infine, le sanzioni che l'Ufficio di Presidenza dovrà contemplare per le violazioni degli obblighi previsti dal codice deontologico - sanzioni da adottare, come è fisiologia che accada, con provvedimento motivato ascoltati gli interessati - esse dovrebbero essere previste in forma graduata, potendo andare dalla censura, passando per la sospensione e giungendo, nei casi di particolare gravità, alla cancellazione dal Registro. Anche la falsità delle informazioni fornite all'atto di iscrizione al Registro o nei successivi aggiornamenti, il mancato deposito della relazione o la falsità delle informazioni ivi contenute o la mancata ottemperanza alla richiesta di completare le informazioni andrebbero, allo stesso modo, punite con provvedimenti di censura o di sospensione ovvero, sempre nei casi di particolare gravità, con la cancellazione dal Registro.


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