Doc. II, n. 20




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi ! — — È opinione sempre più diffusa e condivisa politicamente che il risultato del referendum del 4 dicembre 2016 non debba in nessun modo precludere ma debba anzi sollecitare un ragionamento sulle riforme possibili a Costituzione vigente, puntando su interventi puntuali, non divisivi tra le forze politiche, percorribili nel breve periodo e volti a dare risposte in termini di efficienza del sistema democratico.
  Non a caso, la Giunta per il Regolamento della Camera si è riunita lo scorso giovedì 29 giugno di buon'ora proprio per rilanciare un cammino riformatore, dando vita ad un gruppo ristretto incaricato di svolgere una ricognizione dei temi da trattare in chiave di modifiche regolamentari.
  La presente proposta costituisce un contributo minimale al dibattito e alle attività del gruppo di lavoro, concentrandosi sul sistema e sui tempi di lavoro delle Commissioni.
  Uno degli assi portanti della riforma costituzionale era indubbiamente costituito dalla riscrittura del procedimento legislativo, derivante dal nuovo bicameralismo differenziato. La sua bocciatura non fa venire meno esigenze di razionalizzazione che, senza intervenire su aspetti politicamente controversi, potrebbero concentrarsi – come fa la proposta – su due profili: un ripensamento del sistema delle 14 Commissioni permanenti al fine di rimodularne le competenze, riducendone il numero; la previsione di tempi certi per la loro attività e distinti rispetto a quelli dell'Assemblea.
  In realtà le modifiche all'assetto delle Commissioni permanenti della Camera dovrebbero risultare propedeutiche ed accompagnarsi ad una riflessione – da svolgere insieme al Senato – sulle Commissioni bicamerali.
  Fallita (almeno per ora) la strada del bicameralismo differenziato, si potrebbe puntare – per raggiungere analoghi risultati in termini di efficienza complessiva del sistema – sull'accentuazione delle tendenze monocamerali del nostro assetto parlamentare.
  A una (modesta) riduzione delle Commissioni permanenti di ciascuna Camera, dovrebbe cioè accompagnarsi l'istituzione di Commissioni bicamerali, chiamate anche all'esercizio di nuovi compiti: penso, tra l'altro, ad una Commissione parlamentare per la qualità e la valutazione delle politiche pubbliche, che potrebbe anche assorbire ed estendere all'intero Parlamento i compiti oggi svolti alla sola Camera dal Comitato per la legislazione. La nuova Commissione potrebbe finalmente intervenire in un ambito decisivo, cui la riforma costituzionale attribuiva – per la prima volta in Italia – particolare importanza.
  Si potrebbe pensare anche ad una Commissione bicamerale per l'Unione europea, che potrebbe svolgere più efficacemente funzioni di indirizzo e controllo nei confronti del Governo (già oggi le Commissioni dei due rami si riuniscono frequentemente insieme per svolgere attività conoscitiva); la competenza per l'esame in sede referente delle leggi europee potrebbe essere affidata a Commissioni speciali dei due rami, incaricate cioè in via esclusiva di questo compito, di cui potrebbero far parte i componenti della Commissione bicamerale.
  La presente proposta di modifiche regolamentari mantiene al momento la Commissione permanente per le politiche dell'Unione europea, ferma restando la prospettiva di un suo superamento.
  Si immaginano quindi 10 Commissioni permanenti, innovandone le denominazioni e con una diversa attribuzione di competenze, che tiene anche conto del mutato assetto del Governo e dei Ministeri.
  In particolare, si aggiorna la denominazione della I Commissione, chiamata ad occuparsi di affari istituzionali, sicurezza e immigrazione (queste ultime due questioni sono al centro del dibattito degli ultimi mesi ed è giusto quindi che emergano anche a livello istituzionale).
  Le Commissioni Giustizia e Cultura manterrebbero l'attuale assetto.
  Si unificherebbero le Commissioni Affari esteri e Difesa, visto che l'esperienza degli ultimi anni ha dimostrato come esse tendano sempre più a riunirsi congiuntamente, spesso in quadrilatero con le omologhe Commissioni del Senato. Anche in questo caso, in prospettiva, si potrebbe pensare ad una Commissione bicamerale, affidando l'istruttoria per le leggi di ratifica a Commissioni speciali dei due rami, di cui potrebbero far parte i componenti della Commissione bicamerale.
  Analogamente, si unificherebbero le Commissioni Bilancio e Finanze, anche a ricalco del modello governativo, ove i due Dicasteri del Tesoro e delle Finanze sono stati da tempo unificati.
  Si staccherebbero le competenze in materia di territorio, mobilità e infrastrutture da quelle attribuite alla Commissione Ambiente, per evitare che il bilanciamento tra interessi e valori spesso contrapposti sia attribuito alla dialettica interna ad un solo organo, sul modello di quanto già avviene al Senato e specularmente all'organizzazione dei Dicasteri.
  Si creerebbe una sola Commissione chiamata ad occuparsi di energia, sviluppo economico e rurale e tutela della concorrenza, per avere una visione sistemica di questi argomenti tra loro intrecciati, tenendo nel contempo conto delle competenze regionali in materia di attività produttive, commercio, artigianato, turismo e agricoltura.
  Infine, si unificherebbero le competenze in materia di lavoro e di politiche socio-sanitarie, tra loro obiettivamente interconnesse.
  Al nuovo assetto delle Commissioni permanenti e nella prospettiva dell'istituzione di nuove Commissioni bicamerali di sistema, diventa ancora più cruciale il tema dei tempi di lavoro delle Commissioni. Le strade regolamentari percorse nel passato (volte a stabilire i giorni e le fasce orarie dedicati al lavoro delle Commissioni) non hanno funzionato e si è optato, con la riforma regolamentare del 1997, su un semplice (quanto inefficace) rinvio al programma dei lavori dell'Assemblea, che dovrebbe determinare «la ripartizione dei tempi di lavoro dell'Assemblea e delle Commissioni per il periodo considerato».
  La proposta qui avanzata è semplice e radicale: il lunedì e il martedì mattina lavorerebbero le Commissioni permanenti, il lunedì e il martedì pomeriggio si riunirebbero le Commissioni bicamerali; il mercoledì, il giovedì e il venerdì sarebbero riservati all'Assemblea. In questo modo si potrebbe anche dare attuazione – finalmente ! – all'articolo 79, comma 14, del Regolamento, a norma del quale le relazioni delle Commissioni sui progetti di legge dovrebbero essere stampate e distribuite almeno 24 ore prima che si apra la discussione in Assemblea. Ne conseguirebbero altri due risultati davvero non secondari: la redazione di relazioni scritte che diano conto dell'istruttoria legislativa effettuata e in particolare motivino gli eventuali discostamenti dai pareri resi dalle altre Commissioni (come già prescritto, per determinate fattispecie, dal Regolamento della Camera); garantire alle Commissioni Affari costituzionali e Bilancio i tempi necessari per compiere un minimo di istruttoria su tutti gli emendamenti sui quali hanno l'obbligo di pronunciarsi.
  La presente proposta individua modifiche a due soli articoli del Regolamento dedicati rispettivamente all'assetto e ai tempi di lavoro delle Commissioni, ma vuole costituire il primo tassello di una più ampia riflessione sistemica su aspetti istituzionali di grande rilevanza, politicamente non divisivi.


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