Doc. XXII, n. 13




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - Il 16 marzo 1978, il giorno del rapimento dell'onorevole Aldo Moro e dell'omicidio dei cinque uomini della scorta i carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci, gli agenti di pubblica sicurezza Giulio Rivera, Raffaele Iozzino e Francesco Zizzi, e il 9 maggio 1978, giorno del ritrovamento del cadavere di Moro in via Caetani, sono date indelebili nella memoria storica degli italiani. Sia di coloro che quei giorni li hanno vissuti e sia di quanti, pur non avendo un ricordo diretto, hanno seguito le ricostruzioni, gli approfondimenti, gli speciali televisivi e radiofonici, oppure si sono documentati su una serie interminabile e interminata di articoli e di pubblicazioni. Perché a trentacinque anni di distanza il caso Moro è ancora una pagina densa di misteri e di enigmi. Il successo che hanno i libri che trattano di volta in volta aspetti inediti e sconosciuti di quei 55 giorni, i più lunghi della nostra Repubblica, dimostra tutta la voglia di conoscenza e di verità di molti italiani. Ed è proprio per accompagnare questa inesauribile sete di verità, per cercare di fare luce su aspetti inediti, emersi anche recentemente per iniziativa di alcune procure e, infine, per il dovere che come parlamentari della Repubblica sentiamo nei confronti della nostra storia e delle generazioni future che intendiamo chiedere, con la presente proposta di inchiesta parlamentare, l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. Siamo ben consapevoli di non essere i primi a formulare una simile proposta. In questi 35 anni si sono susseguite diverse iniziative parlamentari che hanno inteso fare luce sul caso Moro e più in generale, sui cosiddetti «anni di piombo». La prima Commissione parlamentare di inchiesta fu istituita con la legge 23 novembre 1979, n. 597. Vi parteciparono uomini del calibro di Leonardo Sciascia, Ugo Pecchioli, Raniero la Valle e Sergio Flamigni. Durò per tutta la durata dell'VIII legislatura. È di tutta evidenza, però, che la prossimità agli eventi, il permanere di determinate condizioni politiche internazionali (la «guerra fredda») e la «conventio ad excludendum» che bloccava la democrazia italiana non rappresentavano le condizioni migliori per disporre di tutti gli elementi e per fare piena luce sull'intera vicenda. Solo nel 1988 quindi, nella X legislatura, il Parlamento riprese il cammino interrotto dalla Commissione sulla strage di Via Fani e il delitto Moro e istituì, con la legge 17 maggio 1988, n. 172, la Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi. Il caso Moro fu così inserito nella stagione del terrorismo. Da quella data fino al 2001 e in tutte le legislature successive, la Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo, poi nel 1999 ridenominata «Commissione stragi», ha prodotto un'enorme mole di lavoro, di documentazione e di approfondimenti. Diversi parlamentari, anche autorevoli, hanno fatto parte di queste Commissioni parlamentari di inchiesta succedutesi nel tempo.
E anche se la mole di lavoro prodotta è veramente considerevole, se sono certamente moltissimi i protagonisti diretti e indiretti degli episodi di via Fani e di via Caetani ascoltati durante tutti questi anni se in conclusione, a un primo sguardo sembra che sia stato fatto tutto il lavoro possibile, che siano state esperite tutte le vie e le possibilità e che si sia fatta piena luce, non ci sembra che sia così.
Così sembra non essere, perché ultimamente nuove rivelazioni e nuove dichiarazioni hanno riacceso i riflettori sul caso Moro, rianimando un dibattito che sembrava sopito. Sembrano emergere rilevanti elementi di novità, che riguardano azioni e omissioni e che ruotano sul sospetto, sempre più connotato da certezza, che la morte di Moro poteva essere evitata. Non a caso anche la magistratura ha riaperto le indagini in proposito. Impegnarsi per ricercare tutta la verità su un evento così drammatico e unico per la nostra Repubblica costituisce il miglior viatico per evitare che tali fatti abbiano a ripetersi. Impegnarsi per ricercare tutta la verità è uno dei migliori servizi che come deputati e parlamentari della Repubblica possiamo fare per il rafforzamento e la credibilità delle nostre istituzioni. Impegnarsi per ricercare tutta la verità vuol dire continuare a rendere giustizia ad Aldo Moro, alla sua famiglia e a tutti coloro che credono e amano la democrazia e la libertà e proprio per questo non temono la verità. I lavori delle precedenti Commissioni hanno dimostrato che non vi è un'impossibilità oggettiva di risalire alla ricostruzione precisa della dinamica. Quello che turba sono invece le reticenze e le omissioni che hanno impedito alla verità di emergere completamente.
La presente proposta di inchiesta parlamentare ha l'ambizione di scrivere la parola fine sulla verità storica dell'evento, ma anche di recuperare il ritardo e le omissioni dello Stato sull'intera vicenda. Ancora troppi, infatti, a distanza di oltre trentacinque anni, sono i lati oscuri dell'azione terroristica e di quella difensiva dello Stato. Spiace purtroppo constatare che, fatti salvi alcuni importanti servizi radiotelevisivi e molti libri scritti sull'evento, ancora oggi esiste una reticenza generale a discutere del caso Moro, di cui si parla solo in occasione delle ricorrenze del 16 marzo e del 9 maggio. Evidentemente, nonostante il trascorrere degli anni, permane un senso di colpa su quello che lo Stato poteva e doveva fare per la liberazione dello statista democristiano e che invece non ha fatto o non ha fatto completamente.
Per le ragioni sinteticamente esposte i proponenti ritengono opportuna l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro che abbia il compito di fare luce sugli elementi non ancora chiariti e sugli elementi di nuova conoscenza che possono contribuire a individuare responsabilità finora inedite di singoli o di apparati al fine, tra gli altri, di potenziare e migliorare la possibilità di difesa dello Stato democratico.
«Noi non vogliamo essere gli uomini del passato, ma quelli dell'avvenire. Il domani non appartiene ai conservatori e ai tiranni; è degli innovatori attenti, seri e senza retorica. E quel domani nella civile società appartiene, anche per questo largamente, alla forza rivoluzionaria del Cristianesimo. Lasciate, dunque, che i morti seppelliscano i loro morti, noi siamo diversi, vogliamo essere diversi da un mondo ormai ampiamente superato», sono parole di Aldo Moro ed è anche ripensando a queste parole, a questo testamento spirituale, che intendiamo portare avanti l'iniziativa. Non vogliamo inchiodare la nostra Repubblica e le nuove generazioni a fatti avvenuti 35 anni fa, ma vogliamo poter interrogare quei fatti nella consapevolezza che da quelle risposte potranno venire gli insegnamenti giusti per fare dell'Italia una democrazia ancora più piena, libera, responsabile e compiuta.
Di seguito si illustrano gli articoli.
L'articolo 1 istituisce la Commissione ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione.
L'articolo 2 assegna alla Commissione il termine di diciotto mesi per completare i lavori e prevede che essi si concludano con una relazione da presentare alla Camera dei deputati, da discutere in un'apposita seduta dell'Assemblea.
L'articolo 3 disciplina le modalità di composizione della Commissione, nonché quelle di elezione del presidente e dei vicepresidenti.
Gli articoli 4 e 5 precisano i poteri della Commissione rispettivamente in tema di audizioni e testimonianze e di acquisizione documenti e atti.
L'articolo 6 disciplina l'obbligo di segretezza per i componenti della Commissione e i collaboratori, i funzionari e il personale a vario titolo coinvolto.
L'articolo 7 prevede che al Commissione possa avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria.
L'articolo 8 prevede la redazione di un regolamento interno della Commissione e individua le risorse per il funzionamento della stessa Commissione.
L'articolo 9 stabilisce l'entrata in vigore.


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