BOZZA NON CORRETTA (Il resoconto in bozza non corretta è disponibile sul sito Internet della
Camera dei deputati e, in forma cartacea, presso la Commissione competente e l’Archivio; trascorsi
trenta giorni dalla seduta, è quindi pubblicato in edizione definitiva, con le medesime modalità).

COMMISSIONI RIUNITE
IV (DIFESA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
E 4a (DIFESA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 15 maggio 2013


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA IV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI ELIO VITO

La seduta comincia alle 9.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della difesa sulle linee programmatiche del suo Dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro della difesa sulle linee programmatiche del suo Dicastero.
Preciso, a tal fine, che il Ministro Mauro interverrà nuovamente davanti alle Commissioni riunite affari esteri e difesa di Camera e Senato il prossimo 29 maggio sul tema delle missioni internazionali. Pertanto, oggi vi pregherei di concentrarci sulle linee programmatiche del Ministero della difesa.
Saluto il Presidente della Commissione difesa del Senato, senatore Latorre, e tutti i colleghi presenti.
Do il benvenuto, anche a nome del Presidente Latorre, al nuovo Ministro della difesa, senatore Mario Mauro, e lo ringrazio per aver tempestivamente accolto l'invito a svolgere questa audizione. Mi fa piacere sottolineare che l'audizione odierna inaugura questo tipo di appuntamenti che contraddistingue la prassi delle Commissioni permanenti.


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La sensibilità del Ministro Mauro nei confronti dell'attività parlamentare, d'altra parte, è stata più volte testimoniata anche in occasione degli importanti e prestigiosi incarichi da lui ricoperti presso il Parlamento europeo.
Colgo l'occasione per ringraziare e dare il benvenuto ai sottosegretari per la difesa Roberta Pinotti e Gioacchino Alfano, il cui specifico impegno parlamentare in questo ambito di competenze è ben noto a tutti. Li ringrazio della loro presenza e per il supporto che daranno ai lavori delle Commissioni in questa legislatura.
Prima di procedere all'avvio dei lavori desidero ribadire, anche a nome del Presidente Latorre e di tutti i colleghi delle Commissioni difesa di Camera e Senato, il profondo cordoglio per le vittime del tragico incidente avvenuto la scorsa settimana nel porto di Genova. Esprimo vicinanza alle famiglie colpite e alle autorità cittadine, con particolare riferimento al sindaco e alla capitaneria di porto della città di Genova. Tra l'altro, segnalo che oggi il Ministro della difesa sarà presente, insieme ad altre autorità, ai funerali che si svolgeranno alle 18 a Genova.
La sollecita calendarizzazione di questa audizione ci permette di individuare celermente le priorità del lavoro che ci attende, nella consapevolezza di dover contribuire tutti, con spirito costruttivo e positivo, alla ripresa e al benessere del nostro Paese, anche a partire dalla prospettiva del comparto della Difesa.
Come è noto, anche in questo settore la sfida maggiore è rappresentata dalla capacità di conciliare gli obiettivi di razionalizzazione della spesa pubblica fissati con la spending review e su cui sono stati assunti impegni con l'Unione europea, il miglioramento dei livelli competitivi all'interno del sistema Europa e nel confronto con i maggiori partner


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internazionali e, infine, la valorizzazione dei profili di specificità che contraddistinguono questo ambito di competenza.
Non vi è dubbio che una corretta dialettica interistituzionale tra Governo e Parlamento e tra le stesse forze politiche, che sappia garantire capacità di decisione da un lato e funzione di rappresentanza e controllo dall'altro, rappresenta la migliore garanzia per il raggiungimento degli obiettivi e per il superamento della sfida che abbiamo davanti.
Mi preme inoltre che l'avvio dei nostri lavori avvenga anche nel segno di un richiamo all'impegno del nostro Paese, e in particolare delle nostre Forze armate, per il mantenimento della sicurezza e della pace a livello globale.
Le missioni internazionali rappresentano un tassello essenziale del vincolo di solidarietà che lega l'Italia alla comunità degli Stati e un elemento fondante per la nostra credibilità internazionale.
Il Parlamento italiano non mancherà, anche in questa legislatura, di assicurare il pieno sostegno ai militari italiani all'estero che, con elevatissimi livelli di professionalità e abnegazione, contribuiscono a rappresentare al meglio l'Italia.
È doveroso esprimere da parte nostra un ringraziamento anche alle nostre forze dell'ordine che quotidianamente, in Italia e all'estero, partecipano a questo meritevole impegno.
Permettetemi, infine, di cogliere questa importante occasione anche per rivolgere un pensiero ai nostri due marò, nell'auspicio che la loro vicenda possa risolversi al più presto in ossequio ai valori della legittimità internazionale.
In generale, sono certo che oggi porremo le basi per un lavoro proficuo e stimolante, da cui potranno derivare effetti virtuosi anche in termini di maggiore fiducia da parte dei cittadini nelle istituzioni rappresentative.


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Do la parola al Ministro Mauro per lo svolgimento della sua relazione, avvertendo che, in ragione dell'andamento dei lavori presso l'Assemblea, sarà necessario sospendere l'audizione non appena avranno inizio le votazioni, quindi all'incirca alle 10.
Proporrei che, in relazione all'andamento del dibattito, l'audizione possa proseguire oggi pomeriggio, non appena concluse le votazioni della seduta antimeridiana della Camera, sino alle 15-15,30, orario in cui il Ministro Mauro dovrà lasciare la Camera per recarsi a Genova.
Utilizzerei, pertanto, la disponibilità del Ministro in modo da concludere questa audizione nella giornata di oggi. Quindi, potremmo svolgere in mattinata la relazione del Ministro e i primi interventi - che conterrei nei tre-quattro minuti per ciascun rappresentante di Gruppo - e, alla ripresa, la replica del Ministro ed eventuali ulteriori osservazioni, per concludere questa audizione inaugurale entro le 15.

MARIO MAURO, Ministro della difesa. Ringrazio il Presidente Vito, il Presidente Latorre e tutti i colleghi che hanno voluto essere presenti a questa audizione, nella mia prima occasione di dialogo con le Commissioni difesa.
Sento il dovere di impostare il mio intervento a partire dalle linee già annunciate dal Presidente del Consiglio dei ministri nel suo discorso programmatico sulle quali il Governo ha ottenuto la fiducia da questo Parlamento.
Esordisco, quindi, facendo un riferimento esplicito ad alcune delle parole dette da Enrico Letta: «L'Italia vive in un mondo sempre più grande, caratterizzato dall'arrivo sulla scena di nuove potenze emergenti, che stanno modificando gli equilibri mondiali. Di fronte a giganti come Cina, India e Brasile, i singoli Stati europei non possono che sviluppare una politica comune per raggiungere la massa critica necessaria a interagire con questi nuovi attori e influire sui processi globali.


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Questo significa un rinnovato impegno per una politica estera e di difesa comuni, tese a rinnovare l'impegno per il consolidamento dell'ordine internazionale, un impegno che vede le nostre Forze armate in prima linea con una professionalità e un'abnegazione seconda a nessuno».
Riprendendo ancora, quanto ha affermato il Presidente Letta: «L'Europa è il nostro viaggio. Pensare l'Italia senza l'Europa è la vera limitazione della nostra sovranità, perché porta alla svalutazione più pericolosa: quella di noi stessi».
Intendo muovermi da questi spunti per illustrare le linee programmatiche del mio Dicastero nel corso di questa legislatura.
La difesa è un bene primario e fondamentale per la nostra collettività. I fondamenti del nostro modello di difesa sono contenuti nella Costituzione: in primis, il ripudio della guerra e la partecipazione attiva alle organizzazioni internazionali che assicurino la pace e la giustizia fra le nazioni, il sacro dovere di difendere la patria, l'obbligo per tutti i cittadini di prestare il servizio militare nei modi previsti dalla legge (a tale riguardo, considerate le profonde trasformazioni intorno all'esperienza della leva, è necessario comprendere che oggi esiste il tema della partecipazione popolare, ossia del modo in cui il nostro popolo è cosciente di ciò che significa rendere questo servizio alla nazione) e Forze armate informate allo spirito democratico della Repubblica.
Il Parlamento ha poi definito, nel corso degli anni, gli altri pilastri di quello che è il nostro modello di difesa, attraverso la ratifica dell'adesione alle grandi organizzazioni internazionali: penso al Trattato del Nord-Atlantico, oppure ai Trattati di Roma e a tutti gli altri fino al Trattato di Lisbona, che hanno dato vita e poi progressivamente trasformato l'Europa nella realtà che conosciamo.


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Sono stati fondamentali la legge sulla professionalizzazione delle Forze armate, quella sul servizio militare femminile, così come i periodici provvedimenti sul finanziamento degli interventi militari all'estero e quelli relativi ai programmi di ammodernamento dello strumento militare.
Mi sento, quindi, di poter dire che la difesa è un tema tanto centrale nella vita della nostra collettività quanto dibattuto nella nostra politica. Le scelte in materia di difesa, proprio perché riferite a princìpi così importanti del nostro stare insieme, sono state storicamente condivise da una larghissima maggioranza, nelle istituzioni come nella società civile.
Obiettivo di questo Governo è, quindi, quello di attualizzare, nella continuità, le scelte fondamentali in tema di difesa adottate nel corso degli anni. Dovremo certamente aggiornare e attualizzare alcune di queste scelte, e ciò dovrà avvenire soprattutto attraverso una virtuosa interazione tra Governo e Parlamento.
Dovremo, in questo senso, tener presenti i mutamenti del quadro geostrategico - è drammatico quello che sta avvenendo in questi giorni in Siria e in Libia - così come le trasformazioni in atto nel nostro Paese.
Tuttavia, voglio richiamare a gran forza che non partiamo da zero. La difesa in Italia è ancorata a solidissimi princìpi etici e politici largamente condivisi nell'arco costituzionale come nella società civile. Ricordo l'approvazione avvenuta alla fine della scorsa legislatura, a larghissima maggioranza e senza ricorso al voto di fiducia - uno dei pochissimi casi - della legge sulla revisione dello strumento militare, mirata a rendere più efficiente la qualità delle spese militari, in piena coerenza con le risorse disponibili nell'attuale quadro economico-finanziario.


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Non esiteremo, se apparirà necessario al Parlamento, a predisporre un documento programmatico di più ampio respiro da sottoporre al Parlamento stesso, a similitudine di quanto attuato, più spesso che non in Italia, in altri Paesi europei.
Ciò detto, non mi sottraggo alla responsabilità di dichiarare esplicitamente quelli che sono per me e per il Governo che rappresento i punti di riferimento in tema di difesa. Lasciatemi dire a questo proposito - in base alla mia esperienza parlamentare così come, più in generale, all'esperienza di tutta una vita - che la libertà ha un costo e la difesa è il presidio della libertà. Libertà e sovranità per il nostro Paese significano possibilità di essere membro attivo delle organizzazioni internazionali di riferimento per contribuire alle loro scelte; significano essere parte attiva della comunità internazionale; significano tutela degli interessi dello Stato e degli italiani, e libertà di scambi economici, fondamentali nel mondo globalizzato per un'economia di trasformazione come quella dell'Italia.
Questa è la missione della Difesa, alla quale intendiamo dedicare tutta la nostra attenzione. In questo senso, non ci interessano i fronzoli, gli orpelli, i benefit, le rendite di posizione. Sappiamo che la spesa per la difesa costituisce un onere per la collettività e intendiamo impegnare queste risorse solo per perseguire al massimo livello possibile gli obiettivi istituzionali.
L'obiettivo di qualificare la spesa facendo ordine tra le priorità, come reso esemplare dal recente intervento sulle festività militari, ha per noi la massima priorità.
Parlare di difesa implica anche parlare dei rischi e delle minacce dalle quali intendiamo difenderci. I rischi che gravano sull'Italia, come sui nostri alleati, non si identificano necessariamente


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con un'esplicita e predefinita minaccia militare al territorio o agli spazi sotto la nostra sovranità. Intendo dire che la pace non è solo assenza di conflitto; le condizioni di instabilità causate da conflitti, anche se geograficamente lontani, possono avere ripercussioni dirette sulla nostra sicurezza e sui nostri interessi. Le guerre, quindi, non ci possono mai lasciare indifferenti.
Non dobbiamo concentrarci solo sulla gestione delle crisi già in atto o sugli interventi volti a imporre il ripristino della pace. La prevenzione - che vuol dire presenza, capacità di sorveglianza, cooperazione internazionale - è altrettanto e forse maggiormente importante. La difesa dello Stato rimane per definizione la missione di riferimento per le Forze armate italiane, ma i molteplici elementi di incertezza che caratterizzano il quadro geostrategico non consentono di escludere il manifestarsi di crisi, a partire dall'area mediorientale ed euro-mediterranea, potenzialmente pericolose per la stabilità internazionale.
Nel mondo odierno né l'Italia né alcun altro Paese è in grado di far fronte in autonomia all'intero spettro di rischi e minacce. Per questo, la difesa - e l'esercizio delle prerogative nazionali in tale ambito - deve necessariamente essere perseguita in un contesto più ampio che includa più nazioni e le organizzazioni multinazionali. Per questo motivo il Governo intende rafforzare ulteriormente la condivisione delle scelte in materia di difesa con i nostri partner europei e atlantici.
La politica comune di sicurezza e difesa dell'Unione europea deve crescere in contenuti e in credibilità, e noi dobbiamo contribuirvi fattivamente. La sicurezza degli Stati membri è uno dei pilastri fondamentali sui quali è stata pensata l'Europa e la difesa è un elemento chiave per la costruzione della nuova Europa.


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La NATO e il rapporto con gli Stati Uniti rimangono fondamentali per affrontare le sfide alla sicurezza che abbiamo innanzi. Le Nazioni Unite restano per noi la fonte primaria e originaria di legittimazione degli interventi volti al ripristino della pace. Sentiamo il dovere di condividere con gli altri Paesi responsabili della comunità internazionale l'onere di garantire la pace e la giustizia tra le nazioni.
Da queste affermazioni di principio discendono conseguenze concrete.
Il mantenimento della pace è un obiettivo primario che implica degli oneri ai quali non possiamo sottrarci. L'Italia è un Paese affidabile che onora i suoi impegni. Come abbiamo affrontato la crisi economica con le sole nostre forze, contribuendo anzi ad aiutare i Paesi più deboli, così dobbiamo fare anche nel campo della difesa. Continueremo, dunque, a svolgere il ruolo che ci è proprio - contribuendo alle capacità militari dell'Unione europea e della NATO - e a partecipare alle operazioni militari internazionali necessarie a garantire la pace nello spirito della Costituzione, in un quadro di scelte condivise con gli alleati, adeguando opportunamente il nostro contributo in funzione dell'evoluzione delle varie crisi.
Perché tutto ciò non sia solo un fatuo proponimento, l'Italia ha bisogno di una credibile capacità militare. Questo è un obiettivo essenziale che credo dovrebbe essere condiviso da tutti gli attori istituzionali.
Per essere credibile, il nostro strumento militare deve avere innanzitutto la capacità di intervenire anche in scenari operativi e contesti complessi, con elevati livelli di protezione per il personale; una piena interoperabilità con gli alleati, assolutamente indispensabile perché la sicurezza e la difesa richiedono, nella pressoché totalità dei casi, un intervento multinazionale; un elevato livello di sovranità operativa, cioè


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garantire all'Italia di poter impiegare le proprie risorse militari mantenendo il pieno controllo delle tecnologie associate ai moderni sistemi d'arma.
Queste sono le qualità, a mio giudizio fondamentali, che desideriamo trovare nel nostro strumento militare, ma non sono le uniche. Non dobbiamo trascurare l'importanza di saper sviluppare sinergie attraverso un'integrazione delle risorse militari con quelle di altri dicasteri, soprattutto per alcune missioni: penso, per esempio, alla sorveglianza degli spazi aerei e marittimi, per loro natura interministeriali, e al livello interregionale sul piano multinazionale.
Il nostro obiettivo, in sintesi, è quello di mantenere lo strumento militare nazionale a un adeguato livello qualitativo, per garantire la sua piena integrabilità nei contesti operativi alleati.
Lo strumento militare deve essere, altresì, bilanciato. Deve, cioè, includere tutte le capacità essenziali in aderenza con le linee di pianificazione adottate in ambito nazionale e alleato.
Per l'Europa in primis dobbiamo fare di più in termini di capacità operative. Cito, al riguardo, quanto dichiarato dal Segretario generale della NATO Rasmussen, di recente audito dal Parlamento europeo: «Permettetemi di essere franco. Se le nazioni europee non decidono di investire insieme in sicurezza e difesa, tutti i bei discorsi su una politica europea di difesa saranno solo aria fritta».
Dunque, la difesa europea richiede più capacità operative e soprattutto di individuare quelle giuste, dismettendo quelle non più necessarie. Non continuiamo, perciò, nell'equivoco che costruire una credibile difesa europea significhi per gli Stati membri non proseguire sulla strada dello sviluppo di adeguati programmi capacitivi. In tale contesto, è significativo il raffronto delle spese nazionali per la funzione Difesa con quelle


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sostenute dai principali partner europei. Da tale raffronto - chiaramente raffigurato in questa prima slide che vi sarà ora mostrata - si evince non solo il posizionamento dell'Italia al di sotto della media europea, ma anche una qualificazione della spesa decisamente migliorabile. Lo dimostrano i parametri di riferimento relativi alle spese ordinate per soldato, ovvero la dimensione quantitativa, e quelli relativi alla capitalizzazione per soldato, ovvero la dimensione qualitativa e capacitiva, raffigurati nella seconda slide.
In considerazione dei ben noti vincoli di bilancio, il raggiungimento dei necessari livelli qualitativi potrà essere perseguito solo a condizione di recuperare adeguate risorse per l'operatività - ossia l'addestramento del personale, la manutenzione degli equipaggiamenti - e per un adeguato rateo di rinnovamento dello strumento militare.
Tale sforzo è ben rappresentato dalla tensione del mio Dicastero verso il conseguimento di un migliore equilibrio delle spese per il personale, per l'esercizio e per l'investimento, secondo i parametri percentuali comunemente accettati a livello europeo, rispettivamente del 50, 25 e 25 per cento della spesa totale. L'evoluzione storica e la situazione attuale sono ben ritratte nella terza slide, dalla quale si evince con chiarezza che siamo ben lontani da tali parametri.
Siamo pienamente coscienti della necessità di tale sforzo. La Difesa è verosimilmente l'unico Dicastero che ha intrapreso una riduzione strutturale della consistenza dei propri organici molto superiore a quanto disposto a fattor comune attraverso la cosiddetta spending review. Questa dolorosa azione ha e avrà un forte impatto sulle risorse umane, ma è tuttavia indispensabile per assicurare, anche in futuro, che le Forze armate siano realmente in grado di operare. Senza tale riorganizzazione


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riduttiva si raggiungerebbe in breve una sorta di default funzionale, ovvero si manterrebbe lo strumento militare a un bassissimo grado di operatività.
Nella quarta slide è presentata l'evoluzione programmatica negli anni della spesa per la Difesa, al fine di ottenere, tramite la riduzione delle spese per il personale, un innalzamento per l'operatività (nella lastrina questa è rappresentata in rosso).
Nell'ultima slide - la numero 5 - è evidente l'andamento nel tempo dei consumi intermedi della pubblica amministrazione. Il grafico evidenzia il sacrificio che il Dicastero della Difesa ha dovuto affrontare nel suo contributo al risanamento dei conti dello Stato. Peraltro, invito a notare che, mentre la curva della Difesa scende, passando da 3,5 miliardi a 800 milioni, quella della pubblica amministrazione in genere sale.
È necessario, quindi, razionalizzare le strutture organizzative con interventi mirati alle aree non direttamente correlate all'output operativo, nonché ridurre il personale e consentire un corretto turn-over, indispensabile per scongiurare l'invecchiamento dello strumento. Ciò testimonia come la Difesa continui a investire con convinzione sui giovani, rimanendo un'importante opportunità occupazionale, pur con tutte le limitazioni dovute all'esigenza di ridurre la consistenza organica complessiva. La Difesa, soprattutto, investe in formazione e conoscenza, favorendo quella crescita culturale e professionale che rimarrà patrimonio dei nostri ragazzi anche dopo il termine della loro ferma.
È mia precisa intenzione - in questo senso ho già dato mandato al mio staff - elaborare uno specifico progetto che guardi alla valorizzazione dei giovani che entreranno a far parte delle Forze armate, possibilmente coerente con il tema dell'integrazione europea nel settore della difesa.


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È quindi intenzione del Governo, in attuazione di quanto disposto dal precedente Parlamento, capitalizzare le potenzialità innovative della cosiddetta legge delega di revisione dello strumento militare, attraverso l'efficace e tempestiva attivazione dei decreti delegati.
Sono confermati gli obiettivi di riduzione strutturale della consistenza organica del personale militare e civile della Difesa, al fine di recuperare risorse da destinare all'operatività dello strumento militare. Civili e militari dovranno operare in forma più integrata, superando ogni residua e non necessaria compartimentazione tra il mondo civile e militare all'interno della Difesa.
Al tempo stesso, consideriamo fondamentale che si riconosca appieno - e ancora una volta riprendo quanto affermato dal Presidente del Consiglio Letta - la specificità della professione militare, valorizzando al meglio tale condizione e tutelando con priorità quel personale dei gradi inferiori che sta maggiormente sopportando gli effetti delle recenti misure di contenimento della spesa.
A tal proposito, mi permetto di evidenziare che a breve saranno all'esame del Parlamento due schemi di Decreto del Presidente della Repubblica, uno sull'armonizzazione del regime generale dei trattamenti pensionistici per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, e l'altro per la proroga del blocco degli adeguamenti stipendiali anche del medesimo personale, che costituiranno vera e propria cartina al tornasole della richiamata specificità, quindi delle buone intenzioni del Governo su questo tema e della determinazione del Parlamento.
Quanto alla sensibilità e all'attenzione con cui il Governo guarda al personale, è emblematico il caso dei nostri due fucilieri della Marina militare, cui hanno fatto riferimento il


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Presidente del Consiglio nel suo intervento progettuale e il Presidente della Commissione difesa della Camera, onorevole Elio Vito. Al riguardo, mi preme sottolineare come, fin dalla scorsa settimana, il Presidente del Consiglio ha voluto coinvolgere in una riunione di merito e di coordinamento tutti i ministeri e i ministri interessati al caso: oltre al Presidente del Consiglio stesso, hanno partecipato a tale riunione il Ministro degli affari esteri, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno e il Ministro della difesa.
In quella occasione, attraverso un più forte coordinamento e una lunga discussione sul merito del tema affrontato, abbiamo inteso mettere tutta la forza di cui è capace la nostra politica sulla stessa mattonella per una soluzione equa e rapida di questo caso. A partire da quella data, è stato riconfermato nell'incarico Staffan De Mistura, che è già in India dall'inizio della settimana.
Si tratta di una priorità per il Governo, ma costituisce anche un esempio della metodologia d'azione. Il Governo ha inteso muoversi con questa azione sinergica e corale guidata dal Presidente del Consiglio e con il diretto coinvolgimento di tutti i ministeri interessati.
Quanto al personale civile della Difesa, dovremo valorizzarne le peculiari professionalità attraverso una maggiore integrazione in tutte le attività istituzionali del Dicastero.
Se è vero che gli effetti importanti della riforma si otterranno nel medio termine, non dare attuazione alla riforma significherebbe fare default nel giro di pochi anni. Purtroppo, come accade per altre questioni che riguardano il Paese, siamo costantemente in emergenza, ed è indispensabile agire dopo aver riflettuto a lungo, così come profonda e consistente è stata la riflessione maturata dal Parlamento negli anni passati.


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Signor Presidente, cari colleghi, vorrei ampliare la mia riflessione ricordando come le spese per la Difesa non siano banalmente, come ho testé detto, solo un onere per la collettività. Oltre ad essere funzionali ad assicurare un bene primario irrinunciabile, esse sono anche in grado di contribuire al nostro sviluppo tecnologico e industriale. Il settore industriale che opera per la Difesa oltre ad essere un patrimonio nazionale di tecnologia e di capacità, è anche parte integrante del nostro modello di difesa nazionale, perché senza di esso l'Italia sarebbe totalmente dipendente dall'estero per l'acquisizione e il mantenimento delle sue capacità militari.
Attraverso un indirizzo strategicamente mirato degli investimenti e in sinergia con altri dicasteri, è possibile partecipare attivamente al rilancio dell'economia nazionale, stimolando la domanda interna, generando un indotto occupazionale, sviluppando il know-how per le nostre industrie e la loro competitività tecnologica sul mercato internazionale e, in particolare, valorizzando tecnologie e produzioni duali, cioè utilizzabili sia per progetti civili, sia per quelli militari.
Il gran numero di accordi bilaterali sottoscritti dalla Difesa e ratificati dal Parlamento formano oggi un tessuto di relazioni di straordinaria valenza, economica e politica. Tali relazioni rafforzano la fiducia reciproca, contribuendo alla stabilità internazionale, e sono anche il presupposto per sempre più intensi interscambi commerciali in materia di difesa.
Nel rispetto ovvio dei princìpi di concorrenza sanciti a livello europeo, questo settore va quindi valorizzato, in particolar modo per ciò che attiene a quelle tecnologie strategiche che rendono materialmente possibile la realizzazione delle capacità militari fondamentali e la piena sovranità operativa per il loro impiego.


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Ritengo quindi che dobbiamo proseguire sulla via dello stretto coordinamento tra tutti i Ministeri (difesa, università e ricerca, infrastrutture e trasporti) che concorrono a garantire all'Italia le migliori capacità di sviluppare, produrre e sostenere nel tempo le proprie capacità militari.
Al tempo stesso dobbiamo favorire una crescente integrazione a livello europeo dell'industria per la difesa italiana, perché solo le dimensioni continentali possono assicurare, anche in futuro, la competitività del settore nel contesto mondiale.
Vengo ora alla ricerca, un tema fondamentale per l'obiettivo di crescita fissato dal Governo. In questo settore è prioritario l'incremento dello scambio informativo tra la domanda tecnologica da parte dei dicasteri e dell'industria e l'offerta dei centri di ricerca statali e privati, università, distretti, poli e parchi tecnologici, e, per quanto più direttamente mi riguarda, dei centri militari, al fine di incentivare le sinergie tra industria, mondo finanziario e analoghe realtà europee e internazionali, fruendo anche dei finanziamenti dell'Unione europea.
La Difesa ritiene che il focus sulle tecnologie debba favorire la cooperazione strutturata tra le imprese, anche a livello internazionale, già nelle fasi iniziali dell'innovazione tecnologica, a superamento delle attuali procedure che prevedono un'ardua e sovente inefficiente ripartizione del work share e del cost share in fasi successive, quando le industrie sono costrette a capitalizzare gli investimenti effettuati.
È quindi mia ferma intenzione procedere con determinazione allo sviluppo di iniziative in materia, quali la realizzazione di un data base open source per la condivisione con gli altri dicasteri delle esigenze di tecnologie abilitanti, che consentirà di facilitare le economie di scala e rivitalizzare l'industria


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nazionale, con particolare riferimento alla piccola e media impresa, che incontra più difficoltà ad accedere alla ricerca.
Torno adesso ad alcune considerazioni che investono più direttamente il rapporto tra le Forze armate e la dimensione sociale del territorio. La Difesa, come ho detto, è un servizio pubblico che opera a favore di tutta la collettività, senza alcuna distinzione geografica o di altra natura. Allo stesso modo gli oneri associati alla Difesa gravano sulla collettività nel suo complesso. Anche la recente riforma del Titolo V della Costituzione ha riconosciuto allo Stato la responsabilità esclusiva in tema di difesa e Forze armate, proprio come per la politica estera.
Le conseguenze delle attività e della presenza delle Forze armate sul territorio, siano esse positive o negative, sono evidentemente di interesse per le comunità locali, ma ciò non altera il carattere necessariamente unitario e l'ottica specificamente nazionale di tali attività, come delle scelte politiche ad esse associate.
Il Ministero della difesa, quindi, nel rispetto dei rispettivi ruoli e ambiti di responsabilità, continuerà a mantenere un intenso e produttivo dialogo con tutte le realtà territoriali che in varia misura traggono beneficio o sostengono oneri derivanti dalla presenza delle Forze armate o dal loro operare.
Resta ferma la priorità rappresentata dalla tutela della salute dei cittadini, appartenenti o meno alle Forze armate, e il rispetto dell'ambiente, princìpi sanciti dalla nostra Costituzione. Non può che essere così per l'istituzione che più di ogni altra ha come missione fondamentale la difesa del Paese e degli italiani.
Con riferimento al patrimonio pubblico in uso alla Difesa per le esigenze istituzionali, questo deve rimanere coerente per


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quantità e qualità alle effettive esigenze. Il patrimonio pubblico è una risorsa collettiva, che deve essere valorizzata al meglio, soprattutto oggi a fronte della necessità di abbattere lo stock di debito pubblico.
In considerazione della drastica diminuzione della consistenza delle Forze armate già attuata nel corso degli ultimi anni, e nella prevista nuova fase di riorganizzazione riduttiva, la presenza della Difesa sul territorio si ridurrà sensibilmente. Dovremo pertanto ridurre le infrastrutture in uso, valorizzando le basi necessarie e adeguandole alle esigenze e agli standard attuali, proseguendo nell'attività di dismissione degli immobili, da immettere sul mercato quando le condizioni miglioreranno, nonché attivando meccanismi per la riassegnazione in bilancio delle relative risorse al fine di sostenere la rilocalizzazione delle unità militari.
In sintesi, è intenzione del Governo favorire in ogni modo il processo di valorizzazione dei beni non necessari ai fini istituzionali. A questo proposito mi preme sfatare il mito di un'Amministrazione della Difesa non desiderosa di cedere quanto non più necessario. Al contrario, forte è la volontà di procedere su questa via, che consentirà di concentrare le limitate risorse su quanto è effettivamente necessario. Chiedo con forza che tutti i dicasteri e i soggetti istituzionali coinvolti cooperino e agiscano con noi verso questo obiettivo.
Si tratta di un volano che una forte sinergia tra la Difesa, tutti i dicasteri e gli enti territoriali competenti deve assolutamente riuscire a mettere in moto, perché sarà una leva fondamentale per riavviare la crescita del territorio e sostenere la revisione dello strumento militare.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei concludere questa mia relazione, in attesa dei vostri commenti, rivolgendomi proprio a tutti voi. Nel rispetto delle idee e delle


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posizioni, è indispensabile, a mio giudizio, un dibattito aperto, costruttivo e non preconcetto o ideologico sulla Difesa. Le Forze armate vogliono essere trasparenti, perché sanno di poterlo essere, e devono esserlo perché sono un bene di tutti ed operano per il bene di tutti.
Ho iniziato questo mio intervento citando il Presidente del Consiglio. Ora desidero richiamare un passaggio dell'intervento del Presidente Napolitano nel giorno del suo insediamento: «Non si trascuri di reagire a disinformazioni e polemiche che colpiscono lo strumento militare, giustamente avviato a una seria riforma, ma sempre posto nello spirito della Costituzione a presidio della partecipazione italiana, anche col generoso sacrificio di non pochi nostri ragazzi, alle missioni di stabilizzazione e di pace della comunità internazionale». Reagire a queste disinformazioni e polemiche non è compito esclusivo del Governo o del mio Dicastero. È una responsabilità che deve essere condivisa, come nell'auspicio del Presidente Napolitano, da tutte le istituzioni della Repubblica, in primis dal Parlamento. Io confido che un dialogo franco e aperto, che non si nasconda i problemi, ma che entri nel merito delle questioni sia tra di noi non solo possibile, ma anche auspicabile.
La Difesa mantiene un livello di interazione e di scambio informativo con il Parlamento che, a mio avviso, non ha eguali. Il livello di trasparenza sul nostro bilancio, inclusa la programmazione futura, è definito minuziosamente da apposite norme di legge.
Da quest'anno questa trasparenza è ulteriormente accresciuta, in esito a quanto disposto proprio con il provvedimento di approvazione dalla legge-delega, attraverso la presentazione del Documento di programmazione pluriennale della Difesa.


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Lo abbiamo anche immediatamente pubblicato sul sito istituzionale del dicastero, e quindi reso di immediato e gratuito accesso per tutti i cittadini.
A ciò si aggiungono i molteplici altri atti, e soprattutto le frequentissime audizioni che come Ministro della difesa sarò chiamato a svolgere. Il Presidente Vito ha ricordato che ci rivedremo in concorso con il Ministro degli affari esteri già dal 29 maggio.
In breve, la Difesa farà davvero ogni sforzo per garantire la piena informazione della pubblica opinione e delle istituzioni. Il mio impegno è quello di proseguire su questa strada di trasparenza e di accessibilità, ovviamente ben coadiuvato dai colleghi Sottosegretari Roberta Pinotti e Gioacchino Alfano.
Onorevoli senatori e deputati, le Commissioni di cui fate parte costituiscono l'elemento fondamentale del Parlamento per l'indirizzo e il controllo della vitale funzione della difesa del Paese, degli italiani e dei loro interessi, che è assicurata dalle Forze armate. Io assicuro fin da ora che l'elaborazione concettuale e i lineamenti di indirizzo politico, in particolare quelli di maggiore interesse, saranno effettuati coinvolgendo le Commissioni parlamentari.
Nel rispetto delle idee e delle opinioni, vi chiedo di aderire altresì in maniera convinta non a queste linee programmatiche, ma all'appello fatto dal Presidente della Repubblica, in quel passaggio chiave che chiede, in continuità con quanto le istituzioni repubblicane hanno sempre fatto, di tutelare il patrimonio rappresentato dall'istituzione militare. Facciamolo per la Repubblica, per la collettività nazionale, ma anche per i nostri ragazzi che sono andato a trovare nei primi giorni del mio mandato in Afghanistan, a Shindand, a Bala Baluk e a Farah. Ragazzi e ragazze che in questo momento operano in tanti


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teatri e mari lontani, là dove il Parlamento, e non il Ministro della difesa, e sempre a larghissima maggioranza, ha chiesto loro di farlo.
Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Mauro per l'ampia e dettagliata relazione. Naturalmente le slide mostrate sono state poste in distribuzione e sono dunque a disposizione dei colleghi. Ne autorizzo inoltre la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Se siete d'accordo, consentirei ora di svolgere un intervento per Gruppo fino alle 10. Se riusciamo a contenere gli interventi, esaurendo questa fase dell'audizione nella mattinata, una volta terminati i lavori d'Aula, potremo ascoltare la replica del Ministro e gli interventi dei colleghi che vorranno formulare ulteriori osservazioni. Ricordo che alle 15,30 dovremo comunque concludere l'audizione, per impegni del Ministro legati ai funerali di Genova.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

VITO VATTUONE. I minuti sono veramente pochi, ma approfitto per ringraziare il Ministro Mauro per la relazione, che è sicuramente un primo approccio di dialogo. Riteniamo di condividere in larga parte i punti di riferimento della politica di difesa espressi dal Ministro, almeno rispetto ad alcuni dei temi fondamentali, in primo luogo quello dell'integrazione della difesa europea.
È stato richiamato dal Ministro l'indirizzo disposto dal Presidente del Consiglio Letta. Anch'io mi sento di ribadire che è necessario compiere dei passi concreti che servano a pervenire a un sistema integrato di difesa europea. Questo è sicuramente uno snodo cruciale, anche per quanto riguarda la


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coesione politica europea nell'ambito del processo di integrazione della difesa, tenuto conto soprattutto della grave e perdurante congiuntura economica che, come è stato richiamato, impone la multifunzionalità degli interventi per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali.
Mi preme certamente richiamare l'ineludibile rinnovamento, a cui è già stato fatto riferimento, e la riorganizzazione della capacità di intervento del nostro strumento militare, intervenendo per rendere più efficiente la spesa, realizzando risparmi ed evitando gli sprechi.
Tocco un altro punto e concludo. Il Ministro Mauro ha fatto cenno alle spese per la Difesa, che contribuiscono allo sviluppo tecnologico e industriale. Certamente questo è apprezzabile, come è apprezzabile l'impegno a valorizzare il settore degli investimenti, quale volano per la crescita e per il mantenimento di capacità militari essenziali per il processo di integrazione a livello europeo dell'industria della difesa italiana.
Mi sento di ribadire il mio convincimento che è necessario un controllo del Parlamento e democratico sui programmi di armamento e sul loro stato di avanzamento. Ciò nel solco di una disponibilità e di una reciproca fiducia tra Forze armate e Parlamento. Sicuramente stiamo vivendo una fase cruciale e delicata, ma si rende appunto necessaria una reciproca disponibilità, che consenta al Parlamento ed all'Esecutivo un'intesa comune, come è stato sottolineato in quest'auspicio di dialogo da parte del Ministro. Mi sento di ribadire quest'auspicio anche da parte nostra.

SALVATORE CICU. Signor Ministro, la Sua relazione ci ha permesso di capire che la dimensione da lei rappresentata è una dimensione centrale, vitale e fondamentale per il Paese, non solo per il patrimonio di valori che racchiude e sintetizza,


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quali l'unità della patria e quel senso di appartenenza che troppo spesso induce a sterili contrapposizioni, polemiche e divisioni, che fanno male al sistema Paese.
Mi fa piacere dire che non si è sottratto a nessun aspetto. Ha voluto dare una panoramica forte e precisa, con una dimensione importante rispetto alle funzioni vitali che le Forze armate svolgono nel mondo.
Vorrei ricordare alcuni punti che sono rimasti un po' in sospeso alla fine della precedente legislatura e che sono stati oggetto di richiesta di chiarimenti. In maniera particolare, partirei da un nodo centrale: le missioni internazionali. Lei l'ha ricordato, ma mi piace sottolinearlo: la partecipazione dell'Italia a missioni internazionali è un elemento importante per il sistema Paese e troppo spesso viene taciuto il fatto che è gestito alla luce del nesso che riguarda proprio gli interessi nazionali.
Lei ha detto bene: i teatri di pace in cui partecipiamo sono lontani geograficamente, ma sono all'interno dei nostri confini. Fanno parte di un processo che riguarda le nostre radici democratiche, che affondano nella ricerca della costruzione di un popolo europeo e di una difesa europea, forse con ritardi storici che bisognerebbe cercare di capire meglio, rimuovendo le cause da cui questi derivano e, soprattutto, facendo capire che l'interoperabilità dipende da un linguaggio comune all'interno della difesa. Il sistema della formazione e dello scambio di notizie diventa fondamentale.
Signor Ministro, credo che la soluzione - apro una parentesi - alla questione dei nostri marò, al di là della giusta sinergia all'interno del nostro contesto governativo-istituzionale, andrebbe forse ricercata, ancora di più e meglio, proprio all'interno di quelle organizzazioni a cui partecipiamo e a cui tanto diamo. Siamo la quarta forza all'interno del contesto


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mondiale a livello di partecipazione, di spesa di risorse e di impegno. Dunque, nel confronto con l'India, per essere più efficaci, il peso dell'Italia e delle organizzazioni cui partecipiamo andrebbe fatto valere meglio anche all'interno di quelle organizzazioni.
Tornando al discorso delle missioni internazionali, credo che non possiamo permettere che si ripeta quanto è successo con l'ultimo decreto, ossia che il rifinanziamento delle missioni internazionali avvenga per un periodo inferiore ad un anno. Noi dobbiamo dare certezza rispetto alla copertura finanziaria, quindi non possiamo lasciare periodi scoperti. Oggi, invece, siamo coperti sino al settembre 2013. Dobbiamo fare una riflessione: forse, sarà necessario ridurre la nostra partecipazione, ma dobbiamo assicurare l'intera copertura finanziaria, perché non possiamo pensare che i nostri uomini e le nostre donne, all'interno di un contesto così delicato, vengano lasciati soli.
Dico questo proprio per un fabbisogno di esigenza operativa.
Signor Presidente, chiuderei qui. Mi riservo, tuttavia, di riprendere l'intervento in una fase successiva, perché ci sono alcuni punti che devono essere sviluppati per non fare venire meno quel rapporto di cui il Ministro ha parlato.

PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Cicu, ma in questo primo giro dobbiamo permettere a tutti i gruppi di esprimersi.

ROBERTO COTTI. Signor Ministro, la sua relazione programmatica si colloca in continuità con la politica operata negli ultimi due decenni, una politica che non ha funzionato e che ora palesa tutte le sue lacune.
A distanza di quasi venticinque anni dal nuovo modello di difesa e dal rilancio dalla NATO, il bilancio che ci troviamo


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davanti è sostanzialmente fallimentare. La guerra, infatti, è stata sdoganata dalla politica come cosa normale per la risoluzione dei problemi. L'ONU è stata marginalizzata e colpita nel suo prestigio e il senso di insicurezza ha continuato a crescere, aumentando le aree di destabilizzazione e di conflitti armati. La riabilitazione di quella guerra, così solennemente ripudiata dall'articolo 11 della Costituzione e dalla Carta delle Nazioni Unite, ha attraversato tutti questi venticinque anni: dalla ex-Jugoslavia, passando per le guerre del Golfo, fino all'Afghanistan.
Secondo lo spirito dell'articolo 11 della nostra Costituzione, infatti, la nostra attività militare dovrebbe essere orientata alla difesa del nostro popolo e della nostra terra. Appare invece sempre più evidente che il modello di cosiddetta «difesa» che l'Italia attua è fondato sul meticoloso addestramento delle nostre Forze armate ad attività tendenzialmente offensive, come testimoniano il tipo di esercitazioni che si svolgono nei nostri poligoni e le oltre venti missioni militari in corso nei luoghi più disparati del mondo (le cosiddette «missioni di pace», per alcune delle quali vengono spese somme talmente alte che, se venissero destinate all'aiuto delle popolazioni coinvolte, probabilmente sarebbero in grado di risolvere quegli stessi conflitti in modo pacifico, o addirittura di prevenirli).
Nella politica della Difesa di questi due decenni le larghe intese ci sono sempre state. Centrosinistra e centrodestra hanno entrambi sposato il nuovo modello di difesa, con il suo corollario di nuovi costosissimi sistemi d'arma, spedizioni militari e partecipazione attiva delle nostre Forze armate nei teatri di guerra. Si è fatto passare, anche in questo caso non senza una certa dose di ipocrisia, questo largo convergere su tali scelte per un malinteso senso della Patria e della responsabilità nazionale.


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Il Movimento 5 Stelle è entrato in Parlamento per rendere coerenti le proprie prese di posizione con i valori di pace della nostra Costituzione. Chiediamo che venga calendarizzata finalmente la seconda Conferenza nazionale sulle servitù militari (l'ultima si tenne sul fine degli anni Settanta). Occorre avere un quadro chiaro dei territori sottoposti a questo vincolo, a volte così pesante per intere comunità. Il Ministro stesso ha parlato di difesa dell'ambiente e della salute. Bisogna anche che siano chiare le responsabilità di chi è tenuto a bonificare le aree usate per le esercitazioni militari, a cominciare dai poligoni.
Occorre potenziare i poteri delle regioni e dei comitati paritetici, e coinvolgere attivamente gli enti locali. Tale Conferenza consentirebbe di rendere meno svincolato dall'interesse collettivo l'enorme patrimonio in mano a «Difesa Spa». Concludo invitando il Ministro Mauro e il Governo a ripristinare la centralità del Parlamento nelle scelte politiche in questo campo. Grazie.

DOMENICO ROSSI. Ringrazio il Ministro Mauro per la relazione. Mi sembra di rinvenire il punto centrale nel momento in cui è stato evidenziato come l'obiettivo debba essere la credibilità della capacità operativa delle nostre Forze armate. È evidente che dietro questo concetto c'è una semplice riflessione: se non viene garantita la credibilità della capacità operativa delle nostre Forze armate, allora quell'onere che noi chiediamo ai nostri cittadini, ossia quelle risorse che noi spendiamo, diventano realisticamente inutili. Mi sembra che questo sia il vero senso di quello che lei voleva esprimere.
Ecco perché, riservandomi eventualmente di fare degli approfondimenti o delle domande nel secondo giro, ritengo che dobbiamo partire da questa riflessione per fare tutti quanti uno sforzo, in modo da assicurare alla Difesa il bilancio


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adeguato a garantire questa capacità operativa. Il tema del bilancio è fondamentale non solo in termini della sua entità, ma soprattutto in quelli della sua regolarità. Infatti, la riforma approvata dal precedente Parlamento ha una sua logica solo se nel tempo quel bilancio si mantiene regolare. Se quel bilancio non si mantenesse regolare, le stesse disfunzioni che lei ha evidenziato, e che evidentemente derivano anche da riduzioni del bilancio della difesa nel tempo, si evidenzierebbero, nonostante le buone intenzioni.
La necessità di una capacità operativa e di una regolarizzazione nel bilancio ci porta a un'ulteriore riflessione: occorre stabilire se questa capacità operativa è necessaria o meno, poiché ci sono delle evidenti divergenze di opinione fra i vari gruppi parlamentari. Senza entrare in polemica, dico che il rispetto degli obiettivi primari della Costituzione è certamente importante, ma questi si raggiungono anche nel momento in cui si tutelano in ogni dove gli interessi di sicurezza dei nostri cittadini. Gli interessi di sicurezza dei nostri cittadini oggi si difendono non solo nel territorio nazionale, ma anche fuori dai confini.
Ecco perché il suo passaggio sulle missioni internazionali - non solo come elemento di credibilità della nazione, ma anche come elemento di sicurezza per la nazione - diventa fondamentale, e noi del Gruppo Scelta civica lo condividiamo.
Avviandomi alla conclusione, è evidente che la credibilità della nostra capacità operativa dipende da due elementi. Il primo elemento è quello tecnologico, e riguarda gli strumenti d'arma e gli equipaggiamenti a disposizione delle nostre Forze armate. L'altro è quello fondamentale del morale del nostro personale. Lei stesso ha messo in risalto come la riforma delle Forze armate non potrà che incidere dolorosamente sul nostro personale.


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Noi attenderemo che siano trasmessi i decreti delegati per evidenziarle, laddove fosse opportuno e necessario, gli elementi che possono essere corretti e migliorati, affinché il personale delle Forze armate eventualmente eccedente non avverta la sensazione di uno Stato che, dopo averlo impiegato, lo abbandoni al suo destino. Non credo che sia questa l'intenzione del Ministro che l'ha preceduta né quella sua. Penso, però, che questo sia un punto assai delicato su cui tutto il personale ci guarda con attenzione perché vuole essere tutelato da quello stesso Stato che lo impiega fino all'estremo sacrificio.

SERGIO DIVINA. Signor Ministro, devo dirle che sono soddisfatto, perché nella sua relazione posso leggere quello che voglio. Mi riferisco al fatto che non ho trovato punti espliciti, ma linee guida che lasciano intendere, più che concretizzare.
Lei conosce benissimo le critiche che oggi piovono su una serie di questioni. Una riguarda la nostra permanenza in missioni militari all'estero, a proposito in primo luogo della loro efficacia e in secondo luogo della loro utilità. Questa è la critica mossa dall'opinione pubblica. Sappiamo perfettamente che l'interesse della nazione è quello di sconfiggere nemici oggi invisibili. Sappiamo anche che il terrorismo internazionale si annida fuori dai nostri confini e che, prima di subirne le conseguenze, è meglio contrastarlo dove si organizza e si struttura.
Tuttavia, da parte sua ci vorrebbe un punto fermo: noi continueremo a permanere nelle missioni militari fintanto che gli obiettivi non saranno stati raggiunti.
In secondo luogo, parliamo di obiettivi, o meglio di bersagli. Un bersaglio perfetto in questi momenti è rappresentato dagli F-35 e dall'ammodernamento del nostro sistema. Il Ministro ci dice che bisogna mantenere un alto livello qualitativo dei nostri mezzi e scongiurare l'invecchiamento dello strumento.


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Noi lo diciamo chiaramente. Prima di lei avevamo un ministro sul quale potevamo contare, nel senso che probabilmente nessuno conosceva la struttura militare meglio dell'ammiraglio Di Paola. Lo stesso ammiraglio, però, ha dovuto fare grosse retromarce sul programma originario.
Noi sappiamo che abbiamo mezzi aerei che hanno quarant'anni e che prima di essere sostituiti probabilmente ne avranno cinquanta. Abbiamo piloti militari che rischiano la vita. Non so quanti di noi salirebbero tranquillamente su una macchina che ha cinquant'anni di vita, dovendo fare un viaggio medio-lungo. Gli incidenti sono all'ordine del giorno al punto che in tante missioni ci impediscono di collaborare, proprio perché le altre marine e le altre aviazioni con le quali cooperiamo nei vari territori non si fidano dei nostri aerei.
Gli F-35 sono strategici per un ammodernamento, per avere mezzi efficienti, per essere all'altezza ed adeguati, se vogliamo rimanere in un pool di forze e di interscambi, e per mantenere investimenti industriali importanti. Noi partecipiamo a questo progetto per il 45 per cento. Lo sappiamo molto bene. Le industrie e la tecnologia della difesa privata e pubblico-privata italiana ottengono dei benefici enormi e produrranno ricadute che mai nessun altro progetto aveva portato prima nel nostro Paese.
Adesso l'importante è che si spieghi esattamente all'opinione pubblica come stanno le cose, non avendo paura di dire che si manterranno questi impegni, perché uscire da un progetto, che si avvia verso la fine, dovendo pagare penali, per non aver neanche benefici, non credo sia una cosa molto razionale. Diamo delle spiegazioni chiare all'opinione pubblica. Il giorno della discussione della tesi, non ci si pone la domanda se si è scelta o meno la facoltà giusta, perché ormai si è già alla fine. Portiamo a casa questo progetto e diamo un po' di


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tranquillità e sicurezza ai militari che stanno aspettando questo adeguamento dei mezzi in base alle necessità operative del nostro esercito, marina e aviazione.

GAETANO NASTRI. Signor Ministro, ho seguito con attenzione la sua ampia relazione. In quest'epoca caratterizzata da nuovi fenomeni di terrorismo e dal riaccendersi di nuove tensioni interne dal punto di vista sociale, a causa della gravissima crisi economica in corso nel nostro Paese, le cui dimostrazioni di piazza, anche ultimamente, hanno travalicato ogni limite di rispetto della legalità e della convivenza civile, le Forze armate, attraverso il dicastero che Lei rappresenta, costituiscono sicuramente un punto di riferimento importante, indifferibile e indispensabile per l'intero Paese. Per questa ragione, chi aderisce a un gruppo politico come quello cui appartengo crede fortemente nel valore e nel compito assegnato alla difesa del nostro Paese e nel rispetto verso un'istituzione così importante come il Ministero della difesa in un momento di grande difficoltà economica.
Poiché il tempo a disposizione è davvero poco, vorrei sottolineare un aspetto che riguarda un tema centrale vistoci sono stato particolarmente attento nella scorsa legislatura, avendo presentato anche molte interrogazioni. È quello a cui si riferiva precedentemente anche il collega della Lega, cioè il tema dell'assemblaggio degli F-35, che dal mio punto di vista rappresentano davvero un volano di sviluppo anche per un territorio di cui io faccio parte. Quindi, mi auguro che il Governo possa dire con chiarezza qual è il prosieguo e soprattutto qual è l'intento a proposito di questo programma.
Vorrei sottolineare, quindi, l'appoggio del mio Gruppo e del sottoscritto su questo aspetto. Concludo il mio intervento con l'augurio di buon lavoro al Ministro, dichiarando che seguirò con la massima attenzione tutte le iniziative del Governo in


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tema di difesa dei cittadini e del territorio, ribadendo anche la necessità di reperire ulteriori risorse a favore della sicurezza e delle Forze armate, e rimarcando l'apprezzamento di cui le Forze armate italiane sono fatte oggetto in tutti i teatri internazionali in cui operano, segnatamente, come ha detto Lei, in Afghanistan.
Infine, per quanto riguarda il decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, recante la proroga, fino al prossimo 30 settembre, delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, nonché iniziative di cooperazione e sostegno internazionale per il consolidamento dei processi di pace, vorrei chiedere se il Governo intende confermare l'impegno per i restanti ultimi tre mesi dell'anno.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro, il Presidente Latorre e i colleghi intervenuti. Anche per dare atto della disponibilità del Ministro Mauro a proseguire l'audizione nella giornata odierna - lo ripeto, non solo è la prima audizione del Ministro presso le Commissioni congiunte, ma è altresì la prima audizione in assoluto di questo Governo in Parlamento - procederemo nella seguente maniera: alle 13,30 daremo la possibilità, se lo riterranno, ai rappresentanti del Gruppo SEL che non sono intervenuti stamattina di svolgere il loro primo intervento. Dopodiché darò la parola al Ministro Mauro per la replica agli interventi dei gruppi. Se sarà richiesta la possibilità di svolgere ulteriori interventi, i colleghi avranno la parola, con l'impegno di concludere l'audizione entro le ore 15,30.
La seduta della Commissione difesa della Camera, già prevista per le 14,30, è pertanto posticipata al termine dell'audizione del Ministro.
Sospendo quindi la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle 13,35.


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PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori con l'intervento dell'onorevole Duranti del Gruppo SEL, al quale do volentieri la parola.
Il Ministro potrà poi replicare al primo gruppo di interventi; prenderanno quindi la parola gli altri iscritti, di cui fornirò l'elenco, con l'obiettivo, come dicevamo stamattina, di concludere l'audizione entro le 15-15,30, per via degli impegni del Ministro, che deve partecipare ai funerali a Genova.

DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, grazie anche per la disponibilità a farmi intervenire adesso.
Signor Ministro, io ho ascoltato il suo intervento con grande attenzione fino alla fine, ma le devo dire che avrei voluto sentire altre parole da lei.
Lei ha dichiarato, signor Ministro, che le linee programmatiche che ci ha presentato sono in piena continuità con quelle del suo predecessore. Tre minuti, al massimo quattro, sono davvero pochi per intervenire su tutte le questioni da lei poste. Proverò a soffermarmi su due temi che a me sembrano particolarmente significativi e che riguardano la continuità rispetto al lavoro e alle linee programmatiche di questo dicastero.
Comincio dal modello di difesa e dalla legge delega per la revisione dello strumento militare. Io penso che questo Parlamento debba finalmente mettere in agenda una discussione complessiva e - mi permetto di aggiungere - completa su quale modello di difesa il nostro Paese abbia costruito in questi anni. Penso, infatti, che esso non risponda allo spirito della nostra Costituzione.
Mi riferisco, in particolare, a un'organizzazione dello strumento militare legata al concetto di proiettabilità, al concetto estensivo della difesa di interessi nazionali ovunque vengano colpiti, al concetto di capacità di intervento in scenari complessi,


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fuori dei confini nazionali. Sono concetti che lei, signor Ministro, questa mattina ha ripetuto facendo riferimento a un modello di difesa che risponde allo spirito della Costituzione.
Noi pensiamo che non sia così e che il modello di difesa si sia trasformato in un modello offensivo, con la proiezione della forza dello strumento militare lontano dai nostri confini. Lo dimostra - voglio fare un solo esempio - la scelta di dotarsi degli F-35, aerei con particolare capacità di penetrare a fondo nelle linee di difesa nemiche, di sfuggire ai radar nemici e di trasportare e sganciare testate nucleari B-61.
A questo proposito, signor Ministro, le chiedo non solo di interrompere - questa è la posizione del Gruppo Sinistra Ecologia Libertà - l'acquisizione degli F-35, ma anche di attivarsi per la rimozione degli ordigni nucleari sul nostro territorio. Voglio ricordare che le B-61, per le quali c'è un progetto di ammodernamento, sono sul nostro territorio sia ad Aviano, sia a Ghedi.
Lei ha fatto riferimento alle tante crisi che attraversano ormai molti Paesi, in particolare i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Io ritengo che queste crisi dovrebbero vedere il nostro Paese impegnato con altri strumenti.
Mi riferisco alla cooperazione internazionale. Ieri il nostro Gruppo si è opposto ai tagli che erano stati previsti alla cooperazione internazionale al fine di individuare la copertura del decreto-legge che sblocca il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione oggi votato. Mi riferisco al rafforzamento delle Istituzioni internazionali e del diritto internazionale. Noi pensiamo che un impegno di questo tipo servirebbe a mettere le basi per un'effettiva e maggiore sicurezza anche del nostro Paese, non solo delle aree di crisi.
Devo esprimere la nostra preoccupazione rispetto alla scelta del Pentagono di spostare 500 marines dalla base


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spagnola alla base di Sigonella, fulcro delle operazioni USA nel Mediterraneo. Noi crediamo che anche queste decisioni del Pentagono siano in contraddizione con l'idea che noi abbiamo di risoluzione delle crisi che attraversano il Nord Africa e il Medio Oriente. Le chiedo, pertanto, signor Ministro, se intende approfondire - credo che sia un suo diritto, prima ancora che un suo dovere - le ragioni di questo incremento deciso dagli Stati Uniti d'America.
Anche per quanto riguarda la legge delega - vado velocemente alle conclusioni - lei ha confermato l'impostazione sulla revisione dello strumento militare del precedente Ministro Di Paola.
Aggiungo solo una nota a margine. Quella legge delega porta la firma esclusiva dell'allora Ministro Di Paola, mentre noi pensiamo che una materia tanto importante e delicata avrebbe meritato il coinvolgimento già allora dell'intero Governo. Pensiamo, infatti, che le questioni della difesa non debbano essere di esclusivo appannaggio di chi guida il relativo dicastero.
In ogni caso, per tornare all'impostazione della legge delega, noi pensiamo che vada fatta chiarezza sulla consistenza della spesa militare nel nostro Paese. Si dice che la rivisitazione in modo riduttivo dello strumento militare servirà per ripartire le risorse e aumentarne la parte destinata all'esercizio e all'investimento. Noi crediamo, invece, che la spesa militare del nostro Paese sia già molto alta e che alcune parti del bilancio della Difesa siano fuori dal bilancio del ministero, come le missioni internazionali e i programmi per i nuovi sistemi d'arma.
Noi Le chiediamo, signor Ministro, di dare la possibilità a questo nuovo Parlamento di intervenire al più presto sulla


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legge delega, per poter appieno esercitare il nostro potere di controllo e di indirizzo sui contenuti degli atti attuativi della legge.
La ringrazio.

PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Mauro per la sua replica a questo primo giro di interventi.

MARIO MAURO, Ministro della difesa. Intanto, ringrazio tutti i gruppi per le valutazioni che hanno espresso entrando nel merito della mia relazione. Mi preme fare alcune osservazioni che vogliono consentire questo inizio di dialogo e anche favorire risposte concrete ad alcuni dei quesiti che mi sono stati posti.
Innanzitutto, però, svolgo una premessa. Devo chiedere scusa ai colleghi parlamentari italiani. È vero quello che ha detto il Presidente Elio Vito, cioè che l'audizione di oggi è il primo atto di rapporto del Governo, nel Parlamento italiano, con le Commissioni parlamentari, ma non è in assoluto la prima audizione in Commissione del Ministro della difesa.
Infatti, una settimana fa, dopo la visita al nostro contingente in Afghanistan, mi sono recato a Bruxelles, al Parlamento europeo, presso la Commissione esteri e difesa, per un'audizione congiunta con il Segretario generale della NATO Rasmussen.
Dell'opinione espressa in quella circostanza da Rasmussen ho già parlato nella relazione di questa mattina. Tengo a precisare, però, ciò che ho detto io, cioè che la dimensione politica del progetto europeo, quella che qualifica l'Europa come un soggetto che può contribuire alla pace o alla guerra, passa attraverso lo sviluppo di una politica estera e di difesa.
In realtà, se noi, non solo a parole, vogliamo incalzare il contesto delle istituzioni internazionali, e segnatamente di


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quelle europee, perché l'Europa sia progetto politico e non sia, come tante volte viene icasticamente riferito, l'Europa dei banchieri e della finanza, dobbiamo avere il coraggio di entrare nel merito del rapporto con i nostri partner per interrogarci su che cosa vuol dire «Europa della difesa».
Questo non è un incipit da ministro della guerra, ma è l'incipit di un uomo come Alcide De Gasperi, che al progetto di Comunità europea di difesa ha legato la fase forse più drammatica della propria vita politica, pretendendo che da quel momento l'Europa si ergesse a difensore della pace.
Mi permetto di fare questa premessa perché i giornali hanno molto scherzato sul fatto che il Ministro della difesa sarebbe un presunto obiettore di coscienza.
In primo luogo, ho la massima stima degli obiettori di coscienza. In secondo luogo, ricordo, per paradosso della storia, che le leggi che hanno prodotto il nostro servizio civile si devono a ministri della difesa, segnatamente a Beniamino Andreatta. In terzo luogo, confesso di aver fatto il militare e di pensare che il fatto che sia arrivata alla guida del dicastero una persona straordinariamente convinta che lo scopo della difesa siano la pace e le garanzie per la pace ci debba far interrogare su che cosa sia lo strumento della difesa.
Continuare ad ancorare lo strumento della difesa e il sacro dovere - come l'ho chiamato - della difesa della Patria alle questioni di contiguità territoriale sarebbe un tragico errore. Come ho già avuto modo di chiarire, infatti, noi dipendiamo non solo dai conflitti in cui siamo coinvolti, ma anche da quelli che sorgono e che dettano le condizioni della pace e dello sviluppo al mondo intero.
L'approccio che noi abbiamo a questi temi non è un approccio muscolare. È l'approccio di chi si interroga su come si faccia a poter garantire la pace.


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Se il giudizio di tutti, maturato attraverso la tragedia delle guerre e dell'ultimo conflitto mondiale in particolare, è che debbano essere le istituzioni sovranazionali la carta migliore da spendere per garantire pace e sviluppo a tutti, allora evidentemente noi dobbiamo tenere in somma considerazione gli impegni che assumiamo a quel livello perché la pace sia garantita.
È per questo motivo che non potrà esistere progetto politico chiamato «Europa unita», se non entrando nel merito delle questioni della difesa. Le istituzioni sono frutto di un patto di libertà: i cittadini cedono quote della propria sovranità in cambio di garanzie di servizi. Da sempre c'è lo Stato, quando si erge intorno al perimetro dello Stato un principio di difesa.
Se lo Stato si allarga come concetto e diventa il progetto politico dell'«Europa unita», non ha senso che quel progetto ci sia, se a difesa di quel perimetro e delle sue ragioni ideali, nella possibilità di contribuire allo sviluppo di un progetto di pace sul piano internazionale, non c'è un adeguato sistema di difesa.
Questa è la ragione per la quale teniamo tanto all'efficientamento del nostro esercito. Non c'è alcuna persecuzione del personale in atto. C'è, invece, la consapevolezza che il rapporto adeguato tra numero, capacità operativa, addestramento, formazione, internazionalizzazione delle nostre Forze armate, nonché investimenti e spese di esercizio rappresenta il mix che garantisce a questo strumento di difesa di non essere un orpello, un'esibizione muscolare e - perdonatemi l'espressione - una logica di baionette che si appella al principio per cui il numero è potenza.
Stiamo parlando d'altro. Stiamo parlando di una visione di pace, alla quale intendiamo contribuire con il meglio di ciò che siamo capaci di fare, mettendo il peso della nostra politica e


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delle nostre decisioni politiche sul piatto anche dello sviluppo tecnologico della ricerca e dell'industria, soprattutto in chiave duale.
Mi preme sottolineare una volta di più un particolare: noi abbiamo responsabilità enormi anche nei confronti della crisi che l'Europa vive sul piano economico-finanziario. È chiaro che un volano oggettivo come il comparto della difesa è strumento di aiuto, in questo momento così difficile, per una ripresa magari lenta, ma inesorabile.
Voglio dire ancora di più. Questo passaggio regge anche tutta la speculazione possibile che si fa sugli strumenti tecnologici della difesa. In questo senso riprendo molti degli interventi di questa mattina, segnatamente l'intervento del senatore Divina.
A questo proposito, ricordo a chiare lettere che nel 1998 sono iniziati i primi via libera al progetto JSF, con un Governo che sicuramente non esprimeva la presenza di Sinistra Ecologia Libertà, ma di forze comunque affini, dentro la prospettiva di individuazione di strumenti tecnologici che potessero essere una leva sulla quale fare un'ipotesi di sviluppo di dotazione corrispondente alle necessità dei tempi.
Il Parlamento ha sempre accompagnato queste riflessioni e nulla gli vieta di tornare sempre a considerare nel merito l'adeguamento di questi passaggi. Io, però, penso che tutti insieme dobbiamo fare lo sforzo di superare l'approccio ideologico e di andare a vedere come stanno le cose.
È per questo che mi permetto di rivolgere un invito ai membri delle Commissioni congiunte a cominciare, per esempio da Cameri, una riflessione sullo sviluppo e sul giudizio che promanano dallo sviluppo di questo progetto. Teniamo conto del fatto che noi comunque dobbiamo recuperare il senso di quello che il Parlamento, attraverso numerosi voti parlamentari,


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ha affermato finora: le Forze armate italiane devono essere efficienti, tecnologicamente avanzate e in grado di corrispondere alla logica di quella presenza sullo scenario internazionale che non è volontà di potenza, ma contributo al principio di attuazione della pace e dello sviluppo.
In questo senso vanno lette anche le nostre missioni internazionali. Io sono tornato, per l'appunto, dall'Afghanistan, dove ho ripetuto a chiare lettere al generale Dunford, capo di ISAF, nonché al Presidente Karzai, che i 4.000 uomini italiani presenti a quella latitudine - che oggi sono 3.100 e che alla fine del 2014 saranno 1.800 - rappresentano il nostro contributo nella logica che ho descritto prima. La loro presenza, quindi, non è voluta dentro princìpi di mantenersi in forma per poter essere sempre brillantemente operativi, ma è realmente il contributo che noi portiamo allo scenario della pace e della guerra, volendo la pace.
Per questo motivo la logica delle missioni è molto semplice: fare il necessario nel minor tempo possibile, col minor spreco possibile e soprattutto con la minor perdita di vite umane. Direi che dobbiamo tutto ciò soprattutto a chi ha sacrificato se stesso in circostanze tanto dure.
La logica delle missioni internazionali è pienamente comprensibile, se la si adegua a una strategia di pace, non di guerra, anche in questo caso con il coraggio di entrare nel merito. Non c'è alcun tabù, non c'è alcun totem. Probabilmente ci sono state missioni, nell'arco degli ultimi vent'anni, che hanno retto gli impegni della comunità internazionale e che oggi, riviste col senno di poi, potrebbero serenamente richiedere un giudizio storico-politico.
Noi siamo chiamati a vivere le circostanze comunicando la sensazione che il nostro è un Paese serio, che mantiene gli


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impegni, ma soprattutto un Paese ancorato nella democrazia alla volontà del Parlamento che ha sempre e comunque autorizzato tali missioni a larghissima maggioranza.
Debbo poi una risposta al senatore Cotti in merito alla possibilità di calendarizzare la Conferenza nazionale sulle servitù militari. Al riguardo, evidenzio che la prima Conferenza nazionale sulle servitù militari è stata svolta nel 1981 e ha richiesto per le attività preparatorie circa due anni.
Già nel periodo 2009-2011, a cura dello Stato maggiore della Difesa, sono state poste in essere azioni per l'organizzazione di una seconda eventuale conferenza. La complessità, che è dettata sia dall'individuazione dei temi da trattare - è chiaro a tutti che sono coinvolti numerosissimi enti esterni alla Difesa, soprattutto articolazioni territoriali - sia dalla valutazione degli aspetti più prettamente tecnico-organizzativi, ne ha impedito allora la realizzazione concreta.
Chiarito ciò, al fine di confermare quanto espresso questa mattina in tema di trasparenza e di apertura nei confronti delle amministrazioni locali, credo che sia d'uopo cercare di porre le basi per avviare le azioni necessarie alla convocazione di una nuova Conferenza nazionale sulle servitù militari.
È ovvio che il tutto, dati i tempi che necessitano - è una valutazione meramente del Ministro - e fatti salvi i lavori preparatori, mi sembrerebbe dover essere sincronizzato, a questo punto, con la tornata delle prossime elezioni regionali, in modo da operare sulla base di un rapporto stabile di prospettiva con le amministrazioni regionali.
Non vi sembri un tempo lungo. In realtà, abbiamo pochissimo tempo e all'interno di questo tempo, che è segnato dai nostri eventi nazionali, vorrei ricordare, a memoria anche del lavoro che faremo insieme e che ci deve attrarre in questi mesi, due eventi particolari.


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A dicembre 2013 si terrà, dopo anni, il primo Consiglio europeo esclusivo sulla difesa. È bene che noi ci arriviamo preparati e con alcune proposte, sia di visione, cui facevo cenno all'inizio della mia replica, sia di merito.
Le proposte di merito, in una visione di interoperabilità, sono ovviamente visioni che tendono a stabilire che noi possiamo mettere qualcosa di più in un senso se gli altri sono disposti a mettere qualcosa di più in un altro. Questo va fatto in un rapporto di fiducia che faccia crescere la forza delle nostre democrazie, nonché del nostro progetto politico comune.
La seconda data importante è giugno 2014, quando inizierà il semestre italiano di presidenza dell'UE. Io vorrei concentrare anche all'interno di quel semestre, proprio perché è opinione comune, come ho sentito esprimere da tutti i Gruppi politici, il giusto coinvolgimento del livello europeo sulle tematiche di politica estera e di difesa. Si tratta ancora di una tranche di proposte che mi auguro possano vedere la nascita in Parlamento, nel rapporto con il Parlamento. Questa è l'impronta che io mi auguro possa suffragare i nostri sforzi.
Una replica anche alle considerazioni degli onorevoli Cicu e Nastri, sempre sul tema delle missioni internazionali. Il 29 maggio terremo in questa sede, con il Ministro Bonino, una lunga discussione e avremo veramente la possibilità di entrare nel dettaglio di molti aspetti particolari. Sono convinto che, data la complessità di alcune situazioni estreme - penso, per esempio, alla Siria - il punto di vista del Parlamento e dei diversi gruppi parlamentari possa esserci realmente utile in un'attività di orientamento politico.
Avviandomi alla conclusione, per quello che attiene alla revisione dello strumento militare, ribadisco che si chiede trasparenza nei confronti del Parlamento. Orbene, se c'è uno strumento


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che offre la possibilità della trasparenza, questo è proprio quello dei decreti delegati. Voi sapete meglio di me che abbiamo fissato recentemente nuove regole, attraverso le quali la visione e la supervisione del Parlamento sono particolarmente meticolose.
L'interesse, se si vuole trasparenza, sta nell'accelerare le procedure di approvazione della revisione dello strumento militare, sempre entrando nel merito. A tal fine il Ministro sarà sempre a disposizione.

PRESIDENTE. Ringrazio ancora il Ministro.
Abbiamo dieci richieste di intervento. Credo, quindi, che possiamo rispettare l'obiettivo di concludere oggi la nostra audizione. Naturalmente, se il Ministro lo riterrà, anche al termine di questi dieci interventi potrà replicare. Il tempo è sempre quello fissato, tre minuti per intervento.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIAN PIERO SCANU. Sono lieto, signor Ministro, di intervenire in questo secondo turno. Se posso esordire con una battuta, che vorrebbe essere anche un complimento, mi permetto di suggerirLe per la prossima occasione di parlare a braccio, piuttosto che di leggere la relazione. Secondo me, se la cava molto meglio, anche per creare...

MARIO MAURO, Ministro della difesa. Col tempo, imparerò anche a scrivere.

GIAN PIERO SCANU. ...una necessaria empatia che ci permetta di parlarci chiaramente, così come di fatto lei ci sta invitando e ci ha invitato a fare dopo questa sua relazione svolta a braccio.


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Andiamo per ordine. Ho giusto il tempo per citare i capitoli.
Debbo arguire, signor Ministro, da ciò che lei ha detto che, in ragione dell'appuntamento del prossimo dicembre 2013, Ella vorrà preparare con il Parlamento tutto ciò che in quella sede verrà rappresentato da lei in nome del nostro Paese. Se ho interpretato bene, e già il suo cenno mi autorizza a esserne sicuro, di ciò sarò lieto.
Veniamo ai decreti legislativi. Lei sa che, a seguito dell'approvazione della legge n. 244 del 2012, dovranno essere predisposti ben quattro decreti legislativi: sulla riduzione del personale militare e civile; sulla riorganizzazione del sistema logistico; sulla riorganizzazione delle infrastrutture militari sul territorio e sulla revisione degli investimenti sui sistemi d'arma.
Se ho capito bene il suo approccio - e spero vivamente di averlo capito bene, perché ne sarei davvero felice - anche per ciò che riguarda la predisposizione di questi decreti legislativi, sarebbe sua intenzione far pervenire alle Commissioni le loro bozze e i loro schemi, in maniera tale che, piuttosto che una funzione pedissequa, a valle, da svolgere da parte del Parlamento, ci possa essere un'azione sinergica.
Questo, peraltro, sarebbe nel pieno rispetto della straordinaria novità legislativa che la legge n. 244 ha introdotto, allorché finalmente, per la prima volta, ha stabilito di attribuire al Parlamento - in concorso con il Governo, ovviamente, ma l'ultima parola spetta al Parlamento - tutta una serie di titolarità, fra le quali quella di decidere anche sugli investimenti per i sistemi d'arma.
A proposito di questo aspetto, signor Ministro, il Partito democratico non opera scelte di carattere ideologico (non ne ha alcuna intenzione) ma, se quanto sto per dirle non dovesse


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essere considerato ingombrante, si riconosce nella valutazione che lei ha svolto con il suo approccio verso la pace, valutazione riconducibile - pur senza essere stato citato - all'articolo 11 della Costituzione.
Muovendo da questo approccio per costruire la pace, noi chiediamo che laicamente si ragioni, senza pregiudizi ideologici di sorta, sulle necessità e sulle opportunità, alla luce di ciò che oggettivamente si sta vivendo in questa congiuntura.
Io comprendo, signor Ministro, che lei faccia riferimento ai Governi del 1998, questo indubbiamente dal punto di vista storico può avere un determinato valore, ma quante cose in quest'ultimo anno abbiamo deciso di aggiornare rispetto al momento storico che stiamo vivendo?
Infine le rivolgo un invito, signor Ministro. Lei ha opportunamente richiamato la specificità del comparto difesa, e l'ha fatto manifestando il Suo disappunto per dover reiterare un provvedimento con il quale si prolunga di fatto e si rinnova il blocco del trattamento economico del personale.
Assuma un gesto di coraggio e, anziché fare dire «no» al Parlamento, perché inevitabilmente e ineluttabilmente questo accadrebbe se l'argomento partisse col parere contrario da parte del Governo, si adoperi per trovare il modo affinché la specificità parta da subito. Saremmo tutti molto più credibili.
Svolgo un'ultima considerazione. Sono lieto che lei voglia attivare l'organizzazione della seconda Conferenza nazionale delle servitù militari. Sono molto lieto, quasi quanto lo sono stato stamattina nell'averle sentito dire che la tutela della salute dei cittadini e il rispetto dell'ambiente costituiscono una priorità assoluta.
In quanto sardo, oltre che italiano, sono strafelice di questo, ma le faccio una richiesta. In continuità, mutuando anche dalla sua espressione, con la legislatura precedente, c'è un


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pronunciamento unanime assunto dalla Commissione d'inchiesta sui problemi causati dall'uranio impoverito, sul quale il Governo ha dato parere favorevole: si dia subito attuazione a quel pronunciamento, non si aspetti la realizzazione della Conferenza, perché francamente c'è poco da approfondire.
Ciò che era da approfondire è già stato approfondito. Si chiudano, dunque, quei poligoni e si ristrutturi quello per il quale non è stata chiesta la chiusura, che non è di sicuro corrispondente a un campo di calcio, ma si estende per migliaia e migliaia di ettari.
Grazie, signor Ministro.

PRESIDENTE. Grazie. Mi scuso con i colleghi se sono costretto a essere severo, ma è anche una questione di correttezza verso coloro che devono parlare questo pomeriggio, oltre che nei confronti del Ministro.

BRUNO ALICATA. Signor Presidente, sarò sintetico.
Ringrazio intanto il signor Ministro per la sua puntuale relazione, che comunque ci riserviamo di meglio approfondire. Nell'augurarle buon lavoro, signor Ministro, le confermo che troverà il Gruppo PdL disponibile al confronto e alla collaborazione, nel rispetto delle nostre funzioni di indirizzo e di controllo della politica militare del Paese. È un comparto, quello della difesa, che deve fare i conti con continui tagli e che, tuttavia, offre professionalità, come lei ha precisato, riconosciute in tutto il mondo.
Io ho ascoltato con estrema attenzione la sua relazione e volevo soffermarmi su un punto che Lei ha bene evidenziato: la presenza militare nei territori del Paese ha conseguenze non solo di difesa e di sicurezza, ma anche occupazionali, che


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prevedono, pertanto, un continuo e proficuo dialogo con le realtà territoriali interessate che traggono beneficio dalla presenza delle strutture militari.
La drastica riduzione dei costi crea non poco timore, soprattutto in alcune zone, come la Sicilia. Mi riferisco, nella fattispecie, a una delle basi navali più importanti del Paese, la base navale di Augusta, che, al pari di Taranto e La Spezia, vive già un momento di particolare e drammatica crisi occupazionale. Tale crisi potrebbe essere acuita dai tagli, purtroppo necessari, anche nel settore navale. Tuttavia, in quel territorio, tale infrastruttura risulta assolutamente determinante, come a Lei è certamente noto, attesa la crisi del petrolchimico che vi insiste.
Con il dramma occupazionale in atto, sarebbe, pertanto, auspicabile, signor Ministro, che in tema di riduzione dei costi il Governo tenesse nel debito conto le ricadute occupazionali, come lei ha sottolineato nel suo intervento. Certamente occorrerà un grande sforzo da parte del Governo e - mi permetto di sottolinearlo per averla seguita da parlamentare europeo e da militante politico - un grande sforzo di sensibilità che sono sicuro a lei non mancherà.
La ringrazio e spero di essere rimasto entro i due minuti.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Ringrazio il Ministro perché nella sua relazione - ho sentito anche la sua replica - ha usato parole che mi piacciono molto. Lei ha detto cose che da tempo, come Partito democratico, abbiamo considerato imprescindibili per alcune scelte che riguardano l'amministrazione della Difesa. Si tratta soprattutto delle parole «trasparenza» e «accessibilità» con, al centro, l'azione del Parlamento.
Come lei ha richiamato anche nella replica, la centralità del Parlamento è stata ribadita all'interno della legge delega nella


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modifica apportata alla legge Giacchè, sull'acquisizione dei sistemi d'arma. C'è, quindi, un potere di controllo che ora richiede - le rivolgo una chiara ed esplicita richiesta al riguardo - che l'amministrazione, nel momento in cui verrà in Parlamento, per il parere nelle Commissioni, sia il più possibile specifica e dettagliata per quanto riguarda le acquisizioni dei sistemi d'arma.
Lei ha fatto un richiamo molto rilevante su uno dei progetti di acquisizione dei sistemi d'arma - quello degli F-35 - su cui ovviamente si è incentrata molto una campagna anche mediatica. Ci sono, però, anche la forza NEC e altri settanta programmi.
Dovrà essere svolta, dunque, in maniera molto consapevole da parte delle Commissioni parlamentari una valutazione che finora, signor Ministro, non c'è stata in questi anni. Infatti, è stato richiamato che la partenza del progetto del Joint Strike Fighter è datata al 1998. Le Commissioni non hanno mai avuto contezza fino in fondo di quale fosse l'indotto, i posti effettivi di occupazione e di quanto tutto ciò producesse un effetto positivo per l'industria italiana.
Finmeccanica negli ultimi anni ha sofferto, come lei ben sa, a parte alcune vicende giudiziarie che sicuramente hanno inciso pesantemente, problemi molto grossi. La scelta dell'interoperabilità di cui lei stava parlando, scelta che il Partito Democratico ha sempre sottolineato come un elemento di integrazione della difesa europea, non può collocarsi a valle dei decreti legislativi emanati in base alla legge delega, ma dovrebbe essere il contrario.
Lei, invece, ha affermato che i decreti attuativi devono essere tempestivamente approvati dal Parlamento e che noi facciamo una scelta a monte di quello che sarà lo strumento


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militare, mentre a valle, nel Consiglio europeo del dicembre 2013, decideremo come integreremo la difesa europea.
Io le chiedo, Ministro, e lei ne ha tutte le possibilità: perché non fare, invece, una scelta politica, già ora, di costruire accordi bilaterali? Si tratta di un'eventualità che già col Ministro Di Paola avevamo discusso diverse volte. Si potrebbero costruire accordi multilaterali e continuare, o valutare la possibilità di continuare, il progetto Eurofighter, anche quello di quinta generazione. Sono valutazioni che potrebbero essere forse fatte a monte della decretazione in base alla legge delega.
Vorrei, inoltre, sottoporle un tema che oggi non è stato accennato da nessuno, che tocca una questione sociale che era stata posta nella legge finanziaria del 2007 del Governo Prodi e che riguardava il tema degli alloggi ai militari.
Questo tema non solo rimane ancora aperto, perché non è stata prevista alcuna costruzione di alloggi per quelle che ormai sono Forze armate professionali e, anzi, ne è stato ridotto il numero di quelli usufruibili, ma pone anche una questione economica che, secondo me, avrebbe potuto essere affrontata in maniera diversa dall'Amministrazione della difesa e che ha visto un'intensa attività della Commissione difesa della Camera nella scorsa legislatura, sia durante il Governo Berlusconi, sia durante il Governo Monti.
Non so quali saranno le sue decisioni in merito, ma penso che - poiché in questo momento vi è una sospensiva stabilita dal TAR Lazio in seguito a un'azione di rivalutazione di immobili, con sfratti esecutivi e via elencando - forse la questione andrebbe affrontata costruendo un tavolo tecnico tra l'Amministrazione e gli inquilini.
Il rischio è che l'Amministrazione continui a perdere risorse, laddove invece potrebbe utilizzare la dismissione di quegli immobili - anche con un diritto di prelazione garantito


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dalla legge stessa agli inquilini - e, nello stesso tempo, risolvere finalmente il problema della costruzione di alloggi previsto dalla norma del 2007, conferendo dignità e qualità ai nostri militari.
Rientra anche questo nel principio della specificità sostanziale e non formale che lei ha citato nella sua relazione e che, retoricamente, sento nominare da sette anni in Parlamento.

EMANUELA CORDA. Signor Ministro, anche noi del Movimento 5 Stelle abbiamo trovato diversi spunti positivi nella sua relazione, specialmente per quanto riguarda la valorizzazione del personale, ma anche la razionalizzazione delle risorse.
Ci sono, però, anche alcune criticità. Una di queste è proprio la linea di continuità con i precedenti governi. Noi le chiediamo, dunque, innanzitutto di ridare al Parlamento la centralità che veniva richiamata anche dalla collega Villecco Calipari.
Le chiediamo di far cessare innanzitutto la vergognosa pratica di obbligare le Camere a votare in blocco, nel loro insieme, le missioni militari delle nostre Forze armate all'estero. La pratica dei decreti cosiddetti omnibus di rifinanziamento impedisce ai parlamentari di avere, come sarebbe ovvio e logico, un pronunciamento articolato sulle diverse missioni militari.
Chiediamo, inoltre, che siano rafforzate le disposizioni della legge n. 185 del 1990 sul commercio delle armi. In particolare, va fatta opera di contrasto tra un sistema basato sulle tangenti, chiamate impropriamente da qualcuno provvigioni. Questo sistema ha visto Finmeccanica sprofondare in una serie di scandali pesantissimi e ha messo in luce un sistema occulto di finanziamento dei partiti. Di questo, purtroppo, dobbiamo prendere atto, poiché è manifesto a tutti.


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Il legame, per molti aspetti odioso, tra la politica e la lobby bellico-industriale deve essere reciso, a cominciare dall'incompatibilità delle cariche. Chi ha avuto incarichi di primo piano nell'Amministrazione della difesa, infatti, non dovrebbe successivamente ricoprire ruoli manageriali in società che trattino direttamente con la Difesa, a cominciare dalle aziende che producono sistemi d'arma.
Per quanto riguarda il personale, che lei stesso ha citato, ci preme parlare di diritti. Bisogna rispondere positivamente, infatti, a nostro avviso, dopo decenni di attesa dei cittadini in uniforme, alla richiesta di concedere anche ai militari i diritti associazionistici fondamentali.
La riforma della rappresentanza, il COCER, non è da sola più in grado di rispondere alle legittime aspirazioni dei lavoratori in uniforme. Si tratta, dunque, di attuare realmente i princìpi solennemente sanciti dall'articolo 52 della Costituzione, il quale obbliga l'ordinamento delle Forze armate a essere informato allo spirito democratico della Repubblica.
Lei ha citato prima anche il caso della Siria. Anche questo, a nostro avviso, è un argomento che andrebbe trattato con grande serietà, ma soprattutto con valutazioni che vanno nella direzione, per esempio, di una revoca dell'embargo delle armi ai contendenti. Questa è la nostra visione.
Infine, dovremmo cambiare la politica italiana nei confronti dell'intera area mediterranea. L'Italia ha subìto le primavere arabe, sostenendo dapprima tutti i regimi - Ben Ali, Mubarak e finanche Gheddafi - per poi accodarsi alla guerra di Libia. Occorre, in questo caso, una forte offensiva di pace, una politica estera tra le due rive del Mediterraneo che sia basata sull'integrazione e sulla cooperazione.


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Fermi restando i nostri princìpi, noi ci batteremo per tutti coloro che vorranno muoversi per la difesa della democrazia, del disarmo e dei diritti di tutti i popoli.
Signor Ministro, se le sue politiche si caratterizzeranno in continuità con quelle dei precedenti Governi, troverà da parte nostra un'opposizione senza sconti. Se, invece, si connoterà per la discontinuità con quelle stesse politiche, non le mancherà il nostro pieno sostegno e il nostro costruttivo contributo.
In conclusione, augurandole buon lavoro, le ricordiamo che, in una situazione in cui sembra che nessuno voglia la pace e i modi per ottenerla appaiono evidentemente fasulli, fare una guerra è abominevole e significa votarsi al massacro. Queste sono le parole di don Giussani, da lei stesso definito grande educatore e pensatore cristiano.

SILVANA AMATI. Saluto con particolare soddisfazione il Ministro Mauro, ministro politico. Ho fatto parte della Commissione difesa anche nella passata legislatura e ho particolarmente sofferto la presenza di un ministro tecnico su questo fronte, perché quello della difesa è un fronte molto particolare.
Ho ritenuto allora non particolarmente entusiasmante il fatto di dover portare fino in fondo l'atto di ammodernamento dello strumento militare, che pure, per disciplina di partito, secondo antiche tradizioni, ho votato.
Lo dico perché in questa fase nuova mi auguro che con la sua direzione si attui fino in fondo le modifiche che i colleghi sono riusciti ad apportare al testo finale in termini di trasparenza rispetto ai decreti delegati.
Nella discussione che si è avviata quest'oggi e anche nell'illustrazione che lei ha svolto nella prima parte del suo intervento ho ritrovato alcune questioni che ritenevo piuttosto


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problematiche anche quando abbiamo affrontato il tema dell'ammodernamento dello strumento militare.
Dal confronto tra le spese per la Difesa ed il PIL, l'Italia risulta sempre, nel contesto europeo, al livello più basso e sempre con una distorsione della comunicazione delle spese stesse, nelle quali non risultano comprese né le missioni all'estero, né le spese attinenti alla parte degli investimenti dal punto di vista industriale.
Se fossero comprese anche queste, evidentemente il risultato finale ci metterebbe in una condizione diversa rispetto agli altri Paesi europei. Sappiamo, infatti, che nella tendenza alla quale dovremmo guardare, quella del 50-25-25, ci sono grandi difficoltà e che portare la parte del personale dal 75 al 50, oltre a prevedere un impegno di tempi assai lungo, comporta anche uno spostamento di risorse da un capitolo all'altro dello Stato e non una soppressione. A meno che, come è ovvio, non si pensi a una decimazione di massa dal punto di vista del personale. Condivido molte delle considerazioni che anche altri colleghi hanno riportato e mi preme ribadire quanto diceva il collega Scanu rispetto alla Commissione sull'uranio impoverito. Non so se sia il caso o meno di riprendere il lavoro di quella Commissione per continuarlo o se basta, come sostiene il collega Scanu, dare seguito a quanto quella Commissione ha elaborato. Certamente, si tratta di un tema molto importante e la valutazione di come procedere va lasciata alla discussione successiva, ma occorre comunque svolgere un compito per dare seguito al lavoro avviato.
Quanto al tema degli armamenti rispetto agli F-35, non c'è alcun approccio ideologico, Ministro, in questa vicenda. C'è, invece, la consapevolezza che, in un momento di crisi come


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quello attuale, impegnare ingenti risorse per uno strumento sull'efficienza del quale ormai ci sono rischi noti a molti sembra assolutamente preoccupante.
Lei, infine, ha posto una centralità, che io condivido, sul modello europeo; un'indispensabilità per l'Europa di non essere solo l'Europa dei mercati, ma anche quella di una condivisione sul fronte della difesa. In questo caso, in molti ritengono che sia eventualmente l'Eurofighter di quinta generazione lo strumento più adatto.
Sul numero e sulla funzionalità degli F-35, senza alcun approccio ideologico, ma con un approccio vero, di funzionalità e non di sudditanza psicologica ad alleanze, credo che si dovrà andare a una riflessione assai profonda, soprattutto in un momento delicato come quello attuale dal punto di vista economico.

MICHELE PIRAS. Colleghi e signor Ministro, io mi permetto - perché ne registro l'assenza, sia nell'intervento di stamattina del Ministro Mauro, sia nelle sue repliche - di citare tre toponimi: Salto di Quirra, Capo Teulada e Capo Frasca.
Se non è così, mi fa piacere che sia stato citato e vado direttamente al punto.
In ragione di una questione nazionale, visto che nella terra dalla quale provengo insiste il 60 per cento circa della presenza militare e delle servitù militari dei poligoni sperimentali - i tre che ho citato sono i più grandi d'Europa - mi permetto di domandare perché, dopo 57 anni, non si possa ancora chiedere in maniera determinata, come è stato fatto, nella scorsa legislatura dalla Commissione difesa del Senato, la chiusura, la bonifica e la riconversione civile di quei tre poligoni.


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È quasi come se, in tempi nei quali si parla di spending review a qualsiasi livello, non possa mai venire il tempo di una spending review sociale e ambientale, di un risarcimento ambientale per una terra che in questi anni è stata fortemente sacrificata.
A chi con cognizione di causa mi dice che la presenza militare crea anche indotto e posti di lavoro chiedo di fare il saldo fra i posti di lavoro creati e quelli sottratti, fra la sovranità territoriale sottratta e la possibilità di investimento in economia civile su ampie porzioni di territorio di una regione come la Sardegna, ma non solo. Chiedo quanto ci si guadagna e quanto ci si perde.
Le pare una cosa normale scoprire - passiamo senza approcci ideologici al merito - dal CNR (non da un laboratorio o da una ricerca di parte) o dalle autorità militari, per loro stessa ammissione, che una parte di quel territorio è già definitivamente compromessa e, quindi, non più bonificabile? C'è un disastro ambientale che parla della contaminazione dei fondali, della contaminazione del territorio e persino della modificazione del patrimonio genetico di una parte degli abitanti delle popolazioni locali.
Signor Ministro, lei afferma che la difesa è presidio di libertà. Io sostengo che lo siano il lavoro, il welfare, la salute e la possibilità di vivere in un ambiente sano.
Quanto costano le esercitazioni militari, signor Ministro? Quanto costa il programma degli F-35? Io credo che il popolo italiano abbia il diritto di saperlo. Io credo che, in tempi di spending review, il popolo italiano abbia il diritto di sapere anche questo.
Lei ha giustamente sostenuto - noi abbiamo profondamente apprezzato il richiamo all'articolo 11 della Costituzione - il principio del ripudio della guerra, ma io vorrei capire


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quale pace si costruisce con i cacciabombardieri, con le esercitazioni militari, con i poligoni in affitto, con i bombardamenti a mare e a terra, oppure con un progetto di riforma dello strumento militare che sacrifica esplicitamente il personale civile e militare per favorire l'investimento in armamenti.
È un progetto che guarda a un modello di difesa europea che, a nostro avviso, non ha nulla a che vedere con l'ispirazione della Costituzione repubblicana, né con una coerente politica di pace che implica la cooperazione fra i popoli, lo scambio pacifico, l'investimento nel benessere delle persone e in una politica euromediterranea che non può essere solamente quella del fortino militarizzato dell'Europa.
A me pare che il Governo e lei, signor Ministro, dimostriate in parole, in prime opere e anche in prime omissioni, di essere in piena continuità con il Governo passato e con i suoi predecessori. Infatti, è stato lei a sostenere di voler attualizzare nella continuità.
Mi consenta, pertanto, di contestare la sua dichiarazione odierna e di prendermi la licenza dell'impegno che noi profonderemo per cambiare il profilo delle nostre politiche della difesa con le altre forze politiche e sociali che, come noi, credono che non esista un modo solo di servire lo Stato e l'interesse nazionale, con chi crede che si possano e si debbano compiere scelte diverse.

VINCENZO D'ARIENZO. Ringrazio il signor Ministro per l'occasione offerta di affrontare alcune tematiche che io ritengo siano rilevanti.
Premesso che condivido la visione europeista del modello di difesa, la visione che lei ha rappresentato della difesa per cercare la pace, perché credo che siano questioni importanti, ritengo che sia importante anche la valorizzazione dei giovani e del personale in genere. Sono convinto, infatti, che migliori l'efficacia


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e l'efficienza del nostro Paese. Condivido molte delle considerazioni che sono state qui espresse.
Mi permetto, e mi scuso per questo, di evidenziare per slogan alcune tematiche che penso debbano essere oggetto del suo mandato e del suo Ministero.
Lei ha fatto riferimento, e la legge delega approvata alla fine dello scorso anno ne offre la possibilità, alla necessità che il Parlamento venga coinvolto in trasparenza, per garantirne una veloce attuazione attraverso le successive approvazioni dei decreti legislativi attuativi di quella riforma.
Ebbene, io mi richiamo a questo perché ho notizie sui territori, in particolare in Veneto, che vi sarebbero già, con decreti ministeriali, operazioni di dismissione, di chiusura di caserme - in particolare, faccio riferimento a quella di Vittorio Veneto - con spostamenti in altre aree del territorio.
Per capirci, con assoluta sincerità, se la legge delega conferiva al Parlamento - è stato poi accolto anche un ordine del giorno che ha ulteriormente rafforzato questo potere - un controllo e una funzione di indirizzo, è bene che ogni azione che vada nella medesima direzione sia confrontata con il Parlamento e che non vengano emanati decreti ministeriali che provvedono alla stessa materia e nelle medesime condizioni. Svolgo, quindi, un richiamo non alla sua correttezza - lei non c'entra - ma alla correttezza dei rapporti tra l'Esecutivo e il Parlamento.
C'è un tema che è stato qui affrontato e che ho sentito anche prima. Ne ho fatto parte, ho avuto l'onore di farne parte, ma mettere le mani alle riforme della rappresentanza militare è un dovere culturale, non politico.
Nel momento in cui si riconosce ai Corpi militari e alle Forze di polizia a ordinamento militare una specificità, occorre riconoscerla culturalmente e non tanto economicamente.


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Faccio riferimento alla parte economica della specificità, al sistema pensionistico. Non possiamo prendere gente, sradicarla dalle sue origini, portarla dappertutto, trasferirla, pagarla male e negarle anche i diritti sindacali e politici.
La riforma della rappresentanza militare è un dovere per garantire a quel personale di potersi riconoscere nello strumento militare al quale ha votato la propria esistenza. Per far sì che anche la stessa revisione dello strumento militare possa essere il più possibile efficace bisogna che il benessere di quel personale sia garantito, dal punto di vista non solo economico, ma anche del riconoscimento di poter tutelare i propri diritti e i propri interessi.
Mi avvio alla conclusione con un'osservazione. Io vivo in una città, Verona, in cui le caserme coprono il 10 per cento del territorio, e forse anche di più. Quando si dice che sarà dismesso almeno il 30 per cento delle caserme, osservo che per Verona la percentuale sarà sicuramente più alta. Parlo di Verona, ma probabilmente anche altri centri si riconosceranno in una condizione del genere.
A Verona, quindi, la percentuale sarà più alta, presumibilmente, del 30 per cento. Poniamo il caso che sia del 50 per cento. Tutti gli immobili militari, caserme e non - c'è un ospedale militare enorme a Verona - saranno poi dismessi e riutilizzati dal territorio. Si pone una questione rilevante dal punto di vista economico e urbanistico per evitare che vi siano grandi investimenti di capitali che trasformano, se non addirittura stravolgono il territorio su cui tali edifici insistono.
Le chiedo se non sia opportuno che queste dismissioni siano valutate congiuntamente agli enti locali, con forme da individuare, spero non nel rapporto tra i militari, lo Stato maggiore, e gli enti locali, perché è un rapporto sbilanciato, ma in un rapporto politico, in modo che quegli edifici, che sono


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enormi, possano essere in funzione positiva utilizzati dagli enti locali che li erediteranno, o direttamente, o indirettamente, attraverso investimenti privati.
Grazie.

LORENZO BATTISTA. Signor Ministro, io volevo porre alla sua attenzione un quesito. Facendo riferimento a quanto stabilito dall'articolo 536 del Codice dell'ordinamento militare, riguardo alla pianificazione dei programmi di ammodernamento e di rinnovamento dei sistemi d'arma, è previsto che entro la data del 30 aprile il Ministro della difesa provveda a trasmettere al Parlamento l'aggiornamento della documentazione, comprensivo del Piano di impiego pluriennale.
Le domando, a questo punto, come mai ciò non sia ancora stato fatto e quando lei intenda provvedere.

MARIO MAURO, Ministro della difesa. È già stato fatto.

LORENZO BATTISTA. È già stato fatto?

MARIO MAURO, Ministro della difesa. È stato anche prodotto qualche articolo di giornale.

LORENZO BATTISTA. Mi riaggancio anche a quanto ha detto il collega che mi ha preceduto riguardo al trasferimento della Brigata Pozzuolo di Gorizia. Esso interessa oltre 600 militari e, se prendiamo anche tutti i familiari, diventano 1.500 persone che verrebbero trasferite.
Faccio presente che questo personale rappresenta l'1 per cento del prodotto interno lordo del territorio isontino e il 6 per cento di quello della città di Gorizia. Anche su questo punto terrei a sottolineare che sarebbe bene coinvolgere gli enti locali, quando avvengono questi trasferimenti. La ringrazio.


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MARCELLO GUALDANI. Vorrei ringraziare il signor Ministro per l'occasione che ci sta offrendo. Sono piuttosto soddisfatto della relazione. Vorrei semplicemente evidenziare alcuni punti.
Innanzitutto sottolineo nel suo intervento una grande apertura, per fortuna, nei confronti dell'Unione europea, della NATO e degli Stati Uniti, in sostanza delle Nazioni Unite. Ciò potrebbe sicuramente portare grandi benefici per la pace nel mondo.
Vorrei sottolineare una questione. Si parla di tagli soprattutto nei confronti del personale, ma dalla sua relazione credo di avere capito, signor Ministro, che si sta puntando sulla formazione del personale, specialmente del personale militare, e in più su un investimento anche non di poco conto su armi specifiche e su una nuova tecnologia.
Poiché l'approccio è molto positivo e prevede un coinvolgimento pieno da parte del Parlamento nei confronti di queste attività, sarebbe opportuno che nei prossimi incontri fosse prevista anche la presenza del Ministro dell'industria e del Ministro delle infrastrutture. Lei ha affermato, infatti, che questo connubio sarà sicuramente importante e fondamentale. Credo che nella sua relazione abbia inteso questo e lo sottolineo anch'io.
Si è parlato, dunque, di formazione del personale, implementazione e nuove tecnologie per gli armamenti, ma vorrei rilevare anche una questione molto importante. Lei ha svolto un passaggio dicendo che ha attribuito priorità alla salute del cittadino e alla tutela dell'ambiente. Per noi è importante che ci sia un confronto continuo con lei, tra il suo Governo e il Parlamento, per poter svolgere la nostra attività, nonché supportare le eventuali decisioni da intraprendere insieme.
La ringrazio e spero che possiamo lavorare proficuamente.


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BRUNO MARTON. Signor Ministro, sarò telegrafico. Volevo chiedere se lei è a conoscenza - ovviamente sì, immagino - di quale sia il livello di allerta in cui si trovano in questo momento le nostre Forze armate impegnate in Libia.

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Rossi, che ha chiesto di integrare il suo intervento di stamattina, e all'onorevole Corda, che intende fare una rettifica.

DOMENICO ROSSI. Nel ribadire, signor Ministro, che, come Scelta civica, siamo favorevoli e condividiamo il senso del suo intervento, tralascio alcuni temi specifici, perché sono arrivato in ritardo e potrebbero essere già stati affrontati da altri colleghi, e limito il mio intervento unicamente a due aspetti.
Vorrei augurarmi che, e ne sono sicuro, nei rapporti fra il Ministro della difesa e queste Commissioni vi sia coerenza da parte di tutti. Per coerenza intendo che, pur rispettando le idee di tutti, dobbiamo stabilire a priori se vogliamo delle Forze armate, se le vogliamo addestrate, equipaggiate e pronte a soddisfare i compiti che il Parlamento affiderà loro.
È evidente che, se rispondiamo «sì» a queste domande, molte delle osservazioni che sono state fatte in termini assoluti dovranno essere finalizzate al primario soddisfacimento di questa esigenza. Non possiamo, da un lato, osservare le negatività che possono comportare l'utilizzo e l'addestramento delle Forze armate, e, dall'altro, andare a chiedere spiegazioni nel momento in cui poi le Forze armate, nell'ambito di un processo di riordino o di revisione, debbono chiudere, per esempio, determinate infrastrutture militari o trasferire una parte della popolazione militare.
Mi sembra che una coerenza nel disegno da parte di tutti sia la migliore base di partenza per raggiungere gli obiettivi.


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La seconda osservazione che faccio è che non dobbiamo mai dimenticarci che dietro le Forze armate nel loro complesso c'è l'uomo. Ci sono il ragazzo e la ragazza che, in questo momento, stanno a Farah, in Libano, a disinnescare le mine sulla blue line, e che hanno bisogno, ovviamente, di riforme della rappresentanza militare e di specificità, ma soprattutto di sentirsi il Paese dietro, alle spalle.
Io credo che il miglior viatico che possiamo fornire ai nostri ragazzi e ragazze sia quello di mostrarci, all'interno delle Commissioni, uniti nel riconoscere la bontà della loro funzione e degli obiettivi che stanno raggiungendo.

EMANUELA CORDA. Volevo fare una precisazione. Il Movimento 5 stelle è contrario alla revoca dell'embargo delle armi alla Siria. Scusate, mi sono espressa male, ma era doveroso precisare, a scanso di equivoci. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti. Credo che sia stato un dibattito molto ampio e proficuo, in cui sono emersi i temi che affronteremo nel corso del lavoro delle due Commissioni.
Ringrazio anche il Presidente Latorre, che si è dovuto assentare, e naturalmente il Ministro Mauro per la pronta disponibilità con la quale ha accolto il nostro invito.
Do la parola al Ministro per concludere l'audizione.

MARIO MAURO, Ministro della difesa. Grazie, Presidente. Sono intervenuti moltissimi colleghi. Mi permetterò, quindi, di raggruppare le domande per temi e di sottolineare solo in alcuni accenti le risposte che penso possano essere introduttive al lavoro che faremo insieme.
Molti interventi - penso all'intervento dell'onorevole Scanu, ma anche a quello dell'onorevole Villecco Calipari e a diversi


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altri - hanno posto un tema centrale, che è quello delle regole di ingaggio, chiamiamole così, tra Governo e Parlamento per lo sviluppo comune del nostro lavoro.
Su questo aspetto io mi sento assolutamente sereno, nel senso che il Parlamento non ha bisogno di alcuna concessione. Il Parlamento si è preso, anche nello scorcio dell'ultima legislatura, gli spazi, i modi e i tempi per dire la sua, nonché quello che abbiamo definito nei nostri interventi, i vostri e il mio, «il potere di controllo». Proprio perché esercitiamo funzione legislativa sappiamo che il potere di controllo non è mai potere di veto fine a se stesso. È un potere di controllo che esercitiamo per accelerare gli iter legislativi e fornire prodotti finiti che siano corrispondenti al bisogno della nostra società.
In questo senso, io non solo non temo il potere di controllo del Parlamento, ma lo auspico, perché questo è garanzia, proprio attraverso la trasparenza e l'accessibilità, della bontà degli atti del Governo. È anche garanzia, credetemi, soprattutto per un comparto, quello della Difesa, che non si arrende all'idea di vedersi immolato sull'altare di una retorica patriottica che impedisce, invece, di andare a capire come realmente, attraverso questo comparto, si servano la Patria, la pace e lo sviluppo.
Tutte le volte che il Parlamento vorrà chiedere o approfondire un tema, lo potrà fare. Questo è il senso anche della mia proposta di una visita a Cameri.
In proposito, ripensando all'intervento assolutamente pertinente della senatrice Amati, io non rinuncio ad alcuna delle mie prerogative e neanche dei miei punti di vista. Spero che coloro che verranno qui a nome dell'Amministrazione, il Capo


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di Stato maggiore della Difesa e il Capo di Stato maggiore dell'Aeronautica, siano da voi incalzati, perché giustamente noi dobbiamo rispondere a domande concrete.
Se il tema è se questo modello di aereo o altri sistemi d'arma sono quelli ideali, su cui realmente puntare in questo momento, dobbiamo entrare nel merito. Costa 13 miliardi, ma nello stesso tempo è vero anche che porta introiti e sviluppo al comparto per 16 miliardi? Entriamo nel merito. Chi ci vieta di andare a vedere come stanno le cose?
È proprio vero che l'F-35 vale l'Eurofighter? Entriamo nel merito. Io credo che la comprensione di tutti i passaggi che hanno garantito la nostra capacità di approfondire in tema di ricerca lo sviluppo di questo progetto ci potrà consentire di rispondere anche a questo problema.
Rimane, però, un fatto, ossia che noi, dopo aver ridotto questo programma, parliamo oggi, ipoteticamente, di 90 velivoli che sostituiscono 250 velivoli attualmente in linea. Ricordo sempre a tutti che la più piccola delle portaerei americane può portare tutti insieme i nostri velivoli.
In Europa sono operative due portaerei. Una è la nostra Cavour e l'altra è la Charles De Gaulle, perché ormai quelle inglesi sono incapaci di sostanziare un apporto operativo. Tutto ciò a fronte di un impiego americano di 7 gruppi portaerei, tra cui la più piccola porta sul suo ponte l'intera forza aerea di cui stiamo parlando, ossia un minimo di 90 velivoli.
Il ragionamento che dobbiamo sviluppare, quando parlo di entrare nel merito, non è quello di guardare il singolo sistema d'arma. Entrare nel merito significa anche entrare in una cornice in cui le corresponsabilità segnano il passo della nostra azione, insieme con le convenienze e con le opportunità.


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Un secondo tema che mi sembra estremamente importante, citato da molti, è quello della specificità. È un tema che incrocia numerose curve e sul quale mi sento di fare con voi alcune riflessioni a mente fredda.
Veniamo da una stagione molto dura, che non è ancora finita e che ha comportato riflessioni altrettanto dure sul tema del contenimento della spesa e sul tema, per esempio, pensionistico e previdenziale. È anche logico immaginare che un uomo di professione soldato, a cui si chiede molta operatività, non possa pensare di perseverare in quelle condizioni oltre una determinata età.
Veniamo anche da una circostanza, più globale, in cui l'utilizzo di funzionari della pubblica amministrazione dovrebbe essere condizionato fortemente, o quanto meno regolato, da un principio di trasferibilità piuttosto significativo.
Abbiamo ipotizzato tutto questo in scorci di passate legislature, ma l'abbiamo poco realizzato. L'ulteriore approfondimento dei temi della specificità, che è doveroso e va difeso, è, come ho citato all'inizio del mio primo intervento, riprodotto integralmente dal passaggio che fa il Presidente del Consiglio nel discorso che ha ricevuto la fiducia del Parlamento e deve essere, sempre avendo la capacità di entrare insieme nel merito, sposato con le esigenze più generali.
Si pone poi un terzo problema, che è stato parimenti da molti ricordato, ossia il tema del bilancio della Difesa. Onestamente, io non so immaginare un rapporto con le Commissioni difesa di Camera e Senato che non intenda difendere i princìpi di un equo bilancio per la Difesa stessa.
La Difesa è una voce complessiva importante del bilancio dello Stato italiano. Siamo un bilancio di difesa e anche di sicurezza, una voce notevole, per esempio, per l'impiego dell'Arma dei carabinieri sui temi della sicurezza interna.


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Di tutto questo dobbiamo tener conto per una più profonda riflessione su un rapporto che oggi è aritmetico, ma che dice molto di più dell'aritmetica. Il 50-25-25 non è un dogma. È, però, un importante indizio di quanto dobbiamo avere in mente come prospettiva se vogliamo che il nostro strumento militare sia efficiente e se vogliamo rimanere competitivi anche come sistema Paese.
Svolgo ancora un passaggio sulle tematiche che avevo già ricordato nella mia prima replica, legate al rapporto con il territorio.
Mi permetto di constatare con piacere che ho ascoltato molti interventi sul tema, soprattutto con un accento che mi è caro, quello della bella regione Sardegna. Il tema della salute e degli approfondimenti legati all'uranio impoverito non mi sono estranei, avendo negli anni che hanno preceduto il mio ritorno in Italia passato parte del mio tempo sia sul teatro bosniaco, sia nelle Commissioni di merito del Parlamento europeo. Tali Commissioni si sono poste la necessità di approfondire questo problema.
Noi dobbiamo sempre privilegiare, come in cento altre circostanze, l'aspetto della salute e dell'ambiente, peraltro, perché si difende qualcosa e qualcuno, ma non si capirebbe che cosa noi stiamo difendendo, se non fosse chiaro a chi sono rivolte le nostre attenzioni.
Nello stesso tempo, come ho già spiegato, entrando nel merito su Salto di Quirra, su Capo Teulada e, in generale, sul tema dei poligoni, come sapete, l'Amministrazione ha necessità che devono essere sposate con quanto citato poco fa.
Io credo sia del tutto ipocrita che il Ministro finga atteggiamenti consenzienti. Penso che possa molto più giovarci una capacità di trovare soluzioni operative, come peraltro è già stato in parte fatto nello scorcio ultimo della passata legislatura.


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L'aver messo a disposizione sull'argomento bonifiche somme non insignificanti nell'arco dello sviluppo triennale penso possa essere un utile indizio di come si possa continuare in concreto questo tipo di rapporto.
Questo punto, ovviamente, porta con sé il tema della presenza delle risorse e delle installazioni militari, dei militari, e dei poligoni sul territorio, in sostanza il tema dei trasferimenti che è stato accennato.
Anche in questo contesto io credo che potere di controllo non debba mai essere potere di veto. Quest'Amministrazione, a fronte di un percorso di razionalizzazione che è stato sostenuto in passaggi chiave di voto dal Parlamento, non può avere, ogni volta che si accende il motore di un camion per spostarlo, il veto preventivo.
Nello stesso tempo, sarà cura di quest'Amministrazione interloquire nel modo più leale possibile con le Camere perché nessun passo sia fatto creando discapito impoverendo i territori che sono oggetto della presenza dell'amministrazione militare.
Affronto un'ultima questione, dopo aver citato, per quanto riguarda la crisi libica, che si tratta di una situazione che, per molti versi - mi limito alle osservazioni che attengono al Ministro della difesa - rischia in ogni momento di degenerare.
Nella fattispecie, la preoccupazione principale è quella espressa, come avete saputo, dall'amministrazione americana per probabili tentativi terroristici nei confronti della propria ambasciata.
È ovvio che quello della Libia è uno scenario che ci preoccupa particolarmente, insieme con quello della Siria. Credo sia giusto, in questo senso, approfondire il tema


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nell'audizione che terremo con il Ministro Bonino, affinché si possa sentire una voce del Governo parlare con piena risonanza di questo specifico impegno.
Dovete consentirmi un'ultima considerazione, a margine della mia visita in Afghanistan. In quella circostanza io ho incontrato ripetutamente e in più sedi il nostro contingente militare. Sono fortemente impressionato, ancora una volta fuori dalla retorica, dal livello di consapevolezza di chi a quelle latitudini non semplicemente giustifica con il proprio impegno lo stipendio che guadagna e giustifica con la propria dedizione ideali e valori che sono della persona prima ancora che dello Stato, ma sono fortemente impressionato anche dal livello di consapevolezza di chi, attraverso tale lavoro che fa, per come lo fa e per le condizioni che pone in esercizio nel farlo, giustifica fino in fondo l'articolo 11 della nostra Costituzione e le condizioni piene della nostra democrazia.
Non c'è una sola azione di cooperazione internazionale effettuata dal nostro Paese in Afghanistan che sarebbe stata possibile in assenza della presenza dei nostri soldati. È un'osservazione che vi rassegno con un profondo senso di partecipazione per l'operato dei nostri militari e credo che ancor più delicato sia il ruolo che viene svolto dall'altro nostro contingente di UNIFIL, che potrò incontrare nella giornata di domani, durante la mia visita in Libano.
Vi ringrazio e vi auguro buon lavoro.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro e tutti i colleghi presenti e intervenuti, oltre ai sottosegretari Pinotti e Alfano.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,55.


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ALLEGATO

DOCUMENTAZIONE PRESENTATA DAL MINISTRO DELLA DIFESA


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