XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
l'agroalimentare è uno dei settori che resiste meglio alla crisi economica in atto e, in particolare, l'agricoltura italiana registra risultati migliori dell'industria e dell'economia nel complesso sia in termini di contributo alla crescita economica (prodotto interno lordo) che di occupazione; ancora meglio si posiziona l'industria alimentare che presenta indicatori in termini di valore aggiunto che sono costantemente migliori della media dell'industria in generale; l’export si conferma il motore dell'agroalimentare italiano, con un nuovo record di 32 miliardi di euro di fatturato nel 2012 (+5,4 per cento sul 2011), e un avvio di 2013 molto promettente (Ismea su dati Istat);
le performance attuali del settore dipendono sia da fattori generali del sistema Paese, che specifici del settore caratterizzati da un enorme sforzo dei produttori italiani a tutela della qualità e della tracciabilità della produzione agroalimentare nazionale che si contrappone ad una visione che a livello internazionale tende a considerare la produzione agricola solo una commodity che, al pari del petrolio, può determinare ingenti fortune finanziarie; in tale ultimo contesto, l'attività lobbistica delle multinazionali che vogliono trarre profitto dal transgenico, a prescindere dalle conseguenze che derivano dalla loro coltivazione e commercializzazione, ha spesso il sopravvento nelle decisioni in materia di alimentazione ponendo ostacoli alla ricerca indipendente a causa dei brevetti sui semi detenuti;
ad oggi i nodi da sciogliere connessi al transgenico sono ancora molti: oltre ai rischi per la salute e l'economia del nostro Paese, che si contraddistingue per i suoi tradizionali prodotti tipici e di qualità, resta irrisolto il problema dell'impossibilità di coesistenza tra le colture ogm e quelle convenzionali, dato che non esistono misure idonee ed efficaci per evitare la contaminazione che determina un inquinamento dell'ambiente irreversibile;
una vasta parte della comunità scientifica continua ad esprimere forti e rinnovate perplessità e significative resistenze all'impiego di tecnologie transgeniche in agricoltura richiamando l'attenzione sull'importanza che sia la comunità dei cittadini a prendere le decisioni di merito sull'uso di tali tecnologie, in considerazione delle ricadute globali ed incontrollabili su salute e ambiente che potrebbero derivare da eventuali errori di valutazione;
una eventuale introduzione di colture transgeniche avrebbe inoltre come diretta conseguenza la messa in discussione di uno dei principali fattori di creazione di valore aggiunto del Paese e, cioè, il nostro modello agricolo, fondato su produzioni di qualità apprezzate sul mercato interno ma, anche di più, all'estero che danno vita a quel made in Italy così apprezzato da essere costantemente minacciato da imitazioni e falsificazioni;
in realtà la maggioranza dei cittadini italiani ed europei ha già manifestato la propria volontà di non autorizzare la coltivazione di sementi transgeniche sui propri territori, al fine di tutelarne l'integrità per le future generazioni;
la direttiva 2001/18/CE del 12 marzo 2001 costituisce il testo normativo fondamentale, in punto sia di «immissione in commercio» di OGM, sia di «emissione deliberata» di OGM nell'ambiente e prevede, per i singoli Stati membri, la possibilità di dichiarare l'intero territorio nazionale come libero da ogm attraverso l'applicazione del principio di «salvaguardia»;
la direttiva n. 2001/18/CE sull'emissione deliberata di organismi geneticamente modificati è stata recepita in Italia con il decreto legislativo n. 224 del 2003. Con tale atto il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato indicato quale autorità competente a livello nazionale con il compito di coordinare l'attività amministrativa e tecnico-scientifica, il rilascio delle autorizzazioni e le comunicazioni istituzionali con la Commissione europea, con il supporto della commissione interministeriale di valutazione. Il decreto n. 224 del 2003, all'articolo 25 recepisce quanto stabilito dall'articolo 23 della direttiva n. 2001/18/CE, in relazione alla cosiddetta «clausola di salvaguardia» mediante la quale le autorità nazionali preposte – per l'Italia i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole alimentari e forestali e della salute – possono bloccare l'immissione nel proprio territorio di un prodotto transgenico ritenuto pericoloso. Con l'attivazione di tale clausola si da luogo ad una serie di consultazioni fra la Commissione europea, le autorità nazionali, il produttore, gli organismi che sono intervenuti nella procedura di valutazione della conformità e tutte le parti interessate. La normativa comunitaria consente comunque alla Commissione europea di annullare il ricorso alla clausola di salvaguardia in caso di evidenze scientifiche contrarie;
la direttiva 2001/18/CE costituisce anche la norma che getta le basi per regolamentare la cosiddetta coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche. Infatti con l'articolo 22 è previsto che gli OGM autorizzati in conformità alla direttiva devono poter circolare liberamente all'interno dell'Unione europea, mentre con l'articolo 26-bis (introdotto dal Regolamento (CE) 1829/2003), si dispone che «gli Stati membri possono adottare tutte le misure opportune per evitare la presenza involontaria di OGM in altri prodotti». Questa disposizione consente quindi agli Stati membri di poter introdurre, nel proprio ordinamento, norme specifiche per regolare la coesistenza;
con il decreto-legge n. 279 del 2004, convertito dalla legge n. 5 del 2005, erano state previste disposizioni per assicurare la «coesistenza» tra colture transgeniche, biologiche e convenzionali. La Corte costituzionale con la sentenza n. 116 del 2006, ha dichiarato la parziale incostituzionalità del decreto-legge n. 279 del 2004 nella parte ritenuta di esclusiva competenza legislativa regionale in materia di agricoltura. L'intervento della Corte ha causato un vuoto normativo molto dannoso, poiché sono stati mantenuti in vigore sia il principio della libertà di scelta dell'imprenditore sia il principio della coesistenza, mancando però del tutto le parti operative e tecniche per attuare la coesistenza. Il risultato è che ogni norma nazionale o regionale che vieta l'utilizzo di colture transgeniche diventa contraria al principio di coesistenza stabilito a livello europeo;
tale orientamento è stato da ultimo riconfermato nella sentenza della Corte di giustizia europea dell'ottobre 2012 (sul caso di specie Pioneer Hi Bred Italia Srl contro Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) con cui la Corte si è pronunciata in via pregiudiziale sull'interpretazione dell'articolo 26-bis della direttiva 2001/18/CE. Per la Corte uno Stato membro, ai sensi del citato articolo 26-bis, può disporre restrizioni e divieti geograficamente delimitati, solo nel caso e per effetto delle misure di coesistenza realmente adottate. Viceversa uno Stato membro non può, nelle more dell'adozione di misure di coesistenza dirette a evitare la presenza accidentale di organismi geneticamente modificati in altre colture, vietare in via generale la coltivazione di prodotti OGM autorizzati ai sensi della normativa dell'Unione e iscritti nel catalogo comune; fin dal 2010 il Parlamento italiano si è espresso a favore della proposta di regolamento di modifica della direttiva 2001/18/CE – attualmente in fase di stallo presso le istituzioni europee – che consentirebbe agli Stati membri di decidere in merito alle coltivazioni OGM sulla base di più ampi criteri oltre a quelli già previsti di tutela della salute e dell'ambiente; più in generale e in ambito comunitario l'Italia ha da sempre sottolineato l'importanza dell'impatto socio-economico derivante dall'uso del transgenico che deve essere valutato a pieno titolo accanto a quelli già riconosciuti in merito all'ambiente e alla salute;
al riguardo si evidenzia l'intenzione del commissario europeo alla salute Tonio Borg di rilanciare il negoziato Ue sugli ogm rendendo gli Stati membri maggiormente autonomi sulle linee guida da autorizzare a livello nazionale;
anche le regioni hanno ripetutamente dichiarato la loro ferma opposizione all'introduzione di colture transgeniche in Italia sottolineando la necessità che il futuro regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di ogm sul loro territorio sia il più possibile adeguato a salvaguardare l'agricoltura italiana, la qualità e la specificità dei suoi prodotti;
a tal proposito la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha approvato un ordine del giorno con cui impegna il «Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, nelle more – dell'approvazione della proposta di modifica della direttiva 2001/18/CE in materia di possibili divieti alla coltivazione di piante geneticamente modificate, di procedere con l'esercizio della clausola di salvaguardia ai sensi dell'articolo 23 della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001» (..) e «tenuto conto delle competenze in materia riconosciute dalla Costituzione impegna il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali a rappresentare al Ministro dell'ambiente e in occasione delle riunioni in sede comunitaria la posizione unanime delle Regioni e delle Province autonome di assoluta contrarietà rispetto alla autorizzazione della coltivazione degli organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale»;
il rischio che corre il sistema agroalimentare nazionale, in assenza di una chiara posizione del Governo con l'adozione della clausola di salvaguardia, potrebbe essere imminente se, come si apprende da alcune notizie stampa, fosse vero che «nei silos di stoccaggio della Lombardia, del Veneto, dell'Emilia e del Friuli ci sono 52 mila sacchi di mais transgenico autorizzato dalla UE MON810, sufficienti a coltivare 32 mila ettari, pronti per le semine di primavera;
la tutela e la valorizzazione della qualità del sistema agroalimentare italiano è un obiettivo di rilevanza strategica che trova attuazione attraverso una concreta tutela istituzionale del comparto primario dall'inquinamento transgenico ed un efficace sistema di tracciabilità, di riconoscibilità e di etichettatura dei prodotti agroalimentari;
in presenza di rischi concreti per il sistema agricolo nazionale di inquinamento da colture transgeniche che potrebbe verificarsi a causa di una normativa nazionale e comunitaria contraddittoria e incompleta lo stesso Ministro delle politiche agricole, alimentare e forestali; il 28 gennaio 2013, ha chiesto formalmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in qualità di autorità nazionale in materia, di «guardare concretamente alla prospettiva di una clausola di salvaguardia per le coltivazioni di ogm in Italia»; ad oggi otto nazioni (Francia, Germania, Lussemburgo, Austria, Ungheria, Grecia, Bulgaria e Polonia) hanno già adottato delle clausole di salvaguardia per vietare le colture di ogm autorizzate nei loro territori;
in realtà l'ultimo Rapporto del Servizio Internazionale per l'acquisizione delle applicazioni biotecnologiche per l'agricoltura (ISAA) sullo Status globale della commercializzazione di colture biotech/ogm del mese di febbraio 2013, ha evidenziato che in Europa sono rimasti solo cinque Paesi (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) a coltivare ogm, con 129.000 ettari di mais transgenico piantati nel 2012, una percentuale irrisoria della superficie agricola comunitaria che conferma l'opposizione in Europa alla diffusione del transgenico in agricoltura al fine di difendere le produzioni nazionali da possibili contaminazioni da colture geneticamente modificate e collocarne i prodotti ad un livello di maggiore interesse e competitività nel panorama economico mondiale;
in data 29 marzo 2013, il Ministro della salute Balduzzi ha inoltrato alla direzione generale salute e consumatori della commissione europea la richiesta di sospensione d'urgenza dell'autorizzazione della messa in coltura in Italia e nel resto d'Europa di sementi di mais Mon810, con allegato il dossier elaborato dal ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Catania a norma dell'articolo 34 del regolamento(CE)1829/2003,
impegna il Governo,
ad avvalersi della clausola di salvaguardia, di cui all'articolo 25 del decreto legislativo n. 224 del 2003, di recepimento della direttiva n. 2001/18/CE, al fine di evitare ogni forma di coltivazione in Italia di ogm autorizzati a livello europeo e di tutelare la sicurezza del modello economico e sociale di sviluppo dell'agroalimentare italiano;
a prevedere, in relazione alla stagione delle semine avviata in gran parte del Paese, l'incremento delle attività di controllo per potenziare, d'intesa con le regioni, la sorveglianza sui prodotti sementieri in corso di distribuzione ed intervenire in presenza di sementi transgeniche non autorizzate.
(1-00015) «Cenni, Rosato, Braga, Gnecchi, Benamati, Mongiello, Realacci, Lenzi, Arlotti, Magorno, Fanucci, Lodolini, Miotto, Manfredi, Rubinato, Murer, Moscatt, Antezza, D'Incecco, Petrini, Fossati, Marantelli, Marchi, Mariastella Bianchi, Mariani, Fregolent, Dallai, Bratti, Velo».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
a seguito dell'infruttuosità delle osservazioni finora prodotte in sede di valutazione d'impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale da parte dei cittadini e dalle PPAA della provincia di Trieste contro l'impianto di rigassificazione proposto a Trieste, nella zona di Zaule, dalla società spagnola Gas Natural Fenosa, tramite la Gas Natural Rigassificazione Italia SpA, risultano, allo stato, essere pendenti i seguenti ricorsi:
ricorso del comune di Muggia al TAR Lazio contro il decreto VIA del 2009, al quale, ad adiuvandum, si sono aggiunti il comune di Trieste, il comune di Koper (SLO) e la Repubblica di Slovenia, con nuove motivazioni aggiunte;
ricorso del comune di S. Dorligo della Valle al TAR Lazio contro il decreto VIA del 2009;
ricorso dell'associazione ambientalista WWF al TAR Lazio contro il decreto VIA del 2009;
ricorso dell'associazione ambientalista Greenaction Trasnational al TAR Lazio contro il decreto VIA del 2009;
ricorso del comune Trieste al TAR del Lazio contro il parere AIA del 2012;
ricorso della provincia di Trieste al TAR del Lazio contro il parere AIA del 2012;
petizione 483/2007 dell'associazione ambientalista Greenaction Trasnational alla Commissione Petizioni del Parlamento Europeo per violazione della Direttiva Seveso;
petizione 1147/2008 dell'associazione ambientalista Greenaction Trasnational alla Commissione Petizioni del Parlamento europeo per violazione della procedura VIA;
petizione 1472/2009 dell'associazione ambientalista Alpe Adria Green alla Commissione Petizioni del Parlamento Europeo per violazione della procedura VIA;
il progetto del su citato impianto è, stato presentato disgiuntamente dagli altri impianti complementari a rischio di incidente rilevante a questo sinergici, costituiti dal metanodotto afferente alla rete metanifera nazionale e dalla centrale termoelettrica a turbogas a ciclo combinato, sinergica al funzionamento invernale, omettendo la valutazione degli effetti domino prodotti dai suddetti impianti sia nei confronti della loro stessa ubicazione (risultando adiacenti l'uno all'altro), che nei confronti delle altre sette attività a rischio di incidente rilevante già esistenti ed operanti sul medesimo territorio;
dalle osservazioni relative alla sicurezza dell'impianto, espresse nel documento redatto dal referente per la sicurezza antropica del coordinamento regionale FVG UIL-PA vigili del fuoco, professor ingegner Marino Valle, inoltrato alla direzione regionale dei vigili del fuoco, al comune di Trieste ed al comune di Muggia, per quanto di loro competenza e pertinenza, emerge lo sconcertante fatto che tale progetto è stato ammesso prima in forma preliminare alla procedura autorizzativa della valutazione di impatto ambientale e poi, in forma definitiva, alla procedura autorizzativa dell'autorizzazione integrata ambientale con rilevanti parti redatte in lingua diversa da quella italiana, nella fattispecie inglese e spagnola, in contrasto con il disposto della legge 15 dicembre 1999 n. 482, che stabilisce chiaramente che l'italiano debba essere la lingua ufficiale della Repubblica che deve venir usata per produrre effetti giuridici negli atti destinati ad uso pubblico, omettendo di tradurre i documenti del progetto nella lingua della minoranza slovena insistente sul territorio di insediamento del su citato progetto, in contrasto tanto con i dettami della recente direttiva europea 2011/92/UE, che sostituisce ed assorbe le precedenti direttive 85/337/CEE, 97/11/CE, 2003/35/CE;
la confinante Repubblica di Slovenia ha più volte ribadito la sua ferma contrarietà all'insediamento di tale attività, che va vista non già come una attività a rischio di incidente rilevante da insediare sul territorio italiano (il rigassificatore), ma come tre attività a rischio di incidente rilevante tra loro strettamente sinergiche (costituite dal rigassificatore, dal metanodotto e dalla centrale a turbogas) da insediare in una ristrettissima zona di confine transfrontaliera, sulla quale gravano già sette attività a rischio di incidente rilevante, nella quale la presenza della minoranza di lingua slovena (tradizionalmente orientata verso le lingue di ceppo germanico piuttosto che anglosassone e/o latino) richiede obbligatoriamente l'uso di detta lingua per garantire loro la corretta informazione dei rischi connessi alle suddette attività;
le osservazioni ed i ricorsi pendenti presso le diverse magistrature non hanno a tutt'oggi prodotto alcun effetto presso i funzionari coinvolti nell’iter autorizzativo di detto progetto;
quanto esposto appare agli interroganti ampiamente sufficiente per consentire l'apertura di una procedura di infrazione europea contro l'Italia qualora la procedura autorizzativa di detto impianto continuasse ad ignorare la situazione testé evidenziata;
dalla stampa risulta che mentre il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha richiesto per detto impianto una suppletiva alla valutazione di impatto ambientale, il Ministro dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti si sta adoperando con i facilitatori europei presso il direttore generale europeo per l'energia per accelerare l’iter autorizzativo di tale impianto, per inserirlo tra gli impianti strategici soggetti a finanziamento comunitario prima ancora che questo sia stato regolarmente approvato, disattendendo il vincolante iter procedurale della valutazione di impatto ambientale, prodromico a qualsiasi sviluppo di progetto, che senza la congiunta approvazione degli altri due progetti non è assolutamente in grado di poter funzionare;
l'elevato numero di progetti di impianti di rigassificazione attualmente in valutazione sul territorio nazionale, pur in assenza di un piano energetico nazionale, impone una seria riflessione sulla materia –:
quali azioni, alla luce di quanto indicato dalla premessa, si intendano intraprendere in auto tutela amministrativa;
quali provvedimenti si intendano immediatamente adottare nei confronti di coloro che con il mancato uso della lingua italiana e della lingua slovena, omettendo in tal modo la corretta comunicazione del rischio alle popolazioni interessate, hanno posto in essere condotte in contrasto con la legge n. 482 del 1999, la legge n. 38 del 2001 e la direttiva europea 2011/92/UE, rendendosi conseguentemente responsabili della probabile apertura di una procedura di infrazione europea nei confronti dell'Italia, e della conseguente necessità di dover rifare completamente l'intera procedura di valutazione di impatto ambientale, con evidente e ulteriore danno per l'erario.
(2-00018) «Pellegrino, Lacquaniti, Claudio Fava, Piras, Blazina, Rizzetto, Prodani».
Interrogazione a risposta orale:
BIANCONI, LAFFRANCO e MARTINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
in data 2 aprile 2013 si è discussa alla Camera dei deputati la relazione della Commissione Speciale sulla relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis comma 6 della legge 31 dicembre 2009 n. 196 e presentata dal Presidente del Consiglio dei ministri (senatore a vita Mario Monti e dal Ministro dell'economia e delle finanze dottor Vittorio Grilli);
in detta relazione viene evidenziato il dato delle minori entrate fiscali per l'anno 2013 in quindicimiliardisettecentomilioni di euro di minor gettito, pari ad un punto percentuale di PIL;
in detta relazione si legge che il minor gettito è stato registrato anche nel 2012, che minor gettito è previsto anche nel 2014, perlomeno nella misura di dieci miliardi;
la relazione ministeriale evidenzia un -4,3 per cento di consumi alle famiglie ed un meno 8 per cento di investimenti produttivi fissi lordi;
in detto documento è registrato anche un costo del lavoro aumentato dell'1 per cento con una corrispondente minor produttività dell'1,3 per cento segno incontrovertibile, a parere degli interroganti, della gravissima situazione di crisi;
infine a suggello di questo quadro risultato obbligato, a parere degli interroganti, di una sciagurata e sempre a parere degli interroganti, ben organizzata azione regressiva delle potenzialità socio economiche della nostra comunità nazionale, si registra un tasso di disoccupazione del 10,7 per cento, in aumento nel 2013 all'11,6 per cento e nel 2014 all'11,8 per cento;
nel frattempo il PIL nazionale è regredito vistosamente (-2,4 per cento per il 2012 e -1,3 per cento per il 2013) ed il debito pubblico del pari è fortemente aumentato: il dato di gennaio 2013 indica un rapporto debito/PIL al 127,3 per cento, circa 7 punti percentuali in più rispetto a fine 2011, data di insediamento del Governo Monti;
in tutto questo scenario, grava il dato, già più volte indicato dagli interroganti che l'aumento della pressione fiscale con l'aggravamento delle imposte dei tributi crea recessione, disoccupazione, e causa una diminuzione del gettito, cioè in sostanza una serie di danni convergenti;
tale lettura dei processi economici è notoria e pressoché unanime, ma è stata ignorata dalle istituzioni comunitarie, che si sono concentrate:
a) sul rigore nei confronti degli Stati, con l'imposizione del pareggio di bilancio e l'introduzione di severissime norme di rientro dal debito pubblico;
b) sul sostegno al sistema bancario, mediante il long term refinancing operation (LTRO) o piano di rifinanziamento a lungo termine consistente in interventi finanziari effettuati dalla BCE guidata da Mario Draghi a seguito dell'inizio della crisi del debito sovrano dei Paesi europei i finanziamenti elargiti ai gruppi europei, tra dicembre 2011 e febbraio del 2012, ammontano in totale a 1.019 miliardi di euro e la franche più grossa è andata agli istituti italiani con 270 miliardi;
il Governo Monti ha fedelmente eseguito le direttive generali dell'Unione sin dal suo primo atto, il decreto legge n. 201 del 2011, concedendo alle banche nazionali la garanzia di Stato sul debito delle stesse;
viceversa non si è curato dell'applicazione dell'indicazione comunitaria, rivolta alle banche beneficiate, di destinare parte delle risorse ricevute al sostegno dell'economia, come dimostrano i seguenti dati;
Banca d'Italia nel corso dell'audizione presso la Commissione Speciale sulla relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 ha segnalato a gennaio 2013 il credito alle imprese risultava minore del 6 per cento rispetto a 12 mesi prima; stando alle proprie stime le difficoltà di accesso al credito delle imprese ha contribuito a ridurre il PIL del 2012, dello 0,6 per cento;
secondo il rapporto di Bankitalia del dicembre 2012 «Moneta e banche» redatto da Bankitalia e aggiornato al 31 ottobre 2012, infatti, la proprietà di titoli di Stato da parte delle banche italiane ammontava a 340 miliardi di euro, in aumento del 63 per cento rispetto all'anno precedente (208 miliardi ma, nel 2009 a ridosso dell'esplosione della crisi, erano solo 147 miliardi); le banche si sono finanziate presso la Bce con interesse all'1 per cento, e con quei soldi hanno acquistato i ben più redditizi titoli di Stato che quest'anno hanno assicurato rendimenti tra il 4 e il 6 per cento;
è evidente il danno vistoso arrecato all'economia e che pone a rischio, sempre a parere degli interroganti, la stessa coesione sociale e la stabilità nazionale;
la durata in vita di questo Governo sembra protrarsi nel tempo –:
quale giudizio dia il Governo sui dati esposti in premessa e se, pur nell'ambito dell'ordinaria amministrazione allo stesso demandata, vi sia la volontà di porre in campo interventi correttivi alla grave congiuntura economia nazionale ed, in caso di risposta affermativa, quali, in che tempi ed in quale misura. (3-00016)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BASSO, TULLO, CAROCCI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto emerso dal piano di riorganizzazione di Selex Es, illustrato l'8 aprile 2013 ai sindacati, l'azienda prevederebbe oltre 2.500 esuberi (2.529), di cui 1.938 in Italia, e il quasi dimezzamento dei siti italiani (che si ridurrebbero da 48 a 26) entro il 2014 (quelli della Gran Bretagna sarebbero ridotti da 16 a 10);
al momento non sono ancora noti i numeri relativi alle tre sedi genovesi dell'azienda, ma i tagli prospettati diffondono senz'altro uno stato di profonda preoccupazione tra i lavoratori e le parti sociali per il futuro di una realtà all'avanguardia e strategica per l'economia locale e nazionale;
già durante la scorsa legislatura, i parlamentari del PD avevano più volte interrogato il Governo sul futuro di Finmeccanica, chiedendo, in tema di piano industriale, precise garanzie su occupazione, strategie di sviluppo e investimenti;
in una fase di crisi così acuta per il Paese e anche per la regione Liguria sarebbe impensabile perdere ulteriori posti di lavoro;
di fronte a queste prime indiscrezioni questo piano sembra improntato più sui tagli che sulla crescita per il futuro –:
quale sia la posizione e la politica industriale del Governo che attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze è l'azionista di riferimento di Finmeccanica;
se il Governo abbia in mente una strategia ed in quale modo intenda sostenere lo sviluppo del gruppo;
quale sia il ruolo che intende attribuire all'importante settore dell'elettronica per la difesa nel mercato nazionale e internazionale;
quale sia il quadro generale in cui si colloca la progressiva riorganizzazione di Finmeccanica. (5-00073)
Interrogazioni a risposta scritta:
NICCHI, KRONBICHLER e PILOZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
a partire dai primi mesi del 2011, le mamme e le famiglie di circa 500 migranti tunisini diretti verso l'Italia e l'Europa, e rispetto ai quali, salvo 14 persone di cui si è accertato l'arrivo nel nostro Paese, non si è avuta alcuna notizia, chiedono incessantemente di poter conoscere qualcosa sulla sorte dei loro figli, partiti via mare con imbarcazioni di fortuna a seguito della rivoluzione tunisina;
appare indiscutibile, infatti, la necessità di individuare i dispersi, sia i morti, di cui non sono stati restituiti i corpi, sia quelli di cui non si hanno più notizie, per quanto alcune madri e famiglie abbiano riconosciuto i loro cari nelle immagini di alcuni servizi televisivi italiani e francesi relativi ai naufragi dei migranti nel Mediterraneo;
dopo essersi rivolte con giustificata insistenza alle istituzioni del loro Paese al fine di sollecitare lo scambio delle impronte digitali con l'Italia, le famiglie tunisine non hanno ottenuto alcuna certezza rispetto all'effettuazione dello scambio, nonostante il prelievo delle impronte digitali ai migranti in arrivo nei Paesi europei costituisca un elemento essenziale delle politiche migratorie;
il Governo italiano avrebbe concesso una protezione temporanea ai tunisini sbarcati in Italia entro il 5 aprile 2011, prevedendo un successivo rinnovo di sei mesi; chi è arrivato dopo quella data era chiaramente passibile di rimpatrio, poiché la Tunisia non è stata più considerata un paese a rischio per i diritti umani;
per paura di essere identificati come tunisini, e quindi rimpatriati, è possibile tuttavia che molti di loro abbiano fornito false generalità, dunque se anche alcuni fossero stati trattenuti nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE), non necessariamente si sarebbe potuto procedere ad una loro individuazione;
quelle mamme e quelle famiglie, a febbraio 2013, dopo numerosi appelli rivolti alle istituzioni italiane, rimasti per lo più inascoltati, hanno in ultimo predisposto un appello «Esigiamo i vostri saperi», indirizzato all'Unione europea, nel quale chiedono una collaborazione nella ricerca dei loro familiari e, in particolare, una commissione che preveda la partecipazione dei Governi italiano e tunisino, in quanto coinvolti nella vicenda, al fine di arrivare alla verità;
il loro appello recita «Nemmeno noi conosciamo il numero esatto di quanti siano i “dispersi” ma sono tanti, centinaia, per la sola Tunisia, senza contare i dispersi e i morti che in tutti questi anni hanno trasformato un così breve tratto di mare in un cimitero marino»;
in questi anni le famiglie dei dispersi hanno raccolto informazioni sulle date e i luoghi di partenza, sul numero di persone per ogni imbarcazione, articoli di giornali italiani che danno notizia dell'arrivo delle imbarcazioni e per alcuni naufragi accertati nel Mediterraneo sono in grado di indicare i luoghi precisi nei quali si sono verificati;
come noto, quel tratto di mare è osservato da strumenti altamente tecnologici che l'Unione europea con i suoi Stati membri e la sua agenzia Frontex dispiega tra le due sponde del Mediterraneo per il controllo delle migrazioni: radar, satelliti, motovedette, aerei, elicotteri e, dopo l'arrivo, la raccolta delle impronte digitali. Informazioni che, come intuibile, vengono debitamente archiviate –:
quali iniziative siano state avviate dal Governo per fare luce sulla vicenda esposta in premessa che, a due anni di distanza dal drammatico evento, ancora non ha avuto risposta e, in particolare, se abbia provveduto a dar via al confronto delle impronte digitali dei dispersi avviando la necessaria ed auspicabile collaborazione con le autorità tunisine;
se, al fine di offrire risposta alle più che condivisibili e giustificate richieste delle famiglie dei dispersi, il Governo intenda sollecitare l'Unione europea affinché si adoperi per la costituzione di una commissione che, a più di due anni dal drammatico evento, possa finalmente portare a conoscenza della verità le mamme e i familiari dei migranti tunisini.
(4-00163)
DELL'ORCO, MUCCI, LIUZZI, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, FERRARESI, PAOLO BERNINI e SPADONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
ci sono stati pesantissimi danni economici e strutturali provocati dal terremoto del 20 e 29 maggio 2012 nelle province di Modena, Reggio Emilia, Bologna e Ferrara;
la zona del sisma è stata dichiarata in stato di emergenza nazionale una prima volta il giorno 23 maggio 2012 per un periodo di sessanta giorni;
il decreto-legge n. 74 del 6 giugno 2012 (poi convertito in legge) ha prorogato tale stato di emergenza sino al 31 maggio 2013;
lo stesso decreto-legge ha creato un fondo di sostegno al reddito per il lavoratore autonomo delle zone terremotate;
tale fondo non è mai stato finanziato, lasciando di fatto senza aiuti i lavoratori autonomi e le «partite IVA» che operavano nella zona;
il sistema bancario non sta erogando con la dovuta solerzia i contributi per la ricostruzione, rallentando di fatto le operazioni di ripresa;
le associazioni di categoria Cna, Lapam, Confartigianato, Fam, Confcommercio, Confesercenti, Apmi, Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Copagri e l'Alleanza coop italiane hanno richiesto che venissero presi provvedimenti per finanziare il fondo e per prorogare lo stato di emergenza;
le suddette associazioni e qualche amministratore locale lamentano l'atteggiamento non collaborativo degli istituti di credito –:
cosa il Governo intenda fare affinché lo stato di emergenza nazionale sia prorogato fino al 31 dicembre 2013;
se non ritenga opportuno finanziare il fondo per il sostegno ai lavoratori autonomi, che risulta privo di fondi;
se non ritenga opportuno assumere iniziative, anche attraverso le opportune intese con l'ABI, per l'erogazione dei fondi necessari alla ricostruzione. (4-00170)
ZAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro per i beni e le attività culturali, Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nelle ultime settimane il colle su cui si erge la Rocca di Monselice, in provincia di Padova, è stato soggetto a ripetuti fenomeni di dissesto idrogeologico, con diversi episodi franosi. In particolare tra il 24 e il 25 marzo 2013, diverse frane hanno infatti interessato il territorio del comune di Monselice, ed in particolare la zona del Colle della Rocca, costringendo intere famiglie ad abbandonare le proprie abitazioni;
la zona ha urgente bisogno di lavori di consolidamento, per tutelare i cittadini e un patrimonio artistico di valore inestimabile;
nel Colle della Rocca sono concentrate numerose bellezze architettoniche tra le quali Il castello, il Duomo vecchio, le sette chiesette, Villa Duodo, il mastio, Villa Emo, Villa paradisi, Villa nani, e altro;
peraltro, la via delle Sette Chiesette di Monselice costituisce un particolarissimo percorso votivo, scandito da sei cappelle e una chiesetta, intitolate come le corrispondenti basiliche romane, alle quali Papa Paolo V nel 1605 concesse il privilegio dell'indulgenza plenaria per i pellegrini che avessero visitato il Santuario;
il suddetto percorso, è peraltro considerato, dopo il Canal Grande di Venezia, la seconda più bella passeggiata del Veneto;
il Colle è proprietà della regione Veneto (a seguito della donazione del Conte Cini). La società di gestione beni La Rocca è composta da regione provincia e comune di Monselice che detengono ciascuno 1/3 delle quote;
l'area si trova all'interno del perimetro del parco regionale dei Colli Euganei ed è sottoposta a numerosi vincoli di tipo paesaggistico, ambientali, architettonici, anche da parte della soprintendenza regionale;
i ripetuti gravi fenomeni di dissesto idrogeologico che interessano da troppo tempo questa preziosa area sono soprattutto conseguenza dell'incuria e della scarsa attenzione che da anni caratterizza secondo l'interrogante l'atteggiamento della regione, malgrado allarmi e segnalazioni dei vari movimenti franosi in atto;
qualche anno fa si sfiorò la tragedia quando un grosso masso si staccò dalla parete di cava rotolando vicino al container del custode del parcheggio. Nello stesso periodo a seguito del crollo di un pezzo di parete sul lato nord, le famiglie residenti si sono viste raggiungere i cortili da massi imponenti. Nel frattempo sono crollati altri pezzi di parete, mura di cinta, pezzi di mura storiche con grave danno per il patrimonio del Colle e gravi rischi per i residenti;
in questi anni nessun serio intervento di prevenzione e di messa in sicurezza del territorio è stato fatto;
peraltro, nel recente passato, si è proceduto all'approvazione di opere e progetti che hanno provocato un vero e proprio sommovimento che oltre alla cittadinanza ha visto per protagoniste le associazioni di tutela ambientale e architettonica;
a fronte di questa emergenza, l'azione della regione Veneto appare all'interrogante tardiva e superficiale e il patrimonio ambientale, architettonico e artistico è messo in serio pericolo –:
quali iniziative urgenti si intendano adottare, nell'ambito delle proprie prerogative, al fine di garantire i necessari urgenti interventi di messa in sicurezza del territorio indicato in premessa, e la sua salvaguardia, stante l'enorme valore storico, architettonico e artistico unico nel suo genere, quale quello del Colle della Rocca, e che, proprio per la sua valenza nazionale, non può non vedere un impegno diretto da parte del Governo. (4-00173)
DI LELLO, DI GIOIA, LOCATELLI e PASTORELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
il risultato uscito dalle urne nella recente consultazione elettorale per il rinnovo del Parlamento impedisce, in assenza di una generosa assunzione di responsabilità da parte dei partiti, il varo di un Governo capace di aggredire la pesante situazione economica;
la costituzione di un Governo nella pienezza dei suoi poteri è necessaria se si vogliono mettere in campo iniziative in grado di superare la difficile situazione politica e istituzionale nella quale si dibatte il Paese e avviare una concreta inversione di tendenza che ridia fiducia ai cittadini;
anche l'attuale Governo, benché dimissionario, se solo ne avesse ferma volontà politica, avrebbe tra i suoi compiti più urgenti quello di portare con immediatezza all'esame del Parlamento ogni iniziativa utile a far superare al Paese la crisi che l'avvolge;
invece ogni giorno si è costretti a registrare l'aggravarsi della situazione economica, la chiusura di imprese industriali, artigiane e commerciali, l'espansione progressiva degli indici di ogni forma di disoccupazione, il manifestarsi di molteplici forme di disagio sociale, la riduzione delle risorse per le famiglie, l'emarginazione di sempre più vaste aree della nostra società, varie forme di violenza che a volte per la disperazione si consumano anche contro se stessi –:
se corrisponda al vero quanto apparso sulla stampa in relazione al fatto che che l'attuale Governo stia per dedicarsi con particolare cura e attenzione al rinnovo dei vertici di alcune importanti aziende pubbliche, tra cui Finmeccanica e Cassa depositi e prestiti, a cui sarebbero candidati noti rappresentanti dello stesso Governo o persone a loro vicine;
se, pur alla luce dello statuto delle predette società, non sia possibile posticipare di almeno un mese il rinnovo delle cariche sociali;
in caso affermativo, se il presidente del Consiglio dei ministri e il Governo nel suo insieme ritengano istituzionalmente e politicamente corretto procedere alle predette nomine mentre sta per concludersi la loro esperienza di governo dopo le dimissioni che hanno portato alla fine anticipata della legislatura. (4-00177)
AFFARI ESTERI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
in poco meno di una settimana si sono registrati cinque sbarchi tra Lampedusa, la provincia di Siracusa e Siculiana (Agrigento), che hanno visto coinvolti circa settecento migranti, che sono arrivati sull'isola in condizioni critiche quando non disperate: c'erano donne in gravidanza, e due di loro, due uomini, sono arrivati già morti per ipotermia;
il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, sollecita vivamente la collaborazione e un intervento dello Stato, per quella che, denuncia, si sta delineando come una nuova emergenza sbarchi;
un'inchiesta contro ignoti come precisato dal procuratore capo di Agrigento, Renato Di Natale è stata aperta dalla procura di Agrigento per accertare eventuali responsabilità da parte di chi ha organizzato la traversata, per la morte dei due migranti;
l'andamento degli sbarchi in Sicilia si presenta simile a quello del 2011 quando si raggiunse la soglia record dei sessantamila sbarchi sulle coste italiane;
Raffaella Milano, direttore del Programma Italia-Europa di Save the Children, denuncia che, a seguito degli sbarchi sulle coste delle province di Agrigento e Siracusa e della proibizione delle questure di bloccare l'accesso agli operatori umanitari a Save the Children non è stato possibile accertare la presenza tra le persone respinte, di minori non accompagnati o di altri soggetti vulnerabili;
si profilano dunque gli estremi di una nuova emergenza, a fronte della quale, però, in assenza di iniziative e di chiarezza da parte del Governo, non si può attivare, o riattivare, un'adeguata rete tra enti locali, protezione civile e cooperative assolutamente necessaria per garantire l'assistenza di primo soccorso e l'accoglienza dei migranti;
appare dunque necessario che sia immediatamente predisposto un nucleo operativo che gestisca la situazione, anche sulla base delle esperienze e delle capacità già in campo, riattivando, o attivandone di nuove, le convenzioni necessarie con le strutture esistenti o già pronte per poter garantire i servizi suddetti –:
quali iniziative immediate il Governo intenda adottare al fine di impedire, per l'anno corrente, il deflagrare di una nuova crisi che non può e non deve, come più volte è stato sottolineato e riconosciuto da più parti, essere in carico solo ed esclusivamente ad una piccola isola in mezzo al Mediterraneo, ma che deve essere affrontata e gestita a livello nazionale ed europeo, nonché, considerato il fatto che lo stato di emergenza è cessato il 31 dicembre 2012, se non si renda necessario dichiarare un nuovo stato di emergenza.
(2-00016) «Moscatt, Zampa, Kyenge».
Interrogazione a risposta scritta:
VERINI, ZAMPA e GOZI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
si apprende da organi di stampa che, secondo le dichiarazioni rilasciate da un testimone ascoltato nei primi mesi del 2013 dalla procura di Roma, nelle acque di Ustica pochi minuti prima della tragedia vi era «una flottiglia di navi: una che sembrava una portaerei e almeno tre-quattro imbarcazioni»;
ad oggi appare sempre più plausibile l'ipotesi peraltro già avanzata dalla sentenza emessa a gennaio 2013 dalla terza sezione civile della Corte di cassazione per la quale «è abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile»;
sulla tragedia e le responsabilità ad essa relative vige ancora il più stretto riserbo;
sono state presentate due petizioni al Parlamento europeo volte a favorire il superamento delle difficoltà riscontrate dall'inchiesta sulla strage di Ustica in particolare per quanto riguarda le mancate risposte alle numerose rogatorie internazionali emesse dalla magistratura italiana, la prima è la petizione 1252/2011 dichiarata ricevibile il 5 marzo 2012 e la seconda è la petizione 88/2012 dichiarata ricevibile il 23 maggio 2012;
la Commissione, invitata a fornire informazioni al Parlamento (articolo 202, paragrafo 6, del regolamento), ha risposto con una nota del 27 giugno 2012 contenente il seguente testo: «La Commissione è a conoscenza del caso di Ustica e del fatto che più di 30 anni dopo il disastro, i parenti delle vittime di questa tragedia sono ancora in attesa di giustizia. La Commissione non ha la competenza per intervenire nell'amministrazione quotidiana dei sistemi giudiziari dei singoli Stati membri, cosa che rientra in linea di principio nell'ambito di competenza delle autorità degli Stati membri. La Commissione si rammarica del fatto che l'Italia e altri due Stati membri non abbiano ancora ratificato la convenzione del 29 maggio 2000 relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, che è in vigore e attualmente vincolante in 24 Stati membri dell'UE. La Commissione ha presentato un pacchetto globale di misure volte a migliorare la protezione delle vittime del crimine. Non è di competenza dell'Unione europea intervenire nelle procedure di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri dell'UE non disciplinate dagli strumenti legislativi dell'UE» –:
perché l'Italia e altri due Stati membri non abbiano ancora ratificato la convenzione del 29 maggio 2000 relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, che è in vigore e attualmente vincolante in 24 Stati membri dell'Unione europea;
cosa intenda fare il Governo per porre rimedio a questa grave lacuna in tempi brevi, anche in considerazione delle difficoltà che questo comporta nell'accertamento della verità sulla strage di Ustica;
quali altre iniziative politiche, istituzionali e diplomatiche il Governo intenda attuare per favorire nel più breve tempo possibile risposte positive alle rogatorie internazionali da parte dei Paesi europei interessati. (4-00168)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta orale:
MAESTRI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
da ormai diverse settimane la regione Emilia-Romagna e in particolare la provincia di Parma, è colpita da un'eccezionale ondata di maltempo a carattere alluvionale;
i ripetuti eventi meteorologici hanno generato lungo i diversi corsi d'acqua della regione (Enza, Secchia, Panaro e Reno) piene lunghe e significative con più colmi successivi e stati idrometrici che si sono mantenuti al di sopra del livello di attenzione per molti giorni consecutivi. Le ondate di piena che hanno coinvolto il reticolo idrogeografico hanno danneggiato in modo significativo numerose opere idrauliche, provocato erosioni spondali, tracimazione di fossi e canali, danni alle strutture viabilistiche (strade e ponti) e cedimenti di parti delle reti fognarie e acquedottistiche, provocando allagamenti alle abitazioni e alle attività produttive e compromettendo la viabilità provinciale e locale;
le piogge hanno inoltre determinato il riattivarsi di diversi movimenti franosi in tutta l'area appenninica ma è soprattutto in provincia di Parma che si registra l'emergenza più acuta: la strada provinciale Massese è stata interrotta al chilometro 33 in località Boschetto dove la frana, in poche ore, ha travolto la carreggiata stradale interrompendo i collegamenti tra Langhirano e la parte alta del territorio; vi sono centri abitati rimasti isolati e alcune abitazioni sono state evacuate;
le gravi criticità che stanno interessando la viabilità nell'area appenninica rischiano di ripercuotersi negativamente sulle attività produttive della zona, in particolare sui prosciuttifici, alcuni dei quali, per altro, minacciati anche direttamente dai movimenti franosi, con prevedibili conseguenze anche per il sistema economico non solo locale e per l'occupazione;
l'Agenzia di protezione civile della regione Emilia-Romagna congiuntamente alle province, ai comuni e ai consorzi di bonifica sta monitorando la situazione, acquisendo informazioni, raccogliendo segnalazioni e richieste di interventi in emergenza al fine di poter predisporre già nei prossimi giorni un rapporto dettagliato della situazione;
per i primi interventi di somma urgenza la regione Emilia-Romagna ha già messo a disposizione circa 700.000 euro a fronte degli oltre 2.500.000 euro per interventi urgenti stimati dagli enti locali e dai consorzi di bonifica;
il 5 aprile il presidente della regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, ha inviato al Presidente del Consiglio dei ministri e al capo del dipartimento della protezione civile, la richiesta di dichiarazione di stato di emergenza per il territorio regionale, stante l'impossibilità di far fronte alla grave situazione determinatasi con i poteri ordinari e con i mezzi finanziari disponibili. A tal proposito è stata richiesta l'assegnazione di risorse finanziarie per la realizzazione di interventi di somma urgenza e di messa in sicurezza che, sulla base delle valutazioni delle strutture tecniche regionali, ammonta a circa 63.000.000 di euro;
nel marzo 2010 l'amministrazione provinciale di Parma, dopo aver attivato un tavolo di concertazione e tavoli tecnici con gli enti territorialmente competenti (comuni, comunità montane, consorzi di bonifica, servizio tecnico di bacino degli affluenti del Po, AIPO, protezione civile), ha predisposto un programma di interventi per affrontare in modo coerente e coordinato, sulla base di precise priorità emergenziali, il problema dei dissesto idrogeologico del territorio: la provincia di Parma infatti è la prima a livello regionale e la seconda a livello nazionale nella classifica delle aree a maggior rischio;
nella lettera che la provincia di Parma ha inviato al Ministero si precisava che «l'ammontare economico complessivo di tali interventi (...) per 302 milioni di euro (62,4 milioni per interventi prioritari), è un dato certamente destinato a crescere se non saranno rapidamente promosse e adottate le prime e indispensabili misure di mitigazione del rischio e attivate le prioritarie opere di messa in sicurezza, consolidamento e prevenzione»;
a quanto risulta, il Ministero interrogato non ha mai risposto alla missiva inviata dall'amministrazione provinciale –:
se il Ministro interrogato intenda sostenere la richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 avanzata dal presidente della regione Emilia-Romagna mettendo a disposizione idonee risorse finanziarie per far fronte agli interventi urgenti di messa in sicurezza del territorio;
se, alla luce di quanto accaduto, non si ritenga di prendere in considerazione e sostenere anche finanziariamente il piano di interventi proposto dalla provincia di Parma nel 2010 a fronte del grave dissesto idrogeologico che caratterizza il territorio provinciale. (3-00018)
Interrogazioni a risposta scritta:
LODOLINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'Europa ha dichiarato che il settennio 2014-2020 dovrà basarsi, tra le altre cose, sulla sostenibilità: è per questo che si punta alla riduzione delle emissioni di CO2;
durante il Consiglio comunale di Senigallia (Ancona) del 27 febbraio 2012, tramite specifica interrogazione presentata dal consigliere comunale delegato alle politiche unione Europea Dario Romano, è stato sollevato un argomento che non è passato inosservato perché può rappresentare una questione molto importante, in chiave futura, per le coste marchigiane e per tutto l'Adriatico;
secondo il numero del «Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse» uscito poco più di un anno fa, pubblicato dal Ministero dello sviluppo economico, una società ha fatto istanza per ottenere una licenza di esplorazione ai fini dello stoccaggio di biossido di carbonio al largo delle coste di Senigallia (Ancona);
nel dettaglio, la direttiva 2009/31/CE, trasposta in Italia con il decreto legge 162 del 2011, prevede il rilascio provvisorio di licenze di esplorazione del suolo ai fini dello stoccaggio geologico del biossido di carbonio. Nell'ambito dei provvedimenti in questione, assunti dal Ministero dello sviluppo economico, è tuttavia necessario che «le amministrazioni locali competenti, laddove previsto, siano sentite». Inoltre, il principio europeo prevede che i depositi di stoccaggio possano essere installati a condizione che la pratica si dimostri una «tecnologia ambientalmente sicura», e in un territorio a rischio sismico medio-alto appare difficile poter soddisfare tale condizione;
dopo l'interrogazione di Senigallia, da consigliere comunale di Falconara Marittima l'interrogante ha posto la stessa questione all'amministrazione comunale. Inoltre, diversi consiglieri regionali delle Marche si sono impegnati per cercare di chiarire la situazione;
infine, fatto ancora più importante, l'eurodeputato Debora Serracchiani ha portato la questione fino a Bruxelles, interrogando la Commissione europea;
qualora nei prossimi anni l’iter della pratica procedesse, la costa marchigiana, al largo della quale è anche prevista la costruzione di un rigassificatore (a Falconara Marittima, in provincia di Ancona), sarebbe oggetto dell'ennesima richiesta di utilizzo a fini industriali di un bene fondamentale –:
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare fosse a conoscenza della situazione relativa all'istanza di esplorazione del sottosuolo al largo di Senigallia;
se vi siano elementi di novità rispetto alle informazioni di cui sopra;
quali iniziative il Governo intenda adottare per evitare che in futuro siano installati depositi di stoccaggio in zone dove sussiste un rischio di sismicità, alla luce anche dell'ultimo tragico terremoto emiliano. (4-00159)
PES. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la società Saras spa ha presentato nel giugno 2011, e regolarizzato ad agosto 2011, l'istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale relativa alla «realizzazione di un pozzo esplorativo per la ricerca di idrocarburi nel permesso di ricerca denominato Eleonora»;
il progetto prevede la realizzazione di un pozzo denominato Eleonora 1 Dir, della profondità di 2.850 metri, entro l'area del permesso di ricerca «Eleonora» che si estende su una superficie di circa 44.300 ettari nell'entroterra del Golfo di Oristano;
il pozzo sarà realizzato con tecnica a rotazione e circolazione inversa di fanghi bentonitici e dopo i primi 450 metri verrà direzionato, con un angolo di deviazione di circa 30o dalla verticale, in modo da consentire il raggiungimento di cinque obiettivi minerari a profondità variabile, non allineati sulla stessa verticale ma traslati progressivamente verso nord-nord-est;
il punto di intesto del pozzo è situato a circa 4,5 chilometri dall'abitato di Arborea e a circa 180 metri dal SIC ITB 030016 «Stagno di S'Ena Arrubia e territori limitrofi» e dalla ZPS ITB 034001 «Stagno di S'Ena Arrubia», la cui perimetrazione coincide con quella della zona umida di importanza internazionale IT 016 «Stagno di S'Ena Arrubia»;
per l'allestimento del cantiere, che occupa una superficie di 570 metri quadri sono previsti la rimozione preliminare dello strato superficiale di circa 40 centimetri di terreno vegetale, la realizzazione di una pavimentazione superficiale costituita da uno strato di pietrisco costipato e rullato, la messa in opera delle opere civili (cantina, basamenti degli impianti, canalette di raccolta acque, e altro) oltre che l'installazione di impianti (torre di perforazione di altezza 45 metri, top drive, generatori elettrici, circuito fanghi, bacini di stoccaggio fanghi esausti, e altro);
le operazioni di perforazione prevedono l'infissione nel suolo mediante battipalo di un tubo guida del diametro di 20" fino alla profondità di 50 metri o fino a rifiuto totale, la perforazione, all'interno del tubo guida, del primo tratto del pozzo fino a una profondità di 450 metri, successivo rivestimento con colonna da 13 3/8" (colonna di ancoraggio) e cementazione dell'intercapedine tra pareti del foro e superficie esterna della colonna, la perforazione del tratto intermedio del pozzo (da 450 metri a 1.550 metri), rivestimento con colonna da 9 5/8" e cementazione dell'intercapedine; la perforazione dell'ultimo tratto, da 1.550 metri a 2.850 metri, rivestimento con liner da 7" e cementazione;
il paese di Arborea è il principale distretto agricolo e di allevamento bovino di tutta la Sardegna;
vi sono circa 200 aziende e oltre 30.000 capi bovini che producono il 98 per cento del latte vaccino sardo per un giro d'affari di diverse centinaia di milioni di euro;
la realizzazione del pozzo avrebbe un grosso impatto sull'economia locale;
è nato un comitato civico per opporsi al «Progetto Eleonora» che ha evidenziato da subito le carenze del progetto e la totale incompatibilità con la storia e l'identità di Arborea e di tutta la provincia di Oristano;
una delibera dell'assessorato regionale all'industria del 2009 autorizzava la Saras spa ad ispezionare il territorio in esame;
inizialmente la regione Sardegna non aveva ritenuto necessaria la valutazione di impatto ambientale;
in seguito alle richieste e alle osservazioni pervenute al servizio SAVI da parte del comitato civico «no al Progetto Eleonora», di diverse associazioni ambientaliste, di centinaia di cittadini e di ProgReS Progetu Repùblica si è ritenuto di dover richiedere la valutazione di impatto ambientale;
con delibera del 18 aprile 2012, infatti, la giunta regionale ha deciso di sottoporre alla procedura di valutazione di impatto ambientale l'intervento in questione, proprio «in considerazione delle criticità legate, principalmente, all'ubicazione dell'intervento in aree ad elevata sensibilità ambientale, con particolare riferimento al fatto che l'area di cantiere ricade all'interno della fascia costiera; è interna all'Oasi di protezione faunistica «S'Ena Arrubia» (istituita con decreto dell'ass. dif. ambiente n. 111 del 20 luglio 1978), si trova a meno di 150 metri da SIC, ZPS e aree umide Ramsar, è interna alla perimetrazione dell'ISA 218 «Sinis e stagni di Oristano». Nondimeno è risultata critica la vicinanza dell'area di intervento a recettori sensibili (aziende, abitazioni, e altro), da cui il cantiere dista poche centinaia di metri»;
il 7 maggio 2012 il comune di Arborea ha deliberato la propria opposizione al «Progetto Eleonora» così come aveva fatto in precedenza l'amministrazione comunale di Marrubiu, consapevole del fatto che il territorio non è organizzato per compartimenti stagni e che eventuali danni al territorio di Arborea si sarebbero inevitabilmente riversati anche sui comuni limitrofi;
con comunicazione del 27 marzo 2012 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare richiamava l'assessorato regionale e il comune di Arborea a fornire informazioni in merito alle possibili incidenze negative sullo stagno S'Ena Arrubia SIC-ZPS e zone limitrofe;
il Ministro era già intervenuto in proposito con nota del 23 dicembre 2011 nella quale aveva chiesto rassicurazioni alla regione Sardegna e all'amministrazione comunale;
come già evidenziato nella prima nota di dicembre, il Ministero scriveva che «in relazione ad eventuali alterazioni dello stato di conservazione del sito Stagno di S'Ena Arrubia, ipotizzabili come derivate dalla compromissione della falda freatica durante le attività di trivellazione, si sottolinea l'importanza di condurre un approfondito studio da parte della Società proponente di tutte le possibili interferenze indirette nei confronti dei siti Natura 2000 presenti»;
inoltre, il Ministro ha ricordato che la zona riceve dei finanziamenti (progetto LIFE) per scopi ambientali –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga che la realizzazione di un pozzo esplorativo per la ricerca di idrocarburi nel permesso di ricerca denominato Eleonora possa recare grave pregiudizio all'ambiente e alla popolazione di quei luoghi;
se sia sua intenzione porre in opera tutte le azione necessarie per tutelare le aree ad elevata sensibilità ambientale interessate dal progetto «Eleonora» e la popolazione ivi residente. (4-00164)
REALACCI, BAZOLI, BERLINGHIERI, COMINELLI e GALPERTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
secondo un reportage dello scorso autunno e trasmesso domenica 31 marzo 2013 dalla trasmissione di Rai Tre «PresaDiretta», alcuni recenti articoli di stampa locale e nazionale pubblicati negli ultimi giorni, ad esempio dal Giornale di Brescia, Il Fatto Quotidiano e il Corriere della Sera, dallo stabilimento Caffaro di Brescia, ora società Chimica Fedeli s.p.a. e in disuso, continuano ad uscire policlorobifenili (PCB) e altri pericolosi inquinanti;
nella città di Brescia esiste infatti da anni un'emergenza sanitaria e ambientale che riguarda direttamente 25 mila tra uomini, donne e bambini, ovvero gli abitanti della zona che si estende a sud della Caffaro, la fabbrica adesso chiusa che dagli anni trenta fino a metà degli anni ’80 ha prodotto migliaia di tonnellate di pcb, che al pari della diossina è un pericoloso cancerogeno, sversandone centinaia di tonnellate allo stato puro nell'ambiente circostante;
come si legge dall'articolo del Corriere della Sera del 3 aprile 2013, dallo stabilimento ex Caffaro si è infatti costretti a pompare dieci milioni di metri cubi d'acqua l'anno dai pozzi interni all'azienda. L'operazione, oltreché costosa, è fondamentale e necessaria per impedire che la prima falda salga troppo e vada a contatto con i veleni sottostanti ai capannoni, depositati a tonnellate nelle lavorazioni degli scorsi decenni. Tale pompaggio inoltre non si può interrompere se non si vuole andare per quanto detto incontro ad un disastro ambientale. Ma l'acqua pescata dai pozzi è tutt'altro che pura, come dimostrato dalle analisi fin qui condotte: mercurio (2,8 microgrammi al litro contro un limite di 1), pcb (0,09 microgrammi per litro, contro un limite di 0,01) e tracce di altri solventi clorurati, pesticidi e organoalogenati (19 microgrammi contro un massimo di 10) lavorati negli anni dalla Caffaro. Sebbene quest'acqua, prima di finire nel vaso Franzagola di via Morosini e da qui al Fiume Grande, passi attraverso un sistema di filtraggio a carboni non risultano abbattuti tutti gli inquinanti attivi;
conseguentemente, ogni goccia d'acqua scaricata nei fossi diretti alla Bassa e al fiume Mella contiene una piccolissima dose di veleni. Un fluire continuo verso i canali dei terreni bresciani. Giulio Sesana — direttore di Arpa Lombardia così dichiara: «L'impianto di depurazione funziona ma è perfettibile. Il problema è che l'inquinamento prosegue per dilavamento e dispersione, mentre gli anni passano, si sommano ritardi e la bonifica non arriva»;
il risultato di una recente ricerca svolta da Paolo Ricci, epidemiologo della Asl di Mantova che segue il sito Caffaro da quando si è scoperto il grave inquinamento, conferma poi chiaramente la drammaticità del rischio sanitario. Nella citata ricerca il tumore maligno alla tiroide segna un più 49 per cento di incidenza a Brescia rispetto al Nord Italia, il linfoma non Hodgkin più 20 per cento, il tumore al fegato il più 58 per cento, mentre infine il tumore al seno schizza al 26 per cento in più. Secondo Ricci la correlazione tra questa maggiore incidenza e il pcb è più che probabile, visti i risultati della ricerca scientifica internazionale, ma date anche le incredibili dimensioni dell'inquinamento dei terreni a sud della Caffaro rilevati dai tecnici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'Arpa;
è in effetti utile ricordare che, dal 2002, il sito Caffaro è entrato a far parte ufficialmente dei siti di interesse nazionale individuati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare come sito fortemente contaminato dal pcb e quindi da bonificare;
alle inequivocabili criticità ambientali segnalate nell'area dell'ex Caffaro vanno aggiunte: la presenza di una grande acciaieria Alfa Acciai a ridosso di una futura discarica d'amianto, di due bitumifici, di una discarica di scorie radioattive (ex Piccinelli) di un'altra di scorie tossiche (VePart), dell'autostrada A4, che hanno negli anni creato danni persistenti all'ambiente. Saranno poi previste una discarica di rifiuti speciali tra Buffalora e Rezzato e il nuovo bitumificio Gaburri (che sostituirebbe l'attuale, molto inquinante) –:
quali iniziative urgenti intenda prendere il Ministro interrogato per affrontare in maniera organica la grave situazione ambientale e sanitaria dell'area a sud di Brescia; se il Ministro non intenda chiarire i tempi di implementazione della bonifica delle aree interessate dal citato grave inquinamento chimico; se non ritenga mettere in campo, anche per tramite degli istituti specializzati del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, azioni e infrastrutture mirate a fermare da subito lo sversamento degli inquinanti dallo stabilimento bresciano della ex Caffaro; da ultimo se il Ministro non intenda precisare quante risorse sono disponibili per il proprio dicastero per la bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale. (4-00167)
COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E INTEGRAZIONE
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, per sapere – premesso che:
il Servizio civile nazionale consente a tanti giovani dai 18 ai 28 anni di servire l'Italia in modo non armato e non violento, sviluppando un alto senso civico nell'aiuto concreto a persone svantaggiate (dai disabili ai rifugiati, dagli immigrati ai minori a rischio, ai malati terminali), nella cooperazione internazionale all'estero, nella tutela del patrimonio pubblico artistico, ambientale, culturale e nella protezione civile;
le risorse finanziarie destinate al Servizio civile nazionale sono state ridotte drasticamente di anno in anno: nel 2008 erano 299 milioni di euro, nel 2009 sono scese a 170 milioni, nel 2010-2011 a 100 milioni, nel 2012 a 68 milioni con conseguente inevitabile riduzione del numero complessivo dei giovani impegnati nelle varie attività;
nel 2007 i posti a disposizione per i giovani del servizio civile erano 51.273 a fronte di 104.815 domande, nel 2011 sono scese a 20.157 a fronte di 86.571 domande;
per il 2013 la legge di stabilità ha stanziato 71 milioni di euro più altre risorse dovrebbero derivare dal fondo di cui all'articolo comma 270, della legge n. 228 del 24 dicembre 2012;
inoltre il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione ha reperito altri 50 milioni di euro che però non è chiaro se siano stati ancora assegnati al Servizio civile nazionale e che comunque sono ancora insufficienti;
nell'annunciare la disponibilità dei 50 milioni di euro aggiuntivi il Ministro aveva assicurato che si sarebbero potuti emanare i bandi 2013 e 2014 per un contingente di 18.800 volontari annui;
ad oggi, al di là dello stanziamento aggiuntivo, ancora in corso di perfezionamento, il dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale non ha ancora annunciato il contingente di volontari che metterà a bando nel 2013;
considerando che sul fondo nazionale per il servizio civile sono disponibili 71 milioni di euro per il 2013 e 76 milioni di euro per il 2014, ai quali si andranno ad aggiungere gli altri 50 milioni spalmati sul biennio 2013-2014, si dovrebbe avere una disponibilità annua di circa 98,5 milioni, non sufficiente per l'avvio di 18.800 volontari, per i quali occorrerebbero almeno 112,8 milioni di euro l'anno –:
quali siano le effettive risorse destinate per il 2013 al Servizio civile nazionale e quanti posti sia possibile mettere a bando e quale sia la reale volontà politica di aumentare le risorse destinate ad una attività di alto valore educativo ed essenziale per la formazione nei giovani di valori autenticamente costituzionali.
(2-00019) «Melilla».
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
TULLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
l'Istituto idrografico della marina (I.I.M) che è l'organo cartografico dello Stato designato alla produzione della documentazione nautica ufficiale nazionale obbligatoria per la navigazione e dipendente dal Ministero per la difesa ha sede a Genova sino dalla sua istituzione risalente al 1872 con sede presso il Forte San Giorgio;
nella sua lunga storia l'Istituto idrografico della marina ha naturalmente strutturato un profondo legame non solo occupazionale, ma culturale e scientifico con il tessuto cittadino a partire dall'istituzione del primo sistema di riferimento nazionale italiano alla fine dell'ottocento con la determinazione della città di Genova quale punto di emanazione dell'ellissoide di Bessel e del conseguente sistema di riferimento usato sino al 1940 sino all'attuale operatività presso il Porto Antico di Genova del mareografo, fondamentale riferimento per la determinazione del livello medio marino dei mari d'Italia (s.l.m.) che fa del capoluogo ligure il punto «zero» per il calcolo di tutte le altimetrie italiane;
il rapporto con la città è proiettato ed inserito anche sul futuro occupazionale, considerate le collaborazioni e sinergie previste con il realizzando parco scientifico e tecnologico degli Erzelli, al museo del mare e della navigazione, all'acquario di Genova ed all'università degli studi di Genova con l'istituzione del master di II livello in geomatica marina;
in controtendenza con i tagli operati su altri Istituti lo Stato maggiore della marina ha confermato nell'aprile 2012 in 204 unità di personale civile la dotazione organica dell'I.I.M., prospettando quindi nel prossimo futuro un raddoppio degli attuali posti occupazionali per il personale civile presso l'Istituto stesso, rappresentando una preziosa opportunità di sostegno in particolare all'occupazione di neolaureati;
in un necessario quadro di riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture in uso, anche per rispondere ai necessari adeguamenti tecnologici, si è aperto da tempo un dialogo con le varie istituzioni al fine di trovare una adeguata soluzione pro futuro;
nel quadro di riassetto delle aree già di proprietà della marina militare presso la città di La Spezia si è ventilato un possibile trasferimento dell'Istituto idrografico della marina presso tale sede –:
se le indiscrezioni circa la volontà di operare un trasferimento dopo 150 anni da Genova a La Spezia corrispondano al vero;
se si siano valutate le conseguenze sulle attuali collaborazioni tecnico-scientifiche poste in essere con successo tra l'Istituto idrografico della marina e le molte realtà genovesi;
quali misure si intenderebbero attuare al fine di tutelare gli attuali dipendenti dell'Istituto idrografico della marina residenti a Genova. (4-00165)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta scritta:
RUOCCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
un'azienda italiana, specie se partecipata dallo Stato, non dovrebbe soltanto assolvere il dovere di produrre utili per gli azionisti, ma anche quello di garantire ai cittadini italiani ricadute positive sul piano economico, occupazionale o su quello dei servizi;
appare per questo doveroso che si richieda una trasparente e completa rendicontazione non soltanto della situazione finanziaria di un'azienda partecipata, ma anche della strategia che essa intende attuare nei confronti del mercato, dei concorrenti e delle aziende da essa controllate;
a quanto risulta da un articolo dal titolo «La nuova strategia di Eads parte da Avio Spazio», pubblicato sito Formiche.net, «Dopo il tentativo, fallito, di fusione con il colosso dell'aerospazio britannico Bae Systems, il gruppo franco-tedesco Eads» studierebbe «un'offerta per Avio Spazio, società controllata al 14 per cento da Finmeccanica e all'81 per cento da Cinven», uno dei più importanti private equity d'Europa;
Avio spa è oggi una società italiana, con sede a Rivalta Torinese (Torino), con una storia di più di 100 anni connessa per la gran parte col gruppo Fiat;
Avio si colloca oggi, anche dopo la cessione delle attività aeronautiche a General Eletric nel dicembre scorso, tra i maggiori protagonisti mondiali nel campo della progettazione e produzione di componenti e moduli per la propulsione aerospaziale e da lavoro, nei suoi 10 stabilimenti, secondo quanto dichiarato nel suo sito a 5200 dipendenti dei quali 4500 circa sono italiani;
secondo informazioni raccolte dal quotidiano Milano Finanza «altri potenziali compratori potrebbero essere le francesi Safran e Thales, ma pare che ormai sia proprio il colosso dell'aeronautica guidato da Tom Enders ad aver aperto ufficialmente il dossier Avio Spazio che potrebbe valere tra i 300 e i 400 milioni di euro. Finmeccanica avrebbe scelto come consulenti Bnp Paribas e Unicredit, mentre il private equity Cinven avrebbe optato per Rothscild»;
secondo lo stesso articolo, Finmeccanica potrebbe ricavare dall'operazione tra i 40 e i 60 milioni di euro una cifra «considerata molto limitata se paragonato all'iniziale obiettivo di liquidità pari a 1 miliardo, previsto da questo tipo di cessione»;
secondo gli esperti, Avio Space ha un valore strategico che potrebbe innescare, in caso di vendita, l'intervento del Fondo strategico italiano, il «braccio pubblico della Cassa Depositi e Prestiti», e rendere più complessa la cessione degli asset come già ipotizzato da un articolo de il Sole 24 Ore del 1o giugno 2012;
appare quantomai necessario fare chiarezza sulle intenzioni del Governo, sia nell'ipotesi che quest'operazione serva a finanziare direttamente le sofferenze del gruppo Fiameccanica, operazione di cui è necessario vagliare l'opportunità, sia relativamente ai particolari di una possibile operazione di dismissione che rischia di avere ricadute occupazionali sul territorio italiano senza rilevanti benefici per le finanze pubbliche –:
quale sia la posizione del Governo circa la possibile decisione della partecipata Finmeccanica Spa di dismettere Avio spa ad un'altra società e quali benefici si attenda dal punto di vista economico ed occupazionale a fronte di tale strategia;
se sia volontà del Fondo strategico italiano, holding posseduta per il 90 per cento dalla Cassa depositi e prestiti, rilevare Avio spa, quale sia il costo preventivabile per tale intervento, e quali siano i benefici derivanti da questa operazione per le casse dello Stato e per il mantenimento degli attuali livelli occupazionali. (4-00155)
DI GIOIA, CANI, PES, MARROCU, FRANCESCO SANNA e GIOVANNA SANNA e SCANU. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
i problemi economici che assillano il Paese necessitano di un governo forte e stabile capace di proporre misure in grado di rilanciare l'economia reale e sostenere le famiglie italiane che, da troppo tempo, sono costrette a misurarsi con ristrettezze economiche e aumento del costo della vita;
l'aumento del numero di persone considerate povere (8 milioni) e quello del tasso di disoccupazione giovanile (molto al di sopra di quello medio dell'Unione europea) sono segnali evidenti di una situazione che resta preoccupante e allarmante;
in un momento così incerto non si può non dare alcune parziali risposte che, in qualche modo, contribuiscono ad allentare la tensione nei confronti delle famiglie italiane;
da parte di tutte le forze politiche, durante la campagna elettorale, si è dichiarata la volontà di intervenire sull'IMU, al fine di alleggerire la pressione fiscale degli italiani;
nel mese di giugno milioni di proprietari saranno costretti a pagare l'acconto sull'IMU, pur se agli stessi, in forma diversa, era stato assicurato che, almeno, questa tassa sarebbe stata diminuita o soppressa;
a tale prelievo fiscale, non bisogna dimenticare che, nel mese di giugno, se ne aggiungono molti altri a partire dal versamento dell'imposta sostitutiva dell'IRPEF, dell'IRAP e dell'IVA dovuta da parte delle persone fisiche che presentano la dichiarazione dei redditi;
con tali prelievi fiscali congiunti si rischia di aggravare ulteriormente la situazione economica del Paese –:
se non si ritenga opportuno, in attesa di una progettualità più articolata in materia, assumere un'iniziativa normativa che preveda, quantomeno per coloro che pagano un'imposta sino a 500 euro per la prima casa, la soppressione dell'IMU o in alternativa se non si ritenga necessario rinviare alla fine dell'anno il pagamento della stessa imposta, dando così la possibilità al prossimo Esecutivo di intervenire su questa materia. (4-00157)
GIACOMELLI e BIFFONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
tra le priorità indicate nelle conclusioni del Consiglio europeo del 14 e 15 marzo 2013, quella di «portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita» ha aperto uno spiraglio in Italia per il pagamento dei debiti che gravano sulle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese private fornitrici di beni e di servizi;
il 18 marzo 2013 l'Unione europea ha dato il via libera al nostro Paese per il conteggio «flessibile» del «peso» dei pagamenti arretrati delle pubbliche amministrazioni su deficit e debito pubblico italiani;
il Parlamento ha approvato all'unanimità la risoluzione unica sulla nota di aggiornamento dei saldi di finanza pubblica, un passaggio cruciale perché l'aggiornamento del Def contiene le necessarie correzioni sui conti pubblici che permetteranno i pagamenti dei debiti progressi della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese;
il Governo si è impegnato a sbloccare i primi 40 miliardi (20 nel secondo semestre 2013; altrettanti nel 2014);
la prima tranche da saldare quest'anno prevede 10 miliardi da reperire con l'emissione di titoli di Stato, il cui impatto sul debito è autorizzato da Bruxelles, e i restanti 10 miliardi, verrebbero pagati dai comuni grazie a un allentamento del Patto di stabilità interno, operazione che a fine anno porterà il deficit italiano dal al 2,4 per cento al 2,9 per cento;
le misure concordate sono finalizzate all'immissione di liquidità nel sistema economico attraverso un'accelerazione dei pagamenti relativi ai crediti vantati dai privati nei confronti della pubblica amministrazione e interessano le amministrazioni centrali, gli enti territoriali e gli enti del servizio sanitario nazionale e operano con modalità diverse in relazione al comparto e alla tipologia del debito;
le misure per l'accelerazione dei pagamenti riguarderanno anche i rimborsi fiscali pregressi a carico dello Stato, attraverso l'utilizzo delle giacenze di tesoreria;
le imprese hanno fretta di vedere soddisfatti i crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni;
il decreto ministeriale del 24 marzo 2010 ha fissato i criteri per l'individuazione delle aree di crisi industriale che ha consentito di definire ed aggiornare il sistema territoriale nazionale delle aree e dei distretti di grave crisi industriale cui applicare gli interventi previsti dalla legge n. 181 del 1989 e sue successive modificazioni ed integrazioni;
si tratta di situazioni di crisi industriale complessa, nonché con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, quelle che non risultano risolvibili in via ordinaria con gli strumenti e le risorse di competenza regionale e che coinvolgono una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto e che riguardano aree o distretti fortemente specializzati in un settore produttivo che manifesta una crisi prodotta dalla domanda internazionale;
nell'aprile 2011 anche il distretto tessile di Prato è stato dichiarato area in stato di crisi dal Ministero dello sviluppo economico –:
se il Ministero dell'economia e delle finanze, nell'individuare le priorità di pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni, oltre a quella, ovvia, che privilegia le imprese che da più tempo vantano i loro crediti, non ritenga necessario inserire tra i primi pagamenti del secondo semestre 2013 anche le imprese private fornitrici di beni e servizi che operano all'interno delle aree di crisi.
(4-00162)
DAGA e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
Cassa depositi e prestiti è nata nel 1850 come ente dello Stato e fino al 2003 ha raccolto il risparmio postale dei cittadini utilizzandolo, svolgendo quindi una tipica funzione pubblica, per il finanziamento a tassi agevolati degli investimenti in opere pubbliche da parte degli enti locali;
il 12 dicembre 2003 la Cassa depositi e prestiti è trasformata in società per azioni (decreto-legge n. 269 del 2003 e decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 5 dicembre 2003), il cui unico scopo è di produrre utili per gli azionisti, con il 70 per cento del capitale detenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze e il 30 per cento detenuto da 66 fondazioni bancarie attraverso l'assegnazione di azioni privilegiate con diritto a dividendi annuali extra pari al 3 per cento più inflazione del valore nominale;
all'atto della costituzione di Cassa depositi e prestiti spa, le fondazioni bancarie versano 1 miliardo e 50 milioni di euro detenendo il 30 per cento in azioni privilegiate da convertire in azioni ordinarie entro il 2009;
dopo una prima proroga rispetto alla scadenza del 2009, entro dicembre 2012 le fondazioni bancarie avrebbero dovuto convertire le proprie azioni privilegiate in azioni ordinarie raggiungendo attraverso il versamento di un conguaglio la quota del capitale azionario in loro possesso;
nel contenzioso in atto nell'autunno 2012 tra il Ministero dell'economia e delle finanze e le fondazioni bancarie in quota a Cassa depositi e prestiti spa, su disposizione del Governo sono richieste perizie giurate di stima per definire il valore di Cassa depositi e prestiti spa alla data di trasformazione in società per azioni e alla data del 31 dicembre 2012, come riportato dall'articolo 36, comma 3-bis, lettera a), del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;
in data 18 dicembre 2012 è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 294 – supplemento ordinario n. 208 la legge 17 dicembre 2012, n. 221 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, nel quale attraverso l'articolo 36, commi 3-bis-3-decies, il Governo indica le modalità che Cassa depositi e prestiti dovrà seguire rispetto all'ipotesi di conversione in azioni ordinarie delle azioni privilegiate in circolazione;
dal 1o aprile 2013 fino alla data dell'assemblea dei soci per l'approvazione del bilancio d'esercizio al 31 dicembre 2012, prevista per il 17 aprile 2013, Cassa depositi e prestiti spa, su disposizioni del Governo, dà facoltà alle fondazioni bancarie di rateizzare in 5 anni l'acquisto di azioni ordinarie fino al raggiungimento complessivo del numero di azioni privilegiate da queste posseduto fino al 31 marzo 2013 (articolo 36, comma 3-octies-3-decies, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221);
dal comunicato stampa n. 84/2012 emesso in data 19 dicembre 2012, si evince che in sede di assemblea straordinaria di Cassa depositi e prestiti, tenutasi in medesima data, sono state approvate alcune modifiche riguardanti la governance societaria, in particolare viene ridotta dal 15 per cento al 10 per cento la percentuale di partecipazione necessaria per la presentazione delle liste di candidati alla carica di amministratore e di sindaco e viene introdotta la previsione per cui l'amministratore delegato è tratto dalla lista di maggioranza, mentre il presidente del consiglio di amministrazione è tratto dalla lista risultata seconda per numero di voti;
sul suo sito ufficiale alla voce azionariato (http://www.cassaddpp.it/chi-siamo/fatti-numeri/azionariato.html) Cassa depositi e prestiti spa dichiara di essere «una Società per azioni controllata dallo Stato italiano» –:
se il Ministro interrogato, per quanto di sua competenza, intenda fare in modo che vengano rese pubbliche le perizie di valutazione di Cassa depositi e prestiti spa effettuate dalla società Deloitte Financial Advisory Srl relative alla data di trasformazione in società per azioni e alla data del 31 dicembre 2012;
se intenda fornire una relazione circa le ragioni che hanno portato l'azionista di maggioranza di Cassa depositi e prestiti, cioè il Governo, che dovrebbe operare nell'interesse della collettività: a concedere alle fondazioni bancarie la facoltà di convertire alla pari il valore delle azioni privilegiate in ordinarie, causando una perdita per l'erario di circa 2 miliardi di euro, ad accordare alle fondazioni bancarie la restituzione del solo 50 per cento dei maggiori dividendi delle azioni privilegiate da convertire corrisposti loro dal Cassa depositi e prestiti dal 2003, data di costituzione della Cassa depositi e prestiti spa e ad accordare alle fondazioni bancarie la possibilità di restituire in 5 rate annuali la quota del 50 per cento dei maggiori dividendi delle azioni privilegiate da convertire corrisposti loro da Cassa depositi e prestiti dal 2003 e la possibilità di versare in 5 rate annuali il valore in euro pari al numero di azioni ordinarie che le fondazioni bancarie potrebbero acquistare dal 1o aprile al 17 aprile 2013;
quali ragioni portino il Governo, che dovrebbe operare nell'interesse della collettività, a perseguire l'obiettivo di consolidare la permanenza di soci privati nell'azionariato di Cassa depositi e prestiti;
nello specifico, secondo quali motivazioni in data 19 dicembre 2012 si sia dato corso alla modifica dello statuto di Cassa depositi e prestiti spa che, rispetto alla governance societaria, prevede che la nomina della figura di presidente del consiglio di amministrazione venga demandata alla minoranza in quota a Cassa depositi e prestiti;
se ritenga opportuno rinviare la nomina del presidente del consiglio di amministrazione in occasione dell'assemblea per l'approvazione del bilancio 2012, prevista per il prossimo 17 aprile 2013, essendo il Governo in carica dimissionario. (4-00176)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta scritta:
MINARDO. —Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
ha destato allarme e preoccupazione la prossima attuazione, da parte del Ministero della giustizia, del decreto con cui sono stati stabiliti criteri della riorganizzazione delle carceri, prevedendo la chiusura, tra gli altri anche dell'istituto penitenziario di Modica;
tale decisione nasce nell'ambito della revisione della spesa da parte dello Stato a causa della quale determinati tagli sono stati deleteri perché operati senza una logica che mettesse in evidenza le esigenze dei territori, la loro storia, cultura e tradizioni;
il carcere di Modica è una struttura efficiente e che opera degnamente sia dal punto di vista strutturale che riguardo il trattamento dei detenuti;
tale decisione non risolve il problema del maggiore risparmio, anzi aumenta gli oneri a carico dello Stato e aggiunge problemi ad altri problemi visto che il sistema penitenziario è già al collasso per sovraffollamento delle carceri e con personale addetto sempre minore; si fa riferimento alla polizia penitenziaria ma anche agli operatori, assistenti sociali, psicologi, educatori, medici;
una scelta del genere, penalizzante per la città di Modica, sarebbe opportuno farla solo se il comprensorio avesse già a disposizione una struttura efficiente e riorganizzata in grado di accogliere più detenuti –:
se il Governo intenda rivedere tutta la questione affinché, prima di ogni drastica decisione, il riordino delle carceri avvenga secondo criteri che non siano quelli previsti dal decreto, che definisce l'urgenza di sopprimere alcuni istituti penitenziari perché ospitati in strutture monumentali conventuali per i quali una riconversione in case di reclusione, come vuole l'ordinamento penitenziario, comporterebbe oneri eccessivi per l'erario;
se il Governo intenda valutare più attentamente ogni realtà locale ed in particolare quella della provincia di Ragusa perché è evidente che chiudere il carcere di Modica implicherebbe disagi e disservizi maggiori all'istituto penitenziario di Ragusa che soffre sia strutturalmente che per sovraffollamento e poco personale;
se il Governo intenda infine, mettere nelle condizioni il territorio di avere una casa circondariale efficiente e riorganizzata perché solo in questo caso si può parlare di eventuale chiusura del carcere di Modica. (4-00178)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi lo stato di realizzazione del progetto infrastrutturale «Quadrilatero» è stato al centro di un confronto tra i presidenti delle regioni Umbria e Marche ed il presidente della Società Quadrilatero Spa, alla luce del recente blocco delle attività di cantiere dell'opera strategica asse viario Marche-Umbria (Maxi Lotto n. 2 Sub lotto 1.1 – SS 76, tratti Fossato di Vico-Cancelli e Albacina – Serra S. Quirico e Sub lotto 1.2 – SS 318 tratto Pianello – Valfabbrica), causato dalle difficoltà di natura finanziaria della società Impresa Spa, affidataria dei lavori per conto della società di Progetto DIRPA S.c.ar.l., concessionaria dell'opera;
i lavori del tratto Pianello-Valfabbrica e quelli del tratto Fossato di Vico-Cancelli e Albacina-Serra S.Quirico, hanno già subito dei gravi ritardi dovuti alle difficoltà finanziarie della precedente società affidataria Btp Spa (Baldassini-Tognozzi-Pontello) a cui è subentrata Impresa Spa per mezzo dell'acquisizione del ramo «Commesse Pubbliche» della predetta società in liquidazione ed in concordato preventivo;
nel mese di marzo 2012, al fine di accelerare i lavori, sono stati assunti precisi impegni sul nuovo cronoprogramma tra la Società Quadrilatero Spa, il contraente generale Dirpa S.c.ar.l e le regioni Marche e Umbria, prevedendo – tra gli altri – per il tratto SS 318 Pianello – Valfabbrica, l'apertura al traffico entro l'autunno 2013 e il completamento dei lavori nella primavera 2014;
la nuova società affidataria, dei lavori Impresa spa, ha recentemente avanzato alla sezione fallimentare del tribunale istanza di omologazione di accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182-bis della legge fallimentare (n. 267/1942) ed – in subordine – domanda di concordato preventivo nella forma con continuità aziendale ex articolo 186-bis della predetta legge. Tale iniziativa, assunta presumibilmente con l'intento di rendere possibile il proseguimento dell'attività dell'impresa affidataria, ha in realtà prodotto il definitivo blocco di tutte le attività del cantiere, aggravando ulteriormente la situazione di stallo ai fini del completamento delle opere;
la situazione così determinatasi, oltre a vanificare il cronoprogramma dei lavori a suo tempo concordato, rende oltremodo incerti tempi e modalità di ripresa dei lavori stessi, generando forte preoccupazione tra le istituzioni interessate, la realtà economiche e sociali, e le comunità locali;
l'infrastruttura viaria Perugia-Ancona, come è noto, è un'opera strategica prevista dalla legge n. 443 del 2001 – legge-obiettivo – che si inserisce nel sistema delle principali dorsali del Paese (il corridoio Adriatico, il Corridoio europeo Berlino-Palermo ed il Corridoio Tirrenico), creando un efficiente collegamento con le regioni circostanti e verso l'Europa;
l'opera è interamente finanziata con fondi assegnati dal Cipe e con il cofinanziamento delle istituzioni regionali del territorio umbro e marchigiano –:
quali misure intenda adottare per garantire la prosecuzione dell'opera nei tempi predeterminati e per evitare che, alla luce dei fatti sopra descritti, i tempi di realizzazione si allunghino fino a far slittare l'apertura di un'arteria di fondamentale importanza sia per gli aspetti, connessi al sistema della mobilità nazionale, sia per quanto concerne le ricadute economiche e sociali delle comunità regionali interessate.
(2-00017) «Sereni, Lodolini, Ascani, Bocci, Giulietti, Verini».
Interrogazioni a risposta scritta:
CARNEVALI, MISIANI, SANGA e GIUSEPPE GUERINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il 18 marzo 2013 i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze hanno firmato un decreto interministeriale che concede in via definitiva la gestione quarantennale dell'aeroporto di Brescia – Montichiari in capo alla Catullo spa la società che gestisce l'aeroporto di Verona;
nel corso degli ultimi 10 anni di gestione provvisoria da parte della Catullo spa, ha accumulato perdite consistenti e ha movimentato un traffico nettamente inferiore alle potenzialità dello scalo. Nel corso del 2012, in particolare, il traffico è stato pari a 9.693 movimenti (-2,5 per cento rispetto al 2011), 22.669 passeggeri è stato (-32,9 per cento) e 40.746 tonnellate di merci (+1,5 per cento) –:
quali siano stati i criteri che hanno portato all'assegnazione della concessione definitiva della gestione dell'aeroporto di Brescia Montichiari alla società Catullo spa;
se l'affidamento diretto senza gara sia compatibile con le indicazioni dell'Autorità garante per la concorrenza e il mercato e con le normative unione Europea;
per quale motivo non si sia proceduto a verificare l'interesse alla gestione dello scalo da parte di altri soggetti, in particolare da parte del gestore del limitrofo scalo di Bergamo Orio al Serio, le cui capacità di gestione sono accertate da oltre un decennio di risultati economici positivi e la cui integrazione con lo scalo bresciano sarebbe stata funzionale all'armonizzazione e al riequilibrio del sistema aeroportuale lombardo dal punto di vista territoriale e ambientale. (4-00158)
TAGLIALATELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il giorno 4 marzo 2013 a Napoli alla via Riviera di ghiaia n. 72 è crollata l'ala di uno stabile denominato «Palazzo Guevara» e solo grazie all'attenzione dei condomini e all'intervento di una pattuglia di vigili urbani è stato sgomberato pochi minuti prima del crollo non provocando nessuna vittima ma determinando la perdita delle abitazioni per decine e decine di nuclei familiari, la chiusura di decine di attività commerciali e di conseguenza decretando la morte economica dell'intero quartiere;
sembrano essere stati numerosi i solleciti degli abitanti del palazzo affinché venissero urgentemente effettuati dei controlli statici all'edificio;
la linea 6 della metropolitana di Napoli deriva dal progetto della linea tranviaria rapida (Ltr), elaborato in occasione dei mondiali di calcio del 1990. Doveva essere una ferrovia con caratteristiche intermedie fra un tram e una metropolitana classica, che avrebbe attraversato la città in direzione est-ovest, dallo stadio di Fuorigrotta a Ponticelli, passando per il centro cittadino (Piazza Municipio). Soltanto la tratta fuorigrottese venne completata per i Mondiali, restando però chiusa per problemi tecnici. I lavori ripresero nel 2002, limitati alla sola parte occidentale, snaturando il progetto originale per realizzare una metropolitana totalmente sotterranea. Con la valutazione di impatto ambientale (Via) che sarebbe addirittura stata smarrita. Nel gennaio 2007, in ogni caso, inaugurano le prime 4 stazioni (2,3 chilometri) da Mostra a Mergellina ma per la scarsa affluenza (il percorso è parallelo alla già esistente Cumana) aperte solo al mattino e dal lunedì al venerdì. Altre 4 stazioni, da Mergellina a piazza Municipio (dove arriverà anche la linea 1), tra cui quella in questione di Arco Mirelli, sono tuttora in costruzione;
i lavori della linea 6 che già da tempo interessano la zona, hanno causato danni al sottosuolo, come denunciato tra gli altri esperti dal geologo Caniparoli sugli organi di stampa già nel 2010 (portale Terra news), «le gallerie e le opere della tratta in costruzione della linea 6 creeranno una diga che impedirà il deflusso sotterraneo delle acque della falda superficiale producendo un enorme lago sotterraneo a monte del tracciato. Così tutti i fabbricati della Torretta e della Riviera di ghiaia, e le strade limitrofe, si allagheranno». In base a quanto trapelato – continua il professor Caniparoli – «qualcosa non ha funzionato nell'impermeabilizzazione della grande stazione sub-circolare di Arco Mirelli che scende nel sottosuolo per oltre 30 metri. Proprio in quel punto la galleria della nuova metropolitana arriva da Mergellina e prosegue verso piazza Municipio. All'interno del tunnel, in base a quanto dicono i vigili del fuoco, sarebbe affluita acqua e sabbia, determinando così il risucchio del terreno di fondazione di parte dell'edificio. Si è in pratica creato un vuoto sotto il muro del palazzo che ha ceduto ed è crollato. In quella zona c’è una falda acquifera superficiale già 2-3 metri sotto il piano stradale, mentre la galleria è stata scavata a 30 metri, infilata dentro a sabbie sature di acqua che riempie gli spazi tra i granuli», spiega il geologo;
organi di stampa nei giorni successivi e in un servizio de Il Mattino datato 13 Marzo 2013 hanno evidenziato che erano visibili alcune crepe ai lati del palazzo già a gennaio 2013 verificatesi dopo una falla aperta da una escavatrice della ditta operante per la realizzazione della metropolitana di Napoli Linea 6 ed in particolar modo l'errata manovra della escavatrice ha provocato nel giunto due diaframmi – esattamente il 16 e il 17 – si era creata una piccolissima, secondo indiscrezioni, discontinuità che ha provocato l'ingresso di acqua e sabbia. Una falla riparata lo stesso giorno che ha determinato lo stop degli scavi dal 23 gennaio fino al 3 marzo. Si è lavorato, ma solo nel lato che interessa la villa comunale in attesa di poter ultimare il tunnel –:
se risultino avviate indagini in merito ai fatti descritti nelle premesse;
se sia noto quali verifiche siano state poste in essere per controllare in corso d'opera la regolarità degli interventi;
quali iniziative di competenza urgenti, anche di natura economica, si intendano assumere per alleviare i disagi verificatisi e consentire nei tempi più rapidi possibili il ritorno alle abitazioni e la ripresa delle attività commerciali. (4-00169)
ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il museo ferroviario di Trieste è ospitato dal 1984 nei locali della ex stazione di Campo Marzio di proprietà delle Ferrovie dello Stato, ed è gestito dai volontari dell'associazione nazionale dopolavoro ferroviario che paga un canone annuo d'affitto ammontante a 7 mila euro;
solamente tre musei ferroviari in Europa sono ospitati all'interno di una stazione ferroviaria passeggeri, e quello di Trieste, oltreché rientrate in questa breve lista, contempla anche collezioni di locomotive a vapore, impianti di attrazione e stampe risalenti al XIX secolo di indubbio valore storico;
la struttura del museo ha subito diversi danni a causa delle avverse condizioni meteorologiche che si sono registrate negli ultimi anni. Negli ultimi giorni, la pioggia insistente ha causato l'allagamento di tre sale del museo, compresa la biblioteca dove sono custoditi disegni e stampe;
il contratto di locazione, in deroga alle norme sulla locazione, pone a carico dell'affittuario sia le spese di manutenzione ordinarie sia le spese di manutenzione straordinaria come quelle sostenute in seguito ai danni arrecati all'immobile dal maltempo;
l'associazione, che già fatica a corrispondere il canone d'affitto annuo alle Ferrovie dello Stato, ha già annunciato che non ha le risorse per poter riparare le infiltrazioni e i danneggiamenti della bora, avendo già sostenuto alcune spese per alcuni lavori al tetto che non sono risultati, evidentemente, sufficienti ad evitare il sollevamento dello strato di coibentazione impermeabile;
la stessa associazione ammette che qualora non si dovesse procedere con le opere di messa a norma ci potrebbe essere il comprovato rischio di un crollo nella struttura, e quindi potrebbe essere costretta nei prossimi giorni a decretare la chiusura del museo per ragioni di sicurezza dell'immobile;
l'onere in capo all'affittuario delle spese di manutenzione straordinaria risulta particolare nel quadro della legislazione sulla locazione e, nel caso specifico, rischia di comportare l'abbandono di una struttura di proprietà di Ferrovie dello Stato — peraltro, non si può escludere che il protrarsi del maltempo non possa comportare nuovi danni all'edificio — e la perdita di un museo unico in Italia –:
se il Ministro interrogato intenda intervenire presso Ferrovie dello Stato, per quanto di competenza, per sollecitare la proprietà della stazione di Campo Marzio a cantierare le opere di messa in sicurezza del museo, onde evitare ulteriori danneggiamenti alla struttura con conseguente disvalore dell'immobile. (4-00175)
OLIVERIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nella giornata di giovedì 4 aprile Asstra e Anav, le Associazioni che rappresentano rispettivamente le aziende pubbliche e private del trasporto urbano ed extraurbano in Calabria, hanno tenuto una conferenza stampa a Catanzaro per denunciare una situazione che definiscono «non più sostenibile» per l'intero settore;
le aziende che operano nel trasporto pubblico locale, a causa delle inadempienze finanziarie della regione, che ad oggi non ha ancora loro erogato risorse pari a circa 63 milioni di euro che si vanno ad aggiungere ai contenziosi ancora in corso per il periodo compreso tra il 1987 e il 1999 per un totale di circa 150 milioni di euro – secondo quanto affermato per voce dei presidenti delle associazioni Francesco Cribari e Emilio Bernardo Romano – senza interventi tempestivi rischiano di essere costrette a interrompere già dalle prossime settimane i servizi di trasporto. La grave situazione finanziaria di queste aziende non consente loro di avere la liquidità nemmeno per i rifornimenti di carburante per i mezzi di trasporto. E ciò con grave danno per le aziende e per i lavoratori, ma soprattutto per l'utenza calabrese, già penalizzata da una notevole carenza infrastrutturale regionale;
il presidente regionale dell'Asstra, ha sottolineato poi come questo sia un problema che ormai perdura da anni, ma che ora, a seguito del protrarsi della crisi economica nazionale e del continuo aumento dei prezzi dei carburanti, sta assumendo una dimensione tale da mettere a repentaglio il corretto svolgimento di un servizio essenziale per i cittadini calabresi, mentre il presidente di Anav Calabria, ha illustrato nel dettaglio i crediti vantati dalle imprese pubbliche e private del TPL;
nel contempo, i rappresentanti di Asstra e Anav, hanno avanzato anche alcune proposte per cercare di uscire da questa situazione di stallo – ipotesi suggerite anche all'assessore regionale ai trasporti Luigi Fedele – che prevedono per la copertura 2013, la possibilità di attingere al fondo perequativo. Mentre per i crediti pregressi, si è consigliato di seguire la strada intrapresa da altre regioni italiane, in particolare da Sicilia e Piemonte, le cui giunte si sono orientate per dare attuazione ad interventi risolutivi dello stesso problema, ricorrendo all'utilizzo di parte dei fondi Fas loro destinati;
è ormai indispensabile, dunque, dare risposte immediate ad un settore vitale per l'economia regionale calabrese, visto che a rischio ci sarebbero circa 2500 posti di lavoro oltre l'indotto e garantire ai cittadini calabresi, e, in particolare alle fasce più deboli della popolazione, il diritto alla mobilità dato che i trasporti rivestono una dimensione sociale e di coesione, grazie alla riduzione delle disparità regionali, alla rottura dell'isolamento e all'accesso alla mobilità per le persone con disabilità –:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno adoperarsi affinché venga autorizzata, al fine di garantire la completa copertura del fabbisogno finanziario relativo ai servizi di trasporto pubblico locale per il 2013, l'utilizzazione di una quota di risorse – sufficiente a consentire la garanzia del diritto alla mobilità ai cittadini calabresi per l'intero anno così come già avviene per altre regioni che hanno addirittura utilizzato il 60 per cento del fondo di cui all'articolo 16-bis, comma 5 del decreto-legge n. 95 del 2012;
se i Ministri interrogati non ritengano necessario e urgente, anche alla luce dei provvedimenti che si stanno assumendo per le regioni Piemonte e Sicilia, così come riportato da Il Sole 24 ore del 3 aprile 2013, autorizzare l'utilizzazione di parte dei Fondi FAS per la copertura dei debiti progressi e per far fronte alle esigenze di tutto il sistema del trasporto pubblico locale calabrese. (4-00183)
ANZALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi i mezzi d'informazione hanno dato ampio risalto alla trattativa tra l'amministrazione comunale di Parma e i rappresentanti dei dipendenti dell'ente locale medesimo, relativa al reperimento delle risorse per rifinanziare il fondo di produttività dei dipendenti comunali;
nel commentare il buon esito della trattativa suddetta e al fine di fornire all'opinione pubblica indicazioni sulle fonti finanziarie idonee alla copertura economica dell'accordo si è anche fatto riferimento, da ultimo durante la puntata andata in onda il 2 aprile della trasmissione televisiva «Ballarò», all'installazione di due autovelox che porterebbero nelle casse comunali almeno dieci milioni di euro;
a tal riguardo è intervenuto anche il sindacato della polizia municipale di Parma per chiarire che «l'intesa raggiunta tra i sindacati e l'Amministrazione prescinde dalle “multe” accertate mediante autovelox, ma deriva da un piano di razionalizzazione delle risorse e da altri capitoli di risparmio» e che «l'integrazione al fondo 2013, tramite i proventi delle violazioni al codice della strada, vanno a coprire una voce percentualmente irrisoria, stimabile in 140 mila euro su 4,8 milioni totali ed è finalizzata al potenziamento dei servizi per il miglioramento della sicurezza urbana, della sicurezza stradale, dell'educazione stradale e del servizio notturno, come, d'altronde, stabilisce lo stesso codice della strada». Nello stesso comunicato si precisa, inoltre, che la somma destinata per l'anno 2013 ai suddetti servizi è la stessa dell'anno 2012, quando i due autovelox non erano ancora funzionanti. Tale precisazione, peraltro, sembra confermare i dubbi circa le reali intenzioni dall'amministrazione comunale, se è vero, infatti, che i proventi delle multe dovrebbero essere destinati al miglioramento dei servizi per la sicurezza stradale non si comprende come mai, considerato il previsto ragguardevole incremento delle entrate derivanti dai nuovi autovelox, le risorse stanziate nel bilancio 2013 a tal fine siano le stesse del bilancio dell'anno precedente;
la Corte di cassazione ha ripetutamente affermato che non è consentito utilizzare le sanzioni stradali come strumento per implementare le entrate comunali. L'articolo 208 del Codice della strada prevede, infatti, che buona parte dei proventi delle multe vadano reinvestiti in attività a favore della sicurezza e della prevenzione degli incidenti stradali. Una prescrizione che, stando a recenti e approfonditi studi, viene disattesa dal 50 per cento dei comuni, nel novero dei quali sembra debba essere ricompreso anche quello di Parma -:
se non ritengano i Ministri interrogati di dover valutare con estrema attenzione, una volta che gli autovelox siano stati installati, la corretta utilizzazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie connesse alle violazioni del codice della strada, con particolare riguardo a quanto previsto dall'articolo 142, comma 12-quater, del nuovo codice della strada. (4-00185)
INTERNO
Interrogazione a risposta orale:
KYENGE, GHIZZONI e BENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
l'11 agosto 2012 nel comune di Affile, alta valle dell'Aniene, in provincia di Roma, veniva inaugurato un monumento funebre, dedicato alla memoria di Rodolfo Graziani, ufficiale dell'esercito italiano nella prima guerra mondiale, conquistatore e viceré d'Etiopia dopo la guerra contro quel Paese, quindi governatore della Libia durante la seconda guerra mondiale nonché Ministro della difesa della Repubblica sociale italiana;
come si evince dalla registrazione dell'intervento di inaugurazione ad opera del sindaco di Affile, il monumento, a 130 anni dalla nascita del generale Graziani, veniva a lui dedicato con la precisa intenzione di «fare giustizia» della sua memoria;
il generale Graziani si è distinto come uno dei criminali di guerra più sanguinari del regime fascista: oltre ad essere stato uno dei primi firmatari del «Manifesto della razza» del 1938, come ricordato più volte sulla stampa, fu uno dei principali responsabili di una delle più vergognose pagine della storia italiana, ossia del rastrellamento del ghetto ebraico a Roma, il 16 ottobre del 1943, che vide la deportazione di 1.024 ebrei, tra cui 200 bambini mai tornati dai campi di sterminio;
è peraltro storicamente provato che durante le operazioni belliche e i bombardamenti finalizzati all'occupazione dell'Etiopia, il generale Graziani — dando corso ad espressi ordini provenienti da Mussolini — fece uso dell'iprite, gas nervino espressamente vietato dalle convenzioni internazionali dopo la prima guerra mondiale;
la dedica ufficiale di un monumento ad una determinata figura da parte di un sindaco, ovvero di un pubblico ufficiale, in qualche misura impegna moralmente lo Stato democratico, stabilendo una sorta di legame di continuità ideale tra i valori professati e testimoniati da quel personaggio, e i valori in cui si riconosce la Repubblica italiana, mentre non ci può essere continuità tra l'azione politica e militare condotta da Rodolfo Graziani e la vita democratica della Repubblica italiana;
durante l'inaugurazione, il primo cittadino di Affile affermava che lo stanziamento per la riqualificazione del parco, il «Parco Radimonte al Soldato», all'interno del quale si trova anche il manufatto dedicato al generale Graziani, stanziato dalla regione Lazio, sarebbe stato pari all'incirca a 130.000 euro;
è pertanto assai grave, ad opinione degli interpellanti, che un comune di 1.500 abitanti abbia «fatto giustizia» della memoria del generale Graziani — un personaggio fortemente controverso per il ruolo svolto nel ventennio fascista, nel rastrellamento del ghetto di Roma e da ultimo in Etiopia — con i soldi dei contribuenti e alla presenza di cariche pubbliche, compiendo da un lato un gesto profondamente offensivo nei confronti dell'Etiopia, e della comunità degli etiopi residenti in Italia e, dall'altro, contraddicendo, il gesto unilaterale con cui lo Stato italiano ha restituito al Paese africano l'obelisco di Axum, sottratto dall'Italia fascista e collocato a Roma come emblema dell'avvenuta conquista;
la vicenda del monumento dedicato al generale Graziani era stata oggetto di atti di sindacato ispettivo anche nella scorsa legislatura, e in particolare di una interpellanza dell'onorevole Meta e altri alla quale il Governo aveva dato una risposta insoddisfacente, limitandosi a ribadire la sostanziale incompetenza della Presidenza del Consiglio dei ministri;
la XII disposizione transitoria della Costituzione vieta espressamente «la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista», mentre le norme di attuazione di tale disposizione transitoria, stabilite con la legge n. 645 del 20 giugno del 1952, definiscono come riorganizzazione anche «l'esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi del predetto partito» –:
quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare non solo per dissociarsi da quanto avvenuto nel comune di Affile, ma altresì per porre rimedio concretamente e simbolicamente ad un atto che genera vergogna e imbarazzi, e per restituire all'Italia quel profilo di affidabilità e credibilità nei valori di libertà e di democrazia, su cui si fonda la nostra Costituzione. (3-00017)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
ZAMPA e MOSCATT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il Governo italiano ha chiuso formalmente il 31 dicembre scorso la gestione dell'emergenza Nord Africa che a seguito della cosiddetta «primavera araba» aveva posto all'attenzione generale il fenomeno della migrazione dei minori stranieri non accompagnati;
un cospicuo numero di minori stranieri non accompagnati continua a permanere nelle case di accoglienza presso i comuni che si erano fatti carico della drammatica situazione. Presa in carico che continua nonostante i comuni e le comunità di accoglienza non abbiano ancora ricevuto le risorse già predisposte dal Ministero competente a copertura delle spese sostenute nel 2012;
per il 2013 è stato previsto un finanziamento del tutto insufficiente per la copertura delle spese necessarie all'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati giunti qui in seguito alla primavera araba e di quelli che arriveranno nel corso dell'anno;
a quanto si apprende il commissario straordinario del comune di Ponte Landolfo (Benevento), Fiorentino Boniello, ha disposto il trasferimento presso lo Sprar di due minori richiedenti asilo politico ospitati fino ad oggi nella comunità di accoglienza Casa Giada contro la loro volontà e con il rischio di interrompere un percorso avviato da ormai due anni di formazione al lavoro: l'uno sarà presto assunto da una società edile, l'altro sta concludendo un corso di formazione presso una scuola orafa –:
se non ritenga non più rinviabile l'effettivo trasferimento delle risorse dovute alle comunità di accoglienza posto che, come evidenzia quanto descritto in premessa appare errato e dannoso che, dopo aver predisposto un piano di accoglienza umanitaria che prevede l'integrazione dei minori stranieri non accompagnati, riconoscendone quindi l'effettiva fragilità, si verifichino situazioni così lesive della loro volontà nonché paradossale aver investito risorse economiche per l'integrazione, e poi dei minori impedirne l'effettivo completamento;
come preveda di affrontare il 2013 in assenza della pressoché totale copertura economica necessaria a fronteggiare i costi dell'accoglienza a carico dei comuni, laddove questa permanga. (5-00071)
GHIZZONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la denuncia dei sindacati Cgil e Cisl fatta nei giorni scorsi circa la notizia appresa durante la riunione tenutasi presso la direzione regionale dell'Emilia Romagna, in data 20 marzo 2013, ed avente come argomento la probabile chiusura dei servizi presso gli aeroporti di Forlì e Parma, a margine della quale, sarebbe stato comunicato alle parti l'intenzione del dipartimento di chiudere tutti i distaccamenti misti e quelli permanenti al di sotto di una soglia predeterminata di interventi annui;
questa indicazione, sarebbe scaturita a seguito di un incontro tenutosi tra i vertici del Dipartimento e del Corpo, coi direttori regionali il giorno precedente, quindi lo scorso 19 marzo 2013, in un ottica di contenimento della spesa pubblica e di riordino delle sedi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
queste indicazioni, stanno provocando particolare preoccupazione in quanto è nota ed evidente la presenza in Emilia Romagna di ben sette distaccamenti della tipologia mista (personale permanente e volontario-ex discontinuo richiamato per periodi di 20 giorni) e cioè: Bobbio (Piacenza), Langhirano (Parma), Sant'Ilario D'Enza (Reggio Emilia), Vignola (Modena), Comacchio (Ferrara), Cervia (Ravenna) e Bagno di Romagna (Forlì-Cesena);
gli impegni di natura economico-finanziaria che gli enti locali ed i comuni interessati, hanno profuso ed hanno in corso d'opera, al fine di contribuire fattivamente alla realizzazione e al mantenimento delle suddette sedi, che si sono poi rilevate estremamente necessarie per migliorare il dispositivo di soccorso alle popolazioni locali;
questi impegni, non possono essere vanificati dagli effetti di tagli lineari o da una spending review che non tenga conto della sicurezza del cittadino in termini di soccorso pubblico e protezione civile; l'intenzione di procedere alla chiusura del presidio dei vigili del fuoco di Vignola, unica sede distaccata della vasta zona delle «Terre dei Castelli», sta destando sul territorio molta preoccupazione;
la sede dei vigili del fuoco di Vignola è uno dei pochi distaccamenti ai quali è stato assegnato esclusivamente personale di ruolo, considerata proprio l'importanza strategica di questa sede che, oltre a servire un territorio particolarmente vasto (11 comuni per 98.555 abitanti, con l'aggiunta di alcuni comuni della provincia di Bologna quando il distaccamento volontario di Bazzano non è disponibile), che ha assicurato il proprio servizio di soccorso per 802 interventi totali nel solo anno 2012, comprendenti anche la lotta agli incendi boschivi in collaborazione con la regione Emilia Romagna e le province, ed il servizio ad un tratto importante della principale autostrada del Paese (A1) nei tratti tra i caselli di Modena sud e nord e tra Modena sud e Casalecchio;
la chiusura di un distaccamento dei vigili del fuoco indebolisce dal punto di vista della sicurezza qualsiasi territorio, ma ha ancora più peso se avviene come per quello di Vignola in una zona Pedemontana, dove i collegamenti sono resi più complicati da una viabilità minata spessa da fenomeni di dissesto idrogeologico, ricca di importanti attività artigianali e industriali dove per i cittadini e le imprese il lavoro svolto dai vigili è di fondamentale importanza –:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno chiarire in modo definitivo quanto emerso a livello locale circa la prospettata chiusura della sede distaccata dei vigili del fuoco di Vignola, considerato nel territorio un presidio strategico di vitale importanza per gli enti locali, i cittadini e le imprese. (5-00075)
Interrogazioni a risposta scritta:
MOSCATT. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
a seguito del crollo del viadotto sul fiume Verdura lungo la strada statale 115, nel comune di Ribeira (Agrigento), avvenuto in data 2 febbraio 2013, il collegamento tra Ribera e Sciacca risulta assolutamente proibitivo;
la viabilità in un primo momento è stata dirottata su percorsi alternativi attraverso paesi dell'entroterra con grosse difficoltà per il raggiungimento e con un aggravio di percorrenza di molti chilometri, dal versante agrigentino, degli aeroporti di Birgi e Punta Raisi;
l'asse viario interrotto è la principale via di comunicazione per centinaia di autoveicoli che ogni giorno si spostano tra le province di Agrigento e di Trapani;
il traffico commerciale di camion e TIR impiegati per il trasporto dei prodotti agricoli ed edili è costretto a percorrere un percorso alternativo più lungo, con evidenti conseguenze sull'economia di tutta l'area;
l'evento è stato portato alla ribalta nazionale anche attraverso servizi giornalistici da parte delle maggiori reti televisive;
il viadotto dopo il sequestro iniziale da parte della magistratura era stato restituito nel pieno possesso al gestore della strada (13 febbraio);
l'ANAS aveva avviato indagini geognostiche e geofisiche necessarie alla progettazione dell'intervento di ripristino del viadotto in parola (15 febbraio);
la regione Sicilia per favorire i lavori di ripristino aveva proclamato lo stato di calamità (16 febbraio);
gli interventi di ripristino degli argini, realizzati dall'Anas, propedeutici alla ricostruzione del ponte, per ben tre volte sono stati resi vani dalla piena del fiume;
malgrado la riapertura al transito della corsia rimasta indenne al crollo, il transito risulta difficile per le autovetture ed impossibile per i mezzi pesanti;
in data 27 marzo 2013, cittadini, rappresentanti delle istituzioni, dei sindacati delle associazioni del territorio hanno indetto una pubblica assemblea dalla quale è emerso la vitale esigenza di interventi urgenti e straordinari al fine di scongiurare il definitivo collasso dell'economia locale già mortificata dalla pesante crisi;
in tale assemblea unanimemente si è ribadita la volontà, qualora non dovessero arrivare segnali concreti, di mettere in atto forme di protesta anche estreme comprese le dimissioni dei sindaci –:
quali misure siano state adottate, e quali lo saranno nel futuro, per poter intervenire immediatamente per il ripristino della originaria viabilità nelle condizioni di sicurezza e fruibilità da parte di tutti i cittadini nonché quali iniziative siano in programma per il supporto all'economia locale rimasta danneggiata dal crollo del viadotto;
quali misure siano in programma per la verifica degli altri ponti al fine di scongiurare il ripetersi di eventi simili. (4-00154)
D'UVA, COMINARDI, TRIPIEDI, CIPRINI, BECHIS, FRUSONE, DAGA, DE ROSA, VACCA, DE LORENZIS, NESCI, CARIELLO, BARONI, CARINELLI, BUSTO, PRODANI, LOREFICE, LUIGI DI MAIO, SPESSOTTO, TERZONI, ARTINI, COLONNESE, SPADONI, DELL'ORCO, DALL'OSSO, PESCO, D'INCÀ, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CRIPPA, BRESCIA, SIMONE VALENTE, ALBERTI, GAGNARLI, MANLIO DI STEFANO, CASO, BRUGNEROTTO, ZACCAGNINI, L'ABBATE, GALLINELLA, DADONE, COZZOLINO, DEL GROSSO, BATTELLI, TURCO, FERRARESI, PARENTELA, MARZANA, CASTELLI, VILLAROSA, DI BENEDETTO, MASSIMILIANO BERNINI, CANCELLERI, BASILIO, TOFALO, CECCONI, BENEDETTI, FICO, MANTERO, CHIMIENTI, PAOLO BERNINI, LUPO, LIUZZI, SORIAL, D'AMBROSIO, NICOLA BIANCHI, VALLASCAS, CORDA, BONAFEDE, AGOSTINELLI, DIENI, RUOCCO, CURRÒ, LOMBARDI, NUTI, GRILLO, RIZZETTO, BALDASSARRE e SILVIA GIORDANO. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
stando alle notizie pervenute, attraverso la lettura delle pagine online del portale nazionale del «MoVimento 5 Stelle» della Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana del 18 novembre 2008, dalla lettura della pagina online de Il Fatto Quotidiano del 24 novembre 2010 e, stando alle informazioni riferite al primo firmatario del presente atto dal rappresentante di una delegazione di manifestanti radunatisi presso piazza Montecitorio in Roma il 25 marzo 2013, il 18 novembre 2008 migliaia di persone prendevano visione del bando di concorso per l'assunzione di n. 814 vigili del fuoco permanenti, che veniva pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 4a Serie Speciale Concorsi n. 90 e, contestualmente anche sul sito istituzionale www.vigilfuoco.it, in cui si fissava il termine di scadenza per la presentazione della domanda al 18 Dicembre 2008;
il concorso pubblico, per titolo ed esami, veniva bandito dopo che nell'anno 2006, per carenza di fondi da stanziare per l'assunzione di personale a titolo permanente, si avviava una procedura straordinaria per l'assunzione di personale volontario, ovvero di vigili del fuoco discontinui;
questi andarono a formare una graduatoria di personale da stabilizzare di circa 6000 unità di vigili discontinui, e tra questi, circa 2000 venivano assunti a titolo permanente, mentre la stessa graduatoria veniva chiusa nell'anno 2010;
nel mese di luglio 2009 iniziavano le prove preselettive del bando di concorso per l'accesso al ruolo di n. 814 vigili del fuoco a titolo permanente, nel rispetto dell'articolo 97 primo comma dell'articolo 97 della Costituzione italiana, mentre nei mesi successivi si articolavano, nelle modalità previste dalla disciplina dello stesso bando, le conseguenti prove previste dal concorso;
le prove concorsuali terminavano nel maggio del 2010, e consistevano in prove di tipo motorio ed orale;
le commissioni iniziavano quindi la valutazione dei titoli, (preferenze, riserve, patenti) e stilavano la relativa graduatoria finale di merito che veniva pubblicata all'interno del Bollettino Ufficiale del 16 Luglio 2010;
la graduatoria finale veniva accompagnata da ulteriori allegati, tra i quali erano presenti la Graduatoria B1 relativa ai militari che rientravano nella riserva prevista del 45 per cento dalla normativa del bando di concorso, la graduatoria B2 relativa al personale discontinuo da stabilizzare dei vigili del fuoco con riserva del 25 per cento, la graduatoria B3 relativa a coloro che avessero prestato servizio civile, per non meno di un anno, presso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco con riserva del 20 per cento, la graduatoria B4 relativa a coloro che non rientravano in nessuna delle precedenti riserve, l'allegato C consistente nell'elenco degli 814 nominativi dei soggetti risultati vincitori del concorso, infine l'allegato A, graduatoria generale di merito composta da 7600 persone, che venivano valutate come idonee ad essere assunte in via permanente all'interno del corpo dei vigili del fuoco;
si evidenzia inoltre come a fronte di una graduatoria finale di circa 7600 unità, 3000 di queste venivano chiamate a sostenere la visita medica, condicio necessaria per la successiva assunzione, divenendo così idonee sia dal punto di vista concorsuale, sia dal punto di vista della integrità psicofisica, a svolgere in via permanente l'attività di vigile del fuoco;
ad aprile 2011 prendeva il via il corso denominato «70o corso AVP», che vedeva al suo interno la presenza delle 814 unità vincitrici di concorso, ed aveva una durata complessiva di circa 6 mesi;
successivamente, al fine di reintegrare il personale che aveva ottenuto il pensionamento tra gli anni 2009, 2010, furono chiamati a far parte di un secondo corso, denominato «71o corso AVP», circa 740 unità a dicembre del 2011, con un sistema che prevedeva l'applicazione del 100 per cento del cosiddetto turn over, dove per ogni unità in uscita dal Corpo dei vigili del fuoco, avveniva una contemporanea assunzione di un'altra unità che fosse presente all'interno della graduatoria finale di merito, benché il numero di unità chiamate al servizio erano comunque insufficienti a colmare la carenza di personale del Corpo dei vigili del fuoco;
veniva quindi chiamato nel «71o corso AVP» parte del personale da stabilizzare grazie alle riserve previste delle graduatorie allegate, lasciando in attesa di assunzione le unità che avevano regolarmente sostenuto la procedura concorsuale, dal momento che il limitato numero di assunzioni venivano già coperte dal personale che presentava i requisiti per accedervi tramite riserva;
seguiva nei mesi successivi, l'approvazione da parte del Governo presieduto dal Presidente del Consiglio Mario Monti, del decreto-legge n. 92 del 2012 e sua successiva conversione in legge, di revisione della spesa pubblica italiana, la cosiddetta spending review, che prevedeva un importante taglio economico al comparto della sicurezza ed un contemporaneo abbassamento della percentuale applicativa del meccanismo del turn over dal 100 per cento al 20 per cento per l'intero anno 2011, arrivando fino al 50 per cento per l'anno 2012, al 70 per cento per gli anni 2013 e 2014, ed infine al 100 per cento dal 2015 in poi, andando così ad aumentare il deficit di personale all'interno del Corpo dei vigili del fuoco;
veniva approvato il 20 giugno del 2012 il decreto-legge n. 79 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge del 7 agosto 2012, n. 131 in cui si prorogavano i termini di validità delle graduatorie relative a due procedure selettive indette per le assunzioni nel Corpo dei vigili del fuoco, la graduatoria del personale volontario da stabilizzare dell'anno 2006, graduatoria che era stata soggetta a chiusura, e della graduatoria finale del concorso pubblico per l'assunzione di n. 814 dei vigili del fuoco permanenti, che venivano entrambe rinnovate sino al 31 dicembre 2014;
veniva così riaperta la graduatoria del personale discontinuo del 2006, che entrava in conflitto con la graduatoria relativa al concorso pubblico del 2008, e che vedeva ulteriormente ridotte da parte degli appartenenti a quest'ultima, possibilità di assunzione all'interno del Corpo;
nel mese di gennaio 2013 arrivava infine da parte della funzione pubblica l'autorizzazione ad assumere, ai sensi dell'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, in favore del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, autorizzazione che prevedeva di considerare ai fini dell'assunzione, anche la graduatoria del personale discontinuo, benché la procedura di stabilizzazione del personale Volontario presenta caratteri di specialità in deroga al principio di accesso alle pubbliche amministrazioni tramite pubblica selezione;
nel 2012 iniziava parallelamente un meccanismo che prevedeva cicliche assunzioni di personale precario, che fossero in grado di ovviare in via temporanea alle carenze di personale all'interno del Corpo dei vigili del fuoco, andando ad utilizzare risorse che non venivano così destinate alle assunzioni di personale Permanente, che avrebbero invece consentito un tempestivo ripristino del numero di vigili del fuoco necessari per le esigenze del Corpo, e allo stesso tempo, andando ad utilizzare il personale qualificato presente all'interno della graduatoria finale pubblicata nell'anno 2010, valutato come immediatamente idoneo a svolgere l'attività di vigile del fuoco e già sottoposto a visite mediche, visite che lo stesso personale si vede costretto a sostenere annualmente, dal momento che queste hanno una validità temporanea –:
se non intenda adottare tempestivamente le iniziative necessarie allo sblocco del turn over, ripristinando la misura del 100 per cento, a fronte di quella attualmente prevista del 70 per cento, per non aggravare ulteriormente il deficit di personale già elevato all'interno del Corpo dei vigili del fuoco;
se non ritenga necessario prendere gli adeguati provvedimenti finalizzati a dirimere i conflitti nascenti tra le diverse graduatorie dalle quali attingere per l'assunzione del personale, attraverso una rimodulazione delle percentuali di accesso al Corpo dei vigili del fuoco delle stesse graduatorie, percentuali che attualmente mettono sullo stesso piano ciò che deve essere ordinario e ciò che dovrebbe avere invece carattere di eccezionalità, e quindi, nel pieno rispetto del precetto Costituzionale di cui all'articolo 97;
se non ritenga opportuno disporre la sostituzione del personale permanente ricorrendo non solamente alla stabilizzazione del personale discontinuo, ma altresì attraverso l'assunzione di personale qualificato ed idoneo a ricoprire tale ruolo;
se e con quali strumenti intenda stanziare fondi ulteriori per l'assunzione di vigili del fuoco permanenti, attingendo dalla già presente graduatoria finale di merito relativa al concorso per l'assunzione di n. 814 vigili del fuoco permanenti, andando così ad utilizzare personale già qualificato come idoneo a ricoprire tale incarico, e da affiancare al personale discontinuo della graduatoria di stabilizzazione, si necessario ma non sufficiente alle attuali esigenze del Corpo, esigenze acuite dall'imminente arrivo della stagione estiva che troppe volte ha visto impreparato il nostro Paese con danni incalcolabili al suo patrimonio ambientale. (4-00180)
OLIVERIO e STUMPO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
nella notte tra il 3 e 4 aprile scorso sono state abbattute in località Rivioti a Cotronei, piccolo centro montano del crotonese, trenta piante di ulivi secolari nel fondo agricolo di proprietà di Tommaso Nisticò, vigile urbano del comune suddetto;
considerata la perfezione dei tagli subiti dalle piante e l'assenza di altri abbattimenti di alberi nei fondi delle aree circostanti, si suppone ad un vile atto intimidatorio contro la famiglia Nisticò, visto anche che uno dei figli siede nei banchi della maggioranza come consigliere comunale di Cotronei;
la località Rivioti è, già salita più volte agli onori delle cronache locali anche per il continuo e ripetuto fenomeno del pascolo abusivo – sulla cui problematica nella passata legislatura il sottoscritto ha presentato specifici atti ispettivi – che, ormai da decenni, assilla i proprietari dei fondi agricoli di questa località costretti a subire la privazione del diritto di proprietà dei loro terreni, sistematicamente invasi da capi di bestiame, bovini e ovini; e ciò nonostante la presenza di recinzioni e cancelli a protezione degli stessi, che vengono sistematicamente estirpati e sfondati;
terreni coltivati con grande cura sono fatti oggetto di una continua devastazione da parte di bestiame di ogni tipo, che in questi luoghi viene condotto a pascolare ormai da anni, contro qualsiasi criterio di civiltà e rispetto e con grande sconforto dei proprietari, le cui lamentele e denunce ormai non si contano più;
diverse sono state le manifestazioni di solidarietà espresse alla famiglia Nisticò, che ha sporto immediatamente denuncia contro ignoti, visto che quegli alberi di ulivo, prima di un valore economico, rappresentano per loro un grande valore affettivo, in quanto il fondo che è stato ereditato dal suocero, ha visto operarvi cinque generazioni animate da dedizione ed amore per la terra;
il sindaco della cittadina dottor Nicola Belcastro, che nel corso del suo mandato ha già promosso diverse iniziative di sensibilizzazione alla giustizia e alla legalità nel proprio territorio comunale, alla luce del vile atto, ha espresso solidarietà e vicinanza al dipendente comunale, manifestando ancor di più la determinazione dell'Amministrazione comunale e della comunità locale nella lotta contro ogni forma di illegalità e abusivismo;
sarebbe opportuno assicurare al più presto alla giustizia i responsabili di questo vile atto intimidatorio in modo da affermare la legalità, in considerazione anche del fatto che molte famiglie traggono la loro unica fonte di sostentamento economico dalla coltivazione dei terreni in questione, dai quali si ricava, tra l'altro, un eccellente olio extravergine di oliva;
l'adozione dei necessari ed adeguati provvedimenti eviterebbe anche la possibilità che si manifestano tra i proprietari dei fondi agricoli eventuali episodi violenti guidati solo dalla rabbia, anche in considerazione del fatto che numerosi appelli sono caduti finora nel nulla –:
se i Ministri interrogati non ritengano necessario intervenire affinché gli atti intimidatori messi in campo non abbiano più o ripetersi e possa essere finalmente risolta la problematica del pascolo abusivo che ormai sempre più frequentemente attanaglia l'intera comunità di Cotronei. (4-00182)
BARGERO, PORTAS, FIORIO, BOBBA, BOCCUZZI, GIORGIS, TARICCO e BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
con la deliberazione n. 61/182/278/1410M, il 12 luglio 2012, in ottemperanza all'articolo 246 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, il consiglio comunale di Alessandria, insediato da pochi mesi, si è trovato costretto a dichiarare dissesto finanziario, conseguente all'accertamento della sussistenza delle condizioni previste dall'articolo 244 del decreto legislativo n. 267 del 2000 effettuato con deliberazione n. 260 del 2012 in data 12 giugno 2012 della sezione regionale di controllo per il Piemonte della Corte dei conti;
l'attuale amministrazione comunale ha effettuato un'opera di risanamento pari a 26 milioni di euro nel 2012;
i servizi pubblici, erogati dai dipendenti comunali e dai lavoratori delle aziende partecipate del comune, hanno mantenuto in questi mesi, pur nelle enormi ed evidenti difficoltà finanziarie, strutturali ed operative, elevati standard di qualità;
l'attuale situazione potrebbe, conseguentemente, compromettere la qualità dei servizi pubblici alla comunità, la puntuale erogazione degli stipendi al personale coinvolto e gli stessi livelli occupazionali dei dipendenti pubblici e delle società partecipate –:
se non ritenga indispensabile, alla luce di quanto esposto in premessa, adottare iniziative normative urgenti per stanziare risorse straordinarie atte a sostenere l'amministrazione comunale di Alessandria nel difficile percorso di risanamento;
se non ritenga altrettanto necessario valutare se sussistono i presupposti per predisporre iniziative normative con la finalità di dilatare, per il comune di Alessandria, la tempistica per conseguire il pareggio di bilancio, al fine di evitare che riduzioni eccessive di finanziamenti possano compromettere irrimediabilmente la qualità dei servizi pubblici alla comunità, la puntuale erogazione degli stipendi al personale coinvolto e gli stessi livelli occupazionali dei dipendenti pubblici e delle società partecipate. (4-00186)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta scritta:
SCOTTO e MIGLIORE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
la Città della Scienza di Napoli, uno dei fiori all'occhiello di Napoli, e visitato ogni anno da circa 350mila visitatori, è stato in parte distrutto da un incendio il 4 marzo 2013;
la Fondazione IDIS – Città della Scienza ha realizzato il primo Museo scientifico interattivo d'Italia, uno dei più importanti del mondo, integrato in un più ampio sistema di servizi e funzioni;
la fondazione IDIS – Città della Scienza, presieduta dal professor Vittorio Silvestrini, annovera tra i suoi soci e sostenitori personalità quali Carlo Rubbia, Margherita Hack e molte altre insigni personalità della cultura e della scienza. È soggetto di primo piano nell'ambito della comunità scientifica internazionale, come del resto attestano le numerose iniziative a livello europeo ed extraeuropeo a cui essa da impulso o partecipa; motivo delle innumerevoli testimonianze di affetto e solidarietà pervenute alla struttura all'indomani del rogo criminale del 4 marzo 2013, anche da oltre frontiera. Si ricordano, tra tante, la commossa visita di Catherine Franche, presidente della rete internazionale dei musei scientifici ed il messaggio di madame Genevieve Fioraso, Ministro della ricerca e dell'educazione di Francia;
il museo della scienza – realizzato fra il 1997 ed il 2001 con capitale pubblico-privato-ricade in area ex federconsorzi acquisirà dalla fondazione IDIS nel 1993 ed è parte della città della scienza realizzata progetto in linea con il piano regolatore generale allora vigente, approvato dalla soprintendenza per i beni artistici e architettonici nel 1994;
solo nel 1996 il Ministero per i beni e le attività culturali dichiarò la preesistente fabbrica del 1853 non oggetto di vincolo monumentale fermo restando il vincolo paesistico sull'intera area. Nel medesimo anno fondazione IDIS – Città della Scienza ed altri enti fra i quali regione Campania e comune di Napoli, hanno sottoscritto un primo accordo di programma al quale ha fatto seguito nel 1997 un secondo accordo di programma che avrà scadenza oltre la metà del XXI secolo;
nel 2007 la fondazione IDIS – Città della Scienza ed altri enti fra i quali regione Campania e comune di Napoli hanno sottoscritto un terzo accordo di programma sullo stesso oggetto;
la Città della Scienza rientra nell'elenco delle «Opere di rilevante interesse storico-artistico 1945-2005, Ministero BBAAAA-DARC/Soprintendenza BBAAAA Napoli e Provincia»;
il Museo della Scienza ricade all'interno di manufatti considerati tra le prime testimonianze di archeologia industriale ex Vetrerie Lefévre (1853);
ad oggi la Fondazione Idis Città della Scienza è creditrice nei confronti delle pubbliche amministrazioni di circa 9 milioni di euro, alcuni crediti sono esigibili da lungo tempo, come quello in capo all'Accordo di programma con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca che risale al 2008 per una cifra di quasi 1,6 milioni di euro;
l'incendio doloso del Museo della Scienza coinvolge meno di 1/4 dell'intero complesso della Città della Scienza, e ad oggi del museo stesso restano ancora le mura perimetrali, il planetario, limitate parti della copertura, la sala galileo, la ciminiera, i serbatoi d'acqua piovana per circa 4.000 metri cubi, i locali impianti in sottosuolo. Non risultano danneggiati gli altri edifici a valle di via Coroglio;
il recente decreto interministeriale, firmato dai ministri per l'istruzione, l'università e della ricerca, Francesco Profumo, e dal Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, prevede la costituzione del Comitato interistituzionale per la ricostruzione della Città della Scienza di Napoli. Il comitato, che sarà composto da otto membri, dovrà eseguire entro il 30 aprile la valutazione comparativa delle possibili opzioni per la delocalizzazione della struttura. Non si comprende perché a fronte di un atto criminale – quali che siano movente, mandanti ed esecutori – si prende in considerazione l'ipotesi di delocalizzare la struttura gravemente danneggiata, creando così un pericoloso precedente in un territorio ad alta sensibilità criminale come Napoli e la Campania;
allo stato attuale si pongono in alternativa:
il rapido restauro del complesso di circa 75.000 metri cubi oggetto dell'incendio doloso;
la delocalizzazione di circa 120.000 metri cubi in prossimità della parte di Città della Scienza a monte di via Coroglio soggetti a dovute procedure che richiedono tempi e costi molto maggiori;
la delocalizzazione in zona più distante con il riuso di altri manufatti, quali, ad esempio, l'ex-acciaieria, di varie centinaia di migliaia di metri cubi con costi ancora maggiori e tempi incalcolabili;
ripristinare in loco quanto andato distrutto sarebbe quindi, opera di buon senso ma soprattutto risposta di legalità e giustizia a quanto accaduto;
nel suddetto decreto interministeriale si afferma, peraltro erroneamente, che «la quasi totalità della Città della Scienza è andata distrutta nell'incendio divampato il 4 marzo 2013»;
in realtà i lavori di restauro possono realizzarsi in tempi relativamente brevi e coerenti con la scadenza del termine della cassa integrazione in deroga per i lavoratori della struttura incendiata;
nell'area della Fondazione (area privata – non demaniale) è possibile realizzare 2 accessi liberi (distanti fra loro oltre 200 metri, al limite nord ed al limite sud dell'area stessa) alla spiaggia peraltro da decenni deperita ed in stato di abbandono, mai bonificata, ripristinata, pulita e resa agibile;
il decreto prevede inoltre – sempre per la Città della Scienza – la possibilità di separare le attività di gestione dalla attività di progettazione scientifica;
non è affatto chiaro il motivo e gli effetti del voler dividere la progettazione scientifica dalla gestione, in capo a chi sarebbero le funzioni così distinte nonché chi coordinerebbe l'interazione tra le due funzioni, non si comprende perché, pur nel riconoscere la meritoria opera del professor Silvestrini e della Fondazione IDIS – Città della Scienza (soggetto privato proprietario del progetto, dei suoli e delle licenze) ci si prefigge lo scopo di una nuova governance per una nuova Città della Scienza e per quali ragioni oggi non bastano gli strumenti di verifica e controllo ordinari dell'erogazione, gestione e spesa dei finanziamenti, pur avendo la Fondazione IDIS-Città della Scienza già progettato, gestito e puntualmente rendicontato in precedenza la realizzazione del Museo, in sinergia con tutte le Istituzioni competenti –:
se non si intenda rivedere quanto disposto dal suddetto decreto interministeriale, al fine di non prevedere alcuna delocalizzazione delle strutture della Città della scienza andate distrutte;
se non si reputi opportuno valutare attentamente la previsione di separare le attività di gestione dalla attività di progettazione scientifica, attraverso una nuova governance, laddove viene unanimemente riconosciuta la meritoria opera del professor Silvestrini e della Fondazione Idis, nella gestione della Città della scienza di Napoli;
se non si ritenga urgente pagare alla fondazione IDIS-Città della Scienza i suoi crediti, attesi anche per alleviare le condizioni materiali dei lavoratori coinvolti;
quali iniziative si intendano adottare al fine di tutelare al meglio le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori, prime e più esposte vittime dell'atto criminale.
(4-00160)
BIASOTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
l'Accademia ligustica nasce a Genova nel 1751 e da allora svolge un ruolo didattico di rilievo con un bacino di utenza che raccoglie studenti in Liguria fino al basso Piemonte;
l'Accademia ligustica ha nel suo patrimonio un excursus completo della migliore arte ligure, dal medioevo fino agli impressionisti liguri, una ricca gipsoteca con calchi originali di Eugenio Baroni, per un totale di 300 dipinti, tremila incisioni, marmi ed una collezione di maioliche;
il museo dell'Accademia, per problemi economici, è aperto il pomeriggio dal martedì al venerdì, pertanto sia le scuole che buona parte dei turisti con possono godere di questo patrimonio culturale;
la legge n. 508 del 1999, all'articolo 2, comma 8, prevede la possibilità che si realizzi «senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, una graduale statizzazione, su richiesta, degli attuali Istituti musicali pareggiati e delle Accademie delle belle arti legalmente riconosciute»;
in base all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005 l'Accademia ligustica rilascia titoli di Alta formazione artistica e musicale;
nel documento «Il Quadro dei Titoli Italiani» risalente al 20 gennaio 2011 ed emanato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca i titoli dell'Alta formazione artistica musicale sono equiparati ai titoli rilasciati dalle università statali;
ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005, il comitato di valutazione del sistema universitario ha espresso parere positivo sugli standard e i requisiti dell'Accademia ligustica rispondenti a quelli prescritti per gli istituti AFAM;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha autorizzato l'Accademia ligustica ad attivare corsi biennali e triennali in ordine ad un'offerta formativa aderente a quella delle accademie già statizzate;
l'attività dell'Accademia è sostenuta in gran parte da trasferimenti degli enti locali, quali comune, provincia e regione, tali trasferimenti non sono sufficienti per coprire i costi dell'attività didattica dell'Accademia e i tagli ai trasferimenti che stanno caratterizzando questo periodo hanno reso la situazione ancora più insostenibile;
attualmente l'Accademia ligustica collabora strettamente con l'Accademia Albertina di Torino con l'intento di dare vita all'Accademia del Nord Ovest per razionalizzare la gestione delle attività dei due enti, attraverso sensibili economie di scala, e potenziarne i risultati, i settori di possibile integrazione riguardano la didattica dell'arte, il restauro e la decorazione, la sinergia tra le due accademie potrebbe ampliare l'offerta formativa e la capacità progettuale facendo raggiungere un bacino di utenza vicino alle 1.000 unità;
a seguito della collaborazione con l'Accademia albertina erano state individuate delle posizioni di cattedre attualmente congelate, chiedendo, in forza di detta convenzione, ai docenti di svolgere la loro attività presso l'Accademia ligustica, la quale si sarebbe fatta carico di eventuali costi di trasporto sostenuti in più dai docenti; ciò avrebbe permesso un sollievo per le casse dell'Accademia ligustica ed un ottimizzazione dei costi statali in quanto si sarebbero utilizzate cattedre pagate ma al momento congelate;
nonostante il pieno accordo delle Accademie albertina e ligustica non è stato possibile in quanto i docenti non si sono detti disponibili al passaggio;
l'Accademia ligustica sta ipotizzando di mettere in vendita il suo patrimonio di quadri e sculture per ripianare il buco di bilancio –:
se ritenga possibile, nell'attuale fase, un processo di incorporazione nel sistema pubblico di alta formazione per l'Accademia ligustica di Genova, ai sensi della legge n. 508 del 1999, ed in generale delle Accademie storiche non ancora statizzate;
se non intenda assumere iniziative per introdurre modifiche alle normative vigenti per permettere al sistema di formazione italiano di utilizzare appieno tutte le cattedre disponibili, comprese quelle congelate, in quanto in un periodo di crisi economica non pare possibile che possano esserci cattedre retribuite e non utilizzate;
se non ritenga opportuno intervenire per impedire che il patrimonio museale dell'Accademia venga venduto con l'evidente risultato di un impoverimento del patrimonio culturale dell'intera città di Genova e della Liguria tutta;
quale percorso ritenga vada intrapreso dall'Accademia ligustica e dall'Accademia Albertina per attuare una convenzione tra le due accademie che renda possibile l'integrazione funzionale delle stesse;
se non ritenga opportuno intervenire per quanto di competenza, con adeguate risorse, per finanziare l'attività didattica dell'Accademia ligustica di Genova.
(4-00161)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il comma 9 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004 a 243 recita: «In via sperimentale, fino al 31 dicembre 2015, è confermata la possibilità di conseguire il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un'età pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici dipendenti e a 58 anni per le lavoratrici autonome, nei confronti delle lavoratrici che optano per una liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180. Entro il 31 dicembre 2015 il Governo verifica i risultati della predetta sperimentazione, al fine di una sua eventuale prosecuzione»;
il comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge 201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214 recita: «Le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi ai soggetti che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011, ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 9 della legge 23 agosto 2004, n 243, e successive modificazioni e integrazioni, nonché nei limiti delle risorse stabilite ai sensi del comma 15 e sulla base della procedura ivi disciplinata, ancorché maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011 ...omissis»;
la circolare INPS n. 37 del 14 marzo 2012 al punto 6 – disapplicazione della cosiddetta finestra mobile e deroghe, recita: «le lavoratrici che accedono al pensionamento in virtù di quanto disposto dall'articolo 1, comma 9 della legge n. 243 del 2004, ossia che conseguono il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un'età pari o superiore a 57 anni (requisito anagrafico da adeguarsi, a partire dal 1o gennaio 2013, agli incrementi della speranza di vita) optando per la liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del sistema contributivo (disposizione prevista, in via sperimentale, solo per pensioni decorrenti entro il 31 dicembre 2015)»;
con l'interpretazione dell'INPS sopra evidenziata, peraltro inserita fra parentesi, sembra che si debba intendere che entro la data del 31 dicembre 2015, si debba già percepire il relativo trattamento pensionistico, mentre invece la legge n. 243 del 2004 dispone chiaramente che i requisiti di accesso per il diritto a pensione debbano maturarsi entro il 31 dicembre 2015, anche alla luce delle modifiche successivamente intervenute;
le donne che optano per il sistema contributivo, così come previsto dal comma 14 dell'articolo 24 del citato decreto-legge, mantengono i requisiti previgenti ma non rientrano nei limiti e nei relativi criteri di cui al successivo comma 15 dell'articolo 24 della legge richiamata –:
se non ritenga il Ministro interrogato, a fronte di quanto previsto dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 e dal comma 9 dell'articolo 1 della legge n. 243 del 2004, confermarne la corretta applicazione nei confronti delle donne che optano per la liquidazione del trattamento pensionistico secondo le regole del sistema contributivo nella fase transitoria fino al 2015, come perfezionamento dei requisiti e non della decorrenza del trattamento pensionistico. (5-00072)
PELUFFO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in data 8 marzo 2013 lo stabilimento di Gaggiano (Milano) della Società Safosa spa ha cessato la sua attività produttiva;
tale cessazione dell'attività coinvolge i 254 dipendenti dell'azienda, ma anche più di 100 lavoratori assunti dalle cooperative alle quali era affidata la produzione e altrettanti operai dell'indotto, mettendo quindi in difficoltà un totale di circa 500 famiglie, con pesanti ricadute sull'intero territorio corsichese;
in data 31 maggio 2012, il Sottosegretario Cecilia Guerra rispondeva all'interrogazione n. 5-06684 presentata dal sottoscritto al Governo in merito alla vicenda della Safosa spa affermando che il liquidatore della società si era impegnato nel ricercare sul mercato possibili soluzioni volte a favorire l'occupazione dei dipendenti del gruppo, tutelando al contempo il valore della società nell'interesse dei creditori;
nella risposta veniva specificato che, nell'istanza di concessione del trattamento d'integrazione salariale presentata il 9 maggio 2012 dalle parti al Governo, era posta in evidenza la necessità che si ottenesse tale trattamento d'integrazione salariale relativamente al periodo dal 2 aprile 2012 al 1° aprile 2013 per un massimo di 278 lavoratori;
la chiusura dello stabilimento di Gaggiano lascia aperte molte domande, soprattutto se si considera che in 14 mesi di messa in liquidazione non è stata presentata alcuna proposta seria per una ripresa delle attività in un mercato, com’è quello della cosmetica che, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale, non registra crisi conclamate –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopra esposta;
quali siano state le iniziative intraprese dal liquidatore per evitare la chiusura dello stabilimento;
quali siano i provvedimenti del Governo per garantire i trattamenti salariali per i lavoratori, annunciati peraltro nella risposta fornita dal Governo;
infine, quali iniziative siano state messe in campo da parte del Governo onde evitare che la chiusura della Safosa spa abbia ricadute negative sull'intero territorio corsichese, in considerazione dell'elevato numero di persone e famiglie coinvolte. (5-00074)
Interrogazioni a risposta scritta:
POLVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la società Autogrill Spa in data gennaio 2013 ha comunicato alla organizzazione sindacale, l'apertura di una procedura di mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 per un esubero dichiarato di n. 140 lavoratori in circa 60 punti vendita della rete autostradale pari all'1,4 per cento della forza lavoro complessiva della società Autogrill Spa;
nei giorni successivi si sono tenuti, su tavoli separati, incontri con le organizzazioni sindacali per la discussione di tale procedura e per ricercare soluzioni utili a limitare al massimo l'impatto occupazionale sui lavoratori;
nel corso di tali incontri l'azienda ha proposto una serie di soluzioni – in concorso fra di loro – che così si sintetizzano:
a) ricollocazione di una parte dei lavoratori presso punti vendita diversi da quelli ove questi attualmente operano (scelta aziendale);
b) per altri lavoratori la riduzione dell'orario di lavoro;
c) per i restanti alla messa in mobilità;
nel corso degli incontri inscritti nell'ambito della procedura ex legge n. 223 del 1991, le organizzazioni sindacali hanno proposto all'azienda soluzioni volte al totale riassorbimento di tutti gli esuberi previsti, sia attraverso l'utilizzo di alcune delle soluzioni individuate dall'azienda sia attraverso il ricorso a trasferimenti dei lavoratori anche in punti vendita al di fuori della rete autostradale, ricevendo in questo senso un netto rifiuto da parte dell'azienda;
è emerso, a quanto consta all'interrogante che la società Autogrill Spa ha proceduto ad assumere risorse a tempo determinato presso alcuni dei punti vendita interessati, dalla procedura di mobilità a causa di supposti esuberi, in contrasto con l'articolo 3 del decreto legislativo n. 368 del 2001;
d'altra parte, la procedura di mobilità, dapprima prorogata con accordo siglato in data 11 marzo 2013 da tutte le organizzazioni sindacali fino a tutto il 31 marzo 2013, è stata successivamente nuovamente prorogata fino al 12 aprile 2013, senza l'assenso di tutte le organizzazioni sindacali coinvolte nel confronto, senza informare né contattare l'organizzazione sindacale UGL terziario, con tale comportamento configurando, ad avviso dell'interrogante, anche gli estremi di una condotta antisindacale;
conseguentemente, in data 27 marzo 2013 e in data 3 aprile 2013 l'organizzazione sindacale UGL Terziario ha segnalato tale stato delle cose alle competenti direzioni generali delle attività ispettive e della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per richiedere e sollecitare una verifica ispettiva in merito a tale circostanza, ipotizzando un utilizzo anomalo di risorse della collettività nonché un immotivato e strumentale utilizzo delle possibilità messe a disposizione dalla legge n. 223 del 1991 per fini diversi da quelli previsti dalla norma citata;
nel contempo, il 27 marzo 2013 l'azienda ha sottoscritto due accordi con le sole organizzazioni sindacali FILCAMS FISASCAT e UILTUCS relativamente al personale coinvolto dalla procedura nelle regioni Emilia Romagna e Campania, non informando né coinvolgendo la organizzazione sindacale UGL terziario, estromettendo questa di fatto nonostante la sua presenza ai tavoli di confronto sia sul piano nazionale che su quelli territoriali –:
se le verifiche ispettive sollecitate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed alle sue articolazioni siano state effettuate e con quali esiti e soprattutto se sussistano i presupposti per validare gli accordi sottoscritti a livello territoriale, a fronte dei gravi vizi di merito e di forma nell'ambito della procedura attivata, anche alla luce del mancato rispetto dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 368 del 2001. (4-00156)
RUOCCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il problema dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione di immobili ad uso abitativo è un fenomeno in continua crescita;
dopo svariati anni in cui tale problematica ha assunto i tratti di vera e propria emergenza, è necessario che l'Esecutivo preveda un intervento, per impedire che molte famiglie in difficoltà con il pagamento degli affitti, viste anche le richieste degli aumenti dei canoni, che eccedono in alcuni casi aumenti del 100 per cento, si trovino a perdere irrimediabilmente l'uso di un'abitazione;
secondo il sito asia.usb.it, nella pagina «Bloccare gli sfratti subito per dare voce alla politica per il diritto alla casa, molti sarebbero gli inquilini che non hanno accettato il rinnovo dei contratti di affitto con aumenti che vanno da un minimo dell'80 per cento fino ad arrivare anche al 300 per cento dei canoni pagati;
questi nuovi canoni, sempre secondo lo stesso sito, sarebbero stati richiesti applicando prezzi che vanno oltre il libero mercato, anche in base agli accordi sottoscritti dai sindacati concertativi, gli stessi sindacati che siedono nei consigli di amministrazione di molti enti previdenziali e non (Enpaia, Enasarco e altri);
la legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha inteso sanare per l'ennesima volta in modo solo provvisorio e del tutto parziale la problematica sopra esposta;
il comma n. 412 proroga al 31 dicembre 2013 il termine per l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione di immobili ad uso abitativo prevista dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 158 del 2008, come da ultimo modificato dall'articolo 29, comma 16, del decreto-legge n. 216 del 2011;
la proroga riguarda gli immobili adibiti ad uso abitativo situati nel comuni di cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 9 del 2007, cioè comuni capoluoghi di provincia, comuni con essi confinanti con popolazione superiore a 10.000 abitanti e comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87/03 del 13 novembre 2003;
è impossibile, inoltre, non collegare l'attuale situazione di criticità relativa agli sfratti anche alla crisi economica che ha approfondito le problematiche che già nel 2008 avevano portato alla normativa prorogata con la suddetta iniziativa dal Governo Monti;
secondo alcuni documenti pubblicati su internet dall'Unione inquilini, nel nostro Paese sono 56 mila le famiglie che nel 2011 sono state colpite da un provvedimento di sfratto per morosità, un dato in linea con l'andamento del 2010 che negli ultimi cinque anni è aumentato costantemente con un balzo complessivo dal 2006 alle rilevazioni attuali del 64 per cento;
la crisi nel 2013, secondo il sopra citato articolo di asia.usb.it, starebbe producendo effetti ancora più drammatici sulla condizione abitativa in Italia: oltre 250.000 sono gli sfratti esecutivi (quasi il 90 per cento per morosità), centinaia di migliaia sono le famiglie insolventi con i mutui per la casa, altrettante vivono in situazione di precarietà abitativa;
è oggi fondamentale dare risposte attendibili e definitive ai cittadini, in un periodo in cui la mancanza di una casa potrebbe accompagnarsi alla mancanza di lavoro, facendo finire molte famiglie in mezzo alla strada –:
se il Governo intenda, attraverso lo studio di misure concordate con gli inquilini, pervenire a una o più iniziative normative che riescano a definire in modo organico una soluzione per la cosiddetta «emergenza casa», andando oltre i provvedimenti di semplice proroga degli sfratti;
se sia intenzione dell'Esecutivo avviare un piano organico di housing sociale tale da contribuire a risolvere in via definitiva una questione che affligge il nostro Paese da troppo tempo. (4-00171)
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE
Interrogazione a risposta scritta:
LENZI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
in data 5 dicembre 2012, con delibera n. 197 del 2012 l'Ordine dei medici di Bologna ha licenziato per nullità del provvedimento di assunzione, in quanto assunte senza procedura concorsuale, cinque dipendenti;
il rapporto di lavoro aveva avuto inizio 28 anni fa per quattro delle dipendenti quando l'Ordine dei medici aveva natura privatistica, mentre la quinta era stata assunta nel 1993 con contratto a tempo determinato prolungato poi fino al 1993 quando, a seguito dell'entrata in vigore della articolo 4-bis comma 6, della legge n. 147 del 1993, e dopo aver acquisito il parere del dipartimento della funzione pubblica, il rapporto di lavoro veniva trasformato a tempo indeterminato in forza dell'applicazione della legge indicata;
nella stessa delibera, dando atto che il rapporto in essere continuava ex articolo 2126 codice civile, si decideva poi di sospendere l'efficacia di tale accertata nullità per un periodo di n. 3 mesi, chiedendo contestuale parere al Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero della salute;
ad oggi nessun parere ministeriale risulta pervenuto;
al momento dell'instaurazione del rapporto di lavoro gli ordini professionali avevano natura privatistica e, solo nel 1986 con il decreto del Presidente della Repubblica n. 68 si inserivano gli Ordini nel comparto di contrattazione degli enti pubblici non economici; con il successivo decreto del Presidente della Repubblica n. 267 del 1987 si normava la materia regolando anche la situazione del personale già dipendente;
analoghe situazioni possono essere presenti in tutti gli Ordini professionali italiani e questo precedente suscita viva preoccupazione;
il diritto del lavoro sia in sede nazionale che europeo ha sempre riguardato la tutela del lavoratore e la stabilità del lavoro;
la questione riveste carattere di urgenza stante la volontà dell'ente di procedere comunque al licenziamento delle cinque dipendenti –:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno predisporre urgentemente il parere richiesto dall'ordine dei medici di Bologna con deliberazione n. 197/2012 del 5 dicembre 2012 al fine di porre maggiore chiarezza sull'intera vicenda. (4-00179)
SVILUPPO ECONOMICO
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili rappresenta una straordinaria opportunità per la salvaguardia dell'ambiente e lo sviluppo del tessuto produttivo; negli ultimi anni il settore delle fonti rinnovabili ha consentito la produzione di una grande quantità di energia elettrica «pulita», la nascita di nuove imprese, la creazione di decine di migliaia di posti di lavoro e l'aumento delle entrate per Stato ed enti locali;
nei programmi elettorali di tutte le forze politiche presenti in Parlamento si è posta grande attenzione allo sviluppo della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili;
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 («Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE»), ha definito gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli obiettivi fino al 2020 in materia di quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e di quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti;
lo stesso decreto legislativo n. 28 del 2011, all'articolo 5, ha disciplinato le diverse fattispecie di variante sostanziale e non sostanziale sugli impianti esistenti, individuando altresì il conseguente regime autorizzativo;
in particolare, l'articolo 5 del decreto legislativo n. 28 del 2011, al comma 3 («[...] Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuati, per ciascuna tipologia di impianto e di fonte, gli interventi di modifica sostanziale degli impianti da assoggettare ad autorizzazione unica, fermo restando il rinnovo dell'autorizzazione unica in caso di modifiche qualificate come sostanziali ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. [...]») fa rinvio ad un successivo decreto ministeriale la specifica individuazione degli interventi comportanti modifiche sostanziali e modifiche non sostanziali sugli impianti da fonti rinnovabili esistenti;
il predetto decreto ministeriale, fortemente atteso dagli operatori e dalle pubbliche amministrazioni deputate a valutare l'importanza delle varianti, a distanza di oltre due anni dall'approvazione del decreto legislativo n. 28 del 2011, non è ancora stato emanato;
il ritardo nell'emanazione del decreto previsto dall'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 28 del 2011, sta provocando grave incertezza per gli operatori e per pubbliche amministrazioni e diventando un freno allo sviluppo tecnologico ed all'implementazione di nuovi e più efficienti apparecchi (in grado spesso di ridurre ulteriormente l'impatto di un impianto, migliorandone le prestazioni) sugli impianti esistenti;
la difficile fase economica dell'Italia va superata fornendo risposte chiare ed immediate ai soggetti che intendono ancora investire nel nostro territorio, specie in quei settori in grado di assicurare uno sviluppo compatibile con l'ambiente –:
quale sia lo stato di elaborazione del decreto ministeriale (previsto dall'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 28 del 2011) per la disciplina degli interventi comportanti varianti sostanziali e non sostanziali sugli impianti esistenti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
(2-00020) «Boccia».
Interrogazioni a risposta scritta:
BIASOTTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
a Genova ha sede l'Istituto idrografico della marina, l'organo cartografico dello Stato designato alla produzione della documentazione nautica ufficiale nazionale, che dipende dal Ministero della difesa ed è unico nel suo genere in Italia;
tale, ente, dapprima denominato «Ufficio Idrografico della Regia Marina» ed in seguito, con l'avvento della Repubblica italiana, «Istituto idrografico della marina», fu istituito con regio decreto in data 26 dicembre 1872 con sede a Genova nell'edificio di Forte San Giorgio, già sito dell'Osservatorio astronomico;
per assolvere il suo compito l'Istituto idrografico della marina conduce il rilievo sistematico dei mari italiani, avvalendosi delle navi idro-oceanografiche della marina militare, appositamente attrezzate, e di proprie spedizioni, valorizza e controlla i dati raccolti per organizzarli e finalizzarli alla produzione della cartografia e documentazione nautica, sia tradizionale sia in formato elettronico ed, infine, cura la diffusione delle informazioni nautiche in ambito nazionale ed internazionale;
altresì, che la missione dell'Istituto idrografico della marina è quella di «concorrere alla difesa nazionale, alla sicurezza della navigazione e alla conoscenza e valorizzazione di tutto quanto legato al mare, da un punto di vista scientifico, tecnologico e ambientale»;
è in via di realizzazione a La Spezia un’«Accademia del Mare», connubio tra mondo civile e mondo militare, che dovrebbe valorizzare il polo universitario spezzino e parte del patrimonio militare inutilizzato;
questa «Accademia del Mare» dovrebbe occupare una parte della caserma del Duca degli Abruzzi, dove verranno ubicate aule, laboratori, alloggi per studenti e docenti ed una parte dell'arsenale, dove troverà spazio anche il distretto ligure delle tecnologie marine che svolge attività di ricerca e sviluppo nel settore delle tecnologie marine e di quelle ad esse collegate;
durante un incontro sul tema «L'economia del mare diviene eccellenza in Liguria» tenutosi nel palazzo della provincia di La Spezia il 6 marzo 2013, Lorenzo Forcieri, presidente dell'autorità portuale di La Spezia, avrebbe dichiarato che vorrebbe presto vedere trasferito a La Spezia l'Istituto idrografico della marina, che da sempre ha sede nella città di Genova;
sono note l'alto valore tecnico e scientifico di questo istituto e la possibilità di positive sinergie con altre realtà del tessuto economico e scientifico genovese (il futuro Parco scientifico e tecnologico degli Erzelli, l'I.I.T., l'acquario, l'università);
a Genova ha sede anche l'UTNAV, l'Ufficio tecnico territoriale costruzioni ed armamenti navali dipendente dalla direzione generale degli armamenti navali (NAVARM) della Marina militare italiana, che in materia di cantieristica navale ha il compito di:
vigilare, controllare e collaudare l'esecuzione di forniture e lavori affidate ad industrie da organi centrali ed enti periferici della Marina militare;
analizzare le offerte economiche delle ditte e compilare i relativi verbali di congruità;
elaborare le certificazioni amministrative legate agli adempimenti contrattuali;
per quanto riguarda, poi, la costruzioni di nuove unità navali presso i cantieri l'UTNAV provvede a:
a) esaminare ed approvare la documentazione tecnica della progettazione esecutiva;
b) verificare gli ordini impartiti ai sub-fornitori;
c) sorvegliare l'avanzamento contrattuale;
d) partecipare alle prove in porto ed in mare sino alla consegna dell'unità;
e) gestire la garanzia e le procedure post-contrattuali;
durante la seduta del consiglio comunale del 26 marzo 2013 il gruppo consiliare comunale del Partito Democratico ha finalmente affrontato il problema manifestando la necessità di un intervento delle istituzioni per salvaguardare l'Istituto idrografico della marina e per impedire il suo trasferimento in altre località, con un chiaro riferimento alla città di La Spezia;
durante lo stesso consiglio comunale il sindaco del comune di Genova Marco Doria si è detto disponibile ad un dialogo con il direttore dell'istituto, con i vertici della marina militare e con le istituzioni locali per trovare a Genova spazi più adeguati e funzionali rispetto a quelli che attualmente ospitano l'Istituto idrografico della marina, ed ha manifestato la disponibilità del comune per la valorizzazione degli immobili che la marina potrà liberare con il trasferimento dell'Istituto idrografico della marina -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se e quali iniziative di competenza ritenga di assumere, in sinergia con regione Liguria, comune di Genova ed autorità portuale di Genova, per impedire il trasferimento da Genova di questo prestigioso istituto ma garantirgli una collocazione all'interno del territorio del comune di Genova idonea alle attività svolte dall'istituto, nonché quali iniziative di competenza ritenga di assumere a garanzia il personale altamente qualificato che è attualmente occupato nell'Istituto idrografico della marina. (4-00166)
CLAUDIO FAVA e QUARANTA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
nel 2000 aprì a Milano il primo negozio della catena francese «FNAC», facente parte del gruppo multinazionale PPR (Pinault Primtemps Redoute). La FNAC, in particolare, opera nel settore dei prodotti culturali, editoriali e tecnologici;
il successo del punto vendita milanese portò in meno di dieci anni ad aprire altre otto sedi: Verona, Torino (due), Genova, Roma, Firenze, Napoli oltre a un negozio online, con circa 600 dipendenti;
nel corso degli anni, il gruppo PPR ha deciso di cambiare i propri asset puntando su un target di mercato elevato, mediante la produzione e vendita di beni di lusso;
l'azienda aveva annunciato, in un comunicato stampa del 13 gennaio 2012, un'imponente ristrutturazione della FNAC con la previsione strategica di un drastico piano di risparmi (non inferiore agli 80 milioni di euro e con una rilevante riduzione di personale) in ciascun Paese in cui la catena è presente, mettendo in discussione la prospettiva della permanenza del gruppo in Italia;
il presidente e direttore generale di FNAC, Alexandre Bompard, aveva dichiarato testualmente che «in Italia le condizioni per lo sfruttamento in proprio non ci sono più. Si stanno studiando tutte le possibilità: una decisione sarà presa nell'esercizio corrente, entro il 2012»;
il destino dei 600 dipendenti dei punti vendita italiani è rimasto appeso per un anno a voci incontrollate di passaggi di proprietà e di accorpamenti, senza mai un incontro con i lavoratori e con le loro rappresentanze sindacali, in contrasto con quella prevista dalla direttiva 2002/14/CE, che istituisce un quadro normativo generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori;
il 2012 si è chiuso con un cambio di proprietà e con la cessione delle quote della FNAC italiana a Orlando Italy Management;
nel 2013 la ragione sociale è stata convertita da società per azioni in società a responsabilità limitata, per poi procedere alla sua messa in liquidazione con richiesta di concordato preventivo presso il tribunale fallimentare di Milano;
il liquidatore della società, Matteo Rossini, il 22 gennaio ha annunciato la riduzione del personale attraverso il ricorso alla cassa integrazione straordinaria e la chiusura temporanea dei punti vendita di Firenze, Roma, Torino oltre al ridimensionamento dell'organico del punto vendita di Milano;
il 13 febbraio i suddetti punti vendita sono stati chiusi definitivamente dismettendo l'attività;
alla data odierna, dei 600 dipendenti 300 sono in cassa integrazione mentre la Orlando Italy Management ha annunciato l'intenzione di trasformare i punti vendita sopravvissuti in negozi con all'interno spazi commerciali dati in affitto ad altri marchi, senza alcuna garanzia di continuità del rapporto di lavoro per i propri lavoratori;
in questo contesto, peculiare è la situazione del punto vendita genovese, ulteriormente aggravata dall'alluvione che nel 2011 ha reso inagibile parte del punto vendita con la conseguenza che al momento tutti i 53 lavoratori sono in cassa integrazione in deroga a rotazione e sono già stati individuati 23 esuberi;
l'amministrazione genovese ed il suo assessore allo sviluppo economico seguono con impegno la vertenza ma la proprietà, che ha riferimenti in Lussemburgo e Svizzera, si è sottratta ad ogni confronto;
i dipendenti FNAC vivono oggi una situazione di assoluta precarietà economica e professionale subendo le conseguenze di operazioni puramente speculative;
si colpisce un settore, come quello culturale e di qualità, che sarebbe invece da rilanciare come scelta strategica del Paese –:
se i Ministri interrogati non ritengano necessario ed urgente avviare un tavolo di trattativa sia con i vertici aziendali della FNAC che con quelli del gruppo multinazionale PPR per attivare tutte le procedure idonee a favorire una soluzione che preservi i livelli occupazionali e che garantisca, in caso di necessità, l'attivazione degli ammortizzatori sociali. (4-00172)
MAESTRI, D'ARIENZO e ROTTA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il Gruppo Sidel, che rappresenta una delle più importanti divisioni della multinazionale svedese Tetra Laval, è nato nel 2005 dall'unione di Sidel e della parmigiana Simonazzi;
il Gruppo, leader nel settore, progetta, produce, vende ed installa macchine, linee complete e sistemi per l'imbottigliamento ed il confezionamento di bevande. Conta circa 5.500 dipendenti con oltre un miliardo di euro di fatturato. Le sedi in Italia sono a Parma (950 dipendenti), Mantova (80 dipendenti) e Verona (95 dipendenti) e producono un fatturato di circa 450 milioni di euro;
il 12 marzo 2013 le organizzazioni sindacali hanno annunciato, dopo la decisione di annullare l'incontro programmato presso la sede dell'Unione parmense degli industriali per l'11 marzo, un pacchetto di ore di sciopero e il blocco degli straordinari, per protestare contro il piano di riorganizzazione che coinvolgerebbe le sedi di Parma e Verona di Sidel;
secondo quanto riportato anche dagli organi di stampa, il piano di riorganizzazione prevedrebbe la costituzione di una newco con le stesse mansioni della Sidel, la Gebo Cermex, nella quale dovrebbero confluire tutti i lavoratori dello stabilimento di Verona e quelli del reparto «prodotti fine linea» di Parma, cioè circa 250 addetti italiani, e il trasferimento dei centri decisionali da Parma a Dubai e Francoforte, oltre a ridimensionamento del servizi e del settore ricambi;
il 21 marzo 2013 si è svolto a Parma un corteo di protesta, al quale hanno partecipato anche rappresentanti dei lavoratori dello stabilimento di Verona, che ha denunciato l'impoverimento dei due poli produttivi e ribadito la necessità di difendere i livelli occupazionali e le capacità di ricerca, sviluppo e commercializzazione dei prodotti degli stabilimenti in Italia;
il 4 aprile 2013 è stato convocato dall'amministrazione provinciale di Parma, presente anche l'amministrazione provinciale di Verona, il tavolo istituzionale con rappresentanti del gruppo Sidel e delle organizzazioni sindacali, nel corso del quale è stato deciso di mantenere operativo un percorso di dialogo tra le parti sul piano di riorganizzazione industriale;
la questione riveste per l'economia delle due province ed in particolare per quella di Parma, una grande importanza in quanto ha ripercussioni sia dal punto di vista dell'impoverimento del tessuto industriale, sia sul fronte dell'occupazione con fondate preoccupazioni per i 250 lavoratori a rischio esubero senza contarne gli effetti sulle centinaia di persone impiegate nell'indotto;
sulla base di quanto riportato dalle organizzazioni sindacali, la proposta avanzata evidenzia le seguenti problematicità: con lo spostamento delle funzioni principali a Dubai e a Francoforte, lo stabilimento di Parma sarebbe destinato a perdere di importanza sul piano organizzativo e funzionale con conseguente minore centralità nell'ambito del gruppo; perdita di centralità confermata dalla modificazione della mission produttiva degli stabilimenti (non più l'intera linea di imbottigliamento, ma produzione di singole macchine) che verrebbero a divenire mere struttura accessorie senza poter svolgere un ruolo anche sul piano della progettazione e dell'innovazione;
la separazione e la reciproca autonomia di Sidel e Gebo Cermex appare difficilmente comprensibile e parrebbe creare un'inutile duplicazione qualora gli intendimenti del management fossero effettivamente quelli di mantenere vitale e produttivo lo stabilimento di Parma;
da parte del gruppo Sidel non sarebbero state ancora fornite adeguate garanzie di tutela ai lavoratori dipendenti che saranno trasferiti a Dubai e Francoforte o che verranno trasferiti da Sidel a Gebo Cermex. In tale prospettiva il gruppo dovrebbe garantire i livelli occupazionali e regolamentare il rientro da Dubai e Francoforte –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza degli intendimenti del gruppo Sidel circa il piano di riorganizzazione industriale degli stabilimento in Italia e se non ritengano di perseguire, di concerto con la proprietà, le organizzazioni sindacali e i partecipanti al tavolo istituzionale istituito dall'amministrazione provinciale di Parma, ogni utile iniziativa volta ad assicurare il mantenimento della capacità produttiva degli stabilimenti in Italia (in particolare di Parma e Verona) con l'obiettivo di salvaguardare i livelli occupazionali, il know-how e la tutela di un pezzo rilevante di industria manifatturiera simbolo del «made in Italy», anche attraverso la richiesta all'azienda di presentazione di un piano industriale. (4-00174)
DI LELLO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
si apprende dalla stampa e da molteplici fonti che starebbe per essere approvato dal Consiglio dei Ministri lo schema di decreto del Presidente della Repubblica da sottoporre alla firma del Presidente della Repubblica che attua l'articolo 138 del codice delle assicurazioni private e che rimodula la tabella nazionale per i risarcimenti dei danni biologici causati da incidenti stradali o a seguito di malasanità;
la notizia ha determinato forti preoccupazioni e susseguente mobilitazione di larga parte dell'opinione pubblica, di associazioni dei consumatori, associazioni dei familiari delle vittime della strada, dell'Associazione forense, del Cupsit (Comitato unitario patrocinatori stragiudiziali) i quali stanno rivolgendo appelli ai più alti vertici istituzionali affinché il decreto non venga emanato;
l'entrata in vigore delle nuove tabelle comporterà la diminuzione e, in alcuni casi, il dimezzamento dei risarcimenti dei danni biologici costringendo, eventualmente, le vittime ad affrontare lunghi e incerti contenziosi al fine di ottenere un maggiore importo;
con il pretesto di operare in nome della eliminazione delle disparità di trattamento dei risarcimenti tra le varie aree del Paese, il decreto per il taglio dei risarcimenti alle vittime, ad avviso dell'interrogante, si viene a sostanziare invece come un'azione fatta esclusivamente in favore delle assicurazioni private che vedono tutelati con i risparmi i propri utili di bilancio;
per tutelare i richiamati interessi delle Compagnie il decreto in questione trascura quanto stabilito dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 12408 del 7 giugno 2011) che ha esteso a tutto il territorio nazionale le tabelle, aggiornate, applicate dal tribunale di Milano;
il decreto secondo l'interrogante si pone altresì in contrasto con quanto deciso dal Parlamento il 26 ottobre 2011 approvando a larghissima maggioranza una mozione che invita il Governo «a definire un nuovo regolamento utilizzando come valido criterio di riferimento i valori previsti nelle tabelle del tribunale di Milano» –:
se non si intenda far proprie le questioni e i rilievi illustrati in premessa;
se non si intenda accantonare l'approvazione del decreto necessitando esso di una ulteriore accurata riflessione che tenga conto delle numerose e motivate istanze che giungono da ogni parte;
se non si reputi il rinvio necessario anche in considerazione del fatto che l'attuale Governo si accinge a normare una così delicata materia che desta forte apprensione sociale operando esso in regime di prorogatio e per la normale amministrazione. (4-00181)
NESCI, BARBANTI, DIENI, PARENTELA, NUTI, CURRÒ, RUOCCO, BARONI, GRILLO, D'UVA, CASO, DA VILLA, AGOSTINELLI, MANTERO, LUPO, TOFALO, BUSTO, ZOLEZZI, LOREFICE, COLONNESE, BASILIO, MANNINO, COLLETTI, DE ROSA, SARTI, MANLIO DI STEFANO, LUIGI DI MAIO, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, BECHIS, BALDASSARRE, BUSINAROLO, FICO, LOMBARDI, CARINELLI, BRUGNEROTTO e ZACCAGNINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
con delibera dell'8 marzo 2005 la regione Calabria ha espresso parere favorevole riguardo alla realizzazione di un progetto congiunto – avanzato separatamente nel 2003 da due distinte società – riguardante un rigassificatore nell'area portuale di Gioia Tauro (Gioia Tauro-Rosarno-San Ferdinando);
con istanza del 16 marzo 2005 la società LNG Medgas Terminal s.r.l., già referente del suindicato progetto congiunto, ha chiesto al Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 340 del 2000, l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di un terminale di rigassificazione e di gas naturale liquefatto, nella fattispecie della capacità di 12 miliardi di metri cubi annui, espandibili a 16, e delle relative opere connesse da ubicare nell'area portuale/industriale sopra detta;
la programmazione del CIPE del 13 novembre 2003, relativa all’hub interportuale di Gioia Tauro, ha collegato la cosiddetta «piastra del freddo» alla realizzazione del suddetto rigassificatore e la regione Calabria ha recepito nel PEAR del 14 febbraio 2005 le indicazioni governative di cui al citato documento;
il 20 settembre 2005 nella prima Conferenza di servizi sono stati espressi i pareri favorevoli preliminari di diversi enti e amministrazioni;
con delibera del 31 luglio 2006, la regione Calabria ha rilasciato l'intesa Stato-regione, subordinata, per il progetto in parola, all'ottenimento della VIA regionale e nazionale, intesa in seguito perfezionata con protocollo del 13 maggio 2009 tra ente e società proponente;
il 7 agosto 2007 il CTR Calabria ha rilasciato il nulla osta di fattibilità (NOF);
il 17 settembre 2008 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, ha provveduto per l'atto di VIA, che ha recepito un remoto studio di impatto ambientale (SIA), peraltro riferito a parametri relativi a diversa zona, nello specifico Lamezia Terme;
nel dicembre 2009 la seconda conferenza di servizi si è conchiusa con l'acquisizione delle autorizzazioni, pareri e nulla osta degli enti e amministrazioni interessati;
in ordine alla procedura di consultazione delle popolazioni, con richiesta del 21 dicembre 2009, depositando 671 firme, il comitato «Rigassificatore: Voce ai Cittadini» di San Ferdinando ha chiesto un referendum popolare, respinto dalla commissione straordinaria del municipio con nota del 2 febbraio 2010, prot. n. 1342, sul presupposto che, secondo quanto previsto nell'articolo 8 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e nell'articolo 20 dello statuto comunale, l'istituto del referendum è riservato alle sole materie di competenza locale;
nell'aprile 2010 il Ministero dello sviluppo economico ha prodotto la determina positiva di fine procedimento, tenendo una riserva sulla possibilità di autorizzazione dell'impianto, pur senza il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da rendere nell'ambito della procedura di concessione demaniale;
nel luglio 2010, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha emesso un parere interlocutorio negativo (voto n. 33 del 23 luglio 2010) sul progetto, richiedendo documentazione integrativa, in specie in ordine alle opere a mare (indagini geologiche, geotecniche e sismiche);
il territorio interessato ha vocazione turistica e, allo stato non risultano elementi che possano escludere con certezza una eventuale, irreversibile modificazione dell'ecosistema interessato dal rigassificatore, che peraltro disincentiverebbe anche l'attività di pesca a contrasto di fenomeni mafiosi;
nel gennaio 2011 il responsabile del procedimento unico del terminale gas naturale liquefatto (GNL) di cui si tratta ha notificato agli enti ed amministrazioni interessati la determina del Ministero dello sviluppo economico di cui più sopra ed ha poi redatto, nel giugno del medesimo anno, il decreto interministeriale di autorizzazione dell'impianto e delle opere connesse;
il 22 giugno 2012, in ordine all'adeguamento progettuale relativo al voto n. 33 del 23 luglio 2010, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha espresso ulteriore parere negativo sull'opera in questione, preliminarmente considerando la particolare sismicità del territorio interessato e di seguito articolando una serie di questioni non chiare a proposito delle richieste indagini;
il cosiddetto decreto sviluppo 2012, precisamente dello stesso 22 giugno, all'articolo 38 comma 1-bis ha reso eventuale il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, prevedendo sic una specifica tempistica di silenzio-assenso e disponendo che il conseguimento dell'autorizzazione alla costruzione e gestione di terminali di rigassificazione di GNL in area demaniale, portuale o limitrofa costituisce titolo per il rilascio della concessione demaniale;
nella procedura qui riassunta manca la valutazione ambientale strategica, nello specifico prevista dalla normativa vigente per impianti come quello in questione, anche in considerazione della presenza, nella zona considerata, di altri impianti a forte impatto ambientale (un inceneritore in fase di raddoppio, una centrale di tipo turbogas, una centrale a biomasse, un depuratore di grandi dimensioni, due discariche già sature e una terza in fase di apertura, un elettrodotto ad alta tensione che attraversa il territorio);
secondo una nota del 20 marzo 2013 del sindaco di Gioia Tauro, depositata nello stesso giorno in sede di autorità e comitato portuale, taluni atti presentati dal proponente LNG all'autorità portuale per ottenere la concessione demaniale difetterebbero dei requisiti previsti dall'articolo 18, punto 6, della legge n. 84 del 1994, relativamente a un programma di attività assistito da idonee garanzie, anche di tipo fideiussorio, volte all'incremento dei traffici e alla produttività del porto nonché a garantire i cittadini e i territori da eventuali pericoli da incidenti;
per la nota di cui sopra del sindaco di Gioia Tauro, il piano di fattibilità tecnico-economico del proponente LNG risulterebbe carente in ordine alle informazioni sul know how dell'azienda, con rinvio, nel merito, alla Oil&Gas company, che doveva entrare in società ma allo stato non risulta esserci detta partecipazione;
a rigore, nella documentazione presentata dal proponente LNG non si riscontrano riferimenti immediati a un proprio mercato del gas, una volta realizzato l'impianto;
il 20 marzo 2013 il Comitato portuale ha deliberato la concessione demaniale quarantennale in capo al proponente, nell'attesa che la prefettura di Roma rilasciasse la certificazione antimafia;
ad oggi non è stato ancora approntato il piano energetico nazionale, dopo il referendum del 2011 con cui la maggioranza degli italiani si è espressa contro la produzione di energia tramite centrali nucleari;
il documento riguardante la strategia energetica nazionale, approvato di recente dal Ministro dello sviluppo economico e dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, prevede, secondo notizie dell'agenzia di stampa Adnkronos (14 marzo 2013), un miliardo di euro di incentivi per rigassificatori, prelevati dalla bolletta dei cittadini e spalmati in 10 anni;
ulteriori incentivi per i rigassificatori si desumono dalla delibera 178/05 dell'Aeeg (Autorità per l'energia elettrica e il gas), che assicura, anche in caso di mancato utilizzo dell'impianto, la copertura di una quota, oggi pari all'80 per cento, per un periodo di 20 anni –:
di quali elementi informativi disponga il Governo con riferimento alla richiamata vicenda e quale sia la propria valutazione con riguardo agli aspetti di competenza;
se non ritenga opportuno che venga sospesa la procedura, in attesa che il Consiglio superiore dei lavori pubblici esprima il suo parere;
se non ritenga necessaria una consultazione delle popolazioni interessate, finora esclusa per il comune di San Ferdinando;
se non ritenga essenziale che il proponente fornisca le garanzie fideiussorie previste dall'articolo 18 punto 6 della legge n. 84 del 1994;
se non ritenga inopportuna la concessione demaniale in assenza di certificazione antimafia, in un territorio a forte condizionamento come la Calabria;
se non ritenga doveroso rivedere la procedura nel complesso, anche alla luce delle criticità sollevate in premessa, in particolare circa la mancanza della valutazione ambientale strategica e in ordine alla sicurezza della popolazione e del territorio;
se non ritenga che il rapporto costi-benefici dell'opera debba essere effettivamente vantaggioso e non comportare un aumento delle tariffe di servizio a carico dei cittadini utenti. (4-00184)
Apposizione di firme a mozioni.
La mozione Speranza e altri n. 1-00003, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 marzo 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Boccuzzi, Blazina, Taricco, Marco Di Maio, Rigoni, Damiano; Cinzia Maria Fontana, Fabbri, Chaouki, Carra, Bruno Bossio, Donati, Antezza, Cardinale, Murer, Lattuca, Piccoli Nardelli, Michele Bordo, Biffoni, Realacci, Giovanna Sanna, Naccarato, D'Ottavio, Carrescia, Tino Iannuzzi, Mura, Giacomelli, Galperti, Fiano, Fontanelli, Giulietti, Basso, Fanucci, Zardini, Gnecchi, Mosca, Lodolini, Fedi, Verini, Mongiello, Salvatore Piccolo, Carella, Misiani, Velo, Baruffi, Berretta, Rosato, Ginefra, Sereni, Martella, Taranto, Losacco, Ghizzoni, Carrozza, Pes, Bini, Ferranti, Moretti, Braga, Gadda, Maestri, Senaldi, Dal Moro, Giacobbe, Tullo, Manzi, Quartapelle Procopio, Marantelli, Bonaccorsi, Patriarca, Pistelli, Benamati, Marchi, Zappulla, D'Incecco, Coscia, Gozi, Morani, Culotta, Ribaudo, Zoggia, Terrosi, Bargero.
La mozione Baretta e altri n. 1-00006, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 marzo 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Mariastella Bianchi, Mazzoli.
La mozione Speranza e altri n. 1-00007, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 marzo 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bini, Leva.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta scritta Mauri e altri n. 4-00130, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 aprile 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mosca.
L'interrogazione a risposta scritta Bruno Bossio e altri n. 4-00144, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 aprile 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bruno.
Ritiro di un documento del Sindacato Ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Decaro n. 4-00099 del 25 marzo 2013.