XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 8 di martedì 9 aprile 2013

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

      La seduta comincia alle 15,05.

      GIANPIERO BOCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 2 aprile 2013.
      (È approvato).

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Balduzzi, Gregorio Fontana, Formisano, Merlo, Pes e Pisicchio sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
      Pertanto i deputati in missione sono complessivamente nove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

      Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della costituzione di un gruppo parlamentare.

      PRESIDENTE. Avverto che, in data 3 aprile 2013, è pervenuta alla Presidenza la comunicazione che, ai sensi dell'articolo 14, comma 2, del Regolamento, si è costituito il gruppo parlamentare Fratelli d'Italia, di cui fanno parte i seguenti deputati, già appartenenti al gruppo parlamentare Misto: Edmondo Cirielli, Massimo Enrico Corsaro, Ignazio La Russa, Pasquale Maietta, Giorgia Meloni, Gaetano Nastri, Fabio Rampelli, Marcello Taglialatela e Achille Totaro.
      È stata eletta presidente la deputata Giorgia Meloni, che si è riservata di comunicare successivamente gli altri componenti del comitato direttivo.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di gruppi parlamentari e affidamento dei poteri attribuiti dal regolamento nell'ambito di un gruppo parlamentare.

      PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 27 marzo 2013, il presidente del gruppo parlamentare Sinistra Ecologia Libertà ha reso noto che sono stati nominati segretario la deputata Ileana Piazzoni e tesoriere il deputato Sergio Boccadutri.
      Comunico che, con lettera pervenuta in data 8 aprile 2013, il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ha reso noto che ai deputati Dalila Nesci e Giuseppe D'Ambrosio è stato affidato l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera.

Modifica nella composizione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto.

      PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 8 aprile 2013, la Pag. 2deputata Fucsia Fissoli, già iscritta al gruppo parlamentare Scelta Civica per l'Italia, ha chiesto di aderire alla componente politica «MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero» costituita all'interno del gruppo parlamentare Misto.
      Il rappresentante di tale componente, con lettera in pari data, ha comunicato di avere accolto la richiesta.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione.

      PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza, con lettera in data 8 aprile 2013, il seguente disegno di legge: «Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2013, n.  35, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali » (A.C. 676).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,09).

      PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori.

      ROBERTA LOMBARDI. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ROBERTA LOMBARDI. Signor Presidente, la Conferenza dei presidenti di gruppo ha convenuto di procedere all'istituzione a norma dell'articolo 22, comma 2, del nostro Regolamento di una Commissione speciale per l'esame di alcuni atti del Governo aventi significativi effetti economico-finanziari e per i quali sono state ravvisate ragioni di urgenza nell'intervallo tra la costituzione delle Camere e quella delle Commissioni permanenti.
      Poiché è stata messa in dubbio la possibilità di procedere alla costituzione delle Commissioni parlamentari, non essendo ancora costituito un Governo legato ad un rapporto di fiducia con le Camere, vi elenchiamo di seguito le norme del Regolamento della Camera dei deputati che si occupano della materia: articolo 19 del Regolamento della Camera dei deputati, a norma del quale le Commissioni sono formate in modo da rispettare la proporzione tra i gruppi che distribuiscono a tal fine tra queste i propri componenti; articolo 20 del Regolamento della Camera dei deputati, che prescrive che le Commissioni si costituiscono eleggendo il presidente ed un ufficio di presidenza e, per quanto concerne i meccanismi di elezione del presidente, statuisce: «Nell'elezione del presidente, se nessuno riporti la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti. Nel caso di parità...» eccetera.
      Dall'esame delle fonti normative, tra cui anche gli articoli 64, 72, 82 e 94 della Costituzione, si evince che l'unico requisito per la costituzione delle Commissioni permanenti è la proporzione tra i gruppi parlamentari: nessun riferimento alla proporzione tra maggioranza e opposizione, neanche per l'elezione dei presidenti delle Commissioni.
      A suffragio della nostra tesi vogliamo portare a vostra conoscenza i precedenti del 1976, del 1979 e del 1992.
      Il gruppo parlamentare 5 Stelle ha già comunicato alla Presidenza della Camera i nomi dei componenti delle quattordici Commissioni. Pertanto riteniamo che debba essere ripristinata la regolarità prevista dal Regolamento, dando immediata esecuzione alla designazione dei componenti delle Commissioni permanenti.
      Ciò permetterebbe a tutto il Parlamento, nonostante il perdurare del Governo Monti, di lavorare a pieno ritmo per Pag. 3uscire da questa situazione di stallo, in cui i cittadini italiani attendono risposte e proposte da noi che in questa sede li rappresentiamo.
      Dunque, pretendiamo che il Parlamento, in quanto organo costituzionale e massima sede rappresentativa del popolo sovrano, acquisti piena funzione legislativa attraverso la costituzione delle Commissioni permanenti.
      Qualora le motivazioni fin qui esposte non siano sufficienti a convincere il Presidente della Camera dell'improrogabilità dell'avvio delle Commissioni permanenti e, quindi, dell'inutilità dell'integrazione delle competenze della Commissione speciale, invitiamo l'Ufficio di Presidenza a sospendere questa seduta e a convocare immediatamente la Giunta per il Regolamento al fine di emanare velocemente due pareri: il primo, considerati gli articoli della Costituzione e del Regolamento e i precedenti suesposti, è se, nonostante tutti questi elementi, esistano condizioni di legittimità che ostino all'insediamento delle Commissioni permanenti; in secondo luogo, chiediamo un parere sulla regolarità di un'estensione dei poteri della Commissione speciale in considerazione del blocco ingiustificato delle Commissioni permanenti.
      Concludiamo ribadendo che è nell'interesse dei cittadini che una Commissione speciale sia veramente tale e non si sostituisca al Parlamento nella sua funzione legislativa e che, quindi, porti urgentemente a termine i lavori per i quali è stata creata e che subito dopo venga immediatamente sciolta (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

      PRESIDENTE. Sulla questione sollevata dal presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle Lombardi, faccio presente, com’è noto al presidente Lombardi e a tutti gli altri presidenti degli altri gruppi parlamentari, che la questione è stata già discussa in diverse riunioni della Conferenza dei presidenti di gruppo e anche nella Conferenza dei presidenti di gruppo di oggi, che la Presidenza ha convocato per giovedì prossimo, 11 aprile, la Giunta per il Regolamento.
      In quella sede, pertanto, l'argomento adesso sollevato di nuovo dal presidente Lombardi potrà essere ulteriormente preso in esame e approfondito. Questo per quanto riguarda la prima parte dell'intervento del presidente Lombardi.
      Ovviamente, il presidente Lombardi ha posto un'altra questione, una richiesta di rinvio, ai sensi dell'articolo 41 del Regolamento, dell'esame relativo al punto all'ordine del giorno che prevede il conferimento di ulteriori poteri alla Commissione speciale.
      Se questa è la proposta che ci è stata posta dal presidente del gruppo MoVimento 5 Stelle, non è l'Ufficio di Presidenza a decidere. La Presidenza non può fare altro che, dopo aver sentito un intervento a favore ed uno contro, sottoporre a votazione la richiesta di rinvio presentata dal gruppo MoVimento 5 Stelle.
      Pertanto, c’è qualcuno che chiede di intervenire a favore della proposta ? Chiede di parlare a favore della proposta l'onorevole Toninelli. Prego, ne ha facoltà.

      DANILO TONINELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, ribadendo che il criterio guida nella costituzione delle Commissioni e delle Giunte è quello della proporzionalità rispetto ai gruppi, combinato con il criterio della rappresentatività dei medesimi, e poiché né il Regolamento né la Costituzione impongono il rispetto degli equilibri di maggioranza e di opposizione, rinnoviamo il nostro invito all'immediata costituzione delle Commissioni permanenti.
      Sappiamo perfettamente – e lo devono sapere tutti i cittadini italiani – che non volete creare le Commissioni prima della formazione del Governo, in quanto per voi – e per voi intendo la partitocrazia – le presidenze delle Commissioni sono poltrone destinate agli esclusi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti)...

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      PRESIDENTE. Vada avanti, prego.

      DANILO TONINELLI. Per voi le presidenze delle Commissioni sono poltrone destinate agli esclusi da incarichi di Governo, che ivi dovranno sedere e che potranno usufruire delle ulteriori ingentissime indennità.
      Chiunque di voi non voglia oggi creare subito le Commissioni permanenti ne dovrà rispondere direttamente a tutti i cittadini italiani. Dovrete spiegare loro perché la macchina legislativa costituita dal Parlamento e che costa milioni di euro al giorno è, a causa vostra, completamente bloccata.
      Dovrete spiegare a quell'Italia a cui l'ossigeno sta finendo, a quell'Italia che sta fallendo perché non la volete aiutare e, a causa del vostro attaccamento alle poltrone, la state lasciando morire (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Chiedo se c’è qualcuno che vuole intervenire contro.

      ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare contro.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ROCCO BUTTIGLIONE. Caro Presidente...

      PRESIDENTE. Buongiorno !

      ROCCO BUTTIGLIONE. Buongiorno ! Lo ha detto il Papa, lo diciamo anche noi !
      Signor Presidente, mi rendo conto che per qualcuno qui è difficile capire un discorso un filo più articolato e che non parli di poltrone. Però, vorrei ricordare che la nostra Costituzione ha una struttura e che il contenuto della Costituzione si deduce non solo da quello che è il contenuto letterale, ma anche dal sistema delle norme che compongono la Costituzione.
      La nostra è una Costituzione parlamentare, non assembleare: «parlamentare» vuol dire che c’è un Governo e che la responsabilità politica complessiva dell'indirizzo della legislazione tocca al Governo. È il Governo, rappresentanza della maggioranza parlamentare, il quale riesce a contenere le diverse iniziative di legge all'interno di un disegno. Altrimenti, può capitare che si fanno tante leggi buone e si manda in rovina il Paese, perché non sono compatibili l'una con l'altra e non sono contenute da un disegno politico generale.
      Questo è il motivo per cui, nelle democrazie parlamentari – lo ripeto: parlamentari –, prima si fa il Governo e, poi, si fanno le Commissioni, mentre, nelle democrazie assembleari, l'Assemblea fa quello che vuole.
      Dal tempo della Rivoluzione francese, cioè dal 1794, di Governi assembleari in Europa non ce ne sono più; e quando ci furono, portarono al Gran Terrore – vi ricordate ? A scuola abbiamo studiato tutti il Gran Terrore, la ghigliottina – proprio per l'incapacità di riuscire a dare un indirizzo politico e per le contraddizioni enormi che ne derivarono.
      Allora, in primo luogo, non è possibile fare le Commissioni se non si fa prima un Governo, e chi vuole sottrarsi alla responsabilità politica del non dare un Governo al Paese cerca l’escamotage di dire «facciamo le Commissioni». No, amici miei: o si fanno le Commissioni o si fanno le elezioni ! Così funzionano le democrazie parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia, Partito Democratico e Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). O si fanno i Governi oppure si fanno le elezioni.
      Qualcuno qui non vuole assumersi la responsabilità del proprio ostruzionismo che impedisce di formare il Governo e dice «facciamo le Commissioni». Non è possibile, è contrario al buonsenso, è contrario alla struttura della Costituzione italiana.
      E allora, va bene la proposta, forse, di creare più di una Commissione straordinaria, se esistono ragioni di necessità e di urgenza che lo impongono. Vi immaginate un Governo il quale non ha la fiducia del Parlamento e, quindi non ha titolo per dire su un disegno di legge parlamentare Pag. 5se è d'accordo o non è d'accordo, perché è un disegno di legge parlamentare che fuoriesce dall'ordinaria amministrazione ? Deve tacere. E quando tace, chi è che assicura il coordinamento dell'attività legislativa del Parlamento ? Lo assicurate voi, amici miei ? No, non lo assicura nessuno.
      Allora, se esistono gli estremi per farlo, sì a Commissioni le quali collaborino ad affrontare situazioni di necessità e di urgenza che il Governo presenta al Parlamento; sì, forse, a Commissioni di controllo, perché ci sono diversi tipi di Commissioni; ma no all’escamotage di nascondere, attraverso la costituzione delle Commissioni, la propria incapacità di collaborare a dare un Governo al Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia, Partito Democratico e Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

      PRESIDENTE. Grazie, onorevole Buttiglione.
      Quindi, prima di porre in votazione la richiesta di rinvio, solo per completamento e correttezza, preciso che il punto all'ordine del giorno di cui si chiede il rinvio non è la costituzione di un'ulteriore Commissione speciale che affronti altri argomenti, ma l'integrazione dei poteri dell'unica Commissione speciale, che permetta, quindi, di affrontare anche i successivi provvedimenti che arriveranno in Parlamento.

      GENNARO MIGLIORE. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ha parlato uno a favore e uno contro, onorevole Migliore, quindi, credo che il Regolamento preveda che io debba adesso porre in votazione la richiesta. Non ci sono dichiarazioni di voto su questo, poi, magari, potrà intervenire sull'ordine dei lavori.
      Passiamo ai voti.
      Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio ad altra data dell'esame del punto all'ordine del giorno della seduta odierna dell'Assemblea così come richiesto dall'onorevole presidente Lombardi.
      Essendo la prima votazione per i nuovi colleghi parlamentari, se qualcuno ha difficoltà nel votare lo segnali alzando la mano in modo che gli uffici possano intervenire a sbloccare il sistema.
      Onorevole Polverini... i colleghi a fianco l'aiutino ! Aspettiamo un attimo... Ministro Catania, onorevole Bianchi; il collega Frusone ha votato ? Scusate è la prima volta... lasci la tessera, sollevi e riabbassi... Onorevoli Nesci, Colonnese... Se gli assistenti possono aiutare i colleghi... Onorevoli Fitto, Catania e Monaco. Ministro, ha votato ? Sollevi un attimo il dito, è abilitato, può votare, non deve schiacciare... Sblocchiamo il meccanismo di voto dell'onorevole Monaco. Onorevoli Buonanno, Piepoli, Daniele Farina... Ecco altri tre colleghi, li aspettiamo. Sblocchiamo il meccanismo di voto dell'onorevole Mattiello... Dobbiamo aspettare l'onorevole Nesci, perché deve sostituire l'apparecchio. È la prima votazione di questa legislatura, onorevole La Russa... anche lei, sia paziente. Onorevole Fossati; buonasera, onorevole Leone. Registriamo il voto dell'onorevole Nesci, che ovviamente vota a favore della proposta. Onorevole Baretta, ha votato ? Bene.
      È chiusa la votazione.
      (È respinta).

      La Camera respinge per 308 voti di differenza.
      Dobbiamo ora andare avanti con l'ordine del giorno, ma prima ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

      SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, colleghi, sono passati 43 giorni dalle elezioni e non abbiamo visto ancora nascere il nuovo Governo. Il vecchio Governo, dimissionario, che ha ricevuto la sua ultima fiducia nella passata legislatura (esattamente lo scorso 21 dicembre) è in carica solo per il disbrigo degli affari correnti. Il dibattito, a tratti surreale, di cui abbiamo Pag. 6avuto una testimonianza qualche minuto fa, si è acceso da qualche tempo sul tema della costituzione delle Commissioni permanenti e oggi vede un gruppo, almeno per quanto si apprende dagli organi di stampa, avanzare la minaccia di occupare quest'Aula. Ciò è solo un effetto scomposto e improvvisato di una causa assai più grave: il fatto che ancora non si sia dato vita – lo ripeto –, a 43 giorni dalle elezioni, ad un Governo politico dotato di pieni poteri, che possono essere fondati esclusivamente sulla fiducia del nuovo Parlamento. Dopo la costituzione di un Governo nella pienezza dei propri poteri, ha senso – lo ha spiegato prima bene il collega Buttiglione – dar vita alle Commissioni permanenti ed avviare l'attività legislativa ordinaria. Ma il fatto grave non è che non siano «partite» le Commissioni, ma che non ci sia ancora un Governo.
      Non esiste una situazione – lo dico ai colleghi del gruppo MoVimento 5 Stelle – per cui da un lato ci sono i volenterosi che voglio lavorare e costituire le Commissioni permanenti anche senza Governo, e dall'altro gli altri, brutti, cattivi e magari anche fannulloni, che vogliono bloccare tutto per chi sa quali trame oscure o giochi di potere. Non è così. C’è, invece, chi vuole rispettare la Costituzione, le regole, la prassi istituzionale consolidata, per le evitare di aggiungere ulteriore confusione istituzionale e procedurale allo stallo politico che c’è e che ha precise responsabilità. Ed è su queste responsabilità che intendo soffermarmi un istante. Le elezioni hanno avuto un esito tutt'altro che univoco. Giusto per la cronaca, Silvio Berlusconi, che nel 2008 le elezioni le ha vinte in modo netto, ricevette l'incarico dopo 24 giorni, e lo stesso giorno formò il Governo consegnando al Capo dello Stato la lista dei Ministri.
      In questa fase, come nel 2006, il centrodestra, all'indomani della consultazione elettorale ha fatto un gesto di responsabilità politica offrendo la propria disponibilità a partecipare ad un Governo di larghe intese per rispondere alle esigenze del Paese. Come nel 2006 anche oggi la risposta della sinistra si è rivelata pregiudiziale ed arrogante. Ecco, in questo atteggiamento, portato avanti sino ad oggi dal segretario del PD, Bersani, risiede la ragione dello stallo politico ed istituzionale che viviamo in questi giorni; uno stallo che, fatta salva la qualità delle persone, ha portato il centrosinistra ad eleggere propri rappresentanti in entrambe le Presidenze dei due rami del Parlamento e che per essere superato non necessita né di alchimie da prima Repubblica né di furbate avventuriste come quella di chi spera di eleggersi un nuovo Capo dello Stato che rimandi l'attuale leader del PD alle Camere a trovarsi una maggioranza numerica purchessia. Per questo oggi – lo dico ai colleghi del MoVimento 5 Stelle – non ha granché senso che voi occupiate quest'Aula: concettualmente dovreste «occupare» Pier Luigi Bersani, magari in diretta streaming (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
      Chissà che non riusciate almeno voi a provocargli un sussulto di responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

      GENNARO MIGLIORE. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, colleghe e colleghi, signori del Governo, intervengo evitando di utilizzare questo spazio per fare dei proclami, ma per rappresentare una condizione che, per quanto ci riguarda, è molto importante e che mi preme, anche dopo l'intervento dell'onorevole Buttiglione. Noi non siamo d'accordo, e abbiamo votato per questo contro, a sospendere questa seduta, esclusivamente per l'importanza e per la rilevanza delle decisioni che andiamo a prendere. Cerchiamo sempre di non utilizzare quest'Aula come un megafono, ma nella sua valenza istituzionale precipua, e cioè per quello che serve fuori da qui.
      Per questo motivo, dico allo stesso modo che ringrazio anche il MoVimento 5 Pag. 7Stelle per avere proposto ancora una volta il tema delle Commissioni permanenti, perché noi lo condividiamo e riteniamo che ci possano essere degli strumenti per addivenire a questa soluzione, ma che il risultato a cui saremmo arrivati, è bloccare ancora, ulteriormente, l'attività del Parlamento.
      Proprio per questo motivo, mi preme anche sottolineare il fatto che noi non siamo d'accordo ad estendere, neanche per ipotesi, una sequenza e una pletora di nuove Commissioni speciali, perché queste Commissioni speciali a quel punto effettivamente esautorerebbero il lavoro del Parlamento. Abbiamo l'impellenza e l'urgenza di dare un Governo al Paese. Mi dispiace che il PDL non si renda conto che questa condizione è impedita – diciamo così – anche da responsabilità che attengono alla divisione oggettiva che c’è all'interno del Parlamento, ma sappiate che, se voi avete una ambizione di chiamare «di responsabilità» un Governo, noi abbiamo buona memoria e per questo non l'accetteremo (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Ho altri due iscritti a parlare sull'ordine dei lavori. Suggerisco ai colleghi, considerato che l'oggetto della deliberazione è quello dell'integrazione della competenza della Commissione speciale già istituita, ovviamente il dibattito nel merito potrà essere svolto quando entreremo nel merito della deliberazione.

      ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ETTORE ROSATO. Signor Presidente, lei mi ha anticipato, nel senso che noi riteniamo che il primo modo per rispettare le istituzioni sia dedicare lo spazio giusto nel momento giusto. Se questo vuole essere momento di «varie ed eventuali», in cui ognuno di noi fa le sue considerazioni sulla situazione politica, vi partecipiamo volentieri...

      PRESIDENTE. Al termine della seduta...

      ETTORE ROSATO. Probabilmente è meglio farlo al termine della seduta dando una regolarità. Dico solo che noi siamo qui per fare in tempi rapidi quello che serve, dalla costituzione delle Commissioni al Governo, con la tempistica che questo Parlamento e la Costituzione ci dettano. Quindi, passerei volentieri al prossimo punto all'ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      MARIA MARZANA. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      MARIA MARZANA. Signor Presidente, il MoVimento 5 Stelle, oltre a ribadire l'attivazione delle Commissioni permanenti, vuole portare all'attenzione della Presidenza e di quest'Aula la posizione di incompatibilità, come da articolo 122 della Costituzione, che coinvolge un folto numero di parlamentari – oltre 50 – per via della doppia carica che ricoprono come deputato o senatore e presidenti di regione, assessori o consiglieri regionali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Vero è che non sono ancora scaduti i termini per operare l'opzione, ma è eticamente inaccettabile che questi parlamentari continuino imperterriti a percepire una doppia retribuzione (Commenti – Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Inoltre, data l'imminente elezione del nuovo Presidente della Repubblica, è quanto mai urgente intervenire per risolvere il problema del doppio mandato, non solo perché incompatibile con la Costituzione, ma anche perché altera la parità del voto dei grandi elettori, componenti di Camera e Senato e delegati regionali. Questa criticità è facilmente risolvibile. Infatti, nonostante la Presidente della Camera abbia disposto l'istituzione di una Giunta provvisoria per le elezioni, basterebbe che gli interessati comunicassero la propria Pag. 8incompatibilità ai Presidenti delle due Camere e l'incompatibilità cesserebbe immediatamente.
      Il MoVimento 5 Stelle chiede dunque alla Presidenza della Camera di sollecitare i parlamentari coinvolti a comunicare quanto prima la propria incompatibilità e ad optare per una sola delle cariche attualmente ricoperte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Onorevole Marzana, ovviamente riferirò al Presidente della Camera la sua richiesta, mentre, per quanto riguarda l'aspetto politico, tutti hanno ascoltato.

      MASSIMO ENRICO CORSARO. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, il gruppo Fratelli d'Italia si è astenuto sulla proposta avanzata dal MoVimento 5 Stelle sul tema della sospensione dei lavori, per aver posto, con temi analoghi, ancorché non completamente sovrapponibili, lo stesso argomento pochi minuti fa in sede esattamente di Commissione speciale, dove era in programma la votazione sul provvedimento sull'8 per mille, sul quale pure Fratelli d'Italia si è astenuto, perché non ci sfugge, signor Presidente, che la Commissione speciale è stata istituita, come dice il termine, per poterci consentire, nelle more della costituzione e della formazione di un Governo e, conseguentemente, delle Commissioni parlamentari, di svolgere degli adempimenti che siano inderogabili e che siano considerati di natura emergenziale sotto il profilo sociale ed economico.
      Così è stato nel caso di specie, quando si è trattato di deliberare sulla possibilità di erogare dei fondi perché la pubblica amministrazione possa pagare i propri debiti nei confronti delle imprese private, e così avrebbe dovuto essere ma – ne parleremo in quest'Aula – con minor successo sul tema degli esodati, sul quale pure, per l'ennesima volta – sarà il terzo provvedimento sul quale il Parlamento sarà impegnato per risolvere il disastro della riforma Fornero – il Governo ancora non è stato in grado di darci l'esatto dimensionamento della platea dei cittadini che soffrono dell'errore fatto dal Governo Monti e dal Ministro Fornero, ma certamente i requisiti di carattere emergenziale e di urgenza non possano essere ravvisati in alcun caso nel provvedimento sul quale la Commissione speciale è stata chiamata ad operare oggi, ovvero sull'individuazione delle modifiche dei criteri per i quali poter attribuire e distribuire i fondi per l'8 per mille, tema sul quale, per il corso di tutta la scorsa legislatura, la V Commissione (Bilancio) della Camera già si è trovata ad operare.
      Questo significa, signor Presidente, che è in corso un tentativo surrettizio di trasformare una Commissione che in parole e nei termini dovrebbe essere speciale, in una Commissione che, investendo l'operato di 45 colleghi deputati e dimenticando l'attività degli altri 585, si debba occupare di tutto e del contrario di tutto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Noi riteniamo, signor Presidente...

      PRESIDENTE. Onorevole Corsaro, la invito a concludere.

      MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Noi riteniamo che questo modo di operare non possa essere proseguito e che, per dare una risposta all'intervento del presidente Buttiglione, le Commissioni permanenti potrebbero anche essere al momento costituite con l'elezione del presidente, rimandando ad una fase successiva all'elezione del Presidente della Repubblica, argomento per il quale le Camere sono già convocate per il giorno 18, e il proprio insediamento sulla natura dei provvedimenti dei quali si devono occupare.

      PRESIDENTE. Ribadisco che dopo passeremo all'argomento sulla competenza della Commissione speciale e, poiché darò la parola per un intervento ad ogni gruppo Pag. 9per esprimere il proprio parere, si potranno sviluppare tutte le argomentazioni.

      ANDREA CAUSIN. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Per correttezza a questo punto c’è il collega Causin del gruppo Scelta Civica per l'Italia, però velocissimo, sennò non andiamo avanti. Gli altri interverranno a fine seduta. Ne ha facoltà.

      ANDREA CAUSIN. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori proprio per essere rapido, anche in relazione al problema sollevato dalla collega del MoVimento 5 Stelle: massima disponibilità ad affrontare anche il tema dei doppi incarichi, però dovremmo farlo in modo circostanziato. Nella maggior parte delle regioni si hanno ad esempio dieci giorni per i consiglieri regionali; il sottoscritto è decaduto il 24 marzo e non percepisce l'indennità dal giorno 15, giorno della proclamazione. Quindi bene questo dibattito, però preparatevi (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

Deliberazione sull'integrazione della competenza della Commissione speciale già istituita, con deliberazione dell'Assemblea del 26 marzo 2013, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del Regolamento (ore 15,40).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la deliberazione sull'integrazione della competenza della Commissione speciale già istituita, con deliberazione dell'Assemblea del 26 marzo 2013, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del Regolamento.
      Nella seduta del 26 marzo 2013 l'Assemblea ha deliberato, a norma dell'articolo 22, comma 2, del Regolamento, l'istituzione di una Commissione speciale per l'esame di alcuni atti del Governo aventi significativi effetti economico-finanziari e per i quali sono state ravvisate ragioni di urgenza.
      Con lettera del 28 marzo scorso il presidente della Commissione speciale, onorevole Giancarlo Giorgetti, ha rappresentato a nome dei rappresentanti dei gruppi l'opportunità di estendere la competenza della Commissione all'esame del provvedimento di urgenza in materia di debiti delle pubbliche amministrazioni, di cui il Governo aveva preannunciato la presentazione.
      Non essendosi registrato un orientamento unanime in proposito nella Conferenza dei presidenti di gruppo del 3 aprile scorso, l'Assemblea è oggi chiamata a deliberare in ordine alla proposta di integrare la competenza della Commissione speciale con l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 8 aprile 2013, numero 35, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.
      Avverto inoltre che, nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, non essendosi del pari riscontrata l'unanimità dei gruppi sulla richiesta del Governo di integrare la competenza della Commissione speciale sui seguenti atti dell'Esecutivo: schema di decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per l'individuazione delle manifestazioni da abbinare alle lotterie nazionali; tabella triennale 2012-2014, relativa ai soggetti beneficiari dei finanziamenti per iniziative per la diffusione della cultura scientifica; schema di riparto del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca per il 2013, porrò in votazione la proposta nel suo complesso.
      Per agevolare il computo dei voti, procederemo con il sistema elettronico senza registrazione dei nomi.
      Sulla proposta di integrazione della competenza della Commissione speciale, prima di passare alla votazione, darò la parola ad un oratore contro e ad uno a favore.

      GIRGIS GIORGIO SORIAL. Chiedo di parlare.

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      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, colleghi deputati, concordo con quello che è stato detto in merito al fatto che la nostra Costituzione è una Costituzione parlamentare – è stato detto da un collega qui presente – e che la nostra è una democrazia parlamentare e, proprio per questo, voglio ribadire che il criterio guida nella costituzione delle Commissioni e delle Giunte è quello della proporzionalità rispetto ai gruppi, combinato con il criterio di rappresentatività dei medesimi e, poiché né il Regolamento né la Costituzione impongono rispetto degli equilibri maggioranza-opposizione, rinnoviamo il nostro invito all'immediata costituzione delle Commissioni permanenti.
      Poi mi rivolgo a tutti voi, signori colleghi, e vi faccio una domanda: vi rendete conto che la richiesta di ampliamento dei poteri di una Commissione speciale è, di fatto, un modo per bypassare le Commissioni permanenti e quindi i poteri del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? State per trasformare, con questa votazione, la Repubblica parlamentare in un'oligarchia. È forse questa una riforma costituzionale ? È qui la gravità di questo sistema che ci volete far votare. Votare a favore significa sopprimere la dignità di ogni parlamentare, la nostra funzione ed il nostro ruolo per il bene del Paese. Che ci stanno a fare quindi le quattordici Commissioni permanenti e i funzionari della Camera dedicati a questi organismi fondamentali per la nostra democrazia e che, peraltro, gravano sui cittadini con ingentissimi costi ?
      Sarebbe anche un precedente pericolosissimo di quelle che noi definiamo cattive abitudini perché confligge con quelle regole di diritto parlamentare e di buona politica che noi ci proponiamo di rispettare e che rispecchiano i valori riconosciuti e tutelati dalla nostra amata Costituzione. Si tratta di un esproprio della nostra democrazia, di un atto di imperio, che esautora il Parlamento e le Commissioni legislative, che sono il cuore pulsante delle funzioni che gli sono proprie, ossia: legiferare.
      Ci sembra importante rilevare che le forze politiche che voteranno a favore di questa inaccettabile richiesta di ampliamento dei poteri di una Commissione speciale, sveleranno, per l'ennesima volta, la connivenza di fatto ed il reciproco sostegno, nel mantenere un'oligarchia, non invece l'interesse dei cittadini.
      Mi permetto inoltre di rivolgermi a chi ha parlato di brutti e cattivi che non rispettano le regole. Vi ricordo che i brutti e cattivi non è solo oggi che non rispettano le regole, ma è tanto tempo che non rispettano le regole e che vivono di prassi e di dinamiche politiche che sono contro le esigenze del Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, ai sensi dell'articolo 52, secondo comma, del Regolamento, chiedo che venga interrogata l'Assemblea sull'opportunità di fare votazione nominale su questo punto, votazione nominale, quindi, che avviene con registrazione dei nomi o per appello nominale.
      La invito ad interrogare l'Assemblea nel prescrivere che venti deputati devono appoggiare la questione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, poiché vi è la possibilità che lei accolga questa richiesta – deciderà lei –, prima che questa venga decisa, a nome del gruppo Fratelli d'Italia... Apro una piccolissima parentesi: la televisione della Camera continua a dire: gruppo Misto-Fratelli Pag. 11d'Italia. No, levate gruppo Misto, grazie (comunicazione per la televisione).

      PRESIDENTE. Abbiamo comunicato oggi la costituzione del gruppo...

      IGNAZIO LA RUSSA. È quello che è apparso un minuto fa... Ma non ha importanza.
      Voglio precisare che, da parte nostra, mentre vi è stata piena accettazione in relazione alla nascita della Commissione speciale, straordinaria (la chiami come vuole), riteniamo che non vi sia alcuna ragione – ed è stato già espresso questo argomento, sia nella commissione sia nella Conferenza dei presidenti di gruppo – perché venga estesa la materia di cui questa Commissione si possa o si debba occupare.
      Per cui, noi non voteremo a favore sulla estensione e nella eventualità che lei non decida di accogliere la legittima – a mio avviso – richiesta del voto nominale, ci tenevamo a rendere ufficiale la nostra posizione.

      PRESIDENTE. Siccome è stata sollevata una questione di tipo procedurale, non si apre il dibattito. Sono state sollevate obiezioni circa le modalità di voto adottate per la deliberazione di integrazione della competenza della Commissione speciale.
      Come già precisato con lettera alla presidente Lombardi, in risposta alla sua del 4 aprile scorso, la deliberazione in questione è assoggettata allo stesso regime procedurale previsto per l'istituzione delle Commissioni, trattandosi di deliberazione che va ad integrare le competenze e, quindi, avente la stessa natura.
      Come espressamente chiarito dalla Presidenza della Camera nella riunione della Giunta per il Regolamento del 7 febbraio 1995, la deliberazione relativa all'istituzione di una Commissione speciale di cui all'articolo 22, comma 2, del Regolamento, riveste un carattere organizzativo e procedurale. Tale natura ne determina, conseguentemente, la disciplina applicabile alla discussione e alla votazione, che è quella stabilita dall'articolo 41 del Regolamento. La modalità di votazione prescritta da tale ultima disposizione è quella per alzata di mano, procedendosi con voto tacito ove non vi siano obiezioni, come peraltro è accaduto in occasione della delibera istitutiva della Commissione del 26 marzo scorso.
      La prassi in materia è assolutamente costante nel senso sopra indicato. Il voto per alzata di mano, ai sensi dell'articolo 53, comma 1, è soggetto a controprova mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi se ne viene fatta richiesta prima della proclamazione del risultato, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo. Il Presidente può sempre disporre, per agevolare il computo dei voti, che la votazione sia effettuata mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, come ovviamente il Presidente ha predisposto.
      Dunque, passiamo ai voti.
      Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico, senza registrazione di nomi, la proposta di integrare la competenza della Commissione speciale anche ai fini dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge e degli ulteriori provvedimenti citati.

      Bene. Hanno votato tutti ? Onorevoli Martinelli, Misuraca, De Girolamo, Dellai, Gigli, Buttiglione, Piepoli... Dellai, ha votato ? Aspettiamo l'onorevole Vendola. Onorevoli Borghi, Gribaudo... Onorevole Colonnese... Onorevole Buttiglione, ce la fa ? Chi è che manca ? Solo Buttiglione... Onorevole Fossati... Dovete avere pazienza, che vogliono votare tutti. Prego, onorevole Fossati, ce la fa ?
      (È approvata).

      La Camera approva per 333 voti di differenza.

      ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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      ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, purtroppo, come spesso accade in questa Assemblea, vi sono deputati che votano anche per deputati assenti (Commenti). Questo comportamento rasenta la truffa ed è un comportamento vergognoso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Colletti, se il comportamento è accaduto, è vergognoso. Le chiedo solamente di precisare «come spesso accade». Avendo fatto solo due votazioni, lo «spesso» mi sembra che non sia possibile (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia). Poi per il resto ovviamente il suo richiamo è un richiamo corretto.

      ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, prima di tutto, chiedo che mi sia concessa la parola e quindi la invito a non interrompere, grazie (Commenti).

      PRESIDENTE. Mi scusi, ovviamente il Presidente la può interrompere, non in quanto onorevole Lupi, ma in quanto Presidente. La può interrompere ovviamente portando cortesia. Le ho solo chiesto di concludere il suo intervento e mi sembra che il contenuto del suo richiamo invece sia assolutamente pertinente, perché non è giusto ed è sbagliato che si voti per un altro, anche se non c’è la registrazione dei nomi, ma il valore è lo stesso. Prego, concluda.

      ANDREA COLLETTI. Allora, invito la Presidenza a controllare che deputati non votino per altri deputati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), perché la legalità deve tornare ad essere un principio fondante di questa Assemblea.

Comunicazioni del Governo ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge 5 maggio 2009, n.  42, in relazione al testo, con modificazioni, dello schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 18 aprile 2012, n.  61, recante ulteriori disposizioni in materia di ordinamento di Roma capitale, corredato dalle osservazioni del Governo.

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge 5 maggio 2009, n.  42, in relazione al testo, con modificazioni, dello schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 18 aprile 2012, n.  61, recante ulteriori disposizioni in materia di ordinamento di Roma capitale, corredato dalle osservazioni del Governo.
      Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in allegato al resoconto stenografico della seduta del 3 aprile 2013.

(Intervento del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione)

      PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per la pubblica amministrazione e semplificazione Patroni Griffi. Ne ha facoltà.

      FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei fare una premessa di ordine generale per inquadrare l'oggetto della presente comunicazione del Governo su uno schema di decreto legislativo integrativo e correttivo del precedente decreto sull'ordinamento di Roma capitale. Come loro sanno, è stato adottato, in attuazione della legge sul federalismo fiscale, la n.  42 del 2010, un primo decreto legislativo sull'ordinamento di Roma capitale ed è il n.  156 del 2010. Successivamente nel 2012 è stato adottato il decreto legislativo n.  61 del 2012, che ha completato il quadro ordinamentale di Roma capitale, procedendo al relativo conferimento di funzioni amministrative statali. Lo schema di decreto Pag. 13legislativo odierno prevede disposizioni integrative e correttive proprio al decreto legislativo n.  61 del 2012. Lo schema di decreto legislativo è oggetto di un complesso iter procedimentale. Esso è stato avviato da una delibera preliminare del Consiglio dei ministri il 30 maggio del 2012. La delibera preliminare per la verità conteneva alcune scarne modifiche al decreto correttivo n.  61 del 2012, modifiche volte essenzialmente a salvaguardare il coordinamento tra la negoziazione degli obiettivi del Patto di stabilità interno tra Roma capitale e Governo e la disciplina generale in materia di patto territoriale di stabilità.
      Inoltre, questo schema di decreto preliminare del Consiglio dei ministri eliminava la previsione del finanziamento diretto a Roma capitale e...

      PRESIDENTE. Mi scusi, signor Ministro. Chiederei ai colleghi di permettere di ascoltare la relazione del Ministro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Prevedeva l'eliminazione della previsione del finanziamento diretto a Roma capitale dei livelli essenziali delle prestazioni e degli obiettivi di servizio, in particolare in materia di trasporto pubblico locale.
      La deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri ha poi seguito il suo iter: ha acquisito il parere degli enti territoriali interessati, cioè Roma, la provincia di Roma e la regione Lazio; sullo schema di decreto è stata acquisita l'intesa della Conferenza unificata e lo schema è stato poi trasmesso alle Commissioni parlamentari competenti.
      Le Commissioni V di Camera e Senato hanno espresso i loro pareri favorevoli nel dicembre 2012. Nella stessa data, e precisamente il 19 dicembre 2012, è stato reso anche il parere della Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, della passata legislatura, naturalmente, la cosiddetta Commissione La Loggia. Quest'ultima, nell'esprimere un parere favorevole, ha richiesto una serie di condizioni, anche abbastanza consistenti sotto il profilo quantitativo.
      A questo punto, la questione è stata riportata in Consiglio dei ministri, che ha, in primo luogo, deciso di recepire una serie di queste condizioni. Per esempio, ha recepito la condizione volta ad abrogare la norma che riferiva le disposizioni su Roma capitale alla città metropolitana di Roma capitale, ha recepito la condizione che richiedeva l'abrogazione di una norma transitoria sul concorso del comune di Roma alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica e, infine, ha recepito una condizione che prevedeva e consentiva il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato per la gestione commissariale di Roma capitale.
      Per le altre condizioni poste dalla Commissione bicamerale, il Governo ha ritenuto di condividere la ratio e lo spirito di queste condizioni, ma di apportarvi alcune modificazioni. Ed è su questo aspetto, cioè su queste modificazioni apportate su tre punti che ora verrò ad esporre, che si è imposto il rinvio alle Camere per le comunicazioni che il Governo in questo momento sta rendendo e per la conseguente risoluzione di indirizzo delle Camere.
      I tre punti sono i seguenti. Primo, la Commissione bicamerale ha chiesto di introdurre una disciplina transitoria che consentisse la rimodulazione del programma di interventi per Roma capitale. Per far questo, ha suggerito un percorso procedimentale che, in effetti, va a colmare un vuoto normativo che si sarebbe creato nello schema originario del Consiglio dei ministri.
      Quindi, questo percorso era volto a consentire o una rimodulazione delle risorse già finanziate per Roma capitale ovvero una diversa allocazione delle medesime risorse. Il Governo ha condiviso questa condizione. Ha, quindi, introdotto nello schema al loro esame il procedimento Pag. 14richiesto dalla Commissione bicamerale, ma vi ha apportato una modifica e un chiarimento.
      La modifica consiste nel prevedere il coinvolgimento del Ministro dell'economia e delle finanze in questo percorso procedimentale, volto, appunto, a consentire la rimodulazione delle risorse finanziarie. Il chiarimento è nel senso che si prevede che le eventuali rimodulazioni del programma di interventi avvengano nel rispetto di quanto scontato negli andamenti tendenziali, e comunque ad invarianza di oneri.
      La seconda condizione richiesta dalla Commissione bicamerale attiene ai poteri di ordinanza in deroga del sindaco di Roma capitale.
      Al riguardo, la Commissione bicamerale chiedeva nella sua condizione che venisse previsto un potere di ordinanza in deroga, collegato alla dichiarazione di stato di emergenza, con durata illimitata e per le materie concernenti traffico, mobilità e inquinamento sia acustico sia atmosferico.
      Anche in questo caso, il Governo, nello schema a loro sottoposto, intende recepire lo spirito e la ratio della condizione richiesta dalla Commissione bicamerale, ma, con la formulazione che ritrovate nel testo, ha inteso correggere alcune criticità. Le criticità sono essenzialmente due e connesse tra loro. La prima è che oggi, con la riforma della protezione civile, la dichiarazione dello stato di emergenza è collegata a calamità naturali tra le quali evidentemente non possono essere ricomprese le situazioni di emergenza connesse al traffico, alla mobilità e all'inquinamento. Inoltre, non sembrava coerente con i principi generali dell'ordinamento prevedere un potere di ordinanza in deroga di durata illimitata. Si propone quindi, nel testo al loro esame, che i poteri di ordinanza in deroga, riconosciuti perché ritenuti necessari al sindaco di Roma capitale, siano collegati e strettamente connessi all'esigenza di dare esecuzione a un piano autorizzato previamente con delibera del Consiglio dei ministri e, in particolare, poi, che questi poteri abbiano una durata limitata e collegata alla durata del piano.
      La terza e ultima questione riguarda il finanziamento diretto a Roma capitale degli oneri derivanti dal trasporto pubblico locale.
      Sul punto la Commissione bicamerale chiedeva, a differenza di quello che prevedeva la delibera preliminare del Consiglio dei ministri, che venisse reintrodotto il finanziamento diretto, ma prevedendo una sorta di scorporo degli oneri collegati al trasporto ferroviario dai restanti oneri concernenti il trasporto pubblico locale e prevedeva altresì un'intesa, per l'assegnazione della quota spettante a Roma capitale, tra la regione Lazio e Roma capitale.
      Così come formulata, la proposta presentava una serie di criticità. Questo è il motivo per il quale il testo sottoposto al loro esame, pur recependo, a differenza del testo preliminare, la condizione richiesta dalla Commissione bicamerale, vi ha apportato alcune modifiche. In primo luogo, non è stato possibile scorporare gli oneri connessi al trasporto ferroviario dal complesso degli oneri del trasporto pubblico locale, e questo per ragioni essenzialmente tecniche, che, come dire, richiedono di differenziare all'interno degli oneri del trasporto pubblico locale quelli dedicati al trasporto ferroviario.
      Il profilo dell'intesa tra Roma capitale e regione Lazio è stato anch'esso accolto, ma con una serie di correttivi. Il primo è stato quello di chiarire che l'intesa deve riguardare, nel momento in cui si determina la quota da attribuire a Roma capitale, solo la quota spettante alla regione Lazio, perché nella formulazione originaria poteva sembrare che questa quota riguardasse il plafond nazionale e quindi potesse andare a carico anche di altre regioni.
      L'altro chiarimento riguarda il regime nelle more dell'intesa, perché questa intesa evidentemente poteva richiedere un certo tempo perché potesse essere raggiunta. Quindi, si è chiarito che, nelle more dell'intesa, l'erogazione delle risorse avviene in favore della regione. Infine, è stato anche chiarito che, una volta raggiunta questa intesa tra regione Lazio e Roma capitale, vanno altresì rideterminati gli Pag. 15obiettivi del Patto di stabilità interno della regione Lazio e di Roma capitale, sempre allo scopo di garantire la neutralità dei contenuti dell'intesa sui saldi di finanza pubblica.
      Concludo solo dicendo che alcune di queste modifiche vanno anche incontro – a parere del Governo in maniera efficace, ma salvo ovviamente il giudizio della Corte – ad un giudizio di costituzionalità pendente dinanzi alla Corte, la cui udienza è stata di recente rinviata. Il Governo ha ritenuto comunque di investire le Camere, mediante la presente comunicazione, dei tre punti in ordine ai quali, pur ritenendo di aver recepito sostanzialmente la ratio e lo spirito delle condizioni della Commissione bicamerale, comunque sul dato formale aveva apportato delle modificazioni o delle integrazioni al testo suggerito dalla Commissione medesima.

      PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola media Giovanni XXIII di Sant'Antimo, in provincia di Napoli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Discussione)

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

      MARCO CAUSI. Signor Presidente, ci troviamo quindi a discutere di correzioni ad un decreto correttivo di un decreto dell'aprile scorso. È una vicenda di ordinaria burocrazia parlamentare e legislativa, sui cui punti di merito ringrazio il Ministro Patroni Griffi per l'esposizione molto chiara per cui avremo la possibilità di discuterne.
      In quest'occasione però abbiamo la possibilità di parlare di Roma capitale e questo è, nella sua interezza, un argomento importante. È un argomento importante che ha rilevanza non soltanto locale, che non deve essere di interesse soltanto per i romani oppure, per altro verso, per chi, quando sente parlare di Roma capitale, è come un toro di fronte ad un drappo rosso e, quindi, è contrario a priori. L'argomento di Roma capitale è un argomento di interesse nazionale, perché una città capitale che funziona bene esercita meglio le sue funzioni per l'intero Paese.
      In tutti i Paesi, infatti, esistono regimi giuridici specifici per le capitali. Nei Paesi federali, in genere, la capitale ha un'autonomia di rango statale ovvero regionale. È così per Berlino, Bruxelles, Washington e in parte anche per Madrid. Nei Paesi non federali le istituzioni locali delle città capitali hanno qualche forma di specialità. A Parigi per esempio non esiste la provincia e il comune di Parigi esercita nel territorio dei venti arrondissement anche le funzioni della provincia. Questi comuni speciali nei Paesi non federali sono sempre inseriti in procedimenti di codecisione, di coprogrammazione e di cofinanziamento con organismi statali o regionali per tenere conto delle specificità dei fabbisogni, in particolare infrastrutturali, espressi dalla città capitale. Di nuovo è il caso di Parigi, ma nello specifico anche di Londra.
      A Roma invece non è mai stato così ed il tortuoso e lentissimo processo di riforma della governance locale della nostra capitale è un eccellente esempio della fatica e delle contraddizioni che in Italia i processi di riforma debbono subire per andare avanti.
      Le particolari esigenze di Roma vengono riconosciute con una legge speciale, la legge n.  396 del 1990, che ha contribuito per vent'anni al finanziamento di tante opere pubbliche sul territorio romano da parte sia delle amministrazioni locali che di quelle regionali e nazionali. Ma il funzionamento degli enti locali e soprattutto quello del comune di Roma, fino ai decreti di attuazione della legge n.  42 del 2009, è sempre rimasto uguale a quello di qualsiasi comune ordinario. La stessa legge n.  396, che è stata definanziata a partire dal 2009, aveva un procedimento di programmazione molto antico, molto farraginoso, molto barocco e comunque è sempre stata ben lontana dalle effettive esigenze di finanziamento in particolare infrastrutturale e soprattutto per Pag. 16quanto riguarda l'emergenza storica numero uno della città di Roma e cioè il trasporto ecosostenibile su ferro.
      Certo nella storia si è provato in alcuni casi ad affrontare la questione in modo ellittico, utilizzando i vari grandi eventi, come le Olimpiadi, per localizzare all'interno delle programmazioni specifiche collegate agli stessi grandi eventi anche quelli che sono i fabbisogni normali di una grande area metropolitana come Roma. Ma chiaramente, al di là poi del fatto che qualche volta è andata bene e qualche volta è andata molto male – pensiamo ai Mondiali del 1990 –, comunque la strada dei grandi eventi non rappresenta una strada strutturalmente efficiente per risolvere i problemi di vivibilità di Roma.
      E quindi a Roma è restato aperto un problema di conciliazione tra le normali esigenze di una grande area urbana, dove vivono, voglio ricordarlo, quasi 3 milioni e mezzo di cittadini, se consideriamo non soltanto il comune di Roma, ma i comuni interconnessi nel suo hinterland, e le esigenze di una città che è indubbiamente speciale, non solo perché è la capitale d'Italia, ma anche perché ospita al suo interno un altro Stato, un circuito di istituzioni e organizzazioni internazionali e quindi – e in questo è un unicum al mondo – tre interi circuiti di rappresentanze diplomatiche rispettivamente presso l'Italia, presso la Santa Sede e presso la FAO. Il merito per aver posto questo problema lo hanno avuto gli amministratori locali di Roma durante gli anni Novanta. La svolta è arrivata con il nuovo Titolo V della Costituzione nel 2001, dove viene inserita la seguente frase: «Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento». Ma questa legge per molti anni non è arrivata. Non è arrivata nel 2001-2006, per l'ipoteca della Lega Nord sui governi dell'epoca e non è arrivata nel 2006-2008 per l'interruzione anticipata della legislatura. Il Governo Prodi aveva in effetti predisposto due disegni di legge per l'attuazione del Titolo V della Costituzione, uno relativo al federalismo fiscale e uno relativo al federalismo amministrativo e in entrambi questi disegni di legge c'erano norme specifiche su Roma anche più avanzate di quelle che poi saranno scritte nel 2009, ma quei due disegni di legge non sarebbero stati mai discussi in Parlamento.
      Si è arrivati così al 2009 e alla legge del 5 maggio 2009, n.  42, sul federalismo fiscale. Su quella vicenda il giudizio del Partito Democratico è un giudizio articolato: un male secondo noi è stato, nella passata legislatura, separare le sorti della riforma fiscale da quelle della riforma amministrativa. È stato un male andare avanti sul federalismo fiscale e non invece sulla nuova Carta delle autonomie locali. È stato un bene invece, dunque il giudizio al riguardo è positivo, il percorso politico che portò il Governo di allora ad un ampio confronto parlamentare, grazie al quale abbiamo ritenuto il testo finale di quella legge, pur non privo di problematicità, equilibrato ed innovativo. Il Partito Democratico, lo voglio ricordare, dopo l'accoglimento di circa 100 proposte emendative tra Senato e Camera si astenne su quella legge. Nella legge n.  42 del 2009 l'articolo su Roma ha sbloccato la vicenda su Roma capitale, demandando poi ai decreti legislativi la sua attuazione. In pratica si prospetta il conferimento al comune di Roma di nuovi poteri e di nuove risorse e si fa, di fatto, del comune di Roma un comune speciale, un po’ come esistono le regioni speciali che hanno un ordinamento specifico rispetto a quello ordinario. In più nella legge n.  42 del 2009 si collega il futuro della specialità della Capitale con la città metropolitana. L'attuazione però di quella legge è molto lenta, frenata sicuramente dalla Lega Nord che sappiamo non amare molto Roma capitale, ma poi frenata soprattutto dalla crisi economica e finanziaria. Un primo decreto legislativo ha visto la luce nel settembre 2010, ma è un decreto puramente ordinamentale e nominalistico quello in base a cui tutti i cittadini di Roma hanno visto cambiare la denominazione da «comune di Roma» a «Roma capitale», un cambio, devo dire, nominalistico ed anche abbastanza discutibile. Un secondo decreto legislativo è stato poi ripescato in limine Pag. 17mortis come uno dei primi atti del nuovo Governo di emergenza insediatosi nel novembre del 2011. Nella formulazione originaria quel decreto legislativo era molto debole, molto scarno. Nessun potere veniva conferito a Roma capitale, tutto veniva rimandato a futuri atti della regione, nessuna risorsa, anche alla luce della crisi economica. La valutazione politica che il Partito Democratico fece e fa di quella vicenda è che la debolezza di quell'originario decreto legislativo era derivante dalla posizione particolarmente debole del sindaco di Roma in quella fase politica, da un lato stretto da una posizione molto contraria al conferimento di poteri a Roma da parte della regione Lazio e dell'allora presidente Polverini, dall'altro lato in difficoltà nel rapporto con il Governo: si veda, per esempio, anche il caso del programma per le ipotetiche Olimpiadi romane che il Governo valutò in modo negativo. Dentro questa debolezza il Partito Democratico avrebbe potuto mettersi sull'Aventino e dire: ebbene, vedete, il centrodestra sta al comune e sta alla regione, i suoi rappresentanti litigano tra di loro e non sono capaci di risolvere i problemi di Roma. Non abbiamo fatto questa scelta, abbiamo fatto invece una scelta costruttiva mettendoci dalla parte dei bisogni dei cittadini e della città.
      Abbiamo fatto le nostre proposte, le abbiamo presentate in consiglio comunale, le abbiamo presentate in Parlamento e ci siamo messi a lavorare duramente in Commissione bicamerale per fare uscire un decreto migliore di come era entrato. E così si arriva ad aprile, esce il secondo decreto, il n.  61, in cui, grazie all'iniziativa del Parlamento, vengono fatti numerosi passi avanti. A questo proposito voglio ricordare e ringraziare, oltre al Ministro Patroni Griffi e Maurizio Leo, che fu relatore con me in quell'occasione e che oggi non siede più nei banchi di questo Parlamento, anche il Ministro Barca e il Sottosegretario Ceriani, che ringrazio poiché hanno positivamente interloquito con la Commissione per apportare queste modifiche.
      La modifica più importante è il fatto che Roma potrà accedere a nuove procedure di programmazione dei suoi investimenti infrastrutturali, potrà concludere intese istituzionali di programma con il Governo; la riduzione giornalistica di tutto questo è «Roma potrà sedere nel CIPE» e quindi coprogrammare e ottenere cofinanziamenti per i suoi fabbisogni infrastrutturali. Roma potrà contrattare in modo specifico il contributo al Patto di stabilità, sarà necessario quantificare gli oneri che a carico della finanza locale romana stanno per l'esercizio delle funzioni di capitale; c’è una novità interessante anche per altre città e cioè si sperimenta un nuovo modello di collaborazione in tema di beni culturali tramite l'istituzione di una conferenza delle sovrintendenze ai beni culturali, e poi si crea un doppio binario per il conferimento di ulteriori funzioni amministrative: le potrà conferire la regione, ma lo potrà fare anche lo Stato, con ulteriori decreti di attuazione; e infine, il punto che adesso viene modificato, si indicava una destinazione diretta alla città di Roma capitale delle risorse collegate ai LEP, agli obiettivi di servizio nel comparto dei servizi pubblici locali e anche delle risorse, voglio ricordarlo, dell'articolo 119, quinto comma, delle risorse speciali.
      C’è poi un piccolo pezzo di storia della finanza pubblica romana che forse non tutti conoscono: la questione del finanziamento del trasporto pubblico è così rilevante perché per moltissimi anni l'intero trasporto pubblico dell'intera regione Lazio è stato messo totalmente a carico del solo contribuente romano, per vent'anni. Quando ci si interroga del perché il debito storico della città di Roma sia così elevato, il motivo fondamentale è che per vent'anni a carico del contribuente romano, con mutui che venivano contratti poi alla fine di ogni anno, veniva caricato l'intero disavanzo, attenzione, non del solo trasporto romano, ma dell'intero trasporto laziale; un problema questo risolto soltanto nel 1998.
      Il nostro giudizio è che il decreto n.  61 sia stato un passo avanti, ma a un anno Pag. 18ormai, a quasi un anno di distanza, dobbiamo purtroppo constatare che nulla è stato attuato di quel decreto. Il comune ha una forte responsabilità: non si è attivato per gestire tutte le nuove funzioni che gli vengono conferite, soprattutto non si è attivato per proporre al Governo una nuova programmazione e un'intesa istituzionale di programma dentro cui programmare lo sviluppo della città da qui ai prossimi dieci anni.
      C’è una forte responsabilità, io ritengo e noi riteniamo, da parte della regione Lazio, che nella sua precedente gestione ha bloccato ogni processo di trasferimento delle funzioni al comune di Roma, anche contravvenendo a impegni presi, e in più è cominciato poi un lavoro per fare passetti indietro, per cancellare, in particolare per modificare quella norma che adesso rimodifichiamo ulteriormente, relativa alla destinazione diretta delle risorse. La regione Lazio ha fatto un ricorso alla Corte costituzionale; allora, a dicembre, il Governo è venuto in Parlamento e ha detto che, alla luce dell'obiettivo di evitare il contenzioso costituzionale, proponeva quel correttivo, ci siamo stati; nel correttivo sono stati introdotti vari elementi, non ripeto quello che ha detto Patroni Griffi; oggi le correzioni al correttivo riguardano alcuni aspetti tecnici, una limitazione dei poteri emergenziali, va bene, e un'ulteriore limitazione sulla questione del finanziamento al trasporto pubblico locale, personalmente non va molto bene, però in ogni caso non si tratta di questioni dirimenti e quindi per il Partito Democratico nulla osta.
      Concludo, signor Presidente, ricordando però a tutti noi che non è finita qui Roma capitale. Non finisce con le correzioni al decreto legislativo correttivo. La regione dovrà devolvere almeno le funzioni collegate ai servizi di prossimità. La regione dovrà riorganizzarsi. La nuova gestione della regione Lazio ha nel suo programma alcuni elementi importanti di riorganizzazione dell'istituzione regionale sul territorio. La regione dovrà procedere con forza verso un modello di co-governance, con l'area metropolitana di Roma. Lo Stato dovrà valutare se attivare un secondo canale di trasferimento delle funzioni in caso di inadempienza da parte della regione. Inoltre, rimane sullo sfondo la questione della città metropolitana. Non dimentico quella norma che ritengo giusta e che avevamo messo nella legge 5 maggio 2009, n.  42 che trasferiva la specialità di Roma capitale alla città metropolitana. Infatti la Costituzione non dice il comune di Roma è la capitale. La Costituzione dice che Roma è la capitale. Non individua uno specifico livello amministrativo e se, quindi, il miglioramento della qualità dei servizi e la governance locale in una grande area urbana come Roma, così come nelle altre grandi aree urbane del Paese, vede lo sbocco della città metropolitana, io non vedo nulla in contrario, anzi a contrapporre la specialità dell'attuale comune di Roma con la futura città metropolitana. Non è detto che non possa essere necessario anche riaprire una riflessione costituzionale in merito guardando in particolare alle esperienze dei Paesi federali. Ma soprattutto – concludo – è il comune di Roma che dovrà dotarsi di una classe dirigente all'altezza per l'esercizio dei nuovi compiti. È il comune di Roma che dovrà farlo e le prossime elezioni per il Campidoglio saranno un importante momento di valutazione e – spero – di svolta e di cambiamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Smeriglio. Ne ha facoltà.

      MASSIMILIANO SMERIGLIO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, la discussione che stiamo affrontando deve prevedere alcune riflessioni di contesto che attengono all'architettura complessiva della governance di Roma. Una discussione importante per la città, ma anche per la relazione che deve intercorrere tra il Paese e la sua capitale. Roma è il biglietto da visita dell'Italia nel mondo e al Parlamento, al Governo, alle istituzioni locali spetta il compito, con provvedimenti come questo decreto legislativo, di dotare il Pag. 19sindaco e l'assemblea capitolina, di concerto con la regione Lazio, di tutti gli strumenti utili ad amministrare al meglio la città. Una visione che, tuttavia, sull'esempio delle grandi capitali europee dagli arrondissement a Parigi, ai municipi londinesi dovrà rispondere chiaramente alla centralità del Campidoglio, ma avrà l'esigenza di adottare un modello di decentramento amministrativo con più poteri per i municipi che proprio con il secondo decreto su Roma capitale sono stati ridotti da 19 a 15. Ora bisogna riempire questi contenitori fino ad oggi non in grado di svolgere a pieno la loro funzione fondamentale di rapporto diretto con la cittadinanza, capaci cioè di avvicinare con maggiore determinazione i cittadini alle istituzioni di prossimità.
      Roma capitale, dunque, ha senso se inserita tra due polarità: da una parte il decentramento municipale, dall'altra la città metropolitana con politiche di area vasta. Anche qui il riferimento è quella alle grandi capitali europee. Invito i colleghi a visitare l’hinterland della città, le sue sterminate periferie e a cercare di capire dove finisce Roma e dove inizia il paese successivo. In alcuni casi è veramente impossibile. Una gigantesca conurbazione senza soluzione di continuità che avrebbe bisogno di nuovi strumenti di governance. Ecco perché, a maggior ragione per il percorso in fieri sulle città metropolitane, sarà necessario impostare un unicum amministrativo tra Roma capitale e la sua enorme provincia: 121 comuni con oltre un milione di abitanti. Una percentuale significativa di queste persone quotidianamente si muove verso Roma, trasformando la mobilità in questione democratica di accesso, opportunità e qualità della vita. La sfida che abbiamo di fronte è l'integrazione tra i nuovi poteri e la nuova organizzazione di Roma capitale, l'integrazione con l'area metropolitana e il decentramento amministrativo. Ho già fatto cenno al fondamentale tema dei municipi, ma il tema dell'integrazione tra i territori va tuttavia allargato alla rappresentanza dei comuni della provincia e alla ricalibratura degli attuali confini tra municipi e comuni della provincia, in un'ottica di area vasta e di divisione virtuosa delle competenze.
      Temi generali come trasporti, rifiuti e politiche urbanistiche andranno di concerto con la regione Lazio, ripartiti centralmente presso Roma capitale, mentre le istanze più di servizio e cura dovranno prevedere la competenza, opportunamente coperta amministrativamente e finanziariamente, degli enti di prossimità, i municipi. Nell'intreccio tra queste competenze, con l'obiettivo ultimo, ben chiaro, del miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini, sta la sfida che passa sull'architettura istituzionale tra Roma capitale, città metropolitana e regione Lazio. Una serie di riforme dell'architettura istituzionale coerenti l'una con l'altra. Sul tema dei rifiuti, solo per fare l'esempio più attuale, è evidente che non sono tollerabili due modelli di raccolta, uno per la provincia, l'altro per Roma. Il «porta a porta» spinto che ha aumentato esponenzialmente i cittadini della provincia interessati alla raccolta differenziata, attuato grazie al rapporto costante tra Palazzo Valentini e tutti i sindaci, non può coesistere con un sistema ancora in via di sperimentazione in alcune zone del comune di Roma dove comunque resta la centralità del cassonetto. È una chiara incoerenza culturale, organizzativa e gestionale che va ricondotta all'interno di un percorso di coerenza che ha come istanza l'eliminazione del talquale da Malagrotta e dalle altre discariche.
      Altro tema di area vasta non può che essere quello dei trasporti. Qui entriamo nello specifico di uno dei temi toccati dal decreto. Dopo le osservazioni della Commissione bicamerale sul federalismo fiscale e l'approvazione del Senato, il finanziamento del trasporto pubblico locale non sarà trasferito direttamente a Roma capitale, come prevedeva la versione iniziale, ma alla regione Lazio che, con un passaggio successivo, in accordo naturalmente con Roma capitale, provvederà al trasferimento.
      Proprio alla luce di tali modifiche, sono sicuro che la nuova giunta regionale valuterà Pag. 20la rinuncia al ricorso innanzi alla Corte costituzionale, proposto dalla precedente amministrazione, contro il decreto legislativo n.  61 del 2012. Questa è una scelta di senso che comporterà una pianificazione tra le due istituzioni interessate e come obiettivo di medio termine una maggiore coerenza nell'offerta del trasporto pubblico locale, sia su rotaia che su gomma, su scala regionale. Il tema più generale è quello dell'implementazione, ma soprattutto della messa a sistema delle aziende di TPL, oltre all'interconnessione radiale tra provincia e provincia e non incentrata esclusivamente sul modello periferia-centro, tanto a livello romano che regionale. In questo ambito, andranno anche rivisti i termini dei contratti di servizio con FS per i treni che collegano Roma con le altre province, oltre che con la propria. Treni più frequenti, più confortevoli, più regolari, oltre ad essere un atto di civiltà, allenterebbero la morsa del traffico su vie consolari in ingresso e uscita da Roma nelle ore più calde. Sarà l'opportunità per realizzare parcheggi di scambio contestualmente alla tanto agognata chiusura dell'anello ferroviario, bloccato da anni. Questo è il tema dell'intermodalità su cui si gioca – e partiamo con grande ritardo – la sfida per una mobilità sostenibile. Oggi serve garantire gli strumenti istituzionali e amministrativi agli amministratori.
      Altro tema di rilevanza affrontato nel decreto è quello dei poteri di ordinanza del sindaco di Roma capitale, anche in deroga alla legislazione vigente, seppure in coerenza con i principi generali dell'ordinamento giuridico, con particolare riferimento a situazioni di emergenza relative a traffico, mobilità, inquinamento atmosferico o acustico. Nella modifica approvata dal Senato della Repubblica viene messo in risalto come il piano di interventi debba essere autorizzato dal Consiglio dei ministri con il quale verranno individuati i limiti e i criteri di esercizio di tale potere, tenendo sempre in debito conto gli indirizzi espressi su questi temi dall'assemblea capitolina. Inoltre, il Governo sarà tenuto a trasmettere una relazione alle Camere sull'efficacia e la reale utilità dell'esercizio dei poteri di ordinanza da parte del sindaco di Roma capitale. In particolare, può essere valutato positivamente il sistema di bilanciamento tra istituzioni previsto dalla risoluzione, con primo firmatario il senatore Tocci, che consentirà al sindaco di Roma capitale di operare nel pieno dei poteri di ordinanza, ma in ogni caso sotto l'irrinunciabile funzione democratica di controllo svolta dall'assemblea capitolina e con un piano autorizzato dal Consiglio dei ministri. Nella valutazione sostanzialmente positiva delle disposizioni contenute nel dispositivo, c’è però da valutare la rimodulazione della programmazione degli interventi di Roma capitale.
      Il Governo ha integrato la disposizione, prevedendo che l'approvazione definitiva della delibera definita dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sia adottata di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e che eventuali rimodulazioni degli interventi non comportino un incremento del fabbisogno e, quindi, non vi siano effetti negativi sui saldi di finanza pubblica. Questa previsione, seppur condivisibile in termini generali, andrebbe calibrata sui fabbisogni relativi al comune di Roma in quanto capitale della Repubblica. Quindi, eventuali rimodulazioni non dovranno ricadere solamente sui cittadini romani in termini di inasprimenti fiscali, ma bensì ripartiti sulla fiscalità generale.
      Riconoscere la specificità di Roma capitale significa riconoscere non solo le opportunità, ma anche i pesi che gravano sulla città in termini di rappresentanza, traffico, manifestazioni, eventi di carattere nazionale e internazionale. Tutto questo insieme di benefici e costi deve essere ben distribuito sul piano locale e, soprattutto, nazionale. Questa discussione – questa, almeno, è la valutazione di Sinistra Ecologia Libertà – dimostra che siamo sulla buona strada.
      Signor Presidente, colgo l'occasione per una comunicazione formale e personale: essendo stato nominato da pochi giorni vicepresidente della regione Lazio, vista l'incompatibilità costituzionale tra le due cariche – quella di vicepresidente e quella Pag. 21di parlamentare della Repubblica –, le preannuncio le dimissioni da parlamentare, che formalizzerò nelle forme dovute nelle prossime ore (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ruocco. Ne ha facoltà.

      CARLA RUOCCO. Signor Presidente, l'obiettivo del mio intervento odierno è di spiegare alla cittadinanza italiana ciò che accade in questo Palazzo, senza usare aridi ed incomprensibili sofismi cui questa politica ci ha tristemente abituati. Rispondo in questo modo ad un'avvertitissima esigenza della popolazione, la cui vita viene puntualmente travolta da provvedimenti che nessuno si sente mai in dovere di spiegare adeguatamente.
      L'occasione che ci è fornita oggi è legata alla questione di Roma capitale, affrontata, come sempre, e come sottolineo ancora, in modo poco trasparente e lontano da qualsiasi criterio che abbia come obiettivo quello di semplificare l'informazione e la vita dei cittadini; il tutto per poter meglio strumentalizzarne e manipolarne le opinioni. Vorrei, quindi, da un lato, chiarire il contenuto di questo decreto in modo che sia fruibile da tutti, e non solo ai professionisti dei «magheggi», e, dall'altro lato, spiegare la posizione assunta in proposito dal MoVimento 5 Stelle.
      Nei giorni scorsi, infatti, sulla stampa c’è stato un fiorire di critiche e condanne sull'astensione del MoVimento 5 Stelle al Senato relativa alle risoluzioni presentate dai gruppi PD, PdL, e Scelta Civica. Un senatore del PdL ha definito questa scelta stravagante e ha dato diverse opzioni sul motivo di questo atteggiamento: ignavia, timidezza, inconsapevolezza della materia, oppure semplice inimicizia per Roma. Devo deludere il senatore, ma la ragione per cui ci siamo astenuti al Senato e continueremo ad astenerci alla Camera non è nessuna di queste. Capisco che non ci comprendiate: per troppi anni ci avete messi da parte e, oggi, trovarvi di fronte a persone che vogliono cambiare in radice la dialettica politica è per voi spiazzante (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). D'altra parte, il riscontro che non devono essere solo i vituperati «grillini» a trovarsi per così dire in difficoltà, ma anche qualcun altro, emerge dal fatto che, in riferimento allo stesso testo di legge, il 3 aprile 2013, un quotidiano titolava: «Per Roma capitale più poteri», mentre, nel contempo, un altro tuonava: «Roma capitale, poteri dimezzati».
      La verità è che ci troviamo di fronte ad un provvedimento che non abbiamo mai potuto discutere adeguatamente: è un atto del Governo che recepisce solo in parte alcune condizioni poste dalla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale della passata legislatura. Il MoVimento 5 Stelle non solo non ha potuto, quindi, discuterlo, ma, anche in questa sede, non è gli stato e non gli è possibile essere coinvolto nel dibattito in modo adeguato per la mancata formazione delle Commissioni permanenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Quindi, ancora in questa sede, il MoVimento 5 Stelle chiede con forza l'istituzione delle Commissioni permanenti e chiede che siano superate le solite logiche spartitorie e meschine che si traducono in enorme danno per i cittadini. Si è detto che il MoVimento 5 Stelle sarebbe contro Roma perché non si è gettato nelle braccia del PD, PdL, Scelta Civica, per approvare con un grido di giubilo questo provvedimento. Vediamolo allora questo atto, partendo dal titolo: «Testo, con modificazioni, dello schema di decreto legislativo concernente disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 18 aprile 2012, n.  61, recante ulteriori disposizioni in materia di ordinamento di Roma capitale». Ci vogliono due minuti solo per leggere il titolo. La realtà è che ci troviamo di fronte ad un testo che, come ha avuto la bontà di ricordare un altro senatore del PD, evidentemente in difficoltà, sembra, e cito: «un regolamento di condominio pieno di commi, di rinvii, di incisi e di dettagli Pag. 22amministrativi». Ma cosa c’è all'interno dell'atto ? Seppelliti sotto una montagna di rimandi, ci sono fondamentalmente tre punti salienti: il primo riguarda il vuoto normativo sulla rimodulazione delle risorse già destinate alla capitale, che verrà valutata con il Ministero dell'economia e delle finanze allo scopo di prevedere anche il ruolo dell'amministrazione statale nell'erogazione delle risorse finanziarie.
      Il secondo punto riguarda i poteri di ordinanza in deroga del sindaco di Roma capitale. Lo schema di decreto oggi analizzato riconosce comunque al sindaco di Roma capitale il potere di adottare ordinanze, anche in deroga ad ogni disposizione vigente, in materie connesse a situazioni di emergenza legate al traffico, alla mobilità o all'inquinamento atmosferico e acustico, ma subordina tale potere all'approvazione di un piano autorizzato con delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, con oneri a carico di Roma capitale. A quanto risulta dal decreto, le spese relative a tali emergenze dovrebbero essere tutte a carico del comune. Tenuto conto che tali emergenze sono talvolta sopportate proprio da Roma in quanto capitale d'Italia mi sembra curioso che il sindaco attuale abbia commentato tutto sommato positivamente il provvedimento.
      Il terzo punto concerne, invece, il finanziamento del trasporto pubblico locale. Le modifiche rispetto alla situazione precedente riguardano il fatto che, pur finanziato direttamente, il suddetto trasporto pubblico locale includerà anche il trasporto su rotaia. Le risorse, in ogni caso, verranno erogate alla regione e con una ulteriore intesa, anche per non bloccare il riparto con le altre regioni, verrà decisa la quota da destinare a Roma. Quest'ultima dovrà essere determinata rivedendo gli obiettivi del patto di stabilità interno della regione Lazio e di Roma capitale. Riguardo a questa misura è noto come essa vada a risolvere una controversia che aveva coinvolto il sindaco e il «governatore» della regione che, pur dello stesso colore politico, avevano trovato su questa ripartizione dei fondi motivo di aspro conflitto. È quindi comprensibile che oggi il nuovo presidente Zingaretti plauda a questa soluzione individuata che accorda, di fatto, una sorta di primazia alla regione sui fondi per Roma capitale.
      Se mi è concessa una riflessione, andrebbe sottolineata la bizzarria delle posizioni espresse da quanti sostengono che chi non vota questo provvedimento va contro Roma capitale. Tutte le misure contenute nel presente decreto, seppur ragionevoli e in larga parte condivisibili, se considerate in un'ottica di equanimità, vanno a ridimensionare alcune prerogative attribuite a Roma. Se quindi non si può parlare, come nell'articolo già citato, di poteri dimezzati, certo non si tratta di una bella figura per l'attuale sindaco di Roma, cui viene revocata un po’ di quell'autonomia che gli era stata precedentemente concessa. Confidiamo comunque che alla situazione venga posto rimedio tra qualche settimana dai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      A questo si aggiunga la stratificazione normativa che si è andata realizzando nel corso della passata legislatura, tanto relativamente all'abolizione delle province che all'istituzione delle aree metropolitane. Bisogna considerare che provvedimenti tra loro separati e vagamente coordinati hanno comportato una confusione normativa e istituzionale che raggiunge il suo culmine nella regione Lazio.
      In questo caso l'area metropolitana presieduta dal sindaco di Roma e inoltre eletta non a suffragio universale, ma addirittura come ente di secondo livello, non potrà non penalizzare i comuni dell’hinterland dai quali non si può prescindere nell'ambito di un'ottica di gestione integrata di diversi e importanti temi quali i trasporti, le politiche urbanistiche e i lavori pubblici, tutti di fondamentale importanza, tanto per Roma capitale, i cui municipi dovrebbero diventare comuni metropolitani, quanto per i comuni dell'area metropolitana.
      Riteniamo che sia indispensabile individuare nuovi strumenti normativi, in grado di prevedere un nuovo assetto istituzionale integrato ed organico dell'intera Pag. 23regione Lazio e che implichi una più razionale ed organica distribuzione di poteri tra gli enti, ed elimini duplicazioni e conflitti di attribuzione, con conseguenze perniciose per i cittadini di Roma, dell’hinterland e di tutto il Lazio. Chiediamo che tutto questo sia realizzato con la partecipazione attiva e democratica della cittadinanza coinvolta, cui non possono continuare ad essere imposte architetture istituzionali calate dall'alto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Credo ancora sia lecito proporre un'altra riflessione: come giustamente riporta il Ministro Giarda nella lettera di trasmissione del provvedimento al Presidente del Senato, questo schema di decreto legislativo è stato presentato in ottemperanza dell'articolo 2, comma 7, della legge 5 maggio 2009, n.  42. Questo comma recita: «Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, possono essere adottati decreti-legislativi recanti disposizioni integrative e correttive nel rispetto dei principi e criteri direttivi previsti dalla presente legge e con la procedura di cui ai commi 3 e 4». In soldoni, il problema è che normativamente ci sarebbe stato tempo per il Governo, magari in presenza di Commissioni permanenti, per un'istruttoria approfondita del provvedimento, fino al 2014, per provvedere alle modifiche del presente decreto. Francamente non si comprende la fretta di questo Governo dimissionario a voler apportare modifiche che potrebbero essere proposte nel prossimo anno e mezzo. Quindi, chiedo formalmente al Presidente della Camera...

      PRESIDENTE. Deve concludere.

      CARLA RUOCCO. ...può la Commissione speciale sostituire non solo le Commissioni bilancio e finanze, ma anche una Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale ? Possiamo realmente asserire che il decreto in discussione è stabilito e richiesto dalla legge n.  42 del 2009 ? Concludo ricordando a tutti voi – ce n’è sempre tristemente bisogno – che c’è una parte del Paese che in questo momento lavora modo duro e onesto ed è schiacciata dal peso dei doveri e degli oneri quotidiani. Tutte queste persone attendono sempre più impazientemente dalla politica risposte di efficienza, di serietà, di semplificazione e di trasparenza. Noi eravamo fino a ieri con loro lì fuori, da qui la critica che ci piove quotidianamente addosso di cittadini inesperti, in contrapposizione a cotanti onorevoli: beh, posso dire a testa alta che oggi siamo orgogliosi di rappresentare e di far sentire alla politica, finalmente, proprio la voce di tutti quei cittadini inesperti che come noi si sforzano quotidianamente di scrivere con dignità e onestà la storia ed il destino di questo nostro meraviglioso quanto difficile Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lorenzin.  Ne ha facoltà.

      BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, colleghi, devo dire che sono rimasta molto impressionata dall'intervento della collega del MoVimento 5 Stelle che mi ha appena preceduto, perché se ha annunciato in tutto il suo intervento di essere appena entrata in Parlamento, accusando il Parlamento stesso di retorica, devo dire che il suo intervento brilla per una certa retorica parlamentare, e potrebbe dettare legge in quanto a dialettica politica; talmente tanto politica che avete utilizzato l'elemento di Roma capitale senza neanche entrare nel merito della vicenda che stiamo analizzando qui oggi in Aula, per ribaltare e utilizzandolo, in una classica metodologia parlamentare, quindi pienamente politica e pienamente della prassi di questo vecchio palazzo, come argomentazione per la vostra motivazione speciosa sull'istituzione delle Commissioni. Quindi, benvenuti nella casta (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e di deputati del gruppo Partito Democratico) !
      Detto questo, sono contenta di poter intervenire, anche se anch'io devo dire che questo provvedimento vede la luce con questo ennesimo decreto dopo anni di lavoro in Commissione, faticosi anni.Pag. 24
      Con l'onorevole Causi, che rappresentava il Partito Democratico, mentre io rappresentavo il PdL, ci siamo più volte con passione anche accapigliati sulle vicende in alcuni punti di merito che davano vita alla norma su Roma Capitale. Però, perché votarla ? Questa è la risposta che do non al MoVimento 5 Stelle, ma ai cittadini romani: perché è dal 1990, quando io portavo i calzoncini corti, che noi stiamo attendendo un nuovo regolamento, una legge che dia a Roma la dignità di una grande capitale europea e che ci permetta di governarla al pieno e dia al suo sindaco, chiunque esso sia, la possibilità di risolvere i problemi dei cittadini romani senza scuse, senza recriminazioni e soprattutto senza patteggiare e dicendo con chiarezza, con la propria cittadinanza e con i propri elettori, quali sono gli obiettivi, gli ostacoli e le problematiche della propria città.
      Noi avevamo necessità di costruire una nuova struttura istituzionale e funzionale, muovendoci nell'ambito di una architettura stretta che era quella del Titolo V. Lo ha già detto in parte l'onorevole Causi, ma questo è stato il nostro grande problema. Se noi avessimo potuto agire pienamente nell'ambito di una azione normativa semplice e funzionale agli obiettivi che ci eravamo dati già nel decreto iniziale (per questo voglio anche ringraziare il grande lavoro fatto non solo dal Ministro Patroni Griffi, ma anche dal Ministro Brunetta che lo ha preceduto), noi saremmo riusciti sicuramente a dare maggiori funzioni e maggiori poteri al sindaco di Roma e alla sua città.
      Purtroppo, noi abbiamo dovuto lavorare con la bicamerale su Roma Capitale, così come abbiamo fatto sugli altri provvedimenti attuativi del federalismo fiscale, nell'ambito di questa cornice strettissima del Titolo V e, quindi, continuamente dovendo controbilanciare le funzioni regionali, le giuste rivendicazioni non solo della regione Lazio, in questa particolare materia, ma anche dell'assemblea delle regioni per quanto riguardava la normativa che concerneva il riassetto fiscale dell'intero Paese, così come abbiamo dovuto calibrare tutta la questione delle province in generale e della provincia di Roma in questo caso.
      È evidente che rimangono degli elementi in sospeso. Altri sono quasi incomprensibili, Ministro, come la questione che concerne i poteri in deroga per quanto riguarda l'azione commissariale nel caso trasporto pubblico e del traffico: da sempre i sindaci di Roma si prendono questa deroga, anche perché, di fatto, altrimenti sarebbe impossibile la gestione di questo tema. Questo è uno dei casi in cui la prassi ha superato nella pratica la forma. Noi abbiamo cercato di superare alcuni di questi ostacoli e altri andranno organizzati. Noi avremo da subito l'organizzazione del nuovo modello di Roma Capitale.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 16,50).

      BEATRICE LORENZIN. Rimane in sospeso la questione della città metropolitana. Alcuni dei problemi che abbiamo risolto in questo ultimo spicchio di legislatura non riguardano solo Roma, ma riguarderanno probabilmente l'organizzazione di tutte le città metropolitane italiane (e, quindi, di Torino, di Milano e delle grandi città del sud). Roma Capitale, paradossalmente, nella sua specificità e nella sua particolarità, però fa da modello e da apripista al nuovo assetto strutturale e amministrativo che riguarda le altre città italiane.
      In questo senso, nella Commissione il lavoro fatto ha riguardato non solo l'Italia e la sua capitale, ma almeno un modello di partenza su problemi concreti, in cui ci siamo confrontati, nell'attivazione dei temi che riguardano il fisco, i poteri speciali, i conflitti tra poteri che si possono creare e si stanno creando in molte altre regioni e realtà in una fase di così grande elaborazione e di continua rimodulazione dell'assetto istituzionale del Paese.
      Ciò nonostante, non possiamo gridare vittoria tout court. Quindi, portiamo a casa questo risultato che vedrà fin dalle prossime elezioni un nuovo modello organizzativo Pag. 25della città. Però continuiamo a pensare che, se non recuperiamo il lavoro fin dal suo inizio (cioè laddove il problema si crea e cioè con la riforma del Titolo V), noi difficilmente potremo avere un'organizzazione dell'assetto dello Stato, dei suoi enti locali e dei suoi elementi di specificità come quello di Roma capitale, delle città metropolitane, che non sia un tentativo di metterci delle pezze a colori laddove ci sono dei buchi che si sono creati in una struttura dove non si dialoga più l'uno con l'altro.
      È il caso del trasporto locale, che a Roma diventa un elemento così forte per i numeri e la quantità numerica dell'importo e spesso anche del disservizio che viene provocato da questo, ma possiamo continuare con tutte le altre funzioni attribuite. Quindi credo che questo sia un auspicio per il nuovo Parlamento, se riuscirà ad avere un Governo e se riusciremo ad insediarci, per poter partire da un lavoro che è assolutamente essenziale.
      Gli enti locali stanno soffrendo tantissimo ormai da anni per questo problema che riguarda l'assetto istituzionale, lo abbiamo visto quando abbiamo messo mano alla riforma delle autonomie locali e al nuovo testo unico, i grandi problemi derivano sempre da un mancato riassetto del sistema costituzionale. La Commissione bicamerale è stato un tentativo – secondo me riuscito – di porre soluzione a questi problemi ma l'auspicio che io faccio al Parlamento in questa bella giornata in cui portiamo a casa un altro risultato per Roma è quello di poter lavorare presto ad una nuova revisione del nostro Titolo V (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Invernizzi. Ne ha facoltà.

      CRISTIAN INVERNIZZI. Signora Presidente, signor Ministro, noi riteniamo che se questa discussione sul decreto legislativo che oggi il Governo sottopone a questa Assemblea può avere un merito è sicuramente quello di riportare all'interno delle Aule parlamentari un tema sparito sostanzialmente da più di un anno, vale a dire quello delle riforme costituzionali. Mi spiace non aver sentito negli interventi che mi hanno preceduto tutta una serie anche di riferimenti ai «compagni» di questo decreto legislativo che purtroppo giacciono, ormai da quando vi siete insediati, in qualche cassetto, perché il decreto su Roma capitale si inseriva nella previsione originaria all'interno di un più ampio progetto di riforma costituzionale che purtroppo però, a quanto pare, nessuno ha più la volontà di portare avanti.
      Per entrare nel merito di questo decreto correttivo, sicuramente non possiamo che palesare forti perplessità, sia per quanto riguarda i contenuti che per quanto concerne le modalità con cui questo è stato presentato, e riteniamo che le comunicazioni da lei rese, signor Ministro, non siano certo sufficienti a superare tali dubbi.
      Innanzitutto bisogna ricordare che il termine di scadenza della delega previsto per l'adozione in via definitiva di questo decreto correttivo, ai sensi della legge sul federalismo fiscale (legge 5 maggio 2009, n.  42), è fissato in tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2012, n.  61, cioè il termine scadrebbe il 2 giugno 2015. In presenza, pertanto, di un Governo chiaramente dimissionario e per bocca del suo stesso Presidente ormai stanco di governare e in un regime di Camere sciolte e con elezioni politiche tra l'altro già indette per il mese di febbraio, noi pensiamo che evidenti ragioni di correttezza istituzionale avrebbero dovuto indurvi a soprassedere dall'adozione di tale decreto legislativo. Non vi era nessuna ragione di urgenza ed i tempi per l'esercizio della delega, come abbiamo già sottolineato, sono molto ampi, non vorremmo che questa solerzia nel portare il decreto legislativo in Aula sia determinato da tutta una serie di motivazioni che nulla hanno a che fare con il vostro preciso interesse.
      Diciamo questo perché quando la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale ha esaminato questo decreto correttivo in tre sedute che si sono Pag. 26succedute nel mese di dicembre 2012 dobbiamo sottolineare come nessun rappresentante del Governo competente per materia, sia per quanto riguarda gli aspetti istituzionali che quelli finanziari, ha partecipato ai lavori della Commissione, non è intervenuto alcun rappresentante del Ministro dell'economia e delle finanze e non è neppure intervenuto alcun rappresentante del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Manca all'appello anche il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, come pure il Ministro o il sottosegretario per i rapporti con il Parlamento. Si è dovuto aspettare che intervenisse, probabilmente perché non c'era nessun altro disponibile, il sottosegretario per i beni e le attività culturali in quanto era necessaria la presenza di un rappresentante del Governo nel momento in cui si doveva dibattere, illustrare e poi votare gli emendamenti, quindi sottosegretario non competente per materia il quale non ha potuto far altro che rimettersi alle decisioni della Commissione.
      Per quanto riguarda il merito ed il contenuto, va rilevato che questo decreto legislativo presenta delle modifiche – è vero – rispetto al parere formulato dalla Commissione bicamerale.
      È per noi innanzitutto necessario precisare che il gruppo della Lega Nord e Autonomie aveva già espresso in quella sede la più netta contrarietà al parere reso dalla Commissione bicamerale, tanto che uno dei due relatori del provvedimento appartenente al proprio gruppo, ha ritenuto di dover dare le proprie dimissioni dall'incarico per l'evidente inaccettabilità e non condivisibilità degli emendamenti che venivano presentati. Tale dissenso – e qui lo ribadiamo – è motivato innanzitutto da una ragione di fondo: la legge n.  42 del 2009 sul federalismo fiscale conteneva una norma di delega relativa alla disciplina dell'ordinamento del comune di Roma in quanto capitale, che però avrebbe dovuto avere natura transitoria, in modo da applicarsi – così si dice espressamente nella legge – fino all'attuazione della disciplina della città metropolitana. Con il decreto legislativo n.  61 del 2012 tale delega è stata utilizzata per conferire al comune di Roma, in modo sostanzialmente permanente, poteri, prerogative e privilegi che fanno di tale comune un ente particolare, diverso da tutti gli altri comuni della Repubblica italiana, una sorta di super comune, che ingloba tutta una serie di competenze della provincia e persino compiti e funzioni delle regioni e dello Stato; basti pensare all'assegnazione al comune di funzioni amministrative dello Stato e della regione, all'istituzione di un'apposita sezione nella Conferenza unificata con la partecipazione diretta in essa del sindaco di Roma e ai poteri speciali anche in materia di organizzazione e disciplina del personale.
      Insomma, signor Ministro, si tratta di condizioni anomale e di privilegio che si ripresentano anche sul versante finanziario. Sono infatti previste particolari procedure per la programmazione pluriennale ed il finanziamento degli interventi di sviluppo infrastrutturale, nonché, per quanto attiene al Patto di stabilità interno, solo per il comune di Roma, si prevede la possibilità di concordare direttamente con il Ministro dell'economia e delle finanze il proprio contributo e di escludere dai vincoli del Patto importanti categorie di spese, mentre invece per tutti gli altri comuni e per tutte le altre realtà metropolitane dello Stato questo non è previsto. Probabilmente qualcuno è figlio di un Dio minore.
      Quindi, il parere approvato dalla Commissione bicamerale ha utilizzato il correttivo che qui è in esame, non per limitare, ma addirittura per ampliare ulteriormente le prerogative e i poteri speciali che già il decreto legislativo n.  61 aveva attribuito al comune di Roma, comportamenti questi che rafforzano la nostra più ferma contrarietà.
      L'ulteriore consolidamento dello status speciale del comune di Roma ha riguardato in particolare due aspetti, vale a dire l'estensione abnorme del potere del sindaco di Roma di adottare ordinanze in caso di stato di emergenza dichiarato sulla base della disciplina generale in materia di Pag. 27protezione civile e l'erogazione al comune di Roma delle risorse statali per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, disposizione questa addirittura integrata dalla previsione dell'erogazione direttamente al comune di Roma di finanziamenti statali – come abbiamo detto – relativi al trasporto pubblico locale.
      Il testo che ora stiamo esaminando, rispetto a quel parere, attenua sicuramente alcuni aspetti e, per certi versi, se ne discosta (e questo non può che farci piacere) – come ha ricordato anche lei prima, signor Ministro – sia per quanto riguarda il potere di ordinanza del sindaco, sia per quanto riguarda la quota spettante a Roma capitale nell'ambito della quota assegnata alla regione Lazio per il trasporto pubblico locale.
      Dobbiamo tuttavia rilevare in questa sede che le modifiche recate dal nuovo testo, sicuramente migliorative, se paragonate al parere formulato, non si possono tuttavia ritenere assolutamente soddisfacenti. Molte altre sono le anomalie contenute nel decreto legislativo ed emerge quindi chiaramente una nostra posizione politica che non può che essere contraria e che sicuramente in dichiarazione di voto ci riserviamo di argomentare ulteriormente.
      Anche in seguito, pertanto, a queste modifiche migliorative, va ricordato che l'attribuzione diretta dei finanziamenti statali ad un comune è contraria – secondo noi – alla previsione costituzionale per la quale lo Stato attribuisce direttamente ai comuni solo finanziamenti con finalità perequative, non riferibili al normale esercizio delle funzioni, mentre nelle materie di competenza regionale, come il trasporto pubblico locale, sono le regioni a dover esercitare le funzioni di programmazione e di riparto dei fondi.
      Per questo è facile presumere che sul punto il decreto correttivo, emanato per evitare proprio il prosieguo dell'azione che la regione Lazio ha aperto con il ricorso depositato nel luglio 2012, in realtà non risulterà idoneo a superare tale contenzioso.
      Quindi, oltre alla soppressione delle misure contenute nel parere della Commissione questo decreto correttivo dovrebbe anche abrogare i più evidenti elementi di singolarità che il decreto legislativo n.  61 del 2012 ha conferito all'ordinamento del comune di Roma, ossia le speciali modalità di programmazione e finanziamento degli sviluppi infrastrutturali e, soprattutto, le disposizioni relative al Patto di stabilità interno.
      Per questo motivo il gruppo Lega Nord e Autonomie ha presentato una proposta di risoluzione che, nell'esprimere una valutazione che non può che essere negativa sulle comunicazioni che lei, signor Ministro, ha oggi reso e sul testo che ci è stato trasmesso, impegna il Governo a ritirarlo, in quanto non opportuno, non urgente e, soprattutto, in quanto contenente rilievi di dubbia legittimità costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Congratulazioni).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Domenico Rossi. Ne ha facoltà.

      DOMENICO ROSSI. Signor Presidente, onorevoli deputati, abbiamo già ascoltato diverse volte che lo schema di decreto legislativo che oggi è all'esame prevede, come illustrato anche dal Governo, disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n.  61 del 2012, come discendente dalla legge n.  42 del 2009.
      Può sembrare banale, ma colgo innanzitutto l'occasione per dire che Scelta Civica per l'Italia voterà questo provvedimento. Lo voterà perché ritiene che sia non solo un atto dovuto come fase terminale di un provvedimento in itinere da tempo, ma riteniamo che si debba votare come atto di serietà, come atto di professionalità, come atto di coerenza, soprattutto per ribadire che quando si viene in un'Aula come questa le discussioni non sono mai inutili, non sono mai retoriche ma devono essere, invece, propositive e devono concretizzarsi. Ed è proprio con questo spirito, inoltre, che dico che bisogna approvare o bisogna discutere questo provvedimento, perché non ci nascondiamo Pag. 28dietro il fatto che questo sia vitale per Roma capitale e soprattutto per dare soddisfacimento alle esigenze dei suoi cittadini.
      Per quanto riguarda il merito, il Ministro ha poc'anzi spiegato come lo schema, che è oggi all'esame della Camera, sia stato sostanzialmente integrato rispetto a quello originario sulla base delle indicazioni contenute nel parere condizionato approvato dalla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale il 21 dicembre dello scorso anno. Anche qui non è una nota polemica ma il regolamento di condominio ce lo siamo studiato, l'abbiamo analizzato, l'abbiamo guardato insieme agli organismi che ci sono stati messi a disposizioni dalla Camera, ne abbiamo capito i contenuti, li possiamo leggere, li possiamo approvare o meno e spetta poi a noi comunicarli ai cittadini in maniera chiara. Ma questo non significa che i testi legislativi non debbano, invece, rispondere a determinati criteri.
      Noi condividiamo le proposte che la Commissione bicamerale aveva fatto al Governo e che il Governo ha recepito integralmente e, pertanto, non ci soffermiamo su queste.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 17,05)

      DOMENICO ROSSI. Ma, invece, intendo valutare le varianti apportate che, di fatto, riguardano tre aspetti. Il primo era l'indicazione della Commissione di delineare un percorso procedimentale transitorio, volto a colmare il vuoto normativo in tema di rimodulazione del programma di interventi per Roma capitale. Il Governo ha inteso prevedere che ciò avvenga con il concerto del Ministero dell'economia e delle finanze e che, comunque, le rimodulazioni avvengano a parità di oneri. Ci sembra questo un atto dovuto, trattandosi del coinvolgimento dello Stato in senso generale ma, soprattutto, il necessario chiarimento sulla esigenza di mantenere invariata la spesa.
      La Commissione aveva altresì previsto il potere di ordinanza in deroga del sindaco di Roma capitale nelle materie concernenti traffico, mobilità e inquinamento acustico e atmosferico, subordinandole a una dichiarazione dello stato di emergenza.
      La Commissione aveva altresì previsto il potere di ordinanza in deroga del sindaco di Roma capitale nelle materie concernenti traffico, mobilità e inquinamento acustico e atmosferico, subordinandolo ad una dichiarazione dello stato di emergenza. Anche qui ci sembra di poter condividere l'integrazione fatta dal Governo, laddove richiama il fatto che lo stato di emergenza è collegato alla normativa in materia di Protezione civile, di subordinare il potere di ordinanza in deroga sulle materie non afferenti a calamità naturale ad una delibera del Consiglio dei ministri, nonché a limitarne la durata in base al piano stesso.
      Rimane l'ultimo aspetto che invece merita uno specifico approfondimento e che, infatti, riguarda un punto focale. La commissione bilaterale aveva infatti chiesto che, nell'ambito dei decreti di ripartizione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, venisse determinata, previa intesa tra Roma capitale e regione Lazio, la quota di risorse spettanti a Roma capitale, da erogare direttamente a quest'ultima sulla base degli stessi criteri adottati per ripartire il fondo tra le regioni, nonché con le stesse modalità e tempi, prevedendo altresì che la quota venisse computata solo sugli oneri connessi al trasporto locale e che venissero esclusi quelli relativi al trasporto ferroviario. È evidente – ed è già stato messo in rilievo da altri interventi – quanto incida in termini funzionali e in termini finanziari il problema del traffico, sia su gomma sia ferroviario, per la stessa funzionalità di Roma capitale e per le esigenze dei cittadini. Il Governo ha voluto precisare che le risorse da erogare a Roma capitale sono comunque all'interno della quota della regione Lazio – e questo ci sembra comprensibile – ma che nelle more della citata intesa l'erogazione, venga effettuata a favore della regione, in quanto Pag. 29la mancata intesa tra Roma capitale e la regione Lazio potrebbe portare un'incertezza finanziaria anche nella distribuzione del fondo alle restanti regioni beneficiarie dello stesso. Inoltre, è stato fatto notare dal rappresentante del Governo che ci sono difficoltà effettive di scomputo tra i due settori delle risorse allocate su un fondo che sembra destinato nel suo complesso alle esigenze trasportistiche. Su questi due aspetti ci permettiamo di evidenziare alcune perplessità.
      La prima deriva dal fatto che fino a quando non ci sarà l'intesa con Roma capitale, i fondi saranno di fatto assegnati alla regione Lazio, una regione con un fortissimo disavanzo, che potrebbe condizionare l'interesse a privarsi in tempi rapidi delle risorse da destinare a Roma capitale. In sostanza, è una previsione che rischia di ingessare il sistema, non trascurando che su questi aspetti vi è stato fino allo scorso anno un fortissimo attrito tra i due enti, fino alla presentazione di un ricorso alla Corte costituzionale da parte della regione Lazio circa le effettive prerogative. Per quanto riguarda la differenziazione degli oneri, riteniamo invece che forse sarebbe possibile, essendo i due settori oggetto di contratti di servizio differenziati.
      L'attenzione su questi aspetti la richiamiamo anche perché il provvedimento non deve essere considerato solo come parte attuativa della norma costituzionale di Roma capitale, ma anche, come forse già messo in rilievo, uno step di avvicinamento al riordino del sistema delle autonomie, cui si tende da tanti anni, ma che non viene realizzato per le resistenze al cambiamento che continuano ad essere di assoluta rilevanza.
      È chiaro che il problema nello specifico è la coesistenza di due entità, come la regione Lazio e Roma capitale, ma domani potrebbe interessare altre città metropolitane, atteso che il 2014 dovrebbe essere l'anno dell'avvio delle città metropolitane. Ed ecco perché ci sembrava che la previsione della commissione bicamerale portasse ad una distinzione migliore, in quanto più netta, di competenze, responsabilità e flussi finanziari, non dimenticando come Roma è una delle realtà urbane, come già detto da altri, più importanti del mondo, nonché simbolo di unità nazionale e come tale portatrice di valori istituzionali, politici e storici di assoluto valore. In sintesi, presentiamo un invito al Governo a svolgere un'ulteriore riflessione su queste perplessità evidenziate, tenuto conto che quanto previsto non appare strettamente coerente ai principi di evoluzione e federalismo e che si rischia di accentuare le difficoltà finanziarie del comune di Roma laddove non venga raggiunta un'intesa fra i due enti in questione (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marroni. Ne ha facoltà.

      UMBERTO MARRONI. Signor Presidente, onorevoli deputati, su questo decreto integrativo, correttivo, il mio intervento sarà, oltre che, ovviamente, come deputato di questa Assemblea, anche come consigliere comunale. Il 17 settembre 2010 è stato approvato il decreto legislativo n.  156 che ha avviato la riforma – lo ha detto prima l'onorevole Causi – e siamo ancora, dopo quattro anni, ad operare modifiche e correttivi.
      Dopo quattro anni in cui si è avviata la riforma che è stata generata dalla legge delega n.  42 del 2009, siamo ancora a operare dei correttivi a queste normative, che non hanno trovato un assetto stabile. Questo, forse, è uno dei punti principali per cui questo lavoro, che è andato avanti per tanti anni, oggi ancora non ha trovato un suo stabile assetto istituzionale e normativo.
      Infatti, la questione che riguarda le autonomie – lo ha detto prima il collega di Scelta Civica per l'Italia – è ancora aperta. Questo decreto legislativo, ad esempio, per quanto riguarda Roma, aggiunge delle modifiche abbastanza marginali. Non stiamo parlando di cose significative, lo ha detto bene prima Causi: stiamo parlando di modifiche non proprio sostanziali, con cui però si vanno a toccare Pag. 30alcune questioni che andrebbero, probabilmente, affrontate in maniera più organica.
      Innanzitutto, vi è la questione del concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Stiamo parlando del merito di queste questioni, della legge n.  396 del 1990 su Roma capitale: si aggiunge un altro parere per quanto riguarda il Ministero dell'economia e delle finanze.
      Si modificano, sicuramente in meglio, alcuni poteri che sono stati dati al sindaco, specificando meglio quelli che sono di carattere emergenziale – spesso si è fatta anche una discussione un po’ abusata di questi poteri – e l'altra cosa, più delicata, è sicuramente quella che riguarda il finanziamento del trasporto pubblico locale, in grande sofferenza, ovviamente non solo a Roma e nel Lazio.
      Ma al di là del merito di queste modifiche di carattere correttivo e integrativo, noi, come Partito Democratico, abbiamo sostenuto questa riforma fin dall'inizio, anche con alcuni elementi di riserva, proprio per quello che diceva prima l'onorevole Causi, nel senso che noi abbiamo lavorato affinché la città di Roma potesse avere un ordinamento e una capacità di funzionare migliori rispetto ai cittadini che deve amministrare e al suo ruolo.
      Però, dobbiamo dire che queste riserve in parte sono rimaste, sicuramente dettate anche da un atteggiamento corporativo e, forse, anche un po’ propagandistico del sindaco Alemanno. Noi abbiamo dato un parere favorevole proprio perché alcune di queste modifiche sicuramente possono portare un beneficio alla città di Roma, ma rimangono alcune riserve, tra cui quelle che sostanzialmente abbiamo sempre espresso sia qui, negli interventi dei colleghi, sia nel Consiglio comunale di Roma.
      Non è chiara la quantificazione dei costi per la funzione di Roma capitale, che sicuramente andrebbe fatta in maniera più dettagliata, cioè distinguendo il funzionamento ordinario della città di Roma, come per tutti i comuni italiani, da quello di carattere straordinario legato alla sua funzione di Roma capitale, anche per evitare quello che qui ha detto il collega della Lega Nord: ingenerare una confusa avversione a Roma capitale per quanto riguarda il suo status specifico, definendo, invece, con chiarezza questi costi.
      Bisogna migliorare e aggiornare in maniera innovativa la riforma della legge n.  396 del 1990 su Roma capitale, non solo con i finanziamenti specifici per alcuni progetti legati al ruolo di Roma capitale, ma anche migliorando proprio gli interventi di indirizzo di tale legge rispetto a questi interventi, che a volte – questo siamo noi i primi a dirlo – sono anche un po’ generici, dentro un circuito di finanziamenti nazionali che può sicuramente superare il limite della nostra città, in particolare della capitale, rispetto alle infrastrutture.
      Sulla questione del Patto di stabilità qui è stata detta anche una cosa che non corrisponde al vero, nel senso che noi abbiamo sostanzialmente ottenuto per il Patto di stabilità una modifica dal Governo e dal Parlamento per quanto riguarda i finanziamenti di Roma capitale, cioè, quindi, quei finanziamenti che non sono legati alle funzioni ordinarie, ma legati alla norma nazionale per quanto riguarda i finanziamenti connessi alle infrastrutture.
      L'altra cosa che andrebbe inserita sono alcuni finanziamenti strategici per la capitale, come fanno per tutte le altre grandi capitali le nazioni europee. Permettere, quindi, a Roma di funzionare meglio, significa anche permettere al Paese di avere una capitale più efficiente.
      L'altro punto che viene toccato in questo decreto è quello dei finanziamenti al trasporto pubblico locale (Tpl). Qui si è specificato il concerto con la regione Lazio e il rapporto tra programmazione e finanziamento diretto. Bisogna anche dire che questo è un tema delicato in quanto questo rapporto tra finanziamento del trasporto pubblico locale e, poi, ripartizione nei comuni rispetto alla regione, ha spesso ingenerato grandi conflitti. Qui credo che il Parlamento dovrà sicuramente affrontare in maniera più specifica il meccanismo con cui le regioni poi trasferiscono ai Pag. 31comuni – ovviamente non solo nel Lazio e a Roma – la quota di finanziamento regionale rispetto al trasporto pubblico locale o altri tipi di finanziamento, perché le conflittualità che si sono ingenerate – sicuramente quelle che ricordava la collega, anche di carattere politico, tra l'ex governatrice e il sindaco di Roma – comunque si creano spesso proprio per questo meccanismo un po’ complesso che riguarda il rapporto tra le regioni e i comuni. E quindi io credo che questa modifica sicuramente tenda a chiarire meglio questo tipo di rapporto, ma non credo che sia risolutiva. Lo dico anche rispetto al Governo e alla questione che riguarda la necessità di avere dei meccanismi chiari e dei tempi certi.
      Ma uno dei punti fondamentali – mi permetto di dire, anche rispetto al Parlamento che, secondo me, si dovrà impegnare nei prossimi mesi e nei prossimi anni – è una politica per le città. Ovviamente non solo per Roma. Fare in modo che ci sia una politica pubblica per le città – cioè dove abita la stragrande maggioranza dei cittadini –, che oggi viene sentita anche come uno dei problemi principali dai sindaci, dalle amministrazioni.
      Siamo in una situazione per cui le politiche pubbliche per le città sono sostanzialmente ferme ai primi anni Novanta, così come le legislazioni e i programmi che sono stati varati dai governi e dal Parlamento. Queste politiche pubbliche sono sostanzialmente state abbandonate.
      Un tema di riforma importantissimo, quindi, sarà, in questa legislatura, ripristinare una legislazione e una politica pubblica per le città italiane. E credo che sia stato un errore, da questo punto di vista, non impostare fin dall'inizio il decreto su Roma capitale insieme a queste politiche pubbliche per le città. Perché è un errore che ha creato sicuramente un eccesso di conflittualità tra il provvedimento che riguardava la riforma di Roma capitale e, ovviamente, anche le altre città e le altre regioni, che vedevano in questo provvedimento una disparità di trattamento, non quella, diciamo, legata alla necessità di avere una capitale efficiente.
      E quindi io credo che, oltre a questo perfezionamento che bisognerà probabilmente realizzare ulteriormente, bisognerà rapidamente produrre una politica pubblica per le città con un Governo e un ministro che non si occupi solo dell'architettura ordinamentale per quanto riguarda i poteri e gli assetti, ma di quelle politiche che servono a far funzionare le città, a far funzionare servizi, a far funzionare le amministrazioni locali da un punto di vista sostanziale e non solo di carattere ordinamentale e di poteri.
      Questo penso possa eliminare la conflittualità tra Roma e il resto della nazione e le altre città, e dare delle risposte ai cittadini per quanto riguarda, appunto, i servizi e soprattutto il funzionamento dei luoghi dove la maggior parte dei cittadini vive.

      PRESIDENTE. La prego di concludere.

      UMBERTO MARRONI. Si tratta di servizi pubblici locali, organizzazione amministrativa ed aziende di servizi, leggi di scopo per i temi che i sindaci da soli non possono affrontare e non possono riuscire a risolvere.

      PRESIDENTE. Deve concludere.

      UMBERTO MARRONI. Insomma, in conclusione, si tratta di un'idea di Roma e di un ruolo di Roma capitale che non sia conflittuale con la nazione e con il suo ruolo internazionale, permettendo quindi attraverso le politiche ovviamente legate a Roma capitale, e le politiche per le città da varare in questa legislatura, una maggiore identificazione tra lo Stato e la sua capitale e una migliore organizzazione gestionale con l'area metropolitana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Busin.  Ne ha facoltà.

      FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, siamo di Pag. 32fronte all'ennesimo passaggio parlamentare riguardante Roma capitale. Sono decisamente troppi, soprattutto perché ogni passaggio ha visto confermate e aumentate le prerogative, i poteri e i privilegi, in definitiva la disparità di trattamento, sempre a favore di Roma rispetto agli altri comuni del Paese, che tra l'altro non possono godere del privilegio che deriva dallo status di capitale.
      È un aspetto questo sempre declinato in negativo dalle istituzioni locali e regionali laziali, che ne evidenziano solo l'aggravio dei costi. Noi invece sottolineiamo il privilegio e l'arricchimento che deriva dallo status di capitale in termini di servizi e di indotto che questi generano. Questo è particolarmente vero per Roma, onorevole Causi, che è capitale dello Stato ormai più centralista d'Europa e che concentra su di sé una percentuale di dipendenti pubblici e di funzioni amministrative nettamente superiori agli Stati federali che lei ha citato prima. Si tratta di una ricchezza tutta da quantificare che non viene mai considerata nelle richieste di integrazione dei trasferimenti che ogni amministrazione di Roma, sia di destra che di sinistra, richiede alla collettività nazionale.
      Il risultato è qui da vedere: lo status di Roma capitale, nella nostra previsione inserita nella legge delega n.  42 del 2009, avrebbe dovuto avere solo una natura transitoria, da applicarsi – si dice espressamente nella legge – fino all'attuazione della disciplina delle città metropolitane.
      Invece, ora, ha diritti e poteri abnormi e talvolta, a nostro avviso, incostituzionali. Con noi concorda persino la regione Lazio, che ha depositato a tal riguardo un ricorso presso la Corte costituzionale.
      Al comune di Roma sono state assegnate funzioni amministrative dello Stato e della regione, è stata istituita un'apposita sessione nella Conferenza unificata con la partecipazione diretta del sindaco di Roma. Lo stesso ha poteri speciali anche in materia di organizzazione e disciplina del personale e può adottare ordinanze in caso di stato d'emergenza, dichiarato sulla base della disciplina generale in materia di protezione civile.
      Sul versante finanziario, poi, le disposizioni del decreto legislativo n.  61 del 2012, pongono il comune di Roma in un'ancora più evidente condizione di privilegio. Sono infatti previste particolari procedure per la programmazione ed il finanziamento degli interventi di sviluppo infrastrutturale. Anche sotto il profilo del Patto di stabilità interno, solo per il comune di Roma si introduce la possibilità di concordare direttamente con il Ministro dell'economia e delle finanze il proprio contributo e di escludere dai vincoli del Patto importanti categorie di spesa, mentre i vincoli del Patto di stabilità valgono ovviamente per tutti gli altri comuni d'Italia.
      Il comune di Roma riceve poi l'erogazione diretta di finanziamenti relativi al trasporto pubblico locale e, benché il nuovo testo precisi che la quota spettante a Roma capitale deve essere determinata nell'ambito della quota assegnata alla regione Lazio – e su questo diamo atto al Governo della modifica al decreto legislativo – è chiaro il conflitto istituzionale tra comune e regione, tanto che rimane pendente il ricorso regionale, conflitto che questo decreto legislativo, secondo il nostro parere, non risolve.
      Un altro dato politico importante è che la presenza della Lega Nord al Governo e in Commissione bicamerale nella passata legislatura, ha di fatto limitato le pretese «arroganti» dell'assemblea capitolina e dei parlamentari romani, equamente distribuiti fra destra e sinistra in questo emiciclo: abbiamo tagliato il numero di assessori, consiglieri comunali e municipi, eliminato la possibilità della surroga dell'assessore con il primo consigliere non eletto, evitato la stabilizzazione di migliaia di LSU, impedito che a Roma potesse essere attribuito il patrimonio urbano detenuto da Eur Spa (partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze al 90 per cento) e che la giunta capitolina potesse autonomamente, al di fuori dei vincoli legislativi nazionali, provvedere alla definizione del fabbisogno di personale dell'ente.Pag. 33
      Ecco che la delega legislativa tesa al raggiungimento del federalismo fiscale, si conclude così tristemente da parte di un Governo non eletto e che alla prova elettorale ha avuto un riscontro decisamente modesto.
      Purtroppo rimarranno le modifiche del decreto legge «salva-Italia», il primo del Governo Monti, che con pochi articoli ha distrutto anni di lavoro a favore del territorio, degli enti locali, della gente comune: IMU sulla prima casa, Tares, soppressione della compartecipazione IVA provinciale, tagli ai trasferimenti agli enti locali e regionali, tagli alla sanità ed al trasporto pubblico locale, inasprimento del Patto di stabilità, ed ora il decreto per Roma capitale.
      Registriamo che questo è l'unico decreto adottato dall'attuale Governo in attuazione della legge n.  42 del 2009. È stato completamente ignorato il processo di attuazione della riforma in materia di federalismo fiscale, come già detto prima. Nessuno dei provvedimenti attuativi previsto dalla legge delega è stato approvato, in particolare quelli relativi alla definizione dei fabbisogni e costi standard, che avrebbero dato un decisivo contributo al processo di responsabilizzazione sul fronte della spesa dei livelli periferici di Governo e al tanto annunciato, e mai realizzato, taglio degli sprechi.
      La Lega Nord ha presentato una propria risoluzione che impegna il Governo a ritirare il provvedimento in esame. Un Governo con la coscienza e conoscenza di ciò che vivono i territori seguirebbe le nostre richieste, ma ovviamente un Governo di tecnici non può capirci. Auspichiamo invece la convergenza di voti favorevoli alla nostra risoluzione da parte di deputati che condividono i principi di giustizia territoriale ignorati da questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Morassut. Ne ha facoltà.

      ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, il testo dello schema di decreto legislativo correttivo del decreto legislativo per il completamento del quadro di riforma ordinamentale di Roma capitale contiene delle decisioni utili per la definizione di una nuova articolazione di prerogative di Roma e del sindaco di Roma. Queste nuove prerogative riguardano campi importanti per l'organizzazione della vita quotidiana, per il sostegno al trasporto pubblico locale, per la sicurezza, per il traffico e per le facilitazioni finanziarie della capitale nel quadro del Patto di stabilità. Si tratta di cose importantissime anche se limitate ad aspetti procedurali più che ordinamentali e sostanzialmente di snellimento, di accelerazione e di fluidificazione del trasferimento delle risorse finanziarie per il trasporto pubblico locale, probabilmente il tema più importante di questo provvedimento che, in questo specifico caso, riconosce a Roma la prerogativa di un rapporto diretto con lo Stato, seppure di intesa con la regione Lazio. Il sindaco di Roma, chiunque sarà nel prossimo futuro, potrà avere su queste materie qualche potere in più rispetto al passato e chi ha avuto modo di trascorrere parte della propria esperienza come amministratore in Campidoglio può capire bene quanto sia importante la possibilità di intervenire con prontezza da parte del sindaco su queste materie. Tutto è importante e tutto è urgente perché l'efficienza della capitale, com’è stato ricordato, non è solo un problema di Roma o di chi ci vive, ma è un problema dell'intero Paese. Purtroppo, bisogna dirlo, anche in questa occasione c’è chi non si è sottratto alla solita retorica antiromana ed ha trovato modo, votando contro o astenendosi sulla risoluzione, di giocare la carta della propaganda e anche del populismo. In un caso questa polemica non ci ha sorpreso, perché la Lega Nord ne ha sempre fatto un motivo di identità. Più sorprendente, devo dire, è l'astensione del MoVimento 5 Stelle, non ho capito bene, nonostante l'intervento della collega, se per intima convinzione o per una non piena comprensione del provvedimento. Più sorprendente perché, fino ad ora, non ci era parso di annoverare il MoVimento 5 Stelle tra Pag. 34quelle forze politiche ostili alle prerogative di Roma, al ruolo della capitale e alla definizione di nuovi strumenti per semplificare la vita dei romani. Dobbiamo prenderne atto. Tuttavia, la soddisfazione per questo nuovo seppur limitato passo per la riorganizzazione della capitale non ci impedisce di dare una valutazione assai preoccupata sullo stato generale a quattro anni di distanza dalle intese sul federalismo fiscale riguardo la ridefinizione organica dell'ordinamento per Roma capitale. Complice la crisi politica ed istituzionale che il Paese attraversa, anche il processo riformatore di Roma è oggi sospeso in una posizione di stallo. Certamente la crisi politica ha posto problemi di speditezza delle decisioni – una legislatura travagliata con due crisi di Governo – ma ci sono ragioni più di fondo, che riguardano l'attenzione non prioritaria del tema di Roma nell'agenda degli ultimi due governi.
      Mi riferisco ad alcune decisioni di fondo, incerte e persino discutibili, nonché alla scarsa energia e determinazione di chi dovrebbe spendersi per tenere alta la centralità del tema di Roma, ripeto non solo romana ma nazionale, nell'agenda politica, ossia l'attuale sindaco di Roma; scarsa è stata l'energia con cui si è battuto in questi anni.
      Vorrei brevemente soffermarmi su questi due aspetti. Fino al 2009, quando fu approvata la legge n.  42, poteri e finanziamenti straordinari di Roma erano iscritti in una legge, la n.  396 del 1990, che, seppure con le «usure» di un onorato corso ventennale, consentiva ancora alla capitale di contare su alcune limitate prerogative, ma soprattutto su un flusso regolare di finanziamenti detti «straordinari», ma che altro non erano che un saldo dello storico divario di trasferimenti per abitante di cui Roma ha sempre sofferto rispetto alle altre grandi città italiane. Roma, la più grande città europea come estensione territoriale, la più grande città italiana che include le nove più grandi città metropolitane italiane, per 129.000 ettari di territorio, con una legge, la n.  396, che ha consentito la realizzazione di opere importantissime per sostenere l'onere di città capitale, che ospita circuiti diplomatici (tre circuiti diplomatici), uno Stato nello Stato, un sistema sanitario regionale, non dimentichiamocelo, su cui gravano i più grandi policlinici d'Italia e la sanità legata al sistema vaticano e degli ordini religiosi e tanto altro ancora.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 17,35).

      ROBERTO MORASSUT. Ma, grazie a quelle risorse, seppur limitate, Roma ha potuto contare su alcune certezze che sono durate solo fino all'ultimo Governo Prodi, che destinò, nel triennio 2006-2008, circa 200 milioni di euro l'anno per la programmazione delle opere pubbliche di Roma capitale, che erano gestite con un ruolo centrale di quello che un tempo si chiamava consiglio comunale e che oggi, con una allocuzione puramente verbale, è stato chiamato assemblea capitolina. Ma era lì che si decideva il coordinamento e l'indirizzo di quelle risorse, in un luogo democratico.
      Nel 2009, con la legge n.  42, si è aperta una nuova fase che doveva portare nuovi benefici, all'insegna della magica parola del federalismo. Ma lo abbiamo visto, una storica festa popolaresca, all'insegna della pajata romana, suggellò la fine della legge n.  396, di fatto la fine della legge n.  396, poi definitivamente di fatto derubricata nel decreto legislativo n.  61, in cambio dell'assunzione per Roma del titolo di «Capitale»: un fatto tutto nominalistico. Nemmeno la prerogativa di partecipare attivamente alla programmazione CIPE da parte del sindaco prevista dal decreto legislativo n.  61 è stata finora onorata debitamente dal sindaco di Roma con la dovuta efficacia.
      Qual è il ruolo che il sindaco ha concretamente giocato in quell'organismo in questi mesi ? Non si sa. Quello che è certo ed incontrovertibile è che dal 2009 Roma ha perso le certezze, seppur limitate del vecchio ordinamento della legge n.  396, del vecchio regime della legge Pag. 35n.  396, ma non ha ancora acquisito nessun concreto e organico riordino ordinamentale di poteri, compresa la futura città metropolitana, e nessun diretto beneficio finanziario.
      Ma c’è di più: la legge per Roma capitale si inseriva in un quadro assai ampio di obiettivi e non si limitava al fatto, pur centrale, al problema, pur centrale, delle infrastrutture per la mobilità e delle grandi opere. La legge era indirizzata al completamento del decentramento terziario della pubblica amministrazione dal centro storico, al riordino territoriale del sistema universitario, alla tutela e alla valorizzazione del sistema ambientale, dei beni archeologici e monumentali.
      Certo, il decreto legislativo n.  61 in fin dei conti raccoglie alcuni di questi indirizzi, di questi obiettivi e di queste missioni, ma non tutte. Forse uno sviluppo, una modernizzazione ed una ristrutturazione del ceppo fondamentale di quella legge sarebbe stato più efficace, ma adesso forse bisogna porsi un problema nuovo e guardare avanti. Si è voluta demolire, in sostanza, questo voglio ricordare (perché vale anche per la discussione che ci aspetta in futuro), una legge e una filosofia che si ispirava per l'appunto al tema di Roma Capitale e si è imboccata una strada incerta e ancora oggi sospesa, di fatto, in un periglioso percorso legato al mito sterile, stando ai fatti, del federalismo, che, per quanto riguarda Roma, solo l'impegno dell'onorevole Causi, che è qui presente, e del Ministro Barca ha attenuato e bilanciato, ottenendo per l'appunto, la possibilità per il sindaco (fatto storico) di far parte del CIPE e di poter far valere in quella sede le ragioni di Roma e anche le priorità, la possibilità di contrattare direttamente con lo Stato tetti e limiti di spesa nell'ambito del Patto di stabilità.
      Ho concluso ma ho ricordato queste cose, signor Presidente e cari colleghi, perché sia chiaro anche a chi ci ascolta e che oggi vede questa discussione nell'aula della Camera dei deputati, che siamo di fronte alla necessità di una organica, complessiva ridefinizione del quadro normativo di Roma capitale.
      L'esigenza di una riforma organica, secondo me, di fatto è stata posta in modo fuorviante dalla legge n.  42 del 2009. Ma questa riforma è ancora lontanissima a quattro anni di distanza per quel che riguarda le risorse e i poteri mentre le vecchie certezze, la legge 15 dicembre 1990, n.  396, che pure andava migliorata, sono state cancellate. Di questo stallo Roma sta già risentendone e ne risentirà ancora. Risentirà della scarsezza di risorse che bloccano le opere pubbliche, dell'assenza di un volano pubblico capace di attivare anche investimenti privati, funzione per l'appunto svolta dalla vecchia legge. Mi auguro che il voto di oggi ed una nuova stagione di riforme istituzionali e costituzionali che deve aprirsi in Italia e in questo Parlamento possa includere con piena responsabilità da parte di tutti, anche il tema di Roma. Immagino che molte parole, molta propaganda sarà usata – ho concluso – nelle prossime settimane quando i romani saranno chiamati al voto ma se non si affronteranno questi temi, non serviranno le parole, non serviranno i proclami e chiunque sarà sindaco dovrà porsi da subito il problema di come far valere le opportunità della partecipazione al CIPE e di come costruire i termini di un patto con lo Stato per realizzare in pochi anni alcune opere fondamentali concordate con lo Stato ma anche con la comunità territoriale di Roma e della sua area metropolitana. Oggi diamo il nostro voto favorevole alla risoluzione che, seppur con questi limiti, però è un passo avanti per il miglioramento della vita concreta dei cittadini romani. Oggi questo conta ma non basta e dovremo tornarne a discutere nelle prossime settimane e nei prossimi mesi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Capelli. Ne ha facoltà.

      ROBERTO CAPELLI. Signor Presidente, colleghi, per una certa fase di questo dibattito ho avuto l'impressione – perdonatemi, colleghi, quelli che sono intervenuti – di assistere al dibattito del Pag. 36consiglio comunale di Roma. Dico questo perché è indubbio che Roma capitale, che ha in sé oneri e onori, per essere la capitale d'Italia è un fatto di interesse nazionale ed è assolutamente opportuno e il nostro voto sarà a favore della risoluzione, che le attenzioni di quest'Aula siano concentrate sulla gestione di interessi di Roma capitale. Però altrettanto interesse...

      PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Capelli, per un mio errore avrei dovuto dare la parola al Governo, poi riprenderà il suo intervento. Mi scusi ma ho commesso un errore perché ho trovato un foglio sbagliato.
      Non essendovi altri iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione.

(Annunzio di risoluzioni)

      PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Invernizzi n. 6-00002 e Causi n. 6-00003 (Vedi l'allegato A – Risoluzioni). I relativi testi sono in distribuzione.
      Ha facoltà di parlare il Ministro Patroni Griffi che esprimerà altresì il parere sulle risoluzioni presentate.

      FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, mi limito ad esprimere il parere sulle risoluzioni presentate. Il Governo esprime parere favorevole sulla risoluzione Causi n. 6-00003 ed esprime parere contrario sulla risoluzione Invernizzi n. 6-00002.

(Dichiarazioni di voto)

      PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto e, scusandomi con il collega Capelli, gli restituisco la parola per la dichiarazione di voto.

      ROBERTO CAPELLI. Signor Presidente, di nuovo grazie. Dicevo, per riprendere il filo dell'intervento, che è indubbio che Roma capitale sia uno degli argomenti, il principe degli argomenti, di interesse nazionale; Roma capitale che trascina in sé gli oneri e gli onori del ruolo che riveste per la nostra Nazione. Ed è altresì indubbio che noi voteremo, come componente Centro Democratico del gruppo Misto, a favore della risoluzione per Roma capitale, ma alcuni dubbi, o meglio alcune perplessità, mi corre l'obbligo di rilevarle. Per esempio, non so, chiedo, faccio una domanda a chi vorrà coglierne il significato: c’è una qualche correlazione tra l'urgenza o la priorità stabilita per il decreto per Roma capitale, il decreto di manutenzione previsto dalla norma istitutiva e le imminenti elezioni comunali ? Qualcuno diceva che, a volte, a pensar male ci si azzecca, ma credo che ci sia indubbiamente questa correlazione. Allora, è realmente una priorità della Nazione, una Nazione che è in balia delle strategie e dei giochi di Palazzo ? Allora, pongo all'attenzione dell'Aula o di quell'Aula che avrà modo di ascoltare, se altrettante priorità devono essere individuate, non solo al centro dell'impero, ma anche alla periferia dell'impero.
      Il mio non vuole essere un discorso di tipo leghista al contrario per la regione che rappresento, la Sardegna, ma io pongo all'attenzione del Governo la situazione per esempio della vertenza entrate con la regione Sardegna che, pochi di voi sanno, vanta un credito di circa dieci miliardi di euro di mancati trasferimenti delle entrate da prelievo fiscale nei confronti del Governo centrale. Ma l'assurdo è anche che, quando mai il Governo, questo Parlamento, lo Stato italiano riconoscerà questo diritto sancito dalla Corte costituzionale alla Sardegna, bene, non si potranno spendere quelle risorse per i vincoli stabiliti dal Patto di stabilità. È l'assurdo della burocrazia, è l'assurdo del Patto di stabilità che sta strangolando soprattutto i piccoli enti locali e la concentrazione invece di questo Parlamento e di questo Governo è soltanto al centro dell'impero dimenticando che nella periferia si muore. Badate bene che anche l'espressione «dimenticando che nella periferia si muore» è per ricordare a quanti di voi sono distratti cosa succede Pag. 37anche alla periferia dell'impero, mi riferisco ad esempio agli ultimi due suicidi in due giorni di due imprenditori, piccoli imprenditori, della nostra regione, uno stamattina e l'altro, di cui non è stata data notizia dalla famiglia per vari motivi, nella giornata di ieri. Due piccoli imprenditori strangolati dai debiti, strangolati dalla situazione economica che noi tutti conosciamo e che, invece, pagano con la vita il fatto di non poter più sopportare l'onere della gestione di quella piccola azienda. Ma passa in terza pagina, in quarta pagina. Forse i suicidi passeranno anche in decima pagina finché non ci sarà il suicidio di uno dei seicentotrentacinque o dei mille.
      Perché dico questo ? Perché, vedete, le strategie di Palazzo possono determinare degli effetti drammatici all'esterno e di strategia si muore, non solo in politica, ma anche soprattutto muore chi subisce questa politica. E io non voglio avere neanche un seicentotrentacinquesimo di responsabilità per non aver potuto o saputo fare qualcosa per evitare che qualcuno ponesse fine a questa situazione con una corda al collo. Allora, credo che un po’ tutti dobbiamo essere richiamati sì alle peculiarità, alle priorità che i grandi centri del nostro Paese richiamano e richiedono, ma questo non deve assolutamente far distrarre nessuno di noi o distrarre la nostra attenzione dai piccoli grandi problemi che investono – torno a dire – la periferia dell'impero.
      E ne abbiamo responsabilità tutti. È chiaro che questo Parlamento è bloccato da chi ? Da cinque, quattro, cinque persone, cinque leader, che non si riconoscono tra di loro; cinque leader che pongono il veto l'uno sull'altro. Bene, io parlo a quel 60-70 per cento di tutti i partiti, di tutte le fasce politiche rappresentate in questo Parlamento che si reputano nuovi, che si reputano non compromessi, che si reputano non responsabili. Allora perché non iniziamo a dialogare ? Perché non iniziamo a parlare ? Perché non solleviamo i cinque che bloccano l'Italia, i cinque che non si riconoscono, per poter riniziare davvero una fase nuova ? Una fase nuova di cui ci dobbiamo – vi dovete – assumere tutti la responsabilità.
      Io non ho sicuramente l'autorevolezza per poter portare avanti questo discorso, non ho la rappresentanza che mi consente di portare avanti questo discorso, ma badate bene: elezioni o non elezioni, ribadisco che, per quanto mi riguarda, sono pronto ad andar via da quest'Aula se, ancora una volta, dovessi sentire su di me il peso di quel seicentotrentacinquesimo di responsabilità del perché qualcuno si è tolto la vita per la nostra incapacità o per la nostra attenzione mirata soprattutto alle strategie di Palazzo, che non ci fanno capire cosa avviene all'esterno (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampelli. Ne ha facoltà.

      FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi deputati, è un dato di fatto che, ormai, da qualche lustro si discuta intorno allo status giuridico di Roma capitale e si discuta intorno alla necessità di disegnare, non solo per la capitale d'Italia, ma per tutto lo Stato, una nuova architettura. Esiste, eppure, una sorta di buco nero, un vulnus sempre più evidente tra le istituzioni e i bisogni dei cittadini; un solco alimentato dalle mancate risposte, a cui facevo riferimento, che è dato dalla politica o dalla lentezza esasperante con la quale si consumano i processi di riforma pure così necessari per l'intero sistema.
      L'esigenza di modernizzazione delle istituzioni, l'assoluta necessità di una loro nuova architettura, dicevo, spesso, si spengono davanti agli egoismi: il campanilismo, la difesa di potere che un'amministrazione esercita e che non vuole mollare per nessuna ragione al mondo; la resistenza dei grandi burocrati, la paura, anzi, il terrore, di essere travolti da una macchina che finalmente cambi di passo, aumenti la velocità.Pag. 38
      Oggi, esprimendo il parere al decreto del Governo, sappiamo bene che si tratta di una specie di voto a sanatoria delle interminabili discussioni degli ultimi vent'anni. Se fossimo degli irresponsabili voteremmo contro o ci asterremmo per fare bella figura, per fare un po’ di propaganda, per distinguerci. Infatti, è difficile dimostrare che tra le proposte di abolizione delle province, di ridefinizione dei poteri delle regioni, della nuova configurazione per le città metropolitane, la suggestione delle macro regioni, la necessità di revisionare le regioni a statuto speciale, il bicameralismo perfetto inconcludente – che molti vorrebbero trasformare in bicameralismo asimmetrico con la proposta ormai storica della nascita del Senato delle regioni –, la proposta, ancora, di presidenzialismo ed elezione diretta del Capo dello Stato, piuttosto che di semipresidenzialismo, l'indifferibile necessità di revisionare il Titolo V, che tanti danni ha prodotto nel confronto tra enti locali, enti territoriali e lo status giuridico speciale per Roma capitale, è difficile dimostrare che tra questi elementi non ci sia un nesso.
      Ciò soprattutto perché, mentre noi approviamo una risoluzione che ho definito poco fa sanatoria, cioè in ritardo e con la testa rivolta all'indietro, la società va avanti e chiede politiche di comparto per i rifiuti, per i trasporti e la viabilità, per l'artigianato e l'industria, per la produzione di energia. La speranza è che questo Parlamento e il futuro, forse, Governo sappiano rimettere ordine alla materia ricordando che al centro di ogni processo riformatore non ci deve essere il potere ma la persona, con i propri legittimi bisogni. È anche per questo che oggi abbiamo votato contro l'estensione delle competenze alla Commissione istituita per valutare e approvare il decreto atto ad accelerare il pagamento dei debiti da parte della pubblica amministrazione alle aziende: per avere presto il Parlamento nelle sue piene funzioni con le sue Commissioni permanenti insediate. È infatti anomalo – lo dico a tutti i colleghi che hanno questa posizione – insediare Commissioni senza un Governo, ed è anche in fondo la nostra posizione, ma è altrettanto anomalo creare un imbuto rappresentato da una sola Commissione speciale nella quale sono destinati a finire pian piano tutti i provvedimenti possibili e immaginabili. Tra le due anomalie forse ci si sente più propensi ad avallare la prima ed è per questo che ci auguriamo che tale transitorietà dopo l'elezione del Capo dello Stato – e questa è la nostra proposta – venga a cessare. Ci auguriamo che una volta guadagnata l'operatività si possa lavorare per risolvere i problemi e quando si discute di questo provvedimento e dei suoi aggiornamenti non possiamo farci prendere la mano dall'ottimismo e non ricordare che abbiamo trovato nella capitale d'Italia, capitale della cristianità, capitale del patrimonio artistico mondiale, un ostracismo assoluto da parte delle sovrintendenze che hanno fatto muro nella conservazione, nella gestione e nella manutenzione dei monumenti della capitale e non hanno voluto, in buona sostanza, cedere un solo millimetro; quindi, Roma non conterà nulla nella sua possibilità di manutenere e promuovere i suoi monumenti. Allo stesso modo sappiamo che nessun particolare passo in avanti è stato fatto sul fronte della sicurezza da parte dello Stato che ha conservato tutte le sue prerogative così come, sul lato della trasformazione urbana e della pianificazione territoriale, le competenze sono rimaste in capo alla regione così come sulla materia dei rifiuti, dei trasporti e di altro; ma qui non si tratta di prendersela con qualcuno. L'anomalia è nel fatto che questo provvedimento è stato isolato e che non è stato inserito in un contesto più ampio dove avrebbe trovato una camera di compensazione, un ragionamento che avrebbe magari reso più generose le parti in causa: la provincia, il comune e la regione, e quindi meglio predisposte per ottenere un risultato a beneficio non di un potere sull'altro ma del cittadino, della persona. Occorrerà rimettere, quindi, intorno a un tavolo, ancora una volta, la regione, il comune e quel che resta della provincia e dare alla capitale una governancePag. 39all'altezza del suo ruolo, del suo profilo, della sua statura. Se la revisione dell'architettura fosse stata globale non avremmo derubricato Roma capitale a una ultraventennale disputa locale. Comunque, modesti passi in avanti su questo provvedimento ci sono stati; certo, l'aggettivo «modesti» è legato al tempo biblico che abbiamo impiegato per sommarli e non è colpa di nessuno; certamente non ce la possiamo prendere, in questo caso ci farebbe piacere, nemmeno con il Governo in carica, con il Governo pro tempore.
      Per concludere, non so se questo sia il miglior provvedimento possibile per lo Stato italiano e per la sua capitale, ma sappiamo che quasi sempre il meglio è nemico del bene ed è per questo che annuncio il voto favorevole alla risoluzione di Fratelli d'Italia, affinché il prima possibile almeno questo modesto risultato possa diventare concretezza per i cittadini del territorio romano, del territorio laziale e, direi, di tutta Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Busin.  Ne ha facoltà.

      FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, esprimiamo il nostro voto favorevole sulla risoluzione Invernizzi ed altri n. 6-00002 e ribadiamo che questo decreto legislativo correttivo per noi rappresenta una beffa, visto che sarà l'unico decreto legislativo che vedrà terminato il suo iter attuativo, quando invece il quadro normativo che noi proponevamo era molto più vasto e prevedeva un'attuazione concreta del federalismo fiscale a favore dei livelli di governo decentrato. Invitiamo anche tutti i colleghi a votare a favore di questa risoluzione, che pone attenzione ai comuni schiacciati da un Patto di stabilità interno sempre più pesante e sempre più penalizzante e che non vede premiati i comportamenti virtuosi di quei comuni che hanno sempre avuto in ordine i loro bilanci e che con i tagli lineari si vedono penalizzati ulteriormente. Con ciò concludo e ribadisco il nostro voto a favore della risoluzione Invernizzi ed altri n. 6-00002 (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Di Salvo. Ne ha facoltà.

      TITTI DI SALVO. Signor Presidente, la strada del cambiamento che può portare il nostro Paese oltre la crisi che da anni lo rende immobile passa da Roma. C’è un destino comune tra il territorio nazionale e la sua capitale. Ancora oggi abbiamo ascoltato parole diverse. Solo chi ha in mente l'indebolimento ulteriore del nostro Paese sul piano interno ed europeo fino alla dissoluzione dell'identità nazionale può non vedere questo destino comune così efficacemente sancito dalla Costituzione nel terzo comma dell'articolo 114. Voglio dire subito di un nodo, di un nesso, che considero fondamentale nell'esprimere a nome di Sinistra Ecologia Libertà il parere sul terzo decreto attuativo di Roma capitale, ed è il nesso che collega sempre di più il nostro Paese all'Europa. L'austerità senza crescita dei Governi liberisti ci ha condannati a lunghi anni di crisi e di impoverimento, come ci ha ricordato duramente il dramma di Civitanova; come ci ricordano tutti giorni i dati sull'occupazione, sui consumi delle famiglie, sulla chiusura delle imprese. Ora, se l'uscita da tutto ciò è insieme nazionale ed europea, se l'orizzonte cui deve tendere il Governo di cambiamento – che noi vogliamo nasca – è quello di contribuire a una nuova Italia dentro la nuova Europa, il dibattito sul ruolo di Roma come capitale dovrebbe uscire una volta per tutte dall'arretratezza culturale e politica di questi anni e fare subito un salto di qualità verso la nuova Europa, quella degli Stati uniti d'Europa. Noi lo vediamo tutti i giorni, tutte le volte che usciamo fuori d'Italia, ed è una verifica molto amara, che è diventata quasi un luogo comune: se guardiamo alla qualità urbana dei servizi, del trasporto, della vivibilità della città, della valorizzazione del patrimonio ambientale e del paesaggio, vediamo su questo e su altri elementi Pag. 40l'Italia perdere sempre più velocemente punti a confronto con gli altri Paesi. E vediamo Roma, allo stesso modo, perdere terreno con le altre capitali europee. Allora, il destino comune, di cui ho parlato all'inizio, tra un Paese come il nostro, che rimane un grande Paese, e la sua capitale, è talmente stretto che i difetti sociali e civili dell'Italia dei tempi della crisi si sono tutti riflessi, come in uno specchio, in questi ultimi anni, nei governi tanto della città capitale quanto della regione Lazio, il cui unico lascito comune – spiace dirlo – finirà per essere la lunga sequela di scandali amministrativi che copre e ha coperto l'assenza di interventi strutturali.
      Del resto, il risvolto di questa medaglia lo vediamo proprio guardando fuori di noi, in Europa: come potremmo – vorrei chiedere a tutti quelli che pensano diversamente – immaginare il ruolo della Germania senza pensare a Berlino, che è insieme capitale e Länder federale, città Stato cui il Governo tedesco conferisce 10 milioni di euro l'anno ?
      Ma non è solo Berlino, qui non si tratta solo della Germania, che potrebbe essere considerato un caso a parte. Per ognuna delle capitali europee esiste una norma specifica che consente una cosa precisa a quelle città: raccogliere energie propulsive per organizzare un nuovo tipo di sviluppo, che è appunto culturale, produttivo, associativo, ma consente pure di metterlo al servizio dei suoi abitanti, dei suoi visitatori e consente di farlo valere anticipandolo e sperimentandolo per l'insieme della nazione.
      È così in Francia per Grand Paris, il progetto urbano di sviluppo sostenibile parigino, che prevede addirittura la nomina di un segretario di Stato per la regione capitale. È lo stesso nel Regno Unito, dove il Greater London Authority Act istituisce per Londra una autorità territoriale separata, finanziata – vorrei dire e vorrei sottolinearlo – da risorse del Governo centrale, che derivano da imposte locali sulla proprietà. Ciò fa pensare come nella Patria natale del moderno capitalismo la parola «patrimoniale», quando si tratta di mettere il proprio Paese sulla strada dello sviluppo e quando si tratta di aumentare la qualità della vita delle persone e l'equità e la solidarietà sociale di un sistema, non sia, come succede invece da noi, un tabù impronunciabile.
      Un meccanismo simile agisce da anni in Spagna dove Madrid gode di un regime speciale di finanziamento. È ovvio che ognuna di queste normative, pur diversa, ha contribuito a produrre aspetti positivi di cambiamento, che si sono riversati visibilmente sui servizi, sui beni archeologici e artistici, sulla mobilità, sul sistema di raccolta dei rifiuti, insomma su quella che è la vita della capitale e dei cittadini e soprattutto si è riversata sulla fotografia di quella città come biglietto da visita per il Paese tutto intero, non solo per la sua capitale.
      Da noi, al contrario, il percorso è tortuoso. Lo diceva il primo intervento in discussione sulle linee generali di Causi. È tortuoso e si è riflesso in quel percorso l'instabilità di un sistema istituzionale e politico che tende ad accumulare, aggravandone i nodi, anziché districarli nel cambiamento. Siamo partiti nel 2001. Per anni non si è fatto alcun passo in avanti verso un preciso modello istituzionale. Si è disputato a lungo attraverso rinvii e lungaggini su quali potessero essere i modelli di riferimento (se considerare un altro ente territoriale rispetto ad altri previsti, se considerarlo come città metropolitana speciale con forme proprie di autonomia, se disegnarlo come ente comparabile a vera e propria regione). Ora, la precedente legislatura, facendo proprio il modello che dota Roma di funzioni sia regolamentari sia amministrative, è venuta meno, a nostro avviso, alla visione strategica del futuro di Roma come capitale del Paese e grande città dell'Europa e del mondo.
      Vorrei proprio ricordare a tutti come i provvedimenti approvati erano stati alla fine inseriti in un articolo che collocava l'intera materia nel disegno di legge delega sul federalismo fiscale. Ho sentito prima dire dell'inserimento di questo argomento sul tema delle grandi città. Ecco, no: questo argomento era dentro il provvedimento Pag. 41sulla materia fiscale. Sottolineo come la mia opinione è che si faceva così per rispondere in questo modo non all'esigenza di sviluppo di una capitale rispetto al proprio Paese e di questi verso l'Europa, bensì allo scambio tra il sindaco in carica della capitale e quella nozione di federalismo della Lega che ancora oggi ci è stata rappresentata.
      Così il primo decreto del settembre 2010 si è occupato soltanto degli organi del nuovo ente, senza determinare né le funzioni amministrative da trasferire, né il capitolo delle risorse. Il secondo decreto ha sancito la scarsa rilevanza politica del Campidoglio, la sovrapposizione con la regione (il Lazio) nel conferimento di poteri e funzioni e, certo, in presenza di una crescente crisi della finanza pubblica, escludeva dal testo qualunque riferimento alle risorse finendo per rispondere così più all'obiettivo del messaggio e della propaganda politica che a quello dell'effettiva operatività.
      Se oggi Sinistra Ecologia e Libertà dà parere favorevole a questo terzo decreto e alle sue ultime integrazioni è perché è sul tavolo la proposta, finalmente a nostro avviso, di immettere Roma nella prospettiva di una programmazione effettiva della spesa nazionale per investimenti pubblici, superando la logica inefficace dei grandi eventi di cui altri hanno parlato.
      Una logica utilizzata spesso insieme ai grandi eventi come mezzo per chiedere allo Stato finanziamenti dirottati poi alla vita ordinaria delle città, come sappiamo. La strada che si può aprire è dunque quella di una programmazione pluriennale degli interventi infrastrutturali in tutto il vasto territorio di Roma capitale.
      Nell'insieme, a noi pare che le novità proposte bilancino in maniera equilibrata le istanze di autonomia e protagonismo della capitale con l'unità della regione, garantendo a Roma ciò che serve, l'autonomia necessaria, non contro il Lazio, ma con il Lazio. Da qui può nascere e deve nascere, come per Berlino, Londra, Parigi e Madrid, un diverso rapporto di Roma anche con lo Stato, programmando con esso lo sviluppo della città. Se i programmi saranno il frutto di una politica partecipativa, capace veramente di coinvolgere le energie più vive, vitali e diffuse del territorio della città, allora si potrà determinare per la prima volta un disegno strategico capace di mostrare il profilo vero, autentico, moderno e inclusivo della nostra capitale in questo passaggio d'epoca (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rossi. Ne ha facoltà.

      DOMENICO ROSSI. Signor Presidente, intendo unicamente esprimere, a nome di Scelta Civica, la condivisione e il parere favorevole sullo schema di decreto legislativo.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà.

      BARBARA SALTAMARTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Ministro, il gruppo Il Popolo della Libertà valuta positivamente le modifiche che il Governo ha introdotto rispetto al testo che era stato approvato in Commissione bicamerale. Noi oggi traduciamo in atto normativo un lungo dibattito che ha coinvolto nella passata legislatura tutte le forze politiche e istituzionali, e credo che oggi la città di Roma debba un ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito ad arrivare alla fine di questo ulteriore passo in avanti.
      È un percorso, come hanno sottolineato molti colleghi che mi hanno preceduto, che ha origini molto lontane: noi cominciammo a tracciare questa strada già dalla fine anni Ottanta, poi grazie alla riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001 abbiamo impresso finalmente un'ulteriore accelerazione, per certi versi molto discussa e che ci ha visti, anche in quest'Aula, dibattere a lungo, e infine oggi con i decreti attuativi raggiungiamo un importante traguardo, un traguardo che mi auguro possa ottenere, anche con la votazione Pag. 42che avremo a breve, una grande maggioranza di voti favorevoli da quest'Aula e il traguardo col quale finalmente si chiariscono ancor meglio i poteri che Roma capitale avrà e che derivano dal riconoscimento dello status speciale.
      È un ringraziamento quello che sto rivolgendo che voglio rivolgere ovviamente ai tanti colleghi che in quest'Aula nella nuova legislatura non siedono più, ma che hanno veramente contribuito al lavoro di cui oggi stiamo dibattendo. Non vi è dubbio infatti che oggi non saremmo qui a votare questo ulteriore decreto se il Governo Berlusconi nella passata legislatura non avesse promosso le disposizioni del federalismo, inserendo in questo ambito le norme di Roma capitale.
      Ritengo che anche in quest'ultimo decreto si sia trovato un punto di equilibrio importante, tanto relativamente ai poteri del sindaco in materia di ordinanze, quanto alla questione, più delicata e sicuramente molto più dibattuta, che riguarda i trasferimenti delle risorse fra il comune e la regione relativamente alla materia che riguarda il trasporto pubblico.
      Il lavoro che è stato fatto in questi mesi, di concerto tra il comune di Roma, l'attuale sindaco, con la provincia che oggi comunque non c’è, ma soprattutto con la regione e con la giunta passata regionale, che poi è stato passato alla Conferenza Stato-Regioni e alla Commissione bicamerale, è stato un lavoro molto prezioso.
      Ma soprattutto – e voglio ribadirlo – a differenza dei tanti interventi un po’ strumentali che ho sentito nella discussione sulle linee generali, è stato un lavoro portato avanti per individuare la migliore soluzione per affrontare quelli che sono i problemi dei cittadini della capitale d'Italia, lasciando, spesso e volentieri, in secondo piano i naturali interessi dei singoli enti e delle istituzioni locali.
      Quindi, a differenza di quello che è stato detto in queste due ore di discussione, nessuno ha mai pensato di ragionare – e sicuramente non l'ha fatto la parte politica che io rappresento – sul grande progetto di Roma capitale solo per l'interesse di una parte politica che, in questo caso, governa la città di Roma e ha governato la regione Lazio, ma abbiamo sempre lavorato per guardare all'interesse comune dei cittadini romani e di tutti i cittadini italiani. È stato un lavoro quindi importante a cui diamo seguito con il voto di oggi, un voto con il quale dobbiamo anche ribadire e richiamare quelle che sono state le ragioni del riconoscimento costituzionale del ruolo della capitale che, non a caso, è stato inserito parallelamente all'introduzione di una maggiore articolazione federalista dello Stato. Lo diceva la collega di SEL, facendo riferimento al caso di Berlino; io potrei aggiungere quello di Bruxelles e quello di Washington, capitali di tre Stati federali che godono anche per questo di un ordinamento speciale, che rafforza il loro ruolo e la loro centralità come capitali. Qui voglio ribadirlo: rafforzare la capitale, la sua dignità, la sua immagine e la sua autonomia è condizione di un autentico federalismo, perché federalismo e Roma capitale sono coessenziali, cosa che forse è sfuggita ad alcuni colleghi, anche della Lega, che mi hanno preceduto. Ed è inevitabile: quando si parla di dare finalmente il riconoscimento a Roma dello status di Roma capitale, non si può non citare quelli che sono gli esempi che ci portano a riconoscere questo stato speciale alla nostra città. Ad esempio – ne cito soltanto alcuni – penso semplicemente ad immaginare qual è il dato della superficie comunale di Roma, che è pari alla somma delle superfici dei primi nove comuni d'Italia per abitanti, ovviamente escludendo la città di Roma, oppure al fatto che Roma costituisce il comune agricolo più esteso d'Europa, oltre ad essere il primo polo agroalimentare del mondo, grazie anche alla presenza sul suo territorio di importanti agenzie dell'ONU: penso alla FAO e penso al World Food Program. Per non parlare del dato della popolazione: Roma ha come residenti sul suo territorio 2 milioni 800 mila persone, che noi dobbiamo sommare alla presenza quotidiana sul nostro territorio dei pendolari che lavorano nella nostra città e alla grande percentuale di turisti che ogni giorno entra nel nostro territorio. Per non Pag. 43parlare poi dell'immenso patrimonio artistico e archeologico e della presenza nel nostro territorio della Città del Vaticano, che fa facilmente comprendere il perché della scelta di riconoscerle lo status di Roma capitale, riaffermando con forza i valori dell'unità nazionale, che Roma interpreta in Italia e nel mondo.
      È proprio per queste ragioni che noi nel 2008, quando si insediò il Governo Berlusconi, abbiamo inteso proseguire su quel solco che avevamo tracciato con la modifica del Titolo V, per completare un processo che era stato avviato, per dotare la città di una governance all'altezza della sua fama e del suo ruolo e soprattutto che potesse avere ovviamente lustro non solo a livello nazionale, ma anche internazionale. In questi anni noi siamo riusciti a fare ciò e dobbiamo riconoscerlo con estrema sincerità. Deve farlo anche chi non c'era perché chi non c'era in quest'Aula la scorsa legislatura – penso al MoVimento 5 Stelle – potrebbe andare a leggere tanti e tanti atti per informarsi su cosa abbiamo fatto qui negli ultimi cinque anni. Il ringraziamento lo debbo alla Commissione bicamerale, in particolare al presidente La Loggia (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) perché in quella Commissione, seppur – come diceva la mia collega Lorenzin – spesso con accesi dibattiti e con uno scontro politico forte, si è lavorato e si è lavorato per il bene della città, non per il bene di una parte e vi posso assicurare, cari colleghi del MoVimento 5 Stelle, che in quella Commissione nessuno ha pensato a inciuci e inciucetti.
      In quella Commissione si è pensato a lavorare per dare la dignità all'Italia di avere una capitale, che come tale Roma fosse stata riconosciuta non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Dovreste andarveli a leggere quegli atti, perché forse imparereste qualcosa di buono e forse avreste meno arroganza, in quest'Aula, nel parlare di quello che è stato fatto da tanti colleghi che vi hanno preceduto.
      E allora, con l'importante passaggio che noi stiamo per votare noi rispettiamo anche i tempi che ci eravamo dati, perché anche questa è un'altra cosa che noi dobbiamo dire e che dobbiamo dire da quest'Aula affinché fuori venga ascoltata dai cittadini. Non abbiamo perso tempo. Noi stiamo lavorando esattamente con i tempi che ci eravamo dati e portiamo a conclusione anche questo decreto esattamente nei termini che ci eravamo fissati.
      E allora prima di concludere è ovvio: ogni progetto è perfettibile, è migliorabile. Ma io ritengo che quello che stiamo discutendo, in questo momento, sia un ragionevole punto di caduta che è sintesi delle tante posizioni che noi abbiamo assunto su questo tema. E io sono convinta che questo provvedimento e il voto su questo provvedimento possa rappresentare l'antefatto di altre esperienze che ci potranno portare – sperando di avere un Governo con il quale confrontarci – a definire complessivamente la più complicata e articolata materia dal titolo «aree e città metropolitane».
      E allora, per le ragioni che ho espresso ovviamente esprimo, a nome del Popolo della Libertà, il parere favorevole alla risoluzione che stiamo per votare. Ma, sono sicura di farlo nell'interesse e nel bene di una comunità nazionale, non certo nell'interesse e nel bene di una comunità politica precisa, tantomeno di chi oggi governa quelle istituzioni, perché vi posso assicurare che oggi chi è chiamato a governare le istituzioni di cui stiamo parlando e che presto andrà al confronto con i cittadini saprà, vista anche la tenacia con cui ha combattuto per avere Roma capitale, riottenere il consenso dei cittadini. Ma, al di là di ogni retorica e di propaganda politica che tanti hanno fatto prima di me, io sono convinta che con questo voto noi diamo un segnale positivo e di ottimismo ai cittadini di Roma, ai cittadini d'Italia ma, con questo, ai cittadini del mondo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Dieni. Ne ha facoltà.

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      FEDERICA DIENI. Signor Presidente, Ministro, deputati colleghi, la discussione di oggi verte su una materia che ci sarebbe piaciuto trattare in Commissione affari costituzionali, se solo fosse stata costituita. Si tratta del decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 18 aprile 2012, n.  61, recante ulteriori disposizioni recanti attuazione dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n.  42, in materia di ordinamento di Roma capitale.
      Un sincero complimento, innanzitutto, agli esperti del drafting legislativo della Presidenza del Consiglio per il dono della semplicità. Al di là della facile ironia sul titolo, direi importante, ciò che si comprende agilmente è che ci troviamo di fronte a un rimaneggiamento di un decreto che deriva, a sua volta, da una legge, la n.  42 del 2009 in materia di federalismo fiscale, quella che, tanto per intenderci, avrebbe dovuto attuare l'articolo 119 della Costituzione. Dire, quindi, che siamo di fronte a un terzo decreto su Roma capitale non è corretto. Si tratta, infatti, delle modifiche del secondo decreto che rappresentano un importante evoluzione della materia Roma capitale nel percorso che vuole, in modo graduale, trasformarla non soltanto nella prima città metropolitana italiana – obiettivo fissato per il 2014 – ma anche dotarla di un migliore assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri presenti presso la Repubblica italiana, presso lo Stato della Città del Vaticano e presso le istituzioni internazionali.
      In realtà, come è noto, il tragitto che conduce a questo risultato parte da lontano, in primis la legge n.  142 del 1990 che introduce, per la prima volta nell'ordinamento, la figura dell'area metropolitana, prevedendo di enuclearne le funzioni a partire da una legge regionale. A questa è seguito il decreto legislativo del 2000, che ne ha rivisto in parte le funzioni.
      Ma a sancire definitivamente e permanentemente la presenza di questo illustre sconosciuto nell'assetto istituzionale italiano è stata la riforma del Titolo V della Costituzione. L'articolo 114 recita infatti: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato (...)». Oggi ci troviamo a convivere con questa nuova figura senza ancora sapere esattamente di cosa si tratterà. Quel che è certo, per quanto si è visto negli anni passati, nella lenta evoluzione che si è avuta in questo ente esistente; una contraddizione in termini è che Roma rappresenterà il banco di prova e il punto riferimento per qualsiasi caso che seguirà.
      È dunque fondamentale che a decisioni centrali, come quelle relative al progressivo trasferimento di poteri a Roma, venga destinato uno spazio congruo e le sedi opportune. La decisione di attenerci alle risoluzioni che riguardano questo provvedimento deriva dunque proprio da questa considerazione. I tempi che sono stati destinati all'approfondimento nelle Commissioni speciali sono strati inadeguati. La sede non era quella prevista, data la mancata costituzione delle Commissioni permanenti, e lo spazio per intervenire su un decreto legislativo, che peraltro rappresenta soltanto il parziale adeguamento rispetto ad altre risoluzioni votate da gruppi estranei al nostro, era assolutamente risibile. Non posso quindi che aderire alle posizioni già espresse dalla collega del MoVimento 5 Stelle nel ribadire la nostra volontà di rimanere estranei rispetto ad un testo che non abbiamo potuto condividere.
      Vale la pena sottolineare inoltre che, seguendo quanto previsto nel comma 4 dell'articolo 2 della legge n.  42 del 2009, il Governo potrebbe anche discostarsi da eventuali risoluzioni che vadano in senso opposto a quanto previsto dal decreto. Va quindi ancor più sottolineato che ci sarebbe stata quindi l'esigenza di una sede di mediazione e di confronto, più che di una risoluzione in opposizione alle altre. Cosa riguarda il provvedimento in esame ? Come si è detto, esso integra e corregge il decreto legislativo 18 aprile 2012, n.  61, secondo quanto previsto dalla legge 5 maggio 2009, n.  42. L'articolo 2, comma 7, Pag. 45della citata legge consente infatti l'adozione di decreti legislativi correttivi entro due anni, mentre le osservazioni del Governo ne prevedono, sbagliando, tre. Il decreto legislativo appena citato è il secondo su Roma capitale e, sebbene fosse per certi versi meno suggestivo, dato che il primo si occupava di ordinamento, era altrettanto importante, dato che disciplina il conferimento di funzioni amministrative statali a Roma. Questo decreto ha avuto un lungo iter, date le correzioni che sono state poste come condizioni dalla Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale al parere positivo. Il parziale recepimento da parte del Governo di quelle indicazioni è il motivo per cui ci troviamo qui a discutere.
      Siamo qui quindi a dire se siamo d'accordo o no non tanto con quelle disposizioni per cui ha deciso la bicamerale per il federalismo nella passata legislatura, ma per dare l'ok a quelle parti in cui il Governo ha deciso di dire «no» al Parlamento. Quali sono queste parti ? Anzitutto l'introduzione di una disciplina transitoria sulla rimodulazione del programma di interventi per Roma capitale, dato che una parte sulla questione della legge 15 dicembre 1990, n.  396, era stata abrogata dal Governo. In questa disciplina transitoria si prevede il coinvolgimento del Ministro dell'economia e delle finanze nell'iter di adozione del decreto di approvazione della rimodulazione. Si prevede inoltre, secondo il tipico refrain di questi anni, che eventuali rimodulazioni avvengano nel rispetto di quanto scontato negli andamenti tendenziali e comunque ad invarianza di oneri e che le stesse rimodulazioni non comportino alcun incremento del fabbisogno. Credo che al di là del lessico burocratese sia comprensibile quanto si intende: nessun onere supplementare sul bilancio dello Stato. Vi è poi il punto in cui già si ridimensiona il sindaco di Roma di un potere che gli era stato concesso tramite il vecchio decreto legislativo. Viene ridimensionata la possibilità di adottare ordinanze in deroga alle disposizioni vigenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico per l'attribuzione di interventi riguardanti situazioni di emergenza connesse al traffico, alla mobilità o all'inquinamento atmosferico o acustico. Queste ordinanze possono essere emanate unicamente in esecuzione di un piano autorizzato con delibera del Consiglio dei ministri su proposta del Presidente del consiglio. Tutti gli oneri sono peraltro posti in capo a Roma capitale. Questo punto non può che far piacere al MoVimento 5 Stelle, dato che l'esperienza ha dimostrato abbondantemente – basti pensare agli scandali legati agli interventi della Protezione civile degli anni scorsi – come la deroga alla legislazione vigente sia il miglior viatico per favorire amici e amici degli amici e per infischiarsene della normativa in materia ambientale.
      Tra gli altri punti in cui il Governo si è discostato dal Parlamento, quello probabilmente più significativo è quello sulla procedura prescritta per il riparto tra le regioni del Fondo statale per il trasporto pubblico locale. Innanzitutto, una prima linea di intervento è quella di inserire nel Fondo anche il trasporto su rotaia, che precedentemente era escluso.
      Ma ciò che è più importante è che, a differenza di quanto era stato stabilito precedentemente, si prevede, pur nel finanziamento diretto a Roma capitale, di erogare fondi alla regione Lazio sulla base di un'intesa che essa sigla con Roma capitale.
      A partire da quell'intesa sono peraltro rideterminati gli obiettivi del Patto di stabilità. Anche questa norma va vista nell'ottica di impedire che il mancato accordo tra regione Lazio e Roma capitale sulla ripartizione del Fondo renda impossibile la sua ripartizione, danneggiando le altre regioni.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 18,30)

      FEDERICA DIENI. Questa posizione del Governo nasce dal caso concreto della contrapposizione che ha segnato sulla materia il rapporto tra il sindaco di Roma e Pag. 46l'ex presidente della regione Lazio. Recuperiamo un po’ di poesia in mezzo ai freddi richiami del diritto. È impossibile, infatti, parlare di Roma senza dedicarle almeno trenta secondi di poesia e permettetemi di parlarvi testimoniandovi il mio amore per Roma come fece un altro calabrese che venne assorbito in questa sua seconda casa, Rino Gaetano.
      Diceva Freud: facciamo dunque un'ipotesi fantastica, che Roma non sia un abitato umano, ma un'entità psichica dal passato similmente lungo e ricco, un'entità in cui nulla di ciò che un tempo ha acquistato esistenza è scomparso, in cui accanto alla più recente fase di sviluppo continuano a sussistere tutte le fasi precedenti.
      Facciamo anche noi questa ipotesi, che servì a Freud per spiegare la mente umana. Roma stratifica e trattiene in sé ogni cosa del passato. Di errori su Roma ne sono stati fatti troppi e ancora ne porta le cicatrici. Non si utilizzi, quindi, Roma per uno scopo politico, non si tentino operazioni spot per la campagna elettorale: Roma merita il nostro impegno.
      Si portino avanti i decreti attuativi su Roma capitale, ma si lasci lavorare il Parlamento. Soprattutto, le si conferiscano fondi adeguati per restituirle il ruolo che sempre le è stato riconosciuto al mondo: una città della cultura, una città dell'anima. Per le ragioni sin qui esposte, annuncio l'astensione del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Amici. Ne ha facoltà.

      SESA AMICI. Signor Presidente, il dibattito che abbiamo appena svolto e che aveva avuto già un esito il 3 di questo mese nell'Aula del Senato testimonia, pur nella sua stringatezza, uno degli elementi su cui vorrei riflettere per dare il voto positivo del gruppo del Partito Democratico alla risoluzione a prima firma Causi e di altri parlamentari del Popolo della Libertà, di Scelta Civica per l'Italia e del gruppo Fratelli d'Italia. Infatti, in merito alle...

      PRESIDENTE. Per favore, lasciate parlare.

      SESA AMICI. ...proposte di integrazione e di correzione da parte del Governo su un decreto che ha avuto un lungo iter di discussione nella Commissione bicamerale della passata legislatura, queste tre integrazioni, come ha detto bene il Ministro, rappresentano elementi che noi riteniamo passi utili ad una maggiore definizione di che cosa è oggi il tema di Roma capitale della Repubblica.
      Lo dico perché, quando si discute di assetti istituzionali, dei livelli istituzionali, si ha sempre la sensazione di avere un'astrattezza, di parlare di questioni che non attengono al cuore, alla mente, alle passioni dei cittadini.
      Invece, credo che proprio il dibattito di oggi testimoni che gli assetti istituzionali di un Paese, di una Repubblica, sono tanto più importanti quanto essi rispondono in termini di efficacia e di risposta ai bisogni dei cittadini. Le questioni degli assetti istituzionali sono la vera leva del rinnovamento della competitività di questo Paese. È dentro questa cornice che va inserita la questione di Roma capitale.
      E credo sia veramente singolare che ci sia qualcuno che oggi si oppone. E vorrei ricordare che nel 2008 – lo hanno ricordato i colleghi – la vicenda di Roma capitale, una sua traslazione dall'articolo 114 della Costituzione che la indicava per la prima volta come capitale della Repubblica, viene inserita, dal Governo Berlusconi, dentro una logica – mi si permetta di dirlo senza nessuna vena polemica – di scambio tra il federalismo e la vicenda legata alla questione di Roma.
      Sono passati degli anni dal 2008. E da quella idea della legge n.  42 sul federalismo fiscale si è avuto il terzo decreto, quello che cercava di immettere elementi di novità e di innovazione sulla vicenda antica, ma proprio perché antica, così importante, di Roma.
      Roma è la capitale della Repubblica (terzo comma dell'articolo 114). Ma Roma Pag. 47è la capitale della Repubblica che l'articolo 5 della nostra Costituzione indica come una e indivisibile. Sta qui l'unicità della grande vicenda di Roma, dell'altezza con cui noi dovremo affrontare questo tema, fuori dalle miserie – fatemi usare questo termine – a volte di mera propaganda politica.
      Roma è sempre stata il centro di questa idea identitaria, dello spirito della Repubblica, e dentro questo elemento identitario Roma ha mostrato davanti al mondo, davanti ai suoi cittadini, all'intera nazione, la sua forza, la sua innovazione, in termini di cultura, di assetti, ma anche di tanti drammi e di tante questioni.
      Si è sviluppata, nella vicenda istituzionale di questo Paese, un'idea per cui questa capitale non poteva e non doveva essere considerata alla stregua di un semplice comune, anche se pure grande. Non lo si doveva fare per la sua eccezionalità, ma perché dentro questa città, per i suoi patrimoni, per i suoi splendidi siti archeologici, c'era la storia di una nazione. Il patto che oggi anche con elementi di criticità – come hanno sollevato i colleghi anche del mio gruppo – sussiste rispetto ad alcuni elementi anche dell'integrazione. Noi valutiamo in maniera positiva questo decreto integrativo almeno per due questioni.
      La prima: credo che sia arrivato il tempo, dopo la legge – come l'ha definita Marco Causi – che a fatica aveva riconosciuto, dentro un dibattito molto importante nelle Aule parlamentari, che ha visto uomini come Cederna intervenire sulla questione di Roma, di farne quindi questo dato così profondamente unitario di spirito nazionale. Aveva fatto una legge speciale per Roma. Perché Roma offre servizi, ma anche ne riceve. E quando si ha un rapporto di collaborazione e di alto senso dello Stato, la città di Roma, capitale della Repubblica, non può non avere proprio per questo un elemento, come dire, di valore nazionale.
      Ed è quindi miserevole una discussione in cui l'astensione su un decreto correttivo avvenga semplicemente sull'idea che non ce ne siamo occupati.
      Questa è un'Aula parlamentare e come in tutte le Aule parlamentari, si esercita il diritto e il dovere di sapere, ma anche di assumersi responsabilità. E le responsabilità sono di fronte non all'astrattezza giuridica, non ai cavilli di decreti correttivi, ma si assumono di fronte al Paese e alla città di Roma, la quale oggi ha un problema: quello che andrà presto alle elezioni e si aprirà anche lì un confronto, un confronto che ci vedrà probabilmente anche divisi su grandi questioni.
      Ma il tema che non è più accettabile è che la vicenda di Roma, della sua specialità e anche dei suoi poteri, non possono essere più scollegati da un'idea di assetto istituzionale, così come noi avevamo provato, immettendo direttamente tutte le sue forme ordinamentali nella città metropolitana, considerando città metropolitana l'area vasta del comune di Roma.
      Perché qui spesso si è fatta confusione tra Roma capitale e Roma comune. Sono due cose diverse. E in questa diversità, io credo, sta il fatto che l'elemento che il Governo ci ha comunicato in maniera anche molto sincera – l'elemento, come dire, di intervento perché c’è un giudizio pendente della Corte costituzionale – rimanda ad un altro grande tema: Roma è la capitale della Repubblica, ma Roma è anche dentro la regione Lazio, un'estensione non solo territoriale. E dentro la regione Lazio, i comuni e le province che sono della regione Lazio hanno vissuto spesso il rapporto con la capitale come un rapporto di perenne conflitto.
      Quando fra le istituzioni si apre un conflitto, quel conflitto deve fare assumere, a chi governa quelle istituzioni, il senso della leale collaborazione e non del desiderio, a volte molto miope, di capire quali sono i poteri che vanno salvaguardati, perché dentro quella salvaguardia dei poteri c’è un'idea non di grandezza del ragionamento istituzionale, ma quella che nel conflitto ognuno governa un pezzo.
      Noi avevamo pensato e ritenevamo giusto – lo abbiamo detto anche in una sede informale con il Governo – che nel decreto la vicenda, ad esempio, del trasporto pubblico locale non avesse questa soluzione Pag. 48che si è trovata e che si è trovata all'interno di quel conflitto istituzionale. Infatti è del tutto evidente che proprio la questione del trasporto pubblico locale attiene ad una grande questione moderna per quanto riguarda la regione Lazio, ovvero la sua mobilità ed il fatto che ogni giorno in questa città arrivano centinaia di migliaia di cittadini della regione Lazio e non solo, perché sede non solo di grandi Ministeri, ma soprattutto perché dentro questa dinamica della mobilità si costruiscono anche la qualità della vita e opportunità di lavoro, di un lavoro che non c’è.
      Ebbene, in tutto questo, la quota riservata – noi volevamo direttamente, così come aveva stabilito la bicamerale – alla capitale Roma, avrebbe sicuramente trovato la sistemazione di un conflitto permanente per i chilometri quadrati dell'assetto ferroviario. Ci rendiamo conto, Ministro, di quando lei ci ha detto quanto fosse difficile contenere lo scorporo di quanto costava il trasporto pubblico con le linee ferroviarie. Eppure, però, lì c'era la possibilità di trovare una soluzione ad un conflitto, che era un conflitto che rendeva debole tutta l'architettura del decreto e, in qualche modo, non dava il respiro forte e profondo che noi avremmo voluto dare nell'ambito della vicenda della discussione di Roma capitale della Repubblica.
      Credo che questi siano gli elementi per i quali noi, in maniera convinta, pur dentro questa criticità che abbiamo ripreso nel dibattito, voteremo a favore della risoluzione.

      PRESIDENTE. La prego di concludere.

      SESA AMICI. Mi si permetta solo per concludere, Presidente, un attimo di tempo. In questa vicenda c’è un tema che in queste Aule è risuonato molto: la questione del potere di ordinanza dei sindaci. Credo che qui il Governo si è mosso con lungimiranza. Le ordinanze per chi amministra dovrebbero essere un caso eccezionale. Quando diventano la norma si è di fronte a cattivi amministratori e non a grandi amministratori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

Commemorazione dell'onorevole Umberto Scapagnini (ore 18,40).

      PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea ed i membri del Governo). Come già preannunciato nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, ricorderò ora la figura di un nostro collega recentemente scomparso.
       Colleghi, come sapete, il 2 aprile scorso è venuto a mancare all'età di 71 anni, dopo una lunga e dolorosa malattia, il deputato Umberto Scapagnini, già membro della Camera dei deputati nella XVI legislatura.
      Nato a Napoli il 16 ottobre 1941, laureato in medicina e chirurgia, dopo aver conseguito un dottorato presso l'università della California ed aver svolto attività di ricerca presso prestigiose università internazionali, tra cui il Massachusetts Institute of Technology di Boston, iniziò giovanissimo una rapida e brillante carriera accademica, che lo portò a divenire, a soli 33 anni, professore ordinario di farmacologia dell'università degli studi di Catania, università presso la quale ricoprì anche l'incarico di direttore dell'istituto di farmacologia.
      Autore di numerosi e apprezzati studi scientifici, pubblicati anche su riviste internazionali, ha dedicato gran parte della sua vita alla ricerca.
      Membro dal 1994 al 2004 del Parlamento europeo, in seno al quale ha ricoperto l'incarico di presidente della Commissione ricerca, sviluppo tecnologico ed energia, ha successivamente posto le sue capacità e la sua vasta competenza al servizio della città di Catania, di cui è stato sindaco per due mandati, dal 2000 al 2008.
      Membro della nostra Camera nella XVI legislatura, iscritto al gruppo del Popolo della Libertà, si è dedicato all'attività parlamentare Pag. 49con passione, intelligenza ed equilibrio e molti di voi ne ricordano l'impegno, in particolar modo, come autorevole componente della Commissione affari sociali.
      È stato presentatore di numerose proposte di legge sulle tematiche relative alla ricerca in campo medico e ha dato un decisivo contributo alla redazione e alla definitiva approvazione del progetto di legge in materia di cure palliative, volto a tutelare la dignità del malato e a promuoverne la qualità della vita.
      Esprimo, a titolo mio personale e a nome dell'intera Assemblea, il più profondo cordoglio e le più sincere condoglianze alla famiglia del collega scomparso e al gruppo del quale ha fatto parte nella scorsa legislatura, invitando l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio – Applausi).

      GIUSEPPE CASTIGLIONE. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      GIUSEPPE CASTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho l'onore di ricordare la figura e la memoria di Umberto Scapagnini del quale sono stato amico e del quale ho colto sempre l'intelligenza, l'estro, la capacità e la competenza scientifica oltre che l'acume politico. Negli ultimi anni, ricordo, se ne stava lì, in prima fila, arrivava con il corpo affaticato e il sorriso fresco, indimenticabile testimone di una volontà di vivere con grande determinazione senza ira. Il professor Umberto Scapagnini, dopo i devastanti colpi della malattia, aveva conservato intatto il suo humour, non inglese ma napoletano, come amava dire lui. L'onorevole Scapagnini ha detto poche cose in questa Aula. Ha parlato solo due volte, la malattia gli ha impedito di fare tanti interventi ma la maniera di affrontare la malattia ha reso i suoi due brevi interventi affilati e sereni. La sua testimonianza, per chi lo ha ascoltato, è rimasta incisa nell'animo.
      Prima di arrivare a quanto disse il 6 luglio del 2011 e a come ci si arrivò, mi soffermo sulla sua biografia di medico e di scienziato, prima che di politico, e insieme anche su quella di politico. Umberto Scapagnini era nato a Napoli nel 1941. Proveniva da una famiglia di ingegneri. Invece di accomodarsi ad una strada già segnata e sicura, si laureò in medicina, si laureò giovanissimo, studiò e si specializzò in California, insegnò al MIT di Boston.  A 35 anni guadagnò la cattedra di professore ordinario di farmacologia. La sua ricerca è stata sempre accompagnata dal rapporto con i pazienti, sempre autorevole, sempre comprensivo, come ricordano in molti, impostato secondo l'idea che gli uomini sono sì un corpo con tante componenti ma sono anzitutto uomini più che pezzi di un meccano. È stato così il precursore di un approccio nuovo detto PNEI, un acronimo che sta per psiconeuroendocrinoimmunologia, un approccio olistico che vede la sua stretta interazione tra questi quattro grandi sistemi del nostro organismo, per cui i problemi di mente o di sistema nervoso o quelli ormonali sono connessi.
      Quando ne scrisse e raccontò del suo impegno per rallentare l'invecchiamento fu trattato con molta superficialità, salvo vedere oggi le sue intuizioni confermate a livello assai autorevole, ad esempio dal premio Nobel Montagnier.
      Si impegnò in politica e nel luogo dove ha insegnato e ha esercitato la medicina, a Catania, diventata, come disse, «la mia città adottiva, che mi aveva eletto e che mi aveva rieletto e che io ho amato tanto». Stabilì un profondo legame con la città di Catania, molto genuino, spontaneo, immediato, nel rapporto anche con la Catania popolare: ne è testimonianza l'entusiasmo e la partecipazione, anche emotiva, alla festa a molti nota della patrona Sant'Agata.
      Fu parlamentare europeo, fu Presidente della Commissione ricerca al Parlamento europeo, amatissimo e per due volte scelto dai cittadini al primo turno.Pag. 50
      Nel 2007, purtroppo, ci fu la presenza di un tumore, si fece operare, sembrava aver vinto il male, ma era solo la prima puntata.
      Quindi l'elezione alla Camera dei deputati nel 2008, capolista del Popolo delle Libertà in Sicilia orientale; e qui la sequenza insieme tragica e piena di speranza: uno spaventoso incidente stradale, che prima ancora dell'inizio della legislatura lo ridusse in fin di vita. Si ristabilì, ritornò in Aula e dette un incisivo apporto alla legge che ha stabilito il diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore. Il suo rammarico fu di non poterla votare, perché nel frattempo giaceva malato, ma fece in tempo a ritornare e qui, quando si discuteva della legge sul fine vita, fece una dichiarazione di voto in cui c'era tutta la sua vita. Ne cito alcuni passi.
      «La cosa più forte che mi è successa ve lo volevo dire e la dico con tutto il cuore ai miei amici: se prima mi avessero posto la domanda: «Se tu soffrissi molto e stessi per andartene lo firmeresti un permesso a girare l'interruttore ?» tutto sommato non ci avrei pensato molto. Quando invece sono caduto in questo stato così profondo di malattia, in realtà è successo un fenomeno stranissimo: sono andato in coma e sono rimasto a Tor Vergata per 80 giorni; devo dire che ogni volta che sono uscito da questo coma mi veniva domandato dal di fuori: «Ma sei vivo ? Ci sei ? Come stai ?» ed io rispondevo sempre «Sì !». Ero un bambino neonato che non sapeva mangiare, che non poteva bere, non poteva respirare e non poteva camminare.
      L'altro episodio forte, che vi devo raccontare, è che dopo tre giorni in cui ero stato in coma improvvisamente ho avuto una visione straordinaria: la visione di un tunnel di luce che, sapete, è stato visto non solo da me, ma da centinaia di persone. Si tratta di un tunnel di luce meraviglioso, attrattivo e straordinario che ti attira, si cammina dolcemente e si va verso questa serenità.
      Io, che sono 44 anni che studio il cervello, durante tutto questo coma, in cui in apparenza non c'ero, c'ero, pensavo, vivevo, potevo decidere.
      Ecco perché non dico «Fate questo o fate quello», ma vi invito a pensare prima di decidere cosa fare. Non basta una parola a tavola o una chiacchiera, ma ci vuole veramente una grande profondità, che soprattutto ci deve portare al rispetto di quella grande cosa straordinaria che è la luce che ho visto, che è la vita, che è il bene tra di noi».
      Fin qui le parole del 6 luglio 2011 del deputato Scapagnini, nella commozione di tutti: un'idea laica e positiva della vita che s'incontra con la prospettiva religiosa e cristiana. Io credo, come lui, che sia giusto sottomettere le nostre idee, persino ai dogmi e al vaglio dell'esperienza. Non sono considerazioni frutto di deduzioni della morale cattolica da imporre ad altri con visioni diverse, ma da proporre alle singole coscienze.
      Umberto chiama ancora al di là del tunnel luminoso, come lo ha descritto lui, ad un risveglio di coscienza tutti noi. Egli dinanzi alle questioni essenziali della vita e della morte chiama chi lo ascolta con la parola “amici”. Spero che, sulla base di una testimonianza così vitale, si debba e si possa lavorare insieme dentro questo momento, questo tempo di gravissima crisi e di malattia del nostro Paese. Può esserci un tunnel di luce anche per l'Italia, ricerchiamolo imparando dal coraggio e dalla serena ironia di Umberto Scapagnini (Applausi).

Sull'ordine dei lavori (ore 17,52)

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pesco sulla vicenda delle due lavoratrici recentemente uccise in Umbria. Ne ha facoltà.

      DANIELE PESCO. Signor Presidente, cogliamo l'occasione per ricordare le vittime di una tragedia accaduta un mese fa, quando il 6 marzo 2013, a Perugia, verso l'ora di pranzo circa, Margherita Peccati e Daniela Crispolti, due colleghe, due cittadine, due lavoratrici della pubblica amministrazione, sono state uccise senza motivo con arma da fuoco da una persona che ha Pag. 51riversato la sua rabbia, il suo disagio su due dipendenti pubbliche mentre stavano svolgendo il loro lavoro negli uffici della regione Umbria. L'assassinio si è tolto anch'egli la vita aumentando il numero di vite spezzate.
      Gli organi di stampa a livello nazionale si sono soffermati poco sull'accaduto forse per evitare che anche lo Stato venisse chiamato in causa viste le precarie condizioni in cui versano le famiglie, la società, i lavoratori, la pubblica amministrazione. In questo contesto il dipendente pubblico è la prima interfaccia tra Stato e cittadini e finisce per essere spesso un facile bersaglio per colui che deluso, sconfortato e frustrato, arrabbiato, non trova risposte concrete e immediate alle proprie esigenze di vita. Impegniamoci tutti affinché una tragedia simile non accada mai più e affinché Stato e cittadini diventino una vera comunità unita, senza barriere, senza attriti, senza conflitti affinché nessuno si senta escluso. Il nostro profondo sconforto per la scomparsa di Margherita e Daniela si unisce all'immenso dolore di tutte le famiglie delle vittime. Vogliamo ricordare i loro nomi, le loro vite e il loro lavoro (L'Assemblea si leva in piedi – Applausi).

      PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Pesco. La Presidenza si associa.
       Sullo stesso tema ha chiesto di parlare l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.

      WALTER VERINI. Signor Presidente, mi associo naturalmente alle parole che il collega Pesco adesso ha pronunciato. Un mese fa quel terribile fatto lasciò attonita non soltanto la città di Perugia, ma anche l'intero Paese. Margherita e Daniela erano due dipendenti della regione Umbria che lavoravano in un settore delicato, direi in trincea. Una trincea resa ancora più difficile per il difficile momento che il Paese sta attraversando. Quando quella mattina quel folle irruppe negli uffici della regione dell'assessorato agli affari sociali, armato, loro stavano lì come sempre a lavorare, a ricevere persone, rappresentati di società che magari non ce la fanno in momenti come questi. Ma lo facevano non soltanto con grande rigore, con grave imparzialità, con grande professionalità ma con una grande umanità. Una di loro, la più anziana, sarebbe stata a pochi mesi dalla pensione, veniva chiamata amorevolmente mamma da tutte le sue colleghe per il modo davvero umano con il quale trattava colleghi e interlocutori e così l'altra che era una precaria, dopo diversi anni di lavoro ancora precaria. Due donne, due persone che stavano, come si dice, davanti ai cittadini e consideravano i cittadini non come sudditi ma come titolari di diritti. Nel ricordare Daniela e Margherita un mese dal loro sacrificio, vorrei anche associarmi alle parole che sono state pronunciate in queste settimane in occasione di quella tragedia. Spesso in questi anni si è parlato del mondo del lavoro, anche del mondo del pubblico impiego, in maniera schematica. Sì ci possono essere sacche di improduttività, ci possono essere comportamenti non consoni, ci possono essere comportamenti censurabili ma la verità è che questo Paese si regge anche perché nello Stato, nelle regioni e negli enti locali, nei comuni ci sono milioni e milioni di cittadini che fanno quotidianamente e per bene il loro dovere, spesso senza neppure essere adeguatamente remunerati per il lavoro che fanno.
      Allora, nel ricordare il sacrificio di Daniela e Margherita e nell'onorare la loro memoria, credo sia giusto anche ricordare come i sindacati unitari, CGIL, CISL e UIL, abbiano deciso di celebrare il 1o maggio nella loro classica, tradizionale, giusta manifestazione nazionale proprio a Perugia, proprio per stare vicino a quella città e, nel ricordare Margherita e Daniela, stare vicino a tutte le persone perbene che reggono questo Paese (Applausi).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Di Salvo sulla vicenda delle persone che si sono suicidate a Civitanova Marche. Ne ha facoltà.

      TITTI DI SALVO. Signor Presidente, ho chiesto la parola prima di tutto per ringraziarla, per ringraziare lei, Presidente, Pag. 52che, partecipando al funerale a Civitanova Marche di Romeo Dionisi e di Anna Maria e Giuseppe Sopranzi, ha rappresentato ciascuno di noi lì, ha rappresentato lì le istituzioni e di questo vorremmo esplicitamente darle atto. Vorrei anche aggiungere che oggi sarebbe importante, a nostro avviso, che quest'Aula avesse collettivamente un momento di raccoglimento. Voglio spiegare perché. Naturalmente, qui il punto non è soltanto il cordoglio di fronte al suicidio di tre persone – dicevo prima che lei ci ha rappresentato –, ma a me e a noi sembra importante che ci sia un momento collettivo in cui noi che qui stiamo ci assumiamo una responsabilità rispetto ai drammi che sono alla base di quelle morti. Per questo, ci sembrava importante che ci fosse, non soltanto un momento di cordoglio, ma ci fosse in quel modo, da parte di chi questa Camera abita per cambiare il Paese, per cambiare quelle condizioni, un'assunzione di responsabilità collettiva, non soltanto attraverso lei che pure è stato molto importante l'abbia fatto a nome nostro (Applausi).

      PRESIDENTE. Sullo stesso argomento ha chiesto di intervenire il deputato Pisicchio. Ne ha facoltà.

      PINO PISICCHIO. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire per ricordare anch'io all'Assemblea questo doloroso episodio di cronaca occorso nei giorni scorsi e che ha visto lei, Presidente, attenta, sollecita e umanamente partecipe anche a nome di noi tutti. Tre persone, come veniva ricordato adesso, Romeo, Anna Maria e Giuseppe – le cronache prive di pietas umana le avrebbero rubricate come pensionati – si sono tolte la vita perché non ce la facevano più a tirare avanti in questa crisi devastante che da troppo tempo sta soffocando il Paese. Non sono le prime vittime di una recessione crudele che sta stravolgendo l'Italia; insieme a loro imprenditori strangolati dai debiti, persone precipitate nell'inferno di una povertà profonda che restano vittime di una dignità ferita, padri di famiglia licenziati. Nei primi mesi dello scorso anno sono state 137 persone.
      Vorrei ricordare a noi tutti queste persone perché è a loro che la politica deve chiedere scusa per i suoi ritardi, il suo non riuscire a farsi carico di un Governo per affrontare la crisi, perché se la politica non agisce in modo concreto per fermare questa decomposizione della società italiana, a che serve ? Vorrei – e concludo – che tutti riuscissimo a fare una riflessione partendo da questo episodio drammatico per trovare la ragione di una coesione nuova per far partire un Governo capace di dare risposte al popolo sofferente (Applausi).

      PRESIDENTE. Sullo stesso tema, la deputata Manzi. Ne ha facoltà.

      IRENE MANZI. Onorevole Presidente, colleghi, prendo la parola in qualità di deputato originario della provincia di Macerata e a nome di tutti i colleghi marchigiani per commemorare in quest'Aula la tragica scomparsa di Romeo Dionisi, Anna Maria e Giuseppe Sopranzi, avvenuta il 5 aprile scorso a Civitanova Marche. Devo dire che è difficile trovare parole giuste o efficaci per esprimere i sentimenti suscitati da quanto è avvenuto in una città ricca e vitale com’è Civitanova Marche. Si resta ammutoliti di fronte alla tragedia così grande, ad un silenzio pieno di dignità di chi ha preferito tacere rispetto ad una situazione di oggettivo bisogno, anziché cercare l'aiuto delle istituzioni e dei servizi sociali comunali, che sarebbero intervenuti per trovare possibili soluzioni, come le tante amministrazioni locali del nostro territorio hanno sempre fatto in questi anni, anche se con una crescente difficoltà dovuta alla consistente riduzione delle risorse a disposizione.
      Indagare sulle ragioni che hanno spinto tre persone a farla finita e tentare di renderle esaurienti rischia di essere una profanazione degli indecifrabili misteri che si affollano nei sentimenti e nelle coscienze degli individui. La dignità silente dei nuovi poveri, precipitati negli ultimi anni da condizioni di relativo benessere a situazioni di insolvenza, che fanno perdere poco a poco la speranza, lascia però Pag. 53attoniti. Il recente rapporto ISTAT-CNEL sul benessere equo e solidale dimostra come, negli ultimi anni, siano aumentati la povertà ed il disagio economico, la difficoltà a far fronte a bisogni essenziali, come il riscaldarsi adeguatamente, il nutrirsi in modo equilibrato, pagare l'affitto e le bollette.
      Sono i dati di un'emergenza sociale che fa ancora più rumore quando si colloca in una terra, come le Marche, fin qui caratterizzatasi per benessere economico diffuso e forte coesione sociale; un'Italia benestante, una provincia a vocazione industriale, che sta affondando, oggi, in modo pesante, gli effetti della drammatica crisi che tocca l'intero Paese. Nello stesso giorno dei tre suicidi, Confindustria Marche ha reso noti i dati del rapporto sull'economia marchigiana 2012: la produzione industriale segnala una flessione del 3 per cento rispetto al 2011, con variazioni negative addirittura superiori alla media in settori qualificanti per questa terra, come il tessile, l'abbigliamento ed il calzaturiero; il tasso di disoccupazione è aumentato dal 6,7 per cento del 2011 al 9,1 per cento del 2012. Dati che (Commenti).

      PRESIDENTE. Per favore, lasciate finire. Per favore.

      IRENE MANZI. ...uniti ai tragici fatti del fine settimana scorso suscitano uno sgomento e una frustrazione a cui, come rappresentanti delle istituzioni, abbiamo il dovere di dare risposte. Ho molto apprezzato, signor Presidente, la sua presenza a Civitanova, ho visto la sua sincera vicinanza ai parenti delle vittime e agli amministratori civitanovesi profondamente scossi per la tragedia che ha toccato la loro comunità. Condivido il suo appello a far sì che le istituzioni recuperino il senso del loro essere e ad adottare misure che consentano di superare questo grave momento.
      Qualcosa si sta muovendo: molto positivo è stato il provvedimento adottato lo scorso 6 aprile dal Consiglio dei ministri per lo sblocco dei pagamenti dello Stato e degli enti locali alle imprese. È una prima significativa misura, a cui dovranno seguire altri interventi importanti, come la risoluzione del problema degli esodati, i rigidi vincoli del Patto di stabilità, gli ammortizzatori sociali in deroga. Sono problemi che toccano le Marche ma che, in realtà, sta affrontando gran parte del Paese.
      Un compito importante e impegnativo ci attende, a cui non possiamo sottrarci, consci della responsabilità del cambiamento che questa legislatura porta con sé e che tutti noi, qualunque sia il nostro schieramento, dobbiamo affrontare per far sì che le istituzioni recuperino, di fronte ai cittadini italiani, il senso del loro essere e la funzione di guida e di Governo del Paese (Applausi).

      PRESIDENTE. Grazie. La deputata Terzoni, sempre sullo stesso argomento. Ne ha facoltà.

      PATRIZIA TERZONI. Signor Presidente, vorrei porre anch'io l'attenzione su questa recente tragedia che ci ha colpito tutti, che è accaduta nella mia regione, le Marche.
      Romeo, Anna Maria e Giuseppe si sono tolti la vita, hanno scelto di non continuare a lottare. Credo che il loro gesto sia la sconfitta di noi tutti, la sconfitta di un modello politico ed economico, ma anche sociale e morale. Dire che siano vittime solo della povertà, della crisi economica, è riduttivo e non rende giustizia al gesto compiuto, al messaggio che da esso dobbiamo cogliere. L'Italia è già stato un Paese povero, ma non per questo la gente si suicidava per ragioni economiche e con le proporzioni agghiaccianti che le statistiche ci consegnano oggi. I suicidi in Italia e in Grecia sono passati da trecento l'anno nel 2007, a oltre mille nel 2012. Noi crediamo che la povertà, il precipitare delle proprie condizioni di vita non siano spiegazioni sufficienti. Anna e Romeo hanno perso la speranza di poter continuare a vivere dignitosamente, ma non Pag. 54solo per motivi economici, l'hanno persa perché si sono sentiti soli, isolati, abbandonati.
      Quando ci domandiamo dove siano le responsabilità dovremmo rivolgerci innanzitutto alla politica, che ha portato, negli ultimi vent'anni, il nostro Paese non solo alla rovina dal punto di vista economico e alla perdita del senso di comunità, ma anche allo smantellamento delle reti sociali di sostegno. Anna e Romeo si sono uccisi perché un Paese intero ha fallito, per questo ora siamo qui. Non chiediamo un minuto di silenzio, perché non è più tempo di stare zitti, siamo qui per dire che dobbiamo, immediatamente, assumerci, tutti, la responsabilità di questo muto e assordante grido di disperazione che proviene dalla mia terra, ma anche dalle vostre. Rispondiamo con azioni concrete e non solo con le solite parole di circostanza; non si può più aspettare. Possiamo fare subito qualcosa tutti insieme. Iniziamo a lavorare e a lavorare veramente per il bene comune (Applausi).

      PRESIDENTE. Abbiamo altri due interventi. Vi prego la brevità, perché dobbiamo votare.

      GEA SCHIRÒ PLANETA. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      GEA SCHIRÒ PLANETA. Grazie Presidente; dapprima lo ripeto: grazie Presidente per aver partecipato ai funerali di Civitanova Marche perché ci ha rappresentato. Ovviamente non rappresentava una parte politica, ma il Parlamento; ci ha onorato e fatto piacere che il nostro Parlamento fosse presente a Civitanova Marche e abbia affrontato le difficoltà che lei ha affrontato, che saranno state anche emotive oltre che pratiche, umane e di umana commozione. Quindi, davvero grazie a lei per questo.
      Dall'altro lato dobbiamo anche responsabilizzarci; è molto interessante e non posso credere che sia una forma di furbizia politica il ricordare, soprattutto da parte dei giovani colleghi, le tante morti e quindi la valuto, davvero, come una manifestazione di enorme ansia e di grande paura. Con grande interesse lo vedo davvero; questo è un sipario che cala sulla scorsa Repubblica, non so se è la prima, la seconda o la terza; questo ci vorrà un po’ di tempo per stabilirlo, ma davvero in questa giornata, oggi, ricordando queste morti ognuno di noi in modo diverso – dalla collega Di Salvo, Verini, dai colleghi del MoVimento 5 Stelle, che sono stati i più numerosi ad intervenire, e sono sicura che non fosse per semplice ostruzionismo, sarebbe stato troppo banale – mi è venuto all'improvviso alla mente quel libro del 1911, e quindi di ormai cento anni fa esatti, di Durkheim: «Il suicidio. Studio di sociologia», un saggio che spiega l'enorme massa di suicidi nella Vienna di finis Austriae ed erano davvero, come anche questi, gli ultimi giorni di Pompei; forse è qualcosa che capiscono meglio i colleghi della destra. Comunque il mondo cambia; noi ci siamo, vedremo chi ci sarà ancora fra un po’, grazie Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e MoVimento 5 Stelle).

      RENATO BRUNETTA. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, ho avuto modo di esprimerle personalmente, nelle ore successive alla sua presenza a Civitanova Marche e alla contestazione che lei ha subito, la mia più totale solidarietà.
      L'ho fatto da prima a titolo personale, mandandole un semplice sms, l'ho fatto oggi in Capigruppo, lo faccio oggi qui in Aula. Lei, a Civitanova Marche, ha rappresentato noi tutti, e di questo le dico grazie. Come dico anche che tutte le parole, o gran parte delle parole, che ho sentito in quest'Aula suonano stonate di fronte ad una tragedia personale che andrebbe rispettata e non strumentalizzata (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

Pag. 55

Si riprende la discussione.

(Votazioni)

      PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
      Avverto che è stato chiesto dalla presidente del gruppo MoVimento 5 Stelle che si proceda con votazione nominale mediante procedimento elettronico.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Invernizzi, Busin, Matteo Bragantini, Gianluca Pini n. 6-00002, sulla quale il Governo ha espresso parere contrario.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Onorevoli Lotti, Gutgeld, Ventricelli, Gigli, Farina, Tartaglione, Malisani, Frusone, Dambruoso.
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:

            Presenti     565            
            Votanti     462            
            Astenuti     103            
            Maggioranza     232            
                Hanno votato       18                
                Hanno votato no     444                

      (La Camera respinge – Vedi votazioni).

      (Il deputato Brunetta ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Causi, Saltamartini, Marazziti, Di Salvo e Rampelli n. 6-00003, sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Colleghi Pesco... Baretta... Farina... Costantino... Di Salvo... Oliaro...Malisani... Colletti... Vargiu... Frusone... Vecchio...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione:
            Presenti     563            
            Votanti     458            
            Astenuti     105            
            Maggioranza     230            
                Hanno votato     442                
                Hanno votato no       16                
      (La Camera approva – Vedi votazioni).

      Sono così esaurite le comunicazioni del Governo ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge 5 maggio 2009, n.  42, in relazione allo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 18 aprile 2012, n.  61, recante ulteriori disposizioni in materia di ordinamento di Roma capitale.

Assegnazione di un disegno di legge di conversione alla Commissione speciale in sede referente (ore 19,25).

      PRESIDENTE. A seguito della deliberazione, adottata in data odierna, concernente l'integrazione della competenza della Commissione speciale istituita con deliberazione dell'Assemblea del 26 marzo 2013, il seguente disegno di legge è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla predetta Commissione speciale: «Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2013, n.  35, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali» (676).

Cessazione dal mandato parlamentare del deputato Roberto Cota.

      PRESIDENTE. Comunico che in data 8 aprile 2013 è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera del deputato Roberto Cota:

      «Gentilissima Presidente,
con la presente rassegno le mie dimissioni da deputato, stante la incompatibilità con la carica di presidente della regione. Con Pag. 56viva cordialità, Roberto Cota» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      Trattandosi di un caso di incompatibilità, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Roberto Cota dal mandato parlamentare.

Sui lavori della Camera.

      PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che martedì 16 aprile, alle ore 12, avrà luogo la votazione per l'elezione di un segretario di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, commi 5 e 6, del Regolamento, appartenente al gruppo Fratelli d'Italia.
      Alle ore 15 avrà luogo l'informativa urgente del Governo sulla vicenda del rapimento di quattro giornalisti italiani in Siria.

In morte degli onorevoli Giovanni Casola, Pietro Buffone, Florindo D'Aimmo e Eirene Sbriziolo.

      PRESIDENTE. Comunico che nelle scorse settimane sono deceduti i seguenti deputati: Giovanni Casola, già membro della Camera dei deputati nella V legislatura; Pietro Buffone, già membro della Camera dei deputati dalla II alla VI legislatura; Florindo D'Aimmo, già membro della Camera dei deputati dalla IX alla XII legislatura; Eirene Sbriziolo, già membro della Camera dei deputati nella VI e nella VII legislatura.
      La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari dei deputati le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Sull'ordine dei lavori e per richiami al Regolamento (ore 19,25).

      MAURO OTTOBRE. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      MAURO OTTOBRE. Signor Presidente, onorevoli deputati, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione, ha concesso la grazia al colonnello statunitense Joseph Romano III, con un provvedimento che annulla la sentenza del 15 dicembre 2010, divenuta definitiva con sentenza della Cassazione il 19 settembre 2012 Joseph Romano è stato condannato a sette anni di reclusione per aver reso possibile l'accesso alla base di Aviano ai rapitori di Abu Omar.
      La concessione della grazia rientra fra i poteri del Presidente della Repubblica, le cui determinazioni non possono essere oggetto di discussione parlamentare. Ciò che intendo sottoporre alla sua attenzione, Presidente, è la necessità di suscitare una valutazione del Governo in ordine ai rapporti bilaterali fra Italia e Stati Uniti i cui precedenti hanno spesso visto il nostro Paese nella posizione di non potere esercitare la propria giurisdizione e di non poter richiedere pari garanzie nei confronti dei nostri cittadini sottoposti a giudizio negli Stati.
      Ieri ad esempio, nella tragedia del Cermis, avvenuta sul nostro territorio nazionale, dove l'accertamento delle responsabilità statunitensi da parte della magistratura e su un piano diverso dalla Commissione parlamentare di inchiesta, non hanno avuto alcun esito. Oggi nel caso di Chicco Forti, cittadino italiano trentino condannato da 14 anni negli Stati Uniti all'ergastolo, senza prove certe e senza alcuna garanzia ad un giusto processo e per il quale sono state respinte tutte le richieste di revisione del processo a cui avrebbe diritto.
      Ho presentato oggi un'interrogazione parlamentare affinché il Governo informi il Parlamento in merito alle iniziative intraprese o annunciate e soprattutto di quelle che ha intenzione di assumere affinché sia possibile la revisione del processo presso la Corte federale degli Stati Pag. 57Uniti. Un milione di firme di cittadini italiani lo chiede ed è indispensabile che il Governo adotti comportamenti conseguenti ed adeguati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      ANDREA ORLANDO. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, colleghi, il Parlamento ha approvato nella scorsa legislatura la legge n.  190 del 2012, la controversa e discussa «legge anticorruzione», un parto complicato che però sanciva alcuni criteri e alcuni obiettivi, che venivano poi rinviati ad alcune deleghe.
      Su un punto particolarmente delicato, cioè quello della collocazione dei magistrati fuori ruolo, la legge disciplinava la materia in parte al comma 66 dell'articolo 1 e, in parte, al comma 67, rinviava ad una delega che doveva integrare le funzioni incompatibili di giurisdizione con l'attività amministrativa e gli eventuali conflitti di interesse conseguenti. Questa delega doveva essere esercitata nei quattro mesi successivi alla vigenza della legge stessa. In seguito alla predisposizione dello schema di decreto, le Commissioni I e II sono state convocate d'urgenza a Camere chiuse per deliberare il parere sullo schema stesso. All'unanimità, entrambe le Commissioni, hanno deliberato il parere ponendo alcune condizioni e alcune osservazioni. La scorsa settimana è inutilmente decorso il termine per l'esercizio della delega perché il Governo ha deciso di non esercitarla. Signor Presidente, la richiamo su questo punto perché sostanzialmente la volontà del Parlamento è stata complessivamente disattesa, lasciando un vuoto legislativo o significativo su un tema in cui in quest'Aula si è molto discusso. Tra l'altro, la stessa stesura dei commi 66 e 67 dell'articolo 1 era legata ad un accordo tra le forze politiche e tra i gruppi parlamentari molto precario, ma che sostanzialmente rinviava alla delega stessa una parte delle questioni che non erano affrontate nel testo votato da Camera e Senato. In sostanza, ancora una volta, non si è voluto affrontare il tema dei magistrati fuori ruolo.
      Io considero che questa scelta del Governo sia una scelta molto grave e, se intervengo in questa sede, è anche perché non vorrei che, di fronte all'opinione pubblica, passasse il messaggio che questa scelta è stata compiuta con il consenso del Partito Democratico. Il Governo Monti in carica si è assunto una responsabilità politica, seppure nell'esercizio di una fase in cui sarebbe chiamato ad esercitare funzioni solo di ordinaria amministrazione. Ha compiuto una scelta – non la richiamo in punto di diritto costituzionale – in qualche modo straordinaria perché, a fronte di un voto unanime delle Commissioni I e II, a fronte di un voto di Camera e Senato che indicava dei criteri e degli obiettivi, ha deciso di non esercitare la delega. Io penso che sia giusto che gli italiani e i nostri concittadini sappiano che questa scelta è una scelta politica, fatta da un Governo tecnico, ma una scelta politica e noi riteniamo che questa scelta sia profondamente sbagliata perché, ancora una volta, si è persa un'occasione importante per mettere ordine su un tema cruciale: quando una funzione giurisdizionale diventa incompatibile con una funzione amministrativa. Credo che, in una fase storica nella quale il tema del conflitto di interessi è evocato ad ogni piè sospinto e in una fase in cui si pone il tema della trasparenza dei ruoli e delle funzioni, non avere esercitato questa delega sia un fatto grave e – lo ripeto – anche particolarmente sbagliato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      ENRICO COSTA. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ENRICO COSTA. Signor Presidente, questo è un tema che abbiamo già affrontato in sede giornalistica perché ne abbiamo avuto l'occasione in quella circostanza, ma volevo ricostruire i fatti. Il provvedimento sull'anticorruzione. In questo Pag. 58provvedimento viene recepito un emendamento del deputato Giachetti che tendeva a disciplinare, cosa che non era mai avvenuta in passato, la materia dei magistrati fuori ruolo, ovvero che obbligava determinati magistrati che svolgevano la mattina l'attività giudiziaria e il pomeriggio un'attività parallela nei Ministeri o altrove, ad andare fuori ruolo.
      Questa era una disciplina molto netta e molto drastica. Il Governo ci ha chiesto di poterla disciplinare meglio, perché fatta in quei termini rischiava di andare a parificare posizioni che, comunque, erano tra di loro diverse. Abbiamo pensato di disciplinarla meglio attraverso una disciplina organica nel testo dell'anticorruzione. Le forze politiche erano tutte d'accordo. Il Governo ci ha chiesto di poterlo fare meglio, perché un miglioramento della norma sui magistrati fuori ruolo, all'interno del testo dell'anticorruzione, avrebbe portato ad allungare i tempi di approvazione dell'intero provvedimento (eravamo al Senato).
      Allora, cosa è successo ? Si è fatto un primo comma di disciplina organica e poi tutta una serie di casi sono stati, in sostanza, delegati al Governo, attraverso il provvedimento di delega. Il Governo, da me specificatamente richiesto in Commissione su un impegno di esercitare in tempi utili ancora nella legislatura passata, perché chiaramente non pensavamo che questo Governo avesse, comunque, ancora dei tempi successivi nell'ambito di questa legislatura, si era impegnato a esercitare la delega. Il Governo ha approvato la bozza di decreto legislativo nelle ultime settimane della campagna elettorale. Siamo venuti a Roma, in campagna elettorale e a due settimane dall'elezione, a rendere il parere sulla bozza di decreto legislativo. Il Senato lo ha fatto, diciamo, con un provvedimento, senza obiezioni. Noi, alla Camera, abbiamo posto delle condizioni, abbiamo affrontato un dibattito articolato, anche in contraddittorio con il Governo, abbiamo approvato, a larghissima maggioranza, un testo con due condizioni che, sono convinto, a qualcuno non sono piaciute perché molto probabilmente avevamo individuato quelle sacche che, comunque, non erano coperte dal provvedimento (e lo dico chiaro). Così come dico chiaramente che i problemi erano quasi tutti sulla magistratura amministrativa.
      Io, ancora negli ultimi giorni prima della scadenza, ho interloquito con il Ministro Patroni Griffi, sollecitandolo – e so che lo ha fatto anche l'onorevole Orlando – a rispondere – diciamo – alla delega in tempi utili (lo ho fatto ancora nel Transatlantico, protestando pochi minuti fa). Ebbene, io ho tratto una conclusione e l'ho detto alle agenzie di stampa: abbiamo messo la volpe a proteggere il pollaio. Questa è la conclusione che mi sono dato (Applausi del deputato Baldelli), perché molto probabilmente da noi oggi il Ministro raccoglie proteste e probabilmente nell'ambito della magistratura amministrativa raccoglierà applausi. Questo è inaccettabile ! Nel momento in cui il Governo è delegato dal Parlamento a porre in essere un provvedimento, il Ministro deve fare il Ministro e deve rispondere al Parlamento. Non è accettabile che con giochi di prestigio e con giochi delle tre carte punti ad altri obiettivi, punti a compiacere altri poteri che sono diversi rispetto all'esecutivo e al legislativo (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

      NICOLA MOLTENI. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, intervengo anche io rifacendomi ovviamente agli interventi dei colleghi Costa e Orlando con i quali nella passata legislatura abbiamo affrontato questo tema partendo, come è stato abbondantemente detto, dall'emendamento del collega Giachetti, che credo sia assolutamente giusto ricordare, per porre rimedio ad una vicenda che è già stata abbondantemente illustrata dai colleghi.
      Io credo che vi era un'occasione e un'opportunità importante, anche perché oggi il nostro sistema giudiziario vive un problema di inefficienza e di cattivo funzionamento Pag. 59e crediamo che la possibilità di poter riallocare 250 magistrati – tanti sono i magistrati fuori ruolo – avrebbe potuto rappresentare un'occasione e un'opportunità ulteriore e migliore per poter efficientare al meglio il sistema giustizia.
      La ricostruzione che è stata fatta dai colleghi corrisponde in maniera chiara, lineare e perfetta a quanto e a come si sono sviluppati i fatti.
      Crediamo che questa occasione sia stata un'occasione persa. Colgo pertanto l'occasione, rifacendomi – ripeto – alle considerazioni che sono state fatte dai colleghi, per muovere una chiara censura nei confronti dell'operato del Governo e dei Ministri in modo particolare. L'occasione tale per cui dare voce ad una delega esercitata dal Parlamento e quindi dare corrispondenza a quanto il Parlamento aveva esercitato attraverso, tra l'altro, una legge particolarmente importante e particolarmente sentita dal Paese, ovvero la legge sull'anticorruzione, riteniamo che sia stata un'occasione persa, con gravissima responsabilità da parte di questo Governo. Quindi, da un lato, muoviamo una censura nei confronti dell'operato e, dall'altro lato, riteniamo che, nel momento in cui ci sarà un Governo, qualunque esso sia, il tema vada inevitabilmente ripreso, proprio per creare una situazione di giustizia.
      Proprio oggi si è sollevato il tema del conflitto di interessi, crediamo che questo sia uno di quei temi che vada inevitabilmente affrontato e risolto. Crediamo, inoltre, che la risoluzione di questo problema possa rappresentare anche per un miglior funzionamento e un miglior esercizio del sistema giudiziario un'occasione importante. La censura va in modo particolare al Ministro Patroni Griffi e va anche nei confronti del Ministro Severino, la quale si era impegnata particolarmente durante l'attività parlamentare, che si è protratta per parecchio tempo, a dare una soluzione a questa situazione. Prendiamo atto dell'atteggiamento, che oserei definire pilatesco, da parte del Governo. L'augurio e l'auspicio anche da parte del gruppo della Lega Nord è che un tema così importante e così delicato possa essere oggetto di attenzione e di risoluzione da parte del prossimo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie e Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

      ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, solo due parole poiché i colleghi hanno perfettamente illustrato la situazione. Vorrei solo dirle che nella scorsa legislatura noi abbiamo svolto un dibattito molto articolato in cui cercavamo di dimostrare che uno dei problemi che si ponevano rispetto al tema dei magistrati fuori ruolo era anche esattamente quello del conflitto di interessi.
      Ecco, una fotografia plastica di cosa sia il conflitto di interessi risiede nel fatto che casualmente uno dei due Ministri che si doveva occupare di questa vicenda è un Ministro che per fare il Ministro è in fuori ruolo, che per fare l'attività che faceva prima era in fuori ruolo. Quindi quando dicevamo che era assai difficile che titolari di una situazione di questo tipo avrebbero potuto in modo disinteressato fare una regolamentazione vera, ciò, purtroppo, si è dimostrata esattamente la realtà. Noi oggi non siamo nelle condizioni di attuare quello che era stato fatto, che non era certo quello che avevamo previsto alla Camera, che era una regolamentazione seria, ma comunque le cose che quanto meno sono state evidenziate dal collega Orlando. Uno dei Ministri titolari della partita è il Ministro Patroni Griffi, che era qui prima, che – ripeto – è in fuori ruolo e che sarebbe dovuto intervenire direttamente per garantire che un indirizzo del Parlamento fosse attuato (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Lega Nord e Autonomie).

      CHIARA SCUVERA. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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      CHIARA SCUVERA. Signor Presidente, intervengo per porre all'attenzione sua e dell'Aula un caso di discriminazione esemplare, che potrebbe avere anche delle ripercussioni sull'attuale contesto economico, che è il caso dell'esclusione dei bambini dalle mense scolastiche. In particolare, le riporto la situazione di un comune nella mia provincia, Pavia, il comune di Vigevano, dove oggi 150 bambini sono esclusi dalla fruizione delle mense scolastiche. Vorrei portare la voce di questi bambini in questa Camera. Il problema è che vengono esclusi non solo i bambini...cioè, quella che è stata propagandata come una lotta all'evasione delle rette, in realtà poi si è trasformata nell'esclusione dal diritto per i bambini delle famiglie morose e per i bambini delle famiglie che non possono permettersi queste mense, perché è stata eliminata la fascia di esenzione. Perché pongo questo tema in quest'Aula, signor Presidente ? Perché anche a livello nazionale si può fare molto. Chiedo che si promuova una moratoria immediata al divieto di accesso alle mense scolastiche, ed inoltre che si promuova il Fondo nazionale contro la povertà minorile. Anche questa è un'urgenza per il nostro Paese.
      Facciamo in modo che la crisi non colpisca i più piccoli, che i bambini non paghino certe scelte e che i vincoli di bilancio non ricadano sui più piccoli, pregiudicando, così, delle opportunità di sviluppo e delle opportunità di crescita delle nostre comunità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

      ANNA ROSSOMANDO. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, volevo dare notizia all'Aula che oggi, a Torino, presso il quotidiano La Stampa, è stato recapitato un pacco bomba, che solo grazie alla prontezza e alla professionalità del personale addetto delle forze dell'ordine è stato disinnescato e non ha prodotto, per fortuna, conseguenze a persone o cose.
      Ai giornalisti e ai lavoratori tutti de La Stampa va la solidarietà di tutto il gruppo del Partito Democratico e credo, e spero, anche dell'Aula. Vorremmo sottolineare che si tratta di un fatto molto grave, non solo perché ha messo in pericolo l'incolumità di persone, ma perché è un attentato indirizzato alla sede di un giornale.
      La libertà di stampa e di informazione sono un valore grande, perché sono presidio della democrazia. Ci preme sottolinearlo in questo momento e sottolineare la nostra condanna, fermissima condanna, a questo attacco vile e violento. Ci preme sottolineare, in questo momento tormentato per il nostro Paese e anche, oserei dire, per le istituzioni democratiche, il valore che hanno le sedi e i luoghi della democrazia, anche nel loro valore simbolico.
      Non dovremmo mai dimenticarlo e mai sminuire il valore simbolico dei luoghi della democrazia. Non sono mai valori retorici o puramente formali. Mi premeva sottolineare anche questo aspetto a nome mio e a nome del gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

      ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo su un richiamo al Regolamento e lo faccio adesso, a fine seduta, su un fatto che è accaduto durante la seduta stessa, quando un collega del MoVimento 5 Stelle, secondo me opportunamente, ha richiamato l'attenzione della Presidenza sul fatto che vi fossero colleghi che hanno votato per altri.
      In merito a questo episodio, che, purtroppo, è accaduto anche nella passata legislatura e che noi abbiamo più volte stigmatizzato – questo volevo rimarcare, e lo faccio anche nei confronti del collega che ha fatto questa segnalazione –, è opportuno indicare chi vota per conto di un altro.Pag. 61
      Infatti, faccio presente che nel mio gruppo tutti i colleghi parlamentari hanno depositato le minuzie. Quindi, non è possibile che alcuno dei colleghi parlamentari del mio gruppo abbia fatto un atto di questo tipo, che noi consideriamo assolutamente irregolare e irrispettoso del Regolamento.
      Invito la Presidenza, visto che abbiamo scelto di utilizzare questo strumento, a far sì che tutti i parlamentari provvedano a lasciare le minuzie, e invito i colleghi, se, eventualmente, rilevano un atto, ed è giusto segnalarlo, che non è conforme al nostro Regolamento e neanche al buonsenso e alla buona educazione, a segnalare di chi si tratta, ad operare un distinguo, o ad indicare almeno il gruppo di appartenenza, per evitare che si dia un'informazione al di fuori di quest'Aula secondo cui siamo tutti uguali e siamo tutti poco propensi a rispettare le regole. Mi sembra che questo non sia nell'interesse di nessuno (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. La ringrazio, le vorrei dire che in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo ho ricordato e ho sollecitato il rilascio delle minuzie. Mi hanno detto che avrebbero sollevato la questione. Dunque, siamo in attesa di una definizione di questo caso.

      FILIPPO GALLINELLA. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      FILIPPO GALLINELLA. Signora Presidentessa, colleghi deputate e deputati – quelli che sono rimasti –, nel nuovo Parlamento uscito dalle urne il 24 e il 25 febbraio scorso, come si legge dalla stampa – ce l'ho qui –, si contano 49 indagati, tutti imputati di reati gravi e infamanti, in massima parte legati a Tangentopoli e a Mafiopoli. Tra questi ben 13 sono stati già condannati nei vari gradi di giudizio e tre di loro, Salvatore Sciascia del PdL, Umberto Bossi e Matteo Bragantini della Lega sono stati giudicati colpevoli in via definitiva. Ricordiamo che nella precedente legislatura erano 116 i parlamentari indagati, che in gran parte sono stati condannati. Molti erano indagati già prima delle elezioni e nonostante ciò sono stati ricandidati e rieletti. Altro che liste pulite ! I pochi esclusi, i pochi a non essere candidati, sono stati coloro veramente impresentabili. Sempre dalla stampa leggiamo che il PdL vanta 30 indagati. Segue a ruota il PD con 8 parlamentari sotto inchiesta, la Lega con 7, l'UdC con 2 e la lista Monti ha la senatrice Lanzillotta condannata dalla Corte dei Conti, anche in Cassazione, per danno erariale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Il MoVimento 5 stelle, a differenza della descritta realtà, non ha queste situazioni. I cittadini vogliono un Parlamento pulito e a tal proposito rivendichiamo una legge di iniziativa popolare del 2007, avvalorata da oltre trecentocinquantamila firme, che non è stata mai presa in considerazione. I cittadini italiani meritano che nel luogo dove si fanno le leggi non ci siano persone con queste ombre. Dobbiamo risanare l'Italia ed è doveroso sanare anche questo luogo. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      ANGELO CERA. Chiedo di parlare

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà

      ANGELO CERA. Onorevole Presidente, non le pare onesto e serio che quando si parla di persone che sono tra l'altro assenti, lei rinvii il giudizio (Commenti di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)...

      PRESIDENTE. Per favore, lasciate parlare.

      ANGELO CERA. Non le pare che una situazione di questo tipo oltre che essere sgradevole, perché ci sono delle persone assenti, possa essere tranquillamente rinviata ad un altro momento in cui le persone di cui si è fatto cenno si possano anche tranquillamente difendere ?Pag. 62
      Se questo è un nuovo modo di ghigliottinare le persone assenti, io credo che vi state proprio sbagliando. Tirate fuori, se siete capaci, oltre alle denunzie a persone assenti, situazioni e cose nelle quali la gente italiana può incominciare a capire che cosa proponete. Incominciate ad essere seri perché qui dentro, tra le altre cose, per ascoltarvi ci sono anche persone oneste e rivolgetevi alle persone oneste e fate capire di che pasta siete. Questo è quello che gli italiani avendovi votato, pretendono da voi (Applausi di deputati dei gruppi Partito democratico e Scelta Civica per l'Italia).

      ROBERTO FICO. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ROBERTO FICO. La seduta è chiaramente ancora aperta e quindi è disdicevole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) che non ci siano deputati che devono essere qui fino a quando la seduta non è chiusa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Noi siamo convinti, fermamente convinti, che all'interno di tutti i gruppi parlamentari ci siano anche persone oneste. Ma questo è il Parlamento italiano e non ci devono essere gli «anche», ci devono essere tutte persone oneste che fanno le leggi del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Movimento 5 Stelle).

      IVAN SCALFAROTTO. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      IVAN SCALFAROTTO. Signor Presidente, pongo soltanto una domanda: su quale base voi pensate che qui possano esserci persone poco oneste mentre voi statisticamente siete tutti onesti ? Trovo che sia una cosa assolutamente disdicevole. Penso che tutto questo Parlamento, che è stato appena eletto, un Parlamento con tantissimi giovani e molte donne, un Parlamento che è stato rinnovato radicalmente, meriti il rispetto che meritano tutti i cittadini italiani, che sono tutti fino a prova contraria onesti, onorevole Fico (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).
      Io sono veramente molto provato da questo e sono stato molto provato dagli attacchi che il Presidente Boldrini ha dovuto subire a Civitanova Marche, perché capisco la rabbia, l'indignazione e l'esacerbazione del dolore che questo Paese sta provando. Non credo, tuttavia, che insinuare che dentro una parte grossa del Parlamento possano esserci persone poco oneste, per il fatto che ci sono anche, e che invece soltanto in un settore siamo tutti onesti, sia profondamente sbagliato.
      Per favore, proprio perché questo Parlamento secondo me potrebbe riservarci delle sorprese, potrebbe essere probabilmente più creativo e potrebbe probabilmente approvare provvedimenti che questo Paese aspetta da molto tempo proprio per le sue caratteristiche, penso che sia molto importante che cominciamo con il rispetto reciproco che vale per tutti. Tutti qui, molti di noi, sono qui da tre settimane e penso che debbano essere considerati onesti fino a prova contraria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Alcuni deputati hanno chiesto nuovamente la parola ma, avendo già parlato, vi inviterei a non fare degli scambi a due.

      CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      CARLO SIBILIA. Signor Presidente, la ringrazio di avermi dato la parola. Non voglio essere ripetitivo, vorrei semplicemente fare una considerazione, in merito a ciò che è appena stato detto in quest'Aula.
      Al MoVimento 5 Stelle sono molto cari i fatti. Nel nostro intervento di poc'anzi abbiamo detto chiaramente che ci sono 49 persone tra indagati e condannati. Questo significa avere dei fatti, portare delle prove. Tutti i nostri candidati, tutti, presentano Pag. 63la fedina penale pulita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questi sono fatti.
      Quindi, come abbiamo già detto, sicuramente ci saranno persone oneste in tutti i gruppi parlamentari, però invitiamo a certificare la loro onestà tutti i partiti politici e tutti i movimenti che si presenteranno alle elezioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Come ho già detto, abbiamo già approfondito questo tema e non vorrei dare la parola a chi già l'ha avuta prima.

      ALESSIA MORANI. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà sullo stesso tema, poi passerei oltre.

      ALESSIA MORANI. Signor Presidente, come dire, lo sconcerto è grande rispetto a questo ergersi a tribuni del popolo, che francamente non dovrebbe appartenere a quest'Aula, composta, come è stato ricordato dal collega Scalfarotto, da tanti giovani, da tante donne, ma anche da tanti deputati uscenti onestissimi e con una condotta specchiatissima.
      Quindi, continuare con questo atteggiamento nei confronti di coloro che vi siedono davanti e che hanno la stessa passione civica che avete voi, lo stesso entusiasmo che avete voi, la stessa voglia di fare che avete voi, non credo sia un atteggiamento costruttivo in questo momento.
      Dopodiché, a coloro che hanno detto che ci sono degli indagati e dei condannati in quest'Aula, vorrei ricordare la differenza sostanziale tra un indagato e un condannato.
      Perché, se Dio vuole, in Italia esiste una cosa sancita dalla Costituzione che si chiama principio di non colpevolezza, che tutti dovremmo conoscere, non solo chi come me svolge la professione legale. Quindi, ci vuole rispetto per le persone, ci vuole rispetto per i percorsi di ciascuno, perché non è indifferente, ad esempio, che qua dentro ci siano degli amministratori locali che nel corso delle loro esperienze amministrative possono essere incorsi anche in qualche indagine che ha riguardato la loro vita e la loro azione amministrativa.
      Quindi, lo ripeto, prima di ergersi a tribuni del popolo bisogna avere rispetto per le persone che si hanno di fronte e soprattutto bisogna avere la voglia di confrontarsi e di assumersi ciascuno le proprie responsabilità per le cose che si fanno. Ve lo dice una deputata che, come tantissime del mio gruppo, ha sottoscritto la campagna «Riparte il futuro». Abbiamo preso un impegno nei cento giorni che mi piacerebbe portare a termine insieme a tutti coloro che lo hanno fatto. In tanti abbiamo i braccialetti bianchi che sono, come dire, simbolo dell'onestà di tutti noi, di tutti noi, tutti, tutti. Quindi insomma direi che questo è un dibattito francamente sterile. Se serve a fare un po’ di demagogia o, non so, di consenso facile...

      PRESIDENTE. Concluda, onorevole Morani.

      ALESSIA MORANI. ... se serve a questo, evitiamo insomma di farlo.

      GIULIA SARTI. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Io direi di andare oltre. Ne ha facoltà.

      GIULIA SARTI. Signor Presidente, mi dispiace parlare davanti ad un'Aula praticamente vuota perché l'argomento che sto per trattare dovrebbe destare la massima attenzione. Anzitutto vorrei ricordare che il principio di non colpevolezza vige per quanto riguarda il procedimento penale, ma quando ci si candida all'interno delle istituzioni la fedina penale dovrebbe essere pulita.

      PRESIDENTE. Il suo intervento era su questo ?

      GIULIA SARTI. No, no.

Pag. 64

      PRESIDENTE. Allora andiamo al punto dell'intervento, per favore.

      GIULIA SARTI. Vado avanti e dico...

      PRESIDENTE. Deputata Sarti, per favore.

      GIULIA SARTI. Esatto, non è su questo il mio intervento, era solo una precisazione. Vorrei ricordare che ieri si è svolta a Palermo davanti al palazzo di giustizia una manifestazione a sostegno del pubblico ministero Nino Di Matteo e dei magistrati nisseni destinatari delle minacce contenute nelle lettere anonime del 23 marzo, lettere in cui si evince che amici romani di Matteo Messina Denaro hanno deciso di eliminare il pubblico ministero Nino di Matteo in questo momento di confusione istituzionale per fermare questa deriva di ingovernabilità. «Cosa Nostra ha dato il suo assenso ma io non sono d'accordo». A scrivere è, come riporta l'articolo di una testata giornalistica del 2 aprile, uno dei membri del commando di morte, in grado di fornire una serie di notizie riservate e dettagliate sugli spostamenti quotidiani e sui punti deboli della protezione del pubblico ministero che indaga sulla trattativa Stato-mafia. Sono quelle informazioni precise e circostanziate, insieme ad altre indicazioni sui depositi di armi ed esplosivo nascosti in alcune borgate palermitane, che hanno indotto la prefettura a riunire d'urgenza il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica per rafforzare la scorta e la vigilanza al magistrato più esposto e isolato d'Italia.
      La solidarietà di fronte alle minacce non basta. È indispensabile promuovere un impegno costante da parte delle istituzioni per portare l'opinione pubblica a conoscenza dei retroscena agghiaccianti da cui si sono originati i processi oggi pendenti, in primis il processo sulla trattativa Stato-mafia in cui siedono sul banco degli imputati sia boss mafiosi ma anche esponenti del ROS – Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno – oltre che imputati eccellenti come Marcello Dell'Utri e Nicola Mancino. Altrettanto importante il filone del processo Borsellino-quater a Caltanissetta. La pericolosità dei fatti accaduti è infatti aggravata dalla presenza, come emerge dai riscontri processuali, di pezzi deviati dello Stato. È evidente dunque la fondamentale importanza di un intervento attivo da parte del Parlamento sotto un duplice profilo, non solo per consentire alla magistratura di poter svolgere nelle giuste condizioni il proprio delicato servizio, ma anche collaborando attivamente attraverso l'istituzione di un apposito comitato ristretto, all'interno della Commissione antimafia, che si occupi specificamente delle stragi del 1992-1993 e della trattativa Stato-mafia.
      La nostra proposta nasce spontanea dalla responsabilità che comporta il ruolo che oggi ricopriamo di fronte ad un vero e proprio massacro e ad un'inaccettabile mancanza di collaborazione da parte delle istituzioni fino ad ora.
      È assolutamente necessario farsi carico dell'importanza del nostro ruolo all'interno di questi fenomeni ed è per questo che, nel pieno rispetto della separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, dobbiamo fare la nostra parte, proprio perché, come diceva Giovanni Falcone, «Si muore quando si è soli» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Per questo chiediamo a gran voce sia l'istituzione delle Commissioni permanenti sia l'avvio della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali anche straniere.
      La forza per cominciare a cambiare le cose nasce dal grido che proviene dalle parole profonde di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo. «Uno dopo l'altro sono stati lasciati soli Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino; e uno dopo l'altro li hanno massacrati, massacrati insieme alle mogli, se le avevano accanto, agli uomini e alle donne della loro scorta, massacrati e poi pianti con ipocrite lacrime e onorati soltanto Pag. 65perché erano morti, non costituivano più un pericolo per chi, lasciandoli soli, ne aveva decretato la morte».
      La mafia non manda lettere anonime, la mafia non invia avvertimenti di morte, la mafia esegue le condanne a morte imbottendo un'autostrada di tritolo e azionando un telecomando, riempiendo una Fiat 126 di semtex, l'esplosivo in uso ai militari e ai servizi segreti, che qualcuno gli ha fornito e ha controllato che fosse piazzato a dovere. La mafia non avverte, la mafia uccide. Ma c’è chi indica chi deve essere ucciso, chi può essere ucciso: si tratti di un magistrato che ha osato portare davanti alla sbarra degli imputati pezzi deviati dello Stato, delle istituzioni; si tratti del figlio di un mafioso che ha osato infrangere una scellerata congiura del silenzio pronunciando un nome, «trattativa», fino ad allora impronunciabile.
      Tutto è troppo simile a quanto è avvenuto prima delle stragi del 1992 e lo dice, come monito, la stessa missiva che non è scritta da mano mafiosa ma da chi della mafia si è sempre servito. Noi questa volta non permetteremo che questi giudici diventino eroi...

      PRESIDENTE. Deve concludere.

      GIULIA SARTI. Noi è di magistrati vivi che abbiamo bisogno.
      Vorrei ricordare, e concludo, che quest'oggi noi deputati del MoVimento 5 Stelle, dopo la fine dei lavori, rimarremo in Aula, nel pieno rispetto delle regole, per chiedere a gran voce che le Commissioni permanenti possano istituirsi, lo faremo nel modo che riteniamo più opportuno...

      PRESIDENTE. Le devo togliere la parola. Deve concludere.

      GIULIA SARTI. Leggeremo la Costituzione e i Regolamenti parlamentari. (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare per richiamo al Regolamento.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ETTORE ROSATO. Signor Presidente io faccio un richiamo al Regolamento molto collaborativo, perché io penso che il discutere in quest'Aula sia un fatto positivo, però noi non possiamo considerare che alla fine delle sedute ognuno racconta quello che vuole, anche cose che noi condividiamo.
      Sono emersi oggi argomenti che noi condividiamo, che è giusto che chi li propone presenti un documento di indirizzo, si venga in quest'Aula e, in base al nostro Regolamento, si discuta, si approvi un atto che indirizzi il Governo a fare alcune cose.
      Noi sul casellario giudiziario abbiamo una nostra proposta di legge e siamo disponibili a discuterla e la discuteremo nel momento opportuno; se c’è un documento di indirizzo che riguarda altre questioni che sono state anche sollevate, lo facciamo. Ma, Signor Presidente, io penso che consentire che in quest'Aula ognuno, per ore dopo la fine della seduta, dica quello che vuole ha un effetto negativo. Rispetto anche la buona volontà che alcuni parlamentari che sono qui manifestano; il fatto è che questo momento è utile per sollecitare il Governo su questioni importanti, per sollecitare interrogazioni, per richiamare fatti che riguardano le emergenze che si sono verificate nella giornata, altrimenti ne facciamo un momento che non servirà più a nulla e io quindi mi permetto di sollecitare da parte della Presidenza un utilizzo attento del Regolamento che consente la discussione a fine seduta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Sì, d'accordo, di questo ne parlerò nella Conferenza dei presidenti di gruppo.

      ETTORE ROSATO. C’è il Regolamento !

      PRESIDENTE. Certo, c’è il Regolamento, giusto. Allora, adesso ci sono tre interventi e poi chiudiamo: Basilio, Vacca e Baroni. Quindi, do la parola alla deputata Basilio.

Pag. 66

      TATIANA BASILIO. Egregio Presidente, colleghi deputati – quelli rimasti, li ringrazio –, vogliamo portare alla vostra attenzione il caso Caffaro della città di Brescia, caso che ha riacceso i riflettori con la trasmissione Presa diretta del 31 marzo 2013. Riteniamo che il caso in questione sia di rilevanza e di gravità assolute, tanto da costituire uno dei 57 siti di interesse nazionale individuati dal Ministero dell'ambiente già nel febbraio del 2003. Da anni il MoVimento 5 Stelle si occupa di questo sito affiancando i comitati cittadini, ma solo la nostra presenza in Parlamento finalmente ci permette di esporvi il caso in maniera diretta. Alcuni dati significativi: il territorio inquinato è di 7 chilometri quadrati, coinvolgendo una popolazione di circa 30 mila cittadini, con livelli di contaminazione del sangue da diossine decine di volte superiori a quelli degli abitanti di Taranto, più elevati di quelli dei cittadini di Seveso; insomma, senza riscontri al mondo secondo la letteratura scientifica. Per mezzo secolo dall'azienda Caffaro è stato sversato nel silenzio e nell'ignoranza – vogliamo credere e sperare – della gestione un prodotto chimico universalmente considerato altamente cancerogeno e dannoso per la vita, i policlorobifenili o PCB. 150 tonnellate di PCB sono state riversate nelle rogge limitrofe al sito industriale contaminando le falde e i terreni agricoli che venivano irrigati con quelle acque. Di conseguenza, i PCB, insieme alle diossine, sono entrati nella catena alimentare arrivando fino ai vertici, ovvero nel sangue e nei tessuti degli esseri umani. Attraverso il latte materno, le madri hanno trasmesso ai loro figli queste sostanze che, per il livello di tossicità, vengono paragonate alla diossina di Seveso, come ha recentemente sancito lo IARC, l'Istituto per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale della sanità.
      Riteniamo che il problema sia stato sottovalutato da tutte le istituzioni ad ogni livello per troppo tempo, così come riteniamo che vi sia una lapalissiana correlazione tra l'attività produttiva della Caffaro e l'alta incidenza di malattie tumorali riscontrata nella popolazione attorno al SIN in questione. Si è voluto colpevolmente far credere che la bonifica potesse essere rinviata alle calende greche, surrogata da un'ordinanza del sindaco di emergenza, reiterata di sei mesi in sei mesi da undici anni, di interdizione a qualsiasi uso di suoli da parte dei cittadini. Ordinanza che tutti sanno non poteva e non può essere rispettata, esponendo ancora oggi i cittadini alla contaminazione.
      Premesso ciò, siamo a chiedere che il Ministro Clini venga a relazionare in Aula in merito alla bonifica del SIN Caffaro, che quantifichi le risorse stanziate per gli interventi, quelle finora spese e le tempistiche previste per questa bonifica. Infine, data la rilevanza del caso Caffaro e considerato che la proposta fatta dai nostri colleghi del MoVimento 5 Stelle in regione Lombardia in merito alla creazione di una commissione speciale per avviare la bonifica dei siti interessati da inquinamento industriale non è stata supportata da alcun partito politico, siamo qui a chiedere a voi tutti, Presidente e colleghi deputati, di valutare l'istituzione di una Commissione parlamentare, o ancor meglio un vostro palese intervento affinché tale commissione possa essere creata nel più breve tempo possibile presso la nostra regione Lombardia. Grazie per l'attenzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Prego deputato Vacca, ha facoltà di parlare.

      GIANLUCA VACCA. Signor Presidente, mi riallaccio all'intervento della collega Sarti per portare all'attenzione della Camera – il mio intervento sarà brevissimo, rassicuro i colleghi – le terrificanti parole contenute nella lettera anonima del 2 aprile al PM Di Matteo, parole mafiose indirizzate a Governi di comici e... la parola che tutti quanti abbiamo letto e conosciamo. Se gli organi di stampa in buona parte hanno taciuto o sussurrato questa notizia, noi crediamo che simili messaggi non debbano essere in alcun modo sottovalutati, soprattutto alla luce delle preoccupazioni manifestate dagli organi Pag. 67di polizia. I cambiamenti che la nostra politica sta vivendo non devono essere messi in discussione da intimidazioni di alcun tipo, soprattutto se provenienti da quelle realtà criminali e mafiose che vogliono una politica accondiscendente e collusa come, purtroppo, troppo spesso è stata in passato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Ha chiesto ora di parlare il deputato Baroni. Ne ha facoltà.

      MASSIMO ENRICO BARONI. Gentile Presidente, gentili colleghi deputati, io avrei ancora qualche domanda, perché sono qui e ancora non capisco per quale ragione non si è data sufficiente importanza al fatto che noi ci stiamo soffermando – ed è stato praticamente annunciato, si capiva che era nell'aria –, che noi abbiamo voglia di lavorare nelle sedi opportune. Queste sedi opportune si chiamano Commissioni permanenti. Vorrei sapere per quale ragione noi non possiamo lavorare insieme a voi all'interno di contesti competenti, per quale ragione il PD non ha ancora consegnato le liste delle persone che permettano l'avviamento delle Commissioni permanenti.
      Per quanto riguarda il fatto che noi continuiamo ad attenzionare la questione etica, vogliamo far rilevare che gli organi di stampa parlano da settimane di un buco di 20 miliardi di una banca in cui una parte politica del Paese ha evidentemente dato sostegno e collusione. Io su questo vorrei far riflettere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Sul primo punto se ne parlerà dopodomani presso la Giunta per il Regolamento, anche in quella sede.
      Adesso ha chiesto la parola il deputato Bratti. Ne ha facoltà.

      ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, vorrei solo intervenire rispetto ad alcune considerazioni, considerazioni importanti e gravi, e in parte condivisibili, che ha fatto la collega del MoVimento 5 Stelle riferendosi alla questione bresciana della Caffaro. Volevo però ricordare questo, facendo due precisazioni brevi, ma penso assolutamente utili. Infatti, questo Parlamento, anche nella scorsa legislatura, nonostante le critiche che più volte sono state fatte, ha istituito una Commissione bicamerale d'inchiesta proprio sul ciclo dei rifiuti, che si è occupata abbondantemente del tema delle bonifiche e ha consegnato, proprio qualche settimana fa, alla fine della scorsa legislatura, una relazione che è agli atti, scaricabile, si trova anche nella nostra biblioteca. Credo che tale relazione sia un punto di partenza, da un lato, e anche un punto d'arrivo, dall'altro, perché si mettono in evidenza quelle che sono le problematiche legate al tema dei siti contaminati in questo Paese. Sono problematiche di carattere ambientale, ma sono anche problematiche legate, spesso, al malaffare, spesso alla malavita organizzata, spesso alle collusioni tra malapolitica e un'imprenditoria assolutamente spregiudicata.
      È stato fatto un lavoro molto importante, che credo sia un'ottima base – vi ripeto – anche di partenza per questa legislatura, sottolineando anche un altro fatto. Noi, come PD, abbiamo già presentato una proposta di legge per istituire ancora una Commissione bicamerale su queste questioni, in maniera anche più dettagliata rispetto al passato, dando anche la possibilità a queste bicamerali di proporre progetti di legge operativi a tutto tondo per la Camera e, ovviamente, anche per il Senato. Quindi, se i colleghi del MoVimento 5 Stelle sono interessati a queste questioni possono sottoscrivere la nostra proposta di legge e, poi, se la legislatura, come speriamo, partirà, potremo benissimo, in pochissimo tempo, istituire questa bicamerale e riprendere quell'attività così importante che riguarda un pezzo dell'economia del nostro Paese e riguarda la salute di tutti i cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

Pag. 68

Ordine del giorno della prossima seduta.

      PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

      Martedì 16 aprile 2013, alle 12:
      1.  –  Votazione per l'elezione di un Segretario di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, commi 5 e 6, del Regolamento.

      (ore 15).
      2.  –  Informativa urgente del Governo sulla vicenda del rapimento di quattro giornalisti italiani in Siria.

      La seduta termina alle 20,15.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE  ELENCO  N.  1  DI  1  (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2)
Votazione O  G  G  E  T  T  O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Risoluzione n. 6-00002 565 462 103 232 18 444 3 Resp.
2 Nom. Risoluzione n. 6-00003 563 458 105 230 442 16 3 Appr.

F  =  Voto favorevole (in votazione palese). - C  =  Voto contrario (in votazione palese). - V  =  Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A  =  Astensione. - M =  Deputato in missione. - T  =  Presidente di turno. - P  =  Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X  =  Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.