XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 7 agosto 2013

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 7 agosto 2013.

      Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baretta, Berretta, Biancofiore, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gebhard, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lorenzin, Losacco, Lupi, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Moretto, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Sani, Santelli, Sereni, Speranza, Tinagli, Turco, Vezzali, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

      Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baretta, Berretta, Biancofiore, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Gebhard, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lorenzin, Losacco, Lupi, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Moretto, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Sani, Santelli, Sereni, Speranza, Tinagli, Turco, Vezzali, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 6 agosto 2013 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
          GNECCHI ed altri: «Modifiche alla legge 3 dicembre 1999, n.  493, in materia di assicurazione contro gli infortuni domestici» (1486);
          VALERIA VALENTE: «Modifiche agli articoli 6 e 47 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, per garantire adeguata rappresentanza dei sessi nei consigli e nelle giunte comunali e circoscrizionali» (1487);
          BIONDELLI: «Interventi per favorire l'insediamento dei giovani in agricoltura» (1488);
          DI SALVO ed altri: «Modifiche al codice civile e al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.  58, in materia di requisiti e remunerazione degli amministratori delle società, nonché all'articolo 23-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, in materia di compensi degli amministratori e dei dipendenti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni» (1489);
          VALIANTE ed altri: «Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n.  394, in materia di aree protette» (1490);
          BONIFAZI ed altri: «Disposizioni per la tutela e la conservazione del patrimonio storico della Resistenza» (1491);
          FOSSATI ed altri: «Disciplina delle associazioni sportive dilettantistiche di utilità sociale operanti senza fini di lucro» (1492);
          PAGANO e CENTEMERO: «Conferimento della qualifica dirigenziale non generale ai docenti che hanno prestato servizio presso l'amministrazione scolastica centrale e periferica per i compiti connessi con l'attuazione dell'autonomia scolastica, ai sensi dell'articolo 26, comma 8, della legge 23 dicembre 1998, n.  448» (1493);
          MATTEO BRAGANTINI ed altri: «Determinazione della residenza quale criterio prioritario per l'accesso alle prestazioni dei servizi sociali e socio-sanitari» (1494);
          MARRONI ed altri: «Modifiche al codice civile e al codice di procedura civile in materia di affidamento dei figli e di mediazione familiare nei procedimenti di separazione dei coniugi» (1495).
      Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di una proposta di inchiesta parlamentare.

      In data 6 agosto 2013 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa dei deputati:
          GALLINELLA ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria nel settore agroalimentare» (Doc. XXII, n.  14).

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

      La proposta di legge BIONDELLI ed altri: «Norme per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle persone affette da autismo e per l'assistenza alle loro famiglie» (143) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Amato.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

      A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
      I Commissione (Affari costituzionali):
          GOZI ed altri: «Istituzione del Garante nazionale per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e delle persone private della libertà personale, nonché modifiche agli articoli 35 e 69 della legge 26 luglio 1975, n.  354, in materia di tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti» (973) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), III, IV, V, VII, XI e XII.

      II Commissione (Giustizia):
          GOZI ed altri: «Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura, e altre norme in materia di tortura» (979) Parere delle Commissioni I, III, V e XII;
          GOZI ed altri: «Modifiche agli articoli 274, 275, 284 e 308 del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari personali» (980) Parere della I Commissione.

      VII Commissione (Cultura):
          BATTELLI ed altri: «Disposizioni per il sostegno della produzione musicale e delega al Governo per l'introduzione di agevolazioni fiscali e contributive in favore dello spettacolo dal vivo» (1102) Parere delle Commissioni I, III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), IX, X, XI e XIV.

      XI Commissione (Lavoro):
          DAMIANO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro» (1428) Parere delle Commissioni I, II, V, X e XII.

      XII Commissione (Affari sociali):
          SILVIA GIORDANO ed altri: «Norme per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani e della cura delle malattie rare» (1148) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, X e XIV.

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 890 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 28 GIUGNO 2013, N. 76, RECANTE PRIMI INTERVENTI URGENTI PER LA PROMOZIONE DELL'OCCUPAZIONE, IN PARTICOLARE GIOVANILE, DELLA COESIONE SOCIALE, NONCHÉ IN MATERIA DI IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO (IVA) E ALTRE MISURE FINANZIARIE URGENTI (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1458)

A.C. 1458 – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n.  2 e sull'emendamento 11.11 Barbanti versione corretta.

A.C. 1458 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

PARERE CONTRARIO

sull'emendamento 11.11.

A.C. 1458 – Proposte emendative

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE AGLI ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE

ART. 1.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: per le regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con le seguenti: per la regione Lombardia.
1. 33. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: per le regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con le seguenti: per la regione Veneto.
1. 34. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: per le regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con le seguenti: per la regione Piemonte.
1. 35. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con le seguenti: Lombardia e Piemonte.
1. 38. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con le seguenti: Piemonte e Veneto.
1. 39. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con le seguenti: Lombardia e Veneto.
1. 37. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con le seguenti: Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige.
1. 41. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con le seguenti: Lombardia, Veneto e Piemonte.
1. 36. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con le seguenti: del Settentrione.
1. 31. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con la seguente: settentrionali.
1. 40. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con le seguenti: del Nord.
1. 30. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con le seguenti: Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Liguria.
1. 32. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera a), sostituire le parole: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia con le seguenti: il cui rapporto gettito Irpef-trasferimenti statali è superiore alla media nazionale.
1. 28. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
          a-bis) nella misura di 500 milioni di euro per l'anno 2014 e 400 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016, per le regioni Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Liguria, a valere sulla corrispondente riduzione della dotazione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 139, della legge 24 dicembre 2012, n.  228;
1. 43. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera b), dopo le parole: per le restanti regioni aggiungere le seguenti: e per le province autonome di Trento e di Bolzano.
1. 44. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera b), sostituire le parole: ripartiti tra le Regioni con le seguenti: ripartiti secondo il principio della premialità tra le Regioni più virtuose.
1. 46. Prataviera, Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera b), dopo le parole: ripartiti aggiungere le seguenti: secondo il principio della premialità e virtuosità.
1. 45. Prataviera, Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera b), aggiungere, in fine, il seguente periodo: Per le finalità di cui alla presente lettera è autorizzata anche la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2013. Al relativo onere si provvede ai sensi del comma 12-bis.

      Conseguentemente:
          dopo il comma 12, aggiungere il seguente:

      12-bis. Agli oneri derivanti dal comma 12, lettera b), secondo periodo, pari a 10 milioni di euro per l'anno 2013, si provvede nell'ambito delle risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione assegnate alla Regione siciliana di cui alla delibera CIPE n.  1 del 6 marzo 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  137 del 16 giugno 2009, anche mediante una rimodulazione degli interventi e delle relative risorse.
          all'articolo 11, sopprimere il comma 11-ter.
1. 200. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera b), aggiungere, in fine, il seguente periodo: Per le finalità di cui alla presente lettera è autorizzata anche la spesa di 6 milioni di euro per l'anno 2014. Al relativo onere si provvede ai sensi del comma 12-bis.

      Conseguentemente:
          dopo il comma 12, aggiungere il seguente:

      12-bis. Agli oneri derivanti dal comma 12, lettera b), secondo periodo, pari a 6 milioni di euro per l'anno 2014, si provvede, anche al fine di garantire la compensazione in termini di indebitamento netto e fabbisogno, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n.  148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n.  236, confluita nel Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n.  2, per 10 milioni di euro per l'anno 2014.
          all'articolo 5, sopprimere il comma 4-bis.
1. 201. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera b), aggiungere, in fine, il seguente periodo: Per le finalità di cui alla presente lettera è autorizzata anche la spesa di 5,5 milioni di euro a decorrere dal 2014. Al relativo onere si provvede ai sensi del comma 12-bis.

      Conseguentemente:
          dopo il comma 12, aggiungere il seguente:
      
12-bis. Agli oneri derivanti dal comma 12 lettera b), secondo periodo, pari a 5,5, milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014, si provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 28, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n.  183, che sono conseguentemente iscritte nello stato di previsione dell'entrata ed in quello del Ministero della giustizia. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
          all'articolo 10, sopprimere il comma 7-bis.
1. 202. Fedriga, Busin.

      Al comma 12, lettera b), aggiungere, in fine, il seguente periodo: La regione interessata all'attivazione dell'incentivo finanziato dalle risorse di cui alla presente lettera è tenuta a farne espressa dichiarazione entro il 30 dicembre 2013 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
1. 47. Fedriga, Busin.

      Al comma 13, aggiungere, in fine, il seguente periodo: La ripartizione tra le Regioni avviene proporzionalmente, tenendo conto, per ogni Regione, dell'incremento percentuale del tasso di disoccupazione negli ultimi cinque anni rispetto alla percentuale di disoccupazione rilevata dall'Istat nell'anno 2007.
1. 48. Fedriga, Busin.

      Al comma 22-bis, primo periodo sopprimere le parole: ai sensi.
1. 50. Fedriga, Busin.

      Al comma 22-bis, secondo periodo, sostituire le parole: ai sensi di cui al con le seguenti: ai sensi del.
1. 49. Fedriga, Busin.

      Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
      Art. 1-bis. – 1. Al fine di incentivare la conversione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa in contratto di lavoro a tempo indeterminato, in via sperimentale, per un periodo di tre anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, è consentita l'apposizione di clausole nel contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato che attribuiscono al datore di lavoro la facoltà di:
          a) diminuire l'orario di lavoro normale settimanale;
          b) aumentare l'orario di lavoro normale settimanale, ferma restando la durata massima stabilita dall'articolo 4 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n.  66, e successive modificazioni;
          c) modificare le mansioni stabilite dal contratto anche in deroga all'articolo 2103 del codice civile.

      2. Le clausole di cui al comma 1 devono risultare da atto scritto. Copia del contratto contenente le clausole è consegnata al lavoratore non oltre il primo giorno di inizio della prestazione lavorativa, a pena di nullità della stessa clausola.
      3. Il datore di lavoro può esercitare la facoltà prevista dal comma 1 solo in presenza di comprovate e specifiche esigenze di carattere tecnico, organizzativo o produttivo.
      4. Il datore di lavoro, a pena di inefficacia della clausola di cui al presente articolo e fermo restando che alla scadenza di quest'ultima il lavoratore riacquista per intero i diritti maturati fino al momento dell'esercizio della facoltà di cui al medesimo articolo, comunica per scritto al lavoratore:
          a) le esigenze tecniche, organizzative o produttive che giustificano l'apposizione delle clausole con un preavviso di almeno cinque giorni;
          b) il periodo temporale di durata delle clausole, nel limite massimo della durata di tre anni.

      5. La facoltà di modifica peggiorativa delle mansioni del lavoratore può essere esercitata solo qualora la clausola sia sottoscritta dal lavoratore, insieme al datore di lavoro, presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio in base alla residenza del lavoratore con l'assistenza o con la rappresentanza di un delegato sindacale o di un avvocato di fiducia al quale lo stesso lavoratore conferisce mandato e non incide sulla progressione in carriera.
      6. Per l'attività lavorativa prestata in attuazione della clausola di cui al presente articolo la retribuzione è riproporzionata sulla base delle modifiche contrattuali ed è prevista la riduzione di tre punti percentuali degli oneri contributivi dovuti dal datore di lavoro, senza effetti negativi sulla determinazione dell'importo pensionistico del lavoratore.
      7. La retribuzione di cui al comma 6 del presente articolo non può comunque essere inferiore ai minimi contrattuali stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro del settore interessato.
      8. Qualora la deroga all'articolo 2103 del codice civile, prevista ai sensi del comma 1, lettera c), abbia una durata superiore a sei mesi o pari all'intero periodo transitorio di tre anni, di cui al medesimo comma 1, al lavoratore spetta un'indennità economica di flessibilità il cui ammontare non può essere inferiore al 15 per cento della retribuzione minima stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro per il nuovo livello di inquadramento. Tale indennità è riconosciuta per dodici mensilità e non ha alcun effetto sugli istituti retributivi indiretti quali il trattamento di fine rapporto, le mensilità aggiuntive, le ferie, la riduzione dell'orario di lavoro per malattia e il preavviso.
      9. In deroga a quanto stabilito dall'articolo 29 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n.  1124, e successive modificazioni, l'indennità di cui al comma 8 del presente articolo è esente dall'imposizione contributiva previdenziale. Tale indennità è soggetta, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, all'aliquota del 10 per cento per i lavoratori con un reddito da lavoro dipendente inferiore o pari a 35.000 euro annui e all'aliquota del 20 per cento in caso di redditi superiori a tale limite.
      10. Allo scopo di conservare le competenze e le conoscenze professionali acquisite, il lavoratore è tenuto a svolgere un programma di formazione continua di almeno venti ore annue, la cui organizzazione e i cui costi sono posti a carico del datore di lavoro. Il programma ha per oggetto le materie relative all'area professionale del lavoratore. L'estraneità delle materie all'area professionale o la mancata effettuazione del programma di formazione per cause imputabili al datore di lavoro determina la nullità delle clausole di flessibilità sottoscritte. I costi del programma di formazione sono deducibili dall'imponibile dell'azienda ai fini dell'applicazione dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). A tale scopo rientrano tra i costi deducibili per ogni programma annuale di formazione:
          a) i costi sostenuti per docenze esterne, entro il limite di 1.000 euro;
          b) i costi per l'affitto di aule o di attrezzature di docenza, entro il limite di 500 euro;
          c) il costo orario del lavoratore che partecipa al programma di formazione.

      11. Le agevolazioni di cui al comma 10 sono sempre cumulabili con quelle già previste, anche per gli stessi lavoratori, ai fini della determinazione dell'imponibile soggetto all'IRAP.
      12. Agli oneri derivanti dall'attuazione dei commi da 8 a 12, valutati in 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, si provvede mediante rideterminazione, in misura tale da conseguire un maggior gettito pari all'onere, con decreto del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, dell'aliquota di accisa dei tabacchi lavorati.
1. 01. Fedriga, Busin.

ART. 2.

      Al comma 2, alinea, secondo periodo, sopprimere le parole da: Nell'ambito delle linee guida di cui al precedente periodo fino alla fine del comma.

      Conseguentemente, sopprimere il comma 3.
2. 3. Placido, Di Salvo, Airaudo, Paglia, Ragosta, Lavagno.

      Al comma 2, alinea, secondo periodo, sostituire la parola: possono con la seguente: devono.
2. 4. Rostellato, Baldassarre, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

      Al comma 2, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
          a-bis) gli artigiani regolarmente iscritti presso l'Albo delle Imprese Artigiane sono esentati dall'obbligo del piano formativo individuale di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a).
2. 5. Ciprini, Rostellato, Baldassarre, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

      Al comma 3, sopprimere il secondo periodo.
2. 6. Rostellato, Baldassarre, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

      Al comma 5-bis, primo periodo, sostituire la parola: ventinove con la seguente: trentacinque.
2. 7. Fedriga, Busin.

      Al comma 5-bis, primo periodo, sostituire la parola: ventinove con la seguente: trentadue.
2. 8. Fedriga, Busin.

      Al comma 10, dopo le parole: corsi di laurea aggiungere le seguenti:, di laurea magistrale o corsi di laurea magistrale a ciclo unico, nonché master o corsi di dottorato.
2. 9. Fedriga, Busin.

      Al comma 11, sostituire le parole: sentita la CRUI con le seguenti: sentiti la CRUI e il CNSU.
2. 10. Vacca, D'Uva, Brescia, Gallo, Marzana, Di Benedetto, Simone Valente, Battelli, Chimienti, Rostellato, Baldassarre, Rizzetto, Ciprini, Bechis, Cominardi, Tripiedi.

      Al comma 11, sopprimere le parole: su base premiale.

      Conseguentemente, al medesimo comma, aggiungere, in fine, le parole: in maniera proporzionale, in base al numero complessivo dei crediti formativi universitari per attività di tirocinio curriculare previsti nei piani di studi delle Università.
2. 11. Chimienti, Vacca, D'Uva, Gallo, Brescia, Marzana, Di Benedetto, Simone Valente, Battelli, Rostellato, Baldassarre, Rizzetto, Ciprini, Bechis, Cominardi, Tripiedi.

      Al comma 12, alinea, sopprimere le parole: di premialità.
2. 12. Marzana, D'Uva, Vacca, Brescia, Gallo, Di Benedetto, Simone Valente, Battelli, Chimienti, Rostellato, Baldassarre, Rizzetto, Ciprini, Bechis, Cominardi, Tripiedi.

      Al comma 13, primo periodo, sopprimere le parole:, dando priorità agli studenti che hanno concluso gli esami del corso di laurea.
2. 14. Marzana, D'Uva, Vacca, Brescia, Gallo, Di Benedetto, Simone Valente, Battelli, Chimienti, Rostellato, Baldassarre, Rizzetto, Ciprini, Bechis, Cominardi, Tripiedi.

      Al comma 13, terzo periodo, sostituire le parole: benefìci o facilitazioni non monetari con le seguenti: vitto e alloggio gratuiti.
2. 13. Fedriga, Busin.

      Al comma 14, primo periodo, dopo le parole: istituti professionali, aggiungere le seguenti: nonché dei licei artistici, musicali e linguistici,
2. 15. Busin.

      Dopo il comma 14, aggiungere il seguente:
      14-bis. L'articolo 11 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148, è abrogato.
2. 16. Vacca, D'Uva, Brescia, Gallo, Marzana, Di Benedetto, Simone Valente, Battelli, Chimienti, Rostellato, Baldassarre, Rizzetto, Ciprini, Bechis, Cominardi, Tripiedi.

ART. 3.

      Sopprimerlo.

      Conseguentemente:
          dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

      Art. 3-bis. – 1. Le risorse di cui al soppresso articolo 3 sono destinate alle finalità di cui all'articolo 1, comma 12, lettera b).

      All'articolo 4:
          comma 1, sopprimere le parole:
all'articolo 3, commi 1 e 2;
          comma 4, sopprimere le parole: all'articolo 3, commi 1 e 2.
3. 1. Fedriga, Busin.

      Sopprimerlo.

      Conseguentemente, all'articolo 4:
          comma 1, sopprimere le parole:
all'articolo 3, commi 1 e 2;
          comma 4, sopprimere le parole: all'articolo 3, commi 1 e 2.
3. 2. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera b), sopprimere le parole: per l'infrastrutturazione sociale e la valorizzazione di beni pubblici nel Mezzogiorno.
3. 8. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera b), sopprimere le parole: nel Mezzogiorno.
3. 9. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: nel Mezzogiorno con le seguenti: nel Settentrione.
3. 7. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: nel Mezzogiorno con le seguenti: nelle regioni Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Liguria.
3. 4. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: nel Mezzogiorno con le seguenti: nelle regioni Lombardia, Veneto, Piemonte e nelle province autonome di Trento e Bolzano.
3. 5. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: nel Mezzogiorno con le seguenti: nelle regioni Lombardia, Veneto e Piemonte.
3. 6. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera c), sopprimere le parole: non studiano.
3. 10. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera c), sostituire la parola: 29 con la seguente: 35.
3. 12. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera c), sostituire la parola: 29 con la seguente: 32.
3. 11. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: e/o domiciliati nelle Regioni del Mezzogiorno con le seguenti: nel territorio nazionale da almeno cinque anni.
3. 13. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: del Mezzogiorno con le seguenti: del Settentrione.
3. 14. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: del Mezzogiorno con le seguenti: Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Liguria.
3. 16. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: del Mezzogiorno con le seguenti: Lombardia, Veneto e Piemonte e/o nelle province autonome di Trento e Bolzano.
3. 17. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: del Mezzogiorno con le seguenti: Lombardia, Veneto e Piemonte.
3. 15. Fedriga, Busin.

      Sopprimere il comma 1-bis.
3. 19. Airaudo, Placido, Di Salvo, Lavagno, Paglia, Ragosta, Di Gioia.

      Sopprimere i commi 2, 3, 4 e 5.
*3. 20. Baldassarre, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis, Rostellato.

      Sopprimere i commi 2, 3, 4 e 5.
*3. 21. Fedriga, Busin.

      Al comma 2, primo periodo, sopprimere le parole: tenuto conto della particolare incidenza della povertà assoluta nel Mezzogiorno;
          al medesimo comma, medesimo periodo, sopprimere le parole: delle regioni del Mezzogiorno.
3. 26. Fedriga, Busin.

      Al comma 2, primo periodo, sopprimere le parole: tenuto conto della particolare incidenza della povertà assoluta nel Mezzogiorno;
          al medesimo comma, medesimo periodo, sostituire le parole: delle regioni del Mezzogiorno con le seguenti: delle regioni del Nord.
3. 25. Fedriga, Busin

      Al comma 2, primo periodo, sopprimere le parole: tenuto conto della particolare incidenza della povertà assoluta nel Mezzogiorno.
3. 22. Fedriga, Busin.

      Dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:
      2-bis – È istituito il Fondo per la carta di inclusione per le regioni non comprese nel comma 2 nei limiti di 50 milioni di euro l'anno per il 2013, di 140 milioni di euro per l'anno 2014 e di 27 milioni di euro per l'anno 2015.
      2-ter – Agli oneri derivanti dal comma 2-bis, si provvede con apposita imposta speciale a partire dal primo gennaio 2013, a carico dei gestori di esercizi pubblici di apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6 del Regio decreto 18 giugno 1931, n.  773 e successive modificazioni, di euro 1.000 per ogni apparecchio presente nei locali.
3. 100. Rondini.

      Sopprimere il comma 3.
3. 27. Fedriga, Busin.

      Al comma 3, secondo periodo, sopprimere le parole: e il Ministero per la coesione territoriale.
3. 28. Fedriga, Busin.

      Al comma 3, secondo periodo, sostituire le parole: alla stima della popolazione in condizione di maggior bisogno residente in ciascun ambito con le seguenti: alla popolazione residente.

      Conseguentemente, al comma 5 sopprimere le parole da: anche fino alla fine del comma.
3. 29. Fedriga, Busin.

      Sopprimere il comma 4.
3. 30. Fedriga, Busin.

      Al comma 5, sopprimere le parole:, anche se non rientranti nel Mezzogiorno.
3. 31. Fedriga, Busin.

ART. 4.

      Al comma 1, dopo le parole: di modifica dei programmi aggiungere le seguenti: in relazione alla rimodulazione delle risorse.
4. 1. Fedriga, Busin.

ART. 5.

      Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: è istituita aggiungere le seguenti:, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,

      Conseguentemente, sopprimere il comma 4.
5. 7. Fedriga, Busin.

      Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: con compiti propositivi fino alla fine del comma con le seguenti: che individua i criteri per l'utilizzo delle relative risorse economiche.

      Conseguentemente, sostituire i commi da 2 a 4-ter con i seguenti:
      2. La struttura opera in via sperimentale, in attesa della definizione del processo di riordino sul territorio nazionale dei servizi per l'impiego e cessa comunque al 31 dicembre 2014.
      3. La struttura di missione è coordinata e diretta dal Segretario generale del Ministero del lavoro o da un dirigente generale a tal fine designato e dai dirigenti delle direzioni generali del medesimo Ministero aventi competenze riguardo alle attività di cui al comma 1.
      4. Inoltre, al fine di realizzare le attività di cui al comma 1, la struttura di missione, in particolare:
          a) nel rispetto dei principi di leale collaborazione, interagisce con i diversi livelli di governo preposti alla realizzazione delle relative politiche occupazionali;
          b) definisce le linee-guida nazionali, da adottarsi anche a livello locale, per la programmazione degli interventi di politica attiva mirati alle finalità di cui al medesimo comma 1;
          c) promuove, indirizza e coordina gli interventi di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di Italia Lavoro S.p.A. e dell'ISFOL;
          d) individua le migliori prassi, promuovendone la diffusione e l'adozione fra i diversi soggetti operanti per realizzazione dei medesimi obiettivi;
          e) promuove la stipula di convenzioni e accordi con istituzioni pubbliche, enti e associazioni privati per implementare e rafforzare, in una logica sinergica ed integrata, le diverse azioni;
          f) valuta gli interventi e le attività espletate in termini di efficacia ed efficienza e di impatto e definisce meccanismi di premialità in funzione dei risultati conseguiti dai vari soggetti;
          g) propone ogni opportuna iniziativa, anche progettuale, per integrare i diversi sistemi informativi ai fini del miglior utilizzo dei dati in funzione degli obiettivi di cui al comma 1, definendo a tal fine linee-guida per la banca dati di cui all'articolo 8;
          h) in esito al monitoraggio degli interventi, predispone periodicamente rapporti per il Ministro del lavoro e delle politiche sociali con proposte di miglioramento dell'azione amministrativa.

      5. Per l'espletamento dei compiti di cui al comma 4, la struttura di missione si avvale di una commissione tecnica composta dal Presidente dell'ISFOL, dal Presidente di Italia Lavoro S.p.A., dal Direttore Generale dell'INPS, dai Dirigenti delle Direzioni Generali del medesimo Ministero aventi competenza nelle materie di cui al comma 1, da tre rappresentanti designati dalla Conferenza Stato-regioni, da due rappresentanti designati dall'Unione Province italiane e da un rappresentante designato dall'Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
      6. La partecipazione alla struttura di missione o alla Commissione tecnica non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti o indennità di alcun tipo, ma soltanto al rimborso di eventuali e documentate spese di missione.
      7. Gli oneri derivanti dal funzionamento della struttura di missione e della Commissione tecnica, sono posti a carico di un apposito capitolo dello stato di previsione del ministero del lavoro e delle politiche sociali con una dotazione di euro 40 mila per l'anno 2013, e euro 100 mila per l'anno 2014, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185, convertito, con modificazioni, dalla legate 28 gennaio 2009, n.  2.
5. 3. Ciprini, Rostellato, Cominardi, Baldassarre, Bechis, Rizzetto, Tripiedi.

      Al comma 2, lettera i-bis), sopprimere le parole: dei Centri per l'impiego, di Italia Lavoro S.p.A. o.
5. 6. Ciprini, Rostellato, Cominardi, Baldassarre, Bechis, Rizzetto, Tripiedi.

      Al comma 2, lettera i-bis), dopo le parole: Centri per l'impiego aggiungere le seguenti:, senza pregiudicarne la funzionalità.
5. 2. Baldassarre, Rostellato, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

      Al comma 2, lettera i-bis), aggiungere, in fine, le parole:; la struttura di missione opera in sinergia e coordinamento con i Centri per l'impiego.
5. 5. Ciprini, Rostellato, Cominardi, Baldassarre, Bechis, Rizzetto, Tripiedi.

      Al comma 3, secondo periodo, sopprimere le parole:, ma soltanto al rimborso di eventuali e documentate spese di missione.
5. 4. Fedriga, Busin.

      Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
      3-bis. Ai soggetti di cui al comma 3 che si recano in missione spetta:
          a) il rimborso integrale delle spese di trasporto su mezzi pubblici, dietro presentazione dei relativi biglietti di viaggio, per i viaggi in treno è rimborsato esclusivamente l'importo del biglietto ferroviario di seconda classe;
          b) il rimborso del vagone letto o cuccetta esclusivamente di seconda classe;
          c) il rimborso del biglietto aereo in classe economica o, per le tratte di durata superiore alle 8 ore di volo, in classe affari;
          d) per i viaggi effettuati con automezzo proprio, un rimborso in misura non superiore a quanto sarebbe spettato in caso di utilizzo del mezzo di trasporto pubblico; a tal fine, il costo dell'utilizzo del mezzo di trasporto privato è calcolato nella misura del costo di un quinto di un litro di benzina per chilometro, considerato il prezzo medio della benzina nel primo giorno del mese in cui è avvenuto lo spostamento;
          e) il rimborso per la spesa sostenuta per pedaggio autostradale, dietro presentazione del relativo scontrino, qualora non sia in dotazione o non sia utilizzata la tessera autostradale;
          f) il rimborso delle spese di taxi nell'ambito della località di missione, motivate da specifiche esigenze di servizio, dietro presentazione della relativa ricevuta;
          g) il rimborso delle spese di vitto per un importo fino a euro 30 per un pasto al giorno ed euro 60 per due pasti al giorno e di alloggio in albergo di categoria fino a 4 stelle non di lusso, dietro presentazione delle relative ricevute.
5. 1. Baldassarre, Ciprini, Rizzetto, Rostellato, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

      Sopprimere il comma 4-ter.
5. 9. Fedriga, Busin.

ART. 7.

      Sopprimere i commi 1, 2 e 3.

      Conseguentemente, al comma 5, lettera a), sopprimere il numero 2.
7. 5. Airaudo, Placido, Di Salvo, Ragosta, Paglia, Lavagno.

      Sopprimere il comma 1.
7. 6. Tripiedi, Cominardi.

      Al comma 1, sopprimere le lettere a) e b).
7. 7. Ciprini, Cominardi, Bechis, Tripiedi.

      Al comma 1, lettera a), capoverso, lettera b), dopo le parole: sul piano nazionale aggiungere le seguenti: e/o territoriale.
7. 12. Fedriga, Busin.

      Al comma 2, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
          b) all'articolo 35, comma 3-bis, è aggiunto, in fine, in seguente periodo: «La sanzione di cui al presente comma non trova applicazione qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi la volontà di non occultare la prestazione di lavoro.»
7. 10. Rostellato, Baldassarre, Rizzetto, Ciprini.

      Al comma 2, sopprimere le lettere c), c-bis), d) ed e).
7. 11. Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis, Rostellato, Baldassarre.

      Al comma 2, sopprimere la lettera c-bis).
7. 1. Ciprini, Cominardi, Bechis, Tripiedi.

      Al comma 2, sopprimere la lettera e).
7. 3. Ciprini, Rostellato, Cominardi, Baldassarre, Bechis, Rizzetto, Tripiedi.

      Al comma 2, lettera f), aggiungere, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso l'importo netto spettante al lavoratore non può essere inferiore all'importo stabilito dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di cui al comma 1».
7. 4. Tripiedi, Rostellato, Baldassarre, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Bechis.

      Al comma 5, lettera b), capoverso comma 10-bis, primo periodo, dopo le parole: comma 1 aggiungere le seguenti: e della mini-ASpI di cui al comma 20.
7. 17. Baldassarre, Rostellato, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

      Al comma 5, lettera b), capoverso comma 10-bis, primo periodo, sostituire le parole: cinquanta per cento con le seguenti: cento per cento.
7. 16. Baldassarre, Rostellato, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

      Al comma 5, lettera d), numero 1), sopprimere le parole: e con contratti di associazione in partecipazione di cui all'articolo 2549, secondo comma, del codice civile.
7. 2. Rostellato, Baldassarre, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

ART. 7-bis.

      Al comma 2, terzo periodo, dopo le parole: mediante contratti di apprendistato aggiungere le seguenti:, unicamente laddove l'attività lavorativa per la quale si viene assunti è stata svolta per un periodo inferiore a 12 mesi, presumendosi in tal caso il bisogno di un ulteriore tempo di formazione e professionalizzazione.
7-bis. 1. Di Salvo, Airaudo, Placido, Ragosta, Paglia, Lavagno, Di Gioia.

ART. 8.

      Al comma 5, aggiungere, in fine, il seguente periodo: È in ogni caso autorizzato l'accesso alla banca dati da parte di soggetti di cui all'articolo 4 e 6 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.  276.
8. 1. Rostellato, Baldassarre, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

ART. 9.

      Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: ai compensi aggiungere le seguenti: per lavoro a progetto.
9. 4. Rostellato, Baldassarre, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

      Al comma 1, sopprimere il secondo periodo.
9. 2. Di Salvo, Airaudo, Placido, Ragosta, Paglia, Lavagno.

      Al comma 1, secondo periodo, sopprimere la parola: non.  
9. 5. Ciprini, Rostellato, Baldassarre, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

      Al comma 1, sopprimere il terzo periodo.
9. 3. Di Salvo, Airaudo, Placido, Ragosta, Paglia, Lavagno, Di Gioia.

      Sopprimere il comma 2.
9. 6. Baldassarre, Rostellato, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi, Bechis.

      Sopprimere il comma 3.
9. 7. Di Salvo, Airaudo, Placido, Ragosta, Paglia, Lavagno.

      Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
      4. Al comma 2-bis dell'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148, sono aggiunte, in fine, le parole: «, subordinatamente al loro deposito presso la Direzione territoriale del lavoro competente per territorio».
9. 21. Fedriga, Busin.

      Al comma 4-ter, capoverso 3-bis, sopprimere il secondo periodo.
9. 8. Nicchi, Piazzoni, Aiello, Di Salvo, Airaudo, Placido, Ragosta, Paglia, Lavagno.

      Al comma 5, aggiungere, in fine, le parole:, fatte salve le ipotesi in cui i lavoratori percepiscano indennità patrimoniali dai vari istituti.
9. 9. Bechis, Rostellato, Baldassarre, Ciprini, Rizzetto, Cominardi, Tripiedi.

      Al comma 8, sopprimere il quarto periodo.
9. 22. Fedriga, Busin.

      Sopprimere il comma 8-bis.
9. 23. Fedriga, Busin.

      Sopprimere il comma 10.
9. 24. Fedriga, Busin.

      Sopprimere i commi 10-bis e 10-ter.
9. 25. Fedriga, Busin.

      Al comma 11, capoverso 3-ter, sostituire le parole: 50 per cento con le seguenti: 40 per cento.
9. 11. Bechis, Rostellato, Ciprini, Cominardi, Tripiedi, Rizzetto, Baldassarre.

      Al comma 13, sopprimere la lettera c).
9. 14. Baldassarre, Rostellato, Cominardi, Ciprini, Tripiedi, Rizzetto, Bechis.

      Dopo il comma 14, aggiungere i seguenti:
      14-bis. Le società a responsabilità limitata semplificata di cui all'articolo 2463-bis del codice civile sono esenti dai diritti camerali annuali.
      14-ter. A decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, le plusvalenze di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a d), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917, sono assoggettate ad una imposta sostitutiva del 27 per cento.
9. 15. Rizzetto, Rostellato, Cominardi, Ciprini, Baldassarre, Tripiedi, Bechis.

      Al comma 16, lettera c), dopo le parole: laurea magistrale aggiungere le seguenti: o laurea.
9. 1. Fedriga, Busin.

      Al comma 16-quinquies, capoverso comma 188, dopo le parole: l'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID) aggiungere le seguenti:, l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).

      Conseguentemente, al medesimo capoverso, dopo le parole: contratti di collaborazione coordinata e continuativa aggiungere la seguente: anche.
9. 27. Fratoianni, Giancarlo Giordano, Costantino, Di Salvo, Airaudo, Placido, Ragosta, Paglia, Lavagno.

      Al comma 16-quinquies, capoverso comma 188, dopo le parole: l'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID) aggiungere le seguenti:, l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
9. 28. Fratoianni, Giancarlo Giordano, Costantino, Di Salvo, Airaudo, Placido, Ragosta, Paglia, Lavagno.

ART. 11.

      Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: 1o ottobre 2013 con le parole: 31 dicembre 2013.

      Conseguentemente, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
      1-bis. Ai maggiori oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, lettera a), e compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e con le assegnazioni già disposte, l'autorizzazione di spesa iscritta nella Tabella E, allegata alla legge 12 novembre 2011, n.  183, alla rubrica Sviluppo economico, di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n.  289, relativo al Fondo per lo sviluppo e la coesione, iscritta nel cap. 8425, è ridotta di 1.100 milioni per il 2013.
11. 7. Guidesi.

      Al comma 6-bis, sostituire le parole: 1,5 milioni di euro per l'anno 2013 e di 10 milioni con le seguenti: 15 milioni di euro per l'anno 2013 e di 50 milioni.

      Conseguentemente, all'articolo 12, comma 1, sostituire la lettera g-bis) con la seguente:
          g-bis) quanto a 15 milioni di euro per l'anno 2013 e a 50 milioni di euro per l'anno 2014 mediante corrispondente riduzione, per i medesimi anni, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 139, della legge 24 dicembre 2012, n.  228.
11. 8. Marcon, Piazzoni, Melilla, Di Salvo, Airaudo, Placido, Ragosta, Paglia, Lavagno.

      Dopo il comma 8, aggiungere i seguenti:
      8-bis. Le disposizioni di cui al comma 8 si applicano anche ai comuni colpiti dalle calamità naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n.  225, per le quali sia stato deliberato lo stato di emergenza di cui all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n.  225.
      8-ter. Le disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto-legge 6 giugno 2012, n.  74, convertito con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2012, n.  122, si applicano anche ai comuni colpiti dalle calamità naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio del 1992, n.  225, per le quali sia stato deliberato lo stato di emergenza di cui all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n.  225.

      Conseguentemente all'articolo 12, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
      1-bis. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da adottare entro il 31 agosto 2013, è stabilito l'aumento del canone annuo di cui all'articolo 27, comma 9, lettere a) e b), della legge 23 dicembre 1999, n.  488, esclusivamente per le emittenti private, in misura tale da assicurare un maggior gettito annuo pari a 75 milioni di euro.
11. 200. Barbanti, Cancelleri, Pisano, Pesco, Villarosa, Ruocco.

      Sostituire il comma 9 con il seguente:
      9. Ai fini della tutela della salute dei cittadini, i soggetti affidatari della gestione del ciclo dei rifiuti, in raccordo con le regioni e i comuni interessati dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, così come identificati dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n.  74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2012, n.  122, e successive modificazioni e integrazioni, provvedono a identificare, a quantificare e a mettere in sicurezza la presenza di macerie a terra miste ad amianto e programmare e pianificare le attività di rimozione delle stesse per:
          a) le aree interessate anche dalla tromba d'aria del 3 maggio 2013 che ha colpito il territorio di alcuni comuni già interessati dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, con riferimento alle conseguenze della citata tromba d'aria;
          b) i materiali contenenti amianto derivanti dal crollo totale o parziale degli edifici pubblici e privati, e per quelli derivanti dalle attività di demolizione e abbattimento degli edifici pericolanti, disposti dai comuni interessati, nonché da altri soggetti competenti, o comunque svolti sui incarico dei medesimi comuni.
11. 9. Zolezzi, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Tofalo.

      Sostituire il comma 10 con il seguente:
      10. Sulla base della quantificazione delle macerie contenenti amianto generate dagli eventi di cui al comma 9, i Presidenti delle regioni interessate in qualità di Commissari delegati, di concerto con i comuni interessati dalle calamità naturali, provvedono, anche per ragioni di economia procedimentale, allo svolgimento delle procedure di gara per l'aggiudicazione dei contratti aventi ad oggetto rispettivamente:
          a) l'elaborazione del piano di lavoro previsto dall'articolo 256 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, recante «Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n.  123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro», la rimozione dei materiali in tutto il territorio di cui al comma 9 e il loro trasporto ai siti individuati per lo smaltimento;
          b) lo smaltimento e, se possibile, il trattamento dei materiali di cui al comma 9, con la previsione che l'aggiudicatario si impegnerà ad applicare le medesime condizioni economiche commissionate da soggetti privati in conseguenza degli eventi di cui al comma 9 e ad indicare un preciso limite temporale alle attività di smaltimento e, se possibile, di trattamento di materiale contenente amianto.
11. 10. Zolezzi, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Tofalo.

      Sopprimere il comma 11-ter.
11. 4. Busin.

      Al comma 11-ter, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è altresì autorizzato a provvedere per l'anno 2014 alla bonifica dell'ex area Pertusola nella provincia di Crotone, nei limiti di spesa di 5 milioni di euro.

      Conseguentemente, all'articolo 12, comma 1, lettera d), sostituire le parole: 209,15 milioni con le seguenti: 214,15 milioni.
11. 11.(Versione corretta).    Barbanti.

      Dopo il comma 11-quinquies, aggiungere il seguente:
      11-sexies. Le disposizioni di cui ai commi 9, 10 e 11 si applicano anche ai comuni colpiti dalle calamità naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio del 1992, n.  225, per le quali sia stato deliberato lo stato di emergenza di cui all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n.  225.

      Conseguentemente all'articolo 12, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
      1-bis. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da adottare entro il 31 agosto 2013 è stabilito l'aumento del canone annuo di cui all'articolo 27, comma 9, lettere a) e b), della legge 23 dicembre 1999, n.  488, esclusivamente per le emittenti private, in misura tale da assicurare un maggior gettito annuo pari a 75 milioni di euro.
11. 12. Barbanti, Cancelleri, Pisano, Pesco, Villarosa, Ruocco.

      Al comma 12-quinquies, primo periodo, dopo le parole: possono cedere aggiungere le seguenti: pro soluto.
11. 14. Paglia, Ragosta, Lavagno, Airaudo, Di Salvo, Placido, Boccadutri, Marcon, Melilla.

      Al comma 12-quinquies, primo periodo, sostituire le parole da: o ad un intermediario fino alla fine del comma con le seguenti:, ad un intermediario finanziario o alla Cassa depositi e prestiti che istituisce un proprio Fondo a tale scopo, anche sulla base di apposite convenzioni quadro. La Cassa depositi e prestiti, con apposita convenzione con le Poste Spa, può aprire sportelli territoriali per i rapporti con i creditori delle pubbliche amministrazioni. Per i crediti assistiti dalla garanzia dello Stato non possono essere richiesti sconti superiori al 2 per cento dell'ammontare del credito. Avvenuta la cessione del credito, l'amministrazione debitrice, diversa dallo Stato può richiedere la ristrutturazione del debito con piano di ammortamento, comprensivo di quota capitale e quota interessi, di durata fino a un massimo di 5 anni, rilasciando delegazione di pagamento o altra simile garanzia a valere sulle entrate di bilancio. La garanzia dello Stato di cui al comma 12-ter cessa al momento della ristrutturazione di cui al presente comma. L'amministrazione debitrice può contrattare con una banca, un intermediario finanziario o la Cassa depositi e prestiti, la ristrutturazione del debito, a condizioni più vantaggiose, previa contestuale rimborso del primo cessionario.
11. 13. Boccadutri, Paglia, Ragosta, Lavagno, Airaudo, Di Salvo, Placido, Marcon, Melilla.

      Sopprimere il comma 13.
11. 5. Busin.

      Sostituire il comma 17 con i seguenti:
      17. Al fine di fronteggiare lo stato di crisi del settore e di salvaguardare i lavoratori delle fondazioni lirico-sinfoniche, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è autorizzato, per l'anno 2013, ad erogare a favore delle medesime fondazioni la somma pari a 181.984.000 euro, a valere sul Fondo unico dello spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n.  163, e successive modificazioni.
      17-bis. La dotazione del Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n.  163, è incrementata di 100 milioni di euro per l'anno 2014.

      Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente comma:
      23-bis. Il Ministero dell'economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, con propri decreti dirigenziali adottati entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, emana le disposizioni, in materia di apparecchi da intrattenimento di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del regio decreto 18 giugno 1931, n.  773, necessarie per incrementare di 0,5 punti percentuali la misura del prelievo erariale unico e per ridurre di 0,5 punti percentuali la quota della raccolta lorda destinata al compenso per le attività di gestione ovvero per i punti vendita.
11. 15. Lavagno, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Costantino, Di Salvo, Airaudo, Placido, Paglia, Ragosta.

      Sopprimere i commi 18, 19 e 20.

      Conseguentemente, dopo il comma 20, aggiungere il seguente:
      20-bis. Compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e le assegnazioni già disposte, l'autorizzazione di spesa iscritta nella Tabella E, allegata alla legge 12 novembre 2011, n.  183, alla rubrica Sviluppo economico, di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n.  289, relativo al Fondo per lo sviluppo e la coesione, iscritta nel cap. 8425, è ridotta di 1.100 milioni per il 2013.
11. 6. Busin.

      Sostituire i commi 18, 19 e 20 con i seguenti:
      18. Dopo il comma 6 dell'articolo 2, del decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148, è aggiunto il seguente:
      «6-bis. Le ritenute, le imposte sostitutive, ovunque ricorrano, sugli interessi, premi e ogni altro provento, di cui all'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917, e sui redditi diversi di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies) del medesimo decreto, realizzati con operazioni effettuate entro le 48 ore, sono stabilite nella misura del 25 per cento. Il Ministero dell'economia e delle finanze, con decreto, indica le modalità di attuazione delle disposizioni del presente comma.».

      19. Per l'anno 2013, all'articolo 30-bis, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n.  2, sono apportate le seguenti modificazioni:
          alla lettera a) le parole: «12,6 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «15,6 per cento»;
          alla lettera b) le parole: «11,6 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «14,6 per cento»;
          alla lettera c) le parole: «10,6 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «13,6 per cento»;
          alla lettera d) le parole: «9 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «12 per cento»;
          alla lettera e) le parole: «8 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «11 per cento».

      20. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro il 31 agosto 2013, è stabilito l'aumento del canone annuo di cui all'articolo 27, comma 9, lettere a) e b), della legge 23 dicembre 1999, n.  488, esclusivamente per le emittenti private, in misura tale da assicurare un maggior gettito annuo pari a 100 milioni di euro.
11. 16. Cancelleri, Villarosa, Barbanti, Pesco, Pisano, Ruocco, Chimienti.

      Sopprimere i commi 22 e 23.

      Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente comma:
      23-bis. Il Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, con propri decreti dirigenziali adottati entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, emana le disposizioni, in materia di apparecchi da intrattenimento di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del regio decreto 18 giugno 1931, n.  773, necessarie per incrementare di 0,5 punti percentuali la misura del prelievo erariale unico e per ridurre di 0,5 punti percentuali la quota della raccolta lorda destinata al compenso per le attività di gestione ovvero per i punti vendita.
11. 18. Lavagno, Paglia, Pilozzi, Di Salvo, Airaudo, Placido.

      Sopprimere i commi 22 e 23.

      Conseguentemente, all'articolo 12, comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
          c-bis
) quanto a 117 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 si provvede riducendo i regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale, di cui all'allegato c-bis) del decreto legge 6 luglio 2011, n.  98, con l'esclusione delle disposizioni a tutela dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell'ambiente, in misura tale da determinare effetti positivi, ai fini dell'indebitamento netto, non inferiori a 117 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2014 e 2015. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.  400, sono stabilite le modalità tecniche per l'attuazione della presente disposizione con riferimento ai singoli regimi interessati.
11. 17. Pilozzi, Paglia, Lavagno, Airaudo, Di Salvo, Placido, Paglia, Ragosta, Lavagno.

      Sopprimere il comma 22.

      Conseguentemente, dopo il comma 22, aggiungere il seguente:
      22-bis. Agli oneri derivanti dalla soppressione del comma 22, pari a 120 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 139, della legge 24 dicembre 2012, n.  228.
11. 1. Fedriga.

      Al comma 22, sostituire il capoverso con il seguente:
      «Art. 62-quater. (Imposta di consumo sui prodotti contenenti nicotina idonei a sostituire il consumo di tabacchi lavorati) – 1. A decorrere dal 1o gennaio 2014 i liquidi o ricariche per sigarette elettroniche idonei a sostituire il consumo di tabacchi lavorati sono assoggettati ad imposta di consumo nella misura pari al 34 per cento del prezzo di vendita al pubblico.
      2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e le associazioni maggiormente rappresentative, da adottarsi entro il 31 ottobre 2013, sono stabiliti le modalità di versamento dell'imposta di consumo di cui al comma 1.
      3. La commercializzazione dei prodotti di cui al comma 1, è assoggettata alla preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli nei confronti di soggetti che siano in possesso dei medesimi requisiti stabiliti, per la gestione dei depositi fiscali di tabacchi lavorati, dall'articolo 3 del decreto ministeriale 22 febbraio 1999, n.  67.
      4. In attesa di una disciplina organica della produzione e del commercio dei prodotti di cui al comma 1, la vendita dei medesimi è libera. La vendita è altresì consentita per il tramite delle rivendite di cui all'articolo 16 della legge 22 dicembre 1957, n.  1293, in deroga all'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n.  1074.
      5. La pubblicità di marchi di liquidi o ricariche per sigarette elettroniche contenenti nicotina è consentita a condizione che riporti, in modo chiaramente visibile,
          a) la dicitura “presenza di nicotina”;
          b) avvertimento sul rischio di dipendenza da nicotina».
11. 100. Corsaro.

      Al comma 22, capoverso «Art. 62-quater», comma 1, sostituire le parole: A decorrere dal 1o gennaio 2014 con le seguenti: A decorrere dal 1o luglio 2014.

      Conseguentemente, dopo il comma 22, aggiungere il seguente:
      22-bis. Agli oneri derivanti dalla disposizione di cui al comma 22, pari a 60 milioni di euro per l'anno 2014 e a 120 milioni a decorrere dall'anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 139, della legge 24 dicembre 2012, n.  228.
11. 2. Fedriga.

      Al comma 23, capoverso, sopprimere il secondo periodo.
11. 101. Corsaro.

ART. 11-bis.

      Al comma 1, sostituire le parole: l'8 per cento per gli anni 2012 e 2013 e il 6 per cento a decorrere dall'anno 2014 con le seguenti: l'8 per cento a decorrere dall'anno 2013.
11-bis. 2. Busin.

      Al comma 1, sostituire le parole: il 6 per cento a decorrere dall'anno 2014 con le seguenti: il 10 per cento per l'anno 2014.
11-bis. 3. Busin.

ART. 12.

      Al comma 1, sopprimere le lettere a) e f).
Conseguentemente, al medesimo comma 1, lettera d), sostituire le parole da: 91,5 milioni di euro fino a: 2016 e 2017 con le seguenti: 156,05 milioni di euro per l'anno 2013, a 293,75 milioni di euro per l'anno 2014, 84,15 milioni di euro per l'anno 2015, 6,15 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017.
12. 4. Busin.

      Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: 77 milioni con le seguenti: 84,6 milioni.
12. 1. Luigi Gallo, Vacca, Marzana, D'Uva, Battelli, Simone Valente, Brescia, Di Benedetto, Barbanti, Cancelleri, Pisano, Pesco, Villarosa, Ruocco, Chimienti.

      Al comma 1, lettera d), sostituire le parole: 91,05 milioni di euro per l'anno 2013, a 209,15 milioni con le seguenti: 92,55 milioni di euro per l'anno 2013, a 219,15 milioni.

      Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere la lettera g-bis).
12. 3. Marcon, Piazzoni, Di Salvo, Airaudo.

      Al comma 1, lettera d), sostituire le parole da: 209,15 milioni fino a: decorrere dall'anno 2018 con le seguenti: 259,15 milioni di euro per l'anno 2014, a 56,15 milioni di euro per l'anno 2015 e a 6,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016.
Conseguentemente, al medesimo comma, lettera e), sostituire le parole: 150 milioni di euro per l'anno 2014 e a 120 milioni con le seguenti: 100 milioni di euro per l'anno 2014 e a 70 milioni.
12. 2. Lavagno, Ragosta, Paglia, Di Salvo, Airaudo, Placido.

A.C. 1458 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge in esame rappresenta il primo provvedimento del Governo che, anche se in modo parziale e nei limiti delle risorse disponibili, interviene al fine di promuovere l'occupazione, in particolare quella giovanile, in linea con le politiche assunte a livello europeo;
              il provvedimento si inserisce in una situazione di grave e prolungata di difficoltà congiunturale e in un contesto contrassegnato da una profonda crisi socio-economica, che investe il nostro Paese ormai da diversi anni, i cui riflessi sul mondo del lavoro e sui livelli occupazionali richiedono interventi strutturali e di sistema;
              l'articolo 1 in particolare introduce una serie di misura di incentivo temporaneo, in favore dei datori di lavoro, per la stipulazione di contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, con soggetti di età compresa tra i diciotto ed i ventinove anni, che diano luogo ad un incremento occupazionale netto, nonché per le trasformazioni di contratti di lavoro dipendente da tempo determinato a tempo indeterminato, accompagnate da ulteriori assunzioni ad incremento;
              nell'ambito dei contratti di lavoro in forma flessibile, il recente accordo sottoscritto tra Governo, imprese e sindacati per Expo 2015, costituisce l'avvio per favorire nuova occupazione in particolare nei riguardi di quella giovanile;
              la medesima esposizione universale coinvolgerà inevitabilmente importanti aree regionali confinanti con la Lombardia, ed in particolare il Piemonte che ha firmato una serie di accordi, al fine di convogliare l'enorme flusso di turisti che giungeranno da tutto il mondo;
              risulta pertanto prevedere anche per le regioni limitrofe alla Lombardia, direttamente interessate da Expo 2015 meccanismi affini e similari dei contratti di lavoro e delle regole di assunzioni che dovranno essere seguite nell'ambito dell'esposizione universale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere anche per le regioni confinanti alla Lombardia, e limitatamente al periodo in cui si svolgerà l'Expo 2015, le stesse forme di contratti di lavoro flessibili previsti recentemente nel corso dell'incontro tra Governo, sindacati e imprese, per le assunzioni che coinvolgono direttamente l'avvenimento di portata mondiale.
9/1458/1. Nastri.


      La Camera,
          premesso che:
              la legge 8 novembre 1991, n.  381, ha definito la categoria delle cooperative sociali individuando nella società cooperativa lo strumento idoneo per il perseguimento di finalità sociali e di promozione umana, da realizzare attraverso la gestione di servizi socio-sanitari, educativi e di attività produttive, attraverso i quali permettere l'integrazione lavorativa di persone socialmente svantaggiate;
              oggi in Italia sono circa 12.000 le cooperative sociali. È un settore che da lavoro a quasi 400.000 persone ed è in costante crescita negli ultimi anni, sia dal punto di vista numerico sia da quello occupazionale, e che ha infrastrutturato una rete di servizi di welfare che attualmente raggiungono circa 7 milioni di cittadini;
              il 70 per cento del fatturato della cooperazione sociale arriva dagli enti pubblici, il 30 per cento dalla domanda privata pagante, ovvero le famiglie;
              la legge n.  228 del 24 dicembre 2012 (legge di stabilità 2013) prevede all'articolo 1 commi 488, 489 e 490 ha modificato la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto delle prestazioni di assistenza e sicurezza sociale rese dalle cooperative e dai loro consorzi, innalzando l'aliquota agevolata dal 4 per cento al 10 per cento per le prestazioni socio-sanitarie ed educative rese da cooperative e loro consorzi con i contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013;
              secondo l'Alleanza delle cooperative sociali 6 punti in più di Iva comporterebbero a livello nazionale un aumento di costi per il sistema dei servizi sociali di 510 milioni di euro, producendo come unico effetto quello di spostare risorse dagli enti locali alle casse statali senza alcun vantaggio reale e riducendo del 6 per cento le prestazioni di welfare territoriale che i Comuni oggi garantiscono. Gli enti locali, infatti, con le medesime risorse del 2013, nel 2014 forniranno meno servizi sociali agli italiani. Saranno tagliati i servizi di inclusione sociale proprio alle fasce più deboli della popolazione quali asili, RSA, assistenza domiciliare, comunità per minori, centri per disabili: almeno 500.000 persone rimarranno senza servizi;
              si tratta di fatto di un aumento dell'Iva pari al 150 che ricadrebbe per il 70 per cento a carico dei Comuni e per il 30 per cento sulle famiglie degli utenti, con conseguenze pesantissime anche a livello locale. Il rischio è di mettere in ginocchio le cooperative del settore sociosanitario ed educativo causando una considerevole perdita di posti di lavoro;
              questo ambito è già stato duramente colpito prima dai tagli ai fondi nazionali del sociale e ai bilanci di Regioni e comuni, poi dalla spending review che ha consentito il ribasso del 5 per cento sugli appalti in essere, oggi nella legge di stabilità questo ribasso in ambito sanitario viene addirittura raddoppiato, evidenziando una filosofia per cui ci sarebbero sprechi su cui intervenire;
              se il vero obiettivo dell'aumento dell'Iva dal 4 per cento al 10 per cento fosse evitare l'infrazione davanti all'Unione Europea, procedura d'infrazione che per altro non è stata ancora avviata, essendoci ad oggi, soltanto l'apertura di una preistruttoria tecnica di informazione e dialogo che non ha ancora coinvolto livelli politici della commissione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre tutte le misure economiche e normative, anche in sede europea non solo in fase di preistruttoria ma anche in caso di apertura di una procedura d'infrazione atte a mantenere l'IVA al 4 per cento per le prestazioni erogate dalle cooperative sociali anche oltre il 31 dicembre 2013 anche in virtù del fatto che la stessa Unione europea ha in programma una revisione complessiva della normativa del regime IVA.
9/1458/2. Murer, Capone, Biondelli, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              la legge 8 novembre 1991, n.  381, ha definito la categoria delle cooperative sociali individuando nella società cooperativa lo strumento idoneo per il perseguimento di finalità sociali e di promozione umana, da realizzare attraverso la gestione di servizi socio-sanitari, educativi e di attività produttive, attraverso i quali permettere l'integrazione lavorativa di persone socialmente svantaggiate;
              oggi in Italia sono circa 12.000 le cooperative sociali. È un settore che da lavoro a quasi 400.000 persone ed è in costante crescita negli ultimi anni, sia dal punto di vista numerico sia da quello occupazionale, e che ha infrastrutturato una rete di servizi di welfare che attualmente raggiungono circa 7 milioni di cittadini;
              il 70 per cento del fatturato della cooperazione sociale arriva dagli enti pubblici, il 30 per cento dalla domanda privata pagante, ovvero le famiglie;
              la legge n.  228 del 24 dicembre 2012 (legge di stabilità 2013) prevede all'articolo 1 commi 488, 489 e 490 ha modificato la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto delle prestazioni di assistenza e sicurezza sociale rese dalle cooperative e dai loro consorzi, innalzando l'aliquota agevolata dal 4 per cento al 10 per cento per le prestazioni socio-sanitarie ed educative rese da cooperative e loro consorzi con i contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013;
              secondo l'Alleanza delle cooperative sociali 6 punti in più di Iva comporterebbero a livello nazionale un aumento di costi per il sistema dei servizi sociali di 510 milioni di euro, producendo come unico effetto quello di spostare risorse dagli enti locali alle casse statali senza alcun vantaggio reale e riducendo del 6 per cento le prestazioni di welfare territoriale che i Comuni oggi garantiscono. Gli enti locali, infatti, con le medesime risorse del 2013, nel 2014 forniranno meno servizi sociali agli italiani. Saranno tagliati i servizi di inclusione sociale proprio alle fasce più deboli della popolazione quali asili, RSA, assistenza domiciliare, comunità per minori, centri per disabili: almeno 500.000 persone rimarranno senza servizi;
              si tratta di fatto di un aumento dell'Iva pari al 150 che ricadrebbe per il 70 per cento a carico dei Comuni e per il 30 per cento sulle famiglie degli utenti, con conseguenze pesantissime anche a livello locale. Il rischio è di mettere in ginocchio le cooperative del settore sociosanitario ed educativo causando una considerevole perdita di posti di lavoro;
              questo ambito è già stato duramente colpito prima dai tagli ai fondi nazionali del sociale e ai bilanci di Regioni e comuni, poi dalla spending review che ha consentito il ribasso del 5 per cento sugli appalti in essere, oggi nella legge di stabilità questo ribasso in ambito sanitario viene addirittura raddoppiato, evidenziando una filosofia per cui ci sarebbero sprechi su cui intervenire;
              se il vero obiettivo dell'aumento dell'Iva dal 4 per cento al 10 per cento fosse evitare l'infrazione davanti all'Unione Europea, procedura d'infrazione che per altro non è stata ancora avviata, essendoci ad oggi, soltanto l'apertura di una preistruttoria tecnica di informazione e dialogo che non ha ancora coinvolto livelli politici della commissione,

impegna il Governo

a valutare nel rispetto della disciplina comunitaria, l'opportunità di predisporre tutte le misure economiche e normative, anche in sede europea non solo in fase di preistruttoria ma anche in caso di apertura di una procedura d'infrazione atte a mantenere l'IVA al 4 per cento per le prestazioni erogate dalle cooperative sociali anche oltre il 31 dicembre 2013 anche in virtù del fatto che la stessa Unione europea ha in programma una revisione complessiva della normativa del regime IVA.
9/1458/2.    (Testo modificato nel corso della seduta) Murer, Capone, Biondelli, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              la necessità di procedere rapidamente all'approvazione del decreto n.  76 del 2013, di cui al disegno di legge C. 1458, ha prevalso sulla possibilità di utilizzare questo veicolo, anche attraverso un dibattito parlamentare più lungo e approfondito, per introdurre nella normativa in discussione elementi di maggiore equità e, forse, efficacia;
              la ricerca di risorse a copertura dello sforzo economico necessario per finanziare le misure contenute nel decreto ha portato all'istituzione di una imposta sulla cosiddetta sigaretta elettronica la cui commercializzazione, però, aveva nel frattempo creato un mercato vivace con importanti ricadute sull'occupazione, soprattutto giovanile, e sul gettito fiscale;
              il provvedimento in esame, all'articolo 1 disciplina gli incentivi per nuove assunzione a tempo indeterminato di lavoratori giovani;
              al medesimo articolo 1 individua alcune condizioni soggettive di accesso al beneficio di legge, nello specifico la mancanza di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi o di un diploma di scuola media superiore o professionale;
              all'articolo 7, comma 5, lettera b), riconosce un contributo pari al cinquanta per cento dell'indennità mensile percepita in caso di assunzione a tempo pieno ed indeterminato da parte di un datore di lavoro non tenutovi di persona che fruisce dell'Assicurazione sociale per l'impiego;
              all'articolo 8, prevede l'istituzione di una banca dati delle politiche attive e passive;
              all'articolo 9, comma 7, stabilisce che il datore di lavoro che intenda assumere un lavoratore straniero non residente in Italia deve prima verificare, attraverso il Centro per l'impiego competente, la disponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale;
              all'articolo 9, comma 9, destina le risorse residue derivanti dalle procedure di spesa autorizzate ai sensi dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.  3933 del 13 aprile 2011 al Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati;
              considerato che l'apprendistato è il principale strumento di ingresso nel mondo del lavoro dei giovani;
              l'introduzione di condizionalità non assicura un pari trattamento a tutti i cittadini e rischia di scoraggiare quanti individuano nella formazione scolastica e nel conseguimento di un diploma o di una laurea, non solo un obiettivo di crescita personale, ma la premessa per accedere al mondo del lavoro;
              fermo restando il contratto a tempo indeterminato, il datore di lavoro potrebbe avere l'interesse ad assumere personale part time, mentre il lavoratore potrebbe ricevere una offerta di lavoro con una retribuzione inferiore a quanto percepito come indennità;
              l'accesso alle informazioni è diritto fondamentale;
              il datore di lavoro che vuole assumere del personale deve avere certezza dei tempi in cui può farlo;
              l'accoglienza e l'assistenza dei minori stranieri non accompagnati – quantificabili in poco meno di 8 mila unità all'anno, esclusi i minori provenienti da Paesi dell'Unione europea o richiedenti protezione internazionale – coinvolge gli enti locali e richiede certezza di risorse,

impegna il Governo:

          a specificare, anche in sede di circolare attuativa, che l'incentivo riconosciuto all'articolo 1 vale anche per la sottoscrizione di un contratto di apprendistato;
          a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 1 del provvedimento al fine di adottare future iniziative normative volte ad ammettere al beneficio di cui all'articolo 1 anche i giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni privi di impiego regolarmente retribuito da meno di sei mesi, o con diploma di scuola media superiore o professionale, ed estendendo, appena economicamente possibile, il limite di età ad almeno fino a 35 anni;
          a riconoscere, in caso di assunzione a tempo parziale e a tempo indeterminato, una quota parte in proporzione alle ore di impiego del lavoratore del contributo di cui all'articolo 7, comma 5, lettera b) e riconoscere, altresì, a beneficio del lavoratore l'eventuale differenza fra indennità percepita e retribuzione derivante da nuova occupazione nonché di favorire, nel rispetto delle competenze definite nel Titolo V della Costituzione, la definizione di regole a livello regionale per le attività di supporto e tutoring connesse all'attuazione delle finalità di cui ai comma 10 bis poste in essere dai Centri per l'impiego ovvero dai soggetti autorizzati e/o accreditati all'erogazione dei servizi per il lavoro;
          a specificare, anche mediante circolari attuative, che le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative e le loro diramazioni hanno accesso alla Banca dati sulle politiche attive e passive di cui all'articolo 8;
          a dare indicazioni ai Centri per l'impiego di rispondere alla domanda di disponibilità di cui all'articolo 9, comma 7, nel più breve tempo possibile, comunque non superiore a venti giorni;
          a reperire quanto prima ulteriori risorse da destinare al Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, anche tenendo conto delle entrate previste dall'articolo 1, comma 22, lettera b) della legge 15 luglio 2009, n.  94, per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno.
9/1458/3. Polverini.


      La Camera,
          premesso che:
              le Regioni che realizzano i percorsi triennali di formazione professionale garantiscono responsabilmente un servizio pubblico essenziale e si assumono un costo nel proprio bilancio per sostenere i primi due anni e per cofinanziare il terzo anno;
              il finanziamento da parte delle Regioni del primo e secondo anno, la cui frequenza è uno dei modi per l'assolvimento dell'obbligo scolastico, sarebbe di competenza statale, trattandosi di garantire il diritto all'istruzione;
              i trasferimenti delle risorse dovrebbero quindi avvenire da parte del MIUR, che invece ha azzerato anche il contributo precedente pari a 40 milioni di euro;
              le risorse, pari a 180 milioni di euro, attualmente trasferite alle Regioni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dovrebbero essere destinate al cofinanziamento regionale del Fondo Sociale Europeo relativo al terzo anno;
              l'utilità e il valore dei percorsi triennali sono ormai riconosciuti a livello europeo come presidio efficace della dispersione scolastica, e come tali vanno sostenuti e difesi, consentendone la realizzazione e rimuovendo gli ostacoli, prima di tutto quelli finanziari, che vi si frappongono;
              i percorsi triennali dalla prossima programmazione comunitaria saranno finanziabili dal Fondo Sociale Europeo, perché la Commissione Europea ha rilevato che dove è presente un buon funzionamento dell'istruzione e formazione professionale iniziale (IVET) l'abbandono scolastico diminuisce, favorendo il raggiungimento dell'obiettivo di riduzione al 10 per cento del tasso di l'abbandono scolastico come prima previsto dalla Strategia di Lisbona e poi ribadito dalla Strategia EUROPA 2020;
              i percorsi triennali dei sistemi regionali forniscono risultati soddisfacenti in termini occupazionali, superiori a quelli dell'indirizzo professionale del sistema scolastico, infatti il 60 per cento dei giovani trovano occupazione entro un anno dalla qualifica, anche nell'attuale situazione di crisi economica; precedentemente si arrivava all'80 per cento degli occupati tra i qualificati;
              le Regioni assoggettate al vincolo di bilancio del patto di stabilità hanno difficoltà ad erogare le spettanze degli enti attuatori, enti no profit che lavorano a costi reali per i quali gli interessi passivi sono una perdita, nei tempi previsti, infatti in alcune Regioni si arriva a ritardi di 12 mesi;
              lo scomputo ai fini del conseguimento degli obiettivi previsti dal patto di stabilità interno si motiva per perequare quelle Regioni che si fanno carico con risorse proprie dell'attivazione di un servizio pubblico essenziale di competenza statale per i primi due anni;
              appare evidente l'esigenza, stante la natura del servizio reso, di trattare i fondi destinati al diritto dovere – che è ormai riconosciuto come segmento del servizio d'istruzione da garantire ai cittadini – esattamente come quelli destinati al funzionamento del servizio di istruzione, che non ricadono nei vincoli del patto di stabilità,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative rivolte a non computare ai fini del conseguimento degli obiettivi previsti dal patto di stabilità interno Le somme stanziate dagli enti territoriali destinate esclusivamente all'assolvimento del diritto dovere all'istruzione formazione.
9/1458/4. Bobba, Fregolent, Zanin, Causin, Biondelli, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              le Regioni che realizzano i percorsi triennali di formazione professionale garantiscono responsabilmente un servizio pubblico essenziale e si assumono un costo nel proprio bilancio per sostenere i primi due anni e per cofinanziare il terzo anno;
              il finanziamento da parte delle Regioni del primo e secondo anno, la cui frequenza è uno dei modi per l'assolvimento dell'obbligo scolastico, sarebbe di competenza statale, trattandosi di garantire il diritto all'istruzione;
              i trasferimenti delle risorse dovrebbero quindi avvenire da parte del MIUR, che invece ha azzerato anche il contributo precedente pari a 40 milioni di euro;
              le risorse, pari a 180 milioni di euro, attualmente trasferite alle Regioni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dovrebbero essere destinate al cofinanziamento regionale del Fondo Sociale Europeo relativo al terzo anno;
              l'utilità e il valore dei percorsi triennali sono ormai riconosciuti a livello europeo come presidio efficace della dispersione scolastica, e come tali vanno sostenuti e difesi, consentendone la realizzazione e rimuovendo gli ostacoli, prima di tutto quelli finanziari, che vi si frappongono;
              i percorsi triennali dalla prossima programmazione comunitaria saranno finanziabili dal Fondo Sociale Europeo, perché la Commissione Europea ha rilevato che dove è presente un buon funzionamento dell'istruzione e formazione professionale iniziale (IVET) l'abbandono scolastico diminuisce, favorendo il raggiungimento dell'obiettivo di riduzione al 10 per cento del tasso di l'abbandono scolastico come prima previsto dalla Strategia di Lisbona e poi ribadito dalla Strategia EUROPA 2020;
              i percorsi triennali dei sistemi regionali forniscono risultati soddisfacenti in termini occupazionali, superiori a quelli dell'indirizzo professionale del sistema scolastico, infatti il 60 per cento dei giovani trovano occupazione entro un anno dalla qualifica, anche nell'attuale situazione di crisi economica; precedentemente si arrivava all'80 per cento degli occupati tra i qualificati;
              le Regioni assoggettate al vincolo di bilancio del patto di stabilità hanno difficoltà ad erogare le spettanze degli enti attuatori, enti no profit che lavorano a costi reali per i quali gli interessi passivi sono una perdita, nei tempi previsti, infatti in alcune Regioni si arriva a ritardi di 12 mesi;
              lo scomputo ai fini del conseguimento degli obiettivi previsti dal patto di stabilità interno si motiva per perequare quelle Regioni che si fanno carico con risorse proprie dell'attivazione di un servizio pubblico essenziale di competenza statale per i primi due anni;
              appare evidente l'esigenza, stante la natura del servizio reso, di trattare i fondi destinati al diritto dovere – che è ormai riconosciuto come segmento del servizio d'istruzione da garantire ai cittadini – esattamente come quelli destinati al funzionamento del servizio di istruzione, che non ricadono nei vincoli del patto di stabilità,

impegna il Governo

ad adottare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, le opportune iniziative normative rivolte a non computare ai fini del conseguimento degli obiettivi previsti dal patto di stabilità interno Le somme stanziate dagli enti territoriali destinate esclusivamente all'assolvimento del diritto dovere all'istruzione formazione.
9/1458/4.    (Testo modificato nel corso della seduta) Bobba, Fregolent, Zanin, Causin, Biondelli, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco svolge quotidianamente un compito di estrema importanza, con attività di prevenzione, vigilanza e soccorso a sostegno di soggetti pubblici e privati, grazie all'impegno proficuo del proprio personale;
              con decreto ministeriale n.  5140 del 6 novembre 2008 è stato bandito un concorso pubblico, per titoli ed esami, a 814 posti per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco del ruolo del Corpo nazionale di vigile del fuoco, la cui graduatoria è stata approvata il 14 luglio 2010 con successive modifiche decretando un totale di 7599 idonei così ripartiti: 599 circa con riserva del 45 per cento destinato ai volontari in ferma breve o in ferma prefissata delle tre forze armate; 1616 circa con riserva del 25 per cento destinato al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che, alla data di indizione del bando, sia iscritto negli appositi elenchi da almeno tre anni ed abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio; 148 circa con riserva del 20 per cento destinato a coloro che abbiano prestato servizio civile, per non meno di un anno, nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco e circa 5236 non riservati;
              tra queste 4236 unità vi sono anche molti idonei che da anni sono iscritti negli appositi elenchi di volontari del Corpo e che al momento del bando non avevano i requisiti previsti, da considerarsi precari del Corpo e che ambiscono alla stabilizzazione ordinaria prevista per legge tramite concorso pubblico;
              è necessario salvaguardare le aspettative legittime degli idonei che invece hanno regolarmente svolto un concorso pubblico e che rischiano di essere penalizzati di fronte alle aspirazioni di coloro che invece ambiscono alla stabilizzazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare al 31 dicembre 2015 l'efficacia della graduatoria degli idonei al concorso pubblico, per titoli ed esami, a 814 posti per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco del ruolo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al fine di salvaguardarne le aspettative ed il bagaglio tecnico-professionale.
9/1458/5. Giammanco.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 2 comma 11 del decreto-legge in esame prevede di legare la ripartizione del fondo a sostegno delle attività di tirocinio curricolare da parte degli studenti iscritti ai corsi di laurea nell'anno accademico 2013-14 su base premiale;
              il termine «su base premiale» vincola la ripartizione dei fondi alle università a dei presunti, non misurabili e non meglio identificati criteri di efficienza, senza peraltro chiarire che cosa verrebbe effettivamente premiato e rendendo dunque la norma irrispettosa dei principi di tassatività e determinatezza;
              la logica secondo cui vadano elargiti finanziamenti alle università sulla base dei risultati da esse ottenuti non fa altro che aumentare il divario già esistente tra le varie istituzioni universitarie, correndo il rischio di allargare ancora di più la forbice esistente tra le università,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ripartire i suddetti fondi in maniera proporzionale al numero complessivo di crediti formativi universitari per attività di tirocinio curricolare previsti nei piani di studio delle singole università e a non erogarli «su base premiale».
9/1458/6. Chimienti, Vacca, D'Uva, Marzana, Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, Battelli.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, reca una serie di interventi volti a promuovere l'occupazione, in particolare giovanile, e la coesione sociale, a fronteggiare la particolare congiuntura economica, mediante la proroga dell'aumento dell'IVA e gli interventi per il sistema produttivo e altre misure ritenute idonee a promuovere gli investimenti, assicurare il rispetto degli impegni assunti in sede internazionale e comunitaria;
              l'articolo 9 reca diverse disposizioni anche in materia di comunicazione di rapporti di lavoro e i commi da 7 a 10-ter, in particolare, attraverso varie novelle del «testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero» di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286, intervengono sulle comunicazioni e i documenti che i datori di lavoro devono produrre per assumere lavoratori stranieri;
              l'articolo 7 del decreto legislativo n.  286 del 1998 prevede l'obbligo del datore di lavoro di comunicare in forma scritta, entro quarantotto ore, all'autorità locale di pubblica sicurezza l'avvenuta assunzione di un lavoratore straniero;
              l'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n.  510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 1996, n.  608, come successivamente modificato, ha introdotto la comunicazione di instaurazione dei rapporti di lavoro, contenente i dati anagrafici del lavoratore, la data di assunzione, la data di cessazione qualora il rapporto non sia a tempo indeterminato, la tipologia contrattuale, la qualifica professionale e il trattamento economico e normativo applicato;
              sarebbe opportuno semplificare gli adempimenti a carico del datore di lavoro, per esempio prevedendo che la comunicazione prevista per i lavoratori stranieri alloggiati, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286 (TU sull'immigrazione) si intenda assolta dal datore di lavoro con la comunicazione di cui all'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n.  510 e successive modificazioni,

impegna il Governo

a proseguire il processo di semplificazione avviato dalla legge 27 dicembre 2006, n.  296 (legge finanziaria 2007), attribuendo alla comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n.  510, anche la valenza di comunicazione dei lavoratori stranieri alloggiati di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286, facilitando in tal modo gli oneri burocratici a carico del datore di lavoro.
9/1458/7. Alfreider, Gebhard, Plangger, Schullian, Ottobre.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, reca una serie di interventi volti a promuovere l'occupazione, in particolare giovanile, e la coesione sociale, a fronteggiare la particolare congiuntura economica, mediante la proroga dell'aumento dell'IVA e gli interventi per il sistema produttivo e altre misure ritenute idonee a promuovere gli investimenti, assicurare il rispetto degli impegni assunti in sede internazionale e comunitaria;
              l'articolo 7, in particolare, reca norme in materia di contratti di lavoro a termine, distacco, contratti di lavoro intermittente, lavoro a progetto, lavoro accessorio, tentativo obbligatorio di conciliazione nei licenziamenti individuali, intervenendo sulle modifiche alla normativa di settore apportate, da ultimo, dalla legge 28 giugno 2012, n.  92, nonché dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n.  276;
              l'articolo 24, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.  276, recante «Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n.  30», alla lettera a) ha previsto una comunicazione alle rappresentanze sindacali del numero dei lavoratori e dei motivi del ricorso alla somministrazione di lavoro prima della stipula del contratto, oppure entro cinque giorni dall'instaurazione del rapporto di lavoro se ricorrano motivate ragioni di urgenza e necessità;
              tale comunicazione risulta ridondante rispetto alla previsione della successiva lettera b) dell'articolo 24, comma 4, del decreto legislativo n.  276 del 2003, che chiede ai datori di lavoro di effettuare una comunicazione annuale alle rappresentanze sindacali del numero dei lavoratori, la rispettiva qualifica, i motivi del ricorso alla somministrazione di lavoro e la durata degli stessi,

impegna il Governo

a semplificare gli adempimenti a carico dei datori di lavoro che utilizzano i contratti di somministrazione di lavoro, eventualmente abrogando la disposizione di cui all'articolo 24, comma 4, lettera a), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.  276, dal momento che la comunicazione in essa prevista, come illustrato in premessa, si sovrappone alla comunicazione annuale di cui alla successiva lettera b).
9/1458/8. Gebhard, Alfreider, Plangger, Schullian, Ottobre.


      La Camera,
          premesso che:
              il nostro ruolo di parlamentari è attivo e si completa nel cercare di perseguire e attuare, oltre che il mandato parlamentare ricevuto, anche la realizzazione di una idea di Paese e Nazione. La creazione di politiche innovative e coraggiose che sappiano parlare alle persone e ne recepiscano le risonanze profonde. Solo queste pratiche possono permettere la realizzazione di cambiamenti duraturi e non epidermici brividi istituzionali che provocano un consenso volatile;
              in questo momento, oltre che la messa in sicurezza del sistema paese, uno dei compiti più importanti del Governo è quello di rifondare il patto condiviso con i cittadini e cercare di ridare agli Italiani fiducia in se stessi e nelle loro aspettative di qualità della vita;
              la revisione della spesa pubblica è volta a migliorare l'efficienza e l'efficacia della macchina statale e degli Enti Locali nella gestione della spesa pubblica attraverso l'analisi e la valutazione delle strutture organizzative, delle procedure di decisione e di attuazione, dei singoli atti all'interno dei singoli provvedimenti e atti governativi. Dall'amministrazione la spending review è diventata però, anche, sinonimo delle azioni di risparmio delle famiglie;
              un approfondimento del centro studi di Confindustria analizza così la spending review delle famiglie italiane: «cinghia sempre più stretta su quantità e qualità, ma ora vengono sacrificate anche le spese primarie che erano state meno toccate nella prima parte della crisi». «Il perdurare della crisi economica e la seconda recessione che ha colpito l'Italia dal secondo semestre 2011 – indicano gli economisti del centro studi – hanno generato effetti gravi e profondi sulle possibilità di spesa delle famiglie». Pesa poi il calo di fiducia dei consumatori ai minimi storici. Di conseguenza, nel complesso la spesa per consumi finali è arretrata del 6,6 in termini reali;
              nella prolusione di insediamento pronunciata qui alla Camera, il Presidente Letta ha paragonato il suo compito a quello del «buon padre di famiglia»;
              questa consapevolezza induce a svolgere il paragone: dopo tanti, giustificati, sacrifici domandati ai cittadini è giunto il momento di restituire un segnale di incoraggiamento che stimoli la comunità nazionale e ci prepari a un più forte rilancio dell'economia;
              cominciamo anche permettendo alle famiglie e ai piccoli commercianti di concentrarsi con tranquillità sulla spesa familiare. Questo sarebbe un gesto di fiducia del Governo, e del «buon padre di famiglia», nei confronti dei cittadini Senza tralasciare il vantaggio che i piccoli esercizi commerciali trarrebbero dal provvedimento;
              il decreto-legge in esame recante «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti», all'articolo 11, posticipa dal 1o luglio 2013 al 1o ottobre 2013 il termine di applicazione dell'aumento dell'aliquota ordinaria dell'IVA dal 21 al 22 per cento, inoltre abroga la disposizione, secondo la quale l'aumento dell'aliquota non si applica in caso di introduzione, entro il 30 giugno 2013, di misure di riordino della spesa sociale o di eliminazione di regimi di agevolazione con effetti sull'indebitamento netto non inferiori a 6.560 milioni di euro annui;
              su gran parte degli alimenti e delle bevande grava un'aliquota Iva ridotta che è del 4 per cento, che viene applicata ai cosiddetti generi di prima necessità, come latte fresco, formaggi e latticini, frutta, frumento, farina, olio d'oliva, e gli aumenti dell'IVA, già entrati in vigore negli anni scorsi e quelli che si paventano a breve, non dovrebbero interessare direttamente questa particolare tipologia merceologica; si segnalano i rischi indiretti per il settore agricolo conseguenti all'incremento dell'IVA, soprattutto per ciò che concerne il trasporto di alimenti deperibili così come definiti dalla normativa Accord transport perissable (ATP);
              l'aumento dell'IVA dal 20 al 21 per cento, sul trasporto oltre a produrre effetti negativi sui consumi degli italiani, ne ha causato indirettamente ulteriori sui prezzi dei beni soprattutto di prima necessità (alimentari, abiti, eccetera) attraverso i vari componenti della filiera, primo tra tutti il trasporto merci;
              in virtù del meccanismo dell'IVA, ogni aumento del tributo non rappresenta mai un costo per il commerciante che, una volta incassato il corrispettivo dal consumatore, dovrà versare allo Stato solamente la differenza fra IVA pagata nelle proprie forniture ed IVA riscossa dal consumatore, su cui invece ricadrà il peso di tale aumento;
              in un periodo di crisi dobbiamo evitare che le fasce più deboli del Paese subiscano un ulteriore aggravio della loro situazione economica per effetto di rincari che possano colpire i beni di prima necessità, quelli cioè che sono irrinunciabili e che hanno incidenza sul reddito della spesa maggiore per le fasce di reddito più basse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni iniziativa di propria competenza volta a rivedere il regime dell'IVA, attualmente in vigore, per l'attività di trasporto di alimenti deperibili, così come definiti dalla normativa Accord transport perissable (ATP), assoggettandolo alla aliquota agevolata pari al 10 per cento, al fine di evitare l'erosione del potere d'acquisto delle famiglie delle cosiddette spese obbligate, di quelle spese cioè legate al consumo di prodotti alimentari che pur essendo al riparo dai rincari dell'IVA, subiscono aumenti dei prezzi per effetto dei costi che ad essi sono correlati, in particolare di quelli relativi al loro trasporto.
9/1458/9. Schirò Planeta, Gitti.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti, interviene con l'articolo 7 comma 2, lettera e), a modificare le disposizioni in materia di lavoro accessorio contenute nel del decreto legislativo n.  276/2003, in particolare ampliando l'ambito applicativo dell'istituto, escludendo che le prestazioni debbano avere «natura meramente occasionale»;
              durante l'esame in sede referente è stato presentato un emendamento che mirava a introdurre una modifica particolarmente sentita nel mondo agricolo, che, permetteva agli imprenditori agricoli di assumere con la forma del lavoro occasionale di tipo accessorio persone regolarmente iscritte nel sistema di assicurazione obbligatoria e non soltanto pensionati e giovani studenti;
              questa possibilità permette, in un periodo di profonda crisi come quello che stiamo vivendo, di guadagnare regolarmente qualche cosa in più per sostenere i costi della vita. Inoltre consente ai datori di lavoro agricoli di assumere non solo pensionati e giovani studenti, ma tutte le persone regolarmente iscritte nel sistema dell'assicurazione obbligatoria che sono disposte a prestare la loro manodopera per brevi periodi;
              una modifica della normativa vigente di tale tenore aiuterebbe i lavoratori dipendenti a superare questa fase economicamente instabile e difficile, agevolando i datori di lavoro agricoli a poter usare un mercato del lavoro regolare con modalità semplici e snelle, limitando la necessità di manodopera straniera, soprattutto extracomunitaria,

impegna il Governo

a prevedere, in uno dei prossimi provvedimenti che verranno presentati in Parlamento, a estendere la normativa del lavoro occasionale alle persone regolarmente iscritte nel sistema di assicurazione generale obbligatoria.
9/1458/10. Schullian, Alfreider, Gebhard, Plangger, Ottobre.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in discussione ratifica il decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti»;
              esso è stato già approvato e ratificato dal Senato con alcune, significative, modificazioni;
              in particolare al Senato è stato introdotto, all'articolo 2, un comma 5 bis che recita: «Al fine di sostenere la tutela del settore dei beni culturali è istituito, per l'anno 2014, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, un Fondo straordinario pari a i milione di euro denominato ”Fondo mille giovani per la cultura” destinato alla promozione di tirocini formativi e di orientamento nei settori delle attività e dei servizi per cultura rivolti a giovani fino a 29 anni di età. Con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro per la Pubblica amministrazione e della semplificazione, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono definiti i criteri e le modalità di accesso al Fondo di cui al presente comma»;
              si tratta di una iniziativa importante che può raggiungere, da una parte, l'obiettivo di dare a tanti giovani una opportunità di sperimentazione ed esperienza sul mondo del lavoro, quanto mai necessaria in tempi in cui la disoccupazione giovanile è a livelli record; dall'altra parte può mettere a disposizione del nostro straordinario patrimonio culturale, risorse necessarie alla sua valorizzazione, alla sua promozione;
              va ricordato che più volte è stata richiamata dal Ministro dei beni culturali la necessità di ampliare gli organici nei beni culturali, al fine di consentirne la fruizione regolare, la tutela continuativa, la valorizzazione, la possibilità di trasformarli, come sarebbe ragionevole, in un traino della nostra economia turistica;
              prevedere l'istituzione del «Fondo mille giovani per la cultura», limitandolo al solo anno 2014, senza dargli una prospettiva, una possibilità di sperimentazione almeno triennale, significa rischiare di depotenziarne gli effetti positivi, e rischia di tradursi in un limite troppo grande dal momento che qualunque progetto di rilancio e valorizzazione deve avere dentro di sé un respiro di prospettiva che vada oltre una così risicata dimensione temporale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni valutate in precedenza, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a strutturare e finanziare, il «Fondo mille giovani per la cultura», istituito all'articolo 2, comma 5-bis, del provvedimento, non solo per il 2014, ma almeno su una dimensione triennale, fino al 2016.
9/1458/11. Bossa, Malisani, Ghizzoni, Orfini, D'Ottavio, Coscia, Zampa, Blazina, Rocchi, Piccoli Nardelli, Biondelli, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              l'unione europea attraverso un'apposita pianificazione e programmazione stanzia nei confronti dell'Italia ingenti risorse economiche finalizzate ad un maggiore sviluppo ed a favorire la coesione e la crescita sociale;
              di recente la Ue ha trasferito somme superiori ad un milione di euro, canalizzati dal Governo con il cosiddetto «decreto del fare» per favorire l'inserimento lavorativo dei giovani e la ripresa economica;
              per ottenere ed utilizzare al meglio le risorse stanziate dall'Ue, occorre tuttavia un certo livello di conoscenze e di capacità progettuali e gestionali;
              con il decreto-legge n.  76 del 2013 all'articolo 4 vengono introdotte misure per la velocizzazione delle procedure in materia di riprogrammazione dei programmi nazionali cofinanziati dai Fondi strutturali e di rimodulazione del Piano di Azione Coesione;
              dall'introduzione delle suddette norme non viene scongiurato del tutto il pericolo di disimpegno delle risorse a disposizione, poiché molti dei canali di finanziamento e delle erogazioni messe a disposizione dalla ue, purtroppo, non vengono sfruttati a pieno dall'Italia per una sostanziale inadeguatezza di informazione e formazione dei soggetti all'interno delle Pubbliche Amministrazioni e degli operatori privati;
              la perdita o la mancata utilizzazione delle risorse comunitarie reca un grave pregiudizio sia sotto il profilo economico e sociale, sia contribuisce ad alimentare un clima di sfiducia e di distanza dalle istituzioni nazionali ed europee;
              in questo particolare momento di crisi economica e sociale, l'Italia non può più permettersi di perdere ulteriori risorse messe a disposizione dalla Ue, che risultano di vitale importanza per rivitalizzare il tessuto socio-economico del Paese,

impegna il Governo

ad impegnarsi ad istituire un'Agenzia interministeriale per favorire il pieno sfruttamento delle risorse comunitarie messe a disposizioni per il Paese; conferendo alla stessa compiti di informazione, formazione, indirizzo, monitoraggio, sorveglianza, da svolgere dalla fase di progettazione a fino alla valutazione dei risultati e degli obiettivi raggiunti, nei confronti di enti pubblici e soggetti privati.
9/1458/12. Moscatt, Paris.


      La Camera,
          premesso che:
              l'attuale articolo 29 prevede l'istituto della responsabilità solidale ai fini retributivi, contributivi e assistenziali e lo stesso è rivolto esclusivamente ai contratti di appalto e subappalto e, quindi, non ha mai coinvolto le prestazioni di carattere occasionale ex articolo 2222 cc;
              la nuova norma prevede l'estensione della responsabilità solidale ai contratti di lavoro autonomo, modificando l'articolo 29 del decreto legislativo n.  276 del 2003;
              la previsione contenuta nel nuovo testo di legge, in considerazione che il vincolo solidaristico peraltro sussiste in tutti i rapporti tra committente, appaltatore e subappaltatore, rappresenta un ulteriore appesantimento per le imprese, spostando altri obblighi di controllo sulle stesse che dovrebbero invece competere ad altri soggetti;
              tali rapporti di lavoro autonomo non richiedono, infatti, alcun requisito di continuità e spesso sono instaurati una tantum al solo fine di ottenere un'opera o un servizio specifici e ben delimitati nel tempo,

impegna il Governo

ad interpretare la nuova norma, definendo come lavoro autonomo i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto (cosiddetti lavoratori parasubordinati).
9/1458/13. Pizzolante.


      La Camera,
          premesso che:
              nel mezzogiorno la situazione economica e produttiva è drammatica;
              la desertificazione produttiva dell'ultimo decennio accentuata dalla drammaticità del processo di dismissione delle partecipazioni statali avvenuta ad inizio anni 90 vede migliaia di lavoratori esclusi dal mondo del lavoro e tutelati esclusivamente dalla presenza della cosiddetta mobilità in deroga;
              i piani di «svuotamento» delle platee di tali lavoratori posti in essere dalle regioni per il loro reinserimento lavorativo non hanno portato risultati significativi anzi;
              le proroghe di anno in anno hanno evitato il degenerare di situazioni ingestibili ma non hanno creato i presupposti per un loro rientro al lavoro;
              si tratta spesso di lavoratori in età molto critica compresa tra i 40 e i 50 anni di età spesso provenienti da comparti e con professionalità non facilmente ricollocabili;
              il combinato disposto della riforma previdenziale con l'allungamento dei requisiti per l'accesso alla pensione e quello della riforma degli ammortizzatori sociali con l'avvento dell'Aspi rischiano di creare situazioni complesse con molti lavoratori al termine dei 12/18 mesi fuori da qualsiasi copertura;
              rispetto a determinate aree industriali come quelle in cui vi è stata la presenza delle partecipazioni statali sarebbe opportuno prevedere la Costituzione di un tavolo nazionale per affrontare le situazioni delle platee di lavoratori sotto ammortizzatori in deroga in scadenza il prossimo 31 dicembre;
              occorre una forte responsabilizzazione delle regioni con piani di formazione e di sostegno alle amministrazioni locali che utilizzano questi lavoratori in attività utili alla comunità come ad esempio al raccolta dei rifiuti;
              sarebbe altresì utile che accordi come quello siglato dalle parti sociali per Expo 2015 possano vedere coinvolti anche queste platee al fine di dare una opportunità anche a queste persone e alle loro famiglie,

impegna il Governo

a convocare per il mese di settembre un tavolo nazionale con le regioni al fine di affrontare a complessa vicenda degli ammortizzatori in deroga in riferimento alle specifiche aree industriali legate a strumenti della programmazione negoziata nelle Regioni Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise, Abruzzo, alfine di prevedere un piano straordinario di formazione e di misure a sostegno del reinserimento lavorativo che possa portare entro la fine del 2014 ad una diminuzione del 50 per cento delle attuali platee garantendo comunque il prosieguo dei trattamenti degli ammortizzatori sociali in essere almeno fino alla fine del 2014.
9/1458/14. Burtone, Antezza, Bobba, Bonomo.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 11, commi 7 e 8, del decreto-legge 76 del 2013, si limita ad introdurre agevolazioni a favore dei soli soggetti danneggiati dagli eventi sismici del maggio 2012;
              l'articolo 11, comma 8-bis, del decreto-legge 76 del 2013, si limita ad introdurre agevolazioni per il ripristino dei soli edifici pubblici danneggiati dagli eventi sismici del maggio 2012;
              l'articolo 11, commi 9 e il, del decreto-legge 76 del 2013, si limita a disciplinare la rimozione dell'amianto nei soli comuni interessati dagli eventi sismici del 2012 e dalla tromba d'aria del 3 maggio 2013;
              l'articolo 11, comma 1 1-quater, introduce una garanzia statale, pari a 6 miliardi di euro, limitatamente ai finanziamenti concessi ai soggetti danneggiati dagli eventi sismici del 2012;
          considerato che:
              l'articolo 3 della Costituzione sancisce che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge», ..., ed «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini»;
              l'articolo 5 della Costituzione sancisce che la Repubblica è «una e indivisibile»;
              la Camera ha approvato l'ordine del giorno n.  9/1197/13, con il quale ha impegnato il Governo ad introdurre alcune agevolazioni a favore dei soggetti danneggiati dall'evento sismico di Pollino del 31 dicembre 2014;
              non si comprendono le ragioni per le quali il Governo non estende ogni misura adottata a favore dei soggetti danneggiati dall'evento sismico del 2012 anche ai soggetti danneggiati dalle calamità naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio del 1992, n.  225, per le quali sia stato deliberato lo stato di emergenza di cui all'articolo 5, della legge 24 febbraio 1992, n.  225,

impegna il Governo:

          ad estendere le agevolazioni introdotte dal decreto-legge, 1o agosto 2013, n.  76, anche ai soggetti danneggiati dalle calamità naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio del 1992, n.  225, per le quali sia stato deliberato lo stato di emergenza di cui all'articolo 5, della legge 24 febbraio 1992, n.  225;
          ed ad estendere ogni futura agevolazione fiscale e contributiva che verrà adottata con prossimi provvedimenti a tutti i soggetti danneggiati da calamità naturali.
9/1458/15. Cancelleri, Barbanti, Pesco, Pisano, Ruocco, Villarosa.


      La Camera,
          premesso che:
              durante l’iter al Senato è stato inserito all'articolo 11 il nuovo comma 11-ter, che autorizza il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare a programmare interventi per la bonifica ambientale connesse allo smaltimento dell'amianto e dell'eternit nei comuni della Valle del Belice;
              la stessa necessità ed emergenza si segnala per i lavori di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale dell'area industriale delle ex sito industriale Pertusola nella provincia di Crotone, dove a causa delle sostanze inquinanti è necessario mettere in sicurezza la falda, a seguito del ritrovamento di sostanze inquinanti dei prodotti agricoli coltivati nei terreni confinanti;
              la questione è già all'esame sia del Ministero dell'ambiente sia degli enti locali e territoriali interessati, ma è necessario pervenire ad una rapida attuazione degli interventi di bonifica sia dell'ex area industriale per la conversione in altri progetti sia delle terre adiacenti altamente inquinate;
              per quanto riguarda la bonifica dei terreni, è preoccupante che i progetti all'esame prevedano che i terreni interessati possano considerarsi completamente bonificati in un lasso di tempo di 1000 anni,

impegna il Governo

a sollecitare le autorità competenti affinché siano adottati i provvedimenti per procedere con urgenza alla bonifica dell'area Pertusola, mediante progetti che possano rendere bonificati le zone agricole nel minor lasso di tempo possibile, e pertanto, se necessario finanziare interventi più efficaci ed onerosi, a valutare l'opportunità di autorizzare l'utilizzo di quote di risorse del Fondo per la coesione e lo sviluppo assegnate alla Regione Calabria.
9/1458/16. Barbanti, Parentela, Dieni, Nesci, Gitti.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento all'esame, al comma 14 dell'articolo 2 dispone in materia di tirocini formativi da destinare agli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali, da realizzarsi, in orario extracurricolare, presso imprese, altre strutture produttive di beni e servizi o enti pubblici. In particolare, il comma dispone in merito a piani di intervento, di durata triennale, finalizzati alla realizzazione dei suddetti tirocini formativi;
              secondo la succitata disposizione, i criteri e le modalità di definizione dei piani di intervento, i requisiti per l'accesso ai suddetti tirocini da parte degli studenti – che devono fare riferimento a criteri che ne premino l'impegno e il merito – nonché i criteri per l'attribuzione agli stessi studenti di crediti formativi, sono fissati con decreto MIUR-MEF, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge;
          considerato che:
              le norme generali relative all'alternanza scuola-lavoro sono state definite dal decreto legislativo n.  77 del 2005, in attuazione dell'articolo 4 della legge n.  53 del 2003; in particolare, l'alternanza scuola-lavoro è qualificata nel decreto legislativo citato come modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo, sia nel sistema dei licei, sia nel sistema dell'istruzione e della formazione professionale, per assicurare ai giovani l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro;
              i percorsi in alternanza sono progettati, attuati, verificati e valutati sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica e formativa, sulla base di convenzioni con imprese, camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti pubblici e privati, inclusi quelli del terzo settore;
              si ricorda, inoltre, che anche i recenti regolamenti di riorganizzazione del secondo ciclo di istruzione e formazione fanno riferimento all'alternanza scuola-lavoro, agli stage e ai tirocini (si vedano, in particolare: l'articolo 5, comma 2, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica n.  88 del 2010, relativo agli istituti tecnici; l'articolo 5, comma 2, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica n.  87 del 2010, relativo agli istituti professionali; l'articolo 2, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n.  89 del 2010, relativo ai licei);
          rilevato che:
              nella maggior parte dei casi le aziende non dispongono di figure né di strumenti indispensabili a formare i giovani coinvolti nell'alternanza scuola lavoro e quindi l'esperienza rischia di non essere efficace nel raggiungimento degli obiettivi dell'alternanza,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di prevedere, soprattutto per le realtà aziendali più grandi (un criterio potrebbe essere quello del numero dei dipendenti), l'obbligatorietà di dotarsi di una figura organica che funga da riferimento e tutoraggio per l'alternanza scuola lavoro ed esperienze di tirocinio; di disporre spazi di lavoro loro riservati e di supporto all'attività, anche a fronte di sgravi fiscali per le aziende interessate.
9/1458/17. Luigi Gallo, D'Uva, Marzana, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, Battelli, Vacca, Chimienti.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1 del provvedimento all'esame, introduce in via sperimentale, un incentivo per i datori di lavoro che entro il 30 giugno 2015 assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, che rientrino in una delle seguenti condizioni: a) siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi; b) siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale;
              il beneficio, di carattere sperimentale, è volto alla promozione di occupazione stabile di giovani fino a 29, in attesa dell'adozione di ulteriori misure da realizzare anche attraverso il ricorso alle risorse della nuova programmazione comunitaria 2014-2020;
          considerato che:
              il criterio richiesto relativo alla mancanza di un diploma di scuola media superiore o professionale per circoscrivere la platea dei destinatari, potrebbe portare paradossalmente a casi di abbandono scolastico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire, attraverso ulteriori iniziative normative, tra i criteri richiesti anche quello di non essere iscritti a nessun corso di studi, al fine di scongiurare il pericolo che i giovani abbandonino la scuola nella speranza di godere del beneficio previsto.
9/1458/18. Brescia, Luigi Gallo, Marzana, Vacca, D'Uva, Di Benedetto, Battelli, Simone Valente, Chimienti.


      La Camera,
          premesso che:
              i commi da 10 a 13 dell'articolo 2 del provvedimento all'esame, dispongono in materia di sostegno dei tirocini curriculari svolti da studenti iscritti ai corsi di laurea di università statali nell'a.a. 2013-2014, a tal fine disponendo un'autorizzazione di spesa di 3 milioni di euro per il 2013 e di 7,6 milioni di euro per il 2014. Lo scopo è quello di promuovere l'alternanza fra studio e lavoro;
              in particolare, il comma 10 reca l'autorizzazione di spesa, nei termini sopra indicati, per il sostegno delle attività di tirocinio curriculare da parte degli studenti iscritti ai corsi di laurea (delle sole università statali, come chiarito dal comma 11) nell'a.a. 2013-2014;
              il comma 11 del succitato articolo dispone che con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) – che doveva essere adottato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto – sono stabiliti criteri e modalità per la ripartizione «su base premiale» delle risorse tra le (sole) università statali che attivano tirocini di durata minima pari a 3 mesi con enti pubblici o privati;
          considerato che:
              da dichiarazioni del ministro Carrozza appare evidente che i criteri per la destinazione dei fondi agli atenei avvenga attraverso la valutazione compiuta Anvur, anche se, ad oggi, la nostra Agenzia di valutazione nazionale è solo candidata all'Enqua, l'ente europeo che accredita le agenzie di valutazione, ma non risulta completato il procedimento di inserimento della stessa;
              la disposizione di cui al comma 11 succitato, che prevede di legare la ripartizione del fondo a sostegno delle attività di tirocinio curricolare da parte degli studenti iscritti ai corsi di laurea nell'anno accademico 2013-14 a non misurabili criteri di efficienza, non chiarisce cosa si vada a premiare, in quanto il concetto di premialità appare piuttosto vago,

impegna il Governo

in sede di emanazione del decreto citato in premessa, ad escludere il coinvolgimento dell'Anvur nel percorso di valutazione ai fini dell'accreditamento per la ripartizione «su base premiale» delle risorse tra le università statali che attivano i tirocini previsti.
9/1458/19. Marzana, Vacca, D'Uva, Luigi Gallo, Battelli, Di Benedetto, Simone Valente, Brescia, Chimienti.


      La Camera,
          premesso che:
              i commi da 10 a 13 dell'articolo 2 del provvedimento all'esame, dispongono in materia di sostegno dei tirocini curriculari svolti da studenti iscritti ai corsi di laurea di università statali nell'a.a. 2013-2014, a tal fine disponendo un'autorizzazione di spesa di 3 milioni di euro per il 2013 e di 7,6 milioni di euro per il 2014. Lo scopo è quello di promuovere l'alternanza fra studio e lavoro;
              in particolare, il comma 10 reca l'autorizzazione di spesa, nei termini sopra indicati, per il sostegno delle attività di tirocinio curriculare da parte degli studenti iscritti ai corsi di laurea (delle sole università statali, come chiarito dal comma 11) nell'a.a. 2013-2014;
              il comma 11 del succitato articolo dispone che con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) – che doveva essere adottato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto – sono stabiliti criteri e modalità per la ripartizione «su base premiale» delle risorse tra le (sole) università statali che attivano tirocini di durata minima pari a 3 mesi con enti pubblici o privati;
          considerato che:
              da dichiarazioni del ministro Carrozza appare evidente che i criteri per la destinazione dei fondi agli atenei avvenga attraverso la valutazione compiuta Anvur, anche se, ad oggi, la nostra Agenzia di valutazione nazionale è solo candidata all'Enqua, l'ente europeo che accredita le agenzie di valutazione, ma non risulta completato il procedimento di inserimento della stessa;
              la disposizione di cui al comma 11 succitato, che prevede di legare la ripartizione del fondo a sostegno delle attività di tirocinio curricolare da parte degli studenti iscritti ai corsi di laurea nell'anno accademico 2013-14 a non misurabili criteri di efficienza, non chiarisce cosa si vada a premiare, in quanto il concetto di premialità appare piuttosto vago,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in sede di emanazione del decreto citato in premessa, di escludere il coinvolgimento dell'Anvur nel percorso di valutazione ai fini dell'accreditamento per la ripartizione «su base premiale» delle risorse tra le università statali che attivano i tirocini previsti.
9/1458/19.    (Testo modificato nel corso della seduta) Marzana, Vacca, D'Uva, Luigi Gallo, Battelli, Di Benedetto, Simone Valente, Brescia, Chimienti.


      La Camera,
          premesso che:
              i commi da 10 a 13 dell'articolo 2 del provvedimento all'esame dispongono in materia di sostegno dei tirocini curriculari svolti da studenti iscritti ai corsi di laurea di università statali nell'a.a. 2013-2014, a tal fine disponendo un'autorizzazione di spesa di 3 milioni di euro per il 2013 e di 7,6 milioni di euro per il 2014. Lo scopo è quello di promuovere l'alternanza fra studio e lavoro;
              la copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui ai commi da 10 a 13 è recata dall'articolo 12. In particolare, quanto a 7,6 milioni di euro per l'anno 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) (articolo 12, comma 1, lettera f));
          considerato che:
              nel decreto-legge n.  69 del 2013, cosiddetto decreto del fare, attualmente all'esame al Senato, all'articolo 58 comma 1 si prevede che il turn over degli enti di ricerca e delle università passi dal 20 per cento al 50 per cento. In sostanza, si ampliano le facoltà di assumere delle università e degli enti di ricerca per l'anno 2014, elevando dal 20 a 50 per cento il limite di spesa consentito a rispetto alle cessazioni dell'anno precedente;
              a tal fine, si incrementa il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di 21,4 milioni di euro nel 2014 e di 42,7 milioni di euro dal 2015 e 11 Fondo per il finanziamento degli enti di ricerca vigilati dal MIUR (FOE) di 3,6 milioni di euro nel 2014 e di 7,1 milioni di euro dal 2015;
              l'aumento della percentuale al 100 per cento della spesa consentita sarebbe stata opportuna quanto necessaria dal momento che, attualmente, sia la ricerca che il sistema accademico in Italia non riescono a garantire quegli standard qualitativi necessari per un paese che voglia realmente competere con gli altri Paesi europei;
              il limite del turn over previsto dal decreto-legge n.  112 del 2008 non è l'unico limite che insiste sulle assunzioni poiché le università sono penalizzate anche dal tetto di spesa per il personale sulle risorse complessive. Ad esempio, per le università sussistono i vincoli all'impiego delle risorse liberate dal turn-over definiti dal decreto legislativo n.  49 del 2012 attuativo della legge n.  240 del 2010;
              date le difficoltà di bilancio degli atenei e le riduzioni al FFO degli ultimi anni, questi vincoli possono rendere teorico il turn-over al 50 per cento a fronte di atenei che potranno reclutare utilizzando percentuali di molto inferiori di budget;
              non appaiono coerenti, a fronte delle innumerevoli esigenze e aspettative del mondo universitario, gli interventi del Governo che da un lato concedono risorse e dall'altro le sottraggono,

impegna il Governo

a reperire con estrema urgenza ulteriori risorse da destinare al fondo di finanziamento ordinario dell'Università, anche al fine di scongiurare il pericolo che l'aumento della tassazione a carico degli studenti rappresenti l'unica strada per salvaguardare gli standard qualitativi delle università italiane.
9/1458/20. Vacca, D'Uva, Luigi Gallo, Marzana, Battelli, Di Benedetto, Simone Valente, Brescia, Chimienti.


      La Camera,
          premesso che:
              la legge di stabilità 2013 all'articolo 1 comma 489 – abrogando l'articolo 1, comma 331, della legge 27 dicembre 2006, n.  296, primo e secondo periodo – è intervenuta sulla disciplina Iva delle prestazioni sociali a soggetti svantaggiati rese da cooperative e loro consorzi di cui al n.  41-bis della Tabella A – Parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n.  633 del 1972: disposizione che assoggetta all'aliquota ridotta del 4 per cento le «prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale»;
              con ciò l'aliquota del 4 per cento verrebbe elevata al 10 per cento (+ 150 per cento) per le prestazioni rese in esecuzione di appalti o convenzioni e introducendo il regime di esenzione per altre, ovvero quelle rese direttamente agli utenti dei servizi;
              la proposta di riforma è stata sollecitata dal timore dell'avvio di una procedura di infrazione da parte della commissione Ue nei confronti dello Stato italiano per contrasto con la direttiva Ue in materia di Sistema comune Iva;
              il Governo ha ritenuto inizialmente di proporre la soppressione – con effetti immediati – dell'aliquota agevolata del 4 per cento. Tuttavia, all'indomani della presentazione del disegno di legge, i numerosi soggetti hanno difeso il regime delle prestazioni sociali, rilevando l'inconsistenza della contestazione di incompatibilità con il diritto comunitario, basata su supposizioni da dimostrare. Così, anche in virtù del suddetto intervento, l'incremento del regime è stato posticipato ai contratti stipulati nel 2014;
              ciò, oltre a far salve le situazioni pregresse, ha fatto guadagnare il tempo necessario per valutare l'effettività del contrasto con l'ordinamento comunitario ed eventualmente consentire a Parlamento e Governo di ripristinare il regime del 4 per cento per tutte le prestazioni sociali;
              ora perciò, valutando l'impatto che l'aumento dell'Iva sulle prestazioni rese dalle cooperative sociali genererebbe, si riscontrano molti punti di oggettivo svantaggio per le famiglie, per le stesse cooperative sociali e per le istituzioni locali, senza alcun reale vantaggio reale per lo stato, dato che:
                  gli enti locali, Comuni e Asl non hanno risorse per far fronte all'aumento dell'Iva di 6 punti percentuali (ovvero del 150 per cento), quindi, con le medesime risorse del 2013, nel 2014 forniranno meno servizi sociali agli italiani, si taglieranno i servizi di inclusione sociale alle fasce più deboli della popolazione: a 500.000 persone;
                  la misura non produrrà aumento effettivo del gettito dall'incremento dell'Iva: l'unico effetto sarà quello di spostare parte delle risorse dagli enti locali alle casse statali;
                  l'aumento dell'Iva allargherà l'area dell'evasione e dell'irregolarità del lavoro, la dove viceversa la cooperazione sociale in questi anni ha invece fatto emergere migliaia di posti di lavoro regolare nel settore dell'assistenza;
                  la misura mette chiaramente a rischio l'occupazione (42.800 posti di lavoro) di un settore che invece ha dato e potrebbe continuare a dare un contributo determinante alla creazione di nuova occupazione;
                  nel caso dell'inevitabile disoccupazione, vi sarà comunque un esborso pubblico perché sarà necessario chiedere e ottenere fondi per gli ammortizzatori sociali o altre forme di tutela per le persone che perderanno il lavoro (ad esempio cassa integrazione in deroga eccetera);
                  oltre a produrre gravi problemi alle famiglie, tale incremento Iva avrà l'effetto automatico di ridurre i consumi di queste persone e, quindi, di ridurre la loro contribuzione fiscale,

impegna il Governo

a mantenere in vigore la sola aliquota ridotta del 4 per cento per le prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni rivedere in tal senso il provvedimento contenuto nella legge di stabilità 2013.
9/1458/21. Zanin, Bobba, Patriarca, Martelli, Madia, De Menech, Causin, Biondelli, Antezza, Bonomo.


      La Camera,
          premesso che:
              la legge di stabilità 2013 all'articolo 1 comma 489 – abrogando l'articolo 1, comma 331, della legge 27 dicembre 2006, n.  296, primo e secondo periodo – è intervenuta sulla disciplina Iva delle prestazioni sociali a soggetti svantaggiati rese da cooperative e loro consorzi di cui al n.  41-bis della Tabella A – Parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n.  633 del 1972: disposizione che assoggetta all'aliquota ridotta del 4 per cento le «prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale»;
              con ciò l'aliquota del 4 per cento verrebbe elevata al 10 per cento (+ 150 per cento) per le prestazioni rese in esecuzione di appalti o convenzioni e introducendo il regime di esenzione per altre, ovvero quelle rese direttamente agli utenti dei servizi;
              la proposta di riforma è stata sollecitata dal timore dell'avvio di una procedura di infrazione da parte della commissione Ue nei confronti dello Stato italiano per contrasto con la direttiva Ue in materia di Sistema comune Iva;
              il Governo ha ritenuto inizialmente di proporre la soppressione – con effetti immediati – dell'aliquota agevolata del 4 per cento. Tuttavia, all'indomani della presentazione del disegno di legge, i numerosi soggetti hanno difeso il regime delle prestazioni sociali, rilevando l'inconsistenza della contestazione di incompatibilità con il diritto comunitario, basata su supposizioni da dimostrare. Così, anche in virtù del suddetto intervento, l'incremento del regime è stato posticipato ai contratti stipulati nel 2014;
              ciò, oltre a far salve le situazioni pregresse, ha fatto guadagnare il tempo necessario per valutare l'effettività del contrasto con l'ordinamento comunitario ed eventualmente consentire a Parlamento e Governo di ripristinare il regime del 4 per cento per tutte le prestazioni sociali;
              ora perciò, valutando l'impatto che l'aumento dell'Iva sulle prestazioni rese dalle cooperative sociali genererebbe, si riscontrano molti punti di oggettivo svantaggio per le famiglie, per le stesse cooperative sociali e per le istituzioni locali, senza alcun reale vantaggio reale per lo stato, dato che:
                  gli enti locali, Comuni e Asl non hanno risorse per far fronte all'aumento dell'Iva di 6 punti percentuali (ovvero del 150 per cento), quindi, con le medesime risorse del 2013, nel 2014 forniranno meno servizi sociali agli italiani, si taglieranno i servizi di inclusione sociale alle fasce più deboli della popolazione: a 500.000 persone;
                  la misura non produrrà aumento effettivo del gettito dall'incremento dell'Iva: l'unico effetto sarà quello di spostare parte delle risorse dagli enti locali alle casse statali;
                  l'aumento dell'Iva allargherà l'area dell'evasione e dell'irregolarità del lavoro, la dove viceversa la cooperazione sociale in questi anni ha invece fatto emergere migliaia di posti di lavoro regolare nel settore dell'assistenza;
                  la misura mette chiaramente a rischio l'occupazione (42.800 posti di lavoro) di un settore che invece ha dato e potrebbe continuare a dare un contributo determinante alla creazione di nuova occupazione;
                  nel caso dell'inevitabile disoccupazione, vi sarà comunque un esborso pubblico perché sarà necessario chiedere e ottenere fondi per gli ammortizzatori sociali o altre forme di tutela per le persone che perderanno il lavoro (ad esempio cassa integrazione in deroga eccetera);
                  oltre a produrre gravi problemi alle famiglie, tale incremento Iva avrà l'effetto automatico di ridurre i consumi di queste persone e, quindi, di ridurre la loro contribuzione fiscale,

impegna il Governo

compatibilmente con la disciplina comunitaria, a mantenere in vigore la sola aliquota ridotta del 4 per cento per le prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni rivedere in tal senso il provvedimento contenuto nella legge di stabilità 2013.
9/1458/21.    (Testo modificato nel corso della seduta) Zanin, Bobba, Patriarca, Martelli, Madia, De Menech, Causin, Biondelli, Antezza, Bonomo.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 11, commi 22 e 23 del decreto-legge in esame, prevede norme in materia di sigarette elettroniche, in particolare Il comma 22 assoggetta, a decorrere dal 1o gennaio 2014, i prodotti succedanei dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo (cosiddette sigarette elettroniche) ad un'imposta di consumo del 58,5 per cento. La commercializzazione di tali prodotti viene sottoposta alla preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
              il comma 23 dell'articolo in esame, mediante l'aggiunta di un comma 10-bis all'articolo 51 della legge 16 gennaio 2003, n.  3, stabilisce, in primo luogo – per effetto di una modifica approvata al Senato – che ai prodotti succedanei dei prodotti da fumo si applichino le disposizioni vigenti per i tabacchi lavorati in tema di divieto pubblicitario e promozionale, nonché di tutela della salute dei non fumatori,

impegna il Governo:

          ad adottare una normativa complessiva la quale prevede anche una tassazione equa e bilanciata tenendo in considerazione che un'imposta troppo elevate ed un versamento anticipato della stessa metterebbe fuori mercato tale prodotto causando la chiusura di migliaia di punti vendita e la perdita di altrettanti posti di lavoro;
          a mantenete un sistema di vendita libero, evitando la monopolizzazione del prodotto;
          a regolamentare gli aspetti pubblicitari della sigaretta elettronica limitandone la trasmissione durante le fasce protette ed informando il consumatore della eventuale presenza di nicotina e del relativo impatto sulla salute;
          a regolamentare i divieti nei luoghi pubblici, permettendone comunque l'utilizzo presso i rivenditori in considerazione del fatto che tali prodotti vanno testati dal consumatore che si appresta ad acquistarli.
9/1458/22. Abrignani.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 11, commi 22 e 23 del decreto-legge in esame, prevede norme in materia di sigarette elettroniche, in particolare Il comma 22 assoggetta, a decorrere dal 1o gennaio 2014, i prodotti succedanei dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo (cosiddette sigarette elettroniche) ad un'imposta di consumo del 58,5 per cento. La commercializzazione di tali prodotti viene sottoposta alla preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
              il comma 23 dell'articolo in esame, mediante l'aggiunta di un comma 10-bis all'articolo 51 della legge 16 gennaio 2003, n.  3, stabilisce, in primo luogo – per effetto di una modifica approvata al Senato – che ai prodotti succedanei dei prodotti da fumo si applichino le disposizioni vigenti per i tabacchi lavorati in tema di divieto pubblicitario e promozionale, nonché di tutela della salute dei non fumatori,

impegna il Governo:

          a valutare l'opportunità di adottare una normativa complessiva la quale prevede anche una tassazione equa e bilanciata tenendo in considerazione che un'imposta troppo elevate ed un versamento anticipato della stessa metterebbe fuori mercato tale prodotto causando la chiusura di migliaia di punti vendita e la perdita di altrettanti posti di lavoro;
          a mantenete un sistema di vendita libero, evitando la monopolizzazione del prodotto;
          a regolamentare gli aspetti pubblicitari della sigaretta elettronica limitandone la trasmissione durante le fasce protette ed informando il consumatore della eventuale presenza di nicotina e del relativo impatto sulla salute;
          a regolamentare i divieti nei luoghi pubblici, permettendone comunque l'utilizzo presso i rivenditori in considerazione del fatto che tali prodotti vanno testati dal consumatore che si appresta ad acquistarli.
9/1458/22.    (Testo modificato nel corso della seduta) Abrignani.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 11 del testo in esame reca misure in materia di IVA;
              in base all'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.  633 (Istituzione e disciplina dell'Imposta sul valore aggiunto), le prestazioni di trasporto urbano di persone effettuate mediante veicoli da piazza o altri mezzi di trasporto abilitati ad eseguire servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare, sono esenti dall'imposta sul valore aggiunto e che, per questo motivo, in base all'articolo 19 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica, l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni e servizi afferenti tali operazioni non è detraibile;
              l'articolo 8, comma 2, lettera e), della legge 15 dicembre 2011, n.  217 (legge comunitaria 2010), in attuazione delle direttive comunitarie n.  2009/69/CE e 2009/162/CE, che modificano la direttiva n.  2006/112/CE, ha apportato alcune modifiche alla disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, in seno all'articolo 8-bis del su citato decreto del Presidente della Repubblica;
              l'articolo 8-bis, come modificato, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.  633 recita: Sono assimilate alle cessioni all'esportazione, se non comprese nell'articolo 8: a) le cessioni di navi adibite alla navigazione in alto mare e destinate all'esercizio di attività commerciali o della pesca nonché le cessioni di navi adibite alla pesca costiera o ad operazioni di salvataggio o di assistenza in mare, ovvero alla demolizione, escluse le unità da diporto di cui alla legge 11 febbraio 1971, n.  50;
              tale disposizione sembra imporre, ai fini della identificazione delle operazioni assimilate alle cessioni all'esportazione, come tali non imponibili IVA, la presenza concomitante di entrambi i requisiti ivi descritti (la destinazione di navi alla navigazione in alto mare e l'esercizio di attività commerciali, quali il trasporto pubblico locale marittimo);
              dal testo della norma europea, che la disposizione in argomento ha inteso recepire (articolo 148 della direttiva n.  2006/112/CE), non sembra si possa evincere tale interpretazione. La norma, infatti, recita: «Gli stati membri esentano le operazioni seguenti: a) le cessioni di beni destinati al rifornimento e al vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare e al trasporto a pagamento di passeggeri o utilizzate nell'esercizio di attività commerciali, industriali e della pesca...» riconoscendo sufficiente la ricorrenza di una sola condizione, nel caso di specie la destinazione delle navi ad attività commerciale;
              l'applicazione dell'IVA agli acquisti delle forniture di bordo, soprattutto di carburante, combinata con l'impossibilità di detrarla ai sensi dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n.  633/72, in quanto afferenti a operazioni attive esenti IVA, ai sensi del citato articolo 10, punto 14, dello stesso decreto, determina in un incremento dei costi, difficilmente recuperabile mediante aumento delle tariffe, e suscettibile di portare molte compagnie di navigazione all'abbandono del servizio;
              in tal senso è stato accolto al Senato l'ordine del giorno D'Alì al medesimo decreto-legge n.  76 del 2013,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a trovare una soluzione positiva della problematica su esposta, mediante una modifica alla normativa nazionale di recepimento della direttiva citata in premessa, oppure tramite una nota interpretativa della stessa che ribadisca che il regime di non imponibilità IVA si applica sia alle navi adibite alla navigazione in alto mare, sia alle navi adibite all'esercizio di attività commerciale (trasporto pubblico locale marittimo e, in generale, su acqua).
9/1458/23. Pagano.


      La Camera,
          premesso che:
              i lavoratori della cultura e dello spettacolo rappresentano una categoria strategica per lo sviluppo economico e civile del Paese come ben delineato nelle linee programmatiche del Governo;
              molti di questi lavoratori, spesso giovani, operano in una condizione particolare che vede nella discontinuità dei momenti lavorativi la norma piuttosto che l'eccezione;
              questa condizione determina l'inefficacia di molti dei meccanismi previdenziali e di tutela sociale ad esempio per malattia o maternità per molti di questi lavoratori;
              esistono risorse disponibili, tra le quali significativamente il fondo ex enpals che è da diverso tempo in attivo e che è di spettanza dei lavoratori e delle imprese;
              i regimi fiscali e societari tradizionali mal si adattano a questo tipo di lavoro contribuendo a creare zone grigie in campo tributario, di fedeltà fiscale e di difficoltà di sviluppo di comportamenti pienamente imprenditoriali,

impegna il Governo

a promuovere nei prossimi provvedimenti, con particolare riferimento al Decreto Valore Cultura e alla prossima Legge di Stabilità, una proposta complessiva di riorganizzazione normativa per questa categoria di lavoratori che, anche attingendo dalle risorse del fondo ex enpals, e con la condivisione di lavoratori ed imprese, individui modalità efficaci di accesso alle tutele pensionistiche e sociali, nonché forme societarie semplificate sul piano normativo e fiscale.
9/1458/24. Rampi, Coscia, Orfini, Manzi, Piccoli Nardelli, Zampa, Blazina, Carocci, Malpezzi, Bonafè, Rocchi, D'Ottavio, Narduolo, Ascani, Malisani, Bossa, Coccia, Raciti, Scuvera, Di Salvo, Tentori, Bonomo.


      La Camera,
          premesso che:
              i lavoratori della cultura e dello spettacolo rappresentano una categoria strategica per lo sviluppo economico e civile del Paese come ben delineato nelle linee programmatiche del Governo;
              molti di questi lavoratori, spesso giovani, operano in una condizione particolare che vede nella discontinuità dei momenti lavorativi la norma piuttosto che l'eccezione;
              questa condizione determina l'inefficacia di molti dei meccanismi previdenziali e di tutela sociale ad esempio per malattia o maternità per molti di questi lavoratori;
              esistono risorse disponibili, tra le quali significativamente il fondo ex enpals che è da diverso tempo in attivo e che è di spettanza dei lavoratori e delle imprese;
              i regimi fiscali e societari tradizionali mal si adattano a questo tipo di lavoro contribuendo a creare zone grigie in campo tributario, di fedeltà fiscale e di difficoltà di sviluppo di comportamenti pienamente imprenditoriali,

impegna il Governo

a promuovere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, nei prossimi provvedimenti, con particolare riferimento al Decreto Valore Cultura e alla prossima Legge di Stabilità, una proposta complessiva di riorganizzazione normativa per questa categoria di lavoratori che, anche attingendo dalle risorse del fondo ex enpals, e con la condivisione di lavoratori ed imprese, individui modalità efficaci di accesso alle tutele pensionistiche e sociali, nonché forme societarie semplificate sul piano normativo e fiscale.
9/1458/24.    (Testo modificato nel corso della seduta) Rampi, Coscia, Orfini, Manzi, Piccoli Nardelli, Zampa, Blazina, Carocci, Malpezzi, Bonafè, Rocchi, D'Ottavio, Narduolo, Ascani, Malisani, Bossa, Coccia, Raciti, Scuvera, Di Salvo, Tentori, Bonomo.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame – in ragione dell'attuale contesto socio-economico, caratterizzato da alti tassi di disoccupazione, specialmente giovanile – predispone alcune misure urgenti e semplificate, in linea anche con le politiche e le iniziative assunte a livello europeo, al fine di dare attenuazione al disagio in cui versa una sempre più vasta fascia di popolazione;
              gli interventi contenuti nel provvedimento rappresentano una positiva ma parziale risposta alle richieste provenienti dal mondo del lavoro; il protrarsi della fase recessiva evidenzia l'esigenza di ulteriori e maggiori sforzi da destinarsi alle persone in cerca di occupazione e ai lavoratori maggiormente esposti alle conseguenze derivanti dalla lunga crisi economica;
              l'articolo 5 del decreto in esame detta norme in materia di ricollocazione dei lavoratori destinatari dei cosiddetti ammortizzatori sociali in deroga, il cui rifinanziamento rappresenta una dette problematiche più rilevanti di questi anni; il reperimento delle risorse necessarie alla sua completa copertura costituisce, infatti, un atto indispensabile alfine di tutelare il reddito di decine di migliaia di lavoratori;
              già in occasione dell'esame del decreto-legge 21 maggio 2013, n.  54, convertito con modificazioni dalla legge 18 luglio 2013, n.  85 – che aveva stanziato 715 milioni per il finanziamento della CIG in deroga – erano emerse da più parti le preoccupazioni circa la congruità delle risorse stanziate al fine di assicurare il finanziamento degli ammortizzatori in deroga per tutto il 2013;
              sin dalle prime settimane di luglio si sono evidenziate in forma sempre più pressante, le preoccupazioni circa il rapido esaurirsi delle disponibilità di risorse che, seppure ancora non erogate, risultano appena sufficienti a sanare una parte degli arretrati e non riusciranno ad esaudire le richieste relative ai mesi successivi;
              i sindacati e le Regioni negli scorsi giorni hanno affermato che le risorse stanziate sono terminate a luglio e che, da quella data, mezzo milione di lavoratori rischia di rimanere senza alcuna forma di sostegno al reddito;
              si ritiene non procrastinabile l'adozione di misure che assicurino l'integrale copertura del fabbisogno dell'anno in corso,

impegna il Governo

ad adottare, sin dal prossimo intervento di carattere finanziario, gli atti di competenza necessari a reperire le risorse utili a garantire il finanziamento della cassa integrazione in deroga per l'intero anno 2013, valutando anche la possibilità – nei criteri di ripartizione delle risorse – di superare il riferimento alla spesa storica e di adottare, invece, modalità che tengano altresì in considerazione l'aumento delle richieste di ammortizzatori sociali provenienti dai vari territori.
9/1458/25. Bellanova, Gnecchi, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Madia, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Mariano, Braga, Basso, Biondelli, Tentori.


      La Camera,
          premesso che:
              attualmente la Regione Piemonte ha 198 dipendenti a tempo determinato in «regime» di proroga fino al 31 dicembre 2013, in attuazione dell'articolo 46 della legge regionale n.  5 del 2012;
              si tratta di lavoratori a tempo determinato vincitori di un regolare concorso, finalizzato ad un percorso di stabilizzazione che la regione Piemonte ha avviato con la legge regionale n.  9 del 2007 nei limiti e con le modalità previste dalla legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007);
              si tratta di lavoratori, alcuni dei quali a capo di direzioni e servizi, che in questi anni hanno garantito il funzionamento dell'ente grazie alla loro professionalità, formazione e competenza;
          premesso inoltre che:
              l'attuale normativa nazionale non permette alla Regione di procedere alla stabilizzazione di personale precario o a tempo determinato;
          la legge 24 dicembre 2012, n.  228 (legge di stabilità 2013) all'articolo 1, commi 400 e 401, ha introdotto per le Pubbliche Amministrazioni ulteriori norme in materia di assunzione e stabilizzazione;
              il comma 400 ha previsto la facoltà per le pubbliche amministrazioni di prorogare i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, in essere al 30 novembre 2012, che superano il limite dei trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, previsto dall'articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.  368, o il diverso limite previsto dai Contratti collettivi nazionali del relativo comparto, fino e non oltre il 31 dicembre 2013;
              il comma 401, ha sancito per le Pubbliche amministrazioni la possibilità di avviare procedure di reclutamento mediante concorso pubblico con riserva di posti per i titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato e per titoli ed esami, finalizzati a valorizzare, con apposito punteggio l'esperienza professionale del personale a tempo determinato nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno e nel limite massimo complessivo deI 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili ai sensi della normativa vigente in materia di assunzioni ovvero di contenimento della spesa di personale;
              la legge di stabilità 2013 ha di fatto riaffermato il principio del concorso pubblico per l'assunzione a tempo indeterminato e ha disciplinato il doppio binario della riserva e della valorizzazione dell'esperienza professionale tramite attribuzione di punteggio;
              tuttavia, suddetta norma ha subordinato l'espletamento delle procedure di reclutamento al rispetto della programmazione triennale del fabbisogno, all'osservanza di vincoli di finanza pubblica in materia di assunzioni ed infine al rispetto delle disposizioni di legge di contenimento della spesa del personale;
          considerato inoltre che:
              la situazione non appare risolvibile con l'indizione di nuovi concorsi, come è stato proposto, che appare del tutto iniqua per chi è già vincitore di un concorso pubblico, nonché dannosa per la stessa regione che può già disporre di personale formato, qualificato e che conosce già il funzionamento dell'ente e ne garantisce la funzionalità e l'efficienza;
              l'attuale Governo è impegnato a trovare soluzioni nuove per contrastare la precarietà e la disoccupazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, compatibilmente con i vincoli di bilancio ed in armonia con la disciplina generale in materia di assunzioni, di adottare ogni iniziativa utile a sanare la situazione di precarietà ormai insostenibile, presente da troppo tempo nel pubblico impiego, al fine di iniziare un serio e definitivo percorso di stabilizzazione del personale precario di cui di cui tutto il pubblico impiego si avvale.
9/1458/26. Boccuzzi, Bechis, Lavagno, Allasia, Gribaudo, Portas, Bargero, Albanella, Baruffi, Bellanova, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Gnecchi, Gregori, Incerti, Madia, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Braga, Rossomando, D'Ottavio, Bobba, Fregolent, Bonomo, Fiorio, Biondelli, Taricco.


      La Camera,
          premesso che:
              il livello di disoccupazione giovanile in Italia è assai più alto di quello di altri Paesi Europei e ciò dipende in gran parte dal fatto che essi dispongono di sistemi di formazione professionale meglio calibrati sulle reali esigenze del mercato del lavoro e sarebbe auspicabile che anche noi recepissimo le migliori pratiche di Paesi a noi simili;
              l'articolo 5 del decreto-legge in corso di conversione, come modificato al Senato, istituisce una struttura sperimentale di missione presso il ministero del lavoro per l'attuazione, dal 1o gennaio 2014, del programma «Garanzia per i giovani» (Youth Guarantee) e per la ricollocazione dei lavoratori beneficiari di interventi di integrazione salariale (in particolare, degli ammortizzatori sociali cosiddetto in deroga);
              il richiamato articolo 5, tenuto conto dei compiti attribuiti dal comma 2 alla struttura sperimentale di missione, si configura quale presupposto per una prima e parziale attuazione alla raccomandazione del Consiglio 20131C 120/01 del 22 aprile 2013, relativa alla «Garanzia per i giovani»;
              al fine di dare piena attuazione alla raccomandazione del Consiglio appare tuttavia necessario completare gli interventi di cui al provvedimento in esame, definendo un quadro organico e specifico di misure anche di natura legislativa, idonee ad assicurare ai giovani fino a 25 anni di età – entro quattro mesi dal termine di un ciclo di istruzione formale o dall'inizio di un periodo di disoccupazione – un'offerta di lavoro, di prosecuzione dell'istruzione scolastica, di apprendistato o di un tirocinio di qualità elevata;
              numerose disposizioni del provvedimento in esame danno seguito ad alcune delle raccomandazioni formulate dal Consiglio europeo dello scorso 27-28 giugno: in particolare, l'articolo 1, comma 12, lettera a), l'articolo 3, commi 1 e 2, e l'articolo 4, commi 1 e 2, che recano misure dirette ad accelerare le procedure per la riprogrammazione della spesa cofinanziata dai Fondi strutturali europei 2007-2013 e per la rimodulazione del Piano di Azione Coesione, per il finanziamento di interventi a favore dell'occupazione giovanile e dell'inclusione sociale nel Mezzogiorno, e i commi da 1 a 8 dell'articolo 2, che introducono disposizioni a regime in materia di apprendistato professionalizzante e tirocini formativi e di orientamento;
              è tuttavia necessario dare attuazione in tempi brevi anche alle ulteriori misure indicate dal Consiglio europeo dello scorso 27-28 giugno, assicurando, in particolare piena operatività dal gennaio 2014 dell'iniziativa Occupazione Giovanile (Youth Employment Initiative – YEI) (COM(2013)144),

impegna il Governo:

          a dare piena attuazione alla raccomandazione del Consiglio 2013/C 120/01 del 22 aprile 2013, relativa alla «Garanzia per i giovani», stabilendo entro la fine del 2013 un quadro organico e specifico di misure anche di natura legislativa, idonee ad assicurare ai giovani fino a 25 anni di età – entro quattro mesi dal termine di un ciclo di istruzione formale o dall'inizio di un periodo di disoccupazione – un'offerta di lavoro, di prosecuzione dell'istruzione scolastica, di apprendistato o di un tirocinio di qualità elevata;
          ad adottare, dando seguito alle conclusioni del Consiglio europeo dello scorso 27-28 giugno, misure per modernizzare i sistemi d'istruzione e formazione professionale, rafforzare la cooperazione tra istruzione e imprese per agevolare il passaggio dall'istruzione al lavoro, migliorare l'integrazione nel mercato del lavoro dei giovani scarsamente qualificati, affrontare lo squilibrio tra le competenze disponibili e quelle richieste, promuovere apprendistati e tirocini in settori economici chiave, nonché l'imprenditorialità e le imprese in fase di avviamento;
              a prendere l'iniziativa in sede europea per una armonizzazione delle legislazioni in materia di formazione in modo da creare uno spazio europeo della formazione funzionale ad un mercato interno integrato del lavoro. I giovani Italiani, infatti, oggi cercano lavoro in tutti i Paesi dell'Unione e si scontrano con la difficoltà di disporre di qualifiche e formazione professionale in genere disomogenee rispetto a quelli dei nostri partners europei.
9/1458/27. Berlinghieri, Bonomo, Buttiglione, Alli, Tancredi, Mosca, Gnecchi, Coscia, Anzaldi, Ascani, Beni, Biondelli, Borghi, Boschi, Braga, Capozzolo, Cinzia Maria Fontana, Gadda, Giuseppe Guerini, Lattuca, Iori, Malpezzi, Mariano, Martelli, Moscatt, Narduolo, Nicoletti, Pastorino, Piccione, Piccoli Nardelli, Quartapelle Procopio, Rocchi, Sberna, Schirò Planeta, Tentori, Ventricelli, Zardini, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Madia, Maestri, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Galgano, Culotta, Chaouki, Basso, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 7 comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito in legge 122 del 2010, ha previsto la soppressione dell'Ispesl e il trasferimento delle relative funzioni all'Inail. Con il comma 5 viene stabilito che in attesa della definizione dei comparti di contrattazione in applicazione dell'articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, come modificato dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.  150, al personale transitato dall'Ispesl all'Inail continua ad applicarsi il trattamento giuridico ed economico previsto dalla contrattazione collettiva del comparto ricerca e dell'area VII;
              il succitato decreto nulla prevede circa gli aspetti previdenziali del personale spesi che transita all'Inail, a differenza di quanto sempre avvenuto, anche nel recente passato, con la soppressione di altri enti, in cui le cui norme hanno consentito ai dipendenti dell'ente soppresso di conservare il regime previdenziale dell'ente di provenienza odi optare per il regime previdenziale dell'ente di destinazione;
              il decreto interministeriale 19 ottobre 2012 (pubblicato nella G.U. n.  36 del 12 febbraio 2013) disponeva il trasferimento delle funzioni e del personale dall'Ispesl all'Inail, senza alcun riferimento agli aspetti previdenziali, visto che peraltro la fonte primaria, decreto legge n. 78 del 2010, – convertito in legge 122 del 2010, nulla aveva previsto rispetto alla posizione previdenziale dei dipendenti Ispesl;
              l'Inps, con messaggio 3548 del 28 febbraio 2013, in applicazione dell'articolo 37 del regio decreto-legge n.  1827/1935 (Regio decreto che istituisce l'Inps) e successive modificazioni ed integrazioni, decide, con effetto dal 31 maggio 2010, che il personale Ispesl transitato nei ruoli dell'INAIL è obbligatoriamente iscritto al regime AGO (Fondo pensioni lavoratori dipendenti), nonostante che sia il decreto legge n. 78 del 2010 che il successivo Decreto interministeriale 19 ottobre 2012, nulla abbiano previsto al riguardo;
              va rilevato che nel periodo fra il 31 maggio 2010 e il 28 febbraio 2013, sono intervenuti diversi pensionamenti di personale Ispesl, tutti regolarmente liquidati con pensioni in regime Inpdap e che ora tali soggetti si sono visti notificare, con lettera raccomandata Inail, a distanza anche di 30 mesi dal proprio pensionamento, la revoca della pensione e la comunicazione che la nuova pensione verrà loro ricalcolata in regime Inps;
              con la pensione liquidata in regime Inps, questi pensionati e i futuri pensionandi Ispesl avranno la pensione decurtata fra il 18 e il 24 per cento dell'importo mensile e ciò solo perché il legislatore non ha previsto, come sempre è avvenuto in occasione della soppressione di altri enti, il mantenimento del regime previdenziale dell'ente di provenienza o la facoltà di opzione per quello dell'ente di destinazione,

impegna il Governo

a procedere anche in via amministrativa, a sanare la situazione sopra rappresentata e a garantire – a far data dal 31 maggio 2010 a tutti gli ex dipendenti ISPESL – il mantenimento del regime previdenziale dell'ente di provenienza oppure a facoltà di opzione, così come è stato previsto per gli enti soppressi anche nel recente passato.
9/1458/28. Gnecchi, Madia, Cuperlo, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla.


      La Camera,
          premesso che:
              alcune delle misure adottate dal presente provvedimento sono volte a favorire la promozione dell'occupazione giovanile e a promuovere la coesione sociale; la fase recessiva che da anni caratterizza il nostro Paese richiede, però, sforzi ulteriori, anche in riferimento alle centinaia di miglia di donne e uomini iscritti alla gestione separata Inps, tra i quali prevalgono i titolari di partite Iva e di contratti a progetto;
              il prolungarsi della crisi, provocando una notevole riduzione del lavoro e delle retribuzioni, ha relegato una larga parte di tali lavoratori ai margini della vita professionale e sociale; gli interventi dell'ultimo anno in materia di mercato del lavoro non hanno tenuto nel giusto conto l'esigenza di tutelare i lavoratori in oggetto; in alcuni casi le disposizioni introdotte hanno contribuito a rendere ancora più difficoltosa la loro capacità di tenuta professionale;
              a tal proposito, il comma 57 dell'articolo 2 della legge 28 giugno 2012, n.  92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), ha previsto un incremento dell'aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla gestione separata INPS e della corrispondente aliquota per il computo delle prestazioni pensionistiche; la norma prevede, infatti, un incremento progressivo delle due aliquote, a decorrere daI 2013, fino al conseguimento di aliquote pari, rispettivamente, al 33 per cento (dal 27 per cento) e al 24 per cento (dal 18 per cento) – per i casi in cui il soggetto sia iscritto anche ad altra forma pensionistica obbligatoria o sia già titolare di un trattamento pensionistico – a regime dal 2018;
              a seguito delle perplessità evidenziate da più parti – incentrate sugli effetti distorsivi che avranno sulle retribuzioni dei lavoratori – l'incremento dell'aliquota contributiva era stata sospeso per l'anno 2013 dall'articolo 46-bis, comma 1, lettera g), del decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83 (cosiddetto Decreto crescita) convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  134;
              il mancato recepimento delle richieste volte a ottenere la sospensione dell'incremento suddetto anche per il 2014 rischia di provocare ulteriori fratture sociali, acuendo il senso di emarginazione di una parte sempre più vasta di popolazione lavorativa,

impegna il Governo

a individuare le risorse necessarie per finanziare anche per il 2014 la sospensione dell'incremento dell'aliquota contributiva per gli iscritti alla gestione separata Inps di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n.  335, che non risultino iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati.
9/1458/29. Paris, Giacobbe, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Gnecchi, Gregori, Gribaudo, Incerti, Madia, Maestri, Martelli, Miccoli, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Braga, Basso, Biondelli, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              alcune delle misure adottate dal presente provvedimento sono volte a favorire la promozione dell'occupazione giovanile e a promuovere la coesione sociale; la fase recessiva che da anni caratterizza il nostro Paese richiede, però, sforzi ulteriori, anche in riferimento alle centinaia di miglia di donne e uomini iscritti alla gestione separata Inps, tra i quali prevalgono i titolari di partite Iva e di contratti a progetto;
              il prolungarsi della crisi, provocando una notevole riduzione del lavoro e delle retribuzioni, ha relegato una larga parte di tali lavoratori ai margini della vita professionale e sociale; gli interventi dell'ultimo anno in materia di mercato del lavoro non hanno tenuto nel giusto conto l'esigenza di tutelare i lavoratori in oggetto; in alcuni casi le disposizioni introdotte hanno contribuito a rendere ancora più difficoltosa la loro capacità di tenuta professionale;
              a tal proposito, il comma 57 dell'articolo 2 della legge 28 giugno 2012, n.  92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), ha previsto un incremento dell'aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla gestione separata INPS e della corrispondente aliquota per il computo delle prestazioni pensionistiche; la norma prevede, infatti, un incremento progressivo delle due aliquote, a decorrere daI 2013, fino al conseguimento di aliquote pari, rispettivamente, al 33 per cento (dal 27 per cento) e al 24 per cento (dal 18 per cento) – per i casi in cui il soggetto sia iscritto anche ad altra forma pensionistica obbligatoria o sia già titolare di un trattamento pensionistico – a regime dal 2018;
              a seguito delle perplessità evidenziate da più parti – incentrate sugli effetti distorsivi che avranno sulle retribuzioni dei lavoratori – l'incremento dell'aliquota contributiva era stata sospeso per l'anno 2013 dall'articolo 46-bis, comma 1, lettera g), del decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83 (cosiddetto Decreto crescita) convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  134;
              il mancato recepimento delle richieste volte a ottenere la sospensione dell'incremento suddetto anche per il 2014 rischia di provocare ulteriori fratture sociali, acuendo il senso di emarginazione di una parte sempre più vasta di popolazione lavorativa,

impegna il Governo

a individuare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, le risorse necessarie per finanziare anche per il 2014 la sospensione dell'incremento dell'aliquota contributiva per gli iscritti alla gestione separata Inps di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n.  335, che non risultino iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati.
9/1458/29.    (Testo modificato nel corso della seduta) Paris, Giacobbe, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Gnecchi, Gregori, Gribaudo, Incerti, Madia, Maestri, Martelli, Miccoli, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Braga, Basso, Biondelli, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 11, commi 22 e 23, del provvedimento in esame, contiene alcune disposizioni relative ai prodotti succedanei dei tabacchi lavorati e ai dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo (le cosiddette sigarette elettroniche);
              si sottopone la commercializzazione dei suddetti prodotti alla preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, demandando a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze il compito di definire le norme applicabili alla distribuzione e vendita, in analogia, per quanto applicabili, a quelle vigenti per i tabacchi lavorati;
              la norma più rilevante riguarda l'introduzione di un'imposta di consumo del 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico;
              tale ultima disposizione – che la relazione tecnica del Governo afferma essere «finalizzata alta salvaguardia delle entrate erariali derivanti dal consumo dei tabacchi lavorati, in particolare delle sigarette, le quali subiscono l'effetto sostituivo del consumo, in notevole espansione, di detti succedanei» appare fortemente pregiudizievole per i tanti piccoli imprenditori che, pur in un contesto economico fortemente negativo, hanno impegnato energia e risorse al fine di intraprendere un'attività;
              la legittima esigenza di reperire risorse per l'erario non può essere soddisfatta incidendo in maniera onerosa sul settore del commercio; l'attuale congiuntura – caratterizzata da una fase recessiva di eccezionale durata – dovrebbe suggerire interventi di supporto atta piccola imprenditoria e non misure che rischiano di danneggiare in modo irreversibile alcuni specifici settori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità – al fine di tutelare i livelli occupazionali determinati dal settore del commercio delle cosiddette sigarette elettroniche – di rivedere la disposizione che eleva al 58,5 per cento l'imposta di consumo del prezzo di vendita al pubblico.
9/1458/30. Portas, Boccuzzi.


      La Camera,
          premesso che:
              il drammatico contesto socio-economico in cui versa il nostro Paese richiede interventi incisivi e specifici mirati alla creazione di nuovi posti di lavoro e alla salvaguardia di quelli preesistenti;
              il provvedimento in esame evidenzia la consapevolezza del Governo riguardo alla difficile congiuntura e all'esigenza di porre in essere tutte le misure necessarie a invertire una tendenza da troppi anni negativa;
              tra le categorie di lavoratori maggiormente esposti alle conseguenze della fase recessiva vi sono i giovani titolari di partita IVA iscritti alla gestione separata Inps, i quali, pur godendo del cosiddetto regime dei minimi – che consente di versare, a determinate condizioni, una imposta sostitutiva del 5 per cento dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali – non usufruiscono di agevolazioni in materia di contributi previdenziali;
              nel quadro di misure volte ad agevolare il lavoro e l'occupazione giovanile, sarebbe stato necessario tenere conto delle difficoltà attraversate dalle centinaia di migliaia di giovani che, nonostante il contesto economico ostile decidono – o sono indotti – di aprire la partita Iva al fine di intraprendere una attività lavorativa autonoma;
              l'eccezionale fase recessiva richiede interventi di natura non ordinaria, destinati ad attenuarne le conseguenze,

impegna il Governo

individuare strumenti idonei per permettere nei primi 5 anni dall'apertura della partita Iva – qualora non sia stato raggiunto il reddito minimo necessario ad ottenere un anno di copertura contributiva – il pagamento in base al reddito effettivamente realizzato o di un importo minimo di contribuzione INPS da definire con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
9/1458/31. Mariani, Gnecchi, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Madia, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Mariano, Braga, Basso, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1 del provvedimento in esame – allo scopo di promuovere l'occupazione giovanile – istituisce in via sperimentale fino al 30 giugno 2015, incentivi per i datori di lavoro che assumono con contratto a tempo indeterminato giovani tra i 18 e i 29 anni che siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi o privi di un diploma di scuola media superiore o professionale;
              l'incentivo, pari a un terzo della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali (e che non può, in ogni caso, superare i 650 euro mensili), è valido per un periodo di 18 mesi ed è corrisposto mediante conguaglio delle denunce contributive mensili;
              analogo incentivo – di durata ridotta, 12 mesi, ma con il medesimo limite di 650 euro – è destinato ai datori di lavoro che trasformano un contratto in tempo indeterminato, con esclusione di chi abbia già beneficiato degli incentivi per l'assunzione a tempo indeterminato; tale trasformazione deve essere accompagnata, entro un mese, da un ulteriore assunzione con contratto di lavoro dipendente di un lavoratore;
              i 794 milioni stanziati allo scopo di finanziare i suddetti incentivi – da riversare sul Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto-legge n.  185 del 2008 – sono reperiti con le seguenti modalità: mediante riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, di cui all'articolo 13 della legge n.  183 del 1987 e rimodulazione delle risorse dello stesso Fondo di rotazione già destinate agli interventi del Piano Azione Coesione (500 milioni di euro destinati alle Regioni del Sud); sulla base dei criteri di ripartizione dei Fondi strutturali (294 milioni di euro per le restanti Regioni);
              tale provvedimento rappresenta una necessaria boccata d'ossigeno per un mercato del lavoro da troppi anni asfittico; si è, però, consapevoli della limitatezza dell'intervento e della esigenza di ulteriori sforzi volti a ricomprendere anche altri lavoratori, quali i giovani di età tra i 29 e i 35 anni, esclusi dal beneficio degli incentivi ai giovani provenienti dalle risorse comunitarie perché considerati non più tali dagli standard europei;
              la generazione di giovani tra i 29 e i 35 anni – cresciuta professionalmente in una delle peggiori congiunture che la storia repubblicana ricordi – sta pagando a livello economico e sociale un prezzo altissimo; le migliori risorse del Paese rischiano di rimanere ai margini della vita lavorativa attiva, restando escluse da ogni possibilità di inserimento;
              non ci si può permettere di «perdere» una generazione di lavoratori e professionisti – nella maggior parte dei casi molto qualificati – che potrebbero dare un apporto decisivo alla ripresa economica e sociale del Paese,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori misure di carattere finanziario volte al sostegno dell'occupazione dei giovani anche appartenenti alla fascia di età dai 29 ai 35 anni.
9/1458/32. Capozzolo, Paris, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Damiano, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gnecchi, Gregori, Gribaudo, Incerti, Madia, Maestri, Martelli, Miccoli, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Mariano, Basso, Biondelli, Antezza, Bonomo.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1 del provvedimento in esame – allo scopo di promuovere l'occupazione giovanile – istituisce in via sperimentale fino al 30 giugno 2015, incentivi per i datori di lavoro che assumono con contratto a tempo indeterminato giovani tra i 18 e i 29 anni che siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi o privi di un diploma di scuola media superiore o professionale;
              l'incentivo, pari a un terzo della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali (e che non può, in ogni caso, superare i 650 euro mensili), è valido per un periodo di 18 mesi ed è corrisposto mediante conguaglio delle denunce contributive mensili;
              analogo incentivo – di durata ridotta, 12 mesi, ma con il medesimo limite di 650 euro – è destinato ai datori di lavoro che trasformano un contratto in tempo indeterminato, con esclusione di chi abbia già beneficiato degli incentivi per l'assunzione a tempo indeterminato; tale trasformazione deve essere accompagnata, entro un mese, da un ulteriore assunzione con contratto di lavoro dipendente di un lavoratore;
              i 794 milioni stanziati allo scopo di finanziare i suddetti incentivi – da riversare sul Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto-legge n.  185 del 2008 – sono reperiti con le seguenti modalità: mediante riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, di cui all'articolo 13 della legge n.  183 del 1987 e rimodulazione delle risorse dello stesso Fondo di rotazione già destinate agli interventi del Piano Azione Coesione (500 milioni di euro destinati alle Regioni del Sud); sulla base dei criteri di ripartizione dei Fondi strutturali (294 milioni di euro per le restanti Regioni);
              tale provvedimento rappresenta una necessaria boccata d'ossigeno per un mercato del lavoro da troppi anni asfittico; si è, però, consapevoli della limitatezza dell'intervento e della esigenza di ulteriori sforzi volti a ricomprendere anche altri lavoratori, quali i giovani di età tra i 29 e i 35 anni, esclusi dal beneficio degli incentivi ai giovani provenienti dalle risorse comunitarie perché considerati non più tali dagli standard europei;
              la generazione di giovani tra i 29 e i 35 anni – cresciuta professionalmente in una delle peggiori congiunture che la storia repubblicana ricordi – sta pagando a livello economico e sociale un prezzo altissimo; le migliori risorse del Paese rischiano di rimanere ai margini della vita lavorativa attiva, restando escluse da ogni possibilità di inserimento;
              non ci si può permettere di «perdere» una generazione di lavoratori e professionisti – nella maggior parte dei casi molto qualificati – che potrebbero dare un apporto decisivo alla ripresa economica e sociale del Paese,

impegna il Governo

ad adottare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, ulteriori misure di carattere finanziario volte al sostegno dell'occupazione dei giovani anche appartenenti alla fascia di età dai 29 ai 35 anni.
9/1458/32.    (Testo modificato nel corso della seduta) Capozzolo, Paris, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Damiano, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gnecchi, Gregori, Gribaudo, Incerti, Madia, Maestri, Martelli, Miccoli, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Mariano, Basso, Biondelli, Antezza, Bonomo.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 4, commi 48 e 49, della legge 28 giugno 2012, n.  92, c.d. legge di riforma del mercato del lavoro, delega il Governo a riformare i servizi per l'impiego;
              la stessa legge ne amplia ulteriormente le competenze per la gestione dell'Aspi, ne rafforza il controllo e il monitoraggio a garanzia del raggiungimento dei livelli essenziali del servizio;
              i servizi per il lavoro e la formazione professionale non sono materia esclusiva dello Stato e, pertanto, non rientrano nelle ipotesi previste dal comma 6 dell'articolo 17 e la loro riforma è demandata al Ministero del lavoro in accordo con la conferenza Stato-Regioni;
              i servizi per l'impiego gestiti dalle Province sono oltre 550 e vi lavorano circa 6.600 persone tra dipendenti ed esperti che svolgono nel Paese le funzioni di erogazione dei servizi per l'informazione, l'orientamento e l'inserimento al lavoro;
              il 47 per cento dei cittadini disoccupati ricevono un servizio dai centri per l'impiego, che sono diversi dalle agenzie private, e oltre all'intermediazione del lavoro si occupano pure di assistere i disoccupati per l'erogazione dei sussidi e svolgono tutti gli adempimenti necessari per aziende e lavoratori al momento dell'assunzione;
              secondo l'ultima fotografia scattata dall'Upi, l'Unione province italiane, l'Italia è tra i Paesi europei con la più bassa spesa per i servizi pubblici per l'impiego;
              rielaborando dati Eurostat risulta che la spesa italiana per servizi per il lavoro degli ultimi anni è in media intorno ai 600 milioni di euro ed è diminuita dal 2008 proprio in concomitanza con l'aumento della disoccupazione giovanile, anche in ragione della destinazione delle risorse del Fondo sociale europeo (Fse) agli ammortizzatori in deroga;
              il personale addetto alla presa in carico del disoccupato in Italia è 1 ogni 200 disoccupati: diversamente, nel Regno Unito si ha 1 operatore ogni 43 disoccupati disponibili al lavoro, in Francia i ogni 59, in Germania 1 ogni 27;
              importante è poi il dato sulla spesa assoluta, che evidenzia la clamorosa controtendenza italiana: al 2010, in piena crisi ed emergenza giovani, l'Italia ha speso circa 26 miliardi di euro per politiche del lavoro, dei quali 20 miliardi per politiche passive (trattamenti di disoccupazione e prepensionamenti), 5 per politiche attive (soprattutto incentivi e formazione) e solo 50 milioni per servizi;
              nel periodo 2005-2011, con la crisi, diminuisce in proporzione e persino in valori assoluti la quota di risorse destinata a politiche attive e servizi. Dal 2008 al 2012 le Province hanno speso quasi 4 miliardi di euro per le politiche per l'impiego, mentre quasi 700 milioni nel solo 2012;
              a livello comparato, invece, la spesa media 2005-2011 della Germania per servizi per il lavoro è stata intorno agli 8 miliardi di euro, quella della Francia intorno ai 5 miliardi, mentre quella della Spagna ha superato il miliardo di euro;
              attualmente i servizi per l'impiego sono gestiti dalle Province e sottoposti alla regolamentazione regionale;
              sempre secondo i dati Upi, in Italia il quadro delle esperienze di centri per l'impiego è molto vario e i sistemi regionali poco omogenei e confrontabili;
              le comparazioni effettuate per conto della Commissione Europea mostrano come le quattro Regioni (insieme alle Province autonome di Trento e Bolzano) che hanno performances del mercato del lavoro che rafforzano le potenzialità economiche e tutelano le condizioni occupazionali sono l'Emilia Romagna (al primo posto tra le Regioni italiane, ma al 63o in Europa) e, più staccate, la Toscana, il Veneto ed il Piemonte;
              in queste quattro Regioni le politiche del mercato hanno un denominatore comune: si appoggiano a servizi provinciali con caratteristiche chiare e ben definite, con una determinata gamma di servizi;
              secondo la più recente indagine condotta dall'Isfol (2011), oggi soltanto il 3,5 per cento delle assunzioni di disoccupati avviene grazie alle attività dei centri per l'impiego;
              per trovare lavoro in Italia, i canali più gettonati sono ancora le segnalazioni di amici, parenti e conoscenti o il passaparola (che contribuiscono al 35 per cento circa delle assunzioni), seguono le auto-candidature spontanee (17 per cento circa dal 2003 in poi), i concorsi pubblici (8 per cento circa) e le agenzie di collocamento private (5 per cento negli ultimi 10 anni);
              i servizi dei centri per l'impiego risultano ben poco utili alla categoria di lavoratori giovani, soprattutto quelli con un titolo di studio di livello medio-alto: soltanto l'1,3 per cento dei laureati, infatti, riesce a trovare lavoro attraverso gli ex uffici di collocamento, mentre tra i giovani (con qualsiasi qualifica) la quota è del 2,7 per cento, al di sotto della media delle altre fasce di popolazione;
              queste percentuali hanno una ragion d'essere ben precisa: i 553 centri per l'impiego pubblici attivi in Italia devono gestire una mole enorme di disoccupati (nel 2010 la media era di oltre 3.500 persone alla ricerca di lavoro, per ogni ufficio);
              in tutte le strutture ci sono pochi operatori dedicati, cioè pochi funzionari che hanno il compito di studiare dei percorsi professionali personalizzati per ogni candidato: si tratta in totale di meno di 9 mila impiegati che, da soli, devono gestire ben 200-300 disoccupati a testa;
              si sta attraversando la più grave crisi economica del dopoguerra e, in tal situazione, le politiche attive del lavoro devono sempre più acquisire il compito di sostegno alla ricerca del lavoro e al potenziamento del sistema di incrocio domanda e offerta;
              la gestione moderna di servizi per il lavoro non è meramente amministrativa ma deve essere proattiva e tale da supportare la difficile fase della ricerca del lavoro, dell'orientamento e della riqualificazione professionale;
              questi servizi, per generale considerazione, abbisognano d'investimenti e di una profonda riorganizzazione in una positiva collaborazione con i servizi privati, con le imprese, e con tutti gli attori del sistema della formazione professionale;
              il programma europeo Youth Guarantee, cui il Governo si ispira, è diretto a tutti i giovani in difficoltà;
              gli incentivi a chi assume giovani a tempo indeterminato sono importanti ma non bastano: le migliori esperienze europee della Youth Guarantee mostrano che il loro successo dipende non solo dagli incentivi economici alle imprese che assumono giovani, ma dalla capacità degli operatori di politica attiva, pubblici e privati, di prendersi in carico i giovani;
              ciò significa offrire ai giovani disoccupati il sostegno personalizzato di cui hanno bisogno per inserirsi nel mercato del lavoro, sostegno che può comprendere il rafforzamento delle loro competenze, percorsi di orientamento e di stage, sostegni all'avvio di attività autonome, offerte di lavoro dipendente, anche in apprendistato, fino a forme di lavoro volontario e di servizio sociale;
              il provvedimento in esame, all'articolo 5, in attesa della definizione del processo di riordino sul territorio nazionale dei servizi per l'impiego, istituisce, in via sperimentale, una struttura di missione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, avente compiti di promozione, indirizzo, coordinamento, definizione di linee guida e predisposizione di rapporti, con riferimento all'attuazione, a decorrere dal 1o gennaio 2014, del programma comunitario «Garanzia per i giovani» (Youth Guarantee), alla ricollocazione dei lavoratori beneficiari di interventi di integrazione salariale e, in particolare, degli ammortizzatori sociali in deroga;
              l'istituzione di una sorta di task force per il riordino dei servizi all'impiego e il loro coordinamento con le politiche attive è indispensabile al fine di sfruttare al meglio le risorse del programma Youth Guarantee che, disponibili a partire dal 2014, dovrebbero permettere di dare ai giovani, in una situazione di grave crisi che rischia di vedere intere generazioni senza alcun contatto con il mondo del lavoro, la possibilità, entro quattro mesi dal diploma, dalla laurea o dall'uscita dal mercato del lavoro, di avere un contatto con il mondo dell'occupazione;
              in particolare, la scelta di puntare su un'unità di missione che metta insieme i vari protagonisti delle politiche del lavoro è motivata dal persistente disaccordo fra e con le Regioni, oltre che dall'incertezza dell'assetto istituzionale riguardante le Province e quindi la collocazione dei servizi dell'impiego;
              l'efficacia di queste forme di intervento «soft» non è di per sé esclusa, ma richiede una unità di intenti con forte regia centrale: requisiti questi tutti da verificare;
              infine, nel nostro sistema, dove le competenze in materia sono attribuite a Stato e Regioni, indispensabile appare un'Agenzia federale, composta di un organismo statale e un insieme di Agenzie regionali, con una distribuzione coerente di compiti;
              al fine di una riforma complessiva dell'organizzazione dei servizi all'impiego, che li potenzi e li raccordi o, meglio, li unifichi con la gestione degli ammortizzatori sociali,

impegna il Governo

          ad adoperarsi attraverso le opportune iniziative normative per consentire quanto prima la riapertura dei termini per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4, commi 48 e 49, della legge n.  92 del 2012, in modo tale da assicurare l'immediata e più efficace attuazione delle misure previste agli articoli 1 e 5 del presente provvedimento;
          a valutare l'opportunità, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 4, commi 48 e 49, della legge n.  92 del 2012, di tener conto delle esigenze di coordinamento tra riordino istituzionale e riordino per materia, con l'obiettivo della soluzione più efficace e razionale;
          a garantire, mediante un confronto costante con gli Enti Locali, la salvaguardia delle professionalità attualmente impiegate nei centri per l'impiego;
          ad adoperarsi per garantire la semplificazione delle procedure amministrative e una maggiore uniformità delle prestazioni sull'intero territorio nazionale, in modo da rimuovere le discrepanze riscontrate tra le Regioni.
9/1458/33. Simoni, Madia, Maestri, Martelli, Cinzia Maria Fontana, Albanella, Incerti, Paris.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 4, commi 48 e 49, della legge 28 giugno 2012, n.  92, c.d. legge di riforma del mercato del lavoro, delega il Governo a riformare i servizi per l'impiego;
              la stessa legge ne amplia ulteriormente le competenze per la gestione dell'Aspi, ne rafforza il controllo e il monitoraggio a garanzia del raggiungimento dei livelli essenziali del servizio;
              i servizi per il lavoro e la formazione professionale non sono materia esclusiva dello Stato e, pertanto, non rientrano nelle ipotesi previste dal comma 6 dell'articolo 17 e la loro riforma è demandata al Ministero del lavoro in accordo con la conferenza Stato-Regioni;
              i servizi per l'impiego gestiti dalle Province sono oltre 550 e vi lavorano circa 6.600 persone tra dipendenti ed esperti che svolgono nel Paese le funzioni di erogazione dei servizi per l'informazione, l'orientamento e l'inserimento al lavoro;
              il 47 per cento dei cittadini disoccupati ricevono un servizio dai centri per l'impiego, che sono diversi dalle agenzie private, e oltre all'intermediazione del lavoro si occupano pure di assistere i disoccupati per l'erogazione dei sussidi e svolgono tutti gli adempimenti necessari per aziende e lavoratori al momento dell'assunzione;
              secondo l'ultima fotografia scattata dall'Upi, l'Unione province italiane, l'Italia è tra i Paesi europei con la più bassa spesa per i servizi pubblici per l'impiego;
              rielaborando dati Eurostat risulta che la spesa italiana per servizi per il lavoro degli ultimi anni è in media intorno ai 600 milioni di euro ed è diminuita dal 2008 proprio in concomitanza con l'aumento della disoccupazione giovanile, anche in ragione della destinazione delle risorse del Fondo sociale europeo (Fse) agli ammortizzatori in deroga;
              il personale addetto alla presa in carico del disoccupato in Italia è 1 ogni 200 disoccupati: diversamente, nel Regno Unito si ha 1 operatore ogni 43 disoccupati disponibili al lavoro, in Francia i ogni 59, in Germania 1 ogni 27;
              importante è poi il dato sulla spesa assoluta, che evidenzia la clamorosa controtendenza italiana: al 2010, in piena crisi ed emergenza giovani, l'Italia ha speso circa 26 miliardi di euro per politiche del lavoro, dei quali 20 miliardi per politiche passive (trattamenti di disoccupazione e prepensionamenti), 5 per politiche attive (soprattutto incentivi e formazione) e solo 50 milioni per servizi;
              nel periodo 2005-2011, con la crisi, diminuisce in proporzione e persino in valori assoluti la quota di risorse destinata a politiche attive e servizi. Dal 2008 al 2012 le Province hanno speso quasi 4 miliardi di euro per le politiche per l'impiego, mentre quasi 700 milioni nel solo 2012;
              a livello comparato, invece, la spesa media 2005-2011 della Germania per servizi per il lavoro è stata intorno agli 8 miliardi di euro, quella della Francia intorno ai 5 miliardi, mentre quella della Spagna ha superato il miliardo di euro;
              attualmente i servizi per l'impiego sono gestiti dalle Province e sottoposti alla regolamentazione regionale;
              sempre secondo i dati Upi, in Italia il quadro delle esperienze di centri per l'impiego è molto vario e i sistemi regionali poco omogenei e confrontabili;
              le comparazioni effettuate per conto della Commissione Europea mostrano come le quattro Regioni (insieme alle Province autonome di Trento e Bolzano) che hanno performances del mercato del lavoro che rafforzano le potenzialità economiche e tutelano le condizioni occupazionali sono l'Emilia Romagna (al primo posto tra le Regioni italiane, ma al 63o in Europa) e, più staccate, la Toscana, il Veneto ed il Piemonte;
              in queste quattro Regioni le politiche del mercato hanno un denominatore comune: si appoggiano a servizi provinciali con caratteristiche chiare e ben definite, con una determinata gamma di servizi;
              secondo la più recente indagine condotta dall'Isfol (2011), oggi soltanto il 3,5 per cento delle assunzioni di disoccupati avviene grazie alle attività dei centri per l'impiego;
              per trovare lavoro in Italia, i canali più gettonati sono ancora le segnalazioni di amici, parenti e conoscenti o il passaparola (che contribuiscono al 35 per cento circa delle assunzioni), seguono le auto-candidature spontanee (17 per cento circa dal 2003 in poi), i concorsi pubblici (8 per cento circa) e le agenzie di collocamento private (5 per cento negli ultimi 10 anni);
              i servizi dei centri per l'impiego risultano ben poco utili alla categoria di lavoratori giovani, soprattutto quelli con un titolo di studio di livello medio-alto: soltanto l'1,3 per cento dei laureati, infatti, riesce a trovare lavoro attraverso gli ex uffici di collocamento, mentre tra i giovani (con qualsiasi qualifica) la quota è del 2,7 per cento, al di sotto della media delle altre fasce di popolazione;
              queste percentuali hanno una ragion d'essere ben precisa: i 553 centri per l'impiego pubblici attivi in Italia devono gestire una mole enorme di disoccupati (nel 2010 la media era di oltre 3.500 persone alla ricerca di lavoro, per ogni ufficio);
              in tutte le strutture ci sono pochi operatori dedicati, cioè pochi funzionari che hanno il compito di studiare dei percorsi professionali personalizzati per ogni candidato: si tratta in totale di meno di 9 mila impiegati che, da soli, devono gestire ben 200-300 disoccupati a testa;
              si sta attraversando la più grave crisi economica del dopoguerra e, in tal situazione, le politiche attive del lavoro devono sempre più acquisire il compito di sostegno alla ricerca del lavoro e al potenziamento del sistema di incrocio domanda e offerta;
              la gestione moderna di servizi per il lavoro non è meramente amministrativa ma deve essere proattiva e tale da supportare la difficile fase della ricerca del lavoro, dell'orientamento e della riqualificazione professionale;
              questi servizi, per generale considerazione, abbisognano d'investimenti e di una profonda riorganizzazione in una positiva collaborazione con i servizi privati, con le imprese, e con tutti gli attori del sistema della formazione professionale;
              il programma europeo Youth Guarantee, cui il Governo si ispira, è diretto a tutti i giovani in difficoltà;
              gli incentivi a chi assume giovani a tempo indeterminato sono importanti ma non bastano: le migliori esperienze europee della Youth Guarantee mostrano che il loro successo dipende non solo dagli incentivi economici alle imprese che assumono giovani, ma dalla capacità degli operatori di politica attiva, pubblici e privati, di prendersi in carico i giovani;
              ciò significa offrire ai giovani disoccupati il sostegno personalizzato di cui hanno bisogno per inserirsi nel mercato del lavoro, sostegno che può comprendere il rafforzamento delle loro competenze, percorsi di orientamento e di stage, sostegni all'avvio di attività autonome, offerte di lavoro dipendente, anche in apprendistato, fino a forme di lavoro volontario e di servizio sociale;
              il provvedimento in esame, all'articolo 5, in attesa della definizione del processo di riordino sul territorio nazionale dei servizi per l'impiego, istituisce, in via sperimentale, una struttura di missione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, avente compiti di promozione, indirizzo, coordinamento, definizione di linee guida e predisposizione di rapporti, con riferimento all'attuazione, a decorrere dal 1o gennaio 2014, del programma comunitario «Garanzia per i giovani» (Youth Guarantee), alla ricollocazione dei lavoratori beneficiari di interventi di integrazione salariale e, in particolare, degli ammortizzatori sociali in deroga;
              l'istituzione di una sorta di task force per il riordino dei servizi all'impiego e il loro coordinamento con le politiche attive è indispensabile al fine di sfruttare al meglio le risorse del programma Youth Guarantee che, disponibili a partire dal 2014, dovrebbero permettere di dare ai giovani, in una situazione di grave crisi che rischia di vedere intere generazioni senza alcun contatto con il mondo del lavoro, la possibilità, entro quattro mesi dal diploma, dalla laurea o dall'uscita dal mercato del lavoro, di avere un contatto con il mondo dell'occupazione;
              in particolare, la scelta di puntare su un'unità di missione che metta insieme i vari protagonisti delle politiche del lavoro è motivata dal persistente disaccordo fra e con le Regioni, oltre che dall'incertezza dell'assetto istituzionale riguardante le Province e quindi la collocazione dei servizi dell'impiego;
              l'efficacia di queste forme di intervento «soft» non è di per sé esclusa, ma richiede una unità di intenti con forte regia centrale: requisiti questi tutti da verificare;
              infine, nel nostro sistema, dove le competenze in materia sono attribuite a Stato e Regioni, indispensabile appare un'Agenzia federale, composta di un organismo statale e un insieme di Agenzie regionali, con una distribuzione coerente di compiti;
              al fine di una riforma complessiva dell'organizzazione dei servizi all'impiego, che li potenzi e li raccordi o, meglio, li unifichi con la gestione degli ammortizzatori sociali,

impegna il Governo

          a considerare l'opportunità di assicurare l'immediata e più efficace attuazione delle misure previste agli articoli 1 e 5 del presente provvedimento;
          a valutare l'opportunità, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 4, commi 48 e 49, della legge n.  92 del 2012, di tener conto delle esigenze di coordinamento tra riordino istituzionale e riordino per materia, con l'obiettivo della soluzione più efficace e razionale;
          a garantire, mediante un confronto costante con gli Enti Locali, la salvaguardia delle professionalità attualmente impiegate nei centri per l'impiego;
          ad adoperarsi per garantire la semplificazione delle procedure amministrative e una maggiore uniformità delle prestazioni sull'intero territorio nazionale, in modo da rimuovere le discrepanze riscontrate tra le Regioni.
9/1458/33.    (Testo modificato nel corso della seduta) Simoni, Madia, Maestri, Martelli, Cinzia Maria Fontana, Albanella, Incerti, Paris.


      La Camera,
          premesso che:
              all'articolo 5, comma 1, del presente provvedimento si istituisce, presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, un'apposita struttura di missione alla quale viene affidato il duplice compito di assicurare tempestiva ed efficace attuazione, a decorrere dal 1o gennaio 2014, della cosiddetta Garanzia per i giovani (Youth Guarantee). Tale struttura intende operare in via sperimentale, in attesa della definizione del processo di riordino sul territorio nazionale delle competenze in materia di servizi per l'impiego e dell'istituzione di un'Agenzia per l'impiego a livello nazionale e cessa comunque al 31 dicembre 2015;
              attraverso tale strumento comunitario, l'Unione europea ha raccomandato agli Stati membri di garantire che tutti i giovani di età inferiore a venticinque anni ricevano un'offerta qualitativamente valida di lavoro, di proseguimento degli studi, di apprendistato o tirocinio entro un periodo di quattro mesi dall'inizio della disoccupazione o dall'uscita del sistema d'istruzione formale;
              a riguardo, oltre agli impegni stipulati dal Governo in sede comunitaria, in occasione dello scorso Consiglio europeo di giugno, la Camera, lo scorso 20 giugno, ha approvato a larga maggioranza la mozione 1/0034, recante misure per il rilancio dell'occupazione giovanile. La mozione già impegna il Governo a riconoscere l'estrema importanza degli strumenti comunitari messi in atto per il rilancio dell'occupazione giovanile, mirati, in particolare, a favorire l'integrazione nel mercato del lavoro di giovani disoccupati al di fuori di ogni ciclo d'istruzione e formazione (Neet); a mettere in campo tutte le misure necessarie a recepire il sistema europeo di garanzia per i giovani, istituendo una serie di meccanismi d'intervento differenziati su più livelli, e, quindi: a) misure di contrasto alla dispersione scolastica e di sostegno al rientro nei percorsi di studio; b) misure a sostegno dell'inserimento lavorativo dei giovani diplomati e laureati; c) contrasto alla segmentazione generazionale del mercato del lavoro e della segregazione di genere;
              al comma 2, articolo 5, si prevede che la struttura di missione sulla Garanzia per i giovani, al fine di realizzare i propri compiti, interagisca, nel rispetto del principio di leale collaborazione, con i diversi livelli di governo preposti all'attuazione delle politiche occupazionali e definisca le linee guida nazionali per la programmazione degli interventi di politica attiva del lavoro,

impegna il Governo:

          a far sì che la struttura di missione, di cui all'articolo 5, comma 1, operando in linea con gli standard e la normativa dell'Unione europea in materia, favorisca l'elaborazione delle migliori strategie rivolte all'utilizzo degli strumenti finanziari europei di riferimento, la corretta attuazione della Garanzia per i giovani e la nascita di partenariati rivolti alla sensibilizzazione delle politiche giovanili europee, attuando, altresì, il monitoraggio sugli sviluppi relativi alla progettazione, all'attuazione e ai risultati della Garanzia per i giovani;
          nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà, oltre a quello di leale collaborazione, alla salvaguardia dei differenti contesti socio-economici territoriali, attraverso l'interazione con i competenti enti regionali nell'attuazione dei programmi operativi volti all'utilizzo dei Fondi strutturali dell'Unione europea, in particolare delle risorse provenienti dal quadro finanziario pluriennale 2014-2020 in favore dell'occupazione giovanile;
          al coinvolgimento del Parlamento soprattutto in merito al monitoraggio degli interventi relativi alla Garanzia per i giovani e alla formulazione delle proposte di miglioramento dell'azione amministrativa;
          nelle more della composizione della struttura di missione, così come in materia di costituzione della Banca dati delle politiche attive e passive, al coinvolgimento delle Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;
          all'avvio di una fase di riforma dei servizi pubblici per l'impiego in grado di sviluppare una rete nazionale di governance integrata e capace di unificare politiche attive e passive del lavoro, sulla base dei medesimi standard di qualità ed efficienza raggiunti dagli altri Paesi europei.
9/1458/34. Gregori, Gnecchi, Pastorino, Giuseppe Guerini, Incerti, Paris, Cinzia Maria Fontana, Maestri, Miccoli, Madia, Martelli, Fabbri, Baruffi, Albanella, Casellato, Bellanova, Boccuzzi, Faraone, Giacobbe, Gribaudo, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Bonomo, Moscatt, Narduolo, Lattuca, Basso, Tentori.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame contiene diverse disposizioni volte a favorire l'impiego di giovani mediante incentivi volti all'assunzione con contratto a tempo indeterminato, al fine di attenuare la condizione di precarietà in cui versa una vasta fascia di popolazione giovanile;
              tra le iniziative che meriterebbero una particolare attenzione rientrano quelle attinenti la tutela economica da riservare alle categorie di lavoratori maggiormente esposti alle difficoltà causate da un mercato del lavoro sempre più impoverito e frammentato;
              a tal proposito, la legge 28 giugno 2012, n.  92, è intervenuta estendendo la platea di beneficiari dell'indennità una tantum – istituita dall'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n.  2 – prevista per i titolari di contratto a progetto che avessero perso il lavoro, disponendo un regime di accesso all'indennità più favorevole per il triennio 2013-2015;
              nonostante le modifiche, i requisiti di accesso alla predetta indennità restano non facilmente accessibili e rischiano di condurre alla non utilizzazione delle risorse, così come avvenuto in sede di applicazione del provvedimento originario, che – proprio a causa delle restrizioni previste per la concessione del beneficio – ha visto corrispondere una minima parte del finanziamento stanziato;
              l'attuale struttura del mercato del lavoro esige misure di ben altra portata, in grado di consentire il superamento delle frammentazioni e garantire l'inclusione piena di tutte le forme di lavoro, anche parasubordinate e autonome – si pensi ai tanti giovani lavoratori titolari di partita Iva, spesso esclusi da qualsiasi intervento di natura tutelativa – nella rete delle protezioni per la perdita di occupazione;
              una prima dimostrazione di consapevolezza del problema è stata manifestata in sede di approvazione della citata legge 92/2012, la quale dispone – articolo 2, comma 56 – di valutare l'eventuale sostituzione dell'indennità una tantum con la MiniAspi;
              non è più procrastinabile l'adozione di misure volte a garantire il sostegno al reddito di centinaia di migliaia di giovani lavoratrici e lavoratori titolari di contratti a progetto o di partita Iva, e più in generale, di rapporti di lavoro discontinui; un sistema di ammortizzatori sociali flessibile ed inclusivo si pone infatti quale condizione essenziale e imprescindibile – oltre che per la sussistenza economica degli interessati – per il buon funzionamento del mercato del lavoro,

impegna il Governo

allo scopo di rendere più inclusivo ed equo l'assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive – in una prospettiva di universalizzazione degli strumenti di sostegno al reddito – a modificare i criteri di accesso alla summenzionata indennità una tantum al fine di consentirne l'utilizzo ad una platea più vasta, anche mediante l'accesso ai titolari di partita Iva iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps e ad altre categorie di lavoratori atipici.
9/1458/35. Madia, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Damiano, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gnecchi, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Mariano, Basso.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame contiene diverse disposizioni volte a favorire l'impiego di giovani mediante incentivi volti all'assunzione con contratto a tempo indeterminato, al fine di attenuare la condizione di precarietà in cui versa una vasta fascia di popolazione giovanile;
              tra le iniziative che meriterebbero una particolare attenzione rientrano quelle attinenti la tutela economica da riservare alle categorie di lavoratori maggiormente esposti alle difficoltà causate da un mercato del lavoro sempre più impoverito e frammentato;
              a tal proposito, la legge 28 giugno 2012, n.  92, è intervenuta estendendo la platea di beneficiari dell'indennità una tantum – istituita dall'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n.  2 – prevista per i titolari di contratto a progetto che avessero perso il lavoro, disponendo un regime di accesso all'indennità più favorevole per il triennio 2013-2015;
              nonostante le modifiche, i requisiti di accesso alla predetta indennità restano non facilmente accessibili e rischiano di condurre alla non utilizzazione delle risorse, così come avvenuto in sede di applicazione del provvedimento originario, che – proprio a causa delle restrizioni previste per la concessione del beneficio – ha visto corrispondere una minima parte del finanziamento stanziato;
              l'attuale struttura del mercato del lavoro esige misure di ben altra portata, in grado di consentire il superamento delle frammentazioni e garantire l'inclusione piena di tutte le forme di lavoro, anche parasubordinate e autonome – si pensi ai tanti giovani lavoratori titolari di partita Iva, spesso esclusi da qualsiasi intervento di natura tutelativa – nella rete delle protezioni per la perdita di occupazione;
              una prima dimostrazione di consapevolezza del problema è stata manifestata in sede di approvazione della citata legge 92/2012, la quale dispone – articolo 2, comma 56 – di valutare l'eventuale sostituzione dell'indennità una tantum con la MiniAspi;
              non è più procrastinabile l'adozione di misure volte a garantire il sostegno al reddito di centinaia di migliaia di giovani lavoratrici e lavoratori titolari di contratti a progetto o di partita Iva, e più in generale, di rapporti di lavoro discontinui; un sistema di ammortizzatori sociali flessibile ed inclusivo si pone infatti quale condizione essenziale e imprescindibile – oltre che per la sussistenza economica degli interessati – per il buon funzionamento del mercato del lavoro,

impegna il Governo

allo scopo di rendere più inclusivo ed equo l'assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive – in una prospettiva di universalizzazione degli strumenti di sostegno al reddito – a modificare nel rispetto dei vincoli di bilancio i criteri di accesso alla summenzionata indennità una tantum al fine di consentirne l'utilizzo ad una platea più vasta, anche mediante l'accesso ai titolari di partita Iva iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps e ad altre categorie di lavoratori atipici.
9/1458/35.    (Testo modificato nel corso della seduta) Madia, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Damiano, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gnecchi, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Mariano, Basso.


      La Camera,
          premesso che:
              la legge 28 giugno 2012, n.  92 – Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita – ha disposto misure e interventi intesi a realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla crescita sociale ed economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione;
              tale ambizioso obiettivo, stando alle disposizioni contenute nel provvedimento, deve essere raggiunto anche ridistribuendo in modo più equo le tutele dell'impiego, contrastando l'uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità progressivamente introdotti nell'ordinamento con riguardo alle tipologie contrattuali;
              a questo proposito la predetta legge è intervenuta anche sulla disciplina dei contratti a progetto stabilendo criteri più rigidi per l'instaurazione degli stessi, con lo scopo dichiarato di indirizzare almeno una parte dei lavoratori interessati verso contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato;
              a un anno di distanza dall'entrata in vigore del provvedimento le sue finalità sembrano essere state, almeno in parte, disattese; migliaia di rapporti di lavoro, stante anche la difficile congiuntura economica – in luogo di una stabilizzazione – non sono stati rinnovati, emarginando dal mercato del lavoro una fascia di qualificati professionisti;
              l'attuale contesto socio economico suggerisce misure di salvaguardia dei posti di lavoro esistenti; a tale scopo sarebbe auspicabile garantire un periodo transitorio, riguardo all'applicazione della disciplina relativa ai requisiti di accesso ai contratti a progetto, consentendone così una più graduale e meno dirompente, in termini di livelli occupazionali, entrata in vigore,

impegna il Governo

ad adoperarsi allo scopo di adottare provvedimenti volti a rendere più graduale – a fronte di accordi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale – l'introduzione della nuova disciplina in materia di requisiti necessari per l'instaurazione di contratti a progetto, così come definita dalla legge n.  92/2012.
9/1458/36. Gribaudo, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Damiano, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gnecchi, Gregori, Incerti, Madia, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Mariano, Basso.


      La Camera,
          premesso che:
              il presente provvedimento, al fine di promuovere l'occupazione giovanile, contiene alcune misure di incentivo ai datori di lavoro che intendano assumere giovani dai 18 ai 29 anni con contratto a tempo indeterminato;
              l'articolo 1 – mediante riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione, istituito dalla legge n.  183/1987, già destinate ai programmi operativi 2017/2013, e rimodulazione delle risorse dello stesso Fondo, già destinate agli interventi del Piano Azione Coesione – dispone uno stanziamento specifico per le regioni del Sud di 500 milioni per il quadriennio 2013-2016;
              l'articolo 3 stanzia 328 milioni per il triennio 2013-2015 allo scopo di favorire l'occupazione giovanile e l'attivazione dei giovani per il Mezzogiorno e stabilisce, inoltre, uh ampliamento a tutti i comuni delle regioni del Mezzogiorno dell'ambito territoriale e delle risorse (140 milioni per il 2014 e 27 milioni per il 2015) previste per la fruizione della cosiddetta Carta acquisti;
              le suddette disposizioni rappresentano un contributo rilevante e necessario, in particolare nell'attuale contesto, caratterizzato da una fase recessiva che non mostra ancora decisi segnali di rallentamento, soprattutto nel Meridione, che sta pagando un prezzo altissimo in termini sociali ed economici;
              il documento stilato da Ires Cgil Catania – «Sulla base del disagio occupazionale delle regioni meridionali rispetto al resto d'Italia ed alle regioni del Nord» – realizzato elaborando di dati Istat, pubblicato il 3 agosto 2013, evidenzia la drammatica condizione in cui versa una grande parte della popolazione del Sud Italia;
              lo studio rileva che, a fronte di un tasso di disoccupazione nazionale aumentato di 4 punti tra il 2011 e il primo trimestre del 2013, il Mezzogiorno ha subito un incremento di 6,5 punti e mezzo, passando dal 13,59 al 20,07;
              per ciò che riguarda la disoccupazione giovanile dai 15 ai 29 anni, le differenze si acuiscono, essendo la differenza tra media nazionale e Sud di 13 punti percentuali, distanza che si attesta a 20 per cento se il raffronto è effettuato con il Nord;
              sul fronte del tasso di occupazione i dati elaborati da Ires Cgil Catania continuano a essere inesorabili; la popolazione attiva del Nord è del 66,99 per cento rispetto ai 42,29 per cento del mezzogiorno; la Sicilia – che negli altri casi presentava dati uniformi alle altre regioni del Sud – risulta essere ancora più in difficoltà, con una percentuale del 39,88 per cento;
              le cifre esposte non lasciano dubbi sulla esigenza di ulteriori interventi volti a reperire risorse in grado di alleviare la condizione di disperazione sociale vissuta da milioni di persone residenti nelle regioni dei Mezzogiorno,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dai prossimo intervento di natura finanziaria, al fine di individuare ulteriori risorse e misure finalizzate alla promozione dell'occupazione nelle regioni del Mezzogiorno d'Italia, divenuta ormai una emergenza generazionale drammatica.
9/1458/37. Albanella, Zappulla, Iacono, Burtone, Capodicasa, Covello, Ribaudo, Culotta, Amoddio, Piccione, Moscatt, Cardinale, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              il presente provvedimento, al fine di promuovere l'occupazione giovanile, contiene alcune misure di incentivo ai datori di lavoro che intendano assumere giovani dai 18 ai 29 anni con contratto a tempo indeterminato;
              l'articolo 1 – mediante riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione, istituito dalla legge n.  183/1987, già destinate ai programmi operativi 2017/2013, e rimodulazione delle risorse dello stesso Fondo, già destinate agli interventi del Piano Azione Coesione – dispone uno stanziamento specifico per le regioni del Sud di 500 milioni per il quadriennio 2013-2016;
              l'articolo 3 stanzia 328 milioni per il triennio 2013-2015 allo scopo di favorire l'occupazione giovanile e l'attivazione dei giovani per il Mezzogiorno e stabilisce, inoltre, uh ampliamento a tutti i comuni delle regioni del Mezzogiorno dell'ambito territoriale e delle risorse (140 milioni per il 2014 e 27 milioni per il 2015) previste per la fruizione della cosiddetta Carta acquisti;
              le suddette disposizioni rappresentano un contributo rilevante e necessario, in particolare nell'attuale contesto, caratterizzato da una fase recessiva che non mostra ancora decisi segnali di rallentamento, soprattutto nel Meridione, che sta pagando un prezzo altissimo in termini sociali ed economici;
              il documento stilato da Ires Cgil Catania – «Sulla base del disagio occupazionale delle regioni meridionali rispetto al resto d'Italia ed alle regioni del Nord» – realizzato elaborando di dati Istat, pubblicato il 3 agosto 2013, evidenzia la drammatica condizione in cui versa una grande parte della popolazione del Sud Italia;
              lo studio rileva che, a fronte di un tasso di disoccupazione nazionale aumentato di 4 punti tra il 2011 e il primo trimestre del 2013, il Mezzogiorno ha subito un incremento di 6,5 punti e mezzo, passando dal 13,59 al 20,07;
              per ciò che riguarda la disoccupazione giovanile dai 15 ai 29 anni, le differenze si acuiscono, essendo la differenza tra media nazionale e Sud di 13 punti percentuali, distanza che si attesta a 20 per cento se il raffronto è effettuato con il Nord;
              sul fronte del tasso di occupazione i dati elaborati da Ires Cgil Catania continuano a essere inesorabili; la popolazione attiva del Nord è del 66,99 per cento rispetto ai 42,29 per cento del mezzogiorno; la Sicilia – che negli altri casi presentava dati uniformi alle altre regioni del Sud – risulta essere ancora più in difficoltà, con una percentuale del 39,88 per cento;
              le cifre esposte non lasciano dubbi sulla esigenza di ulteriori interventi volti a reperire risorse in grado di alleviare la condizione di disperazione sociale vissuta da milioni di persone residenti nelle regioni dei Mezzogiorno,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di bilancio, ad individuare ulteriori risorse e misure finalizzate alla promozione dell'occupazione nelle regioni del Mezzogiorno d'Italia, divenuta ormai una emergenza generazionale drammatica.
9/1458/37.    (Testo modificato nel corso della seduta) Albanella, Zappulla, Iacono, Burtone, Capodicasa, Covello, Ribaudo, Culotta, Amoddio, Piccione, Moscatt, Cardinale, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              l'istituto del Servizio Civile Nazionale, istituto che affonda le radici nelle lotte per il diritto all'obiezione di coscienza e il primo riconoscimento con l'approvazione della legge n.  772 del 1972 è l'unica forma istituzionale di difesa della Patria non armata e non violenta (articolo 52 della Costituzione italiana) e il suo valore educativo porta i giovani a sperimentare e a praticare con maggior consapevolezza la cittadinanza attiva;
              la partecipazione all'interno del servizio civile nazionale ha visto il suo apice nel 2006, con 45.890 giovani coinvolti, grazie al corrispondente incremento delle risorse, mentre, dal 2007 si è registrato un continuo ridimensionamento degli stanziamenti, fino alla mancata promulgazione del bando ordinario del 2012 ed alla previsione di soli 71 milioni di euro per l'anno 2013 che consentiranno il finanziamento di appena 15.000 volontari per i progetti nazionali e 450 per l'estero;
              nonostante il ruolo strategico di strumento utile alla coesione sociale, all'educazione alla partecipazione delle nuove generazioni, alla formazione personale e professionale dei giovani nonché ad un loro orientamento verso il mondo del lavoro, negli ultimi anni questo Istituto della Repubblica non ha ricevuto un adeguato sostegno finanziario da parte dello Stato, come segnalato in più occasioni dai rappresentanti del mondo del servizio civile, in numerose occasioni;
              opportunamente, l'articolo 11, comma 6-bis del provvedimento in oggetto, dopo le modifiche introdotte nel corso di esame da parte dell'altro ramo del Parlamento, presenta un primo, seppur limitato, segnale di rifinanziamento del Fondo nazionale per il servizio civile,

impegna il Governo

ad assumere le opportune misure volte a restituire credibilità e ruolo al Servizio Civile Nazionale, attraverso l'individuazione delle adeguate risorse finanziarie che consentano una reale programmabilità dei progetti e il soddisfacimento delle aspettative di migliaia di giovani che annualmente vorrebbero partecipare a questa fondamentale esperienza di vita.
9/1458/38. Patriarca, Gnecchi, Bellanova, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Madia, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Narduolo, Bonomo, Capone, Braga, Basso, Biondelli, Antezza, Tentori.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame – in ragione dell'attuale contesto socio economico caratterizzato da alti livelli di disoccupazione, specialmente giovanile – predispone alcune misure urgenti e semplificate, in linea anche con le politiche e le iniziative assunte a livello europeo, al fine di dare attenuazione al disagio in cui versa una sempre più vasta fascia di popolazione;
              gli interventi sono volti in particolar modo alla promozione dell'occupazione giovanile, mediante incentivi destinati ai datori di lavoro che assumano giovani tra i 18 e i 29 anni con contratto subordinato a tempo indeterminato; alcune misure riguardano anche il sostegno alle attività curriculari degli studenti universitari nonché la stabilizzazione del personale degli enti di ricerca;
              le misure intraprese rappresentano uno stimolo nei confronti di un mercato del lavoro da troppi anni asfittico e incapace di includere la parte della popolazione più attiva, e dinamica;
              nel solco tracciato dal presente provvedimento sarebbe necessario adottare ulteriori iniziative in grado di rendere più agevole l'attività di una fascia di giovani tra i più qualificati del Paese, quali i ricercatori degli Enti di ricerca privati;
              tali soggetti, infatti – a differenza dei colleghi che usufruiscono di borse di studio corrisposte da Università e istituti di istruzione universitaria, Regioni, programma comunitario Socrates o dal Governo italiano a cittadini stranieri in forza di accordi e intese internazionali, per i quali tutti gli assegni, premi o sussidi per fini di studio, sono esclusi dalla base imponibile e, quindi, non soggetti a tassazione – sono tenuti a versare la tassazione ordinaria;
              una misura di ampliamento della esenzione dalla base imponibile Irpef degli importi derivanti da borse di studio rappresenterebbe un rilevante fattore di incentivo all'attività di studio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere l'esenzione dalla base imponibile Irpef a tutti i beneficiari di borse di studio.
9/1458/39. Scalfarotto.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame – in ragione dell'attuale contesto socio economico caratterizzato da alti livelli di disoccupazione, specialmente giovanile – predispone alcune misure urgenti e semplificate, in linea anche con le politiche e le iniziative assunte a livello europeo, al fine di dare attenuazione al disagio in cui versa una sempre più vasta fascia di popolazione;
              gli interventi sono volti in particolar modo alla promozione dell'occupazione giovanile, mediante incentivi destinati ai datori di lavoro che assumano giovani tra i 18 e i 29 anni con contratto subordinato a tempo indeterminato; alcune misure riguardano anche il sostegno alle attività curriculari degli studenti universitari nonché la stabilizzazione del personale degli enti di ricerca;
              le misure intraprese rappresentano uno stimolo nei confronti di un mercato del lavoro da troppi anni asfittico e incapace di includere la parte della popolazione più attiva, e dinamica;
              nel solco tracciato dal presente provvedimento sarebbe necessario adottare ulteriori iniziative in grado di rendere più agevole l'attività di una fascia di giovani tra i più qualificati del Paese, quali i ricercatori degli Enti di ricerca privati;
              tali soggetti, infatti – a differenza dei colleghi che usufruiscono di borse di studio corrisposte da Università e istituti di istruzione universitaria, Regioni, programma comunitario Socrates o dal Governo italiano a cittadini stranieri in forza di accordi e intese internazionali, per i quali tutti gli assegni, premi o sussidi per fini di studio, sono esclusi dalla base imponibile e, quindi, non soggetti a tassazione – sono tenuti a versare la tassazione ordinaria;
              una misura di ampliamento della esenzione dalla base imponibile Irpef degli importi derivanti da borse di studio rappresenterebbe un rilevante fattore di incentivo all'attività di studio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di estendere l'esenzione dalla base imponibile Irpef a tutti i beneficiari di borse di studio.
9/1458/39.    (Testo modificato nel corso della seduta) Scalfarotto.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in oggetto – data la grave situazione occupazionale che coinvolge in particolar modo i giovani – contiene, tra le altre, alcune misure relative alla disciplina dell'apprendistato;
              l'articolo 2, relativamente all'apprendistato professionalizzante, demanda alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, l'adozione di linee guida – anche in vista di una disciplina maggiormente uniforme sull'intero territorio nazionale dell'offerta formativa pubblica di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 167/2011 (Testo Unico dell'Apprendistato) – che possono apportare deroghe al piano formativo individuale, alla registrazione della formazione e della qualifica professionale e alla definizione della disciplina inerente la formazione;
              in mancanza di adozione delle linee guida entro il termine previsto, la disciplina derogatoria si considera operativa fino al 31 dicembre 2015, mentre nell'ipotesi in cui le linee guida non vengano adottate trovano diretta applicazione le norme di deroga;
              l'articolo 9 interviene in materia di apprendistato per la qualifica e la formazione professionale, consentendo la possibilità di trasformazione, successivamente al conseguimento della qualifica del diploma professionale, nel contratto di apprendistato professionalizzante (o contratto di mestiere);
              le suddette misure non sono le prime a derogare alle norme contenute nel recente Testo Unico dell'Apprendistato, anche la legge di riforma del mercato del lavoro, legge 28 giugno 2012, n.  92, era intervenuta in materia;
              il susseguirsi di provvedimenti di modifica al decreto legislativo 167/2011 rileva la difficoltà di disciplinare in maniera davvero soddisfacente una forma di lavoro che dovrebbe rappresentare la corsia preferenziale d'ingresso nel mondo del lavoro per i giovani;
              purtroppo il nostro Paese – al contrario dei più importanti partners europei e nonostante gli sforzi profusi nel corso degli anni, volti a rendere più efficace tale strumento – non riesce a sviluppare compiutamente tale tipologia lavorativa, a causa anche delle difficoltà incontrate dai datori di lavoro ad applicarne le norme di riferimento,

impegna il Governo

ad adoperarsi allo scopo di rendere l'apprendistato il principale strumento d'ingresso dei giovani al mondo del lavoro, anche mediante una significativa opera di semplificazione ed omogeneizzazione delle norme e delle procedure che lo caratterizzano.
9/1458/40. Martelli, Albanella, Baruffi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Damiano, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gnecchi, Gregori, Gribaudo, Incerti, Madia, Maestri, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla, Bonafè, Basso, Biondelli, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              il Governo nel presente provvedimento adotta lodevoli misure per incentivare l'occupazione, soprattutto giovanile;
              nell'attuale contesto socio economico caratterizzato da elevati tassi di disoccupazione in continua crescita, non vanno lesinati gli sforzi incentrati anche alla salvaguardia dei posti di lavoro esistenti e alla tutela del diritto alla retribuzione dei lavoratori;
              si ricorda a tal proposito il caso delle difficili condizioni in cui versano i lavoratori di alcuni CIE, i Centri di identificazione ed espulsione, la gestione dei quali è affidata tramite gare di appalto ad associazioni, consorzi, che offrano il prezzo più basso per la relativa gestione;
              all'interno di questi Centri opera personale assunto dall'ente gestore e personale che presta servizio in qualità di consulente;
              recentemente diversi centri sono stati chiusi a seguito di irregolarità amministrative o gestionali causando problemi oltre che alle persone raccolte in questi centri, anche e soprattutto ai lavoratori impiegati presso di essi;
              a titolo esemplificativo si prende il caso del personale dei CIE di Modena e Bologna, gestiti dalla stessa cooperativa, che non riceve lo stipendio da diversi mesi;
              la Prefettura nei casi specifici, si è presa in carico il pagamento degli stipendi dovuti al personale assunto dalla cooperativa ma non può pagare il personale consulente,

impegna il Governo:

          a recuperare fondi per sanare in tempi brevi la posizione dei lavoratori dei CIE indipendentemente dalla tipologia di contratto in essere;
          a cercare, con le parti interessate, soluzioni condivise per la futura stipula di contratti a tutela dei lavoratori dipendenti e consulenti che operano nei CIE.
9/1458/41. Zampa.


      La Camera,
          premesso che:
              il Governo nel presente provvedimento adotta lodevoli misure per incentivare l'occupazione, soprattutto giovanile;
              nell'attuale contesto socio economico caratterizzato da elevati tassi di disoccupazione in continua crescita, non vanno lesinati gli sforzi incentrati anche alla salvaguardia dei posti di lavoro esistenti e alla tutela del diritto alla retribuzione dei lavoratori;
              si ricorda a tal proposito il caso delle difficili condizioni in cui versano i lavoratori di alcuni CIE, i Centri di identificazione ed espulsione, la gestione dei quali è affidata tramite gare di appalto ad associazioni, consorzi, che offrano il prezzo più basso per la relativa gestione;
              all'interno di questi Centri opera personale assunto dall'ente gestore e personale che presta servizio in qualità di consulente;
              recentemente diversi centri sono stati chiusi a seguito di irregolarità amministrative o gestionali causando problemi oltre che alle persone raccolte in questi centri, anche e soprattutto ai lavoratori impiegati presso di essi;
              a titolo esemplificativo si prende il caso del personale dei CIE di Modena e Bologna, gestiti dalla stessa cooperativa, che non riceve lo stipendio da diversi mesi;
              la Prefettura nei casi specifici, si è presa in carico il pagamento degli stipendi dovuti al personale assunto dalla cooperativa ma non può pagare il personale consulente,

impegna il Governo

          nel rispetto dei vincoli di bilancio:
              a recuperare fondi per sanare in tempi brevi la posizione dei lavoratori dei CIE indipendentemente dalla tipologia di contratto in essere;
              a cercare, con le parti interessate, soluzioni condivise per la futura stipula di contratti a tutela dei lavoratori dipendenti e consulenti che operano nei CIE.
9/1458/41.    (Testo modificato nel corso della seduta) Zampa.


      La Camera,
          premesso che:
              storicamente le attività a carattere stagionale hanno contribuito in maniera consistente alla crescita del Paese e alla distribuzione di reddito, nonostante la poca attenzione ricevuta nel tempo dal legislatore;
              ancora oggi settori importanti, come quello legato alle attività turistiche, contribuiscono alla crescita del Paese e offrono opportunità di lavoro e di inserimento lavorativo anche a studenti che, in momenti di difficoltà economiche come quella attuale, possono alternare periodi scolastici a periodi lavorativi;
              in fase di riforma dell'apprendistato il decreto legislativo 167/2011 che disciplina l'apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale non dà la possibilità ai datori di lavoro che svolgono la propria attività in periodi stagionali di assumere giovani compresi nella fascia di età tra i 15 e 17 anni, diversamente da quanto avviene per coloro che hanno raggiunto la maggiore età;
              tale impedimento non favorisce l'occupazione stagionale di giovani minorenni che abbiano già assolto all'obbligo scolastico, che continuano a studiare e che intendono occuparsi di attività stagionali durante il periodo estivo;
              a suo tempo, alcune esperienze hanno inserito nella contrattazione collettiva territoriale una nuova figura professionale che permetteva a questi ragazzi di essere avviati al lavoro come apprendisti, contribuendo nel contempo a fare riemergere il lavoro sommerso e a sostenersi anche negli studi,

impegna il Governo:

          1) a prolungare il cosiddetto periodo transitorio, ossia il passaggio dalla vecchia alla nuova regolamentazione sull'apprendistato di cui al decreto legislativo n.  167 del 2011;
          2) a prevedere nell'articolo 4 del citato decreto l'assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante, previa contrattazione territoriale, anche per i giovani minorenni compresi nelle fascia di età tra 16 e 17 anni che abbiano già assolto all'obbligo scolastico, e che continuino a studiare e che intendano occuparsi di attività stagionali nei periodi estivi;
          3) a favorire le esperienze lavorative e l'alternanza scuola lavoro dei giovani fino a 18 anni e che a tal fine la contribuzione a carico dei datori di lavoro, in ogni anno solare fino a detta età e per una durata non superiore a tre mesi, è pari a quella prevista dagli apprendisti.
9/1458/42. Arlotti, Pizzolante, Petitti, Basso.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge in esame contiene misure dirette a favorire l'occupazione, in particolare giovanile, con una specifica attenzione rivolta al Mezzogiorno d'Italia, in cui si registra un tasso di disoccupazione molto elevato rispetto al resto del Paese;
              la grave crisi economico-finanziaria che ha investito l'Italia si ripercuote soprattutto sulle fasce più deboli, ovvero sui giovani che quotidianamente si trovano di fronte ad enormi difficoltà nella ricerca di un lavoro;
              è doveroso tutelare i giovani e le loro aspirazioni e ciò anche al fine di un rilancio socio-economico e occupazionale, che consenta al nostro Paese di divenire maggiormente competitivo;
              nello specifico sarebbe opportuno promuovere ed incentivare l'attività imprenditoriale giovanile in settori trainanti, anche in considerazione dell'indotto, per molte regioni del Sud dell'Italia, quali l'agricoltura, il turismo e l'artigianato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di favorire lo sviluppo dell'imprenditoria e dell'occupazione giovanile nei settori dell'agricoltura, del turismo e dell'artigianato, quali settori trainanti per l'economia del Mezzogiorno d'Italia attraverso l'istituzione di misure adeguate come l'istituzione di un apposito fondo a favore dei giovani disoccupati, un regime fiscale agevolato, facilitando l'accesso ai prestiti bancari e progetti che favoriscano l'occupazione dei giovani in modo da avvantaggiare la staffetta tra generazioni ed il rilancio dei settori citati.
9/1458/43. Minardo.


      La Camera,
          premesso che:
              i mutamenti dovuti alla globalizzazione e soprattutto al progresso tecnologico fanno presupporre che nei prossimi anni i posti di lavoro saranno creati sempre più in settori ad alto contenuto di conoscenza;
              il nostro paese deve fermare il calo di competitività che ha subito negli ultimi anni e che l'aumento di produttività del lavoro non può essere perseguito abbassando il costo del lavoro, ma aumentando il contenuto di conoscenza e il valore aggiunto che il lavoro qualificato immette nel processo produttivo;
              i giovani sono una risorsa fondamentale per portare creatività e conoscenza net mondo del lavoro;
              l'Italia ha bisogno di strategie di lungo periodo per affrontare la trasformazione del mondo del lavoro nei prossimi anni, provvedendo a modificare il sistema educativo e formativo e il welfare per far fronte in modo più adeguato all'economia della conoscenza e dell'abbondanza;
              è ormai dimostrato da vari studi che l'impatto degli investimenti in nuove tecnologie è più alto, sia in termini di PIL sia in termini di posti di lavoro, nei paesi in cui il livello educativo e culturale è più alto;
              qualunque intervento che disincentivi la continuazione degli studi per i giovani è da considerarsi un danno sia per i singoli che con un livello di scolarizzazione non adeguato all'economia della conoscenza saranno sempre soggetti deboli nel mondo del lavoro, sia per la società intera perché la produttività e la competitività del Paese dipendono dal capitale umano che è in grado di formare,

impegna il Governo

ad adoperarsi in ogni modo affinché i giovani tra i 18 e 29 anni che beneficiano delle assunzioni a tempo indeterminato incentivate con soldi pubblici siano supportati nell'intraprendere percorsi di formazione continua o permanente.
9/1458/44. Coppola, Martelli, Dallai, Lorenzo Guerini, Rughetti, Bonafè, Basso.


      La Camera,
          premesso che:
              i mutamenti dovuti alla globalizzazione e soprattutto al progresso tecnologico fanno presupporre che nei prossimi anni i posti di lavoro saranno creati sempre più in settori ad alto contenuto di conoscenza;
              il nostro paese deve fermare il calo di competitività che ha subito negli ultimi anni e che l'aumento di produttività del lavoro non può essere perseguito abbassando il costo del lavoro, ma aumentando il contenuto di conoscenza e il valore aggiunto che il lavoro qualificato immette nel processo produttivo;
              i giovani sono una risorsa fondamentale per portare creatività e conoscenza net mondo del lavoro;
              l'Italia ha bisogno di strategie di lungo periodo per affrontare la trasformazione del mondo del lavoro nei prossimi anni, provvedendo a modificare il sistema educativo e formativo e il welfare per far fronte in modo più adeguato all'economia della conoscenza e dell'abbondanza;
              è ormai dimostrato da vari studi che l'impatto degli investimenti in nuove tecnologie è più alto, sia in termini di PIL sia in termini di posti di lavoro, nei paesi in cui il livello educativo e culturale è più alto;
              qualunque intervento che disincentivi la continuazione degli studi per i giovani è da considerarsi un danno sia per i singoli che con un livello di scolarizzazione non adeguato all'economia della conoscenza saranno sempre soggetti deboli nel mondo del lavoro, sia per la società intera perché la produttività e la competitività del Paese dipendono dal capitale umano che è in grado di formare,

impegna il Governo

ad adoperarsi, compatibilmente con i vincoli di bilancio, affinché i giovani tra i 18 e 29 anni che beneficiano delle assunzioni a tempo indeterminato incentivate con soldi pubblici siano supportati nell'intraprendere percorsi di formazione continua o permanente.
9/1458/44.    (Testo modificato nel corso della seduta) Coppola, Martelli, Dallai, Lorenzo Guerini, Rughetti, Bonafè, Basso.


      La Camera,
          premesso che:
              attualmente la regione Piemonte ha 198 dipendenti a tempo determinato in «regime» di proroga fino al 31 dicembre 2013, in attuazione dell'articolo 46 della legge regionale n.  5 del 2012;
              si tratta di lavoratori a tempo determinato vincitori di un regolare concorso, finalizzato ad un percorso di stabilizzazione che la regione Piemonte ha avviato con la legge regionale n.  9 del 2007 nei limiti e con le modalità previste dalla legge n.  296 del 2006 (legge finanziaria 2007);
              si tratta di lavoratori, alcuni dei quali a capo di direzioni e servizi, che in questi anni hanno garantito il funzionamento dell'ente grazie alla loro professionalità, formazione e competenza;
          premesso inoltre che:
              l'attuale normativa nazionale non permette alla regione di procedere alla stabilizzazione di personale precario o a tempo determinato;
              la legge 24 dicembre 2012, n.  228 (legge di stabilità 2013) all'articolo 1, commi 400 e 401, ha introdotto per le pubbliche amministrazioni ulteriori norme in materia di assunzione e stabilizzazione;
              il comma 400 ha previsto la facoltà per le pubbliche amministrazioni di prorogare i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, in essere al 30 novembre 2012, che superano il limite dei trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, previsto dall'articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.  368, o il diverso limite previsto dai Contratti collettivi nazionali del relativo comparto, fino e non oltre il 31 dicembre 2013;
              il comma 401, ha sancito per le pubbliche amministrazioni la possibilità di avviare procedure di reclutamento mediante concorso pubblico con riserva di posti per i titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato e per titoli ed esami, finalizzati a valorizzare, con apposito punteggio l'esperienza professionale del personale a tempo determinato nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno e nel limite massimo complessivo del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili ai sensi della normativa vigente in materia di assunzioni ovvero di contenimento della spesa di personale;
              la legge di stabilità 2013 ha di fatto riaffermato il principio del concorso pubblico per l'assunzione a tempo indeterminato e ha disciplinato il doppio binario della riserva e della valorizzazione dell'esperienza professionale tramite attribuzione di punteggio;
              tuttavia, suddetta norma ha subordinato l'espletamento delle procedure di reclutamento al rispetto della programmazione triennale del fabbisogno, all'osservanza di vincoli di finanza pubblica in materia di assunzioni ed infine al rispetto delle disposizioni di legge di contenimento della spesa del personale;
          considerato inoltre che:
              la situazione non appare risolvibile con l'indizione di nuovi concorsi, come è stato proposto, che appare del tutto iniqua per chi è già vincitore di un concorso pubblico, nonché dannosa per la stessa regione che può già disporre di personale formato, qualificato e che conosce già il funzionamento dell'ente e ne garantisce la funzionalità e l'efficienza;
              l'attuale Governo è impegnato a trovare soluzioni nuove per contrastare la precarietà e a disoccupazione,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile a sanare la situazione di precarietà ormai insostenibile, presente da troppo tempo nel pubblico impiego, al fine di iniziare un serio e definitivo percorso di stabilizzazione del personale precario di cui tutto il pubblico impiego si avvale.
9/1458/45. Bechis, Baldassarre, Rostellato, Ciprini, Tripiedi, Cominardi, Rizzetto.


      La Camera,
          premesso che:
              in sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti, l'articolo 7 reca modifiche alla disciplina del contratto di lavoro intermittente, del lavoro a progetto, del lavoro accessorio;
              la crisi finanziaria italiana negli ultimi 3 anni si è acuita a tal punto che occorre dare una risposta innovativa e concreta alla questione della povertà, affrontando le componenti ad essa legate, in maniera strutturale e non più parziale;
              la crisi colpisce tutte le famiglie italiane ed è cresciuta determinando il crollo dei consumi da un lato e l'aumento della disoccupazione dall'altro;
              ma a rischio povertà ed emarginazione sociale non sono solo giovani disoccupati, ma anche molti genitori quarantenni o di poco al di sopra della soglia dei quaranta anni che, pur avendo un lavoro, titolari di un contratto di lavoro cosiddetto precario, hanno una retribuzione insufficiente e sono esclusi dalla contrattazione collettiva, che non permette loro e ai loro figli una vera partecipazione alla vita sociale;
              si assiste al fenomeno dei «nuovi poveri» o del «lavoro povero»: vi rientrano non solo coloro privi di un qualsiasi reddito ma anche coloro che, pur avendo una fonte di reddito, titolari di contratti cosiddetti di collaborazione coordinata a progetto ovvero occasionali ovvero precariamente occupati, hanno serie difficoltà a far fronte ai bisogni primari e ad avere una retribuzione sufficiente ad assicurargli una esistenza libera e dignitosa;
              dai dati Istat del maggio 2013, riferiti al 2011 e al 2012, dalla Relazione annuale al Parlamento dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza del giugno 2013 e dai dati dell'Unione europea dello stesso mese emerge che la deprivazione materiale interessa non solo i cittadini con redditi più bassi ma anche coloro che dispongono di redditi mediamente più elevati;
              il potere di acquisto delle famiglie nel 2012, tenuto conto dell'inflazione, è diminuito del 4,8 per cento e, sempre nel 2012, il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti è diminuito del 2,1 per cento;
              il peggioramento delle condizioni di reddito e dunque di vita delle famiglie nonché il calo dei consumi sarebbe riconducibile anche alle nuove tipologie di contratti flessibili; la retribuzione degli stessi è infatti esclusa dalla tutela della contrattazione collettiva;
              uno studio per l'Istituto sindacale europeo (ETUI) ha evidenziato che in alcuni settori la retribuzione minima non è rispettata; c’è, anzi un 13 per cento di persone escluse dallo stipendio minimo, con picchi di oltre il 40 per cento nel settore dell'agricoltura del 30 per cento nelle costruzioni, 20 per cento nelle attività artistiche e intrattenimento e nei servizi di hotel e ristorazioni;
              ciò avviene nei casi di lavoro nero o semplicemente quando il datore di lavoro deliberatamente paga meno del dovuto. Infine, i contratti nazionali non danno garanzie alle forme di impiego precario (tipo i contratti a progetto) o a chi lavora a prestazione;
              il 21 ottobre 2010 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul «reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa», votata a larga maggioranza;
              l'articolo 36 della nostra Costituzione prevede che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa e ciò indipendentemente dalla forma contrattuale scelta;
              la determinazione di un salario minimo a favore dei lavoratori che hanno un contratto occasionale o che sono precariamente occupati rappresenterebbe una misura che assicura la autonomia delle persone e la loro dignità nonché uno strumento che rafforzerebbe le politiche finalizzate al sostegno economico e la piena partecipazione alla vita sociale richiesta come obiettivo dall'articolo 3 della Costituzione,

impegna il Governo

a valutare, con decisione, l'opportunità di introdurre un provvedimento che stabilisca le modalità di determinazione del compenso orario minimo ovvero del salario minimo applicabile ai rapporti di lavoro aventi ad oggetto prestazioni di lavoro di natura parasubordinata o occasionale escluse dalla contrattazione collettiva.
9/1458/46. Ciprini, Cominardi, Baldassarre, Bechis, Rostellato, Rizzetto, Tripiedi.


      La Camera,
          premesso che:
              in sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti;
              il decreto-legge 179/2012 dopo mesi dalla sua emanazione appare tutt'oggi privo di attuabilità, in alcune sue parti di fondamentale importanza, per dare un reale e concreto incentivo alla nascita e allo sviluppo delle «start-up innovative» e «incubatori certificati»;
              valga la pena di ricordare la situazione attuale delle giovani imprese nel campo dell'innovazione, che con gravi impedimenti di natura burocratica, faticano a nascere e soprattutto a svilupparsi in un contesto propositivo e adatto alla natura stessa delle start-up innovative e degli incubatori certificati. L'innovazione potrebbe apportare miglioramenti sia a settori di nuova concezione del lavoro sia a settori lavorativi della nostra cultura italiana, come l'artigianato e il settore manifatturiero. La normativa appare non congrua alla realtà in cui riversano le startup innovative e di poco aiuto, rispetto allo sviluppo delle stesse; aiuto che potrebbe derivare da incubatori svincolati da eccessivi adempimenti burocratici, i quali allungano le tempistiche di attuazione del progetto iniziale e non permettono una giusta «flessibilità» che dovrebbe essere intrinseca nella normativa, andando ad affrontare il tema dell'innovazione e dello sviluppo di idee innovative. Vale la pena ricordare che esistono molti progetti sul territorio italiano che hanno avuto successo e che si stanno sviluppando, con non poche difficoltà, dovute anche alla mancanza di attuazione delle normative che dovevano incentivare le start-up innovative e incubatori certificati. Il rischio di delocalizzazione di tali idee e progetti all'estero appare elevato a causa della scarsa progettualità presente nel nostro Paese; questo provocherebbe la perdita delle idee innovative più brillanti, con maggiore possibilità di sviluppo e di crescita, verso paesi esteri dove hanno già attuato dei sistemi funzionali per accogliere e far crescere tali idee. La perdita di tali progetti comporterebbe un potenziale impoverimento nel campo innovativo italiano e la conseguente perdita di potenziali posti di lavoro altamente qualificati,

impegna il Governo:

          ad adottare le necessarie iniziative tese a velocizzare il processo di attuazione della normativa contenuta nel decreto-legge 179/2012, con particolare riguardo nell'individuazione delle modalità attuative delle agevolazioni spettanti alle persone fisiche e giuridiche che intendono investire nel capitale sociale di imprese «start-up innovative»;
          a far confluire le migliori idee e i migliori progetti che si sono sviluppati – e che si stanno sviluppando attualmente – sul nostro territorio, aprendo un canale di dialogo diretto e reale, coinvolgendo sia le istituzioni che le imprese che operano nei settori delle «start-up innovative» e degli «incubatori certificati» per migliorare l'attuale normativa rendendola più semplice e adatta alle reali esigenze delle parti;
9/1458/47. Baldassarre, Tripiedi, Rizzetto, Ciprini, Cominardi, Bechis, Rostellato.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, prevede che nel biennio 2013-2014 siano stanziati 10,6 milioni di euro a sostegno delle attività di tirocinio curriculare da parte degli studenti iscritti ai corsi di laurea nell'anno accademico 2013-2014;
              l'articolo 12, comma 1, lettera f), del predetto decreto-legge prevede che all'onere della copertura dell'intervento di sostegno ai tirocini curriculari si provveda destinandovi una quota di 7,6 milioni di euro del fondo di finanziamento ordinario delle università statali per il 2014;
              il fondo di finanziamento ordinario delle università statali ha conosciuto una progressiva riduzione a partire dal 2010, passando dai 7.513,1 milioni del 2009 ai 6.694,7 del 2013;
              la norma citata, per altro apprezzabile per migliorare la formazione e facilitare l'inserimento lavorativo degli studenti universitari, ha un effetto finanziario che, per quanto molto limitato in cifre assolute, va ad incidere ulteriormente sui fondi di funzionamento ordinario delle università statali già pesantemente decurtati con effetti negativi sulla didattica e sulla ricerca,

impegna il Governo

ad intervenire affinché sia ripristinato, in sede di discussione della prossima legge di stabilità, il fondo di finanziamento ordinario almeno al valore previsto nell'assestamento del bilancio dello Stato per il 2012.
9/1458/48. Ghizzoni, Coscia, Ascani, Blazina, Carocci, D'Ottavio, Manzi, Malpezzi, Narduolo, Rampi, Rocchi, Marco Meloni, Malisani, Orfini, Biondelli, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              con il presente disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti, si intende modificare anche l'articolo 1, comma 1-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.  368, come modificato dalla legge 28 giugno 2012, n.  92, che disciplina una deroga sull'apposizione del termine previsto per i contratti di lavoro subordinato privi delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo;
              la norma così modificata riconosce «ai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale» la possibilità di individuare ogni altra ipotesi quale deroga al requisito di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.  368, come modificato in particolare dalla legge 28 giugno 2012, n.  92, ampliando la platea delle possibilità per la stipulazione di contratti senza causa o «acausali»;
              la norma, introdotta dal Governo, inoltre, sopprime il requisito di cui all'articolo 1, comma 1-bis, secondo periodo, del medesimo decreto legislativo, impedendo alle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale di prevedere che in luogo dell'ipotesi di cui al comma 1-bis il requisito di cui al comma 1 non sia richiesto nei casi in cui l'assunzione a tempo determinato o la missione nell'ambito del contratto di somministrazione a tempo determinato avvenga nell'ambito di un processo organizzativo determinato dalle ragioni di cui all'articolo 5, comma 3, nel limite complessivo del 6 per cento del totale dei lavoratori occupati nell'ambito dell'unità produttiva;
              le disposizione del Governo, infine, prevedono l'abrogazione dell'articolo 4, comma 2-bis di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n.  368, come modificato dalla legge 28 giugno 2012, n.  92, che ad oggi non permette ai datori di lavoro la proroga dei contratti a termine «acausale»;
              in materia di contratti a termine, le disposizioni di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n.  368, come modificate dalla legge Fornero, e sopratutto come ulteriormente riformulate da questo Governo, sono in contrasto con la Direttiva 1999/70/CE;
              le disposizioni introdotte con questo decreto modificano e peggiorano la riforma Fornero, legge di per sé già piegata ad una concezione dell'economia e del mercato del lavoro fondato sulla flessibilità che nel nostro paese si è trasformata in precarietà, rendendo, quindi, il contratto a termine maggiormente flessibile;
              in questo paese è necessaria una integrale riforma del mercato del lavoro partendo dall'abrogazione della legge Biagi e una sua riformulazione attraverso un piano nazionale per il lavoro e l'occupazione diminuendo le formule contrattuali esistenti,

impegna il Governo:

          a provvedere ad un immediato riconoscimento di maggiori tutele per i lavoratori assunti con contratti genericamente definiti «precari»;
          a disincentivare, l'utilizzo di formule contrattuali flessibili abusate da taluni datori di lavoro;
          a valutare l'opportunità di abrogare le disposizioni relative alle forme di contratto flessibile di cui alla legge 28 giugno 2012, n.  92 e al decreto legislativo 10 settembre 2003, n.  276 e provvedere ad una loro riformulazione integrale, offrendo una maggiore tutela per i lavoratori in entrata e in uscita dal mercato;
          a valutare l'opportunità di avviare una verifica sull'impatto sociale della normativa in esame in termini di felicità dei lavoratori.
9/1458/49. Cominardi, Tripiedi, Bechis, Baldassarre, Ciprini, Rostellato, Rizzetto.


      La Camera,
          premesso che:
              in sede di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti;
              che all'articolo 7 vengono introdotte Modifiche alla disciplina introdotta dalla legge 28 giugno 2012, n.  92;
              oltre al dramma della disoccupazione giovanile, esiste il grande problema di chi un lavoro ce l'ha, ma che non è sufficiente. Stiamo parlando di tutti coloro, per lo più giovani, che non possono vantare un contratto a tempo indeterminato con conseguenze molteplici: niente mutuo, niente rate per la macchina, e, a volte, anche affittare una casa diventa problematico, per non parlare della futura pensione;
              stiamo parlando di circa 3 milioni e 700 mila lavoratori che non hanno un contratto a tempo indeterminato, ossia il 16 per cento della forza lavoro attiva: lavoro a termine part time, partite iva con un unico committente e contratti a progetto: si compone così questo esercito di italiani di serie B;
              dunque, non solo trovare un lavoro è difficile, ma avere poi i requisiti richiesti dalla società lo è ancora di più. Persino per affittare una casa adesso viene spesso richiesta una fideiussione bancaria o di portare come garanzia un contratto a tempo indeterminato;
              il secondo mondo del lavoro non può fare un passo senza la garanzia dei genitori, per chi ha la fortuna di avere un appoggio;
              dopo 40 anni di contributi chi non ha mai avuto un posto fisso avrà una pensione di 600 euro, se tutto andrà bene, per non parlare del fatto che con i contributi dei parasubordinati si pagano le pensioni di chi in pensione c’è già, e prende a volte delle cifre da far impallidire;
              una delle tipologie contrattuali più diffuse, ma anche più eluse, è il contratto a progetto. Si tratta di una tipologia contrattuale semplice e ampiamente utilizzata dai datori di lavoro per il risparmio economico. Viene erogato, in rate mensili, solo il compenso indicato nel contratto, mentre l'azienda non ha a proprio carico elementi della retribuzione normalmente spettanti ai lavoratori dipendenti come la tredicesima mensilità, i ratei di ferie e permessi retribuiti, il trattamento di fine rapporto (Tfr);
              ne consegue che su base annua il costo del lavoro, nonché il netto in tasca del lavoratore, e spesso inferiore rispetto a quello che sarebbe sostenuto se il lavoratore fosse assunto con un contratto di lavoro subordinato, parametri retributivi del CCNL alla mano. Sui compensi erogati per i contratti a progetto, poi, è consistente il risparmio dei contributi da versare per effetto dell'aliquota contributiva ridotta per la Gestione Separata (nel 2013 il 27,72 per cento) rispetto a quella prevista per il settore di appartenenza;
              ovviamente, il contratto a progetto non è una tipologia contrattuale alternativa al contratto di lavoro subordinato disciplinato dai contratti collettivi, ma è solo un contratto di lavoro flessibile che deve essere utilizzato solo in alcuni casi: quando l'azienda vuole realizzare un progetto e si affida ad un lavoratore per la realizzazione dello stesso, che avviene senza vincoli di subordinazione. Ma, come ha evidenziato la stessa riforma Fornero, tale contratto è spesso eluso perché utilizzato anche per rapporti di lavoro di fatto di natura subordinata, con il datore di lavoro che esercita il potere direttivo e di controllo sul lavoratore;
              ebbene, con la riforma lavoro, si è provato a limitare tali formule, o per meglio dire, è stata rafforzata la presunzione di rapporto di lavoro di tipo subordinato tra le parti. Ma tali misure certamente non potranno essere ritenute sufficienti;
              occorre un cambio di marcia, è necessario pone al centro il cittadino ed il lavoratore. Lo impone la stringente crisi ed il mutare dei tempi;
              l'articolo 3 della Costituzione italiana sancisce che: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
              spesso le aziende ricorrono a questa forma contrattuale per mascherare un contratto di lavoro subordinato ai soli fini di ridurre il costo del lavoro (che è tra i più alti in Europa),

impegna il Governo:

          ad abolire il contratto a progetto così da eliminare dallo scenario del mercato del lavoro italiano un contratto senza tutele, convertendo i contratti esistenti in contratti di tipo subordinato dove ne ricorrano le caratteristiche o in contratti di lavoro autonomo dove vi sia un'effettiva autonomia del soggetto che svolge la prestazione;
          a proibire qualsiasi contratto di lavoro, subordinato o parasubordinato, che non contempli tutele sociali di base, quali ferie, permessi, trattamento di fine rapporto e in genere tutte le tutele sociali che sono patrimonio universale dei lavoratori;
          ad incentivare, laddove vi siano le reali condizioni di base, la possibilità per i giovani che lo desiderano di svolgere la loro attività come lavoratori autonomi, prevedendo una concreta riduzione dei contributi previdenziali per i primi anni di attività, e in ogni caso in proporzione al reddito percepito;
          a ridurre concretamente il costo del lavoro del contratto a tempo indeterminato in modo che sia la forma contrattuale preferenziale per le aziende.
9/1458/50. Rostellato, Bechis, Baldassarre, Ciprini, Tripiedi, Rizzetto, Cominardi.


      La Camera,
          premesso che:
              in sede di conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 28 giugno 2013, n. 76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare quella giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti, reca disposizioni in materia di rilancio dell'occupazione nell'ottica di semplificare gli adempimenti connessi all'instaurazione e gestione del rapporto di lavoro;
              in caso di infortunio sul luogo di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a inoltrare la denuncia all'Inail tramite il portale nell'area dedicata;
              per la richiesta di liquidazione, è necessario da parte del datore l'inserimento di dati sia relativi all'azienda, quelli relativi alla dinamica dell'incidente e quelli relativi all'inquadramento del lavoratore infortunato;
              nei casi di infortunio del dipendente part time l'INAIL, dopo aver ricevuto la relativa denuncia, richiede dei dati aggiuntivi all'impresa (orario part time, orario full time applicato in azienda e retribuzione di riferimento annuale) per poter procedere alla liquidazione;
              ritenuto che tale doppia comunicazione con l'ente, comporta un'ulteriore perdita di tempo e denaro (tenuto conto delle spese di carta, busta, francobollo),

impegna il Governo

a valutare la possibilità di realizzare un sistema informatico più completo (inserendo una finestra apposita per permettere all'ente già in sede di prima denuncia, il calcolo dell'indennità da liquidare in relazione all'orario di lavoro del dipendente) in modo tale da poter evitare un adempimento in più, non necessario.
9/1458/51. Mucci, Rostellato, Baldassarre, Bechis, Ciprini, Tripiedi, Cominardi, Rizzetto.


      La Camera,
          premesso che:
              l'obiettivo del disegno di legge in esame è quello di promuovere interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile;
              lo stesso disegno di legge stabilisce che la fascia di età, per la cui assunzione le aziende avranno diritto a degli incentivi economici va dai 18 ai 29 anni;
              considerando che per i giovani fino a 29 anni esiste la possibilità di stipulare contratti di apprendistato;
              l'attuale situazione di crisi nell'occupazione italiana vede come fascia a rischio i giovani oltre i 30 anni e fino a 40 anni, spesso giovani con una famiglia sulle spalle che, improvvisamente, si ritrovano senza occupazione,

impegna il Governo a

valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivalutare la fascia di età dei giovani lavoratori per l'assunzione dei quali l'azienda percepisce incentivi, innalzando la fascia fino a 40 anni, cosicché questa fascia di età non resti priva di incentivi all'assunzione.
9/1458/52. Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.


      La Camera,
          premesso che:
              l'obiettivo del provvedimento esaminato è quello di promuovere promozione dell'occupazione, in particolare giovanile;
              gli incentivi alle nuove assunzioni di giovani ed alle trasformazioni a tempo indeterminato utile alla promozione di rapporti a termine, rappresentano uno strumento dell'occupazione giovanile;
              l'impatto sul settore agricolo del provvedimento in parola rischia, tuttavia, di essere estremamente limitato in considerazione del fatto che, come noto, la stragrande maggioranza dei rapporti di lavoro in agricoltura è a tempo determinato (circa il 90 per cento) in ragione delle caratteristiche dell'attività agricola;
              esistono in agricoltura forme di lavoro stabili ancorché non a tempo indeterminato che meritano di essere promosse ed incentivate come i rapporti a termine reiterati per più anni con lo stesso datore di lavoro per un numero di giornate minimo non inferiore a 100 l'anno;
              un interessante precedente al riguardo è rappresentato dall'articolo 7, comma 2, della legge n.  388 del 2000 che ammetteva al credito d'imposta per nuove assunzioni i datori di lavoro operanti nel settore agricolo che incrementano il numero dei lavoratori operai occupati, ciascuno per almeno 230 giornate all'anno,

impegna il Governo a

valutare la possibilità di prevedere incentivi per le tipologie di contratto specifiche del comparto agricolo in considerazione delle particolari caratteristiche di tale occupazione che, ancorché non a tempo indeterminato, rappresentano forme di lavoro stabili.
9/1458/53. Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.


      La Camera,
          premesso che:
              l'obiettivo del provvedimento esaminato è quello di promuovere interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile;
              il caporalato è un fenomeno criminale avente ad oggetto lo sfruttamento della manodopera lavorativa, con metodi illegali e la più diffusa forma di caporalato è quella che riguarda la manodopera agricola, nella quale, secondo il primo Rapporto su caporalato e agromafie realizzato da Flai Cgil, sarebbero coinvolti circa 400 mila lavoratori, il più delle volte braccianti stagionali;
              il caporalato è stato inserito tra i reati perseguibili penalmente nel 2011, essendo considerato un «reato spia» di infiltrazioni criminali nel settore agricolo: si stima che il giro d'affari connesso alle agromafie sia compreso tra i 12 e i 17 miliardi di euro, il 5-10 per cento di tutta l'economia mafiosa, per la maggior parte giocato tra la contraffazione dei prodotti alimentari e il caporalato;
              quello del lavoro nero è un fenomeno che offende la dignità delle persone e che per questo, in un Paese civile, merita di essere contrasto in ogni modo dallo Stato centrale,

impegna il Governo:

          ad avviare azioni concrete ed urgenti per contrastare il fenomeno del caporalato, considerando soprattutto che la più diffusa forma è proprio quella che riguarda la manodopera agricola, prevedendo controlli incrociati tra produzione dell'azienda agricola, reale fabbisogno della manodopera e contributi versati;
          a valutare l'opportunità di prevedere incentivi ad hoc per la manodopera agricola così da abbassare il costo del lavoro e disincentivare il ricorso al lavoro nero da parte degli imprenditori agricoli.
9/1458/54. Lupo, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Parentela.


      La Camera,
          premesso che:
              l'obiettivo del provvedimento esaminato è quello di promuovere interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile;
              il caporalato è un fenomeno criminale avente ad oggetto lo sfruttamento della manodopera lavorativa, con metodi illegali e la più diffusa forma di caporalato è quella che riguarda la manodopera agricola, nella quale, secondo il primo Rapporto su caporalato e agromafie realizzato da Flai Cgil, sarebbero coinvolti circa 400 mila lavoratori, il più delle volte braccianti stagionali;
              il caporalato è stato inserito tra i reati perseguibili penalmente nel 2011, essendo considerato un «reato spia» di infiltrazioni criminali nel settore agricolo: si stima che il giro d'affari connesso alle agromafie sia compreso tra i 12 e i 17 miliardi di euro, il 5-10 per cento di tutta l'economia mafiosa, per la maggior parte giocato tra la contraffazione dei prodotti alimentari e il caporalato;
              quello del lavoro nero è un fenomeno che offende la dignità delle persone e che per questo, in un Paese civile, merita di essere contrasto in ogni modo dallo Stato centrale,

impegna il Governo:

          ad avviare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, azioni concrete ed urgenti per contrastare il fenomeno del caporalato, considerando soprattutto che la più diffusa forma è proprio quella che riguarda la manodopera agricola, prevedendo controlli incrociati tra produzione dell'azienda agricola, reale fabbisogno della manodopera e contributi versati;
          a valutare l'opportunità di prevedere incentivi ad hoc per la manodopera agricola così da abbassare il costo del lavoro e disincentivare il ricorso al lavoro nero da parte degli imprenditori agricoli.
9/1458/54.    (Testo modificato nel corso della seduta) Lupo, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Parentela.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in parola ha l'obiettivo di intervenire in maniera urgente per la promozione dell'occupazione e della promozione sociale;
              l'agricoltura sociale, o più specificamente, l'integrazione tra attività produttiva agricola e l'offerta di servizi culturali, sociali, educativi, assistenziali, formativi e, soprattutto occupazionali, S uno degli aspetti più rilevanti del ruolo multifunzionale del comparto primario;
              i soggetti beneficiari dei progetti di agricoltura sociale sono, nella maggior parte dei casi, persone con disabilità fisiche, psichiche e mentali, giovani con difficoltà di apprendimento o soggetti con svantaggio sociale, disoccupati di lungo periodo, anziani e bambini;
              evidenze scientifiche dimostrano che l'agricoltura sociale è una delle risposte più efficaci al disagio sociale in quanto promuove percorsi di riabilitazione e di inserimento lavorativo che difficilmente potrebbero essere sviluppati in altri settori;
              il nostro Paese, secondo quanto sentenziato dalla Corte di Giustizia europea, non ha adottato tutte le misure necessarie per un adeguato inserimento professionale dei disabili nel mondo del lavoro, in particolare l'Italia «è venuta meno agli obblighi» derivanti dal diritto comunitario a causa di un recepimento incompleto e non adeguato di quanto previsto dalla direttiva varata alla fine del 2000 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro;
              si rende evidente l'urgenza di una normativa nazionale in materia di agricoltura sociale che possa regolamentare in maniera adeguata l'inserimento delle persone con disabilità nel lavoro agricolo e al contempo incentivare le imprese agricole che decidono di investire in questo importante progetto sociale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a inserire tra i beneficiari degli incentivi statali previsti dal provvedimento in parola quelle imprese agricole che decidono di investire in progetti di agricoltura sociale, al fine di dare impulso positivo agli obblighi imposti dall'unione europea e promuovere l'inserimento nel mondo del lavoro alle persone diversamente abili.
9/1458/55. L'Abbate, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, Lupo, Parentela.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in parola ha l'obiettivo di intervenire in maniera urgente per la promozione dell'occupazione e della promozione sociale;
              l'agricoltura sociale, o più specificamente, l'integrazione tra attività produttiva agricola e l'offerta di servizi culturali, sociali, educativi, assistenziali, formativi e, soprattutto occupazionali, S uno degli aspetti più rilevanti del ruolo multifunzionale del comparto primario;
              i soggetti beneficiari dei progetti di agricoltura sociale sono, nella maggior parte dei casi, persone con disabilità fisiche, psichiche e mentali, giovani con difficoltà di apprendimento o soggetti con svantaggio sociale, disoccupati di lungo periodo, anziani e bambini;
              evidenze scientifiche dimostrano che l'agricoltura sociale è una delle risposte più efficaci al disagio sociale in quanto promuove percorsi di riabilitazione e di inserimento lavorativo che difficilmente potrebbero essere sviluppati in altri settori;
              il nostro Paese, secondo quanto sentenziato dalla Corte di Giustizia europea, non ha adottato tutte le misure necessarie per un adeguato inserimento professionale dei disabili nel mondo del lavoro, in particolare l'Italia «è venuta meno agli obblighi» derivanti dal diritto comunitario a causa di un recepimento incompleto e non adeguato di quanto previsto dalla direttiva varata alla fine del 2000 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro;
              si rende evidente l'urgenza di una normativa nazionale in materia di agricoltura sociale che possa regolamentare in maniera adeguata l'inserimento delle persone con disabilità nel lavoro agricolo e al contempo incentivare le imprese agricole che decidono di investire in questo importante progetto sociale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di adottare ulteriori iniziative normative volte a inserire tra i beneficiari degli incentivi statali previsti dal provvedimento in parola quelle imprese agricole che decidono di investire in progetti di agricoltura sociale, al fine di dare impulso positivo agli obblighi imposti dall'unione europea e promuovere l'inserimento nel mondo del lavoro alle persone diversamente abili.
9/1458/55.    (Testo modificato nel corso della seduta) L'Abbate, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, Lupo, Parentela.


      La Camera,
          premesso che:
              l'obiettivo del provvedimento esaminato è quello di promuovere interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile e valutata la necessità di sostenere il ricambio generazionale nel settore primario, posto che l'occupazione giovanile nel comparto agricolo fa registrare un aumento di oltre l'8,5 per cento nelle assunzioni di giovani sotto i 35 anni di età al primo trimestre 2013;
              allo stesso tempo, nel nostro Paese, sale il numero degli iscritti agli istituti professionali agricoli e agli istituti tecnici di agraria (+ 42 per cento per l'anno scolastico 2012-2013) e dall'ultimo rapporto Excelsior Unioncamere emerge che grazie al turn over generazionale in agricoltura potrebbero esserci 200 mila i posti di lavoro a disposizione dei giovani nei prossimi anni;
              alcuni recenti interventi normativi hanno disposto la vendita dei terreni agricoli e a vocazione agricola di proprietà dello Stato e degli enti territoriali ai giovani imprenditori agricoli;
              alienare la terra pubblica significa non considerare il fatto che essa è un bene comune e garantire il suo accesso deve essere una prerogativa dello Stato; al contrario mettere in vendita la terra pubblica «al miglior offerente» potrebbe comportare gravi conseguenze in termini speculazione; vedi il fenomeno, esacerbato dalla crisi energetica, del land grabbing: oltre 700.000 piccole aziende sono sparite nell'arco di un decennio e il 30 per cento dei terreni fertili è in mano all'1 per cento delle aziende;
              considerato che la stessa finalità di sostegno e potenziamento del settore agricolo nazionale può essere adeguatamente perseguita attraverso l'affidamento in locazione di detti terreni ai giovani imprenditori e ai giovani agricoltori come definiti dal Regolamento CE n.  1698/2005 del Consiglio del 20 settembre 2005,

impegna il Governo

a promuovere e potenziare l'occupazione giovanile valorizzando il settore agricolo nazionale e in particolare valutando la possibilità di rivedere la disciplina della vendita delle terre agricole e a vocazione agricola al fine di disporne l'affidamento in locazione favorendo il ricambio generazionale e l'accesso alla terra da parte di i giovani imprenditori e giovani agricoltori.
9/1458/56. Parentela, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo.


      La Camera,
          premesso che:
              i datori di lavoro o i consulenti del lavoro delegati, previa autenticazione con PIN, possono consultare gli attestati dei propri dipendenti attraverso i servizi messi a disposizione dell'Inps tramite la consultazione dell'area dedicata;
              attraverso questo meccanismo, il datore di lavoro o il consulente da lui delegato può consultare e stampare un attestato di malattia fornendo il numero di protocollo del certificato e il codice fiscale associato;
              le domande relative a prestazioni previdenziali (maternità, permessi disabili etc) se pur compilati in via telematica, devono poi essere consegnati in cartaceo al datore di lavoro ritenuto che l'utilizzo di internet velocizza e riduce i costi connessi alla richiesta delle suddette prestazioni previdenziali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre un obbligo di legge in cui si stabilisce che le domande relative a prestazioni previdenziali (maternità, permessi disabili etc) una volta compilate in via telematica, l'Istituto previdenziale deve metterle a disposizione del datore di lavoro e degli intermediari come in tema di certificati di malattia.
9/1458/57. Carinelli, Rostellato, Tripiedi, Rizzetto, Bechis, Ciprini, Cominardi, Baldassarre.


      La Camera,
          premesso che in sede di Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione;
          in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti all'articolo 1 vengono introdotte misure volte a favorire e promuovere l'occupazione senza che però detti interventi rimodellino il sistema nella direzione di una energico e forte intervento che inneschi meccanismi virtuosi nel circuito occupazionale;
          che tra le diffuse criticità insite al provvedimento emerge quella relativa all'assenza di qualsivoglia misura volta a limitare il fenomeno delle delocalizzazioni industriali;
          che il risultato di tale fenomeno è che i lavoratori perdono i loro posti di lavoro, con conseguente abbassamento dei redditi prodotti all'interno della nazione ed apertura di procedure di cassa integrazione;
          che minori redditi si tramutano in minor consumi c quindi minor capacità di acquisto di altri prodotti instaurando un pericoloso circolo vizioso di crisi economica che noi tutti stiamo attualmente vivendo;
          che lo stesso Ministro Zanonato in un suo recente intervento aveva sottolineato che «il tema delle delocalizzazioni è di primaria importanza perché mette a rischio la tenuta competitiva del nostro sistema produttivo ed occupazionale»;
          che occorre fare in modo che il nostro Paese sia esattamente in linea con i costi e le opportunità offerte negli altri Paesi più sviluppati, creando le giuste condizioni di diritto tanto per le imprese, quanto per i lavoratori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere immediate iniziative volte a porre freno al fenomeno delle delocalizzazioni.
9/1458/58. Petraroli, Rostellato, Cominardi, Tripiedi, Rizzetto, Bechis, Baldassarre, Ciprini, Rubinato.


      La Camera,
          premesso che in sede di Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76. recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione;
          in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti;
          che all'articolo 1 vengono introdotte misure volte a favorire e promuovere l'occupazione senza che però detti interventi rimodellino il sistema nella direzione di una energico e forte intervento che inneschi meccanismi virtuosi nel circuito occupazionale;
          che il problema della disoccupazione è per il paese priorità la cui risoluzione passa necessariamente anche dallo sviluppo delle Pmi attualmente penalizzate da un costo del lavoro tra i più alti al mondo;
          che ridurre il costo del lavoro vorrebbe dire dare agli imprenditori ossigeno per ripartire e ai lavoratori risorse per alimentare i consumi;
          che tale intervento può essere reso possibile dalla revisione delle tariffe di rischio Inail, da una nuova destinazione delle risorse accumulate con il fondo di tesoreria del tfr, dall'utilizzo del 20 per cento delle risorse recuperate dalla lotta all'evasione fiscale e dalla riduzione di uno dei capitoli della spesa pubblica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere immediate iniziative volte alla riduzione del costo del lavoro per le piccole e medie imprese.
9/1458/59. Vallascas, Rostellato, Cominardi, Ciprini, Tripiedi, Rizzetto, Bechis, Baldassarre.


      La Camera,
          premesso che in sede di Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76. recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione;
          in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti;
          che all'articolo 1 vengono introdotte misure volte a favorire e promuovere l'occupazione senza che però detti interventi rimodellino il sistema nella direzione di una energico e forte intervento che inneschi meccanismi virtuosi nel circuito occupazionale;
          che il problema della disoccupazione è per il paese priorità la cui risoluzione passa necessariamente anche dallo sviluppo delle Pmi attualmente penalizzate da un costo del lavoro tra i più alti al mondo;
          che ridurre il costo del lavoro vorrebbe dire dare agli imprenditori ossigeno per ripartire e ai lavoratori risorse per alimentare i consumi;
          che tale intervento può essere reso possibile dalla revisione delle tariffe di rischio Inail, da una nuova destinazione delle risorse accumulate con il fondo di tesoreria del tfr, dall'utilizzo del 20 per cento delle risorse recuperate dalla lotta all'evasione fiscale e dalla riduzione di uno dei capitoli della spesa pubblica,

impegna il Governo

compatibilmente con i vincoli di bilancio, a valutare l'opportunità di assumere immediate iniziative volte alla riduzione del costo del lavoro per le piccole e medie imprese.
9/1458/59.    (Testo modificato nel corso della seduta) Vallascas, Rostellato, Cominardi, Ciprini, Tripiedi, Rizzetto, Bechis, Baldassarre.


      La Camera,
          premesso che qualora intervenga un'assenza dal lavoro con presentazione da parte del lavoratore di un certificato di malattia comune o di un certificato di infortunio o malattia professionale, il datore di lavoro è chiamato a gestire il relativo trattamento economico ed è tenuto, in ogni caso, a trattare l'evento in base alla certificazione medica ricevuta dal lavoratore senza entrare nel merito dell'evento stesso la cui competenza è degli Istituti. Accade spesso che, nonostante la presentazione di un certificato medico di infortunio, l'INAIL disconosce l'evento, trasmettendolo per competenza all'INPS,
          l'azienda – una volta denunciato l'evento all'Istituto, anticipa le somme per conto dell'Inail in attesa del rimborso. Tuttavia in moltissimi casi (soprattutto negli infortuni in itinere) l'Inail a distanza di molti mesi (in media circa 10 mesi) disconosce l'evento di infortunio e segnala all'Inps la gestione dell'evento morboso e quest'ultimo, contrastando con quanto sostenuto dall'Inail si dichiara a sua volta non competente perché trattasi di infortunio;
          questo rimbalzo di competenze tra i due istituti si protrae per molti anni e in alcuni casi anche oltre il termine prescrizionale per rivendicare il giusto rimborso da parte dell'azienda. La problematica rileva anche sulla materia del licenziamento per superamento del periodo di comporto, in quanto l'infortunio, di norma, non evidenzia ai fini del comporto e se il datore di lavoro ha provveduto a licenziare considerando l'evento quale malattia, qualora lo stesso venisse considerato ex post un infortunio rischia di trovarsi di fronte ad un licenziamento illegittimo;
          con questo sistema le aziende cumulano crediti nei confronti degli Istituti che risultano molto ingenti per i bilanci economici/finanziari e che tale lungaggine comporta vertenze a causa di licenziamenti illegittimi,

impegna il Governo:

          ad adottare con urgenza disposizioni atte a modificare l'impianto normativo di riferimento in modo tale da garantire alle aziende un rimborso immediato delle somme anticipate, ribaltando agli enti interessati le procedura per la compensazione finanziaria dell'onere che – per legge – è a carico degli enti preposti;
          ad adottare iniziative normative invalidanti licenziamenti illegittimi non imputabili al datore di lavoro.
9/1458/60. Ferraresi, Rostellato, Ciprini, Cominardi, Tripiedi, Bechis, Baldassarre, Rizzetto.


      La Camera,
          premesso che in sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n.  69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, l'articolo 31, reca disposizioni per la semplificazione in materia di DURC;
          il certificato di agibilità è il documento che autorizza l'impresa a far agire nei locali di proprietà (o di cui le stesse imprese abbiano un diritto personale di godimento) i lavoratori dello spettacolo artisti e tecnici, occupati nelle categorie da 1 a 14 dell'articolo 3 del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato n.  708 del 1947 (e successive modifiche ed integrazioni) in relazione ad uno specifico evento (o ad una serie di eventi). L'agibilità viene rilasciata dalla gestione ex-Enpals previo accertamento della regolarità degli adempimenti contributivi o a seguito di presentazione di idonee garanzie (articolo 10 decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato n.  708 del 1947). In particolare, in conformità alle disposizioni vigenti dal 1o gennaio 2008, il rilascio del certificato è subordinato all'assenza di debiti contributivi da parte dell'impresa richiedente nei confronti dell'Ente. Infatti, nel caso in cui l'impresa risulti debitrice sarà necessario regolarizzare la posizione debitoria versando l'importo dovuto (anche ratealmente) o produrre fideiussione bancaria o assicurativa di importo pari all'ammontare dei debiti contributivi; di fatto, la predetta certificazione svolge la medesima funzione che attualmente ricopre il documento unico di regolarità contributiva (DURC). Appare pertanto necessario, in chiave semplificativa, uniformare le due discipline riconducendo anche le aziende dello spettacolo al sistema DURC,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a uniformare entro sei mesi dall'approvazione del presente ordine del giorno, la disciplina relativa al certificato di agibilità che autorizza l'impresa a far agire nei locali di proprietà i lavoratori dello spettacolo artisti e tecnici, al documento unico di regolarità contributiva.
9/1458/61. Micillo, Ciprini, Tripiedi, Cominardi, Rizzetto, Bechis, Baldassarre, Rostellato.


      La Camera,
          premesso che in sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare quella giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti, reca disposizioni in materia di rilancio dell'occupazione nell'ottica di semplificare gli adempimenti connessi all'instaurazione e gestione del rapporto di lavoro;
          attualmente una lavoratrice in gravidanza che ha la necessità di astenersi dal posto di lavoro in modo anticipato rispetto al periodo obbligatorio è chiamata a svolgere una serie di adempimenti burocratici quali:
              1. fare un'istanza al Ministero del lavoro;
              2. predisposizione da parte del Ministero del lavoro di una richiesta di visita alla ASL competente;
              3. visita medica;
              4. consegna da parte della lavoratrice del certificato medico rilasciato dalla ASL, al Ministero del lavoro che a sua volta rilascia il provvedimento di autorizzazione;
          tale procedura si attiva ad ogni proroga dell'astensione anticipata;
          di fatto l'intervento del Ministero del lavoro non aggiunge alcuna garanzia di correttezza dell'astensione trattandosi di manifestazione accertabile solo sul piano medico;
          appare opportuno elidere ogni intervento nella suddetta prassi da parte del Ministero del lavoro in quanto il rilascio del certificato della ASL costituisce di per se documento idoneo ad astenersi dal posto di lavoro al pari di qualsiasi certificazione medica per malattia;
          una prima soluzione è stata introdotta a decorrere dal 1o aprile 2012, (ai sensi del decreto-legge n.  5 del 2012) con riferimento all'ipotesi di cui all'articolo 17, comma 2, lettera a), decreto legislativo n.  151 del 2001, (cioè gravi complicazioni della gravidanza o forme morbose pregiudizievoli) l'autorizzazione è disposta dalla sola ASL con modalità definite con Accordo sancito in sede di Conferenza permanente Stato/Regioni. In attesa della convocazione della Conferenza Stato / Regioni, il Ministero del lavoro sollecita gli Uffici periferici (DTL) a concludere intese con le AA.SS.LL. per consentire tempestivamente l'emanazione dei provvedimenti di interdizione anticipata (ML lett. circ. n.  7247/2012). Tuttavia, la lungaggine di queste intese di fatto lascia ancora inalterato il problema in diverse parti d'Italia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare entro sei mesi dall'approvazione del presente ordine del giorno, ulteriori iniziative tese a rafforzare la tutela della lavoratrice in gravidanza, con particolare riferimento allo snellimento delle procedure per l'ottenimento dell'astensione dal lavoro in periodo anticipato a quello obbligatorio.
9/1458/62. Basilio, Rostellato, Bechis, Ciprini, Cominardi, Tripiedi, Rizzetto, Baldassarre.


      La Camera,
          premesso che:
              il percorso individuato con questo provvedimento che comincia ad affrontare le emergenze ha bisogno di continuare;
              in questo senso le attività di orientamento sono fondamentali per ridurre al minimo errori e sprechi,

impegna il Governo

in collaborazione con gli enti locali e le regioni ad assumere le iniziative necessarie per l'istituzione di un servizio di orientamento scolastico e professionale diffuso sul territorio e a regia nazionale.
9/1458/63. D'Ottavio, Bobba, Bonomo.


      La Camera,
          premesso che:
              ai sensi dell'articolo 12 comma 18-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  135, ha disposto che le funzioni già svolte da Buonitalia Spa sono attribuite all'Agenzia per la Promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane all'articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111;
              per quanto specificatamente concerne i dipendenti della Società si è stabilito che «con decreto del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze e del Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è disposto il trasferimento delle funzioni e delle risorse umane di Buonitalia spa, in Liquidazione, all'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane», prevedendo che il passaggio dei dipendenti in questione, in servizio al 31 dicembre 2011, avverrà previo espletamento di un'apposita procedura di verifica dell'idoneità e che l'inquadramento avverrà nei ruoli dell'Agenzia sulla base di un'apposita tabella di corrispondenza approvata con il predetto decreto e nell'ambito delle facoltà assunzionali dell'Agenzia;
              nelle more di emanazione del richiamato decreto interministeriale – intervenuta ben oltre i 60 giorni previsti dalla legge – il Liquidatore di Buonitalia spa ha disposto il licenziamento dei dipendenti creando, pertanto, un pregiudizio alloro diritto al trasferimento nei ruoli dell'Agenzia che sarebbe dovuta avvenire senza soluzione di continuità e a cui sarebbe dovuta succedere la prevista procedura di idoneità;
              ad oggi non è stata attivata da parte dell'Agenzia alcuna procedura di adempimento della norma, mentre, per la tutela dei rispettivi diritti, alcuni ex-dipendenti di Buonitalia si sono visti riconoscere dal Tribunale di Roma «l'inesistenza dei licenziamenti intimati» in ragione del dispositivo del citato articolo 12, comma 18-bis,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche attraverso l'emanazione di appositi indirizzi interpretativi della disposizione di cui all'articolo 12 comma 18-bis del decreto legge 6 luglio 2012, n.  95, Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  135, finalizzati a riconoscere il diritto alla continuità lavorativa degli ex-dipendenti di Buonitalia, così ponendo fine a una incomprensibile disapplicazione della norma in questione e, conseguentemente, scongiurando il prodursi di ulteriori contenziosi giurisprudenziali che, inevitabilmente, vedrebbero soccombente le pubbliche amministrazioni coinvolte.
9/1458/64. Benamati.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 11 comma 22 dei decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti dispone l'applicazione di un'imposta al 58,5 per cento sui prodotti succedanei dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo (c.d. sigarette elettroniche);
              la vendita delle sigarette elettroniche è un mercato con cifre da record: nel 2012, tra negozi e produzione, ha creato 4000 posti di lavoro con un'età media degli addetti di 30 anni e un fatturato pari a 350 milioni di euro nel 2012; 4000 sono i punti vendita stimati entro la fine del 2013, con stime previste di 500 milioni di euro entro la fine dell'anno;
              tale provvedimento inciderà profondamente sui livelli occupazionali di aziende che avevano strutturato l'iniziativa imprenditoriale non potendo tener conto dell'introduzione di nuove misure normative e fiscali a così alta incidenza;
              tale provvedimento, assoggettando la commercializzazione dei prodotti in oggetto alla preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli nei confronti di soggetti che siano in possesso dei medesimi requisiti stabiliti per la gestione dei depositi fiscali di tabacchi lavorati, ne stravolge la natura originaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere immediate iniziative normative volte a tutelare gli investimenti delle imprese dei settore e del personale dipendente ivi occupato.
9/1458/65. Prodani, Mucci.


      La Camera,
          premesso che:
              all'articolo 10 vengono introdotte disposizioni in materia di politiche previdenziali e sociali;
              tra le diffuse criticità insite al provvedimento emerge quella relativa all'assenza di qualsivoglia misura volta a fare chiarezza sugli effetti determinatisi a seguito della riforma del sistema previdenziale adottata dal Governo Monti ed a firma del Ministro Elsa Fornero;
              a distanza di quasi due anni è doveroso far chiarezza ed istituire meccanismi certi attraverso i quali dare certezze ai cittadini in relazione al diritto alla pensione e/o alle soluzioni alternative cui avere accesso nei casi di criticità insite alla propria posizione previdenziale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere immediate iniziative che consentano una puntuale verifica degli effetti previdenziali e finanziari determinatisi a seguito delle modifiche della disciplina del sistema pensionistico di cui all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, attraverso la presentazione da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base dei dati elaborati dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), di una relazione trimestrale alle competenti Commissioni parlamentari relativa al numero complessivo dei lavoratori che periodicamente hanno avuto accesso al trattamento pensionistico, al numero di lavoratori che hanno usufruito delle deroghe previste dall'ordinamento nonché, più genericamente, di quelli che avrebbero potuto accedere al trattamento pensionistico secondo la previgente normativa, oltre alla classificazione della tipologia di accordo eventualmente intercorsa tra lavoratore ed azienda nei casi di incentivo e ai relativi effetti finanziari derivanti nonché alla relativa classificazione del numero di lavoratori che potranno potenzialmente usufruire delle deroghe previste dall'ordinamento nel trimestre successivo ed ai relativi effetti finanziari derivanti.
9/1458/66. Rizzetto, Cancelleri, Tripiedi, Cominardi, Bechis, Ciprini, Baldassarre, Rostellato.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge in esame ha come obiettivo quello di favorire l'occupazione giovanile e la stabilizzazione dei rapporti di lavoro;
              la crisi occupazionale attraversata dall'Italia non sembra imboccarsi verso una via di risoluzione. Secondo l'Istat a giugno 2013 gli occupati sono in diminuzione dello 0,1 per cento rispetto al mese precedente (-21 mila) e dell'1,8 per cento su base annua (-414 mila). Il tasso di occupazione, pari al 55,8 per cento, rimane invariato in termini congiunturali e diminuisce di 1,0 punto percentuale rispetto a dodici mesi prima;
              il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 89 mila, diminuisce dell'1,0 per cento rispetto al mese precedente (-31 mila) ma aumenta dell'11,0 per cento su base annua (+307 mila), Il tasso di disoccupazione si attesta al 12,1 per cento, in calo di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e in aumento di 1,2 punti nei dodici mesi;
              il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero l'incidenza dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 39,1 per cento, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,6 punti nel confronto tendenziale;
              secondo l'ISTAT nel 2012, in controtendenza con la crisi – e nel quadro delle nuove strategie familiari per farvi fronte, ora che viene spesso a mancare il reddito del marito – l'occupazione femminile è cresciuta di 110 mila unità rispetto al 2011 (+117 mila rispetto al 2008);
              nello specifico, tale fenomeno è ascrivibile in parte alla crescita delle donne occupate straniere (+76 mila, pari a +7,9 per cento) e, in parte, all'incremento delle donne occupate italiane ultra 49 anni (+148 mila, +6,8 per cento), che ha più che compensato il calo delle più giovani;
              sempre secondo l'ISTAT (Rapporto annuale 2013), l'aumento dell'offerta di lavoro femminile, in atto nel periodo più recente, è il risultato, oltre che di fenomeni di segregazione professionale e di una ricomposizione a favore delle fasce di età più avanzate, anche di nuove e diffuse strategie seguite dalle famiglie per affrontare le difficoltà economiche indotte dalla crisi;
              rispetto al 2011 sono aumentate di quasi il 35 per cento le donne in cerca di occupazione che vivono in coppia con figli (+115 mila in confronto al 2011; +127 mila, +39,4 per cento rispetto al 2008). Inoltre, sono anche aumentate le coppie con figli in cui solo la donna lavora, passate da 224 mila del 2008 (5,0 per cento del totale delle coppie con figli), a 314 mila nel 2011 (7,0 per cento) fino ad arrivare a 381 mila nel 2012 (8,4 per cento). In particolare, è cresciuto il numero di occupate che vivono in coppie in cui l'uomo è in cerca di un impiego e disponibile a lavorare (+51 mila unità rispetto al 2011, pari a +21,2 per cento) o è cassintegrato (+20 mila unità, pari a +53,9 per cento);
              pur evidenziando l'incremento predetto, la quota di donne occupate in Italia rimane di gran lunga inferiore a quella dell'Ue (47,1 per cento contro il 58,6 per cento) e la riduzione dei differenziali di genere nel nostro Paese è da ricondursi soprattutto al peggioramento della situazione occupazionale maschile il cui tasso di occupazione diminuisce. In questa situazione l'Italia arretra rispetto all'obiettivo di Lisbona che prevede il raggiungimento del 60 per cento di occupazione femminile;
              inoltre, nonostante l'occupazione femminile presenti una maggiore tenuta negli anni della crisi, si è comunque verificata una ricomposizione verso posizioni a più bassa qualifica abbinata alla crescita del part time involontario e alla persistenza di un più elevato grado di instabilità dell'occupazione. Tra il 2008 e il 2012 l'occupazione qualificata è diminuita fra le donne di 376.000 unità, mentre i lavori non qualificati hanno fatto registrare un incremento di 242.000 unità;
              l'ISTAT ci dice anche che in termini di caratteristiche e qualità del lavoro le donne continuano ad essere escluse da ruoli di responsabilità e confinate in determinati settori occupazionali;
              inoltre, le donne sono pagate meno rispetto agli uomini: un paragrafo del rapporto Istat è dedicato proprio al differenziale di genere nelle retribuzioni: il gender pay gap italiano è dell'11,5 per cento, cioè «a parità di altre condizioni, in media la retribuzione oraria delle donne è dell'11,5 per cento inferiore a quella degli uomini»;
              in una ricerca pubblicata a dicembre 2012 da Confindustria è stato messo in evidenza che un allineamento del tasso di occupazione di uomini e donne in Italia al livello del 66,7 per cento (quello femminile ricordiamo ancora che è fermo al 47,4 per cento) produrrebbe un incremento del Pil di circa 13,6 punti percentuali. Non è un'utopia, visto che in numerosi paesi industrializzati questo allineamento è la norma;
              nell'approfondimento tematico dedicato all'occupazione femminile gli analisti economici di Confindustria riprendono in considerazione tutti i fattori di contesto che determinano un più basso livello occupazionale femminile in Italia, a partire dai servizi pubblici come gli asili nido, la cui distribuzione geografica è parallela a quella delle percentuali di occupazione delle donne;
              nelle regioni del Nord, dove sono molto maggiori le percentuali di amministrazioni comunali che garantiscono più asili nido e strutture di accoglienza per la prima infanzia, l'occupazione femminile supera il 56 per cento. Nel Mezzogiorno e nelle isole maggiori, dove gli asili invece scarseggiano, non si arriva al 31 per cento;
              la strada da battere per aumentare l'occupabilità delle donne passa anche da quella dei servizi all'infanzia e dalle politiche di conciliazione famiglia-lavoro. Un mix di politiche nazionali e locali che, anche secondo gli analisti, rappresenterebbe un sicuro investimento per tutto il Paese;
              nel decreto-legge in esame mentre sono disposti incentivi per la disoccupazione giovanile, nessun incentivo specifico è posto a favore dell'aumento e del miglioramento qualitativo dell'occupazione femminile,

impegna il Governo

a porre in essere, già con il prossimo intervento di carattere finanziario, ogni atto di competenza volto ad incrementare gli incentivi a favore dell'occupazione femminile, a partire dalla creazione o dal rifinanziamento di un piano per gli asili nido.
9/1458/67. Costantino, Di Salvo, Duranti, Pellegrino, Nardi, Nicchi, Piazzoni, Ricciatti, Pannarale, Antezza.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge in esame ha come obiettivo quello di favorire l'occupazione giovanile e la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e, al contempo, di ridurre le disuguaglianze occupazionali tra aree geografiche del Paese;
              i giovani ricercatori in Italia, come è risaputo, sono poco sostenuti e valorizzati;
              la loro situazione è talmente precaria che vengono spinti a preferire il trasferimento all'estero, anche quando non vorrebbero, o, peggio, a rinunciare a fare ricerca per dedicarsi a lavori che poco o nulla hanno a che fare con la loro preparazione e i loro progetti professionali;
              solo qualche settimana fa è stato reso noto il responso della selezione 2013 della cosiddetta Erc junior, ovvero i grants assegnati dallo European Research Council ai giovani ricercatori dell'Unione e dei paesi associati;
              tale responso non poteva essere più chiaro: su 287 fondi per portare avanti un progetto di ricerca (grants) assegnati, i giovani italiani ne hanno vinto 17: il 5,9 per cento del totale. Non molti, tenuto conto che nel 2008, in un'analoga (ma non omologa) selezione ne avevamo vinti 35 su circa 300 (il 12 per cento del totale). Ma neanche pochi, visto che gli inglesi ne hanno vinto 22 e i francesi 26, pur avendo un numero di ricercatori e, soprattutto, di giovani ricercatori molto più nutrito. Solo la Germania si distacca, con 55 grants vinti. Ma la Germania ha, appunto, un numero di ricercatori tra 3 e 4 volte superiore;
              per numero assoluto di successi, eravamo secondi nel 2008 e ora siamo sesti. Un arretramento c’è stato. Ma la capacità individuale di competere dei nostri giovani resta, in ogni caso, del tutto paragonabile a quella dei loro colleghi di altri paesi europei. Ma è la capacità del sistema Paese che, nel modo più assoluto, perde il confronto col resto d'Europa;
              la maggior parte dei ricercatori italiani sono precari e troppo spesso non hanno la prospettiva di veder rinnovati i propri contratti,

impegna il Governo

a facilitare l'assunzione o la riconferma dei contratti dei giovani ricercatori, assunti presso enti pubblici di ricerca con contratti non a tempo indeterminato, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165 e escludendo la spesa per i loro contratti nel calcolo dei limiti imposti dalle normative vigenti sul turn over, entro il limite dell'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, nonché a prevedere, fin dal prossimo provvedimento finanziario, incentivi a favore dei ricercatori che svolgono ricerca in Italia.
9/1458/68. Fratoianni, Manfredi, Dallai.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge in esame ha come obiettivo quello di favorire l'occupazione giovanile e la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e, al contempo, di ridurre le disuguaglianze occupazionali tra aree geografiche del Paese;
              i giovani ricercatori in Italia, come è risaputo, sono poco sostenuti e valorizzati;
              la loro situazione è talmente precaria che vengono spinti a preferire il trasferimento all'estero, anche quando non vorrebbero, o, peggio, a rinunciare a fare ricerca per dedicarsi a lavori che poco o nulla hanno a che fare con la loro preparazione e i loro progetti professionali;
              solo qualche settimana fa è stato reso noto il responso della selezione 2013 della cosiddetta Erc junior, ovvero i grants assegnati dallo European Research Council ai giovani ricercatori dell'Unione e dei paesi associati;
              tale responso non poteva essere più chiaro: su 287 fondi per portare avanti un progetto di ricerca (grants) assegnati, i giovani italiani ne hanno vinto 17: il 5,9 per cento del totale. Non molti, tenuto conto che nel 2008, in un'analoga (ma non omologa) selezione ne avevamo vinti 35 su circa 300 (il 12 per cento del totale). Ma neanche pochi, visto che gli inglesi ne hanno vinto 22 e i francesi 26, pur avendo un numero di ricercatori e, soprattutto, di giovani ricercatori molto più nutrito. Solo la Germania si distacca, con 55 grants vinti. Ma la Germania ha, appunto, un numero di ricercatori tra 3 e 4 volte superiore;
              per numero assoluto di successi, eravamo secondi nel 2008 e ora siamo sesti. Un arretramento c’è stato. Ma la capacità individuale di competere dei nostri giovani resta, in ogni caso, del tutto paragonabile a quella dei loro colleghi di altri paesi europei. Ma è la capacità del sistema Paese che, nel modo più assoluto, perde il confronto col resto d'Europa;
              la maggior parte dei ricercatori italiani sono precari e troppo spesso non hanno la prospettiva di veder rinnovati i propri contratti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di facilitare l'assunzione o la riconferma dei contratti dei giovani ricercatori, assunti presso enti pubblici di ricerca con contratti non a tempo indeterminato, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165 e escludendo la spesa per i loro contratti nel calcolo dei limiti imposti dalle normative vigenti sul turn over, entro il limite dell'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, nonché a prevedere, fin dal prossimo provvedimento finanziario, incentivi a favore dei ricercatori che svolgono ricerca in Italia.
9/1458/68.    (Testo modificato nel corso della seduta) Fratoianni, Manfredi, Dallai.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge in esame ha come obiettivo quello di favorire l'occupazione giovanile e la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e, al contempo, di ridurre le disuguaglianze occupazionali tra aree geografiche del Paese;
              tali diseguaglianza sono riferibili non solo all'assenza di un lavoro, ma anche agli ostacoli che rendono più oneroso o a volte impossibile lo svolgimento del proprio lavoro;
              come segnalato qualche mese fa da un ricercatore dell'Università di Salerno, dott. Giovanni Pica, sul sito Linkiesta (http://www.linkiesta.it/disuguaglianza-istat), una disuguaglianza in Italia sta nella limitata disponibilità o nella difficoltà di accesso ai dati per fare ricerca;
              come spiega il ricercatore per poter parlare delle diseguaglianze e delle statistiche ai tempi della crisi è necessario disporre di dati da elaborare e sui quali fare ricerca scientifica;
              non bastano, quindi, le statistiche aggregate, le medie nazionali (o regionali) fornite dall'ISTAT, ad esempio, per parlare di disuguaglianza. E necessario analizzare l'intera distribuzione dei salari o dei redditi;
              il ricercatore lamenta che tali dati, che sono nella disponibilità dell'ISTAT, non sono resi immediatamente fruibili a tutti i ricercatori, come avviene in altri Paesi, nei quali è sufficiente inoltrare una semplice richiesta e firmare una dichiarazione nella quale ci si impegna a non utilizzare i dati in modo fraudolento per poter scaricare dati individuali anonimizzati direttamente sul proprio pc;
              in Italia l'ISTAT mette a disposizione dei ricercatori, previa autorizzazione, solo un numero limitato di indagini e spesso con limitazioni che riducono la possibilità di condurre analisi approfondite e rendono di fatto inutilizzabili i dati per chi non possa recarsi presso le strutture dell'ISTAT o semplicemente ritenga di dover lavorare dal proprio ufficio;
              tale situazione genera diseguaglianze tra ricercatori di altri Paesi e ricercatori italiani, che non possono utilizzare tutti i dati in possesso dell'ISTAT;
              sul medesimo sito Linkiesta, l'ISTAT ha fornito una risposta, distinguendo l'accesso ai propri microdati in due fattispecie: generale – ovvero disponibili a chiunque e trattati con metodi che limitano il rischio di violazione della riservatezza – e per motivi di ricerca. Nel complesso i file di microdati forniti dall'ISTAT nel 2012 sono stati 3500, con un incremento per i soli file per la ricerca (MER), la tipologia che per il livello di dettaglio costituisce la maggiormente utilizzata dal mondo accademico, del +300 per cento;
              l'ISTAT riconosce, tuttavia, che parzialmente diversa è la situazione dell'accesso ai microdati in remoto ai fini di ricerca. Infatti, a differenza che altrove, la legislazione italiana attualmente non consente di implementare un accesso remoto presso l'istituzione del richiedente (come in Francia) ma solo presso luoghi sotto il diretto controllo dell'Istat. Ciò avviene perché in Italia la normativa statistica è datata al 1989; l'Istat si è impegnata per modificarla al fine di adeguarla alla legislazione europea, e poter quindi estendere l'accesso remoto anche al di fuori delle sedi Istat;
              il problema posto sul sito de Linkiesta – e che rende difficoltoso il lavoro dei ricercatori italiani-rappresenta un fenomeno ben più vasto, che coinvolge altri enti pubblici o sotto il controllo pubblico, che non consentono l'accesso a propri dati – previamente anonimizzati – a fini di ricerca; ad esempio, è noto a tutti che per mesi vi è stato uno scontro tra l'INPS e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali che, in disaccordo tra loro, non sono riusciti a fornire un numero esatto dei lavoratori cosiddetti «esodati» che sono stati prodotti dalla riforma delle pensioni;
              se i dati e i microdati dell'INPS fossero accessibili ai ricercati, questo e altri problemi, potrebbero essere risolti facilmente, rendendo più semplice e accurata anche l'analisi politica dei fenomeni previdenziali e occupazionali,

impegna il Governo

a valutare, per quanto di sua competenza, l'adozione di misure – tecniche o normative – che consentano ai ricercatori l'accesso ai dati anonimizzati generati, raccolti o in possesso di enti pubblici o sotto il controllo pubblico o finanziati con risorse pubbliche, a partire dall'ISTAT e dall'INPS, e che l'accesso sia reso disponibile anche in remoto, al fine di incentivare il lavoro dei ricercatori italiani.
9/1458/69. Giancarlo Giordano.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge in esame contiene alcune misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro e, in particolare, all'articolo 1 incentiva nuove assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori giovani, mentre all'articolo 3 reca misure urgenti per l'occupazione giovanile e contro la povertà nel Mezzogiorno;
              il problema della stabilizzazione dei rapporti di lavoro, anche di molti giovani, è fortemente sentito nella Pubblica Amministrazione, dove numerosi sono i contratti di lavoro a tempo non indeterminato;
              il decreto-legge n.  54 del 2013 ha spostato dal 31 luglio 2013 al 31 dicembre 2013 il termine entro il quale le amministrazioni pubbliche possono prorogare i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, in essere al 30 novembre 2012, che superano il limite dei trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi o il diverso limite previsto dai contratti collettivi nazionali del relativo comparto, previo accordo decentrato con le organizzazioni sindacali rappresentative del settore interessato; senza la proroga dei contratti in scadenza dei precari, la Pubblica Amministrazione rischiava di non poter garantire servizi essenziali visto il contemporaneo blocco del turn over. Tra il 2007 e il 2011, secondo i dati del Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, i dipendenti pubblici sono diminuiti di 150 mila unità (da 3,43 milioni a 3,28 milioni) con un -4,3 per cento, ma la diminuzione risulterà più consistente negli anni successivi con una stima della Cgil di 400 mila lavoratori pubblici in meno tra il 2007 e il 2014;
              secondo il Ministro della Pubblica Amministrazione, Gianpiero D'Alia (dichiarazioni all'Adnkronos del 25 maggio 2013) è proprio il turn over a generare il precariato nella P.A. Il Ministro ha dichiarato anche che occorre effettuare il passaggio chiave della revisione delle piante organiche nei vari dicasteri, per passare a discutere con i sindacati della stabilizzazione degli oltre 115 mila precari della Pubblica Amministrazione;
              la stabilizzazione dei precari della Pubblica Amministrazione non è ulteriormente procrastinabile, anche in considerazione delle misure contenute nel decreto-legge in esame, il cui spirito è quello di sollecitare e accompagnare una stabilizzazione dei rapporti di lavoro,

impegna il Governo

a velocizzare l'apertura di un tavolo di concertazione con le rappresentanze sindacali, al fine di individuare percorsi di stabilizzazione del personale precario della Pubblica Amministrazione.
9/1458/70. Di Salvo.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge in esame contiene alcune misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro e, in particolare, all'articolo 1 incentiva nuove assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori giovani, mentre all'articolo 3 reca misure urgenti per l'occupazione giovanile e contro la povertà nel Mezzogiorno;
              il problema della stabilizzazione dei rapporti di lavoro, anche di molti giovani, è fortemente sentito nella Pubblica Amministrazione, dove numerosi sono i contratti di lavoro a tempo non indeterminato;
              il decreto-legge n.  54 del 2013 ha spostato dal 31 luglio 2013 al 31 dicembre 2013 il termine entro il quale le amministrazioni pubbliche possono prorogare i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, in essere al 30 novembre 2012, che superano il limite dei trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi o il diverso limite previsto dai contratti collettivi nazionali del relativo comparto, previo accordo decentrato con le organizzazioni sindacali rappresentative del settore interessato; senza la proroga dei contratti in scadenza dei precari, la Pubblica Amministrazione rischiava di non poter garantire servizi essenziali visto il contemporaneo blocco del turn over. Tra il 2007 e il 2011, secondo i dati del Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, i dipendenti pubblici sono diminuiti di 150 mila unità (da 3,43 milioni a 3,28 milioni) con un -4,3 per cento, ma la diminuzione risulterà più consistente negli anni successivi con una stima della Cgil di 400 mila lavoratori pubblici in meno tra il 2007 e il 2014;
              secondo il Ministro della Pubblica Amministrazione, Gianpiero D'Alia (dichiarazioni all'Adnkronos del 25 maggio 2013) è proprio il turn over a generare il precariato nella P.A. Il Ministro ha dichiarato anche che occorre effettuare il passaggio chiave della revisione delle piante organiche nei vari dicasteri, per passare a discutere con i sindacati della stabilizzazione degli oltre 115 mila precari della Pubblica Amministrazione;
              la stabilizzazione dei precari della Pubblica Amministrazione non è ulteriormente procrastinabile, anche in considerazione delle misure contenute nel decreto-legge in esame, il cui spirito è quello di sollecitare e accompagnare una stabilizzazione dei rapporti di lavoro,

impegna il Governo

a prevedere l'apertura di un tavolo di concertazione con le rappresentanze sindacali, al fine di individuare percorsi di stabilizzazione del personale precario della Pubblica Amministrazione.
9/1458/70.    (Testo modificato nel corso della seduta) Di Salvo.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto in esame contiene misure a favore dell'occupazione giovanile e contro la povertà nelle regioni del mezzogiorno;
              in tali aree sono presenti molti lavoratori socialmente utili (LSU), in particolare in Calabria, Sicilia e Campania;
              la figura dei lavoratori socialmente utili (LSU), cioè lavoratori che svolgono attività aventi ad oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, è stata introdotta con il decreto legislativo n.  468 del 1997;
              per tali lavoratori, nel tempo, sono state adottate misure per il rifinanziamento delle attività svolte e per la loro stabilizzazione presso enti pubblici o società private, per lo più cooperative appaltatrici di servizi pubblici esternalizzati, in deroga alla normativa ordinaria;
              nel 2007 è stata disposta la concessione di uno specifico contributo (ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge n.  159 del 2007) in favore della Calabria e della Campania, pari a 60 milioni di euro (di cui 10 milioni di euro per la Campania) da destinare alla stabilizzazione dei soggetti impegnati in LSU e di quelli impegnati in LPU;
              con lo stesso provvedimento, inoltre, i lavoratori di pubblica utilità (di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n.  280 del 1997) del territorio della Calabria sono stati equiparati ai lavoratori socialmente utili (di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n.  81 del 2000);
              da ultimo l'articolo 1, comma 265, della legge di stabilità per il 2013 ha autorizzato la spesa pari a 110 milioni di euro, per specifici stanziamenti a favore del comune e della provincia di Napoli e del comune di Palermo, per la prosecuzione, nel medesimo anno, degli interventi statali di LSU e per la stabilizzazione degli LSU di cui all'articolo 2, comma 552, della legge n.  244 del 2007 (erogazione di contributi per la stabilizzazione degli LSU ai comuni con meno di 50.000 abitanti, a condizione che gli oneri per gli LSU fossero a carico del bilancio dei medesimi comuni da almeno 8 anni) nel limite di un milione di euro e per l'assunzione a tempo determinato (sempre per il 2013 e nel limite di 500.000 euro), di specifiche categorie di lavoratori, tra le quali rientrano anche gli LSU;
              in più di quindici anni, le misure adottate a favore dei lavoratori socialmente utili hanno consentito solo parzialmente la loro stabilizzazione. Le recenti normative sul blocco del turn over e dei rispetto del patto di stabilità, se da una parte hanno reso impossibili le stabilizzazioni, dall'altra hanno consentito agli enti utilizzatori di continuare a garantire servizi fondamentali ed essenziali a costo zero, utilizzando questi lavoratori in posizioni anche strategiche o apicali, sfruttando le professionalità acquisite e i titoli di studio da questi posseduti;
              si tratta di capitale umano sul quale le Pubbliche Amministrazioni dovrebbero intervenire attraverso una mirata politica di stabilizzazioni, prepensionamenti e fuoriuscite volontarie attraverso incentivi, come ha annunciato di aver fatto, pochi giorni fa, la Regione Lazio con la fuoriuscita volontaria di 409 lavoratori socialmente utili,

impegna il Governo

ad avviare un tavolo di concertazione con le regioni e gli enti locali interessati volto a ridurre, per quanto di competenza, il bacino dei lavoratori di cui in premessa, impegnati nelle attività socialmente utili e di pubblica utilità, e a conseguirne la stabilizzazione.
9/1458/71. Piazzoni, Aiello, Airaudo, Scotto, Giancarlo Giordano, Palazzotto, Pannarale, Di Salvo, Placido, Pilozzi, Madia, Gregori, Miccoli.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto in esame contiene misure a favore dell'occupazione giovanile, la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e contro la povertà nelle regioni del mezzogiorno;
              i progetti BROS e I.SO.LA. promossi dalla Regione Campania (giunta Bassolino) e cofinanziati dal Governo sono stati il frutto di una lunghissima vertenza che aveva portato alla costruzione di un percorso di orientamento e formazione al lavoro per i disoccupati storici della città di Napoli e della sua provincia;
              per circa due anni i summenzionati progetti hanno rappresentato la garanzia di reddito per il grande bacino dei movimenti dei disoccupati napoletani;
              la vertenza del movimento dei precari BROS di Napoli e Provincia è iniziata quasi 16 anni fa. Sin dall'inizio, interlocutori del movimento sono state tutte le istituzioni sia sul piano locale – Regione, Comune e Provincia – che nazionale, con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
              dopo alcuni anni di confronto, le istituzioni citate (Governo, Regione Campania, Provincia e Comune di Napoli) hanno siglato nel 2003 un accordo con cui si dava avvio ad un percorso formativo per 4000 disoccupati di lunga durata;
              il percorso formativo è iniziato nel 2004. Dopo un primo periodo di «Orientamento» (78 ore con un una spesa di 9 milioni di euro) ed una seconda fase di generica formazione (400 ore finanziate con i fondi P.O.R. 2000-2006), si è concretizzato il Progetto I.SO.LA. diretto a sostenere l'inserimento dei disoccupati nel mondo del lavoro. Tale Progetto è stato promosso e finanziato dal Governo (22 milioni di euro), dalla Regione Campania (8 milioni di euro), dalla Provincia e dal Comune;
              sin dall'inizio del Progetto il movimento dei precari BROS ha criticato la scelta di proseguire un'attività formativa (ben 900 ore) che, per come organizzata, non sembrava puntare ad una reale costruzione di figure professionali suscettibili di un immediato e stabile inserimento lavorativo. Gli stage previsti (800 ore che si sommavano alle 100 ore in aula) si presentavano, infatti, con un carattere di assoluta genericità;
              per tale motivo, e a fronte anche dei difficili momenti attraversati dalla regione Campania in ordine al grave problema dei rifiuti e della devastazione del territorio, il movimento dei disoccupati ha rivendicato un radicale cambio di rotta nella gestione della 4a Fase del Progetto ISOLA.. Per questa ulteriore formazione di 900 ore finanziata con altri 30 milioni di euro hanno richiesto ed ottenuto la riconversione dell'intero Progetto in direzione della qualificazione nel settore ambientale di tutti i soggetti interessati. Inoltre hanno chiesto che sia la parte teorica che le previste work esperience, avvenissero in collaborazione di e con la collocazione presso imprese realmente operanti nel settore ambientale;
              finito il percorso formativo, il movimento ha rivendicato l'immissione nel mercato del lavoro con una stabilizzazione lavorativa per tutta la platea. La lotta è stata scandita dal susseguirsi di tavoli di confronto tra le istituzioni nazionali e locali che hanno portato ad atti deliberativi con cui si riconosceva il percorso formativo e si assumevano impegni per un reale sbocco occupazionale;
              le varie convenzioni e delibere stipulate tra il Ministero del lavoro, la Regione Campania, la Provincia di Napoli e il Comune di Napoli, impegnavano queste istituzioni a realizzare azioni dirette all'avviamento al lavoro degli ex corsisti I.SO.LA. e formalizzavano la trasformazione di questi ex corsisti in una platea di assegnatari di un budget individuale per il reinserimento occupazionale e sociale previsto da quelle stesse convenzioni (progetto BROS);
              a tale scopo venivano stanziati 20 milioni di euro: 10 milioni finanziati dal Governo ed altri 10 stanziati dalla Regione Campania. La totale assenza di progetti da parte della Regione Campania atti ad aprire sbocchi lavorativi, così come richiesto dal Governo e dallo stesso movimento, e l'assoluta mancanza del promesso monitoraggio delle possibili collocazioni presso aziende ed enti pubblici, di cui doveva occuparsi l'A.R.LA.S. (Agenzia regionale lavoro e scuola), ha significato il lento esaurimento di gran parte dei fondi (12,5 milioni) trasformati in sostegno al reddito per la platea e per il rilascio del libretto formativo;
              con l'avvento della giunta Caldoro, la Regione ha firmato con il Governo Berlusconi un'altra convenzione con cui, oltre a riconoscere la platea dei lavoratori BROS ed il loro percorso formativo, si stanziavano ulteriori fondi a coprire un periodo di sostegno al reddito, come misura per contenere il disagio sociale, e si impegnava a dare, finalmente, un serio corso all'attuazione di soluzioni lavorative attingendo anche ai rimanenti 7,5 milioni, bloccati presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
              questi fondi sono stati inseriti dall'Assessore regionale al lavoro, Severino Nappi, nel Piano Regionale Straordinario per il Lavoro. Infatti, per quanto riguarda la platea dei Precari BROS la soluzione occupazionale, secondo l'Assessore, doveva venire dal bando «Più sviluppo più lavoro» (24 milioni di euro) ed in particolare dalla Linea di intervento 1, esplicitamente dedicata a questo bacino in quanto riconosciuto dalle Convenzioni del 26 giugno 2006 e del 14 aprile 2008 (tra Ministero del lavoro, Regione Campania, Provincia di Napoli e Comune di Napoli) ai sensi della D.G.R. 342 del 29 febbraio 2008;
              a distanza di circa tre anni dal varo del Piano straordinario per il Lavoro, nessun contratto di lavoro è partito per i BROS. A fronte dell'assenza di confronto e della mancata collaborazione da parte della Regione, come pure dell'inerzia dinanzi al fallimento della strategia della Regione per risolvere il problema occupazionale in generale ed in particolare per i Bros, il movimento dei lavoratori BROS ha intensificato il confronto con le istituzioni disponibili a proseguire sulla strada della chiusura della vertenza;
              Comune e Provincia di Napoli, a seguito di confronto e con l'avallo della stessa Regione Campania, hanno elaborato linee di intervento per avviare progetti occupazionali per i lavoratori BROS. L'impegno dei suddetti Enti è stato incoraggiato dalla disponibilità espressa dallo stesso Ministero del Lavoro a riprendere l'intesa interistituzionale precedentemente firmata. La effettiva attuazione dei progetti elaborati da Comune e Provincia dipende dalla possibilità di accedere ai fondi finalizzati all'occupabilità dei Bros (7,5 milioni) ed attualmente bloccati presso il Ministero del lavoro;
              dinanzi al diniego, tutto politico, della Regione Campania, ente preposto a ricevere gli stanziamenti dal Governo, di trasferire le risorse alla Provincia e al Comune di Napoli e di farsi garante e sostenitrice dei progetti di tali Enti presso il Ministero del lavoro per lo sbocco occupazionale per i BROS, è indispensabile individuare soluzioni per superare l'empasse e chiudere positivamente la vertenza;
              la soluzione obbligata è quella di trasferire i fondi per i lavoratori BROS dal Ministero del Lavoro direttamente a Comune e Provincia di Napoli, Enti proponenti dei progetti e già firmatari della suddetta intesa,

impegna il Governo

ad avviare prontamente un tavolo interistituzionale tra Regione Campania, Provincia e Comune di Napoli, finalizzato ad individuare una positiva soluzione al trasferimento dei fondi di cui in premessa direttamente dal Governo a Provincia e Comune.
9/1458/72. Migliore, Scotto, Airaudo, Giorgio Piccolo.


      La Camera,
          in sede di esame dell'AC 1458: «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti»;
          premesso che:
              il decreto-legge in esame ha come obiettivo quello di favorire l'occupazione giovanile, la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e, al contempo, di ridurre le disuguaglianze occupazionali tra aree geografiche del Paese;
              a partire dagli anni novanta del secolo scorso, furono sviluppate politiche attive di lavoro per far fronte all'emergenza lavorativa di lavoratori in cassa integrazione, in mobilità e disoccupati di lungo corso, creando la figura del lavoro socialmente utile (LSU) da svolgere a favore degli Enti Locali (comuni e province). Ai lavoratori impiegati veniva corrisposto un sussidio, pagato dallo Stato, senza che tra essi e i soggetti ai quali veniva prestata l'attività lavorativa si instaurasse un rapporto di lavoro subordinato;
              la costante giurisprudenza amministrativa ha infatti precisato che: «le caratteristiche dei lavori socialmente utili non ne consentono la qualificazione come rapporto di impiego; e ciò per la considerazione che il rapporto dei lavoratori socialmente utili trae origine da motivi assistenziali (rientrando nel quadro dei c.d. ammortizzatori sociali); e riguarda un impegno lavorativo certamente precario; non comporta la cancellazione dalle liste di collocamento; presenta caratteri del tutto peculiari quali l'occupazione per non più di ottanta ore mensili, il compenso orario uguale per tutti (sostitutivo della indennità di disoccupazione) versato dallo Stato e non dai datore di lavoro, la limitazione delle assicurazioni obbligatorie solo a quelle contro gli infortuni e le malattie professionali» (per tutte Cons. St. n.  3664 del 2007; n.  1253 del 2007);
              circa 15 mila unità di lavoratori impegnati in attività di lavoro socialmente utile vennero impiegati nelle scuole provinciali e comunali in sostituzione di personale ausiliario ATA, assistenti, custodi, sorveglianti e altre figure professionali operanti nell'ambito scolastico;
              con il decreto legislativo 1o dicembre 1997, n.  468, recante «Revisione della disciplina sui lavori socialmente utili», venne stabilito che la proroga dell'impiego di personale in lavori socialmente utili, nel frattempo cresciuti a dismisura, fosse subordinato ad un percorso di stabilizzazione. Le alternative prospettate erano sostanzialmente due:
                  l'assunzione diretta attraverso una percentuale di riserva obbligatoria in caso di avviamenti a selezione presso gli Enti utilizzatori;
                  l'assunzione in aziende private (cooperative o non), convenzionate in deroga alle leggi di evidenza per le gare di appalto, che ottenevano la gestione dei servizi sui quali operavano gli L.S.U., che venivano così esternalizzati e privatizzati;
              la maggior parte dei lavoratori LSU impegnati in ambito scolastico non vennero assunti direttamente, ma da società esterne, in tal modo fallendo l'obiettivo di stabilizzazione voluto. Da allora, nelle scuole i compiti propri del personale ATA sono stati svolti mediante personale dipendente, nonché mediante contratti di servizio stipulati dagli Enti Locali con soggetti privati e con personale che continuava ad essere impegnato in progetti di lavoro socialmente utile;
              successivamente, a partire dal 1999, le competenze svolte dagli Enti Locali nelle scuole elementari, materne e negli istituti secondari superiori – tra le quali i servizi di pulizia ed altre attività ausiliarie – furono trasferite allo Stato dall'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n.  124;
              il decreto interministeriale 23 luglio 1999, n.  184, e in particolare l'articolo 9, dispose il subentro dello Stato nei contratti stipulati dagli Enti Locali (c.d. appalti storici), per la parte concernente l'attuazione di compiti propri del personale ATA, in luogo dell'assunzione di personale dipendente;
              con il trasferimento di competenze dagli enti locali allo Stato, nella specie al Ministero dell'Istruzione, venne anche prevista una nuova stabilizzazione. Infatti, l'articolo 45, comma 8, della legge n.  144 del 1999 stabiliva che: «Ai lavoratori impegnati in lavori socialmente utili assoggettati alla disciplina di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 1o dicembre 1997, n.  468, è riservata una quota del 30 per cento dei posti da ricoprire mediante avviamenti a selezione di cui all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n.  56, e successive modificazioni»;
              purtroppo la predetta disposizione rimase inapplicata nella scuola, mentre l'articolo 78, comma 313 della legge n.  388 del 2000 interveniva nuovamente disponendo che ai fini della stabilizzazione dell'occupazione dei soggetti impegnati in progetti di lavoro socialmente utili presso gli istituti scolastici si dovesse ricorrere alla «terziarizzazione», ovvero ancora una volta all'appalto a consorzi di ditte e cooperative di servizi di pulizia nelle scuole;
              questo intervento, presentato come un piano di ottimizzazione per la scuola e di stabilizzazione per i lavoratori, ha tradito gli obiettivi perseguiti, determinando una ulteriore precarizzazione di questa categoria di lavoratori e uno sperpero di risorse pubblico;
              l'affidamento ai consorzi avveniva tramite procedura diretta, senza il rispetto della normativa europea e nazionale vigente in materia di appalti, circostanza che ha portato nel 2005 l'Unione europea a intervenire per chiedere il rispetto delle leggi e ha costretto il Ministero dell'istruzione ad adottare il decreto ministeriale n.  92 del 2005, con il quale si è disposto lo svolgimento delle gara di appalto pubbliche con evidenza europea;
              inoltre, ai consorzi erano riconosciuti sgravi fiscali e contributivi per tre anni e contributi economici per ogni lavoratore assunto, nonostante i lavoratori continuassero e continuino a percepire retribuzioni più basse di quelle percepite dagli altri lavoratori che svolgono identiche mansioni nelle scuole alle dipendenze dirette del MIUR;
              la situazione di questi lavoratori si è così trascinata per anni, passando attraverso ulteriori vicende che non si può esitare a definire di sfruttamento del lavoro e con garanzie previdenziali diminuite, che produrranno effetti molto negativi sui loro diritti pensionistici. Dopo tanti anni di lavoro nella scuola, alcuni fin dal 1996, questi lavoratori LSU non hanno ottenuto la stabilizzazione, né hanno acquisito punteggi, entrando in una graduatoria scolastica, che gli possa consentire l'assunzione;
              nel 2005, per i circa 14.000 ex LSU della scuola, lo Stato spendeva circa 400 milioni di euro l'anno, Per 35 ore lavorative settimanali, i lavoratori percepivano (e continuano a percepire nel 2013) al massimo 800 euro mensili, mentre le ditte che li impiegano ricevevano un contributo di stabilizzazione superiore a 2000 euro – oggi aumentato – per lavoratore (dati ricavati dalla nota del MIUR – Direzione Generale per il personale della scuola – Prot. 26 Esternalizzazione ex UFF. VIII – del 26 gennaio 2005). È stato calcolato che se lo Stato assumesse questi lavoratori risparmierebbe circa 74 milioni di euro l'anno, oltre a garantire loro maggiori tutele assicurative e previdenziali, eliminando la costosa intermediazione di manodopera rappresentata dalle aziende aderenti ai Consorzi nazionali aggiudicatari degli appalti;
              va aggiunto, per completezza, che negli ultimi anni le risorse per ex LSU della scuola sono state ridotte e l'occupazione di questi lavoratori è messa a rischio anche dalla scadenza degli appalti in corso e dallo svolgimento delle nuove gare da parte della CONSIP. Per molti di loro, già in cassa integrazione, sta per scattare quella a zero ore e tra pochi mesi potrebbero rimanere disoccupati; nel 2012 il MIUR ha speso tra finanziamento appalti e cassa integrazione 320 milioni di euro, ma se stabilizzasse gli ex LSU come personale ATA, spenderebbe invece 260 milioni, risparmiando 60 milioni;
              è proprio una somma di poco inferiore quanto il decreto legge n.  69 del 21 giugno 2013, ha previsto di decurtare alle istituzioni scolastiche ed educative statali per i servizi esternalizzati per le funzioni corrispondenti a quelle assicurate dai collaboratori scolastici: l'articolo 58, comma 5, infatti, ha ridotto «le risorse destinate alle convenzioni per i servizi esternalizzati di euro 25 milioni per l'anno 2014 e di euro 49,8 milioni a decorrere dall'anno 2015»;
              la scelta del Governo di tagliare i costi per i servizi assicurati dai predetti lavoratori ex LSU della scuola senza aver previsto, al contempo, la loro stabilizzazione, desta molta preoccupazione;
              infatti, la prevista riduzione della spesa comporterà la perdita di molti posti di lavoro, andando ad aggravare la situazione occupazione in molte aree povere del Paese e colpirà lavoratori con redditi già bassi che non saranno più grado di provvedere ai bisogni propri e delle proprie famiglie;
              nella sola provincia di Taranto, per fare un esempio, secondo le organizzazioni sindacali l'applicazione di questi tagli comporterà la perdita di 500/550 posti di lavoro, con le immaginabili conseguenze su di un territorio già socialmente e economicamente molto provato;
              la stabilizzazione dei lavoratori ex LSU della scuola è l'unica e dignitosa soluzione per consentire di conciliare le esigenze di risparmio, ridurre lo sperpero di denaro pubblico, migliorare i servizi e mantenere i livelli occupazionali e salariali,

impegna il Governo

a procedere, già con il prossimo intervento di carattere finanziario, alla stabilizzazione dei lavoratori di cui in premessa, la cui assunzione a carico del bilancio dello Stato ha impatto finanziario pari a zero e, anzi, sarebbe in grado di determinare ulteriori risparmi.
9/1458/73. Duranti, Di Salvo, Fratoianni.


      La Camera,
          in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti;
          premesso che:
              l'articolo 11 del provvedimento in esame assoggetta, a decorrere dal 1o gennaio 2014, ad un'imposta di consumo del 58,5 per cento i prodotti succedanei dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo (c.d. sigarette elettroniche);
              la commercializzazione di tali prodotti viene assoggettata alla preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, rimandando ad un successivo decreto per l'individuazione delle modalità di presentazione della relativa istanza, delle procedure per la variazione dei prezzi di vendita al pubblico, delle modalità di tenuta dei registri e documenti contabili, di liquidazione e versamento dell'imposta di consumo;
              l'articolo 11 incarica, inoltre, il Ministero della salute del monitoraggio sugli effetti dei prodotti succedanei dei prodotti da fumo, al fine di promuovere le necessarie iniziative anche normative a tutela della salute;
              la Relazione tecnica specifica che la disposizione è finalizzata a sottoporre all'accisa i prodotti succedanei dei tabacchi lavorati, tra i quali le cosiddette sigarette elettroniche, In particolare, viene stimato un valore complessivo del mercato delle sigarette elettroniche pari a circa 200 milioni di euro annui, al quale corrisponde, in base all'aliquota del 58,5 per cento disposta dalla norma, un maggior gettito di 117 mln a decorrere dal 1o gennaio 2014;
              di contro, la relazione illustrativa afferma che, in mancanza di dati e rilevazioni ufficiali in ordine al mercato delle cosiddette sigarette elettroniche, si stima in base a valutazioni di natura induttiva e, a condizione che si consolidi il target dei potenziali acquirenti, che il valore attuale del comparto si aggiri sui 150 mln;
              al riguardo, si osserva che la relazione illustrativa contiene alcuni dati ed informazioni che non sono stati ripresi nella Relazione Tecnica. In relazione alla stessa, inoltre, non è stata fornita la fonte dei dati riportati, né si è chiarito in base a quali parametri, ovvero trend osservati, si sia giunti ad ipotizzare un mercato del settore di 200 mln di euro a partire dal 2014;
              non sembra inoltre che si sia tenuto conto di possibili effetti disincentivanti in relazione alle ricadute sul prezzo derivanti all'imposta introdotta;
              considerato che, indipendentemente dalla contrarietà che si dovrebbe dimostrare nel tassare le sigarette elettroniche, anche e solo per i costi indiretti che lo Stato potrebbe in seguito non essere più costretto a sopportare in termini di spese sanitarie, si rileva altresì che, non essendo attualmente disponibili dati e rilievi ufficiali in ordine al mercato delle sigarette elettroniche, il gettito derivante da tale tassazione potrebbe risultare di gran lunga inferiore a quello atteso;
              ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo appare quanto mai criticabile che una norma siffatta venga utilizzata come strumento di compensatività finanziaria di disposizioni che recano urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale;
              inoltre, al momento non vi è alcuna giustificazione per introdurre forme di tassazione specifiche sulla sigaretta elettronica. Al massimo si potrebbe ipotizzare una forma di tassazione delle fiale contenenti nicotina, e proporzionale alla concentrazione della stessa;
              le sigarette elettroniche sono, infatti, normali prodotti commerciali per i quali, al momento, non sono noti «costi sociali» accertati rilevanti;
              si rileva, inoltre, che la rapida diffusione delle sigarette elettroniche è stata accompagnata dalla nascita di numerose imprese operanti sul territorio nazionale che operano su un mercato ampio e diffuso, capace di creare nuova occupazione e, soprattutto, basato in parte sulla produzione nazionale avendo riguardo ai liquidi ivi contenuti,

impegna il Governo

in attesa di evidenze conclusive oggettive, a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare già con il prossimo provvedimento di natura economica, adeguate iniziative, anche normative, volte ad introdurre una forma di tassazione per le sigarette elettroniche molto più moderata di quella prevista dal provvedimento in esame, tenendo conto degli investimenti già effettuati da parte degli esercenti dei nuovi negozi di sigarette elettroniche, evitando così che un improvviso intervento da parte del potere pubblico mandi in disgrazia questi nuovi esercizi commerciali.
9/1458/74. Lavagno, Paglia, Ragosta, Di Salvo, Airaudo, Lacquaniti.


      La Camera,
          in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti;
          premesso che:
              l'articolo 11 del provvedimento in esame assoggetta, a decorrere dal 1o gennaio 2014, ad un'imposta di consumo del 58,5 per cento i prodotti succedanei dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo (c.d. sigarette elettroniche);
              la commercializzazione di tali prodotti viene assoggettata alla preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, rimandando ad un successivo decreto per l'individuazione delle modalità di presentazione della relativa istanza, delle procedure per la variazione dei prezzi di vendita al pubblico, delle modalità di tenuta dei registri e documenti contabili, di liquidazione e versamento dell'imposta di consumo;
              l'articolo 11 incarica, inoltre, il Ministero della salute del monitoraggio sugli effetti dei prodotti succedanei dei prodotti da fumo, al fine di promuovere le necessarie iniziative anche normative a tutela della salute;
              la Relazione tecnica specifica che la disposizione è finalizzata a sottoporre all'accisa i prodotti succedanei dei tabacchi lavorati, tra i quali le cosiddette sigarette elettroniche, In particolare, viene stimato un valore complessivo del mercato delle sigarette elettroniche pari a circa 200 milioni di euro annui, al quale corrisponde, in base all'aliquota del 58,5 per cento disposta dalla norma, un maggior gettito di 117 mln a decorrere dal 1o gennaio 2014;
              di contro, la relazione illustrativa afferma che, in mancanza di dati e rilevazioni ufficiali in ordine al mercato delle cosiddette sigarette elettroniche, si stima in base a valutazioni di natura induttiva e, a condizione che si consolidi il target dei potenziali acquirenti, che il valore attuale del comparto si aggiri sui 150 mln;
              al riguardo, si osserva che la relazione illustrativa contiene alcuni dati ed informazioni che non sono stati ripresi nella Relazione Tecnica. In relazione alla stessa, inoltre, non è stata fornita la fonte dei dati riportati, né si è chiarito in base a quali parametri, ovvero trend osservati, si sia giunti ad ipotizzare un mercato del settore di 200 mln di euro a partire dal 2014;
              non sembra inoltre che si sia tenuto conto di possibili effetti disincentivanti in relazione alle ricadute sul prezzo derivanti all'imposta introdotta;
              considerato che, indipendentemente dalla contrarietà che si dovrebbe dimostrare nel tassare le sigarette elettroniche, anche e solo per i costi indiretti che lo Stato potrebbe in seguito non essere più costretto a sopportare in termini di spese sanitarie, si rileva altresì che, non essendo attualmente disponibili dati e rilievi ufficiali in ordine al mercato delle sigarette elettroniche, il gettito derivante da tale tassazione potrebbe risultare di gran lunga inferiore a quello atteso;
              ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo appare quanto mai criticabile che una norma siffatta venga utilizzata come strumento di compensatività finanziaria di disposizioni che recano urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale;
              inoltre, al momento non vi è alcuna giustificazione per introdurre forme di tassazione specifiche sulla sigaretta elettronica. Al massimo si potrebbe ipotizzare una forma di tassazione delle fiale contenenti nicotina, e proporzionale alla concentrazione della stessa;
              le sigarette elettroniche sono, infatti, normali prodotti commerciali per i quali, al momento, non sono noti «costi sociali» accertati rilevanti;
              si rileva, inoltre, che la rapida diffusione delle sigarette elettroniche è stata accompagnata dalla nascita di numerose imprese operanti sul territorio nazionale che operano su un mercato ampio e diffuso, capace di creare nuova occupazione e, soprattutto, basato in parte sulla produzione nazionale avendo riguardo ai liquidi ivi contenuti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in attesa di evidenze conclusive oggettive, di valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare già con il prossimo provvedimento di natura economica, adeguate iniziative, anche normative, volte ad introdurre una forma di tassazione per le sigarette elettroniche molto più moderata di quella prevista dal provvedimento in esame, tenendo conto degli investimenti già effettuati da parte degli esercenti dei nuovi negozi di sigarette elettroniche, evitando così che un improvviso intervento da parte del potere pubblico mandi in disgrazia questi nuovi esercizi commerciali.
9/1458/74.    (Testo modificato nel corso della seduta) Lavagno, Paglia, Ragosta, Di Salvo, Airaudo, Lacquaniti.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1 del decreto legge in esame introduce una misura di incentivo temporaneo e nel limite delle risorse individuate, in favore dei datori di lavoro per l'assunzione a tempo indeterminato di giovani di età fino ai 29 anni;
              i lavoratori oggetto dell'incentivo devono inoltre rientrare in una delle seguenti condizioni alternative:
                  siano privi da almeno 6 mesi di un impiego regolarmente retribuito;
                  siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale;
              per quanto riguarda le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, i requisiti soggettivi devono essere soddisfatti da parte del lavoratore interessato dalla trasformazione, mentre non sono richiesti per il lavoratore assunto ad incremento-assunzione ulteriore che deve accompagnare la trasformazione, ai fini del riconoscimento del beneficio per quest'ultima;
              l'importo dell'incentivo è pari ad un terzo della retribuzione mensile lorda (imponibile ai fini della contribuzione previdenziale), con un limite massimo di 650 euro mensili (per lavoratore), ed è corrisposto mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili del periodo di riferimento;
              la disoccupazione giovanile nel nostro Paese raggiunge ormai quasi il 40 per cento. L'intervento è finalizzato ad incentivare la creazione di lavoro a tempo indeterminato, l'autoimprenditorialità e l'impresa sociale e ad avvicinare i giovani che non studiano e non lavorano (i famosi neet) al lavoro attraverso tirocini, nonché a contrastare la povertà estrema;
              la misura che vorrebbe incentivare l'assunzione a tempo indeterminato di giovani di età compresa fra i 18 e i 29 anni, prevede una decontribuzione pari a un terzo della retribuzione lorda a favore dei datori di lavoro. Così non si risolve certo il problema di una disoccupazione che ha raggiunto ormai il 12,2 per cento (quando solo tre anni fa era all'8,8 per cento);
              le risorse stanziate sono risibili: 500 milioni di euro per le Regioni del Mezzogiorno e 294 milioni di euro per le restanti Regioni. Il beneficio di cui trattasi si concretizza in una cifra massima di 650 euro al mese per massimo diciotto mesi. Il calcolo è presto fatto: ad essere ottimisti saranno appena 67.863 le unità lavoro che verranno occupate grazie a questo beneficio. L'ISTAT ci dice che nel primo trimestre 2013 le persone in età da lavoro, tra disoccupati e inattivi, sono 7 milioni e mezzo circa. Ovvero sistemeremo meno dell'1 per cento di quei 7 milioni e mezzo circa;
              oltretutto, come evidenziato da giuristi ed economisti (alcuni dei quali calcolano in non più di 30 mila i beneficiari di questa misura) le assunzioni che verranno fatto saranno quelle che le imprese avevano già deciso, quindi non verrà stimolata vera nuova occupazione;
              la disoccupazione giovanile colpisce pesantemente, anche con la precarizzazione della condizione lavorativa, una larga fetta di giovani fino ai 35 anni di età;
              le risorse dei fondi europei possono essere utilizzate per interventi che favoriscono l'occupazione solo fino ai 29 anni di età;
              è necessario intervenire per estendere questo incentivo anche ai giovani disoccupati fino ai 35 anni di età,

impegna il Governo

ad individuare adeguate risorse aggiuntive al fine di aumentare le risorse a disposizione per finanziare l'incentivo di cui all'articolo 1 del provvedimento al nostro esame e per estenderlo anche ai giovani disoccupati di età fino ai 35 anni.
9/1458/75. Airaudo, Placido, Di Salvo.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 11 del decreto in esame, ai commi dal 12-ter al 12-septies, dovrebbe sbloccare una nuova tranche, valutata in 20-25 miliardi, di pagamenti alle imprese a fronte dei debiti della Pubblica amministrazione;
              viene riconosciuta una garanzia dello Stato su debiti contabilizzati in spesa corrente (ad esempio, le spese della sanità, ma non gli investimenti) che dal 15 settembre figureranno negli elenchi che le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare entro quella data al MEF e dunque saranno certificati, e resi esigibili perché esenti da contenzioso, dalla piattaforma telematica del Tesoro (secondo le disposizioni di cui al DL n.  35/2013);
              tecnicamente si viene a creare un fondo ad hoc («Fondo per la copertura degli oneri determinati dal rilascio della garanzia dello Stato») presso il MEF che costituirà la garanzia da parte dello Stato verso le banche per il pagamento di questa ulteriore tranche, che si aggiunge ai 40 miliardi già approvati e che riguarda i debiti di parte corrente. Il tasso massimo di sconto previsto per il fondo è del 2 per cento. La banca (o un intermediario finanziario) non potrà richiedere sconti superiori a tale percentuale. I creditori sarebbero dunque saldati e a loro subentrerebbe automaticamente la banca o l'intermediario finanziario;
              la dote complessiva per i pagamenti delle PA potrebbe salire in teoria a 60-65 miliardi, avvicinandosi alla quota dei 90 miliardi stimata a suo tempo da Bankitalia;
              la parte rimanente dovrebbe essere per due terzi ancora riferibile a spesa corrente e solo per un terzo, secondo i calcoli provvisori, a spese in conto capitale, con un impatto diretto quindi sul deficit (per le spese in conto capitale si inseriscono nel computo del deficit non nell'annualità di competenza come per le spese correnti, ma al momento dell'effettivo pagamento). Per questa ultima parte dei debiti si deve inoltre ancora capire a quanto ammonti il contenzioso;
              i costruttori lamentano crediti ulteriori (spese in conto capitale), rispetto a quelli il cui rimborso è previsto dal DL n.  35/2013, pari a 10-12 miliardi;
              in pratica, si attiva un meccanismo parallelo a quello già previsto dal decreto legge sblocca-debiti (DL n.  35/2013) e che riguarda il rimborso di 40 miliardi tra il 2013 e il 2014, con la volontà espressa dal Governo di anticipare l'attuazione della maggior parte dell'operazione il più possibile entro l'anno e nei primi mesi del 2014;
              avvenuta la cessione del credito, l'amministrazione debitrice, diversa dallo Stato può richiedere la ristrutturazione del debito con piano di ammortamento, comprensivo di quota capitale e quota interessi, di durata fino a un massimo di 5 anni, rilasciando delegazione di pagamento o altra simile garanzia a valere sulle entrate di bilancio. La garanzia dello Stato cessa al momento della ristrutturazione. L'amministrazione debitrice può contrattare con una banca o un intermediario finanziario, la ristrutturazione del debito, a condizioni più vantaggiose, previa contestuale rimborso del primo cessionario;
              con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro e non oltre 60 giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione del decreto, sono definiti termini e modalità di attuazione della presente disposizione, ivi compresa la misura massima dei tassi di interesse praticabili sui crediti garantiti dallo Stato e ceduti, nonché le modalità di escussione della garanzia, a decorrere dal 1o gennaio 2014;
              la garanzia dello Stato acquista efficacia all'atto dell'individuazione delle risorse da destinare al Fondo citato. Lo Stato dovrebbe mettere a disposizione solo le risorse necessarie a coprire l'eventuale escussione della garanzia. Nei casi di escussione è comunque prevista la possibilità della rivalsa da parte dello Stato, trattenendo le somme «a qualsiasi titolo» dovute alle PA debitrici;
              queste disposizioni rappresentano un passo in avanti positivo rispetto alle norme del DL n.  35/2013, ma si possono individuare le seguenti criticità:
                  1) il tetto dello sconto al 2 per cento può rendere per le banche queste operazioni poco appetibili;
                  2) ci sono dubbi sull'efficacia della garanzia che verrà meno al momento della ristrutturazione del debito da parte della PA interessata con il rischio di far venir meno l'interesse degli istituti di credito per queste operazioni;
                  3) la Cassa depositi e prestiti non è direttamente citata ma – secondo alcuni commentatori – il suo ruolo si può leggere nel coinvolgimento di «intermediari finanziari»;
              l'intervento diretto della Cassa depositi e prestiti potrebbe invece dare più incisività alle disposizioni citate in premessa e consentire cessioni certe dei crediti da parte dei fornitori delle pubbliche amministrazioni,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche legislative, al fine di prevedere l'intervento diretto della Cassa depositi e prestiti nell'accettazione della cessione dei crediti da parte dei fornitori delle pubbliche amministrazioni, anche con l'eventuale istituzione di un proprio Fondo a tale scopo, nonché tramite un'eventuale apposita convenzione con le Poste Spa per aprire sportelli territoriali per i rapporti con i creditori delle pubbliche amministrazioni.
9/1458/76. Boccadutri, Paglia.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1, comma 515 della legge n.  228 del 2012 (Legge di stabilità 2013) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo, con una dotazione già molto esigua rispetto alla sua finalizzazione, pari a 188 milioni per il 2014 di 252 milioni per il 2015 e di 242 milioni a decorrere dal 2016, volto ad esentare dall'IRAP a decorrere dal 2014, le persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni, che non si avvalgono di lavoratori dipendenti o assimilati e che impiegano anche in locazione beni strumentali di ammontare massimo determinato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
              il provvedimento all'esame dell'aula dispone all'articolo 12, comma 1, lettera e), a parziale copertura degli oneri, una riduzione pari a 150 milioni di euro per l'anno 2014 e 120 milioni di euro per l'anno 2015 del suddetto Fondo, alla quale va aggiunta la riduzione già disposta dal DL 4 giugno 2013, n.  63, all'articolo 21, comma 3, lettera e-bis), di 15 milioni nel 2014 e di 35 milioni a decorrere dal 2015;
              è del tutto evidente che le due disposizioni operano un cospicuo abbattimento degli importi appostati dalla legge di stabilità 2013 al fine di coprire gli oneri derivanti dal mancato gettito della suddetta esenzione fiscale;
              i requisiti per l'esenzione dall'Irap sono individuati nell'assenza di lavoratori dipendenti o assimilati e nell'impiego di beni strumentali non superiori ad un valore al momento indeterminato, il cui ammontare sarà fissato con decreto successivo del ministro dell'economia e delle finanze, previo parere conforme delle Commissioni parlamentari competenti;
              attualmente quindi l'Irap non è dovuta se l'attività è svolta in assenza degli elementi che caratterizzano l'autonoma organizzazione: vale a dire che ove non vi sia l'impiego di lavoro altrui (dipendenti o collaboratori) e i beni strumentali non eccedono quelli di un qualunque contesto familiare (rientra in tale categoria, ad esempio, il possesso di computer, fax, stampante, autovettura di modico valore);
              già la prima sentenza della Corte di Cassazione (16 febbraio 2007, n.  21203) in materia di professionisti ha chiarito che l'attività professionale non necessariamente si connota dell'elemento dell'organizzazione, in mancanza della quale il professionista è escluso dall'Imposta Regionale sulle Attività Produttive;
              diverse sono le Sentenze che hanno ribadito l'esenzione di imposta per i piccoli imprenditori, per citarne alcune: Corte di Cassazione, Sentenze n.  21122-21123-21124 del 13/10/2010; della medesima opinione la Corte Costituzionale, con Sentenza 21 maggio 2001, n.  156;
              caso emblematico è quello oggetto della Sentenza n.  10271 del 10 maggio 2011 della Corte di Cassazione: quello di un medico, convenzionato con il servizio sanitario nazionale, a cui era stato negato il rimborso Irap da parte dell'Agenzia, adducendo come motivazione la locazione dello studio in cui il professionista esercitava la propria attività in convenzione col servizio sanitario (l'Amministrazione reputava tale elemento come rappresentativo di autonoma organizzazione). I giudici del merito hanno rigettato tale posizione in quanto l'ufficio locato non figurava come elemento di autonoma organizzazione perché necessario allo svolgimento e al mantenimento del rapporto convenzionale di assistenza primaria. Sentenza confermata poi dalla Suprema Corte;
              la questione, nonostante giurisprudenza univoca e costante, non è così scontata né è da ritenersi risolta, in quanto sono circa 60 mila i contenziosi tra l'Agenzia delle entrate e i soggetti che ritengono di essere esenti dall'IRAP (e che di solito ne escono vincenti);
              è da ritenersi necessario, dunque, un intervento normativo atto a definire con chiarezza i presupposti per l'esonero dal pagamento della suddetta imposta,

impegna il Governo:

          a tenere nel debito conto gli orientamenti della giurisprudenza sopraindicati espressisi nel tempo, emanando disposizioni normative chiare che definiscano i presupposti per l'esenzione dal pagamento dell'Irap;
          a provvedere, in sede di presentazione della prossima legge di stabilità per il 2014, ad incrementare la dotazione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 515, della legge n.  228 del 2013, di ulteriori 150 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015, 2016, al fine di rendere pienamente effettiva la sua finalizzazione.
9/1458/77. Paglia, Lavagno, Ragosta.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto legge in esame ha come obiettivo quello di favorire l'occupazione giovanile, la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e, al contempo, di ridurre le disuguaglianze occupazionali tra aree geografiche del Paese;
              migliaia di lavoratori precari, gran parte dei quali dipendenti di società cooperative, da diversi anni sono addetti ai servizi di manovalanza e di facchinaggio presso gli Enti, le basi e i reparti dell'Amministrazione della Difesa, garantendo lo svolgimento di attività proprie del Ministero della Difesa non più eseguite da personale interno atto a tali mansioni;
              la maggior parte dei servizi ai quali sono addetti questi lavoratori sono di carattere continuativo e permanenti nel tempo, essenziali ai fini dell'operatività delle strutture militari presso le quali prestano la loro opera e nella stragrande maggioranza dei casi tali tipologie di lavoro non hanno forme proprie di autorganizzazione o di autonomia, ma si configurano per orari, tempi e modi di organizzazione come lavoro subordinato tra l'Amministrazione della Difesa e tale personale;
              pur in una situazione di precarietà contrattuale, tali lavoratori hanno svolto e continuano a svolgere da anni le proprie attività all'interno dell'Amministrazione della Difesa, tanto che la loro situazione di precarietà appare del tutto ingiustificata;
              le azioni di contenimento della spesa pubblica operate nelle corso della precedente legislatura, hanno inciso in maniera significativa sulle attività di mantenimento della Difesa, con pesanti ripercussioni in special modo sui contratti con imprese e società di servizi che supportano dall'esterno l'Amministrazione della Difesa e di conseguenza sui livelli retributivi ed occupazionali del personale,

impegna il Governo:

          a porre in essere, già con il prossimo intervento di carattere finanziario, ogni atto di competenza volto ad incrementare in misura adeguata le risorse per sostenere possibili linee d'intervento a salvaguardia degli aspetti occupazionali e sociali del personale che opera nei servizi di manovalanza e di facchinaggio presso gli Enti, le basi e i reparti dell'Amministrazione della Difesa;
          a porre in essere ogni atto di competenza volto a superare la condizione di precarietà dei soggetti, in gran parte dipendenti di società cooperative, addetti ai servizi di manovalanza e di facchinaggio presso gli Enti, le basi e i reparti dell'Amministrazione della Difesa, anche mediante l'inquadramento delle suddette categorie di lavoratori nei ruoli civili del Ministero della Difesa.
9/1458/78. Zaratti.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento nella sua stesura originaria prevedeva all'articolo 6 disposizioni con le quali si intendeva favorire un raccordo organico tra i percorsi degli istituti professionali statali e i percorsi di istruzione e formazione professionale regionali;
              con la Legge n.  570 del 1961, istitutiva «della Scuola nazionale professionale per massofisioterapisti ciechi dell'istituto statale d'istruzione professionale per ciechi annesso all'Istituto nazionale dei ciechi “Vittorio Emanuele II” di Firenze», veniva riconosciuta per la prima volta nel nostro Paese la figura professionale dei massofisioterapisti;
              successivamente, la Legge 19 maggio 1971, n.  403, all'articolo 1 comma i definiva quella del massofisioterapista come «professione sanitaria ausiliaria», ponendo al successivo articolo 2 l'obbligo in capo alle strutture sanitarie pubbliche di «assumere direttamente in ruolo un massaggiatore o massofisioterapista cieco diplomato ed iscritto all'albo professionale nazionale dei massaggiatori e massofisioterapisti ciechi istituito con la legge 21 luglio 1961, n.  686»;
              l'abilitazione all'esercizio della professione di massofisioterapista, acquisibile, inizialmente, attraverso il diploma rilasciato da scuole statali, o autorizzate dall'allora Ministero per la Sanità e come previsto dall'articolo 1, della suddetta legge n.  403 del 1971, si consegue, oggi, anche frequentando i corsi attivati dagli istituti scolastici o di formazione professionale riconosciuti dalle Regioni a seguito del trasferimento a queste ultime delle competenze in materia di corsi professionali;
              la legge n.  502/1992, recante «Riordino della disciplina in materia sanitaria», successivamente modificata dall'articolo 7 del D. Lgs. 5 17/93, nel disciplinare la formazione universitaria del personale esercente le professioni sanitarie, all'epoca chiamate «ausiliarie», demandava al Ministro della Sanità l'individuazione delle figure professionali da formare e dei relativi profili prevedendo all'articolo 6 che fossero soppressi entro due anni «...i corsi di studio relativi alle figure professionali individuate ai sensi del presente articolo e previsti dal precedente ordinamento che non siano stati riordinati ai sensi del citato articolo 9 della legge 19 novembre 1990, n.  341»;
              con decreto ministeriale 10 luglio 1998, l'allora Ministero della Sanità precisava, tenuto conto di quanto previsto dal suddetto articolo articolo 6, comma 3 D.lgs. n.  502/1992, che i corsi di formazione professionale per non vedenti, volti all'acquisizione della qualifica di massofisioterapista «non rientrano fra quelli soppressi alla data 1o gennaio 1996», e che il titolo rilasciato all'esito di tali corsi abilitava all'esercizio della relativa professione;
              sul punto anche la giurisprudenza, pronunciandosi sull'esatta portata del suddetto articolo 6, comma 3 del D. Lgs. n.  502/1992, ha avuto modo di chiarire che la «soppressione» prevista da tale norma attiene «esclusivamente ai corsi di diploma universitario», non essendo applicabile ai «corsi di studio relativi alla formazione professionale regionale» come quelli per la formazione dei massofisioterapisti (Cons. Stato, Sez. IV, 5 agosto 2003, n.  4476);
              con successiva sentenza n.  3218 del 30 maggio 2011, il Consiglio di Stato ha ribadito che permane il cd. doppio canale di formazione (statale e regionale) per cui, «ferma restando la differenza fra la formazione professionale regionale e quella statale, i corsi e i diplomi regionali continuano ad avere efficacia per le professioni sanitarie aggettivate come «ausiliarie»;
              pertanto non essendo stata inserita la figura del massofisioterapista fra le professioni sanitarie da riordinare, né essendo intervenuti atti di riordino del relativo corso di formazione o di esplicita soppressione, il profilo professionale in questione, così come il percorso di studi abilitante, sono rimasti configurati nei termini del vecchio ordinamento;
              infine, la figura professionale del massofisioterapista vedente, infine, non si distingue da quella del massofisioterapista «non vedente» tranne che per le disposizioni specifiche che riservano a quest'ultimo determinate agevolazioni ai fini del collocamento al lavoro con la conseguenza che, per ogni altro aspetto, la disciplina che regola «l'esercizio professionale dei massofisioterapisti è, per necessità logica e giuridica estensibile anche ai massofisioterapisti vedenti.» (T.A.R, Umbria, sent. 16 maggio 2001, n.  340; TAR Campania, Napoli, 10 gennaio 2007);
              il decreto del Ministero della Pubblica Istruzione n.  105 del 1997, inoltre, con riferimento alle competenze del massofisioterapista ribadisce che quest'ultimo «è in possesso di una solida cultura di base e di una preparazione professionale che gli consentono sicure competenze operative atte alla prevenzione, alla cura e riabilitazione. La professione sanitaria ausiliaria di massofisioterapista è praticata attraverso il massaggio terapeutico, igienico, connettivale, estetico applicato allo sport, con modalità differenti a seconda della patologia e dell'età dei pazienti. Il massofisioterapista per le competenze acquisite è in grado di: lavorare sia in strutture pubbliche che private; svolgere tutte le terapie di massaggio e di fisioterapia in ausilio all'opera dei medici»;
              quella del massofisioterapista, quindi, è figura sanitaria, che svolge funzioni riabilitative (Consiglio di Stato 5939/2007), abilitata ad applicare le tecniche del massaggio sul paziente e ad eseguire terapie di riabilitazione;
              è dal lontano 1985 che il Consiglio di Stato si pronuncia costantemente nei confronti del massofisioterapista e la sentenza n.  3218 del 30 maggio 2011 non lascia spazio ad eventuali dubbi. Il Consiglio di Stato «ha ritenuto che le regioni potevano continuare a svolgere anche successivamente al riassetto dell'intero sistema (di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n.  502, articolo 6) le attività di formazione professionale, stante la diversità della tipologia di formazione delle finalità dei corsi, del valore dei titoli rilasciati rispetto a quella di livello universitario, così che – ferma restando la differenza fra la formazione professionale regionale e quella statale (la quale sola è direttamente connessa all'attività di formazione culturale e scientifica realizzata in sede di istruzione superiore ed universitaria) – i corsi e i diplomi regionali continuano ad avere efficacia per le professioni sanitarie. Permane dunque il cd. doppio canale di formazione»;
              la figura professionale del massofisioterapista è a tutt'oggi riconosciuta ed inquadrata nella categoria E dell'Accordo collettivo nazionale per i Centri di Riabilitazione e Residenze Sanitarie Assistenziali, in vigore dal 10 gennaio 2013, continuando a svolgere mansioni di concetto caratterizzate da autonomia operativa e preparazione teorico pratica, che richiedono particolari conoscenze teorico ed adeguata esperienza;
              la legge 26 febbraio 1999, n. 42 ha disciplinato – anche rispetto alle previsioni di cui al decreto ministeriale 14 settembre 1994, n. 741 intervenuto ad individuare il profilo professionale ed il percorso formativo del fisioterapista – e nei confronti di tutte le professioni sanitarie il passaggio dal cosiddetto ordinamento vecchio al nuovo, stabilendo, anche attraverso il successivo strumento attuativo costituito dal decreto ministeriale 27 luglio 2000, l'equipollenza dei titoli conseguiti ante 1999 al diploma universitario di fisioterapista, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione postbase, dunque alla luce dell'articolo 1 legge n. 42 del 1999 è venuta meno la precedente distinzione fra «professioni sanitarie» e «professioni sanitarie ausiliarie», che, pertanto, queste ultime sono disciplinate come professioni sanitarie,

impegna il Governo

anche in ottemperanza a recenti pronunce giurisprudenziali, ad adottare iniziative normative volte a riconoscere piena validità ed efficacia dei corsi effettuati e i diplomi rilasciati ai sensi della legge n.  403 del 1971, anche al fine di riconoscere definitivamente a quella di massofisioterapista lo status giuridico di professione sanitaria, anche se tuttora configurata, nei termini del vecchio ordinamento, come «ausiliaria».
9/1458/79. Ragosta.


      La Camera,
          premesso che:
              quello in esame è il provvedimento in esame si inserisce in una situazione di grave e prolungata difficoltà congiunturale ed in un contesto contrassegnato da una profonda crisi socio-economica, che investe il nostro Paese ormai da diversi anni, i cui riflessi sul mondo del lavoro e sui livelli occupazionali richiedono interventi strutturali e di sistema e non certo misure come quelle recate da questo decreto che per certi versi sono palliative e per altri molto negative;
              le peggiori misure del decreto legge sono contenute all'articolo 7, che reca incentivazione all'utilizzo di forme contrattuali precarie da parte delle Aziende, in un Paese – il nostro – in cui secondo i dati OCSE è già precario il 52 per cento dei giovani sotto i 25 anni: il doppio rispetto al 2010;
              in particolare, viene facilitato il ricorso ai contratti di lavoro a termine, che diventano sempre «acausali» fino alla durata di 12 mesi, ai contratti di lavoro intermittente, a quelli a progetto, al lavoro intermittente; senza considerare lo snaturamento del contratto di apprendistato che interventi sparsi in più articoli si avvia ad essere il contratto precario per eccellenza dei prossimi anni;
              si tratta di un micidiale attacco ai diritti dei lavoratori, di cui pochi sembrano essersi accorti, in totale contraddizione con la misura recata dall'articolo 1 del decreto legge che intende favorire i rapporti di lavoro a tempo indeterminato;
              come osservato in audizione al Senato dalla CGIL, l'efficacia delle agevolazioni dipende contemporaneamente dalla dinamica dell'economia (se le imprese non assumono ogni agevolazione è inefficace), ma anche dal contesto normativo «circostante»; infatti se si agevolano normativamente le forme precarie si rischia di spiazzare l'effetto espansivo delle agevolazioni a favore dei contratti a tempo indeterminato, o di confinano a future conferme di rapporti per intanto precari;
              il rilancio dell'economia e dell'occupazione non passa dall'eliminazione dei diritti dei lavoratori, e, soprattutto, non passa dalla distruzione della loro dignità e riduzione ad uno stato di soggezione tramite licenziamenti «liberi» e precariato incontrollato;
              è assolutamente falso che licenziamento e precariato «liberi» aumentino, anche minimamente, l'occupazione, che dipende, invece, dalla politica economica e dalla crescita della domanda aggregata;
              lo dimostra, tra l'altro, l'esempio della Spagna, che dopo aver liberalizzato i contratti a termine per i giovani, ha visto aumentare la disoccupazione giovanile ben oltre il 50 per cento, e lo ha dimostrato anche l'inutile manomissione da parte del governo Monti-Fornero dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, la quale, ovviamente, dopo un anno non ha creato neanche un posto di lavoro in più;
              è vero che già oggi la maggioranza delle assunzioni in Italia avviene mediante contratti a termine o di lavoro somministrato, ma costituisce semplicemente un'illegalità di massa, perché almeno 180 per cento di quei contratti è illegittimo, per carenza del presupposto di temporaneità delle esigenze produttive, ed in ogni momento il lavoratore che voglia sottrarsi al ricatto, può denunziare in giudizio l'illegittimità, ottenendo la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche legislative, al fine di ristabilire la centralità del contratto di lavoro a tempo indeterminato, provvedendo a modificare la disciplina normativa dei contratti atipici e precari nel senso di rendere meno vantaggioso il ricorso ad essi e di monitorarne costantemente gli effetti sui livelli occupazionali, registrando – in particolare – se tali livelli crescono o diminuiscono all'aumentare del ricorso alle tipologie contrattuali non a tempo indeterminato.
9/1458/80. Placido, Airaudo, Di Salvo.


      La Camera,
          premesso che:
              alla vita adulta, si dice, ci si arriva soprattutto grazie al lavoro. È da un impiego, dalla capacità di autofinanziarsi, dalla possibilità di esprimersi, che si deve passare per diventare realmente adulti responsabili. Ma questa porta, già stretta da tempo, si è fatta più stretta. Il lavoro si è fatto sempre più instabile, incerto e insicuro. E troppi giovani, quel passaggio temono di non riuscire a varcarlo. Cresce così tra le nuove generazioni la paura di trovarsi costretti a restare in una specie di limbo che non ha più nulla dell'adolescenza e ha ancora troppo poco della vita adulta. Con il rischio che anche il sistema Italia, che utilizza molto poco queste risorse, non riesca più a recuperare dinamismo e sviluppo;
              quando ai giovani si chiede qual è il rischio che ritengono che saranno costretti a dovere affrontare in futuro, parlano sempre di lavoro. Quasi esclusivamente di lavoro. Altrettanto sentito il timore di rimanere disoccupati, di non avere il necessario per vivere e di non riuscire a fare un lavoro adeguato al titolo di studio. Solo il 7 per cento ritiene di non correre alcun rischio. Le paure prendono forme differenti a seconda del titolo di studio che ciascuno è riuscito a conseguire. Confermando anche il fatto che i giovani non sono un universo uniforme ma un complesso insieme di cui si devono conoscete i diversi contorni per poter individuare il modo migliore per aiutare ciascuno di loro;
              il decreto legge in esame recante «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti», introduce disposizioni a regime in materia di apprendistato professionalizzante e tirocini formativi e di orientamento, volte a fronteggiare la grave situazione occupazionale, che coinvolge in particolare i giovani;
              nello specifico, si prevede che entro il 30 settembre 2013 la Conferenza Stato-Regioni debba adottare linee guida volte a disciplinare il contratto di apprendistato professionalizzante, anche in vista di una disciplina maggiormente uniforme sull'intero territorio nazionale dell'offerta formativa pubblica di cui all'articolo 4, comma 3, del D.Lgs. 167/2011;
              l'accordo sottoscritto il 23 luglio scorso da Expo 2015 Spa e le principali organizzazioni sindacali e datoriali contiene alcune soluzione in tema di contratti flessibili che si concentrano essenzialmente su l'apprendistato, il lavoro a termine e la somministrazione;
              è di rilevante importanza, specialmente in questa fase emergenziale, l'istituto dell'apprendistato ai fini della formazione professionale dei giovani e del loro inserimento nel mondo del lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito dei prossimi provvedimenti, d'intesa con le parti sociali, una disciplina di semplificazione del contratto di apprendistato, con particolare riguardo alla pianificazione e certificazione dell'attività formativa in ambito lavorativo.
9/1458/81. Binetti.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto legge in esame recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti, dispone lo stanziamento di risorse a valere sulla riprogrammazione del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, già destinate ai Programmi operativi 2007-2013, cioè della quota di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali), nonché sulla rimodulazione delle risorse del medesimo Fondo di rotazione già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione;
              nell'ambito della Politica Agricola Comunitaria (PAC), la Commissione Europea finanzia fin dal 1987 la distribuzione di prodotti alimentari destinati alla popolazione indigente degli Stati Membri attraverso il Programma di aiuto alimentare agli indigenti. L'adesione da parte degli Stati Membri è facoltativa e la distribuzione è interamente finanziata dall'Unione Europea. Tra i paesi partecipanti al programma l'Italia è uno dei maggiori utilizzatori;
              l'intervento risponde all'obiettivo di ridurre il livello di insicurezza alimentare riscontrato in Europa, perseguendo un adeguato livello di sostentamento e – conseguentemente – di coesione sociale. Il programma europeo indigenti all'interno della PAC non è stato rifinanziato per gli anni successivi al 2013;
              con il fondo nazionale per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti (Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti) – Art. 58. decreto-legge «Sviluppo», convertito con modificazioni, dalla legge n.  134/2012, si è cercato di sopperire al vuoto lasciato dal programma indigenti dell'Unione Europa a partire dal 2014. Tale fondo è alimentato da risorse pubbliche e private (mediante erogazioni liberali e donazioni);
              con il Decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 17/12/2012 si è inteso dare comunque attuazione al disposto dell'articolo 58, rendendo possibile il funzionamento del fondo anche nell'eventualità dell'assenza di risorse pubbliche e disciplinando, a tal fine, solo le erogazioni liberali di denaro, di servizi e di derrate alimentari. Attualmente non sono previste risorse pubbliche nazionali da destinare al fondo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere le previsioni di cui all'articolo 3 del decreto in esame e riguardanti la riprogrammazione del Fondo di rotazione di cui alla legge 16 aprile 1987, n.  183 al Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti, istituito presso AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), al fine di date continuità al sistema di aiuti alimentari a favore delle persone indigenti in Italia evitando che la cessazione del programma europeo provochi l'interruzione della distribuzione di alimenti ai più poveri.
9/1458/82. Catania, Antimo Cesaro, Sottanelli.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto legge in esame, dispone al comma 5 dell'articolo 7, modifiche alla legge n.  92/2012, con particolare riguardo all'attività di monitoraggio, l'associazione in partecipazione, all'assunzione di lavoratori che beneficiano dell'ASpI, ai fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, alle dimissioni e risoluzioni consensuali dei rapporti di lavoro di collaborazione;
              nello specifico, per quanto riguarda l'attività di monitoraggio sullo stato di attuazione della legge, si specifica che nell'attività di valutazione si deve tener conto anche degli «effetti determinati dalle diverse misure sulle dinamiche intergenerazionali»;
              il D.Lgs. 276/2003 (articolo 12) dispone che le Agenzie versino a fondi bilaterali appositamente costituiti un contributo pari al 4 per cento della retribuzione corrisposta ai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato per l'esercizio di attività di somministrazione;
              le risorse sono destinate a interventi di formazione e riqualificazione professionale, nonché a misure di carattere previdenziale e di sostegno al reddito a favore dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, dei lavoratori che abbiano svolto in precedenza missioni di lavoro in somministrazione in forza di contratti a tempo determinato e, limitatamente agli interventi formativi, dei potenziali candidati a una missione;
              la formazione assicurata da Forma.Temp. ha quindi assunto nel nostro mercato del lavoro una primaria funzione di politica attiva, consentendo l'adeguamento professionale dei lavoratori e fornendo risposte rapide ed efficace ai fabbisogni delle imprese utilizzatrici;
              la legge n.  92/2012, con due distinte disposizioni, da un lato ha previsto l'introduzione del contributo aggiuntivo AspI pari all'1,4 per cento per tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato (articolo 2, comma 28, L. 92/2012); dall'altro ha disposto la corrispondente decurtazione della contribuzione al Fondo Forma.Temp, dal 1o gennaio 2014, dal 4 per cento al 2,6 per cento (articolo 2, comma 39, L. 92/2012);
              in questo modo si è ridotto in maniera significativa (35 per cento) uno strumento di politica attiva (Forma.Temp.) a vantaggio di uno strumento di politica passiva (l'ASpI). Gli effetti stimati sono disastrosi per l'occupazione (-60mila formati e quindi -30mila inviati al lavoro dopo la formazione, stando ai dati 2011) e colpiscono la leva competitiva essenziale che distingue la somministrazione da tutte le altre forme di flessibilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di verificare l'impatto delle norme, citate in premessa, valutandone gli effetti in termini di costi-benefici sul mercato del lavoro eventualmente correggendo la disposizione citata, compatibilmente con i risultati ottenuti, relativamente alla misura della decurtazione prevista della contribuzione al fondo Forma. Temp, al fine di impedire conseguenze negative in termini di occupazione.
9/1458/83. Causin, Antimo Cesaro, Sottanelli.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto legge in esame recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti, introduce, in via sperimentale, un incentivo per i datori di lavoro che entro il 30 giugno 2015 assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, che siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi o siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale;
              il beneficio, di carattere sperimentale, è volto alla promozione di occupazione stabile di giovani fino a 29, in attesa dell'adozione di ulteriori misure da realizzare anche attraverso il ricorso alle risorse della nuova programmazione comunitaria 2014-2020;
              recenti dati statistici hanno evidenziato come la fascia di lavoratori compresa tra i 30 e i 35 anni, che include giovani di formazione medio alta, registri importanti livelli di disoccupazione. Si tratta di ragazzi che hanno investito nella propria formazione e, a causa di ciò, rischiano di essere penalizzati rimanendo esclusi dalle misure e si trovano di fatto precluso l'accesso al mondo del lavoro nell'attuale periodo di crisi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative anche di tipo legislativo volte a limitare il fenomeno della cosiddetta «disoccupazione intellettuale», con particolare riferimento alla popolazione attiva compresa nella fascia d'età tra i 30 e i 35 anni e di alta scolarizzazione, anche attraverso il ricorso alle risorse della nuova programmazione comunitaria 2014-2020.
9/1458/84. Antimo Cesaro, Sottanelli, Binetti, Santerini, Rubinato.


      La Camera,
          premesso che:
              la legge 28 giugno 2012, n.  92 («Riforma Fornero»), all'articolo 1, commi 34 e 35 fissa ex novo alcuni obiettivi di principio rispetto alla normativa sui tirocini; in particolare, alla lettera d) del comma 34 si stabilisce il «riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta», precisando al comma 36 la neutralità finanziaria della norma;
              il 24 gennaio 2013 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano ha approvato le linee guida in materia di tirocini ai sensi del suddetto articolo 1, comma 34, nelle quali il Governo indica i principi comuni e gli standard minimi cui le Regioni dovranno adeguarsi entro sei mesi;
              la CRUI - Conferenza dei rettori delle università italiane già in passato ha manifestato le proprie perplessità relativamente agli effetti negativi del combinato disposto dei citati commi 34, 35 e 36 relativi al compenso di stagisti e tirocinanti/praticanti all'interno della pubblica amministrazione paventando di fatto l'inapplicabilità della norma stessa e quindi l'impossibilità di effettuare tirocini formativi;
              in ambito sanitario tale situazione riveste una particolare gravità, in quanto ai laureandi e ai giovani medici dal 1o gennaio 2013 è sostanzialmente interdetta la frequenza su base volontaria nei reparti ospedalieri che non possono sostenere l'onere economico dell'indennità mensile per i tirocinanti per mancanza di risorse;
              la frequenza degli studenti in medicina e dei giovani laureati nel contesto dei reparti che erogano assistenza ospedaliera è fondamentale per il completamento dei percorsi formativi delle professioni sanitarie e per la conseguente garanzia di una miglior qualità futura dell'intero sistema sanitario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nella definizione delle linee guida di cui alla lettera d) del comma 34 dell'articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n.  92, per i tirocini che integrano i percorsi formativi prelaurea delle professioni sanitarie, possibili deroghe all'obbligo di corresponsione dell'indennità relativa alla prestazione svolta nonché ad eventuali limitazioni rispetto alla loro durata.
9/1458/85. Vargiu, Binetti.


      La Camera,
          premesso che:
              è scientificamente provato che il fumo di sigaretta tradizionale è cancerogeno inoltre, a differenza dell'utilizzo di tabacco da fumo, il procedimento fisico col quale avviene la somministrazione del liquido contenente nicotina attraverso la sigaretta elettronica non è combustione, bensì vaporizzazione che a differenza della combustione, non genera sostanze cancerogene;
              il 10,7 per cento degli utenti di sigaretta elettronica (che in totale sono stimati in 2.5 milioni) hanno totalmente smesso di fumare, con un miglioramento della salute pubblica ed un calo dei costi di cura per malattie derivanti dal fumo fino ad euro 227.375.000 all'anno, come da dati risultanti dall'Istituto Superiore di Sanità;
              il comma 22 dell'articolo 11 del decreto-legge assoggetta, a decorrere dal 1o gennaio 2014, i prodotti succedanei dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo (cosiddette sigarette elettroniche) ad un'imposta di consumo del 58,5 per cento, facendo rientrare sotto il regime di monopolio statale la commercializzazione di tali prodotti;
              il mercato delle sigarette elettroniche e dei liquidi contenenti nicotina da esse vaporizzato, che, ad oggi, conta un fatturato di produzione di liquidi medio di euro 106 milioni, un fatturato di distribuzione di liquidi e sigarette elettroniche medio di euro 321,135 milioni, con 3.700 – 4.700 distributori per un totale stimato di 4.050 – 6.400 lavoratori;
              oltre ad una prevedibile contrazione del gettito erariale IRPEF – IRES – IVA, con l'introduzione del regime monopolistico si stima la perdita di centinaia di posti di lavoro, la chiusura di 2.700 – 3.200 società di distribuzione e la delocalizzazione della produzione all'estero,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità, al fine di garantire un gettito erariale in attivo e salvaguardare posti di lavoro ed un settore dell'economia in crescita, di verificare l'applicabilità delle maggiori accise esclusivamente sui liquidi utilizzati e non anche sugli gli strumenti atti alla loro vaporizzazione.
9/1458/86. Zanetti, Galgano.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, reca primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti;
              considerata l'urgente necessità di accelerare il superamento della fase economica recessiva, è importante puntare sulla promozione del lavoro, soprattutto di quello giovanile, incoraggiando l'avvio di attività professionali artigianali o commerciali, limitando i costi di avviamento a partire dal minimale INPS che rappresenta un reale ostacolo alla nascita di nuove realtà imprenditoriali giovanili;
              il minimale INPS previsto dalla vigente normativa (per i commercianti di euro 3,354 e per gli artigiani di euro 3.340), calcolato su una base di un reddito imponibile netto annuo di euro 15.357, 00, rappresenta, di fatto, proprio perché indipendente dalle entrate effettivamente registrate nei primi anni, un ostacolo per i giovani che vogliono intraprendere attività di impresa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di esonerare per i primi due anni la platea di giovani di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, dal vincolo del minimale INPS, in quanto detti giovani entrerebbero nel sistema contributivo e pertanto senza oneri per l'INPS, ed eventualmente, in alternativa, il pagamento di esso in proporzione al reale reddito, come viene applicato dalle casse dei professionisti ad esempio quella dei dottori commercialisti.
9/1458/87. Sottanelli.


      La Camera,
          premesso che:
              all'interno del provvedimento in discussione viene posticipato ad ottobre il termine di applicazione dell'aumento dell'aliquota ordinaria dell'IVA dal 21 al 22 per cento, e che viene stimato un effetto di minor gettito complessivo a carico dell'erario per anno 2013 pari a 1,059 milioni di euro e che il gettito dell'IVA ha registrato nei primi mesi del 2013 una diminuzione dell'1,9 per cento (-2.23 milioni di euro) rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente e che questo dato riflette andamento negativo sugli scambi interni (-1,2 per cento) a seguito dell'andamento negativo del ciclo economico e della stagnazione della domanda interna nel corso del 2012;
              la copertura finanziaria alla proroga dell'aumento dell'imposta sul Valore Aggiunto viene garantita da disposizioni all'interno del medesimo provvedimento, e principalmente dall'incremento dal 99 al 100 per cento della misura dell'acconto IRPEF dovuto a decorrere dall'anno 2013 e l'incremento dal 100 al 101 per cento, per il solo periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013, della misura dell'acconto IRES;
              la copertura utilizzata dal Governo aggrava ulteriormente la già complessa situazione economica e finanziaria delle imprese italiane, colpite gravemente in questi ultimi anni da una pesante recessione economica, e che si rende sempre più impellente intervenire repentinamente per rivedere i livelli di tassazione fiscale sulle aziende così da sostenerne un loro rilancio,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti per sospendere definitivamente il previsto aumento dell'IVA ed adottare, allo stesso tempo, iniziative finalizzate la pressione fiscale a carico delle imprese.
9/1458/88. Molteni, Fedriga.


      La Camera,
          premesso che:
              la legge di stabilità 24 dicembre 2012, n.  228 è intervenuta sulla disciplina delle prestazioni sociali a soggetti svantaggiati rese da cooperative e loro consorzi;
              la norma abroga una disposizione e che in conseguenza di ciò l'aliquota IVA delle prestazioni rese dalle cooperative sociali a soggetti svantaggiati passa dal 4 al 10 per cento per i contratti a partire dal 1 gennaio 2014, e che il comma 490 dell'articolo 1 della medesima legge di Stabilità, con riferimento all'entrata in vigore delle novelle, dispone che la nuova aliquota del 10 per cento si applicherà alle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013;
              le prestazioni interessate dalla modifica normativa sono quelle «socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale», e che se confermata, la disposizione avrebbe certamente negative conseguenze sull'intero comparto;
              gli enti locali e le aziende sanitarie non dispongono oggi delle risorse per far fronte all'aumento dell'IVA di 6 punti percentuali, per cui è attendibile presumere che nel 2014 gli stessi forniranno il 6 per cento in meno di servizi sociali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ripristinare la precedente disciplina così da sottoporre anche i contratti stipulati successivamente alla data del 31 Dicembre 2013 alla aliquota del 4 per cento.
9/1458/89. Giancarlo Giorgetti, Fedriga.


      La Camera,
          premesso che:
              la legge di stabilità 24 dicembre 2012, n.  228 è intervenuta sulla disciplina delle prestazioni sociali a soggetti svantaggiati rese da cooperative e loro consorzi;
              la norma abroga una disposizione e che in conseguenza di ciò l'aliquota IVA delle prestazioni rese dalle cooperative sociali a soggetti svantaggiati passa dal 4 al 10 per cento per i contratti a partire dal 1 gennaio 2014, e che il comma 490 dell'articolo 1 della medesima legge di Stabilità, con riferimento all'entrata in vigore delle novelle, dispone che la nuova aliquota del 10 per cento si applicherà alle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013;
              le prestazioni interessate dalla modifica normativa sono quelle «socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale», e che se confermata, la disposizione avrebbe certamente negative conseguenze sull'intero comparto;
              gli enti locali e le aziende sanitarie non dispongono oggi delle risorse per far fronte all'aumento dell'IVA di 6 punti percentuali, per cui è attendibile presumere che nel 2014 gli stessi forniranno il 6 per cento in meno di servizi sociali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con la disciplina comunitaria, di ripristinare la precedente disciplina così da sottoporre anche i contratti stipulati successivamente alla data del 31 Dicembre 2013 alla aliquota del 4 per cento.
9/1458/89.    (Testo modificato nel corso della seduta) Giancarlo Giorgetti, Fedriga.


      La Camera,
          premesso che:
              in questo momento di crisi economica, il possibile aumento dell'aliquota dell'IVA, oggi previsto ad ottobre, avrebbe effetti negativi sul circuito economico, deprimendo ulteriormente la già difficile situazione della domanda interna;
              gli incentivi alle imprese rappresentano, in un contesto di recessione, un importante ed efficace sostegno soprattutto quando questi sono finalizzati a sostenere concretamente l'attività aziendale ad un miglioramento della qualità del processo produttivo, ed in particolare in settori come l'innovazione tecnologica ed ambientale,

impegna il Governo

a sostenere le aziende italiane, ed in particolar modo le PMI, attraverso una riforma degli incentivi alle imprese finalizzata ad aumentare i contributi a legislazione vigente per le imprese che investono in ricerca, innovazione tecnologica ed ambientale.
9/1458/90. Guidesi, Fedriga.


      La Camera,
          premesso che:
              in questo momento di crisi economica, il possibile aumento dell'aliquota dell'IVA, oggi previsto ad ottobre, avrebbe effetti negativi sul circuito economico, deprimendo ulteriormente la già difficile situazione della domanda interna;
              gli incentivi alle imprese rappresentano, in un contesto di recessione, un importante ed efficace sostegno soprattutto quando questi sono finalizzati a sostenere concretamente l'attività aziendale ad un miglioramento della qualità del processo produttivo, ed in particolare in settori come l'innovazione tecnologica ed ambientale,

impegna il Governo

a sostenere, compatibilmente con i vincoli di bilancio, le aziende italiane, ed in particolar modo le PMI, attraverso una riforma degli incentivi alle imprese finalizzata ad aumentare i contributi a legislazione vigente per le imprese che investono in ricerca, innovazione tecnologica ed ambientale.
9/1458/90.    (Testo modificato nel corso della seduta) Guidesi, Fedriga.


      La Camera,
          premesso che:
              nei primi giorni di Luglio una violenta grandinata accompagnata da una tromba d'aria ha colpito il litorale veneziano nell'area compresa tra le città di Eraclea, Jesolo e Bibione, distruggendo decine di abitazioni, allagando numerose attività e rovinando i raccolti di centinaia di colture, oltre a provocare la morte di una persona e molta apprensione tra i cittadini ed i turisti;
              l'area interessata dal nubifragio è meta ogni estate di migliaia di turisti da tutta Europa, e che, in conseguenza della grave crisi economica, oggi anche il settore del turismo vive in queste zone un momento di difficoltà, e che i comuni dove maggiori sono stati i danni causati dal fortunale, hanno dovuto già stanziare ingenti risorse per la messa in sicurezza del territorio coito dalla grandinata;
              oggi gli enti locali, a causa della riduzione dei trasferimenti erariali, non hanno a disposizione le necessarie risorse per affrontare interventi straordinari come quelli conseguenti alla tromba d'aria occorsa nel veneziano, anche perché i medesimi enti devono altresì rispettare, nel computo delle spese di investimento, i rigidi vincoli del Patto di Stabilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attribuire ai Comuni veneziani colpiti dalla tromba d'aria di Venerdì 12 luglio 2013 risorse finanziarie necessarie per far fronte alle opere di ricostruzione e alla messa in sicurezza dell'intera area interessata dal fenomeno atmosferico, escludendo altresì le spese sostenute dal medesimi comuni per le predette finalità dal calcolo del Patto di stabilita interno.
9/1458/91. Prataviera, Fedriga.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 11 del provvedimento posticipa al prossimo ottobre il termine per l'applicazione dell'aumento dell'aliquota ordinaria dell'IVA dal 21 al 22 per cento;
              il gettito dell'imposta sul valore aggiunto ha subito, nei primi cinque mesi del 2013, una notevole riduzione in termini assoluti rispetto ai medesimo periodo dell'anno precedente, e tale valore è da imputare per lo più al negativo andamento degli scambi interni causato a sua volta dallo sfavorevole ciclo economico e della stagnazione della domanda interna;
              un eventuale aumento dell'IVA, congiuntamente al prossimo versamento dell'Imposta Municipale Propria e al pagamento della TARES rischia di aggravare la già complessa situazione delle imprese italiane colpite dalla crisi economica e dei cittadini, già gravati da numerose imposte;
              il combinato disposto rappresentato dai potenziale aumento dell'imposta sul Valore Aggiunto e il versamento dell'imposta Municipale Propria rappresenta senza dubbio un deterrente alla ripresa economica delle PMI e alla crescita dei consumi interni,

impegna il Governo

a considerare la necessità di scongiurare il preventivato aumento dell'aliquota ordinaria dell'imposta sul Valore Aggiunto oggi prevista per Ottobre, ricavando le risorse necessarie per una ulteriore proroga da risparmi di spesa derivanti dell'efficientamento dell'Amministrazione Pubblica.
9/1458/92. Bossi, Fedriga.


      La Camera,
          premesso che:
              all'articolo 11 del decreto-legge in oggetto viene oggi previsto come i prodotti Contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo, saranno assoggettati ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico;
              la disposizione, così come attualmente formulata, rischia concretamente di mettere in crisi le oltre tremila aziende del settore che in questi ultimi anni si sono sviluppate in Italia e che hanno contribuito alla ripresa economica e consentendo l'assunzione di personale, soprattutto di giovani,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a prevedere una minore tassazione sui dispositivi meccanici ed elettronici utilizzati per sostituire il consumo dei tabacchi.
9/1458/93. Grimoldi, Fedriga.


      La Camera,
          premesso che:
              all'interno del provvedimento in discussione viene posticipato ad Ottobre il termine di applicazione dell'aumento dell'aliquota ordinaria dell'IVA dal 21 al 22 per cento, e che la copertura finanziaria alla disposizione è data principalmente dall'incremento dal 99 al 100 per cento della misura dell'acconto IRPEF dovuto a decorrere dall'anno 2013 e l'incremento dal 100 al 101 per cento, per solo periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013, della misura dell'acconto IRES;
              da molti anni, l'Italia è tra gli ultimi posti per quanto riguarda gli stipendi dei lavoratori dipendenti e che a pesare sulle buste paga degli italiani è soprattutto il cuneo fiscale, aspetto sul quale l'Italia è ai primi posti in Europa dato l'elevato livello di questo, il quale rappresenta, di fatto, la parte di costo del lavoro che finisce nelle casse dello Stato;
              il carico della pressione fiscale è ormai insostenibile per le imprese rappresentando, insieme al peso della burocrazia, alle difficoltà di accesso al credito bancario e ai forti ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, una delle principali cause della loro difficoltà;
              in Italia si stima come ogni giorno cessino la propria attività almeno 40 aziende e che si renda perciò assolutamente prioritario stabilire con la massima urgenza strumenti di politica economica nuovi ed innovativi finalizzati a favorire il rilancio delle imprese ed incrementare l'occupazione attraverso l'abbattimento del costo del lavoro;
              l'attuale situazione economica impone necessariamente scelte che siano prioritariamente orientate alla realizzazione di una drastica riduzione della pressione fiscale sulle imprese, con particolare riguardo a quelle di dimensioni minori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'adozione delle iniziative normative di cui in premessa, di rivedere il preventivato aumento dell'IVA e destinare, viceversa, risorse derivanti dalla progressiva riduzione della spesa pubblica alla riduzione del cuneo fiscale in favore delle medesime imprese.
9/1458/94. Attaguile, Fedriga.


      La Camera,
          premesso che:
              all'interno del provvedimento in discussione, all'articolo 11, tra le varie disposizioni previste, si stabilisce altresì un programma di interventi finalizzato a provvedere alle bonifiche ambientali connesse allo smaltimento dell'amianto e dell'eternit derivanti dalla dismissione dei baraccamenti costruiti nei comuni della Valle del Belice colpiti dal sisma del 1968;
              alla realizzazione del programma si provvede nel limite di 10 milioni di euro per l'anno 2013, nell'ambito delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) assegnate alla Regione Sicilia di cui alla delibera CIPE 1/2009;
              per molti anni i materiali amiantiferi hanno avuto una elevata diffusione nell'industria italiana in quanto la loro struttura fibrosa resiste al fuoco e al calore, all'azione di agenti chimici e biologici, all'abrasione e all'usura, e che solo dopo il crescente insorgere di patologie polmonari gravi a carico di lavoratori con alta esposizione alle fibre di amianto, si è iniziato a considerare l'amianto un contaminante ambientale e a vietarne la commercializzazione e la produzione;
              ancora oggi purtroppo sono numerosi i siti e gli edifici che non hanno ancora rimosso completamente i materiali di amianto conferendo gli stessi in apposite discariche speciali, e che spesso la corretta messa in sicurezza di questi materiali viene rallentata a causa degli elevati costi economici per la bonifica,

impegna il Governo

a prevedere, così come decretato dal provvedimento in discussione, risorse per bonifiche e smaltimento dell'amianto anche per i territori colpiti in questi ultimi anni da fenomeni sismici, come le province colpite dal terremoto emiliano del maggio 2012, ed inondazioni, come l'alluvione del novembre 2010 avvenuta tra le province di Padova, Vicenza e Verona.
9/1458/95. Busin, Fedriga.


      La Camera,
          premesso che:
              all'interno del provvedimento in discussione, all'articolo 11, tra le varie disposizioni previste, si stabilisce altresì un programma di interventi finalizzato a provvedere alle bonifiche ambientali connesse allo smaltimento dell'amianto e dell'eternit derivanti dalla dismissione dei baraccamenti costruiti nei comuni della Valle del Belice colpiti dal sisma del 1968;
              alla realizzazione del programma si provvede nel limite di 10 milioni di euro per l'anno 2013, nell'ambito delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) assegnate alla Regione Sicilia di cui alla delibera CIPE 1/2009;
              per molti anni i materiali amiantiferi hanno avuto una elevata diffusione nell'industria italiana in quanto la loro struttura fibrosa resiste al fuoco e al calore, all'azione di agenti chimici e biologici, all'abrasione e all'usura, e che solo dopo il crescente insorgere di patologie polmonari gravi a carico di lavoratori con alta esposizione alle fibre di amianto, si è iniziato a considerare l'amianto un contaminante ambientale e a vietarne la commercializzazione e la produzione;
              ancora oggi purtroppo sono numerosi i siti e gli edifici che non hanno ancora rimosso completamente i materiali di amianto conferendo gli stessi in apposite discariche speciali, e che spesso la corretta messa in sicurezza di questi materiali viene rallentata a causa degli elevati costi economici per la bonifica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, così come decretato dal provvedimento in discussione, risorse per bonifiche e smaltimento dell'amianto anche per i territori colpiti in questi ultimi anni da fenomeni sismici, come le province colpite dal terremoto emiliano del maggio 2012, ed inondazioni, come l'alluvione del novembre 2010 avvenuta tra le province di Padova, Vicenza e Verona.
9/1458/95.    (Testo modificato nel corso della seduta) Busin, Fedriga.


      La Camera,
          premesso che:
              preso atto che gli interventi e le misure per l'occupazione dei giovani contenute nel decreto si rivolgono a lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni;
              rilevato che le assunzioni agevolate sono altresì rivolte a giovani privi di un diploma di scuola media superiore o professionale, ai sensi della lettera b) del comma 2, dell'articolo 1 del provvedimento all'esame;
              considerato che la generazione maggiormente in difficoltà sotto il profilo occupazionale è quella dei post-trentenni, ovvero quella categoria di «giovani» che spesso ha già finito gli studi e, nonostante corsi di laurea, master, stage e corsi di formazione vari, non hanno ancora un posto di lavoro, neanche precario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ampliare, nelle more di attuazione del provvedimento, la platea dei beneficiari degli incentivi ed interventi straordinari per l'occupazione dei giovani, elevando il limite di età a trentacinque anni, così da includere anche i giovani meritevoli che si sono impegnati nello studio.
9/1458/96. Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              preso atto che gli interventi e le misure per l'occupazione dei giovani contenute nel decreto si rivolgono a lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni;
              rilevato che le assunzioni agevolate sono altresì rivolte a giovani privi di un diploma di scuola media superiore o professionale, ai sensi della lettera b) del comma 2, dell'articolo 1 del provvedimento all'esame;
              considerato che la generazione maggiormente in difficoltà sotto il profilo occupazionale è quella dei post-trentenni, ovvero quella categoria di «giovani» che spesso ha già finito gli studi e, nonostante corsi di laurea, master, stage e corsi di formazione vari, non hanno ancora un posto di lavoro, neanche precario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ampliare, con futuri provvedimenti e nel rispetto dei vincoli di bilancio, la platea dei beneficiari degli incentivi ed interventi straordinari per l'occupazione dei giovani, elevando il limite di età a trentacinque anni, così da includere anche i giovani meritevoli che si sono impegnati nello studio.
9/1458/96.    (Testo modificato nel corso della seduta) Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              valutate le disposizioni di cui all'articolo 1 del provvedimento, che destina al Mezzogiorno, per il quadriennio 2013-2016, 500 milioni di euro per la decontribuzione quale incentivo per nuove assunzioni;
              valutato anche l'articolo 3, che destina sempre al Mezzogiorno, per il triennio 2013-2015, 80 milioni di euro per incentivare l'autoimpiego e l'autoimprenditorialità e 168 milioni di euro per tirocini formativi;
              ricordato che secondo un'indagine del centro studi Datagiovani, le maggiori sofferenze della crisi, in termini di disoccupazione, si son fatte sentire nelle zone settentrionali del Paese;
              in particolare l'indagine, che ha incrociato i dati dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) con quelli Istat sulla disoccupazione negli ultimi cinque anni, cioè quelli del picco della crisi, ha rilevato che regioni come l'Emilia Romagna (dove i disoccupati sono più che raddoppiati passando da circa 65 mila a 150 mila) e la Lombardia (dove da 168 mila disoccupati del 2008 si è passati a oltre 346 mila nel 2012) sono quelle maggiormente colpite dalla crisi in essere,

impegna il Governo

a reperire nuove e/o ulteriori risorse finanziarie da destinare agli incentivi per le assunzioni di giovani residenti nelle regioni settentrionali del Paese.
9/1458/97. Invernizzi, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              ritenuto che le disposizioni in esso contenute creano forte disparità tra i disoccupati del Mezzogiorno e quelli residenti nel Nord del Paese;
          ricordato che secondo una recente indagine del centro studi Datagiovani, condotta incrociando i dati dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) con quelli Istat sulla disoccupazione negli ultimi cinque anni, le rilevazioni di maggiore disoccupazione tra i giovani del Sud derivano dal fatto che i giovani del Nord sono pronti ad emigrare e lasciare il proprio territorio e la propria famiglia, pur di cercare lavoro, contrariamente ai giovani disoccupati del mezzogiorno, che preferiscono restar disoccupati/inoccupati ed assistiti piuttosto che lasciar la terra d'origine,

impegna il Governo

a porre in essere azioni e misure che arginino l'emigrazione all'estero dei nostri giovani, in particolare dei residenti nei territori delle regioni settentrionali.
9/1458/98. Marcolin, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              valutato che gli interventi per favorire l'occupazione, in particolare giovanile, sono quasi esclusivamente rivolti ai residenti nelle regioni del Mezzogiorno;
              ricordato che secondo gli ultimi dati Istat il dato assoluto dei disoccupati al Nord ed al centro è pari, rispettivamente, a 1.182 e 599, a fronte dei 1.495 al Sud;
              ciò significa che il Centro-Nord ha più disoccupati del Mezzogiorno e che, quindi, è errato pensare che solo quest'ultimo abbia bisogno di misure straordinarie ed incentivi per favorire l'occupazione,

impegna il Governo

a stanziare nei successivi provvedimenti di natura economico-finanziaria congrue risorse per l'abbattimento del costo del lavoro in favore delle piccole e medie imprese ubicate nelle regioni settentrionali del Paese.
9/1458/99. Allasia, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              valutate in particolare le norme di cui all'articolo 2, comma 10 del provvedimento, per il sostegno dei tirocini curriculari svolti da studenti iscritti ai corsi di laurea di università statali nell'anno accademico 2013-2014;
              ricordato che, a seguito dell'articolo 17, comma 95, della legge n.  127 del 1997, con decreto ministeriale n.  509 del 1999 è stato introdotto nell'ordinamento il cosiddetto «modello 3+2», in base al quale le università rilasciano titoli di primo e di secondo livello, ovvero laurea e laurea specialistica, e che successivamente, con il decreto ministeriale n.  270 del 2004, la denominazione di laurea specialistica è stata sostituita da quella di laurea magistrale, prevedendo altresì all'articolo 6, comma 3, la possibilità di ammissione ad un corso di laurea magistrale a ciclo unico con il possesso del diploma di scuola secondaria superiore;
              ritenuto pertanto necessario chiarire la finalità della citata norma di cui al comma 10 dell'articolo 2,

impegna il Governo

ad emanare, nelle more di attuazione del provvedimento, circolari interpretative atti a chiarire che al comma 10 dell'articolo 2 citato in premessa le attività di tirocinio curriculare siano riferite a tutti gli istituti universitari, statali e non statali, ed a tutti i corsi di laurea, anche magistrali e magistrali a ciclo unico, compresi i master e i corsi di dottorato.
9/1458/100. Buonanno, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              valutate in particolare le norme di cui all'articolo 2, comma 10 del provvedimento, per il sostegno dei tirocini curriculari svolti da studenti iscritti ai corsi di laurea di università statali nell'anno accademico 2013-2014;
              ricordato che, a seguito dell'articolo 17, comma 95, della legge n.  127 del 1997, con decreto ministeriale n.  509 del 1999 è stato introdotto nell'ordinamento il cosiddetto «modello 3+2», in base al quale le università rilasciano titoli di primo e di secondo livello, ovvero laurea e laurea specialistica, e che successivamente, con il decreto ministeriale n.  270 del 2004, la denominazione di laurea specialistica è stata sostituita da quella di laurea magistrale, prevedendo altresì all'articolo 6, comma 3, la possibilità di ammissione ad un corso di laurea magistrale a ciclo unico con il possesso del diploma di scuola secondaria superiore;
              ritenuto pertanto necessario chiarire la finalità della citata norma di cui al comma 10 dell'articolo 2,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare, nelle more di attuazione del provvedimento, circolari interpretative atti a chiarire che al comma 10 dell'articolo 2 citato in premessa le attività di tirocinio curriculare siano riferite a tutti gli istituti universitari, statali e non statali, ed a tutti i corsi di laurea, anche magistrali e magistrali a ciclo unico, compresi i master e i corsi di dottorato.
9/1458/100.    (Testo modificato nel corso della seduta) Buonanno, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              esaminato nel dettaglio l'articolo 5 del testo, che istituisce una struttura di missione avente compiti di promozione, indirizzo, coordinamento, definizione di linee guida e predisposizione di rapporti del programma comunitario «garanzia per i giovani» (Youth Guarantee);
              preso atto che tale struttura sarà operativa in via sperimentale fino al 31 dicembre 2015 e sarà composta da alti burocrati dello Stato, come il Direttore Generale dell'Inps o i dirigenti di livello generale del Ministero del lavoro, già percettori di considerevoli trattamenti per il ruolo ricoperto;
              tenuto conto che il comma 4 del citato articolo 5 quantifica gli oneri di tale struttura in 20.000 per il 2013 e 70.000 per ciascuno degli anni 2014 e 2015, a valere sul Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n.  185 del 2008;
              creduto che, in una situazione di limitata disponibilità di risorse finanziarie, sarebbe stato più opportuno destinare qualunque somma del Fondo per l'occupazione ad interventi di abbattimento del costo del lavoro invece che alla creazione di strutture pubbliche di indirizzo e coordinamento,

impegna il Governo

a non reiterare il ricorso all'utilizzo di stanziamenti del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n.  185 del 2008 per finanziare l'istituzione di strutture inutili che possano determinare sprechi e pleonastici compiti.
9/1458/101. Gianluca Pini, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              valutate in particolare le misure di cui all'articolo 9, comma 7, che modifica la procedura per l'instaurazione di un rapporto di lavoro dipendente, a tempo determinato o indeterminato, con un lavoratore extracomunitario, prevedendo che la verifica, presso il centro per l'impiego competente, dell'indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale sia svolta precedentemente alla presentazione della richiesta di nulla osta (da parte del datore) presso lo sportello unico per l'immigrazione;
              ricordato che la norma previgente era finalizzata ad appurare la mancanza di lavoratori disponibili per il posto di lavoro richiesto, il che è ovviamente possibile solo in seguito alla richiesta di posti di lavoro e non già anticipatamente come la modifica recata dal citato comma 7 lascia presumere,

impegna il Governo

ad emanare, nelle more di attuazione del provvedimento, una circolare interpretativa che chiarisca a chi compete la verifica, con quale procedura e per quale finalità.
9/1458/102. Matteo Bragantini, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          considerato, nel dettaglio, l'articolo 9, commi da 13 a 15, che interviene sulla disciplina delle società a responsabilità limitata semplificata e a capitale ridotto, estendendo la possibilità di utilizzare tale forma societaria anche ai soggetti fondatori che abbiano superato i 35 anni di età;
          ritenuta la procedura di cui all'articolo 2470 del codice civile relativamente alla pubblicità degli assetti societari certificati dal registro delle imprese un aggravio in caso di socio unico di srl e di operazioni societarie;
          stante l'attuale formulazione della norma, infatti, l'amministratore è costretto a monitorare il registro delle imprese per scoprire quanto il notaio e il commercialista depositano l'atto e di conseguenza il registro imprese iscrive la notizia; l'amministratore, una volta che sia sicuro che il registro imprese certifica la notizia, deve presentare al registro delle imprese una seconda istanza con cui comunica al registro imprese quello che sta già certificando, in caso contrario viene sanzionato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di semplificare le procedure in caso di socio unico di srl e di operazioni societarie, eliminando la seconda comunicazione.
9/1458/103. Borghesi, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              secondo i risultati dell'indagine «La povertà in Italia - Anno 2012 predisposta dall'ISTAT il 12,7 per cento delle famiglie italiane è «relativamente» povero, per un totale di 3 milioni 232 mila persone, corrispondente al 15,8 per cento della popolazione. Il 6,85 per cento è povero in termini assoluti, non riuscendo a sostenere una spesa mensile minima necessaria per acquisire i beni e servizi essenziali a uno standard di vita minimamente accettabile: si tratta di un milione e 725 mila famiglie, cioè il 6,8 per cento di quelle residenti, pari a 4 milioni 814 mila individui (l'8 per cento della popolazione);
              secondo l'Istat, la soglia di povertà per una famiglia di due componenti risulta di 990,88 euro, ed è in calo di circa 20 euro rispetto a quella del 2011. I segnali di peggioramento sono diffusi in tutto il territorio nazionale, con una crescita al 4,9 per cento al 6,2 per cento nel Nord, dal 6,4 per cento al 7,1 per cento nel Centro e dal 23,3 per cento al 26,2 per cento nel Mezzogiorno;
              se si rientra nella categoria dei poveri relativi o assoluti, ogni anno viene stabilita la cosiddetta soglia: nel 2011, per esempio la «famiglia di due persone, di età compresa tra i 18-59 anni» residente in un grande comune del nord Italia era considerata assolutamente povera se aveva una spesa minima mensile inferiore a 1.036,37 euro; per un analogo nucleo residente in una città del Sud la soglia di povertà assoluta era di 801,77 euro. Una sola persona al Nord (stessa fascia di età, stessa città) era povera assoluta se spendeva meno o fino a 746,75 euro, al Sud lo era se spendeva meno o fino a 560,60 euro;
              le soglie do povertà espresse dai numeri esprimono come in tutto il paese siano presenti aree di difficoltà estrema per alcuni strati della popolazione;
              le difficoltà e la forbice aumentano quando queste sono collocate nel nord del paese come ben evidenziato dai dati ISTAT;
              l'istituzione della carta per l'inclusione sociale che a detta del Governo è un intervento contro la povertà estrema, uno degli elementi che crea oggi maggiore preoccupazione e fatica: contro di essa viene creata questa carta estesa a tutto il mezzogiorno e legata alla sperimentazione che cerca di combattere povertà estrema;
              contestualmente, viene prorogata per tutto l'anno anche la prima e storica «carta acquisti», la cosiddetta «social card»: una decisione che riguarda 425mila persone. Il provvedimento si aggiunge alla sperimentazione su una «nuova social card», destinata in particolare al contrasto della povertà estrema delle famiglie, già in corso nelle dodici città italiane con più di 250 mila abitanti estendo la sperimentazione della nuova social card, già prevista per le città di Napoli, Bari, Palermo e Catania, ai restanti territori delle regioni del Mezzogiorno;
              i dati evidenziati dimostrano come anche nel Nord del paese sia numerosa la categoria dei poveri relativi o assoluti, soprattutto perché si devono confrontare con soglie più alte di spesa minima mensile,

impegna il Governo

a predisporre un nuovo strumento per le altre regioni del Paese affinché anche per gli strati sociali che rientrano nelle categorie di povertà indicate nelle statistiche vi sia un sostegno diffuso come quello previsto per le regioni meridionali al fine di evitare la creazione di categorie di poveri di diverse serie definiti dalla loro collocazione geografica.
9/1458/104. Rondini, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              secondo i risultati dell'indagine «La povertà in Italia - Anno 2012 predisposta dall'ISTAT il 12,7 per cento delle famiglie italiane è «relativamente» povero, per un totale di 3 milioni 232 mila persone, corrispondente al 15,8 per cento della popolazione. Il 6,85 per cento è povero in termini assoluti, non riuscendo a sostenere una spesa mensile minima necessaria per acquisire i beni e servizi essenziali a uno standard di vita minimamente accettabile: si tratta di un milione e 725 mila famiglie, cioè il 6,8 per cento di quelle residenti, pari a 4 milioni 814 mila individui (l'8 per cento della popolazione);
              secondo l'Istat, la soglia di povertà per una famiglia di due componenti risulta di 990,88 euro, ed è in calo di circa 20 euro rispetto a quella del 2011. I segnali di peggioramento sono diffusi in tutto il territorio nazionale, con una crescita al 4,9 per cento al 6,2 per cento nel Nord, dal 6,4 per cento al 7,1 per cento nel Centro e dal 23,3 per cento al 26,2 per cento nel Mezzogiorno;
              se si rientra nella categoria dei poveri relativi o assoluti, ogni anno viene stabilita la cosiddetta soglia: nel 2011, per esempio la «famiglia di due persone, di età compresa tra i 18-59 anni» residente in un grande comune del nord Italia era considerata assolutamente povera se aveva una spesa minima mensile inferiore a 1.036,37 euro; per un analogo nucleo residente in una città del Sud la soglia di povertà assoluta era di 801,77 euro. Una sola persona al Nord (stessa fascia di età, stessa città) era povera assoluta se spendeva meno o fino a 746,75 euro, al Sud lo era se spendeva meno o fino a 560,60 euro;
              le soglie do povertà espresse dai numeri esprimono come in tutto il paese siano presenti aree di difficoltà estrema per alcuni strati della popolazione;
              le difficoltà e la forbice aumentano quando queste sono collocate nel nord del paese come ben evidenziato dai dati ISTAT;
              l'istituzione della carta per l'inclusione sociale che a detta del Governo è un intervento contro la povertà estrema, uno degli elementi che crea oggi maggiore preoccupazione e fatica: contro di essa viene creata questa carta estesa a tutto il mezzogiorno e legata alla sperimentazione che cerca di combattere povertà estrema;
              contestualmente, viene prorogata per tutto l'anno anche la prima e storica «carta acquisti», la cosiddetta «social card»: una decisione che riguarda 425mila persone. Il provvedimento si aggiunge alla sperimentazione su una «nuova social card», destinata in particolare al contrasto della povertà estrema delle famiglie, già in corso nelle dodici città italiane con più di 250 mila abitanti estendo la sperimentazione della nuova social card, già prevista per le città di Napoli, Bari, Palermo e Catania, ai restanti territori delle regioni del Mezzogiorno;
              i dati evidenziati dimostrano come anche nel Nord del paese sia numerosa la categoria dei poveri relativi o assoluti, soprattutto perché si devono confrontare con soglie più alte di spesa minima mensile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre un nuovo strumento per le altre regioni del Paese affinché anche per gli strati sociali che rientrano nelle categorie di povertà indicate nelle statistiche vi sia un sostegno diffuso.
9/1458/104.    (Testo modificato nel corso della seduta) Rondini, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              un generale invecchiamento della popolazione agricola, ormai da ritenere a carattere strutturale, e uno scarso ricambio generazionale accompagnano la diminuzione degli addetti all'attività agricola e soprattutto dei giovani imprenditori che, negli ultimi anni, si riducono drasticamente. I fenomeni di esodo e abbandono del settore in vaste aree sono causa di degrado delle aree rurali;
              una tale situazione è espressione delle difficoltà che hanno gli imprenditori più anziani ad uscire e di quelle che incontrano i più giovani imprenditori ad entrare nel mondo dell'agricoltura;
              se non ci saranno aiuti per i giovani non ci si potrà che aspettare una desertificazione delle campagne, un abbandono continuo dell'attività agricola, e verrà sicuramente a mancare una futura generazione di agroimprenditori, più importanti che mai nella gestione del territorio;
              è quanto mai indispensabile promuovere il ricambio generazionale in agricoltura, introducendo anche alcune misure agevolative di accesso al credito a favore dei giovani agricoltori;
              a causa della perdurante crisi economica che sta investendo il nostro Paese, si ritiene urgente individuare soluzioni concrete volte a favorire l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, e l'agricoltura può costituire una valida opportunità occupazionale, essendo da sempre un settore strategico per l'economia italiana;
              le misure effettive da cui si potrebbe attingere per dare una mano a questi giovani agricoltori sono considerate uno dei pilastri della nuova PAC;
              i giovani hanno bisogno di credere nei propri sogni e di tornare a credere nel futuro. Sono proprio i giovani agricoltori che hanno dato prova di saper scommettere ancora in questa attività. Dobbiamo però aiutarli e dare loro risposte concrete;
              il Nord Italia, dalla Liguria al Piemonte dalla Lombardia al Veneto, offre un'insieme di regioni più ricche d'Europa grazie anche all'agricoltura della pianura padana che costituisce uno dei territori agricoli e gastronomici più straordinari del Paese;
              una delle funzioni fondamentali dell'agricoltura è la produzione di beni di qualità. In futuro, l'agricoltura dovrà giocare sempre più, un ruolo fondamentale nella gestione del territorio, e nella predisposizione di sistema di controllo della sicurezza alimentare;
              a parere dell'interrogante sarebbe opportuno definire programmi di attività d'uso delle terre pubbliche nell'ambito di accordi da stipulare con giovani agricoltori prevedendo che l'accesso dovrebbe avvenire non solamente mediante affitti ma anche favorendo le acquisizioni di proprietà a condizioni agevolate;
              sarebbe, altresì, opportuno agevolare i giovani agricoltori, anche dal punto di vista fiscale, introducendo un'imposta sostitutiva sul reddito delle imprese e delle relative addizionali,

impegna il Governo

a prevedere misure agevolative per favorire l'ingresso dei giovani nel mondo dell'agricoltura che permettano, anche, di poter ridurre i costi sostenuti dalle aziende, facilitare l'accesso al credito e l'acquisto dei terreni. Queste soluzioni potrebbero mettere in condizione il comparto agricolo di svecchiarsi sotto tutti i profili e i giovani di continuare un'attività tra le maggiori in Italia.
9/1458/105. Caon, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              un generale invecchiamento della popolazione agricola, ormai da ritenere a carattere strutturale, e uno scarso ricambio generazionale accompagnano la diminuzione degli addetti all'attività agricola e soprattutto dei giovani imprenditori che, negli ultimi anni, si riducono drasticamente. I fenomeni di esodo e abbandono del settore in vaste aree sono causa di degrado delle aree rurali;
              una tale situazione è espressione delle difficoltà che hanno gli imprenditori più anziani ad uscire e di quelle che incontrano i più giovani imprenditori ad entrare nel mondo dell'agricoltura;
              se non ci saranno aiuti per i giovani non ci si potrà che aspettare una desertificazione delle campagne, un abbandono continuo dell'attività agricola, e verrà sicuramente a mancare una futura generazione di agroimprenditori, più importanti che mai nella gestione del territorio;
              è quanto mai indispensabile promuovere il ricambio generazionale in agricoltura, introducendo anche alcune misure agevolative di accesso al credito a favore dei giovani agricoltori;
              a causa della perdurante crisi economica che sta investendo il nostro Paese, si ritiene urgente individuare soluzioni concrete volte a favorire l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, e l'agricoltura può costituire una valida opportunità occupazionale, essendo da sempre un settore strategico per l'economia italiana;
              le misure effettive da cui si potrebbe attingere per dare una mano a questi giovani agricoltori sono considerate uno dei pilastri della nuova PAC;
              i giovani hanno bisogno di credere nei propri sogni e di tornare a credere nel futuro. Sono proprio i giovani agricoltori che hanno dato prova di saper scommettere ancora in questa attività. Dobbiamo però aiutarli e dare loro risposte concrete;
              il Nord Italia, dalla Liguria al Piemonte dalla Lombardia al Veneto, offre un'insieme di regioni più ricche d'Europa grazie anche all'agricoltura della pianura padana che costituisce uno dei territori agricoli e gastronomici più straordinari del Paese;
              una delle funzioni fondamentali dell'agricoltura è la produzione di beni di qualità. In futuro, l'agricoltura dovrà giocare sempre più, un ruolo fondamentale nella gestione del territorio, e nella predisposizione di sistema di controllo della sicurezza alimentare;
              a parere dell'interrogante sarebbe opportuno definire programmi di attività d'uso delle terre pubbliche nell'ambito di accordi da stipulare con giovani agricoltori prevedendo che l'accesso dovrebbe avvenire non solamente mediante affitti ma anche favorendo le acquisizioni di proprietà a condizioni agevolate;
              sarebbe, altresì, opportuno agevolare i giovani agricoltori, anche dal punto di vista fiscale, introducendo un'imposta sostitutiva sul reddito delle imprese e delle relative addizionali,

impegna il Governo

a prevedere, compatibilmente con i vincoli di bilancio, misure agevolative per favorire l'ingresso dei giovani nel mondo dell'agricoltura che permettano, anche, di poter ridurre i costi sostenuti dalle aziende, facilitare l'accesso al credito e l'acquisto dei terreni.
9/1458/105.    (Testo modificato nel corso della seduta) Caon, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          considerate le misure dirette ad accrescere l'occupazione, specie quella giovanile;
          ritenuto che la crescita occupazionale passi attraverso il sostegno all'attività di impresa,

impegna il Governo

a prevedere, nel prossimo provvedimento a carattere economico-finanziario, per le imprese straniere che aprono una nuova attività in Italia ed assumono almeno 10 dipendenti cittadini italiani, misure agevolative temporanee volte a ridurre del 50 per cento i contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro.
9/1458/106. Caparini, Fedriga, Busin.


      La Camera,
          premesso che:
              in sede di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti;
              all'articolo 7 vengono introdotte Modifiche alla disciplina introdotta dalla legge 28 giugno 2012, n.  92;
              al fine di garantire ai lavoratori la pienezza dei diritti appare opportuno potenziare gli strumenti finalizzati ai controlli ed alle ispezioni presso i luoghi di lavoro;
              viceversa giungono sovente da parte degli operatori del settore segnalazioni relative alla carenza di organici e di strumenti a disposizione per l'esercizio delle attività di controllo e verifica,

impegna il Governo

ad implementare significativamente gli organici di personale ispettivo in seno all'INAIL, all'INPS e alle Direzioni territoriali del lavoro, nonché a modernizzare gli strumenti e le risorse disponibili per l'espletamento delle attività di vigilanza.
9/1458/107. Agostinelli.


      La Camera,
          premesso che:
              in sede di conversione in legge, con modificazioni, dei decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti;
              all'articolo 7 vengono introdotte Modifiche alla disciplina introdotta dalla legge 28 giugno 2012, n.  92;
              l'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n.  300, come da ultimo modificato dall'articolo 1, comma 42, della legge 28 giugno 2012, n.  92, ha di fatto introdotto un dispositivo normativo che ha spogliato i lavoratori di una tutela fondamentale nell'ambito del sinallagma contrattuale;
              in considerazione di quanto sopra detto occorre procedere nell'immediato ad un ripristino delle garanzie da offrire a ciascun lavoratore e già previste all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere la disciplina introdotta dalla legge 28 giugno 2012, n.  92, in relazione all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, restituendo a questi ultimi la pienezza delle garanzie offerte dallo Statuto dei lavoratori.
9/1458/108. Tripiedi.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 9, comma 16-quinquies, consente agli enti di ricerca, a taluni enti ed agenzie ed alle università di stipulare contratti di lavoro flessibile, in deroga ai limiti previsti dall'articolo 1, comma 187, della legge n.  266 del 2005, per l'attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica «anche finanziati con le risorse premiali di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n.  213 del 2009»;
              tale disposizione, facendo venir meno, rispetto all'originaria formulazione del comma 188 del citato articolo 1, la precisazione secondo cui gli oneri dei predetti progetti non debbono gravare sui bilanci di funzionamento degli enti o sul fondo di finanziamento degli enti o sul fondo ordinario delle università, potrebbe pregiudicare la realizzazione dei risparmi di spesa previsti a legislazione vigente a valere sui bilanci delle amministrazioni interessate;
              ritenuto che, conformemente al parere reso all'Assemblea nella seduta del 6 agosto 2013 dalla Commissione bilancio sul testo del disegno di legge trasmesso dal Senato;
              la stipulazione di contratti di lavoro flessibile da parte degli enti di ricerca e di taluni enti ed agenzie ed università, in deroga ai limiti alle assunzioni di cui all'articolo 1, comma 187, della legge n.  266 del 2005, debba comunque avvenire in modo da non pregiudicare i citati risparmi già previsti a legislazione vigente;
              pertanto la disposizione di cui all'articolo 9, comma 16-quinquies, non possa che essere interpretata nel senso che le predette assunzioni in deroga non possono comunque essere poste a carico dei bilanci di funzionamento degli enti, del Fondo di finanziamento degli enti ovvero del Fondo di finanziamento ordinario delle università,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, eventualmente anche di carattere normativo, volte ad interpretare l'articolo 9, comma 16-quinquies, nel senso che le predette assunzioni in deroga non possono comunque essere poste a carico dei bilanci di funzionamento degli enti, del Fondo di finanziamento degli enti ovvero del Fondo di finanziamento ordinario delle università.
9/1458/109. Boccia, Giampaolo Galli.


      La Camera,
          considerata la rilevante crescita della disoccupazione, in particolare giovanile, in Italia, ma anche in tutta Europa e in particolare nei Paesi più colpiti dall'intreccio fra crisi finanziaria e crisi dell'economia reale;
          vista la positiva iniziativa del Governo italiano per mettere al centro delle politiche europee il tema del contrasto alla disoccupazione, in particolare giovanile;
          considerati gli incentivi alle nuove assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori giovani contenuti nell'articolo 1 del decreto 76/2013 e considerata la necessità di reperire ulteriori risorse per rafforzarne il finanziamento,

impegna il Governo

a sostenere nelle sedi europee la necessità di ampliare le politiche contro la disoccupazione, in particolare giovanile, di livello comunitario, insieme ai relativi finanziamenti, e di distribuire tali finanziamenti fra paesi e regioni, come già avviene per il Fondo Sociale Europeo, non solo in relazione ai livelli di reddito pro capite, ma anche in relazione alle condizioni dei mercati del lavoro territoriali e a indicatori connessi all'aumento dei tassi di disoccupazione.
9/1458/110. Causi, Basso.


      La Camera,
          considerati gli incentivi alle nuove assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori giovani contenuti nell'articolo 1 del decreto 76/2013 e considerata la necessità di reperire ulteriori risorse per rafforzarne il finanziamento,

impegna il Governo

a esercitare ogni iniziativa possibile affinché gli stanziamenti destinati agli incentivi di cui in premessa possano essere aumentati con il diretto concorso finanziario delle Regioni.
9/1458/111. Pelillo.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti contiene all'articolo 11 disposizioni relative alla rimozione dei materiali contenenti amianto derivanti dal crollo totale o parziale degli edifici pubblici e privati causato dagli eventi sismici o derivanti dalle attività di demolizione e abbattimento degli edifici pericolanti disposti dai comuni interessati nelle aree dell'Emilia colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
              nel corso dell’iter parlamentare per la conversione in legge del decreto, sono state introdotte al Senato ulteriori disposizioni finalizzate alle bonifiche ambientali connesse allo smaltimento dell'amianto e dell’eternit derivanti dalla dismissione dei baraccamenti costruiti nei comuni della Valle del Belice indicati all'articolo 26 della legge 5 febbraio 1970, n.  21,

impegna il Governo

ad elaborare un programma di interventi, cronologicamente definito, finalizzato a provvedere alle bonifiche ambientali connesse allo smaltimento dell'amianto e dell’eternit su tutto il territorio nazionale, a partire da quelle aree geografiche interessate da crolli ed eventuali demolizioni ed abbattimenti.
9/1458/112. De Rosa, Busto, Daga, Mannino, Segoni, Terzoni, Tofalo, Zolezzi.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti contiene all'articolo 11 disposizioni relative alla rimozione dei materiali contenenti amianto derivanti dal crollo totale o parziale degli edifici pubblici e privati causato dagli eventi sismici o derivanti dalle attività di demolizione e abbattimento degli edifici pericolanti disposti dai comuni interessati nelle aree dell'Emilia colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;
              nel corso dell’iter parlamentare per la conversione in legge del decreto, sono state introdotte al Senato ulteriori disposizioni finalizzate alle bonifiche ambientali connesse allo smaltimento dell'amianto e dell’eternit derivanti dalla dismissione dei baraccamenti costruiti nei comuni della Valle del Belice indicati all'articolo 26 della legge 5 febbraio 1970, n.  21,

impegna il Governo

nell'ambito dell'attuale programmazione, ad elaborare un programma di interventi, cronologicamente definito, finalizzato a provvedere alle bonifiche ambientali connesse allo smaltimento dell'amianto e dell’eternit su tutto il territorio nazionale, a partire da quelle aree geografiche interessate da crolli ed eventuali demolizioni ed abbattimenti.
9/1458/112.    (Testo modificato nel corso della seduta) De Rosa, Busto, Daga, Mannino, Segoni, Terzoni, Tofalo, Zolezzi.


      La Camera,
          premesso che:
              secondo i recenti dati diffusi dall'ISTAT, nel 2012, le persone in povertà relativa sono risultate pari al 15,8 per cento della popolazione, ovvero 9 milioni e 563 mila, mentre quelle in povertà assoluta risultano pari all'8 per cento, ovvero 4 milioni e 814 mila;
              opportunamente, il provvedimento in oggetto, oltre alle misure volte a promuovere l'occupazione, prevede all'articolo 3, commi da 3 a 5, l'ulteriore estensione della nuova social card, quale misura di contrasto alla povertà assoluta, ai territori del Mezzogiorno, oltre alle dodici città italiane con più di 250.000 abitanti già ricomprese nella previgente disciplina;
              la definizione degli ambiti territoriali del Mezzogiorno nei quali applicare il nuovo strumento è rimessa alle regioni, in ragione delle specificità socio-economiche delle diverse aree con una importante innovazione che evidenzia l'esigenza di arrivare progressivamente ad una applicazione, anche alla luce dei risultati che emergeranno al termine della fase sperimentale, che si riferisca alla condizione del singolo cittadino a prescindere dalla circostanza che risieda in un grande centro urbano o in un piccolo comune;
              poiché l'Italia è uno dei pochi Paesi dell'Unione a non disporre di un sistema di inclusione sociale che garantisca il cittadino dal rischio di povertà estrema, è di tutta evidenza l'urgenza di un'azione di contrasto alla povertà, innanzitutto assoluta, in tutti i territori del Paese nell'ambito di una strategia più complessiva che veda il coordinamento di tutti i livelli dell'amministrazione statale e delle autonomie locali ed il coinvolgimento delle realtà sociali operanti nel Terzo settore, attraverso un vero e proprio «patto» nazionale contro la povertà, così come recentemente sollecitato in occasione della presentazione del progetto delle ACLI e della Caritas Italiana per l'introduzione in via progressiva di un reddito di inclusione sociale (Reis);
              si stima che il finanziamento di questo progetto avrebbe un impatto a regime sul Pil dello 0,34 per cento, mentre oggi il nostro Paese spende per il contrasto alla povertà circa lo 0,1 per cento del Pil, quando in Europa la media è lo 0,4 per cento, dunque il quadruplo;
              si tratterebbe quindi solo di adeguarsi al resto dell'Europa, visto che siamo gli unici, assieme alla Grecia, a non disporre di un reddito minimo garantito, fatto questo rilevato come «problematico» nel rapporto sul Welfare pubblicato lo scorso 20 febbraio dai tecnici della Commissione europea, da cui è emerso che l'Italia è tra i Paesi meno capaci di ridurre la povertà e dove il sostegno economico minimo «dipenda solo dagli enti locali, che spesso non hanno risorse»;
              la proposta avanzata dalle ACLI in collaborazione con la Caritas italiana è stata raccolta dal Ministro del lavoro Enrico Giovannini, che ha annunciato il 24 luglio la creazione di un gruppo di studio che dovrà elaborare una proposta condivisa entro settembre per poter tentare di inserire il Reis già nella prossima legge di stabilità,

impegna il Governo

a predisporre, già in occasione della prossima legge di stabilità, ulteriori misure volte ad estendere l'utilizzo di strumenti quali la nuova social card anche nei comuni piccoli e medi di tutto il territorio nazionale, secondo una programmazione condivisa con le singole regioni, e, progressivamente, a sperimentare misure di inclusione sociale attraverso la previsione di forme di sostegno del reddito dei cittadini che versano in condizioni di grave indigenza.
9/1458/113. Rubinato.


      La Camera,
          premesso che:
              secondo i recenti dati diffusi dall'ISTAT, nel 2012, le persone in povertà relativa sono risultate pari al 15,8 per cento della popolazione, ovvero 9 milioni e 563 mila, mentre quelle in povertà assoluta risultano pari all'8 per cento, ovvero 4 milioni e 814 mila;
              opportunamente, il provvedimento in oggetto, oltre alle misure volte a promuovere l'occupazione, prevede all'articolo 3, commi da 3 a 5, l'ulteriore estensione della nuova social card, quale misura di contrasto alla povertà assoluta, ai territori del Mezzogiorno, oltre alle dodici città italiane con più di 250.000 abitanti già ricomprese nella previgente disciplina;
              la definizione degli ambiti territoriali del Mezzogiorno nei quali applicare il nuovo strumento è rimessa alle regioni, in ragione delle specificità socio-economiche delle diverse aree con una importante innovazione che evidenzia l'esigenza di arrivare progressivamente ad una applicazione, anche alla luce dei risultati che emergeranno al termine della fase sperimentale, che si riferisca alla condizione del singolo cittadino a prescindere dalla circostanza che risieda in un grande centro urbano o in un piccolo comune;
              poiché l'Italia è uno dei pochi Paesi dell'Unione a non disporre di un sistema di inclusione sociale che garantisca il cittadino dal rischio di povertà estrema, è di tutta evidenza l'urgenza di un'azione di contrasto alla povertà, innanzitutto assoluta, in tutti i territori del Paese nell'ambito di una strategia più complessiva che veda il coordinamento di tutti i livelli dell'amministrazione statale e delle autonomie locali ed il coinvolgimento delle realtà sociali operanti nel Terzo settore, attraverso un vero e proprio «patto» nazionale contro la povertà, così come recentemente sollecitato in occasione della presentazione del progetto delle ACLI e della Caritas Italiana per l'introduzione in via progressiva di un reddito di inclusione sociale (Reis);
              si stima che il finanziamento di questo progetto avrebbe un impatto a regime sul Pil dello 0,34 per cento, mentre oggi il nostro Paese spende per il contrasto alla povertà circa lo 0,1 per cento del Pil, quando in Europa la media è lo 0,4 per cento, dunque il quadruplo;
              si tratterebbe quindi solo di adeguarsi al resto dell'Europa, visto che siamo gli unici, assieme alla Grecia, a non disporre di un reddito minimo garantito, fatto questo rilevato come «problematico» nel rapporto sul Welfare pubblicato lo scorso 20 febbraio dai tecnici della Commissione europea, da cui è emerso che l'Italia è tra i Paesi meno capaci di ridurre la povertà e dove il sostegno economico minimo «dipenda solo dagli enti locali, che spesso non hanno risorse»;
              la proposta avanzata dalle ACLI in collaborazione con la Caritas italiana è stata raccolta dal Ministro del lavoro Enrico Giovannini, che ha annunciato il 24 luglio la creazione di un gruppo di studio che dovrà elaborare una proposta condivisa entro settembre per poter tentare di inserire il Reis già nella prossima legge di stabilità,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e in occasione della prossima legge di stabilità, ulteriori misure volte ad estendere l'utilizzo di strumenti quali la nuova social card anche nei comuni piccoli e medi di tutto il territorio nazionale, secondo una programmazione condivisa con le singole regioni, e, progressivamente, a sperimentare misure di inclusione sociale attraverso la previsione di forme di sostegno del reddito dei cittadini che versano in condizioni di grave indigenza.
9/1458/113.    (Testo modificato nel corso della seduta) Rubinato.


      La Camera,
          considerato che:
              il provvedimento in esame dispone in materia di accesso dei giovani al mondo del lavoro e di potenziamento dell'offerta formativa mirata allo scopo;
              l'articolo 117 comma 3 della Costituzione prevede la competenza regionale in materia di istruzione professionale, sia pure in un quadro generale di individuazione di indirizzi e di riconoscimento nazionale dei percorsi formativi;
              con l'articolo 52 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n.  5, sono state introdotte misure di semplificazione e promozione dell'istruzione tecnico-professionale e degli istituti tecnici superiori – ITS, al fine di favorire:
                  un'offerta coordinata, a livello territoriale, tra i percorsi degli istituti tecnici, degli istituti professionali e di quelli di istruzione e formazione professionale di competenza delle regioni, con la previsione di costituire non più di un istituto tecnico superiore in ogni regione per la medesima area tecnologica e relativi ambiti;
                  la realizzazione di percorsi in apprendistato;
                  la costituzione di poli tecnico-professionali collegati con il mondo del lavoro e dell'impresa;
              si ritiene opportuno consentire la possibilità di costituire ulteriori istituti professionali, che tengano conto e rispondano alle caratteristiche del sistema produttivo peculiari per ciascuna regione;
              si ritiene inoltre opportuno non disperdere le risorse economiche che le imprese potrebbero mettere a disposizione, come quota di cofinanziamento, in particolare per quel che riguarda l'istruzione professionale nei settori cardine del Made in Italy,

impegna il Governo

a consentire la possibilità che le regioni possano, senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato, costituire nuovi ITS, anche riferiti a indirizzi o aree tecnologiche esistenti, al fine di tener conto delle esigenze delle diverse realtà produttive di ciascuna regione.
9/1458/114. Centemero.


      La Camera,
          considerato che:
              il provvedimento in esame dispone in materia di accesso dei giovani al mondo del lavoro e di potenziamento dell'offerta formativa mirata allo scopo;
              l'articolo 117 comma 3 della Costituzione prevede la competenza regionale in materia di istruzione professionale, sia pure in un quadro generale di individuazione di indirizzi e di riconoscimento nazionale dei percorsi formativi;
              con l'articolo 52 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n.  5, sono state introdotte misure di semplificazione e promozione dell'istruzione tecnico-professionale e degli istituti tecnici superiori – ITS, al fine di favorire:
                  un'offerta coordinata, a livello territoriale, tra i percorsi degli istituti tecnici, degli istituti professionali e di quelli di istruzione e formazione professionale di competenza delle regioni, con la previsione di costituire non più di un istituto tecnico superiore in ogni regione per la medesima area tecnologica e relativi ambiti;
                  la realizzazione di percorsi in apprendistato;
                  la costituzione di poli tecnico-professionali collegati con il mondo del lavoro e dell'impresa;
              si ritiene opportuno consentire la possibilità di costituire ulteriori istituti professionali, che tengano conto e rispondano alle caratteristiche del sistema produttivo peculiari per ciascuna regione;
              si ritiene inoltre opportuno non disperdere le risorse economiche che le imprese potrebbero mettere a disposizione, come quota di cofinanziamento, in particolare per quel che riguarda l'istruzione professionale nei settori cardine del Made in Italy,

impegna il Governo

a valutare la possibilità che le regioni possano, senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato, costituire nuovi ITS, anche riferiti a indirizzi o aree tecnologiche esistenti, al fine di tener conto delle esigenze delle diverse realtà produttive di ciascuna regione.
9/1458/114.    (Testo modificato nel corso della seduta) Centemero.


      La Camera,
          premesso che:
              circa il 40 per cento dei lavoratori dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) è costituito da personale precario a vario titolo, che integrano e completano il lavoro del personale assunto a tempo indeterminato;
              i precari hanno importanza strategica nell'economia dell'INGV, dal momento che sono impegnati su fronti delicati, come il funzionamento della Sala sismica di sorveglianza h24 di Roma, il servizio di monitoraggio e sorveglianza sismica e dei vulcani attivi presso la Sala operativa di Catania, i servizi di sorveglianza sismica e vulcanica 24h di Napoli;
              inoltre, il personale precario partecipa allo sviluppo e al miglioramento delle attività di ricerca di base, fondamentale per il reperimento di fondi sul libero mercato della ricerca nazionale ed internazionale;
              i lavoratori precari dell'INGV sono 250 su un totale di oltre 300 e hanno il contratto in scadenza a dicembre 2013,

impegna il Governo

a prorogare, col primo provvedimento utile, anche in deroga ai limiti previsti dalla vigente normativa, i contratti in scadenza del personale precario dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV).
9/1458/115. Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Costantino, Mongiello, Dallai, Pellegrino.


      La Camera,
          premesso che:
              all'articolo 3 il provvedimento dispone un'estensione della sperimentazione della cosiddetta carta acquisti sperimentale (o «social card»), nei limiti di 100 milioni di euro per il 2014 e di 67 milioni per il 2015, a tutti i comuni di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
              le risorse in oggetto sono stanziate a valere sulla riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, già destinate ai Programmi operativi 2007/2013, nonché mediante la rimodulazione delle risorse del medesimo Fondo di rotazione già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione. L'attivazione di tali risorse (subordinata, qualora occorra, al consenso della Commissione europea) si consegue mediante le procedure di cui al successivo articolo 4;
          considerato che:
              l'articolo 3 della Costituzione italiana sancisce che: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
              la strategia Europa 2020 impone l'attuazione di misure a contrasto della povertà e dell'emarginazione sociale, quali reddito minimo, assistenza sanitaria, istruzione, alloggi, accesso a conti bancari di base, mercato del lavoro;
              ad oggi sono state attuate misure di contrasto alla povertà, sperimentali e non omogenee;
              per attuare un'efficace ed efficiente lotta all'emarginazione sociale è indispensabile semplificare il welfare e renderlo al contempo più certo ed essenziale, più concretamente presente nella vita dei cittadini molti dei quali sono costretti a sopravvivere al problema occupazionale dovendosi al contempo confrontare con un sistema eccessivamente frammentato e non in grado di fornire certezze;
              la decisione del Consiglio e Parlamento europeo 2013/0202 del 17 Giugno 2013 impone all'Italia la riorganizzazione dei servizi per l'impiego nell'interesse pubblico facente capo a Ministeri, enti pubblici, o società di diritto pubblico;
              tra le misure da attuare deve ritenersi compreso il cosiddetto reddito di cittadinanza o il simile istituto del reddito minimo garantito essendo anch'esso rientrante nel complesso di misure finalizzate al sostegno del reddito di coloro che si trovano involontariamente in una situazione di non occupazione;
              il reddito di cittadinanza è uno strumento che assicura, in via principale e preminente, l'autonomia delle persone e la loro dignità, e non si riduce ad una mera misura assistenzialistica contro la povertà;
              il diritto al reddito di cittadinanza o reddito minimo garantito è un diritto fondamentale europeo, riconosciuto sia dalla Carta di Nizza che dalla Carta sociale europea;
              appare necessario abbandonare al più presto il criterio della legislazione «emergenziale» ed assicurare ai lavoratori la certezza dello stato sociale;
              l'Italia e la Grecia sono gli unici paesi in Europa a non aver previsto nel proprio welfare misure stabili a contrasto della povertà e dell'emarginazione sociale,

impegna il Governo:

          a porre in essere ogni attività per l'inserimento del reddito minimo garantito, predisponendo un piano che individui la platea degli aventi diritto, considerando come indicatore il numero di cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà, come peraltro già previsto dal modello sociale europeo e indicato dalla risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010;
              a valutare e comparare le numerose proposte legislative presentate o in via di presentazione, sia di iniziativa parlamentare che di iniziativa popolare, al fine di predisporre una proposta di legge condivisa e adattata al contesto nazionale italiano.
9/1458/116. Crippa, Rizzetto, Rubinato.


      La Camera,
          premesso che:
              all'articolo 3 il provvedimento dispone un'estensione della sperimentazione della cosiddetta carta acquisti sperimentale (o «social card»), nei limiti di 100 milioni di euro per il 2014 e di 67 milioni per il 2015, a tutti i comuni di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
              le risorse in oggetto sono stanziate a valere sulla riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, già destinate ai Programmi operativi 2007/2013, nonché mediante la rimodulazione delle risorse del medesimo Fondo di rotazione già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione. L'attivazione di tali risorse (subordinata, qualora occorra, al consenso della Commissione europea) si consegue mediante le procedure di cui al successivo articolo 4;
          considerato che:
              l'articolo 3 della Costituzione italiana sancisce che: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
              la strategia Europa 2020 impone l'attuazione di misure a contrasto della povertà e dell'emarginazione sociale, quali reddito minimo, assistenza sanitaria, istruzione, alloggi, accesso a conti bancari di base, mercato del lavoro;
              ad oggi sono state attuate misure di contrasto alla povertà, sperimentali e non omogenee;
              per attuare un'efficace ed efficiente lotta all'emarginazione sociale è indispensabile semplificare il welfare e renderlo al contempo più certo ed essenziale, più concretamente presente nella vita dei cittadini molti dei quali sono costretti a sopravvivere al problema occupazionale dovendosi al contempo confrontare con un sistema eccessivamente frammentato e non in grado di fornire certezze;
              la decisione del Consiglio e Parlamento europeo 2013/0202 del 17 Giugno 2013 impone all'Italia la riorganizzazione dei servizi per l'impiego nell'interesse pubblico facente capo a Ministeri, enti pubblici, o società di diritto pubblico;
              tra le misure da attuare deve ritenersi compreso il cosiddetto reddito di cittadinanza o il simile istituto del reddito minimo garantito essendo anch'esso rientrante nel complesso di misure finalizzate al sostegno del reddito di coloro che si trovano involontariamente in una situazione di non occupazione;
              il reddito di cittadinanza è uno strumento che assicura, in via principale e preminente, l'autonomia delle persone e la loro dignità, e non si riduce ad una mera misura assistenzialistica contro la povertà;
              il diritto al reddito di cittadinanza o reddito minimo garantito è un diritto fondamentale europeo, riconosciuto sia dalla Carta di Nizza che dalla Carta sociale europea;
              appare necessario abbandonare al più presto il criterio della legislazione «emergenziale» ed assicurare ai lavoratori la certezza dello stato sociale;
              l'Italia e la Grecia sono gli unici paesi in Europa a non aver previsto nel proprio welfare misure stabili a contrasto della povertà e dell'emarginazione sociale,

impegna il Governo:

          a valutare la possibilità di porre in essere ogni attività per l'inserimento del reddito minimo garantito, predisponendo un piano che individui la platea degli aventi diritto, considerando come indicatore il numero di cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà, come peraltro già previsto dal modello sociale europeo e indicato dalla risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010;
              a valutare e comparare le numerose proposte legislative presentate o in via di presentazione, sia di iniziativa parlamentare che di iniziativa popolare, al fine di predisporre una proposta di legge condivisa e adattata al contesto nazionale italiano.
9/1458/116.    (Testo modificato nel corso della seduta) Crippa, Rizzetto, Rubinato.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame, all'articolo 9, interviene in materia di responsabilità solidale negli appalti, estendendone l'ambito di applicazione in relazione ai compensi e agli obblighi di natura assicurativa e previdenziale, relative alle prestazioni effettuate da lavoratori titolari di contratto di lavoro autonomo e limitando l'efficacia delle eventuali clausole derogatorie contenute nei contratti collettivi, le quali, si dispone, hanno effetto esclusivamente in relazione ai trattamenti retributivi dovuti ai lavoratori impiegati nell'appalto o nel subappalto, con esclusione di qualsiasi effetto sul regime di responsabilità solidale attinente i contributi previdenziali e assicurativi;
              il medesimo articolo 9, stabilisce, altresì, l'esclusione dal regime di responsabilità solidale dei contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni;
              tale ultima previsione normativa appare pregiudizievole nei confronti dei lavoratori impiegati per imprese d'appalto presso le pubbliche amministrazioni, poiché li espone a minori garanzie e tutele nel caso di datori di lavoro inadempienti in tema di retribuzione e di versamenti previdenziali e assicurativi,

impegna il Governo

a riconsiderare le conseguenze provocate sui lavoratori impiegati per le imprese d'appalto presso le pubbliche amministrazioni dalla disposizione in esame ed eventualmente intervenire, tenendo conto delle esigenze d'equilibrio imposte dal bilancio dello Stato, allo scopo di garantire loro le tutele in materia di responsabilità solidale operanti per il settore privato.
9/1458/117. Baruffi, Albanella, Gnecchi, Bellanova, Boccuzzi, Casellato, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Madia, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Simoni, Zappulla.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame contiene norme in materia di IVA;
              tra le misure previste, in considerazione del particolare momento di crisi economica che sta attraversando il Paese e per dare una mano alle famiglie, non vi è quella volta eliminare un'incertezza circa il regime IVA da applicare, sorta in sede di interpretazione del contratto servizio energia, come definito nel decreto interministeriale di cui all'articolo 11, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n.  412, e successive modificazioni, come integrato dall'Allegato II al decreto legislativo 30 maggio 2008, n.  115, con l'obiettivo di incidere sull'efficienza energetica secondaria alla gestione qualificata degli impianti termici, sia per i nuovi investimenti che saranno effettuati, con conseguenti minori consumi ed emissioni nocive, sia per una maggiore sicurezza nella gestione degli impianti, con un conseguente contenimento dei costi per i cittadini;
              il contratto servizio energia infatti rappresenta un'alternativa valida volta ad incentivare la riqualificazione tecnologica nei grandi impianti condominiali, principalmente di edilizia popolare. Tanto più per coloro che, privi delle risorse economiche da investire in lavori di efficientamento energetico degli impianti o delle abitazioni, non possono beneficiare degli incentivi di legge peraltro appena prorogati dalla legge di conversione del decreto-legge n.  63 del 2013: prestazione energetica nell'edilizia e misure in materia di coesione sociale;
              la problematica interpretativa sopra evidenziata circa la corretta applicazione dell'aliquota IVA, trae origine dal fatto che in alcuni casi, nella prassi si è paventata l'errata interpretazione che il contratto servizio energia preveda la cessione di combustibile dal fornitore al cliente. Questo, invece, non avviene. L'energia prodotta nel contesto del contratto servizio energia viene erogata (e non ceduta) come parte del complesso e articolato servizio anche di trasformazione reso nell'ambito di tale contratto;
              gli effetti economici per gli utenti finali – attraverso il contratto servizio energia con garanzia di risultato – sono duplici: possono ottenere il prefinanziamento degli interventi di riqualificazione dalla ESCo, dall'altra ottengono economie di gestione che utilizzano in parte per far recuperare al fornitore l'investimento ed in parte a loro vantaggio diretto;
              nella scorsa legislatura numerosi sono stati gli atti tesi a chiarire tale problematica, tra questi, a titolo esemplificativo:
                  atto di sindacato ispettivo del Senato n.  4-04430 del 26 gennaio 2011 con cui si chiedeva di conoscere «se i Ministri in indirizzo non intendano chiarire rapidamente la situazione, riconoscendo l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta al 10 per cento ai contratti servizio energia stipulati rispettando le prescrizioni indicate nel decreto legislativo n.  115 del 2008 con riferimento al “Contratto servizio energia plus”, in modo da favorire la riqualificazione energetica degli impianti di riscaldamento degli edifici condominiali.»;
                  atto di sindacato ispettivo del Senato n.  3-02721 del 13 marzo 2012, con cui si chiedeva di sapere «se il Governo intenda emanare disposizioni interpretative che stabiliscano che, per i contratti stipulati rispettando le prescrizioni indicate nel decreto legislativo n.  115 del 2008, Allegato II “contratto servizio energia”, l'aliquota IVA agevolata del 10 per cento si applichi anche alle prestazioni di servizi e forniture di apparecchiature nell'ambito del contratto servizio energia come previsto dallo stesso decreto legislativo e quindi anche nel caso in cui l'energia non sia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento.»;
                  Atto della Camera n.  7-00788 del 20 febbraio 2012, con cui veniva proposta una risoluzione in Commissione con la quale si impegnava il Governo ad adottare ogni iniziativa di competenza, anche ricorrendo a disposizioni interpretative, al fine di stabilire che, per i contratti stipulati rispettando le prescrizioni indicate nel decreto legislativo n.  115 del 2008, titolo III «disposizioni finali» – Allegato II (previsto dall'articolo 16, comma 4) «contratto servizio energia», l'aliquota IVA agevolata del 10 per cento si applichi anche alle prestazioni di servizi e forniture di apparecchiature nell'ambito del contratto servizio energia, come previsto dal precitato decreto legislativo e quindi «anche nel caso in cui l'energia non sia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento»;
              gli atti sopra richiamati sono, purtroppo, rimasti senza risposta lasciando nell'incertezza normativa le imprese del settore ed i consumatori che ne risultano così gravemente danneggiati, tanto più in un momento economico non favorevole ove peraltro si prevede, a meno di un auspicabile intervento tempestivo del Governo, un ulteriore aumento dell'aliquota IVA che passerà dal 21 per cento al 22 per cento rendendo così ancora più oneroso per i cittadini l'utilizzo dei contratti servizio energia,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di competenza, anche ricorrendo a disposizioni interpretative, al fine di stabilire che, considerate le finalità per cui sono rese le prestazioni di servizi nell'ambito del contratto servizio energia, come definito nel decreto interministeriale di cui all'articolo 11, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n.  412, e successive modificazioni, come integrato dall'Allegato II al decreto legislativo 30 maggio 2008, n.  115, la nozione di contratto servizio energia si interpreta nel senso che non comporta alcuna fornitura di combustibile al cliente, con conseguente trasferimento della proprietà di tale bene dal fornitore al cliente stesso, in quanto la trasformazione e l'erogazione dell'energia, a prescindere dalla fonte con cui viene prodotta, forma oggetto delle prestazioni di servizi erogate nell'ambito del contratto servizio energia stesso.
9/1458/118. Marco Di Maio, Squeri.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 11, commi 22 e 23 del decreto-legge 28 giugno 2013, n.  76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti, prevede norme in materia di sigarette elettroniche limitatamente agli aspetti fiscali,

impegna il Governo con la massima urgenza:

          ad adottare una normativa complessiva la quale prevede anche una tassazione equa e bilanciata tenendo in considerazione che un'imposta troppo elevata ed un versamento anticipato della stessa metterebbe fuori mercato tale prodotto causando la chiusura di migliaia di punti vendita e la perdita di altrettanti posti di lavoro;
          a mantenere un sistema di vendita libero, evitando la monopolizzazione del prodotto;
          a regolamentare gli aspetti pubblicitari della sigaretta elettronica limitandone la trasmissione durante le fasce protette ed informando il consumatore della eventuale presenza di nicotina e del relativo impatto sulla salute;
          a regolamentare i divieti nei luoghi pubblici, permettendone comunque l'utilizzo presso i rivenditori in considerazione del fatto che tali prodotti vanno testati dal consumatore che si appresta ad acquistarli.
9/1458/119. Corsaro.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Elementi in merito alle recenti richieste di informazione della Commissione europea relative al funzionamento dello stabilimento Ilva di Taranto – 3-00263

      SPESSOTTO, COLONNESE, PINNA, NESCI, CARINELLI, VIGNAROLI, FICO, LUIGI DI MAIO, DE LORENZIS, D'AMBROSIO, BUSTO, DAGA, SEGONI, MANNINO, TERZONI, DE ROSA, ZOLEZZI e TOFALO. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          sul funzionamento dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto è stata avviata dalla Commissione europea, già a partire dal marzo 2012, una procedura EU Pilot, sistema che, come noto, è stato concepito per la fase antecedente all'avvio formale di una procedura di infrazione;
          a seguito delle risposte, fornite dalle autorità italiane e regolarmente ritenute insufficienti dalla Commissione europea, l'ultima richiesta di aggiornamento relativa al funzionamento dello stabilimento Ilva è stata inoltrata dalla Commissione europea alla Presidenza del Consiglio dei ministri in data 8 luglio 2013, ed è giunta a scadenza il 29 luglio 2013;
          nonostante le ripetute richieste indirizzate dal gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle alla segreteria del dipartimento per le politiche europee per conoscere gli elementi di risposta delle competenti amministrazioni italiane, non è stata trasmessa, ad oggi, alcuna replica dettagliata a tale domanda di aggiornamento, né tantomeno è stato concesso l'accesso agli atti;
          il testo di risposta del Governo all'ultima richiesta di informazioni non è stato pubblicato neanche sul sito del garante dell'autorizzazione integrata ambientale per l’Ilva, sito predisposto con il supporto tecnico dell'Ispra, in cui è contenuta e resa pubblica tutta la corrispondenza intercorsa tra la Commissione europea e il Governo in merito allo stabilimento Ilva di Taranto;
          la mancata risposta da parte del Governo a tale domanda di informazioni supplementari appare ancora più grave, poiché, per la prima volta, la Commissione europea ha ipotizzato, nei confronti dello Stato italiano, la violazione di ben quattro articoli della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
          in particolare, i quesiti sottoposti dalla Commissione europea alle autorità italiane vertono sulle possibili violazioni del diritto alla vita, del rispetto della vita privata e della vita familiare, del diritto di proprietà con riferimento alle abitazioni e alle attività commerciali situate nell'area interessata dalle emissioni tossiche prodotte dallo stabilimento, nonché dell'articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che inserisce il livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualità tra gli obiettivi da integrare nelle politiche dell'Unione europea;
          è, inoltre, proprio di questi giorni la notizia che 52 cittadini di Taranto, di età compresa tra i 19 e i 67 anni, alcuni dei quali affetti da gravi patologie, hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, denunciando la violazione del diritto alla vita da parte dello Stato italiano per la vicenda Ilva –:
          quali informazioni il Ministro interrogato possa riferire in merito alla questione esposta in premessa, relativa agli ultimi sviluppi legati al caso EU Pilot 3268/12/ENVI, tenuto conto della gravità delle ipotesi di violazione degli articoli 2, 7, 17 e 37 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea da parte dello Stato italiano, nonché della mancata accessibilità telematica alla documentazione di risposta alle ultime richieste inoltrate dalla Commissione europea. (3-00263)
(6 agosto 2013)


Iniziative in ambito comunitario in relazione ad atti intimidatori provenienti da unità della Marina militare turca nei confronti di una nave italiana a largo dell'isola di Cipro – 3-00264

      GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI e RONDINI. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          secondo il quotidiano greco Politis, una nave oceanografica italiana, la Odin Finder, il 25 luglio 2013 sarebbe stata oggetto di una serie di gravi intimidazioni da parte di unità della Marina militare turca, mentre procedeva a rilevazioni propedeutiche alla posa di cavi sottomarini in fibra ottica nella zona economica esclusiva pertinente alla Repubblica di Cipro, per conto di una società americana;
          stando alla ricostruzione dei fatti, una nave militare turca avrebbe intimato alla Odin Finder di far rientro nelle acque territoriali cipriote, compiendo dei giri attorno alla stessa per indurla ad interrompere le proprie attività;
          esistono, tuttavia, ricostruzioni che parlano di atti più forti, che includerebbero addirittura il lancio di un razzo nei pressi del battello oceanografico italiano;
          per le autorità militari di Ankara, i fatti si sarebbero svolti nelle acque della piattaforma continentale turca, mentre, ad avviso della stampa greca e greco-cipriota, in realtà, la Odin Finder si trovava all'intersezione dei blocchi 1 e 7 della zona economica esclusiva cipriota;
          alla base dell'incidente vi è in effetti un contenzioso bilaterale tra la Repubblica di Turchia e la Repubblica di Cipro, Stato membro dell'Unione europea, che concerne lo sfruttamento delle risorse energetiche della zona economica esclusiva cipriota;
          il problema non è, quindi, solo nazionale, ma europeo, nella misura in cui sono in gioco gli intessi di uno Stato membro dell'Unione europea, colpito nella circostanza non meno del nostro Paese –:
          se risulti al Governo che effettivamente contro la Odin Finder sia stato aperto il fuoco e se il Governo intenda reagire in sede comunitaria alle intimidazioni della Marina turca nei confronti di una nostra imbarcazione civile, avvenuta nel contesto di un contenzioso che oppone la Repubblica di Turchia ad uno Stato membro dell'Unione europea, ad esempio subordinando il progresso dei negoziati per l'adesione turca all'Unione europea anche alla soluzione della controversia insorta sui programmi ciprioti di sfruttamento della propria zona economica esclusiva. (3-00264)
(6 agosto 2013)


Orientamenti del Governo in vista del Consiglio europeo sulla difesa di dicembre 2013 – 3-00265

      VITO e CICU. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre 2012 ha indicato la necessità di rafforzare la collaborazione europea nella politica comune di sicurezza e difesa, sollecitando gli Stati membri a fornire capacità adeguate alle future sfide, sia nel settore civile che in quello della difesa;
          l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza e la Commissione europea sono stati invitati dal Consiglio europeo ad elaborare entro settembre 2013 proposte volte al rafforzamento della politica di sicurezza e difesa comune e al miglioramento delle capacità militari e civili;
          il rafforzamento della collaborazione è necessario per la situazione di ristrettezza finanziaria e per i potenziali benefici in termini di occupazione, crescita, innovazione e competitività industriale;
          in sede di dichiarazioni programmatiche di Governo, il Presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta ha parlato di «un rinnovato impegno per una politica estera e di difesa comuni, tese a rinnovare l'impegno per il consolidamento dell'ordine internazionale, un impegno che vede le nostre Forze armate in prima linea, con una professionalità e un'abnegazione seconde a nessuno»;
          le Commissioni difesa, affari esteri e politiche dell'Unione europea del Senato della Repubblica hanno deliberato un'indagine conoscitiva sulle linee programmatiche e di indirizzo italiane in relazione al prossimo Consiglio europeo sulla difesa;
          la Commissione difesa della Camera dei deputati ha deliberato un'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma destinati alla difesa, in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013;
          il Consiglio europeo di dicembre 2013 procederà alla valutazione dei progressi compiuti e alla definizione di orientamenti, anche stabilendo priorità e termini  —:
          quale percorso e quali strumenti siano stati adottati dal Governo al fine di giungere al Consiglio europeo sulla difesa con una visione politico-strategica chiara e condivisa in Parlamento e nel Paese.
(3-00265)
(6 agosto 2013)


Chiarimenti in merito ai costi e alle spese già sostenute per la partecipazione al programma relativo ai cacciabombardieri F35 – 3-00266

      DURANTI, MIGLIORE, PIRAS e MARCON. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          nel corso dell'audizione alle Commissioni riunite affari esteri, difesa e politiche comunitarie del Senato della Repubblica, il Ministro interrogato ha affermato che: «si dice che se ci ritiriamo dal programma per i caccia F35 non avremo penali. Ma abbiamo già speso 3 miliardi e mezzo di euro per la portaerei Cavour – e ce ne sono solo due in Europa, l'altra è la francese Charles de Gaulle – che dovrebbe ospitare di F35 a decollo verticale. Allora non capiremmo per quale ragione abbiamo speso quei soldi»;
          secondo fonti della Marina militare, riportate anche dal Fatto quotidiano on line, nell'articolo a firma Enrico Piovesana del 31 luglio 2013, tale cifra non sarebbe esatta, essendo il costo complessivo di questa portaerei pari a 1,9 miliardi di euro;
          sempre secondo tali fonti militari tale cifra potrebbe riferirsi semmai alla spesa complessiva di acquisto e di esercizio della nave fino a oggi;
          la portaerei Cavour è stata commissionata a Fincantieri nel 2000 e la sua costruzione era finalizzata a sostituire la portaerei Garibaldi e per imbarcare gli Harrier Av-8B;
          il documento di accordo e impegno finanziario, tra i Paesi partner, per il Joint Strike Fighter F-35, è stato firmato nel luglio del 2012 e, a parere degli interroganti, appare avventato che sia stata progettata per gli F-35, anche se la sua progettazione sia avvenuta in parallelo con l'avvio del programma Joint Strike Fighter;
          le dichiarazioni del Ministro interrogato giungono in mancanza di un'informativa dettagliata e completa del programma e dei relativi costi;
          nell'assenza di tale informativa, tali dati appaiono agli interroganti come impropri e gonfiati, esclusivamente finalizzati alla giustificazione di una spesa che si presenta come inutile e problematica;
          nel corso della citata audizione il Ministro interrogato ha confermato quanto la società civile ribadisce da tempo e che per la struttura del programma F-35 non sono previste penali, argomento questo usato in passato per giustificare la percorribilità dell'abbandono del progetto da parte dell'Italia;
          il 26 giugno 2013 la Camera dei deputati ha approvato una mozione in cui si impegnava il Governo «a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito, ai sensi dell'articolo 4 della legge 31 dicembre 2012, n.  244»;
          nel Paese, per via dell'elevato costo dell'operazione, è in corso un dibattito sulla necessità dell'acquisto di tali cacciabombardieri e la mancanza di una relazione dettagliata e completa sui costi preventivati non aiuta comprendere la strategicità di tale operazione per il Paese –:
          se il Ministro interrogato non intenda, anche alla luce di quanto esposto in premessa, sospendere questo tipo di dichiarazioni in mancanza di informazioni precise sui costi di tale operazione e, in particolare, quando intenda il Governo fornire tali informazioni al Parlamento.
(3-00266)
(6 agosto 2013)


Iniziative per garantire parità di trattamento tra i docenti che hanno seguito i tirocini formativi attivi ordinario e speciale – 3-00260

      SANTERINI, CAPUA, MOLEA e VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          i tirocini formativi attivi ordinari, recentemente conclusi, hanno selezionato, tra 200 mila concorrenti, circa 11 mila docenti attraverso un'apposita prova d'accesso sulle conoscenze disciplinari relative alle materie oggetto di insegnamento della classe di abilitazione, secondo i programmi definiti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
          i tirocini formativi attivi recentemente conclusi, o in procinto di concludersi, hanno specificatamente formato i suddetti docenti per svolgere l'attività di insegnamento;
          l'approvazione dei tirocini formativi attivi speciali abiliterà, senza alcuna procedura di selezione, oltre 100 mila docenti (in numero notevolmente superiore alle necessità evidenziate nel decreto del direttore generale n.  82 del 24 settembre 2012, oltre che nei bandi relativi all'avvio delle selezioni per i tirocini formativi attivi ordinari);
          attualmente gli abilitati dei tirocini formativi attivi ordinario e speciale potranno accedere alla medesima II fascia delle graduatorie di istituto, senza distinzione fra chi ha superato una procedura selettiva e chi acquisirà lo stesso titolo senza selezione alcuna;
          gli abilitati tramite tirocini formativi attivi ordinari risultano di gran lunga svantaggiati rispetto ai futuri abilitati tramite tirocini formativi attivi speciali, che possono vantare molti punti in più derivanti da titoli di servizio posseduti –:
          quali iniziative il Governo ritenga opportuno assumere per ovviare a tale situazione di squilibrio e in quali tempi preveda l'emanazione di un bando di un secondo ciclo per i neolaureati. (3-00260)
(6 agosto 2013)


Problematiche riguardanti l'inserimento nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento dei docenti abilitati tramite la frequenza del tirocinio formativo attivo ordinario – 3-00261

      DI LELLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          l'attuale sistema di formazione dei nuovi insegnanti per la scuola secondaria, conosciuto come tirocinio formativo attivo, ha abilitato in quest'anno accademico quasi 11.000 docenti, che, per accedervi, hanno dovuto superare tre dure prove di accesso, pagare una lauta tassa di iscrizione (circa 2.600 euro in media), frequentare corsi disciplinari e pedagogico-didattici, affrontare un tirocinio di 475 ore e sostenere un esame finale;
          l'accesso al tirocinio formativo attivo è stato articolato attraverso il superamento di tre prove, svoltesi fra il luglio ed il novembre del 2012, così distinte:
              a) preselettiva (composta da n.  60 test a risposta multipla su argomenti disciplinari relativi alle diverse classi di concorso) da ritenersi valida con il raggiungimento minimo di punti 21/trentesimi;
              b) prova scritta (relativa a domande aperte concernenti la disciplina in esame) da ritenersi valida con il raggiungimento minimo di punti 21/trentesimi;
              c) prova orale (con domande inerenti argomenti riguardanti la disciplina in oggetto) da ritenersi valida con il raggiungimento minimo di punti 15/ventesimi;
          il percorso formativo ha poi contemplato la frequenza di corsi disciplinari e pedagogico-didattici e il superamento dei relativi esami, concludendosi con un esame finale di abilitazione concernente l'esposizione di un progetto didattico su un argomento disciplinare estratto a sorte da ciascun candidato e la discussione della relazione finale sul tirocinio svolto in classe;
          sulla base del decreto ministeriale n.  249 del 2010, e dei successivi regolamenti ministeriali ad esso connesso, l'abilitazione conseguita tramite la frequenza del tirocinio formativo attivo risulta declassata rispetto a quella conseguita in passato con i cicli delle scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario, ai cui abilitati era sempre spettato l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, unico canale utile per ottenere l'immissione in ruolo per scorrimento (legge n.  296 del 2006). A differenza di quanto avvenuto sempre in passato, quindi, al titolo conseguito con il tirocinio formativo attivo spetterebbe solamente l'inserimento nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto, dalle quali è difficilmente ottenibile un incarico annuale, né si potrà mai ambire al posto di ruolo a tempo indeterminato;
          con l'emanazione in data 27 giugno del decreto ministeriale n.  572 del 2013, poi, le graduatorie ad esaurimento vengono integrate solo per chi ha conseguito il titolo di abilitazione all'estero e per chi ha congelato la scuola di specializzazione per l'insegnamento secondario dell'ultimo ciclo 2007-2009 e, iscrittosi con riserva all'epoca, ha completato la formazione e ottenuto il titolo frequentando lo stesso corso di tirocinio formativo attivo appena concluso;
          il suddetto decreto perpetra una discriminazione tra chi si è abilitato con il tirocinio formativo attivo (ai sensi del decreto ministeriale n.  249 del 2010) e chi ha conseguito il medesimo titolo equipollente presso gli altri Paesi dell'Unione europea o chi, dopo avere interrotto la scuola di specializzazione per l'insegnamento secondario, si è abilitato frequentando lo stesso corso di tirocinio formativo attivo durante questo anno accademico;
          il vulnus del decreto ministeriale n.  572 del 2013 opera una disparità di trattamento tra titoli di abilitazione equipollenti, violando la direttiva 2005/36/CE e sancendo il paradosso normativo per cui i docenti abilitati nei Paesi dell'Unione europea possano accedere alle graduatorie ad esaurimento e, quindi, in prospettiva, al ruolo, mentre quei docenti che hanno conseguito lo stesso titolo entro i confini nazionali vengono relegati alla seconda fascia delle graduatorie d'istituto, dalle quali è possibile ottenere supplenze saltuarie e temporanee, senza con ciò poter ambire ad una collocazione a tempo indeterminato;
          è facile trarre dal decreto ministeriale n.  572 del 2013, infatti, l'implicita affermazione del principio di equivalenza legale tra i corsi delle scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario e quelli del tirocinio formativo attivo, che risiede nell'attribuzione al tirocinio formativo attivo di quel valore giuridico che consente ai «congelati» delle scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario di ottenere l'abilitazione mediante la sua frequenza;
          il decreto ministeriale n.  249 del 2010, vieppiù, annoverava tra i suoi principi cardine la corrispondenza tra i posti messi in palio per l'accesso al tirocinio formativo attivo e il fabbisogno di personale scolastico calcolato sulla base dei futuri pensionamenti;
          nonostante la riduzione strutturale di questi ultimi, dovuto agli effetti della «riforma Fornero», il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha varato con il decreto ministeriale n.  81 del 2013 l'ennesima sanatoria (percorsi abilitanti speciali), che abiliterà ope legis 80.000 docenti aventi un'anzianità di servizio pari a tre anni scolastici, senza alcuna verifica delle loro conoscenze didattico-disciplinari, derogando in tal modo al principio del fabbisogno reale di docenti sancito nel decreto ministeriale n.  249 del 2010;
          molti di coloro che si abiliteranno attraverso questo percorso speciale, infatti, potendo vantare un alto punteggio di servizio, rischiano di scavalcare gli abilitati con merito del tirocinio formativo attivo nelle graduatorie d'istituto e di ottenere incarichi di supplenza, pur non avendo dimostrato in alcun modo di possedere le conoscenze e le pratiche didattiche necessarie ad un proficuo processo di insegnamento-apprendimento;
          l'ex Ministro Profumo, nel corso degli ultimi mesi del suo mandato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha stabilito nella bozza di modifica al regolamento del decreto ministeriale n.  249 del 2010, datata al 12 giugno del 2012, che i titoli di abilitazione conseguiti al termine del tirocinio formativo attivo costituiscono requisito di ammissione alle procedure concorsuali, che, come è ben noto, danno, in caso di superamento, diritto al ruolo, mentre diversamente non viene riconosciuta l'idoneità all'insegnamento, come per i vecchi concorsi, e quindi l'accesso alle graduatorie ad esaurimento;
          si è così creata una disparità di trattamento, non conforme al dettato costituzionale –:
          quali iniziative il Governo intenda intraprendere per la riapertura e l'inserimento nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento dei docenti abilitati tramite la frequenza del tirocinio formativo attivo ordinario, con un punteggio pari a quello conferito negli anni precedenti agli abilitati delle scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario, in virtù della direttiva 2005/36/CE, che sancisce l'uguaglianza dei titoli abilitanti professionali nel territorio dell'Unione europea, e attribuendo al medesimo titolo quel valore di prova concorsuale che consente l'assunzione in ruolo ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione tramite il doppio canale di reclutamento tuttora vigente. (3-00261)
(6 agosto 2013)


Iniziative per la piena applicazione della circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dell'8 gennaio 2010, al fine di un'equa distribuzione di studenti italiani e studenti immigrati negli istituti scolastici nazionali – 3-00262

      RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          le cronache degli ultimi anni, supportate anche da audizioni svoltesi presso la Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati, raccontano che in numerose scuole italiane viene disattesa la circolare emanata dall'ex Ministro Gelmini l'8 gennaio 2010, avente per oggetto «Indicazioni e raccomandazioni per l'integrazione di alunni con cittadinanza non italiana», riguardante l'equa distribuzione tra studenti italiani e studenti immigrati negli istituti scolastici nazionali. Secondo il rapporto nazionale dell'Ismu relativo all'anno scolastico 2011/2012, l'indicazione contenuta nella circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che prevede una percentuale massima pari al 30 per cento di studenti stranieri per ogni istituto scolastico, non viene applicata dal 4,3 per cento degli istituti, con un trend di crescita, in un solo anno scolastico, dello 0,4 per cento. Ancora più eclatanti appaiono i dati relativi ai contesti a forte pressione migratoria: in quelle realtà le scuole con tassi di incidenza da 30 per cento a meno del 40 per cento sono 1.506 nel 2011/2012, quelle con tassi dal 40 per cento a meno di 50 per cento sono 578, mentre quelle con tassi del 50 per cento e oltre sono 415. Queste ultime sono denominate «scuole a maggioranza straniera». Gli ordini di scuola più interessati dalla concentrazione degli alunni con cittadinanza non italiana sono quelli dell'infanzia e primaria, dove i plessi con tassi di incidenza consistenti (dal 40 al 50 per cento) sono aumentati in un anno, rispettivamente, del 25 per cento e del 39 per cento; allo stesso modo, seppure con un'intensità inferiore, è cresciuto il numero di scuole dell'infanzia e primaria a maggioranza straniera. In complesso, nell'anno scolastico 2011/2012, il 5,4 per cento delle scuole dell'infanzia e il 4,1 per cento di quelle primarie accoglie alunni con cittadinanza non italiana in misura almeno pari al 30 per cento. Se da una parte si registra un contenimento del numero di scuole secondarie di primo grado a forte concentrazione o a maggioranza straniera, che rappresentano il 2,5 per cento del totale dei plessi di questo ordine scolastico, da un'altra si deve verificare che tra le scuole secondarie di secondo grado è in forte aumento la concentrazione di presenza straniera, in quanto si registra un aumento del 20 per cento di scuole con percentuali tra il 30 e il 40 per cento, un aumento del 9 per cento di scuole con percentuali dal 40 al 50 e un aumento del 22 per cento di scuole a maggioranza straniera;
          tali dati confermano la tendenza di diverse direzioni di istituti scolastici che derogano con molta facilità alla circolare in questione. Si comprende certamente che in alcuni contesti territoriali la forte concentrazione di cittadini stranieri aumenta la presenza di studenti non italiani, ma la «manica larga» di alcuni dirigenti rischia di creare forti tensioni, soprattutto per quei cittadini italiani che si sentono ospiti, se non ghettizzati, a casa propria. Fratelli d'Italia crede che l'integrazione sia una cosa seria e un valore da perseguire per la sicurezza e il benessere di tutti i cittadini, ma non un'imposizione da subire passivamente, sia per gli italiani che per gli stranieri. L'istruzione rappresenta un veicolo straordinario di integrazione, purché essa avvenga in un quadro di regole da rispettare. La circolare dell'ex Ministro Gelmini puntava proprio a questo, a stabilire regole che garantissero tutti, ma la sua mancata applicazione in troppi casi ne vanifica scopi e obiettivi –:
          quali azioni intenda porre in essere il Governo affinché la circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dell'8 gennaio 2010 trovi finalmente piena applicazione e tutti gli istituti scolastici italiani rientrino nell'alveo di regole concepite per aiutare l'integrazione e la pace sociale. (3-00262)
(6 agosto 2013)