XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
sono undici le principali entrate della regione disciplinate dell'articolo 8 Statuto sardo d'autonomia;
in particolare si ricordano:
a) i sette decimi del gettito delle imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche riscosse nel territorio della regione;
b) i nove decimi del gettito delle imposte sul bollo, di registro, ipotecarie, sul consumo dell'energia elettrica e delle tasse sulle concessioni governative percette nella regione;
c) i cinque decimi delle imposte sulle successioni e donazioni riscosse nel territorio regionale;
d) i sette decimi del gettito delle ritenute alla fonte, di cui all'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, operate da imprese industriali e commerciali che hanno sede nella regione sugli emolumenti corrisposti a soggetti che prestano la loro opera negli stabilimenti ed impianti situati nel territorio regionale, nonché di quelle operate da imprese industriali che hanno sede fuori da detto territorio sugli emolumenti corrisposti a soggetti che prestano la loro opera presso stabilimenti ed impianti ubicati nell'ambito regionale;
e) i nove decimi dell'imposta di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati;
f) i nove decimi della quota fiscale dell'imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella regione;
g) una quota dell'imposta sul valore aggiunto riscossa nel territorio della regione, compresa quella relativa all'importazione, al netto dei rimborsi effettuati ai sensi dell'articolo 38-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario d'inteso fra lo Stato e la regione;
h) i canoni per le concessioni idroelettriche;
i) imposte e tasse sul turismo e altri tributi propri che la Regione ha facoltà di istituire con legge in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato;
l) i redditi derivanti dal proprio patrimonio e dal proprio demanio;
m) contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria;
più precisamente, fino all'ottavo punto, le entrate della regione si basano su compartecipazioni; il nono riguarda i tributi propri, ma non è mai stato messo in pratica in diversi decenni di autonomia se non a partire dal 2005 dalla giunta regionale guidata da Renato Soru; infine, il decimo e l'undicesimo punto concernono rispettivamente le entrate patrimoniali e i trasferimenti speciali dello Stato per particolari settori di intervento connessi allo sviluppo dell'isola;
in linea generale, per i tributi compartecipati, lo Stato preleva la quota spettante in base alle disposizioni dello statuto e poi successivamente, con appositi trasferimenti, conferisce le risorse corrispondenti;
i mancati trasferimenti di tali risorse costituiscono il nucleo centrale della cosiddetta «vertenza entrate» che definisce l'aspetto più problematico dell'autonomia finanziaria della Sardegna;
il problema deriva in sostanza dalla assenza delle norme attuative che istruiscano le modalità del trasferimento dei fondi alla Sardegna e – conseguentemente – dal mancato trasferimento;
in assenza delle norme attuative lo Stato dispone di una ampia discrezionalità nei tempi e nelle modalità di trasferimento delle risorse che finora ha collocato la regione autonoma della Sardegna in una condizione del tutto differente rispetto all'applicazione di norme analoghe previste dagli statuti e rigorosamente applicate in altre regioni e province autonome;
l'articolo 8 dello statuto sardo è stato ampiamente modificato dalla legge 122 del 1983. Il provvedimento, frutto di un negoziato tra la regione e lo Stato, definì un incremento consistente, rispetto al testo del 1948, delle entrate e delle compartecipazioni al gettito fiscale, definendo la norma così come sopra esposta;
la mancata attuazione di tale disposizione ha concorso in maniera significativa a determinare il contenzioso con lo Stato;
in seguito all'azione condotta dalla giunta Soru (2004-2009), nel 2006 venne firmato un accordo con il Governo nazionale in carica (presieduto dall'onorevole Prodi), accordo che prevedeva un programma di rientro e rateizzazione del credito, inserito nella legge finanziaria dello Stato del 2007 (n. 296 del 2006), di quanto spettante alla Sardegna;
l'assenza di disposizioni attuative relative all'apertura di uno specifico capitolo di bilancio dello Stato avrebbe però portato il Governo, tra il 2009 e il 2010, a disattendere gli impegni sottoscritti;
nel 2005 la Giunta Soru verificò il credito con lo Stato nell'ammontare di circa 10 miliardi di euro ma, nonostante le rassicurazioni dell'allora Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti, non ottenne alcuna risposta concreta;
l'accordo siglato con il Governo Prodi sancì il riconoscimento del 50 per cento di quanto dovuto alla regione, che quindi avrebbe ricevuto 500 milioni di euro per i successivi 10 anni, complessivamente 5 miliardi, prevedendo in cambio l'impegno dello Stato ad aumentare le quote di compartecipazione ai tributi erariali della Sardegna;
la questione non è stata ancora risolta, visto che il Governo nazionale non ha ottemperato a quanto stabilito dall'accordo, e ciò ha acuito il conflitto istituzionale con lo Stato facendo ipotizzare alla legione che il mancato rispetto delle riforme del 1983, e soprattutto della legge n. 296 del 2006, pongano lo Stato in una prospettiva di incostituzionalità nei confronti della Sardegna;
al contrario, la principale motivazione di carattere giuridico che lo Stato adduce nel negare alla Sardegna le compartecipazioni dovute risiede nell'assenza delle norme di attuazione in grado di quantificare precisamente quanto spettante all'isola. Lo Stato afferma sostanzialmente che, in assenza di criteri più precisi provenienti dalle due riforme ricordate poco sopra, non può trasferire le risorse alla regione. Norme attuative che lo Stato tuttavia non ha ancora concordati con la regione, la quale insiste sul fatto che le risorse sarebbero comunque immediatamente desumibili dalla normativa esistente;
il risultato è che la vertenza entrate non si è ancora risolta e che una terra come la Sardegna, regione con i tassi di inoccupazione, disoccupazione, precarietà ed impoverimento tra i più elevati del Paese, falcidiata da una crisi che è precipitata nel collasso del suo sistema produttivo, non può disporre di una massa importante di risorse finanziarie che potrebbero essere utili a finanziare il sistema degli ammortizzatori sociali, a progettarne di nuovi ed universali, a pensare nuove ipotesi di sviluppo e rinascita economica e sociale;
in alcuna maniera, nell'incedere delle politiche di austerity e revisione delle spese, la regione sarda non si è potuta avvalere dell'articolo 13 dello statuto (cosiddetto piano di rinascita), nonostante i disegni di legge depositati nel corso della XV Legislatura, e che nel corso dell'ultimo ventennio si è assistito alla progressiva compressione dei trasferimenti dallo Stato alla regione ed agli enti locali ed all'inasprirsi dei vincoli del patto di stabilità e crescita;
in queste condizioni, prima ancora della bancarotta del sistema pubblico si rischia la bancarotta del sistema sociale e da tempo ormai si assiste all'esplosione di fenomeni sociali che testimoniano la frantumazione profonda del tessuto sociale;
lo Statuto d'autonomia è norma di rango costituzionale,
impegna il Governo:
a predisporre, di concerto con la regione autonoma della Sardegna, in tempi certi e comunque entro l'esercizio finanziario 2014, le norme di attuazione della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), quantificando altresì in maniera dettagliata, quanto dovuto dallo Stato alla regione in ottemperanza dell'articolo n. 8 della legge Costituzionale n. 3 del 1948 (statuto speciale della regione Sardegna) così come modificato dalla legge n. 122 del 1983, per l'intero periodo 1983-2013 e prevedendo modalità e tempi certi di trasferimento delle risorse derivanti dal regime di compartecipazione;
a riconoscere la specificità dello stato di crisi della Sardegna e la particolare profondità della stessa e ad intervenire prontamente sulle difficoltà aggiuntive determinate dalla condizione di insularità, dal gap energetico, dagli effetti sull'economia locale della privatizzazione del trasporto pubblico delle merci e delle persone;
ad apportare gli opportuni correttivi al patto di stabilità interno per rendere agibile l'impiego di tali risorse per affrontare la crisi economica dell'isola e predisporre adeguate misure tese alla rinascita del sistema economico, produttivo e sociale.
(1-00195) «Piras, Migliore, Marcon, Boccadutri, Melilla».
Risoluzione in Commissione:
Le Commissioni III e XI,
premesso che:
sono quasi un milione le pensioni in convenzione internazionale erogate dall'Inps a nostri cittadini residenti all'estero e ad emigrati rientrati in Italia, e sono centinaia di migliaia i cittadini italiani residenti all'estero e in Italia i quali matureranno, nei prossimi anni il diritto a una pensione italiana in pro-rata attraverso l'applicazione di una convenzione bilaterale o multilaterale di sicurezza sociale;
per tutelare i diritti previdenziali dei nostri lavoratori emigrati nel corso degli anni l'Italia ha stipulato numerose convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di maggiore emigrazione; tali convenzioni hanno garantito in materia di sicurezza sociale la parità di trattamento dei lavoratori che si spostavano da un Paese all'altro, l'esportabilità delle prestazioni previdenziali e soprattutto la totalizzazione dei contributi ai fini del perfezionamento dei requisiti contributivi minimi previsti dalle varie legislazioni per la maturazione di un diritto a prestazione;
tali convenzioni sono state stipulate, tranne alcune eccezioni, negli anni settanta e ottanta, come ad esempio quella con l'Argentina che risale al 1984, quella con il Brasile al 1977, con l'Uruguay al 1985, con il Venezuela al 1991, con gli USA al 1978, con il Canada al 1979, con la ex Jugoslavia addirittura al 1961 – le più recenti, per modo di dire, sono quelle con la Croazia del 1999 e con l'Australia del 2000; sono evidentemente convenzioni obsolete nello spirito, nei contenuti e nella forma che non possono più tutelare adeguatamente diritti e interessi o doveri dei futuri pensionati perché non sono state adeguate alle evoluzioni e agli aggiorna- menti, talvolta radicali, delle legislazioni e dei sistemi previdenziali dei Paesi contraenti;
nessuna delle convenzioni bilaterali stipulate dall'Italia contempla, e quindi disciplina, nel suo campo di applicazione oggettivo il nuovo sistema contributivo introdotto in Italia a partire dal 1o gennaio 2012 con il decreto-legge n. 201 del 2011 convertito con modificazioni dalla legge 28 dicembre 2011 n. 214; infatti in tutte le convenzioni, e nei relativi regolamenti applicativi, il calcolo della pensione teorica e del relativo pro-rata sono regolamentati esplicitamente con il metodo retributivo;
nessuna delle convenzione bilaterali contempla nel proprio campo di applicazione soggettivo i dipendenti pubblici italiani e i liberi professionisti i quali quando emigrano nei Paesi extracomunitari sono esclusi da ogni forma di tutela previdenziale (una intollerabile disparità di trattamento con i dipendenti privati che è stata invece da tempo colmata dai regolamenti comunitari di sicurezza sociale);
sono più di dieci anni che lo Stato italiano ha sospeso i negoziati con i Paesi di emigrazione italiana per la stipula e il rinnovo delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale; sono numerose le convenzioni già firmate dall'Italia approvate dai parlamenti degli altri Paesi contraenti – come quelle con il Cile (prima stipula) e con il Canada (rinnovo) – ma mai ratificate dal nostro Parlamento; sono decine di migliaia i cittadini italiani residenti in Paesi dell'America Latina non ancora convenzionati con l'Italia – come Cile, Perù, Ecuador, Messico – ai quali viene negato il diritto a pensione in regime internazionale nonostante la titolarità di una posizione assicurativa in Italia;
sono incomprensibili e ingiustificabili l'eliminazione dell'unità di consulenza per la sicurezza sociale del Ministero degli affari esteri, strumento di ricerca, consulenza e progettazione per l'avvio dei negoziati bilaterali, e il ridimensionamento da servizio ad area del settore convenzioni internazionali dell'Inps intorno ai quali ruotava l'intera attività dello Stato italiano al fine di promuovere e tutelare il sistema di protezione socio-previdenziale della nostra emigrazione;
è bene essere consapevoli che le convenzioni bilaterali di sicurezza sociale non devono tutelare solo la vecchia emigrazione: stanno emergendo, infatti, moderne figure di nuovi migranti italiani, come i liberi professionisti, i ricercatori, i piccoli imprenditori, gli artigiani, gli insegnanti, gli studenti, i lavoratori al seguito delle imprese, i tanti giovani che si recano a lavorare all'estero, anche per lunghi periodi, dove versano i contributi e pagano le tasse, e i quali rischiano poi, a causa delle convenzioni oramai obsolete, di non essere adeguatamente tutelati negli ambiti previdenziale, fiscale e sanitario;
nella strategia di internazionalizzazione del Paese, a causa del drastico ridimensionamento delle cosiddette politiche migratorie che da alcuni anni si sta determinando, rischiano di offuscarsi le potenzialità legate alla presenza degli italiani nel mondo e tende a restringersi la rete di relazioni che essa ha assicurato nel tempo, con grave danno del paese soprattutto in questo passaggio di gravi difficoltà economiche e sociali;
oltre a limitare le prospettive di internazionalizzazione dell'Italia, la sensibile riduzione dell'intervento pubblico e il totale abbandono della gestione delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale non consente di esercitare una doverosa tutela dei diritti e un rigoroso controllo dei doveri socio-previdenziali di una parte non marginale delle nostre comunità, costituita da anziani che spesso vivono in realtà dove i sistemi di protezione sociale non assicurano livelli di tutela adeguati e dai nuovi soggetti migranti i quali sono protagonisti di una mobilità internazionale fonte di carriere lavorative ed assicurative frammentate che necessitano di nuovi e più adeguati strumenti di tutela previdenziale, fiscale e sanitaria;
è quindi di primario interesse nazionale fare in modo che non si indeboliscano i rapporti con la diffusa e articolata presenza degli italiani nel mondo e che vengano a mancare in un momento di seria difficoltà gli apporti derivanti dalla nostra diffusa diaspora; nello stesso tempo, è ineludibile dovere etico riconoscere alla nostra emigrazione il contributo storico dato in momenti difficili al paese e non ignorare i compiti di tutela e di solidarietà verso coloro che sono in seria difficoltà, a partire dalla tutela previdenziale e sanitaria,
impegna il Governo:
alla luce delle importanti e sostanziali modifiche intervenute in questi ultimi anni nel nostro sistema previdenziale, a istituire un tavolo tecnico che veda la presenza dei rappresentanti dei Ministeri interessati, dell'INPS e dei patronati nazionali con il preciso compito di:
a) monitorare lo stato delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale in essere, verificare la loro compatibilità con le modifiche intervenute nel nostro sistema previdenziale e la eventuale conseguente necessità di rinegoziazione;
b) verificare, a fronte dell'aumentata mobilità internazionale di lavoratori e lavoratrici sia in uscita che in ingresso in Italia, la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di sicurezza sociale – completando il quadro giuridico di salvaguardia dei diritti sociali – e aggiornare quelli in vigore, a garanzia di una più adeguata ed efficace tutela previdenziale.
(7-00110) «Gnecchi, Porta, La Marca, Gianni Farina, Fedi, Garavini».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta scritta:
DORINA BIANCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nell'anno 2006 è stato costituito a Milano il Comitato per la candidatura della città quale sede dell'Esposizione Universale 2015 con il compito di presentare al Bureau international des expositions (BIE) la formale proposta;
il comitato a tal fine ha sviluppato il dossier di candidatura identificando preliminarmente il tema conduttore per la manifestazione ovvero «Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita» declinandolo e illustrandolo tramite le linee programmatiche riguardanti il sito prescelto per lo svolgimento dell'evento espositivo, gli interventi urbanistici e infrastrutturali previsti e le prospettive di riuso del sito al termine della manifestazione;
la scelta dell'area localizzata nella zona nord-ovest della città, in prossimità del nuovo polo fieristico di Rho-Pero, avente estensione di circa 1.100.000 metri quadri, è motivata, oltre che da questa importante presenza e dall'adeguatezza delle dimensioni in relazione allo svolgimento della manifestazione, anche dalla particolare dotazione di infrastrutture di collegamento, necessarie all'evento. In particolare:
a) la linea metropolitana M1 che collega l'area alla città;
b) la stazione ferroviaria dell'Alta Velocità che, in corrispondenza con il futuro accesso ovest del Sito EXPO, permette l'interscambio con le due linee ferroviarie regionali e la rete metropolitana di Milano;
c) i tracciati autostradali della A4 Torino-Venezia, dell'autostrada dei laghi A8/A9/A26 e della Tangenziale Ovest che consente il raccordo con l'A1 Milano-Napoli;
d) gli aeroporti di Malpensa, Linate ed Orio al Serio che, rispetto all'area, sono ubicati in posizione equidistante;
in data 31 marzo 2008 il BIE ha designato Milano quale sede dell'esposizione universale 2015;
in data 16 ottobre 2008 l'amministrazione comunale di Milano ha promosso un accordo di programma (AdP) con la regione Lombardia, la provincia di Milano, il comune di Rho e la società Poste italiane spa, quali enti sottoscrittori, finalizzato a consentire la realizzazione dell'esposizione universale del 2015;
all'accordo hanno aderito la società Expo 2015 spa, in quanto istituzionalmente preposta alla organizzazione e gestione della manifestazione internazionale e la società Arexpo spa a prevalente partecipazione pubblica, costituita dalla regione Lombardia con il compito di ottenere la disponibilità delle aree del sito espositivo acquisendole dai proprietari, metterle a disposizione e infine riconvertirle e valorizzarle al termine dell'evento;
l'accordo di programma ha definito gli impegni dei soggetti sottoscrittori e aderenti che comprendono un insieme integrato di interventi di carattere strategico e di significativa valenza territoriale quali:
a) eliminazione di interferenze presenti nell'ambito individuato (corsi d'acqua, viabilità esistente, elettrodotti, sottostazione elettrica e parcheggi a servizio del Polo esterno della Fiera);
b) opere pubbliche, o di interesse pubblico e generale, a servizio della comunità locale;
c) infrastrutture per la mobilità di interesse comunale e sovracomunale;
d) interventi di sostenibilità e di riqualificazione ambientale;
e) opere di sistemazione e di regimentazione idraulica, anche mediante la riqualificazione di corsi d'acqua e la creazione di percorsi spondali per la pubblica fruizione;
f) realizzazione di un parco che riqualifichi le attuali aree intercluse dalle infrastrutture;
detti interventi sono disciplinati dalla variante urbanistica al PRG, allegata all'accordo di programma in coerenza con le indicazioni contenute nel dossier di registrazione e con gli indirizzi della programmazione comunale e sovracomunale, tenendo conto del contesto urbano di riferimento, del suo livello di accessibilità e di infrastrutturazione, nonché dell'eredità di spazi, opere e infrastrutture permanenti che rimarranno, al termine della manifestazione internazionale, a beneficio dell'intera città e del territorio circostante;
la variante ha definito le regole urbanistiche delle aree sia nel periodo di preparazione e di svolgimento dell'evento espositivo (cosiddetto «periodo Expo»), sia nel periodo successivo (cosiddetto «periodo post-Expo»), decorrente dal giorno successivo alla chiusura dell'evento;
nel periodo post-Expo le aree assumeranno l'assetto e la destinazione definitiva tramite la formazione di un Programma integrato di intervento, o equivalente ed idoneo atto di programmazione negoziata, esteso a tutto l'ambito;
il Programma integrato di intervento (PII) sarà lo strumento per attuare concretamente l'eredità di Expo Milano 2015, dando prevalenza alle funzioni di carattere pubblico e sociale rispondenti agli interessi generali della città, al fine di realizzare un intervento di alta qualità urbana, caratterizzato da una elevata sostenibilità ambientale e da un contenuto impatto edificatorio, che limiti il consumo di suolo permeabile e salvaguardi al contempo la continuità territoriale delle zone a parco;
la società Arexpo ad oggi ha in corso di stesura le linee guida del master plan che governerà gli indirizzi urbanistici del PII;
allo stato attuale sulla totalità dell'area è in piena attività il cantiere delle opere preordinate all'Evento appaltate e dirette dalla società Expo 2015. In particolare sono in corso di svolgimento i lavori relativi ai progetti di «rimozione delle interferenze e realizzazione della viabilità perimetrale» e di «Realizzazione della piastra espositiva»;
i progetti relativi ai manufatti permanenti e temporanei che costituiscono la parte più rappresentativa delle opere di allestimento del sito espositivo, hanno concluso le procedure di approvazione nell'ambito dei lavori della conferenza dei servizi permanente insediata presso il Provveditorato alle opere pubbliche della regione Lombardia e Liguria e per esse sono state avviate le procedure di gara;
il Piano finanziario dell'Expo 2015 è suddivisibile in tre macro aree:
a) investimenti in infrastrutture necessarie per l'evento, il cui valore ammonta a 1.746 milioni di euro (di cui 1.486 milioni a carico del Governo, 218 milioni a carico di regione Lombardia, 109 milioni di provincia di Milano, 218 milioni di euro del comune di Milano, 109 milioni della camera di commercio di Milano e 260 milioni di euro dei privati);
b) costi operativi necessari per l'organizzazione dell'Evento (costi di gestione), il cui valore ammonta a 1.277 milioni di euro, interamente coperti dai ricavi previsti;
c) oneri capitalizzati (in particolare immobilizzazioni immateriali) il cui valore ammonta a 177 milioni di euro;
il Governo italiano, nell'ambito degli impegni assunti a livello internazionale, ha garantito il pieno adempimento degli obblighi finanziari verso Expo 2015 SpA. (in conformità con l'articolo 10, comma 2, della convenzione BIE);
gli investimenti necessari per la realizzazione delle infrastrutture di Expo 2015 saranno coperti attraverso le seguenti fonti di finanziamento:
48 per cento finanziamento del Ministero del tesoro;
37 per cento finanziamenti degli enti locali;
15 per cento finanziamenti da privati;
il modello di partnership pubblico-privato adottato per il finanziamento delle infrastrutture di Expo Milano 2015 è stato esaminato e ritenuto in linea con i benchmark rappresentati dalle principali iniziative analoghe in ambito nazionale ed europeo;
Expo 2015 spa, prevede 1.746 milioni di euro investimenti in conto capitale per la costruzione delle infrastrutture dell'Esposizione, di cui:
1.235 milioni di euro per la preparazione e la costruzione del sito espositivo (incluso l'investimento di 49 milioni di euro per gli spazi espositivi destinati ai Paesi in via di sviluppo, quota parte dei 97 milioni di euro di contributi ai Paesi in Via di Sviluppo);
359 milioni di euro relativi ai collegamenti tra il sito espositivo e il sistema territoriale circostante;
91 milioni di euro destinati ad aumentare la capacità ricettiva del territorio e dell'evento;
61 milioni di euro per opere tecnologiche e di sicurezza;
tali investimenti includono gli oneri di progettazione, in misura pari al 15 per cento del relativo importo;
la parte di investimenti finanziati dal settore privato (euro 260 milioni) si riferisce ad alcune opere quali spazi espositivi da sfruttare commercialmente dopo l'evento, opere tecnologiche e infrastrutturali, investimenti specifici riguardanti gli impianti generali interrati del sito (sottoservizi), alloggi, attrezzature per la produzione di energia elettrica, gli impianti di sicurezza e interventi di riqualificazione ambientale (via d'Acqua – parco dell'Expo) e urbana (via di Terra);
i finanziamenti del settore privato relativi a tali investimenti saranno reperiti dopo l'approvazione dei relativi progetti;
il profilo temporale delle uscite infine, collima con l'attuale cronoprogramma di esecuzione delle opere ed evidenzia che la quasi totalità dell'impegno finanziario relativo (oltre l'85 per cento), si manifesterà essenzialmente nei tre anni precedenti la manifestazione (2012-2014);
il costo totale dell'EXPO 2015 sarà, non tenendo conto di possibili aumenti da qui alla fine dei lavori, di 11,8 miliardi di euro bilanciato da un incremento analogo di gettito fiscale che, tra imposte dirette ed indirette, dovrebbe ammontare a 11,5 miliardi di euro;
la portata dell'investimento ha indotto la prefettura di Milano a stilare una cosiddetta «White List Anti-Mafia», allo scopo di consentire soltanto alle imprese estranee a rapporti con la criminalità organizzata (mafia, camorra, n'drangheta) di prendere parte ai lavori di realizzazione delle opere progettate;
a che punto siano i lavori previsti per la riuscita dell'EXPO 2015, se siano stati finora rispettati i costi preventivati per la realizzazione dei lavori o se sarà necessario apportarvi degli incrementi, spiegando in questo caso in che modo essi saranno coperti;
quali siano, oltre la white list anti-mafia, i provvedimenti presi dal Governo per impedire che la criminalità organizzata possa inserirsi nei lavori dell'EXPO 2015, approfittando così dell'enorme affare che tale evento rappresenta, con la possibilità di mettere in atto, tra le altre cose, un enorme giro di riciclaggio di denaro di provenienza illecita. (4-01967)
DI GIOIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
le organizzazioni sindacali e i lavoratori dell'Alcoa di Portovesme hanno ripreso, con forza, la mobilitazione, occupando il palazzo della regione Sardegna e «invadendo» la stazione ferroviaria senza arrecare disagi ai viaggiatori;
la domanda che viene giustamente posta è che si riaprano le trattative per la vendita dello stabilimento o che si esamini un altro piano alternativo a difesa dell'occupazione;
la situazione dei lavoratori e delle loro famiglie rischia di precipitare visto che gli ammortizzatori sociali scadranno nel prossimo mese di dicembre e che, nel frattempo, non si è riusciti a determinare nessuna ripresa della produzione nello stabilimento;
l'importanza strategica dello stabilimento Alcoa di Portovesme, che produce 160mila tonnellate di alluminio all'anno, è del tutto evidente ed è altrettanto evidente che questo aspetto non può essere ignorato nell'esame di un'alternativa possibile alla definitiva chiusura del sito produttivo;
i vari tentativi operati da parte del Governo nella ricerca di un acquirente internazionale non hanno dato esiti positivi con la conseguenza, se non si troveranno con celerità delle risposte, che nell'intera area del Sulcis Iglesiente si determinerà una forte depressione economica con i relativi rischi che si inneschi un forte conflitto sociale –:
se non si ritenga necessario ed urgente assumere ogni iniziativa di competenza affinché sia rinviata con forza la trattativa internazionale tesa a trovare un acquirente straniero, prevedendo, nel caso non si giungesse in tempi immediati, in ogni caso prima della definitiva scadenza degli ammortizzatori sociali, a prevedere un'iniziativa urgente al fine di determinare il commissariamento straordinario dell'Alcoa con la relativa ripresa produttiva.
(4-01973)
PISICCHIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi due anni, si sta verificando un fenomeno particolarmente significativo di affidamento di servizi pubblici, senza il preventivo esperimento di una procedura ad evidenza pubblica; l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nonché l'Autorità garante della concorrenza e del mercato svolgono un compito ripartito in maniera adeguata su prospettive differenti. Tuttavia il fenomeno dell'affidamento di contratti di appalto senza preventiva gara costituisce una situazione di pericolo per lo svolgimento corretto delle attività produttive;
nella regione Puglia, da ultimo, per i servizi di igiene pubblica è stata adottata la legge regionale 20 agosto 2012, n. 24, la quale, istituendo autorità territoriali ottimali, esclude che i comuni (i quali dovranno poi riunirsi in queste autorità territoriali più ampie) possano indire nuove gare per affidare tali servizi;
l'articolo 25, comma 1, lettera b), n. 7, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 53 del 2012, prevede però che, nell'erogazione di servizi pubblici locali, i gestori debbano continuare il servizio anche oltre la scadenza dei loro contratti sino al subentro del nuovo gestore, da scegliere, ovviamente, tramite gara;
tale ultima norma, non risulta essere stata però applicata nella regione Puglia, e pare in altri comuni di altre regioni, in quanto si è ritenuto che fosse stata cancellata dalla dichiarazione di incostituzionalità dell'articolo di legge, nel quale era stato inserita come comma aggiuntivo, questa disposizione (sentenza 17-20 luglio 2012, n. 199);
al di là dei profili normativi, in ogni caso le amministrazioni locali, e quelle statali, non possono in alcun modo violare i principi europei della libera concorrenza e del libero mercato e, pertanto, si deve svolgere una particolare vigilanza sulla pluralità dei contratti che vengono affidati e stipulati senza alcuna procedura ad evidenza pubblica;
in alcuni comuni dell'Italia del Sud sono stati affidati servizi pubblici, sostanzialmente in spregio della decisione dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, della normativa sull'affidamento in house e della normativa europea riguardante la necessità di una procedura ad evidenza pubblica;
si ritiene che il fenomeno si stia sviluppando e richieda una particolare attenzione anche nelle amministrazioni del Settentrione dove avviene l'affidamento di servizi con meccanismi che eludono il principio della procedura ad evidenza pubblica e della applicazione dei principi di libera concorrenza –:
quali urgenti iniziative di competenza, se del caso normative, il Governo intenda assumere per assicurare che nell'ambito degli enti locali venga osservato, senza eccezioni, il principio fondamentale di garanzia della libera concorrenza tra imprese nell'affidamento di commesse pubbliche. (4-01982)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta scritta:
GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, SILVIA BENEDETTI e DE ROSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il SISTRI – Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – è il sistema informativo voluto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sin dal lontano 2007, per monitorare i rifiuti pericolosi tramite la tracciabilità degli stessi, trasferendo in formato digitale i documenti precedentemente svolti in forma cartacea, con l'ambizioso obiettivo di diventare l'arma definitiva nella lotta alle eco-mafie;
l'Italia, anche senza SISTRI, avendo già un pregresso sistema di tracciabilità, non era affatto inadempiente rispetto alle direttive comunitarie, pur dovendo riconoscere come il sistema di tracciabilità preesistente – quello del decreto Ronchi del ’97 – fosse «migliorabile» e dotabile di maggiore efficienza, anche grazie ad un processo di informatizzazione;
il progetto SISTRI comincia a prendere forma dal 2007 ma viene ufficialmente istituito soltanto il 17 dicembre 2009, con decreto del Ministro ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009;
la partenza ufficiale del sistema è prevista nel marzo 2011, ma da quel momento iniziano ad essere emesse una serie di proroghe (ad oggi se ne contano ben sette), principalmente dovute a malfunzionamenti delle apparecchiature elettroniche e carenze del sistema informativo centrale che non è in grado di garantire l'accesso a tutti gli operatori, come in occasione del «click-day» organizzato da Confindustria nel maggio 2011;
nel 2012, come riportato in una inchiesta di Carlo Bonini su Repubblica del 10 maggio 2012, l'Ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, incaricato di eseguire una «spending review» sul contratto con Finmeccanica, conclude che le scelte seguite per il SISTRI non sono compatibili con i principi di trasparenza. I vertici di Selex, intanto, vengono iscritti al registro degli indagati della procura di Napoli per associazione a delinquere finalizzata a truffa, abuso di ufficio e false fatturazioni;
il 20 marzo 2013 il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, fissa il nuovo avvio del SISTRI, differenziando le categorie obbligate in due gruppi: i primi operativi dal giorno 1o ottobre 2013, i secondi dal 3 marzo 2014;
il 17 aprile 2013 l'inchiesta della procura di Napoli produce 22 misure cautelari in carcere, 19 con la concessione dei domiciliari, e 4 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, con l'accusa di progettazione ed esecuzione dell'infrastruttura relativa gestione del SISTRI, in violazione della normativa sui contratti pubblici;
a giugno 2013 l'attuale Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, indice una «consultazione delle organizzazioni delle imprese interessate dal SISTRI» al fine di acquisire il loro punto di vista; dalla consultazione emergono: la necessità di un sistema di tracciabilità che renda trasparenti sia la gestione che la movimentazione dei rifiuti, ma a condizione che sia fruibile dalle imprese, senza eccessivi sovraccarichi organizzativi; la considerazione che il SISTRI è stato avviato come modello unico, senza comparazioni con altri sistemi più semplici, oltre che flessibili e meno onerosi; il continuo rinvio della operatività del SISTRI è prova della sua non funzionalità operativa; l'operatività del SISTRI dal 1o ottobre 2013 comporterebbe notevoli disagi, oltre che costi economici ed organizzativi insostenibili, per diverse decine di migliaia di imprese e di operatori che «producono» e «gestiscono» rifiuti pericolosi; la presa d'atto che per i motivi citati il SISTRI non è idoneo e va quindi abolito con un intervento legislativo, abrogando le norme che lo prevedono e sostituendolo con nuovi criteri – da affidare poi a normativa secondaria – mantenendo nel frattempo il sistema preesistente con eventuali piccole integrazioni che ne garantiscano una maggiore efficacia, compreso l'aspetto sanzionatorio; vengono, infine, indicati i punti principali di un nuovo sistema di tracciabilità informatizzata;
il Ministro Orlando ha inoltre precisato che l'accordo con Selex Service Management spa, attualmente ancora aggiudicataria dell'appalto per la fornitura del sistema SISTRI, è di partire con un numero ridotto di gestori di rifiuti pericolosi, 17 mila in tutto, per poi rimodulare il sistema secondo i presupposti dalla relazione di un team di esperti, guidati dal professore Edo Ronchi, da egli incaricato;
l'accordo prevede, inoltre, la costituzione di una Commissione di esperti che dovrà collaudare il sistema, prima del termine iniziale di operatività del 1o ottobre: un eventuale esito negativo sancirebbe uno stop al Sistri, in caso contrario la partenza sarebbe confermata per i suddetti 17 mila soggetti e successivamente, la platea sarebbe estesa, ma solo dopo le semplificazioni richieste dalle imprese;
allo stato attuale, il sistema di tracciabilità SISTRI presenterebbe le solite carenze da tempo ormai emerse: l'inadeguatezza delle chiavette USB, l'impossibilità da parte delle imprese di inviare i dati in momenti di minor carico informatico, salvo dotarsi di costosi software gestionali, le carenze di varia natura nel nuovo manuale operativo SISTRI, pubblicato il 12 agosto 2013, l'assenza di interoperabilità del SISTRI con i software gestionali aziendali, la scopertura della linea dati ADSL in tantissime zone del Paese, come ribadito dal direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci durante l'audizione tenuta al Senato in Commissione territorio, ambiente e beni ambientali, il 18 settembre 2013;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella risposta alla interrogazione n. 5-00913 dell'onorevole Realacci, ha manifestato la volontà di non rescindere il contratto con Selex Service Management spa, per via dell'avanzato stadio di esecuzione dello stesso, la cui invalidazione comporterebbe il pagamento di penali, nonché per l'ineludibile esigenza di avere un sistema efficace di trattamento dei rifiuti –:
in che modo il Ministro interrogato preveda che il SISTRI possa contrastare le ecomafie, dal momento che queste ultime potrebbero tranquillamente non iscriversi come trasportatori di rifiuti speciali pericolosi nell'apposito Albo gestori ambientali, ma come semplici trasportatori di altro materiale, o di rifiuti non pericolosi, e quindi non essere obbligati all'iscrizione al SISTRI, posto che il sistema di monitoraggio non risulta debba essere effettuato su strada ma soltanto a livello telematico;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, nell'ipotesi tutt'altro che vana dovesse fallire il prossimo collaudo del SISTRI, intraprendere con la massima urgenza la reintroduzione del sistema preesistente, con le integrazioni che garantiscano una maggiore efficacia, compreso l'aspetto sanzionatorio, seguendo le proposte emerse durante la consultazione di giugno con le organizzazioni delle imprese interessate al sistema;
se il Ministro interrogato, preso atto della sua volontà di non rescindere il contratto con Selex Service Management spa, possa quantomeno rassicurare sul fatto che il pagamento del contributo di iscrizione e l'apparato sanzionatorio, siano attualmente sospesi fino alla effettiva entrata in esercizio del SISTRI e siano riattivati solamente a collaudo eseguito e con esito positivo;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno definire con la massima urgenza indicazioni ministeriali chiare ed univoche che consentano alle aziende di adempiere correttamente agli obblighi del Sistema, evitando così anche la diffusione sul mercato di fatidici corsi di semplificazione/preparazione al SISTRI, proposte ai soli fini di ottenere profitti ai danni delle imprese obbligate all'iscrizione.
(4-01979)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazioni a risposta scritta:
CIRIELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
Salerno, dal punto di vista idrogeologico, è una città molto particolare: stretta dalle colline e dal mare, il suo territorio è attraversato perpendicolarmente da diverse aste torrentizie che portano verso il Tirreno tutta l'acqua piovana, estremamente pericolosa per l'assetto idrogeologico del territorio;
in particolare, recenti eventi alluvionali che hanno funestato la zona richiamano fortemente l'attenzione sulla importanza di contrastare il dissesto idrogeologico che da sempre è piaga dell'intero territorio provinciale e di garantire, prima che accadano eventi tragici, tutte le necessarie misure di messa in sicurezza a tutela dell'incolumità pubblica;
la cattiva o inesistente manutenzione del Rafastia e del Fusandola è stata proprio una delle concause della tragica alluvione del 1954, che procurò danni incalcolabili alla città e portò con se centinaia di morti e decine di centinaia di feriti;
i suddetti torrenti possono costituire ancora una minaccia per la città di Salerno, dal momento che attraversano il centro cittadino, sfociando il Rafastia sul lungomare Trieste e il Fusandola sulla spiaggia di S. Teresa in prossimità del porto commerciale;
tale minaccia potrebbe essere particolarmente concreta nel caso del torrente Fusandola, il cui corso è stato deviato nell'ambito degli interventi programmati e in parte già attuati dall'amministrazione comunale per la realizzazione già in corso di piazza della Libertà e di quello che dovrà essere l'imponente complesso del «Crescent»;
tutto ciò, nonostante il testo unico sulle acque (regio decreto n. 523 del 1904) preveda l'impossibilità di modificare – anche solo con l'asporto di ciotoli dall'alveo – i torrenti iscritti nell'elenco delle acque pubbliche;
a Salerno, invece, è stato possibile non solo deviare il percorso del Fusandola, ma addirittura costruire sul suo alveo naturale;
dalle due diffide inoltrate dall'associazione Italia Nostra alla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici e al soprintendente Bap di Salerno e Avellino, Gennaro Miccio, emergerebbe «l'assenza di autorizzazione paesaggistica sulla deviazione del torrente» e anche di quella relativa «alla variante progettuale al Pua approvata dalla giunta comunale ad agosto del 2010 per la realizzazione di negozi per 3.200 metri quadrati circa, previsti addirittura a mare, in parte sull'arenile davanti allo specchio d'acqua, tutt'ora demaniale»;
vincolo di inedificabilità sul torrente Fusandola non rispettato, assenza di autorizzazione paesaggistica sulla variante al Pua sub comparto 1 del 2010 e scadenza dell'autorizzazione paesaggistica risalente a cinque anni fa sarebbero i tre perni su cui ruotano le suddette diffide, alle quali la Soprintendenza non avrebbe mai dato riscontro;
alla luce di tali note, il consigliere comunale, Roberto Celano, ha inviato una dettagliata lettera al soprintendente Gennaro Miccio, e per conoscenza alla direzione regionale beni paesaggistici della Campania e alla direzione generale del Ministero per i beni e le attività culturali per avere delucidazioni in merito alle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate per la deviazione del torrente Fusandola che ha consentito quella che viene definita nella lettera «la speculazione edilizia del Crescent»;
tali presunte illegittimità diventano gravissime in considerazione dell'ulteriore circostanza che il mega edificio dovrebbe essere costruito sull'originario alveo del torrente Fusandola da cui, tra l'altro, sembrerebbe che il progetto del Crescent non rispetti affatto la distanza di 10 metri prevista dal Puc –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa quali iniziative ritenga opportuno adottare per impedire la prosecuzione dei lavori, scongiurando così il rischio idrogeologico e ambientale che deriverebbe dalla costruzione, nell'area del torrente Fusandola, di piazza della Libertà e soprattutto dell'immenso edificio del Crescent, nonché al fine di individuare eventuali responsabilità nella inspiegabile condotta omissiva della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Salerno. (4-01975)
CIRIELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
nel 2005 è stato dato il via alla realizzazione di un'opera pubblica, di carattere strategico, da realizzare nella città di Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno;
trattasi di un'importante arteria viaria mediante copertura del trincerone ferroviario, opera finanziata con i fondi della legge n. 64 del 1986, per oltre venti milioni di euro;
l'intervento, nel 2005, ottenne l'approvazione ai fini paesaggistici sia dal comune interessato che dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici (BAP) che, successivamente, accertò che alcuni lavori erano stati eseguiti in difformità dal progetto stesso, sospendendoli;
ne nacque un contenzioso amministrativo, che non solo ha neutralizzato la finalità strategica dell'opera, ma ha anche vanificato l'utilità delle risorse stanziate a tale scopo;
si tratta di un'opera che la città attende da anni quale soluzione ai suoi problemi di viabilità e di vivibilità, con la previsione di grandi spazi verdi e una serie di strutture funzionali alla fruibilità della cittadinanza;
il completamento del trincerone ferroviario rappresenta, inoltre, un'importante occasione di rilancio anche occupazionale per tutta la città;
nel 2012 l'interrogante era stato largamente rassicurato dal Ministro per i beni e le attività culturali pro tempore, Lorenzo Ornaghi, prima e dal segretario generale del Ministero per i beni e le attività culturali poi sull'esito positivo della vicenda, seppure non in tempi rapidi, posta la complessità della stessa;
numerose sono state le riunioni tecniche, anche a livello regionale, a seguito delle quali si è addivenuti a un consolidato orientamento favorevole a risolvere l'annosa situazione in maniera sostenibile;
nonostante le rassicurazioni ottenute, ad oggi la vicenda non ha ancora visto alcun esito –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti ritenga opportuno adottare per addivenire a una rapida e definitiva soluzione che tenga in debito conto le precipue finalità pubbliche dell'opera e le non meno importanti tutele paesaggistiche, nonché per individuare eventuali responsabilità nella condotta della soprintendenza, che, a tutt'oggi, non consente il riavvio dei lavori. (4-01976)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
FANUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1, comma 28, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 — legge finanziaria 2005 — autorizza, nell'ambito delle nuove regole che delimitano la contribuzione statale, alla luce della riforma del Titolo V della Costituzione, un intervento statale in favore degli enti locali per la concessione di contributi al finanziamento di interventi diretti a tutelare l'ambiente e i beni culturali, e comunque a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio, da destinare agli enti individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sulla base di progetti preliminari;
il successivo comma 29 dell'articolo 1 prevede l'emanazione di un decreto ministeriale al fine di individuare, sulla base delle priorità individuate dal Parlamento, gli interventi e gli enti destinatari del contributo statale recato dal precedente comma 28;
il comune di Montecatini Terme ha beneficiato con decreto n. 0021283 del 18 marzo 2005 dei finanziamenti previsti dal Ministero dell'economia e delle finanze per «Lavori interramento ferrovia del comune di Montecatini Terme», contributi erogati in tre tranche a fronte dei quali l'ente ha predisposto quattro stralci;
in data 10 dicembre 2012, senza ottenere risposta alcuna, il comune di Montecatini Terme ha inviato al Ministero dell'economia e delle finanze il progetto relativo al quarto ed ultimo stralcio precisando che i lavori relativi ai primi tre stralci sono stati compiutamente realizzati;
per quanto riguarda l'ultimo stralcio, a causa di variazioni sull'idea progettuale che non altereranno la finalità dell'opera, la progettazione ha subito un rallentamento, stante la piena volontà di portare a compimento gli obiettivi per i quali è stato concesso il contributo ministeriale stesso;
relativamente al quarto stralcio è indicata la cifra di 154.000 euro per la realizzazione dell'opera, ai quali se ne aggiungono ulteriori 48.000 per economie degli stralci precedenti, per un totale di 202.000 euro –:
se sia possibile, per l'amministrazione comunale di Montecatini Terme, al fine della realizzazione del progetto inviato al Ministero dell'economia e delle finanze il 10 dicembre 2012, utilizzare l'importo totale di euro 202.000 corrispondente alla somma dell'importo relativo al quarto ed ultimo stralcio e le somme che risultano residue dagli stralci precedenti. (5-01081)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
CENNI e DALLAI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 12 settembre 2012 sono stati pubblicati i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e 156, per mezzo dei quali il Governo ha esercitato la delega di cui all'articolo 1, commi da 2 a 6, della legge 14 settembre 2011, n. 148;
in particolare il decreto legislativo n. 155 ha previsto una nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero;
in base a tale decreto legislativo dal 14 settembre 2013 (anche se è prevista una fase transitoria per portare a termine le pendenze processuali in corso) sono stati soppressi, su tutto il territorio nazionale, 30 tribunali, 220 sezioni distaccate e 667 uffici del giudice di pace;
trattandosi di una legge delega è subito emersa la necessità di utilizzare parametri di revisione degli uffici economicamente sostenibili, compatibili con l'efficace funzionamento complessivo del sistema giudiziario territoriale e concertate con gli enti e le associazioni professionali locali;
le indicazioni sopracitate erano presenti in atti di indirizzo approvati dal Parlamento nella XVI Legislatura (ordine del giorno n. 9/04612/081 del 14 settembre 2011);
la Commissione giustizia della Camera dei deputati, nella scorsa legislatura, ha inoltre indicato nel suo parere al decreto legislativo, la necessità di tenere conto, per la riorganizzazione dei tribunali, le criticità legate alla specificità del bacino d'utenza ed alla dimensione territoriale, alla situazione infrastrutturale, alla presenza di criminalità organizzate, nonché le criticità legate al trasferimento logistico delle sezioni distaccate presso i tribunali;
sono comunque otto, in base alle disposizioni del Ministero della giustizia, i tribunali che per due anni potranno continuare a funzionare per smaltire l'arretrato civile o penale (Alba, Pinerolo, Vigevano, Chiavari, Sanremo, Bassano del Grappa, Lucera e Rossano): tali strutture sono state scelte in base a criteri legati alla popolazione ed alla sopravvenienza delle cause;
il comma 5, dell'articolo n. 1 della legge numero 148 del 2011, dispone che entro il 12 settembre del 2014 il Governo, «nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati», possa «adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi»;
in numerose occasioni l'attuale Ministro della giustizia Anna Maria Cancellieri ed il suo predecessore, Paola Severino, hanno rimarcato che una apposita commissione del dicasteri valuterà gli effetti della riforma esaminando i singoli casi;
il tribunale di Montepulciano, in provincia di Siena, è tra i presidi che vengono soppressi. Gli enti e le istituzioni territoriali, il vasto e diversificato tessuto associativo, sociale e produttivo locale hanno subito manifestato una forte contrarietà rispetto a tale decisione;
è utile rimarcare, in questo contesto, come tale soppressione comporti notevoli aumenti di spesa (quantificati da uno studio dell'Anai in circa 800mila euro all'anno) ed appesantisce notevolmente il carico di lavoro del tribunale di Siena (già aggravato dalla chiusura della sede distaccata di Poggibonsi), il cui bacino d'utenza è raddoppiato;
uno degli elementi di maggiori criticità causati dalla soppressione del tribunale di Montepulciano riguarda le problematiche di marginalità e logistica che caratterizzano il suo circondario. Le zone infatti in cui incide tale struttura sono prevalentemente di carattere montano, gravate da una seria e perdurante carenza di infrastrutture viarie efficaci, sia per quanto concerne gli assi stradali, sia per ciò che riguarda il trasporto pubblico ferroviario e su gomma. Da ciò risulta evidente come la soppressione del tribunale di Montepulciano amplifichi notevolmente i disagi di gran parte della popolazione locale a causa della mancanza di collegamenti diretti con la sede accorpante tribunale di Siena). Per integrare tali situazione è utile ricordare che il tribunale non svolge solamente una funzione strettamente giurisdizionale ma anche una serie di pratiche quotidiane, che possono riguardare un'ampia e diversificata fascia di cittadini;
i caratteri eccezionali di marginalità e ruralità, propri anche del circondario del tribunale di Montepulciano, sono stati riconosciuti dallo stesso Ministro della giustizia Anna Maria Cancellieri quali reali e avvalorati elementi di criticità che l'apposita commissione ministeriale dovrà esaminare per valutare gli effetti della riforma della geografia giudiziaria;
appare quindi evidente agli interroganti la necessità da parte del Ministero competente di valutare la possibilità di prevedere il mantenimento, a Montepulciano, di almeno un presidio di legalità, come già peraltro richiesto dagli enti e dalle istituzioni territoriali, e dal tessuto associativo, sociale e produttivo locale –:
quali siano, nel dettaglio, i parametri che verranno utilizzati dall'apposita commissione ministeriale per valutare gli effetti della riforma della geografia giudiziaria e se conseguentemente il tribunale di Montepulciano abbia le caratteristiche, alla luce di quanto esposto in premessa, per poter rientrare nelle finalità del comma 5 dell'articolo 1 della Legge numero 148 del 2011. (5-01088)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
COPPOLA, BONACCORSI, BRUNO BOSSIO, GANDOLFI e ROTTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 8 del decreto-legge n. 179 del 2012 ha previsto il recepimento della direttiva 2010/40/UE sul quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligente (ITS) nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto;
il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 1° febbraio 2013 (Gazzetta Ufficiale – serie generale n. 72 del 26 marzo 2013) ha previsto, in attuazione dell'articolo 8 del decreto-legge n. 179 del 2012, una serie di misure volte alla promozione degli ITS, tra le quali merita ricordare la costituzione di una piattaforma telematica nazionale per tali sistemi ed il sostegno al collegamento telematico tra veicoli ed infrastruttura stradale;
l'articolo 11 del decreto prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri comunichi alla Commissione europea informazioni sulle azioni nazionali previste in materia di ITS per i successivi cinque anni, e adotti, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il piano nazionale per lo sviluppo dei sistemi ITS;
l'articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 2010/40/UE prevede che, entro il 27 agosto 2012, gli Stati membri comunichino alla Commissione europea informazioni sulle azioni nazionali previste in materia di ITS per i successivi cinque anni;
il piano non risulta allo stato adottato;
nel corso dell'indagine conoscitiva sul trasporto pubblico locale che la IX Commissione trasporti sta svolgendo, i rappresentanti dell'Associazione italiana della telematica per i trasporti e la sicurezza (TTS Italia), nella loro audizione del 12 settembre 2013, hanno sottolineato l'esigenza di approvare quanto prima il piano e di trasmettere sollecitamente le azioni nello stesso previste alla Commissione europea, dichiarando che, in base alle informazioni in loro possesso, la bozza di piano predisposta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sarebbe ferma alla Presidenza del Consiglio –:
quale sia l'effettivo stato di predisposizione del piano e quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire la sua celere approvazione. (5-01084)
COMINELLI, LACQUANITI, BAZOLI, SBERNA e BERLINGHIERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nell'agosto 2012 Terna spa ha eretto due elettrodotti da 380 kv e 132 kv con tralicci alti oltre 30 metri nel borgo di Lovernato del comune di Ospitaletto per risolvere le interferenze con il nuovo collegamento autostradale cosiddetto «Bre.Be.Mi» fra le città di Brescia Bergamo e Milano;
l'area interessata dalla localizzazione delle nuove opere, individuata al Fg. 12; mapp. n. 184 del NCTR è inserita nel PRG variante del piano dei servizi del comune con la seguente destinazione urbanistica: area SP1-9 «verde per lo sport e il gioco». In coerenza alla destinazione di piano prevista, attualmente l'area ospita un parco pubblico per bambini;
a seguito di approfondita istruttoria del comune di Ospitaletto la localizzazione delle nuove opere è risultata per più profili illegittima, viste anche le carenze progettuali di tale localizzazione che ha impedito alle competenti autorità di vagliare adeguatamente le esigenze di tutela sia dei valori paesistici e culturali costituiti dal borgo storico e dal santuario di Lovernato, sia della salute pubblica, con riferimento alle emissioni elettromagnetiche propaganti dagli elettrodotti nell'insediamento residenziale di Lovernato e specialmente nel parco giochi;
in particolare i documenti acquisiti dal comune di Ospitaletto sottolineano, fra le altre, le seguenti criticità nella localizzazione dell'opera: assenza della valutazione ai fini Via, sostanziale elusione del vincolo storico e artistico per i beni tutelati nel borgo storico di Lovernato, elusione del vincolo paesaggistico, incompletezza del progetto dell'elettrodotto con l'omissione dell'area destinata a servizi pubblici parco giochi per bambini;
inoltre dall'indagine sull'inquinamento elettromagnetico commissionata dal comune e realizzata da Ecosphera srl il 31 maggio 2013 è emerso che «la porzione centrale dell'area del parco, indicativamente 70 metri di larghezza per uno sviluppo di oltre 100 metri, ricade nella fascia di rispetto degli elettrodotti; questo significa che nelle condizioni di massimo carico delle linee, il valore di induzione magnetica atteso risulta superiore a 3 microTesla – obiettivo di qualità definito dall'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la realizzazione di nuovi elettrodotti in corrispondenza di e gioco per l'infanzia», ribadito nella nota della ASL di Brescia, direzione gestionale distrettuale n. 2, UOI Igiene e medicina di comunità del 14 marzo 2013 n. 43562 «l'area di parco pubblico coincidente con la proiezione della fascia di rispetto dell'elettrodotto in oggetto non possa essere utilizzata per i fini attualmente previsti»;
dall'esame del progetto esecutivo autostradale la soprintendenza di Brescia con la nota 7 settembre 2012 n. 19193 ha riconosciuto che negli elaborati progettuali ad essa precedentemente sottoposti per approvazione l'area oggetto dell'installazione era attraversata da una «fascia di asservimento ai pubblici servizi, evidenziata semplicemente da un tracciato planimetrico, ma privo degli elementi tecnologici che nella fase esecutiva sarebbero stati realizzati, nonché di una precisa valutazione dell'impatto sulla vicina chiesetta», concludendo che «per dimensione, morfologia e collocazione, le due nuove strutture si presentano come una interferenza negativa con il contesto ambientale e testimoniale-storico dell'edificio religioso»;
il consiglio comunale, con delibera n. 30 del 22 luglio 2013, ha dato indirizzo al sindaco e alla giunta comunale di adottare tutte le iniziative possibili, non escluso l'esercizio del potere contingibile e urgente, per far cessare il pericolo di danni sopra segnalati e riportare l'intera vicenda al dovuto parametro di legalità;
e sulla base di tali concordanti e significativi elementi, acquisiti durante l'istruttoria condotta sulla vicenda, il comune di Ospitaletto, con ordinanza n. 11 del 3 aprile 2013, n. 28 del 20 giugno 2013, n. 42 del 1o agosto 2013 e n. 122 del 25 settembre 2013 ha disposto la chiusura del parco e ha intimato al gestore elettrico, Terna spa di assumere riguardo agli elettrodotti tutte le iniziative necessarie a tutelare la salute dei cittadini, specie dei bambini, di Lovernato, compresa la rimozione degli elettrodotti medesimi –:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per verificare, per quanto di propria competenza, se la localizzazione degli elettrodotti sia dannosa per la salute dei cittadini e per l'ambiente;
quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per riportare l'intera vicenda nei parametri di cui alle delibere CIPE n. 120/03, 42/09, 93/2005, 81/09;
quali iniziative i Ministri interrogati intendano promuovere a tutela del santuario di Lovernato, Delibera CIPE 93/2005, capitolo prescrizioni, parte I, con l'ordine per il soggetto gestore di adeguare l'opera e di ripristinare la situazione precedente sul piano paesaggistico e ambientale;
se intenda valutare in via prioritaria la rimozione dei tralicci dall'attuale posizione quale misura certamente idonea a scongiurare i pericoli per la salute dei cittadini di Lovernato. (5-01089)
INTEGRAZIONE
Interrogazione a risposta in Commissione:
FANUCCI. — Al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
il programma di aiuto alimentare introdotto dall'Unione europea per distribuire alle organizzazioni caritative le derrate alimentari provenienti dalle scorte d'intervento comunitarie si conclude il 31 dicembre 2013 e non sarà più attivo a partire dal 2014;
in sua sostituzione, il finanziamento di 2,5 miliardi di euro, previsto nel periodo 2014-2020, ancora non specifica per quali condizioni di povertà potrà essere utilizzata la quota-parte a disposizione di ogni singolo Stato membro della Unione europea pertanto a decorrere dal 1° gennaio 2014, le derrate alimentari da distribuire in qualità di aiuti in favore degli indigenti in povertà assoluta o relativa potrebbero non essere più disponibili;
questa situazione rischia di generare un'emergenza sociale per il nostro Paese, che coinvolgerebbe oltre 4 milioni di poveri e circa 15.000 strutture caritative attive oggi in Italia;
il venir meno di questa fondamentale rete di supporto alimentare potrebbe pregiudicare l'intera rete del volontariato italiano, in grado di offrire importanti servizi suppletivi come il supporto economico, legale, amministrativo, sanitario e di ascolto;
un serio programma di aiuti alimentari in favore degli indigenti del nostro Paese produrrebbe effetti moltiplicativi sui beneficiari finali, in quanto le derrate alimentari peserebbero per il solo costo di produzione senza intermediazioni o costi commerciali –:
quali iniziative abbia adottato il Governo per garantire la continuità della distribuzione di alimenti alle persone costrette alla povertà e se non ritenga opportuno attivare quanto prima il fondo nazionale di aiuti alimentari agli indigenti previsto dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. (5-01082)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
LOREFICE, GRILLO, MARZANA, D'UVA, DI VITA, BARONI, CECCONI, MANTERO, SCAGLIUSI, SPADONI, CANCELLERI, SILVIA GIORDANO e DALL'OSSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella provincia di Ragusa ed in particolar modo della zona urbana, sub urbana e marittima si sta assistendo ad un fenomeno di criminalità sempre più dilagante;
l’escalation di atti vandalici, anche nei cimiteri, di rapine in stazioni di servizio, bar, panifici, banche hanno ormai superato i limiti di guardia, e si ripetono anche negli stessi posti a distanza di poche ore;
grande allarme, sconcerto e paura si sta diffondendo nella comunità per i ripetuti furti e tentati furti nelle scuole e in aziende, in danno di esercizi commerciali soprattutto sul territorio di Modica e Ispica, l'ultimo dei quali culminato in una sparatoria tra i malviventi e una guardia giurata;
questi atti delinquenziali stanno mettendo in ginocchio i vari settori produttivi a causa dell'azione di malviventi che si introducono nottetempo nelle aziende e sottraggono ingenti, quantità di materie prime e macchine utensili determinando, in alcuni casi, anche la chiusura immediata delle aziende colpite;
non indifferente è l'emergenza immigrazione clandestina a causa della quale è impiegato un numero considerevole di forze dell'ordine, soprattutto per la sorveglianza del centro di prima accoglienza di Pozzallo;
i sistemi passivi di protezione, telecamere e sistemi di allarme, sono un aiuto e dissuadono in molti casi, ma sono ancora poco diffusi e al contempo è impossibile pensare ad una militarizzazione del territorio anche perché non ci sono le risorse necessarie;
è divenuto necessario rafforzare immediatamente in città, nelle campagne e nel comprensorio adiacente le misure di vigilanza e prevenzione per stroncare sul nascere una deriva che potrebbe rivelarsi dannosissima per tutto il territorio, evitando il rischio che un insieme di fatti delinquenziali possa trasformarsi in un fenomeno di criminalità cronica, già radicata in altre aree della provincia;
sussiste la seria possibilità che liberi cittadini possano riunirsi in «ronde metropolitane» tentando di ripianare la notevole carenza di forze dell'ordine generata dal taglio ai fondi per la pubblica sicurezza –:
se il Ministro interrogato intenda avviare un protocollo di coordinamento con le forze dell'ordine per intensificare l'attività di prevenzione e repressione dei fenomeni criminali o come altrimenti intenda affrontare tale delicata situazione emergenziale anche alla luce delle riduzioni previste per le forze dell'ordine, già in numero inferiore a quello previsto, nella provincia di Ragusa. (4-01972)
ANTEZZA, BIONDELLI, AMODDIO e ARLOTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
il Garante per l'infanzia e adolescenza della regione Calabria, tra il giorno 3 agosto ed il giorno 9 settembre 2013, ha svolto, presso il CARA Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto (Kr), diversi accessi al fine di verificare lo stato dei minori stranieri non accompagnati, giunti a Crotone con gli sbarchi del 20 e 29 luglio 2013 e ivi collocati e lo stato dei minori stranieri presenti al seguito dei genitori presso la struttura e delle donne in gravidanza;
le madri ospiti dei minori hanno riferito che i minori, anche di età neonatale, non avevano ricevuto – pur in presenza di sintomatologia e, comunque, nonostante la richiesta effettuata dalla genitrice – alcuna visita pediatrica da quando sono presenti nel centro;
alcune gestanti, tra cui una con gravidanza a rischio per età della madre, hanno riferito di non aver mai ricevuto, nei tre mesi di permanenza nel centro, alcuna visita ostetrico-ginecologica e di non aver avuto accesso ad accertamenti diagnostici strumentali e di laboratorio, né alcuna visita per il percorso nascita;
i minori accompagnati non sono stati sottoposti ai cicli vaccinali previsti dal terzo mese di età;
le madri presenti hanno lamentato la scarsità del cibo fornito sia alle gestanti sia ai minori;
è stata riscontrata l'assenza di assistenza all'alimentazione dei minori, l'assenza di un pediatra che monitori nei neonati lo stato di accrescimento, nutrizionale e presenza di semeiotica silente;
il latte, alimento indispensabile in tenera età evolutiva non risulta essere fornito tutti i giorni;
il tipo di acqua potabile a disposizione dei minori non appare conforme alle esigenze degli stessi poiché con colorazione alterata e con forte odore e sapore di cloro;
è stata rilevata, per i minori accompagnati, una commistione nelle stanze abitate da minorenni di sesso femminile e maschi adulti non appartenenti al proprio nucleo familiare;
in seguito a tali accessi l'autorità garante al fine di espletare il compito conferitole dalla legge istitutiva ha provveduto – contestualmente all'emanazione di una serie di segnalazioni inviate a tutti gli attori istituzionali di detto fenomeno migratorio minorile – a richiedere una serie di informazioni alla prefettura di Crotone che, ancora oggi non sono state rilasciate;
a quando risulta agli interroganti l'essenzialità di dette informazioni (nomi, condizioni vaccinali, età, dati di salute in generale, visite effettuate) risulta prodromica alla realizzazione degli interessi minorili di accesso ai diritti loro riconosciuti dalla Repubblica;
dagli accessi del garante sono emerse le seguenti irregolarità:
a) dopo l'espletamento delle procedure di identificazione dei minori stranieri non accompagnati (MNSA) non sono seguiti i conseguenti e dovuti atti di tutela minorile e le comunicazioni da fare, in caso di sbarco sul territorio della Repubblica, sono apparse ingiustificatamente rallentate: pur essendo lo sbarco avvenuto il 29 luglio 2013, alla data del 3 agosto 2013 la procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Catanzaro non aveva ancora ricevuto, dalla competente questura di Crotone, l'elenco nominativo dei minori giunti, per l'emanazione dei provvedimenti urgenti e necessari, primi tra tutti quelli di affidamento;
b) il sindaco di Crotone, competente per l'assistenza e la cura dei minori fino ai provvedimenti di affido, non era stato informato;
ai minori SNA, a distanza di giorni, non era stato consentito di chiamare la propria famiglia (il contatto si rende necessario e urgente non solo alla salute – esistenza di vaccinazioni o peculiari stati di salute – e per il diritto del minore alla propria famiglia, ma anche per l'accertamento dell'identità poiché spesso l'invio di fax con copia del documento agevola le procedure);
i minori sono stati trovati privi di scarpe e di biancheria di ricambio;
non era presente un pediatra;
non è stato fornito alcun servizio socio-psicologico;
non sono stati organizzati incontri volti all'inserimento linguistico;
non sono state fornite le informazioni relative all'inserimento nel territorio, ai percorsi di integrazione e alle possibilità e conseguenze derivanti dalla richiesta di asilo;
l'ambiente medesimo è risultato inidoneo:
insalubre a causa di evidenti macchie di umidità, anomalie all'impianto elettrico, materassi presenti sul pavimento, carenza di lenzuola e di arredi indispensabili;
il cibo, stante l'assenza di una sala dove poter mangiare, viene consumato dagli ospiti nelle stanze adibite al pernotto direttamente sui letti);
il livello assistenziale rilevato al CARA in cui sono presenti minori accompagnati è del tutto assente, in quanto non vengono offerte in modo attivo quelle prestazioni – sia durante la gravidanza che in età evolutiva – che invece vengono quotidianamente effettuate dai dipartimenti materno-infantile e dai consultori familiare in tutta la Regione Calabria –:
quali misure i Ministri interrogati intendano prendere per i fatti accertati relativi a violazioni dei diritti dei minori presenti presso il CARA Sant'Anna di Isola di Capo Rizzuto (Crotone) e comunicate con le segnalazioni da parte del garante dell'infanzia e dell'adolescenza della regione Calabria;
perché la prefettura di Crotone, organo istituzionalmente preposto al controllo e vigilanza del CARA Sant'Anna di Isola di Capo Rizzuto, non abbia, a tutt'oggi, verificato le violazioni in danno dei diritti dei minori e delle donne in gravidanza presenti al campo, come segnalate dal garante dell'infanzia della Calabria;
perché la prefettura di Crotone non fornisce al Garante dell'infanzia della Calabria i nominativi dei minori richiesti, celandosi dietro presupposti di privacy che non possono valere per una autorità di garanzia deputata alla tutela degli interessi pubblici minorili e ostacolano l'attività ispettiva che l'organo di garanzia istituito dal consiglio regionale della Calabria svolge;
quali misure si intendano adottare, alla luce delle puntuali e gravi segnalazioni svolte dal Garante dell'infanzia della Calabria, e se non sia il caso di attivare una ispezione per fare piena luce sulle disfunzioni e le carenze al campo CARA di Isola Capo Rizzuto e valutare la eventuale nomina di un commissario ad acta che provveda ad una gestione conforme alla normativa vigente;
se si darà seguito, come auspicabile, alla richiesta del garante della Calabria e degli altri garanti regionali di annoverarli tra i soggetti legittimati all'accesso ai centri di accoglienza profughi, in ragione delle specifiche competenze loro attribuite con riferimento all'esigenza di tutela dei minori, anche stranieri, comunque presenti sui territori regionali. (4-01978)
TOFALO, DAGA, SEGONI, ZOLEZZI, TERZONI, MICILLO, COLONNESE, BRESCIA, SILVIA GIORDANO, LUIGI GALLO, SIBILIA e BUSTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nel comune di Fragneto Monforte, piccolo paesino della provincia Beneventana di circa 1900 abitanti, situato a 20 chilometri da Benevento, insiste in località Toppa Infuocata un deposito di ecoballe oggetto nei giorni scorsi di alcuni incendi dolosi;
il deposito fu istituito dall'allora commissario per l'emergenza rifiuti dottor Corrado Catenacci, che individuò nel predetto comune un sito di stoccaggio «provvisorio» per circa 60.000 «eco balle» prodotte dal vicino CDR situato nel limitrofo comune di Casalduni;
nel periodo istitutivo del sito di stoccaggio l'amministrazione comunale si oppose all'istituzione del predetto deposito, in quanto l'area individuata sorgeva a poca distanza da alcune abitazioni sorgenti d'acqua e strutture ricettive esistenti nel predetto comune;
successivamente ci furono diverse riunioni fra l'amministrazione comunale la prefettura, il Presidente della provincia in cui si stabilì che le stesse dovessero essere rimosse entro il 30 novembre 2004 e l'area bonificata entro il 28 febbraio 2005;
trascorsi i predetti termini, ci furono altri incontri con i funzionari che si sono succeduti nella gestione dell'emergenza rifiuti e molteplici sono stati gli impegni assunti dalle Autorità tutti ad oggi disattesi, nonostante le ripetute richieste e proteste dell'amministrazione, le «eco balle» sono rimaste nel sito di stoccaggio «provvisorio»;
nel 2007 l'impianto è stato sequestrato dal NOE ed è tutt'ora sotto sequestro; in data 17 agosto 2013 si è avuto il primo incendio doloso delle eco balle poi in data 30 agosto 2013 e per ultimo il giorno 22 settembre 2013 ed ancora in corso di spegnimento;
a parte i danni di carattere economico subiti dagli esercenti attività nelle zone circostanti, si sta registrando un preoccupante incremento dei tumori che potrebbe essere ricollegabile anche alla presenza delle «eco balle» –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare iniziative per rafforzare la sorveglianza del sito al fine di evitare il fenomeno degli incendi dolosi. (4-01980)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta in Commissione:
PES. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
la riforma dell'istruzione secondaria di II grado, i cui regolamenti sono stati emanati dal Presidente della Repubblica in data 15 marzo 2010, ha previsto l'istituzione di licei musicali cancellando al contempo la disciplina educazione musicale dagli altri indirizzi della scuola superiore;
tale previsione è stata fortemente penalizzante per i docenti precari di musica delle secondarie di II grado abilitati nella classe di concorso A031 che si sono venuti a trovare senza alcuna prospettiva di incarico né tantomeno nella possibilità di poter passare di ruolo e senza la possibilità di poter utilizzare il punteggio accumulato in tanti anni di precariato essendo finiti agli ultimi posti delle graduatorie ad esaurimento proprio per aver insegnato alle secondarie di II grado;
il ridotto numero di sezioni di licei musicali istituite nel nostro Paese – peraltro ancora assenti in diverse province – impedisce di fatto l'insegnamento ai precari di musica appartenenti alla succitata classe di concorso in servizio fino alla emanazione della riforma della secondaria di secondo grado;
in fase di riordino, diverse note ministeriali e contratti collettivi nazionali integrativi avevano stabilito alcuni requisiti congiunti per i docenti interessati all'insegnamento nei nuovi licei musicali, garantendo la precedenza ai docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento nelle classi di concorso A031 e A032 (Ed. Musicale nelle scuole medie), oltre che alla classe A077 (strumento musicale nelle scuole medie ad indirizzo musicale) ma con specifico servizio prestato nei corsi di istruzione secondaria di secondo grado;
l'ipotesi di contratti collettivi nazionali integrativi del 15 maggio 2013 – articolo 6-bis (concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale docente educativo ed ATA per l'anno scolastico 2013/2014) a tutt'oggi in fase di definizione – che tra l'altro contiene alcune disposizioni ministeriali per l'assegnazione degli incarichi nei licei musicali – mostra alcune carenze e incongruenze che minano la qualità dell'insegnamento e che stanno creando dubbi interpretativi sia negli ambiti territoriali degli uffici scolastici regionali che nelle segreterie dei licei musicali;
in seguito a tale contratto collettivo nazionali, infatti, numerosi docenti di ruolo appartenenti alla classe di concorso A077 (strumento musicale nella scuola media), A031 e A032 hanno prodotto istanza di utilizzazione, anche parziale, ad occupare le cattedre e gli spezzoni orari disponibili;
nella quasi totalità tali docenti non sono soprannumerari, né perdenti posto, né in esubero, ma occupano una cattedra completa di 18 ore; ciò nonostante il citato contratto collettivo nazionale (all'articolo 6-bis) consente loro – in deroga a quanto stabilito per le altre discipline – di tenere una porzione di cattedra alla secondaria di primo grado ed un'altra nei licei musicali; essi, inoltre, in virtù dell'abilitazione nel loro strumento occupano cattedre e spezzoni anche di strumenti in cui non hanno abilitazione specifica e di cui non hanno mai svolto l'insegnamento (pur possedendone il relativo diploma);
dal varo della riforma fino allo scorso anno scolastico, l'unico insegnamento riservato ai docenti della A031 era storia della musica; l'ultima versione del regolamento dei licei (nota ministeriale del 7 maggio 2013-tabella licei-allegato E) ha previsto la possibilità di concorrere a questo insegnamento anche ai docenti di strumento delle scuole medie i quali, vanno così ad occupare, senza una valida motivazione, l'unico spazio già riservato ai docenti sia precari che di ruolo appartenenti alla classe A031;
i docenti precari A031, a causa della già esigua presenza della musica nelle secondarie di secondo grado, hanno dovuto svolgere un precariato spesso ultradecennale e la maggior parte di loro era in procinto di diventare di ruolo proprio nel momento in cui mentre veniva varata la riforma delle secondarie di secondo grado;
si tratta, tra l'altro, di pochissimi insegnanti – numericamente irrilevanti anche per il bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – che con la loro attività pregressa hanno contribuito, insieme ai docenti di ruolo appartenenti alla stessa classe A031, anche attraverso i progetti laboratoriali della legge 440 del 1997 riconosciuti fino allo scorso anno dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, all'istituzione degli stessi licei musicali cui si vedono oggi paradossalmente esclusi a vantaggio di docenti di ruolo di classi di concorso relative alla secondaria di primo grado;
inoltre, il loro punteggio non è riconosciuto nemmeno per la scuola secondaria di primo grado; molti di essi hanno partecipato ad un concorso che inizialmente era specifico per le scuole superiori e dunque di livello superiore rispetto ai concorsi per l'abilitazione all'insegnamento della musica nelle scuole medie;
inoltre – seppure in assenza di una specifica abilitazione rispetto allo strumento musicale posseduta dai docenti della A077 – molti dei docenti appartenenti alla classe A031 hanno insegnato strumento nelle secondarie di secondo grado e dunque non a ragazzi tra i gli 11 e i 13 bensì ad allievi di 18 o 19 anni, conseguendo, pertanto, un'esperienza didattica superiore sia a livello tecnico sia interpretativo rispetto a quella conseguita dai docenti delle scuole medie ad indirizzo musicale –:
se non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per:
a) pervenire ad una modifica della bozza del contratto collettivo nazionale integrativo del 15 maggio 2013 per impedire che lo strumento delle utilizzazioni e della mobilità venga applicato, almeno in prima istanza, nei confronti del personale a tempo indeterminato appartenente alla classe di concorso A077, fatti salvi i casi di soprannumerari, perdenti posto ed esuberi;
b) riconoscere esclusivamente o in via prioritaria al personale (esiguo numericamente) che ha prestato servizio docente esclusivamente negli istituti secondari di II grado il diritto all'accesso nelle graduatorie degli ex uffici scolastici provinciali, degli uffici scolastici regionali e dei singoli istituti per tutte le discipline oggetto del servizio svolto non soltanto su posto orario ma riconoscendo nuovamente, per gli insegnamenti di esecuzione ed interpretazione e laboratorio di musica d'Insieme, anche i progetti laboratoriali svolti ai sensi della legge n. 440 del 1997;
c) impedire, almeno in prima istanza, che i docenti della A077, sebbene di ruolo da tre anni, occupino cattedre o spezzoni relativi all'insegnamento di strumento in cui non hanno specifica abilitazione o di cui non esiste una relativa abilitazione per le scuole medie ad indirizzo musicale;
d) prevedere, come nei precedenti anni scolastici, l'utilizzazione dei docenti A031 anche per i licei musicali presenti in province diverse rispetto a quella in cui si è inseriti nella graduatoria ad esaurimento indipendentemente dall'esistenza del liceo musicale o della specifica disciplina nella provincia in cui si è inseriti in graduatoria;
e) prevedere la possibilità di riconferma dei docenti precari della A031 per tutti gli insegnamenti nei licei musicali graduatoria ad esaurimento così come avviene per i docenti di ruolo sia della A031 che della A032 e A077 – anche in province diverse rispetto a quella in cui si è inseriti in graduatoria;
se, inoltre, non ritenga necessario:
a) integrare la nota ministeriale del 7 maggio 2013 – tabella licei – allegato E, riservando, come nei precedenti anni scolastici, l'accesso all'insegnamento della disciplina storia della musica ai docenti precari o di ruolo della classe di concorso A031 o, quantomeno, assegnando prioritariamente ad essi le ore di quell'insegnamento rispetto ai docenti di ruolo o precari delle altre classi di concorso;
b) in sede di prossimo aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento per i prossimi anni scolastici, consentire ai docenti interessati di utilizzare integralmente, senza alcuna penalizzazione, il punteggio acquisito negli anni nella graduatoria ad esaurimento classe di concorso A031 sommandolo a quello già posseduto nella classe di concorso di destinazione o in quelle di prossima costituzione con riferimento al liceo musicale;
e) impedire nuovi ingressi nelle graduatorie ad esaurimento rendendo in tal modo giustizia a quei docenti che per anni hanno prestato servizio nelle scuole superiori accumulando negli anni un punteggio a cui oggi non viene riconosciuto alcun valore e che sono stati profondamente danneggiati a vantaggio di docenti già in possesso di un posto di lavoro.
(5-01086)
Interrogazione a risposta scritta:
RAMPI e MOSCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il territorio della provincia di Monza e Brianza consta di una popolazione superiore a 860.000 abitanti che lo colloca al quarto/quinto posto tra quelle Lombarde ed al ventesimo su scala nazionale, mentre se si prende in considerazione la sola città di Monza, questa risulta la terza città della Lombardia, dopo Milano e Brescia;
all'interno del territorio provinciale, le istituzioni scolastiche statali sono 103 a cui fanno capo più di 343 punti di erogazione e tra queste si distinguono pregevoli eccellenze a livello nazionale; in aggiunta, per il settore paritario si devono considerare 117 scuole dell'infanzia, 22 scuole primarie, 19 secondarie di primo grado e 32 secondarie di secondo grado, il che porta a un complesso di 548 punti di erogazione del servizio e ad un totale di alunni che è prossimo alle 120.000 unità;
due terzi degli esistenti uffici scolastici provinciali in Italia risultano sotto dimensionati rispetto a quello di Monza e Brianza, ma ciò nonostante godono di propri codici meccanografici ben distinti;
l'istituzione a Monza di un ufficio scolastico decentrato, quale articolazione sub-provinciale dell'ufficio scolastico regionale è contenuta nel DDG Lombardia 3683 dell'8 ottobre 2001, articolo 8;
dal 20 maggio 2002, assume la figura e le funzioni di uno sportello decentrato del centro servizi amministrativi (CSA) di Milano;
nel 2004 l'organizzazione ministeriale dettata dal decreto ministeriale 1594 del 28 luglio 2004 a firma del Ministro pro tempore Moratti, tenne conto dell'avvenuta approvazione della legge n. 146 del 11 giugno 2004 con la quale si prevedeva espressamente un autonomo centro servizi amministrativi di Monza;
il 7 settembre 2006 la direttiva ministeriale recante la firma del Ministro pro tempore Fioroni, reintroduceva la denominazione di «uffici scolastici provinciali» individuando nella dimensione provinciale l'ambito di attività degli esistenti centro servizi amministrativi e tra questi l'ufficio di Monza, il quale dalla citata direttiva trasse maggiore impulso per lo svolgimento di attività di supporto alle scuole e di rapporto con le realtà locali già dimensionate in previsione della nuova provincia;
il successivo decreto di organizzazione decreto ministeriale 11 aprile 2008: «Riorganizzazione dell'Ufficio scolastico regionale per la Lombardia» – Ministro pro tempore Fioroni, prevedeva espressamente (articolo 5.4) l'ufficio scolastico provinciale di Monza, che è stato quindi istituito col successivo decreto del direttore generale per la Lombardia (DDG Lomb. n. 758 del 4 agosto 2008 – articolo 5);
alla luce di quanto sopra, se non avvenisse l'immediato distacco dei codici istituzionali, si verrebbero a creare una serie di gravi disservizi che finirebbero col limitare notevolmente il servizio che da anni l'ufficio scolastico territoriale offre alle scuole: gestione dell'organico con relativi movimenti del personale docente e non, pratiche pensionistiche, consulenza per attività di rete, progetti comunitari, alternanza scuola lavoro, rapporti con gli enti locali, con l'ASL, organizzazione e gestione dell'attività sportiva scolastica esami di stato, servizio legale, scuole paritarie;
oltre all'apprezzamento dei servizi forniti dall'ufficio scolastico provinciale di Monza e Brianza, soprattutto per le sinergie che è stato possibile attivare con le realtà del territorio ed i comuni, gli interroganti sono costretti ad evidenziare il grave «disagio» che i dirigenti scolastici, il personale e le famiglie hanno più volte manifestato rispetto a situazioni che a causa dei codici meccanografici ancora indistinti da Milano, vedono Monza e Milano sovrapporsi nelle varie operazioni o atti amministrativi che interessano le istituzioni scolastiche del territorio monzese –:
quali iniziative urgenti si intendano assumere in merito. (4-01968)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
BERGAMINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il 24 gennaio 2013 è stato siglato l'accordo tra Governo, regioni province autonome di Trento e Bolzano sul documento relativo alle «linee guida in materia di tirocini», dando attuazione a quanto stabilito dalla legge n. 92 del 2012 di riforma del mercato del lavoro, la quale era finalizzata a stabilire degli standard minimi uniformi in tutta Italia, delineando con maggiore chiarezza i contorni della materia;
l'introduzione della nuova normativa non consente più di stipulare contratti di stage gratuiti, per cui tutti i tirocinanti devono percepire una indennità di partecipazione non inferiore a 300 euro;
il tirocinio non può essere utilizzato per attività lavorative per le quali non sia necessario un periodo formativo;
i tirocinanti non possono sostituire i lavoratori assenti a causa di malattia, congedi parentali, ferie ed altro o per sopperire a temporanee esigenze di organico in determinati periodi di particolare intensità di lavoro;
le tipologie di tirocini previste nelle linee-guida sono:
a) tirocini formativi e di orientamento (che non possono durare più di sei mesi), svolti da soggetti che abbiano conseguito un titolo entro e non oltre i 12 mesi, finalizzati ad agevolare le scelte professionali e l'occupabilità dei giovani nella transizione scuola-lavoro;
b) tirocini di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, finalizzati a percorsi di recupero occupazionale a favore di inoccupati e disoccupati, anche in mobilità, nonché a beneficiari di ammortizzatori sociali, sulla base di specifici accordi in attuazione di politiche attive del lavoro. Tali tirocini non potranno durare più di 12 mesi;
c) tirocini di orientamento e formazione o di inserimento/reinserimento in favore di disabili, persone svantaggiate, richiedenti asilo politico o titolari di protezione internazionale;
i tirocini si attivano attraverso una convenzione stipulata tra i soggetti promotori, pubblici e privati, ed i soggetti ospitanti, che può riguardare anche diverse tipologie di tirocini ed alla quale va allegato il piano formativo individuale di ciascun tirocinante che dovrà contenere l'anagrafica dei tre soggetti che sottoscrivono il documento (promotore, ospitante e tirocinante), la descrizione del tirocinio, il progetto formativo e i diritti e doveri delle parti;
deve essere individuato un referente o tutor quale responsabile organizzativo del tirocinio e devono essere previste un'azione di monitoraggio ed una attestazione dei risultati;
al termine dello stage deve inoltre essere realizzata una valutazione dell'esperienza, con il rilascio dell'attestato relativo all'attività svolta e delle competenze acquisite;
i tirocini previsti dalle linee guida devono essere retribuiti, per cui al tirocinante (ad esclusione dei lavoratori sospesi e comunque precettori di forme di sostegno al reddito) deve essere corrisposta una indennità per la partecipazione al tirocinio, di importo non inferiore a 300 euro lordi mensili, anche con lo scopo di evitare un uso distorto dell'istituto;
non rientrano tra le materie oggetto delle linee guida sugli stage:
a) i tirocini curriculari promossi da università, istituzioni scolastiche, centri di formazione professionale, i periodi di pratica professionale e i tirocini previsti per l'eccesso alle professioni ordinistiche;
b) i tirocini transnazionali come quelli realizzati nell'ambito dei programmi comunitari per l'istruzione e per la formazione, quali il lifelong learning programme;
c) i tirocini per soggetti extracomunitari promossi all'interno delle quote di ingresso;
d) i tirocini estivi;
il fatto, in particolare, che dalla normativa siano esclusi i tirocini curriculari crea una situazione di svantaggio per i neolaureati che possono svolgere soltanto stage extracurriculari e che quindi devono essere retribuiti. Gli enti e le aziende si trovano così nella situazione di poter scegliere tra uno studente laureando, o anche iscritto ad un master, da poter impiegare a titolo gratuito ed uno studente neolaureato, che deve invece essere retribuito;
la conseguenza di tale situazione è che, nella maggior parte dei casi, gli enti e le aziende scelgono di non avvalersi più di tirocinanti extracurriculari, ovvero di coloro che si trovano nella delicata e difficile fase di transizione tra l'università e il mondo del lavoro;
il pagamento dell'indennità allo stagista è a carico dell'ente ospitante e né la legge n. 92 del 2012 né, da quanto risulta all'interrogante, le regioni in sede attuativa, hanno previsto delle coperture e/o delle borse di studio –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se stiano effettuando un'azione di monitoraggio di quanto sta avvenendo nelle università che, a seguito della nuova normativa in materia, vedono sciogliere molte convenzioni di stage extracurriculari ed eventualmente quali iniziative di competenza intendano assumere per correggerne gli effetti distorsivi. (5-01080)
FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
un centinaio di lavoratori ha manifestato nella mattinata del 25 settembre 2013 sotto la sede dell'azienda Plasmon contro la decisione della proprietà di ridurre il numero dei propri dipendenti del 25 per cento, lasciando a casa 204 addetti su 946;
la Plasmon, storica azienda italiana fondata a Milano nel 1902, è attualmente di proprietà della multinazionale americana Berkshire Hathaway, che circa tre mesi fa ha acquisito insieme alla 3G Capital l'attività da Heinz Italia, a sua volta proprietario dell'azienda dal 1953;
per i sindacati è allarme occupazionale perché la proprietà ha deciso i tagli senza un piano industriale; spiegano i delegati che i tagli hanno riguardato prevalentemente i reparti vendita e marketing, ma che l'azienda va bene, perché fa fatturato;
di contro, nella relazione di gestione dell'ultimo bilancio depositato gli amministratori lamentano un calo a valore del 2,1 per cento del mercato degli omogeneizzati, biscotti, –6 per cento dei biscotti, –1,6 per cento del latte per l'infanzia –:
se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per conoscere il reale stato di salute di Plasmon e affinché siano chiariti gli intendimenti della proprietà di Plasmon sul futuro degli stabilimenti e sui piani di investimento per rilanciarne il marchio e se non convenga di istituire con celerità un tavolo istituzionale con tutte le parti coinvolte nella vicenda. (5-01083)
Interrogazioni a risposta scritta:
NICCHI e AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
i lavoratori della ex Delphi-De Tomaso di Livorno, il 23 settembre hanno manifestato davanti alla sede del loro ex stabilimento per mantenere viva l'attenzione sulla loro vicenda lavorativa, iniziata 7 anni fa con il fallimento dello stabilimento Delphi, rilevato dalla famiglia Rosignoli nel 2009 e terminata con il fallimento della De Tomaso (impresa automobilista che conta 134 operai a Livorno e 900 a Grugliasco);
l'azienda, ha infatti avviato le procedure per predisporre la proposta per l'ammissione al concordato preventivo, un accordo con i creditori, dopo che l'assemblea dei soci aveva approvato il bilancio in rosso e deliberato la messa in liquidazione;
la regione Toscana ha annunciato nel maggio 2013 di richiedere al Ministero dello sviluppo economico di riaprire il tavolo per capire il futuro dei dipendenti dello stabilimento di Livorno e dell'intero gruppo, per evitare di arrivare alla fine dell'anno, quando cesserà la copertura della cassa integrazione, senza prospettive;
la regione Toscana ha annunciato di voler attivare il procedimento di revoca dei finanziamenti, coperti da polizze fideiussorie, concessi negli ultimi due anni alla De Tomaso per finanziare progetti di innovazione e formazione;
i lavoratori negli ultimi due mesi non hanno ricevuto la cassa integrazione e a gennaio 2014 terminano gli accordi della stessa cassa e non c’è certezza di altri ammortizzatori sociali;
dei corsi di formazione che sarebbero dovuti iniziare a settembre 2013 con il finanziamento della provincia (circa 1,1 milione di euro), non c’è ad oggi traccia;
i lavoratori coinvolti chiedono dignità e lavoro, e sono intenzionati a organizzare un'assemblea pubblica, riunendo tutti coloro che in sette anni si sono detti disposti a trovare una soluzione al loro caso –:
quali azioni si intendano intraprendere per intervenire nella situazione immediata di blocco della cassa integrazione e quali progetti di ricostruzione e di riqualificazione si intendano mettere in campo per risollevare la situazione economica della azienda e dei lavoratori sul medio e sul lungo periodo. (4-01970)
MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
nel maggio 2012 la GIS, storica azienda di gelati di Mosciano (TE), termina la sua produzione;
dalla dichiarazione di fallimento della Gis avvenuta 16 luglio 2013, sono passate circa 6 settimane, e da allora non è stato compiuto alcun tentativo per cercare di tutelare il reddito dei lavoratori;
i 27 lavoratori fissi, senza contare un centinaio di stagionali, sono senza cassa integrazione straordinaria dall'8 agosto 2013 e senza stipendio da aprile 2013;
i sindacati chiedono che i dipendenti non siamo messi in mobilità, soluzione che spalancherebbe solo le porte alla disoccupazione, ma di verificare strade alternative dato che recentemente il curatore fallimentare, Nicola Rossi, aveva dichiarato l'esistenza di un imprenditore intenzionato all'affitto della Gis;
il giudice delegato alle procedure fallimentari del tribunale di Teramo, Flavio Conciatori, giudica come ancora possibile la facoltà di richiedere la cassa integrazione straordinaria per i dipendenti dello stabilimento –:
se non ritenga doveroso convocare le parti sociali per verificare la possibilità di salvare la continuità occupazionale ed erogare la cassa integrazione straordinaria per i dipendenti del ex-stabilimento GIS. (4-01971)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
QUARTAPELLE PROCOPIO, PELUFFO e GIAMPAOLO GALLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ha previsto all'articolo 63, comma 4, modifiche all'articolo 20 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, in materia di tecniche di valutazione dei progetti di ricerca;
in particolare, il citato comma 4 modifica l'articolo 20 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, che aveva previsto l'introduzione in via sperimentale, per tre anni, della tecnica di valutazione tra pari (peer review) per la selezione dei progetti di ricerca finanziati a carico del fondo sanitario nazionale e del fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) rendendo permanente il riferimento ai principi di tale tecnica per tutti i progetti di ricerca fondamentale libera e di tipo strategico finanziati a carico del FIRST e rimettendo ad un decreto ministeriale di natura non regolamentare la definizione dei criteri di valutazione ai quali dovranno attenersi «appositi comitati» per la valutazione in questione;
allo stato attuale non è ancora stato emanato il decreto attuativo da parte del Ministero dello sviluppo economico –:
se il Ministro interrogato intenda procedere all'emanazione del decreto attuativo e quali siano i tempi previsti. (5-01085)
GELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il Lucchini fa parte del Gruppo Severstal, leader mondiale nella produzione di acciaio e nell'estrazione di minerali destinati alla stesso settore produttivo, con circa 63.000 dipendenti e stabilimenti in Russia, Stati Uniti, Ucraina, Lettonia, Italia, Liberia e investimenti in Brasile;
nel 2005, attraverso la gestione del dottor Enrico Bondi, chiamato alla guida del gruppo Lucchini a seguito di una grave crisi finanziaria, il 60 per cento dell'azienda viene ceduto, attraverso un aumento di capitale, al gruppo russo Severstal che ha come presidente Aleksei Mordashov;
negli anni compresi dal 2006 al 2008 il margine operativo lordo (MOL) conseguito dal gruppo è stato sempre positivo, nell'anno 2006 era infatti pari a circa 300 milioni di euro, mentre quello relativo al 2007 pari a circa 314 milioni di euro;
nel 2009 a seguito della grave crisi economica, il gruppo Severstal decideva di dismettere le attività presenti in Europa, procedendo a diversi tentativi di vendita;
dopo diversi tentativi di vendita senza buon esito, allo scopo di deconsolidare il debito accumulato da Lucchini spa dai bilanci di Severstal, nel 2010 il 51 per cento di Lucchini spa viene ceduto a una società cipriota facente capo allo stesso Mordashov, al valore di 1 euro;
il tribunale di Milano ha omologato, nel mese di febbraio 2012, gli accordi di ristrutturazione del debito di Lucchini spa, da quest'ultima depositati in data 23 dicembre 2011 unitamente al ricorso ex articolo 182-bis della legge fallimentare;
lo stesso piano prevedeva nel periodo compreso dal 2012 al 2014, investimenti dell'ordine di 270 milioni di euro mai realizzati;
la stessa Lucchini spa definiva, in comunicato ufficiale, l'approvazione del piano come il raggiungimento di «un traguardo di fondamentale importanza per il futuro del Gruppo Lucchini, aprendo la strada all'effettiva attuazione del piano di ristrutturazione industriale e finanziario (...)»;
dopo circa dieci mesi dall'avvenuta omologa del piano, il Ministro dello sviluppo economico emanava in data 21 dicembre 2012, un decreto con il quale la società Lucchini spa veniva ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 (convertito con modificazioni con la legge 18 febbraio 2004, n. 39 e succ. mod. – Legge Marzano), nominando, altresì, il dottor Piero Nardi, quale amministratore straordinario, già amministratore delegato del gruppo Lucchini nel periodo 1997-2003, ovvero sino al primo «crack» finanziario del gruppo;
con sentenza del 7 gennaio 2013, il tribunale di Livorno dichiarava lo stato di insolvenza di Lucchini spa, ai sensi e per gli effetti di cui al primo comma dell'articolo 4 della già menzionata legge Marzano;
tra le conseguenze dell'amministrazione straordinaria, vi è l'immediato blocco dei pagamenti nei confronti di tutti i creditori alla data di insediamento del commissario straordinario (21 dicembre 2012), ivi comprese molte imprese locali;
dette imprese, nel triennio precedente, avevano continuato a svolgere i lavori richiesti, pur in presenza di una sistematica discontinuità nei pagamenti, consentendo a Lucchini spa di poter mantenere la continuità produttiva svolgendo, parallelamente, una funzione propria del sistema creditizio, oltre a garantire la tenuta occupazionale;
pur in assenza di dati certi, il blocco dei pagamenti e l'incertezza sulla prosecuzione delle attività lavorative, hanno fatto già registrare una forte perdita di posti di lavoro nell'ambito delle imprese locali facenti parte dell'indotto Lucchini;
risultano presentate 3.642 domande di ammissione al passivo, per un debito totale pari a euro 1.303.778.209,95, come rilevabile nell'Istanza presentata al tribunale di Livorno – sezione fallimentare – dal commissario straordinario in data 14 gennaio 2013;
nell'ambito del debito complessivo stimato, l'esposizione delle imprese locali è, tenuto conto delle dimensioni relative, di un rilievo tale da condizionarne la sopravvivenza stessa;
le udienze per la valutazione delle istanze presentate dalle suddette imprese sono programmate nei prossimi mesi di ottobre e novembre 2013;
l'esito delle predette udienze, è, quindi, di vitale importanza per la salvaguardia del sistema economico locale e per la tenuta occupazionale del territorio;
in data 11 settembre 2013, l'amministratore straordinario ha consegnato al Ministero dello sviluppo economico il programma ai sensi del combinato disposto dell'articolo 4 della legge Marzano e dell'articolo 54 della legge Prodi-bis, redatto secondo l'indirizzo (cessione dei complessi aziendali) di cui all'articolo 27, comma 2, lettera a) della Prodi-bis, ma che i contenuti non sono, ad oggi, noti (ad eccezione di alcune indiscrezioni pubblicate dalla stampa locale) –:
se non si ritenga urgente e doveroso verificare i fatti di cui in premessa, con particolare attenzione alla cessione della maggioranza del gruppo Lucchini al valore di un euro ad una società di diritto cipriota facente capo allo stesso Mordashov, ed al mancato rispetto delle previsioni del piano di ristrutturazione del debito omologato presso il tribunale di Milano, segnatamente rispetto alla mancata attuazione degli investimenti previsti;
se il ministro interrogato sia già in possesso del piano già presentato dal commissario straordinario, e se non ritenga opportuno riferire quanto in esso contenuto, avendo cura di evidenziare le intenzioni del Governo per quanto riguarda la sopravvivenza del secondo polo siderurgico italiano e la tutela degli assetti occupazionali;
se e quali azioni lo stesso Ministro intenda assumere nei confronti del commissario straordinario, e, più in generale, degli enti competenti, per tutelare le imprese locali nell'ambito della «vertenza Lucchini», al fine di consentire il mantenimento del livelli occupazionali e la tenuta del sistema imprenditoriale locale;
se non si ritenga urgente verificare la possibilità di disporre, la momentanea sospensione dell'IRAP per l'anno 2012 a carico delle imprese coinvolte nel percorso di insinuazione al passivo di Lucchini spa, in quanto già notevolmente esposte nei confronti di quest'ultima e con crediti la cui riscossione appare, ad oggi, piuttosto incerta;
se non si ritenga necessario approfondire nei confronti della gestione commissariale, i criteri e le modalità con le quali si è proceduto al contenimento dei costi, e se questi non abbiano riguardato, anche in maniera indiretta, aspetti di particolare rilievo quali quelli ambientali e di sicurezza del lavoro, anche alla luce dei numerosi fenomeni di emissioni diffuse registrate anche dalla stampa locale e del grave evento infortunistico verificatosi in data 30 agosto 2013, a carico di un lavoratore di un'impresa in appalto. (5-01087)
Interrogazioni a risposta scritta:
LATTUCA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
a livello nazionale sono, ad oggi, sempre più numerose le città che intraprendono il percorso dell'offerta di connettività wi-fi pubblica ai cittadini;
all'interno dello scenario complessivo, che conta ben oltre centomila hotspost pubblici sul territorio nazionale, assistiamo ad una notevole varietà di metodologie operative che variano dall'erogazione completamente gratuita 24 ore su 24, all'offerta del servizio su abbonamento attraverso gestori privati;
certamente positiva è la crescita progressiva della domanda e — di conseguenza — dell'utilizzo di servizi di questo tipo da parte della cittadinanza, che denotano un progressivo aumento dell'alfabetizzazione tecnologica e un utilizzo sempre più frequente delle nuove tecnologie da parte della popolazione;
risulta all'interrogante inoltre che, i riferimenti normativi disponibili in merito sino al luglio 2013 erano il Codice delle comunicazioni elettroniche (1o agosto 2003 n. 259, G.U. 15 settembre 2003) e successive modifiche nonché il Decreto ministeriale 28 maggio 2003 (G.U. 3 giugno 2003) «regolamentazione dei servizi wi-fi ad uso pubblico» e successive modifiche;
inoltre il Codice delle comunicazioni elettroniche sottopone l'uso pubblico delle reti wi-fi ad una serie di requisiti e obblighi. In particolare:
a) articolo 6 comma 1: «Lo Stato, le Regioni e gli Enti locali, o loro associazioni, non possono fornire reti o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, se non attraverso società controllate o collegati»;
b) articolo 25, comma 3: «La fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica, fatti salvi gli obblighi specifici di cui all'articolo 28, comma 2, o i diritti di uso di cui all'articolo 27, è assoggettata ad un'autorizzazione generale, che consegue alla presentazione della dichiarazione di cui al comma 4»;
pertanto ogni iniziativa promossa da una pubblica amministrazione nel campo delle comunicazioni elettroniche ad uso pubblico deve fare riferimento ad uno o più operatori privati autorizzati ai sensi dell'articolo 25 del codice. Se la rete o il servizio fa uso di tecnologie wireless per dare l'accesso al pubblico, l'operatore dovrà inoltre essere in possesso dell'autorizzazione prevista dal decreto ministeriale 28 maggio 2003;
recentemente, il cosiddetto «decreto del fare» (decreto-legge n. 69 del 21 giugno 2013 convertito con modificazioni dalla legge n. 98 del 9 agosto 2013, G.U. 20 agosto 2013) interviene in materia. In particolare, l'articolo 10, comma 1, stabilisce che: «L'offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite tecnologia WIFI non richiede l'identificazione personale degli utilizzatori. Quando l'offerta di accesso non costituisce l'attività commerciale prevalente del gestore del servizio, non trovano applicazione l'articolo 25 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e l'articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni»;
da ciò, pare conseguire l'immediata possibilità di eliminare qualsiasi sistema di registrazione e tracciamento degli utenti delle reti wi-fi, siano esse pubbliche o private;
tuttavia, alcune interpretazioni del medesimo articolo, affermano che tale opportunità sia riservata unicamente ai casi in cui l'offerta di accesso non costituisca l'attività commerciale prevalente, con una conseguente apparente difficoltà di distinzione dei casi di applicazione;
come precedentemente affermato, sono molteplici le città del nostro Paese che scelgono di offrire questi servizi –:
quali azioni il Ministero dello sviluppo economico intenda porre in essere per chiarire lo scenario di applicazione delle nuove norme;
se soggetti privati che offrono servizi di connessione wi-fi pubblica su incarico di enti pubblici, possano eliminare i sistemi di registrazione e tracciamento degli utenti, «aprendo» di fatto le proprie reti wi-fi e se le pubbliche amministrazioni potranno offrire direttamente servizi di connettività wi-fi in luoghi pubblici evitando qualsiasi sistema di registrazione e tracciamento degli utenti. (4-01966)
CINZIA MARIA FONTANA, MAESTRI, BENAMATI, CASATI, CIMBRO, CIVATI, COVA, FIANO, GASPARINI, LAFORGIA, MALPEZZI, MARZANO, MAURI, MONACO, PELUFFO, POLLASTRINI, QUARTAPELLE PROCOPIO e RAMPI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la H.J. Heinz Company è presente in modo significativo in Italia dal 1963 con l'acquisizione di Plasmon, seguita da quella di Nipiol e Dieterba e, ad oggi, vanta un fatturato di circa 350 milioni di euro annui e un organico di circa 1.000 dipendenti dislocato in tre sedi: Milano, Ozzano Taro (Parma) e Latina;
da maggio 2010, Heinz Italia spa è stata riconosciuta Head Quarter per il business Global Infant & Nutrition, business strategico dell'alimentazione per l'infanzia, di cui l'Italia ha la responsabilità al fine di guidarne la ricerca, la crescita e la performance su scala globale;
tre mesi fa si è concretizzata l'operazione di acquisto della Heinz Company da parte di Berkshire Hathaway e di 3G Capital e nel corso del mese di settembre la Heinz Italia Spa ha annunciato la riduzione degli organici con apertura immediata della procedura di mobilità per oltre 200 lavoratori dei siti italiani. Nelle dichiarazioni della procedura di licenziamenti proprio le funzioni di ricerca e sviluppo verrebbero fortemente compromesse, lasciando intendere un possibile ridimensionamento della Plasmon, del suo valore di made in Italy, del suo patrimonio di know how;
non risulta ad oggi la presentazione da parte dell'azienda di un piano industriale di consolidamento e di sviluppo su cui costruire soluzioni per garantire la tutela dei lavoratori nonché la tenuta e il futuro del gruppo in Italia, che negli anni è riuscito a creare cibi per l'infanzia di altissima qualità ed ha sviluppato marchi leader e competitivi a livello internazionale –:
se il Governo non intenda attivarsi con la massima urgenza, per quanto di competenza, al fine di impegnare la nuova proprietà della Heinz Company su un piano industriale che garantisca il mantenimento e l'investimento della presenza del gruppo in Italia, prevedendo anche gli ammortizzatori sociali utili per una riorganizzazione meno traumatica, evitando quindi i licenziamenti e salvaguardando così il futuro delle lavoratrici e dei lavoratori dell'azienda. (4-01969)
CIPRINI, TERZONI, GALLINELLA, TRIPIEDI, COMINARDI, ROSTELLATO, BECHIS e BALDASSARRE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il 27 dicembre 2011 la Antonio Merloni spa in amministrazione straordinaria, in persona dei commissari straordinari, ha ceduto con effetto dal 1° gennaio 2012, alla J.P. Industries il ramo di azienda destinato allo svolgimento dell'attività di design, produzione e commercializzazione di elettrodomestici;
con il suddetto atto la J.P. Industries Spa acquisiva al prezzo di 10 milioni di euro la proprietà degli stabilimenti della Merloni e subentrava nei contratti di lavoro con 700 dipendenti in forza presso la società cedente, impegnandosi al mantenimento dell'effettivo livello occupazionale, della prosecuzione dell'attività;
le banche MPS Gestione Crediti Banca Spa, Unicrediti Credit Management Bank spa, Banca delle Marche, Banca Popolare di Ancona, Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana, Banca CR di Firenze e Banca dell'Adriatico, creditori ipotecari ammessi allo stato passivo, unitamente al Comitato Metalmeccanici Umbri, hanno chiesto ed ottenuto dal tribunale di Ancona la nullità dell'atto di cessione del 27 dicembre 2011 nonché del contratto preliminare di trasferimento di azienda, rilevando la macroscopica violazione dei criteri legali di determinazione del prezzo del complesso aziendale che ha determinato una sottovalutazione dei cespiti patrimoniali componenti l'attivo che ha condotto a determinare il prezzo di cessione di un'intera azienda in 10 milioni di euro, pur in presenza di un compendio immobiliare gravato da un debito ipotecario di oltre 130 milioni di euro; il Comitato operaio Metalmeccanici Umbri ha lamentato altresì il mancato rispetto dell'impegno assunto al mantenimento dei posti di lavoro e all'effettiva prosecuzione dell'attività lavorativa;
il collegio giudicante del tribunale di Ancona – con sentenza depositata il 20 settembre 2013 – ha accolto le richieste delle banche stabilendo che «deve ritenersi dimostrato che l'Antonio Merloni Spa alla data di presentazione del piano e della stipula del contratto di cessione rispondeva ai requisiti di un'impresa sostanzialmente e non solo formalmente in esercizio, ciò in ragione dei volumi dei ricavi, degli ordini evasi, delle ore di lavoro effettivamente svolte, del numero dei dipendenti effettivamente impiegati nel ciclo produttivo, dei contratti conclusi;» (pagina 19 della sentenza) e che «deve ritenersi riscontrato ed accertato che il valore dei beni alienati è stato sottostimato, in ragione di una non corretta applicazione dei criteri normativi di determinazione del prezzo, addivenendo alla determinazione di un prezzo di cessione pari a un quinto del reale valore di stima. A fronte di un valore dell'azienda già prudenzialmente indicato in 54 milioni di euro, la cessione è avvenuta al prezzo di 10 milioni di euro, così che il valore di cessione si trova in un rapporto di 1 a 5,4 rispetto al valore di stima.» (pagina 20);
l'azienda è stata venduta al prezzo di 10 milioni di euro, era stata stimata dal professor Laghi – a seguito dell'incarico conferito dai commissari straordinari ex articolo 62, terzo comma, decreto legislativo n. 270 del 1999, in euro 12.257.940,00, considerando un badwill (il valore della redditività negativa) con riferimento ad un periodo di quattro anni anziché con riferimento all'epoca della stima ed al biennio successivo al pari di quanto disposto dalla legge con l'articolo 63, primo comma, del decreto legislativo n. 270 del 1999; infatti il consulente nominato dal tribunale professor Mandrioli ha stimato il valore economico del complesso aziendale, oggetto del contratto di trasferimento, in complessivi euro 54.306.000, tenendo correttamente conto del badwill rapportato al periodo del biennio in conformità alla legge;
in buona sostanza la cessione intrapresa dai commissari straordinari è avvenuta al prezzo di 10 milioni di euro, il tutto a fronte di un valore stimato dal consulente tecnico d'ufficio professor Mandrioli in 54 milioni di euro, ove fosse stato correttamente applicato il criterio normativo del badwill a due anni; il tribunale afferma che «La determinazione del valore, considerando una correzione reddituale a quattro anni, a scapito dei diritti dei creditori in palese violazione delle disposizioni che disciplinano la vendita dell'azienda in esercizio di cui all'articolo n. 63 decreto legislativo n. 270 del 1999, realizza un'ipotesi di nullità del contratto per violazione di legge» (pagina 27);
infine, il collegio conclude che «La pubblica amministrazione non poteva autorizzare la vendita di un complesso aziendale in ragione di un prezzo determinato applicando un badwill calcolato su di un periodo temporale di quattro anni, in violazione di una precisa disposizione di legge che lo delimita al biennio successivo, con il conseguente effetto di determinare il prezzo di cessione ad un valore rappresentativo un quinto di quello corrente ove fosse stata correttamente applicata la percentuale di sconto, con evidente danno per i creditori che hanno visto azzerata la garanzia patrimoniale del debitore e preclusa ogni possibilità di vedere soddisfatto il credito» (pagina 32);
in pendenza della suddetta controversia giudiziaria e in previsione di un eventuale accoglimento della dichiarazione di nullità, in data 12 giugno 2013 veniva presentata una interrogazione a risposta scritta (4/00822) con la quale si chiedeva al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro dello sviluppo economico, tra l'altro, quali misure urgenti «intendessero assumere per promuovere il dialogo con la proprietà allo scopo di predisporre un piano industriale efficace per salvaguardare la produzione e i livelli occupazionali, anche nell'ipotesi in cui si dovesse pervenire all'annullamento della cessione per effetto dell'accoglimento dell'impugnativa pendente innanzi al tribunale di Ancona;
con successiva interrogazione a risposta immediata in XI Commissione lavoro (5/00857) l'interrogante sollecitava il Ministero del lavoro e delle politiche sociali su «quali iniziative e/o misure intenda assumere al fine di salvaguardare la produzione e i livelli occupazionali in vista della scadenza della cassa integrazione guadagni straordinaria in capo ai lavoratori non assunti anche in considerazione della gravità della situazione oggetto di esame dell'autorità giudiziaria»; con entrambe le interrogazioni parlamentari si rappresentava, inoltre, il progressivo «depauperamento» delle lavorazioni e «smantellamento» e «trasferimento» dei macchinari dei reparti di stampaggio plastica in altri siti (Turchia) con conseguente drastica riduzione dell'attività lavorativa, nonostante la pendenza del ricorso delle banche creditrici;
il Sottosegretario di Stato delegato a rispondere intervenuto in XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) il 7 agosto 2013, si limitava ad elencare una serie di iniziative, interventi e proposte volti alla ricollocazione dei lavoratori ma senza nulla precisare in merito all'adozione di eventuali misure di precauzione a salvaguardia dell'occupazione e della produzione volte a fronteggiare le conseguenze economiche e sociali nel caso di accoglimento della prospettata nullità della cessione alla J.P. Industries;
oggi la nullità dell'atto di cessione del complesso aziendale – per effetto della sentenza del tribunale – ha aggravato il quadro di incertezza e precarietà; rimane fortissima la preoccupazione delle sorti degli stabilimenti e la prospettiva del rilancio dell'attività industriale nell'area umbro marchigiana appare lontana anche a causa della mancata adozione – a suo tempo – di misure precauzionali idonee a scongiurare le ricadute economiche e sociali derivanti dalla sopravvenuta nullità dell'atto di cessione del complesso aziendale ex Merloni;
tuttavia, si rende necessaria una forte azione di rilancio del territorio e della produzione anche in considerazione delle risorse economiche messe a disposizione dallo Stato e, se del caso, con la ricerca di nuovi investitori –:
quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare per promuovere un piano industriale efficace – anche sollecitando l'intervento di nuovi investitori – per il rilancio dell'area industriale umbro marchigiana, salvaguardare la prosecuzione dell'attività produttiva e l'occupazione e scongiurare le pesanti ricadute economiche e sociali sul territorio derivanti dalla sopravvenuta nullità dell'atto di cessione aziendale;
se sia intenzione del Ministro procedere ad una indagine e/o verifica dell'operato dei commissari e dell'operazione di cessione del 27 dicembre 2011 intrapresa dai commissari straordinari della Merloni spa in amministrazione straordinaria con la J.P. Industries, valutare profili di responsabilità professionale in capo agli stessi e, se del caso, provvedere alla revoca dell'incarico loro conferito;
se risulti per quale motivo il Governo – a suo tempo – non abbia ritenuto opportuno assumere iniziative a tutela della produzione degli stabilimenti e dell'occupazione accettando il rischio di pesanti ricadute economiche e sociali poi concretizzatesi per effetto della intervenuta sentenza di nullità della cessione aziendale;
per quale motivo il Governo non abbia ritenuto opportuno adottare iniziative e/o controlli sulla corretta esecuzione del contratto di cessione a fronte di uno «smantellamento» dei beni aziendali, mobili e immobili, venduti dalla J.P. Industries ad altri siti, nonostante la pendenza del ricorso innanzi alla autorità giudiziaria. (4-01974)
SERENI, BALDELLI, GALGANO, GALLINELLA, RICCIATTI, LUCIANO AGOSTINI, ASCANI, MARIASTELLA BIANCHI, CARRESCIA, CIPRINI, GIULIETTI, LAFFRANCO, LODOLINI, MANZI, MARCHETTI, MORANI, PETRINI, TERZONI, VERINI e VEZZALI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'azienda leader del comparto produttivo degli elettrodomestici, Antonio Merloni spa il 14 ottobre 2008 è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del decreto-legge n. 347 del 2003 (cosiddetta «legge Marzano») e i commissari straordinari, una volta verificata e formalizzata l'impossibilità di procedere con una gestione in continuità dell'attività produttiva, hanno formalizzato al Ministero dello sviluppo economico, già nell'aprile 2009, la proposta di un programma di cessione dei complessi aziendali;
il 21 novembre 2011, presso il Ministero dello sviluppo economico, veniva siglato l'accordo sindacale propedeutico alla cessione del ramo di azienda attivo della Antonio Merloni al gruppo Porcarelli, titolare del marchio QS Group spa, attraverso J.P. Industries spa;
l'accordo prevedeva l'acquisizione da parte di J.P. Industries Spa, entro dicembre 2011 e con efficacia dal 1° gennaio 2012, degli stabilimenti produttivi situati a Fabriano (Ancona) (Santa Maria e Maragone) e a Nocera Umbra (Perugia) (Gaifana), di 700 rapporti di lavoro del personale dipendente nonché dei marchi Ardo e Seppelfricke;
il costo della cessione, approvato dal comitato di vigilanza previsto dalla legge Marzano, è stato pari a circa 10 milioni di euro, più 3 milioni di crediti a cui il gruppo Porcarelli ha rinunciato e che vantava nei confronti della precedente gestione della Ardo;
il 20 febbraio 2012 un gruppo di banche creditrici della precedente gestione A. Merloni (Mps Gestione Crediti Banca spa, Unicredit Management Bank, Banca delle Marche, Banca Popolare di Ancona, Cassa di risparmio di Fabriano e Cupramontana, Banca Cr di Firenze, Banca dell'Adriatico), ha presentato ricorso per chiedere l'annullamento della suddetta cessione;
sabato 21 settembre 2013 la seconda sezione del tribunale civile di Ancona ha annullato la vendita della Antonio Merloni al gruppo Porcarelli, in quanto la cessione ha «violato un vincolo diretto a salvaguardare, nell'ambito della pluralità degli interessi, quello dei creditori». Il collegio ha rilevato anche varie violazioni delle «norme imperative relative al criterio di determinazione del valore del complesso industriale, tali da inficiare l'intera operazione di vendita per illiceità»;
la sentenza, attesa da mesi, rischia di avere delle conseguenze drammatiche sulla tenuta del tessuto economico e sociale di una parte consistente del territorio umbro e marchigiano e in particolare di creare una grave situazione occupazionale riguardante non solo i 700 lavoratori ex Merloni che erano stati riassunti dalla J.P. Industries, ma anche i 1300 lavoratori del gruppo Merloni attualmente in cassa integrazione fino al prossimo novembre;
nei giorni immediatamente successivi alla sentenza i lavoratori della J.P. Industries hanno risposto con una vasta mobilitazione nei territori interessati, che ha visto la solidarietà di tutte le istituzioni locali e regionali di Umbria e Marche;
dalla stampa locale si apprende che i lavoratori sono intenzionati a chiedere un incontro con Papa Bergoglio nel corso della sua imminente visita ad Assisi del prossimo 4 ottobre 2013 per rappresentare al Santo Padre la situazione di assoluta incertezza e precarietà in cui si verrebbero a trovare a seguito della esecutività della sentenza;
sulla vicenda il 23 settembre 2013 il consiglio regionale dell'Umbria ha approvato all'unanimità una risoluzione che, esprimendo forte preoccupazione, impegna la giunta regionale, a chiedere al Governo in tempi rapidissimi l'attivazione di una sede di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico tesa a individuare urgenti misure per scongiurare gli effetti nefasti della sentenza e mettere in campo tutte le iniziative per garantire il rispetto del progetto e dei contenuti dell'accordo di programma, unitamente alla continuità degli ammortizzatori sociali per il complesso delle maestranze –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e quali iniziative intenda adottare, tenendo conto dei possibili effetti della sentenza del tribunale di Ancona, per evitare che i lavoratori e le loro famiglie, già duramente provati da anni di incertezze e precarietà, debbano ancora una volta pagare il prezzo più pesante di una crisi industriale di cui certo non portano le responsabilità. (4-01977)
GIANCARLO GIORGETTI, PRATAVIERA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI e RONDINI. —Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il dibattito sulla prolungata crisi, che dal 2009 ha colpito la Vinyls Italia spa, è tornato d'attualità a seguito della protesta messa in atto dai lavoratori dell'azienda, il cui futuro occupazionale appare estremamente incerto;
da circa una settimana, infatti, quattro operai hanno occupato la torcia dello stabilimento di Porto Marghera, a 150 metri di altezza, per protestare contro il mancato pagamento, dallo scorso mese di gennaio, degli stipendi che sono necessari per permettere agli operai di continuare a condurre i presidi di sicurezza presso gli impianti;
il gruppo della Lega Nord ha presentato diversi atti di sindacato ispettivo sulla vicenda, da ultimo l'interrogazione n. 5-00156, a cui il Ministro dello sviluppo economico ha fornito, a giudizio degli interpellanti, risposte non esaustive in merito alla salvaguardia del posto di lavoro dei dipendenti, già in cassa integrazione;
in questi anni di amministrazione straordinaria non sono stati individuati possibili acquirenti interessati alla continuazione dell'attività di Vinyls, unica produttrice in Italia di PVC; le manifestazioni di interesse hanno riguardato solo l'acquisto dei terreni, non comprensivi degli impianti PVC, ai fini di una riconversione industriale degli stessi;
l'attuale offerta presentata dall'Oleificio Medio Piave, società che svolge attività di estrazione dell'olio vegetale da semi oleosi, a detta dei lavoratori, potrebbe aprire la strada alla realizzazione di un progetto occupazionale che coinvolga i dipendenti della Vinyls di Porto Marghera;
esistono diversi ostacoli al perfezionamento della procedura di vendita a favore dell'Oleificio che rischiano di portare, se non risolti, ad un aggravamento della vicenda, togliendo ai lavoratori della Vinyls ogni speranza di potersi velocemente reinserire nel mondo del lavoro;
la crisi economica ha avuto un effetto dirompente sulla chimica, determinando una consistente perdita di fatturato per l'intero settore. È tuttavia impensabile che l'Italia rinunci al suo ruolo da protagonista nel settore della chimica, perdendo il valore strategico di questo importante comparto, fondamentale per riportare il Paese su più alti livelli competitivi;
dopo gli interventi di politica economica funzionali ad evitare un avvitamento della crisi, è necessario adottare quanto prima strumenti di politica industriale che siano in grado di salvaguardare le imprese del territorio e l'occupazione –:
se sia nelle intenzioni dei Ministri interpellati partecipare attivamente alle trattative in corso affinché le stesse possano andare a buon fine, garantendo quanto prima la realizzazione di un progetto occupazionale per il reimpiego dei lavoratori della Vinyls di Porto Marghera;
se intenda adottare le iniziative normative che si rendano necessarie per il rilancio della competitività delle imprese e dell'occupazione in tutti i compatti industriali strategici per il Paese, con particolare riferimento alla chimica italiana.
(4-01981)
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Genovese n. 5-00103, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Basso.
L'interrogazione a risposta in Commissione De Rosa e altri n. 5-00821, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carinelli.
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:
interpellanza urgente Giancarlo Giorgetti n. 2-00226 del 24 settembre 2013.