XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 105 di venerdì 25 ottobre 2013

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

      La seduta comincia alle 9,05.

      ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
      (È approvato).

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amendola, Amici, Bindi, D'Alia, Dambruoso, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, La Russa, Orlando, Pes, Portas, Ravetto, Schullian, Tabacci e Tinagli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
      Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

      Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni.

      PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

      ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretario, legge:
      FRANCO FASCETTI, da Roma, chiede:
          norme per facilitare l'accesso alle professioni regolamentate (330) – alla II Commissione (Giustizia);
          la completa liberalizzazione del commercio ambulante per gli stranieri e i cittadini a più basso reddito (331)alla X Commissione (Attività produttive);
          l'espropriazione delle grandi proprietà fondiarie in favore dei piccoli imprenditori agricoli (332) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
          l'introduzione in Italia della coltivazione di nuovi tipi di agrumi (333) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
          la creazione di strutture turistiche nelle zone montane del Mezzogiorno, nel Lazio e in Abruzzo (334) – alla X Commissione (Attività produttive);
          l'apertura di nuove case da gioco nel Lazio e nel Mezzogiorno (335) – alla X Commissione (Attività produttive);
          interventi a favore dei musicisti di strada (336) – alla VII Commissione (Cultura);
          misure di protezione per coloro che si allontanano da organizzazioni criminali (337) – alla II Commissione (Giustizia);
          l'istituzione di una Commissione di inchiesta sull'utilizzo dei proventi derivanti dalla vendita di beni pubblici (338) – alla VI Commissione (Finanze);Pag. 2
          interventi per la valorizzazione agricola della Maremma toscana (339) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
          iniziative per promuovere le feste di quartiere e la creazione di spazi pubblici di socializzazione (340) – alla XII Commissione (Affari sociali);
          la realizzazione, per finalità turistiche, di riproduzioni di mezzi di trasporto dell'antica Roma (341) – alla X Commissione (Attività produttive);
          la promozione di corsi universitari di eloquenza destinati ai magistrati e ai politici (342) – alla VII Commissione (Cultura);
          iniziative per introdurre in Italia le migliori pratiche seguite negli altri Stati europei ai fini della promozione dello sviluppo economico del Paese (343) – alla X Commissione (Attività produttive);
      MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede l'introduzione dell'obbligo del voto palese per tutte le deliberazioni parlamentari (344) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
      MARINO SAVINA, da Roma, chiede interventi per il risparmio energetico nelle pubbliche amministrazioni (345) – alla X Commissione (Attività produttive);
      MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede:
          nuove norme per combattere l'uso delle sostanze stupefacenti (346) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);
          misure per favorire l'emersione fiscale dei servizi alla persona (347) – alla VI Commissione (Finanze);
      MICHELE VECCHIONE, da Alatri (Frosinone), chiede:
          di aumentare il limite delle detrazioni fiscali per le persone a carico (348) – alla VI Commissione (Finanze);
          nuove norme in materia di associazioni combattentistiche (349) – alla IV Commissione (Difesa);
          l'introduzione del divieto di svolgere attività di propaganda elettorale, consentendo solo la pubblicazione di materiale informativo relativo a tutti i candidati alle elezioni (350) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
      STEFANO SALVATORE CASABIANCA, da Catania, chiede:
          l'istituzione della professione sanitaria dell'autista soccorritore addetto al servizio di emergenza (351) – alla XII Commissione (Affari sociali);
          iniziative per la creazione di una zona franca in tutto il territorio del comune di Catania (352) – alla VI Commissione (Finanze);
      ANGELO FRANCESCO CHIURI, da Collecchio (Parma), e numerosi altri cittadini chiedono iniziative per impedire un’escalation militare in Siria (353) – alla III Commissione (Affari esteri);
      RENATO LELLI, da San Pietro in Cariano (Verona), chiede:
          la revisione organica delle norme costituzionali concernenti la magistratura (354) – alla II Commissione (Giustizia);
          nuove norme costituzionali a tutela della libertà di voto e per la riforma della legge elettorale (355) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
      DANIELE DAL MAS, da Fregona (Treviso), e altri cittadini chiedono:
          interventi per garantire la copertura dei servizi di telefonia mobile e l'accesso a Internet in tutto il comune di Fregona (356) – alla IX Commissione (Trasporti);
          l'allacciamento al servizio idrico per tutti i residenti nel comune di Fregona (357) – alla VIII Commissione (Ambiente);
      LORENZO POZZATI, da Milano, chiede norme a tutela dei lavoratori irregolari (358) – alla XI Commissione (Lavoro);
      PAOLA NOVELLI, da Rieti, chiede che le norme in materia di proroga delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni Pag. 3a tempo indeterminato si applichino anche ai concorsi interni (359) – alla XI Commissione (Lavoro);
      CRISTIANO LORENZO KUSTERMANN, da Roma, e altri cittadini chiedono modifiche al disegno di legge governativo in materia di Città metropolitane e Province (atto Camera n.  1542) (360) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
      DOMENICO VISCHI, da Barletta, e numerosissimi altri cittadini chiedono:
          che il capoluogo della provincia di Barletta-Andria-Trani sia individuato nella città di Barletta (361) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
          interventi a garanzia del diritto al servizio pubblico di trasporto ferroviario e per l'introduzione di un obbligo di fermata per i treni che transitano nelle stazioni dei capoluoghi di provincia, anche con particolare riferimento alla città di Barletta (362) – alla IX Commissione (Trasporti).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,15).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative volte a superare la situazione emergenziale relativa alla tendostruttura per l'accoglienza dei migranti a Porto Empedocle (Agrigento) – n. 2-00263)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Iacono n. 2-00263, concernente iniziative volte a superare la situazione emergenziale relativa alla tendostruttura per l'accoglienza dei migranti a Porto Empedocle (Agrigento) (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo alla deputata Maria Iacono se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      MARIA IACONO. Signora Presidente, gentili colleghi, gentile sottosegretario, oggi continua e si conclude a Bruxelles il vertice del Consiglio europeo, anche sulle questioni che riguardano l'immigrazione. Qualche giorno fa il Presidente del Consiglio in quest'Aula ha pronunciato queste parole: porteremo al Consiglio la testimonianza diretta, spaventosa di quanto accade oggi nel Mediterraneo; e poi, ancora: nessuno si illuda che queste tragedie siano episodi destinati ad esaurirsi con l'arrivo del cattivo tempo, sono l'epilogo di una fuga di massa, una fuga dalla guerra, dalla miseria, dalla violenza, dal terrorismo, dalla mancanza di un orizzonte di sopravvivenza. Ha quindi annunciato quali sono gli impegni che l'Italia, già ieri, ha chiesto all'Europa: il riconoscimento che il dramma di Lampedusa e delle coste del Mediterraneo è questione europea, tutte le misure per mettere in atto la rete europea di sorveglianza delle frontiere esterne, Eurosur, il rafforzamento e l'operatività di Frontex e la costituzione della task force Italia-Commissione con il compito di fronteggiare l'emergenza immigrazione. Infine, l'Italia chiede che l'Unione europea investa il suo peso politico con gli Stati vicini.
      Ci sono però situazioni come quelle che riguardano l'oggetto di questa interpellanza che non possono essere eluse, che vanno affrontate qui ed ora e alle quali vanno date soluzioni urgenti e immediate.
      Le condizioni strutturali della tendostruttura di Porto Empedocle a seguito dell'aumento di migranti in arrivo da Lampedusa sono allo stremo. Vale la pena ricordare che la tendostruttura di porto Empedocle è una delle poche esistenti nel territorio siciliano nate a seguito della redazione del piano sociosanitario per l'accoglienza dei profughi sbarcati sulle coste agrigentine che è stata attivata direttamente dal dipartimento di protezione civile della regione siciliana.
      La struttura, a seguito dell'emergenza migranti del 2005, venne utilizzata, almeno per i primi anni, secondo le finalità proprie, ovvero come struttura finalizzata ad offrire una breve accoglienza ai migranti e permettere alle forze dell'ordine di effettuare operazioni di riconoscimento Pag. 4e di identificazione e garantire l'immediato trasferimento degli stessi migranti in strutture idonee.
      Negli ultimi anni, a seguito soprattutto della primavera araba, con il conseguente approdo sulle coste siciliane di migliaia di migranti, la struttura di fatto oltre che offrire accoglienza temporanea, e quindi essere utilizzata quale struttura di transito, si è trasformata in struttura semiresidenziale nella quale i cittadini extracomunitari hanno stazionato per interi giorni.
      A questo si aggiunge che la suddetta struttura non ha le caratteristiche proprie di una struttura residenziale come è possibile constatare dalla documentazione prodotta dal dipartimento di protezione civile che in più occasioni ha chiesto interventi di risanamento e miglioramento strutturale della stessa e che, ad oggi, tardano ad arrivare.
      Inoltre, è doveroso precisare che la Protezione civile non è più nelle condizioni di poter investire economicamente sulla stessa a seguito della scadenza dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri prima citata, che di fatto ha ultimato i suoi effetti nel 2010 con il conseguente esaurimento dei fondi.
      Ad oggi il servizio di accoglienza viene comunque garantito su ordinanza della prefettura, anche se le condizioni non sono assolutamente adeguate a supportare una capienza che va ben al di là e ben al di sopra delle capacità proprie della struttura.
      Ecco, dunque, che appare necessario ricordare che, dallo scorso 27 settembre, la struttura, nonostante sia stata considerata non idonea, ha ospitato un numero di migranti spropositato rispetto alla propria capienza. Inoltre, la struttura non è provvista di appositi padiglioni in grado di separare le donne dagli uomini e i minori dagli adulti.
      A tutto ciò si aggiunge che le condizioni igieniche della struttura stessa non consentono di assicurare un soggiorno che, seppur temporaneo, sia rispettoso della dignità umana.
      Il centro di Porto Empedocle, inoltre, nel mese di agosto, a seguito di una rivolta dei migranti è stato fortemente danneggiato. La recinzione esterna è stata completamente divelta e non si è ancora provveduto alla sua ricostruzione, il che determina problemi relativi al mantenimento delle condizioni di sicurezza rese ancora più difficili dal fatto che le unità di polizia poste a presidio del centro spesso non sono in numero sufficiente per prevenire eventuali rivolte.
       Io credo che, alla luce di una vera e propria emergenza umanitaria, vi sia l'urgenza dell'intervento del Governo per rendere fruibile correttamente la struttura che oggi si presenta come il luogo che ho appena descritto e che non sarebbe del tutto gestibile senza l'aiuto e l'apporto di organizzazioni non governative, come la Caritas e le altre associazioni, che sul territorio stanno svolgendo un lavoro di supporto essenziale al soddisfacimento dei primi bisogni, dei bisogni immediati dell'emergenza.
      Credo che bisogna dichiarare lo stato di emergenza in modo che si possano sbloccare le risorse utili a garantire la necessaria manutenzione della struttura e, inoltre, per garantire la manutenzione della struttura stessa e per consentire ai volontari della Protezione civile, alle forze dell'ordine la possibilità di poter svolgere un servizio in grado – lo ripeto – di rispettare i diritti e la dignità umana di centinaia di profughi.

      PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

      DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, con l'interpellanza all'ordine del giorno, l'onorevole Iacono – che l'ha appena illustrata, ma devo dire che alla sua prima firma si sono aggiunte le firme di molti altri onorevoli a testimonianza dell'esistenza di un problema obbiettivo e reale – chiede di conoscere le valutazioni del Governo in merito alle condizioni della tendostruttura di Porto Empedocle, utilizzata Pag. 5per la temporanea accoglienza dei migranti sbarcati sul territorio della provincia di Agrigento.
      Tale struttura è di proprietà della regione Sicilia e può accogliere 100 persone per il tempo strettamente necessario alla prima assistenza.
      Fino al 2011, la struttura è stata utilizzata in base ad una convenzione sottoscritta, nel 2007, tra la prefettura di Agrigento ed il dipartimento regionale di Protezione civile, per l'attuazione di un piano di prima accoglienza ed assistenza socio-sanitaria per i cittadini stranieri che sbarcavano sulle coste agrigentine.
      Esauriti gli effetti e le risorse messe a disposizione dalla convenzione, la tendostruttura è stata gestita dall'ente proprietario grazie all'impiego di volontari che hanno provveduto esclusivamente alla distribuzione dei pasti e dei vestiti, mentre gli oneri economico-finanziari vengono sostenuti dal Ministero dell'interno.
      Lo scorso agosto, la regione ha evidenziato l'impossibilità a proseguire anche le citate attività, offrendo, però, la disponibilità a consegnare la struttura in comodato d'uso gratuito.
      La prefettura, pertanto, ha predisposto uno schema di capitolato, invitando tre enti a presentare la propria offerta ai fini della gestione.
      Non essendo pervenuta nessuna offerta, sono state approntate le linee guida sulla temporanea accoglienza dei migranti presso la tendostruttura di Porto Empedocle, volte a chiarire i ruoli ed i compiti di ciascuno dei tre principali soggetti coinvolti nelle attività di primo soccorso ed assistenza, vale a dire: la Protezione civile regionale – che lei dianzi rammentava – in quanto proprietaria della tendostruttura; la prefettura, per gli aspetti programmatico-gestionali; la questura, per i profili tecnico-operativi di ordine pubblico.
      In particolare, il Dipartimento di protezione civile della regione ha consentito l'utilizzo della tendostruttura con modalità analoghe a quelle già adottate subito dopo la conclusione della citata convenzione del 2007. Intanto in questi ultimi mesi, è proseguita l'accoglienza dei migranti provenienti da Lampedusa o recuperati nel Canale di Sicilia.
      Questa situazione ha evidenziato ulteriormente le gravi criticità della struttura – quindi lei ha perfettamente ragione da questo punto di vista – aggravate proprio dalla condizione di sovraffollamento che rendono necessario procedere al trasferimento dei migranti.
      In particolare, lo scorso 28 settembre, in previsione di un ulteriore sbarco di cittadini stranieri, si è reso necessario attuare un urgente piano di trasferimenti allo scopo di non aggravare ulteriormente la condizione dei migranti e dei minori ospitati nella struttura, esposti al possibile rischio – ovviamente il riferimento è soprattutto ai minori – di trovarsi coinvolti in disordini che si verificano a causa della compresenza di cittadini appartenenti a diverse etnie in contrasto tra loro.
      In quella circostanza, la curia arcivescovile di Agrigento, su interessamento della prefettura, ha messo a disposizione una parte dei locali annessi all'ex seminario di Favara, dove è stato possibile alloggiare alcuni nuclei familiari con bambini in tenera età. Nella notte tra il 3 e il 4 ottobre scorsi si sono verificati ulteriori, violenti disordini, che hanno determinato l'allontanamento di 169 ospiti e notevoli danni alla struttura. Attualmente sono presenti 167 cittadini stranieri (149 uomini e 18 donne) di prevalente nazionalità maliana e nigeriana, dei quali 151 già sottoposti a procedure di identificazione.
      Per quanto riguarda le misure di vigilanza, ricordo che l'attività di presidio è svolta da 25 operatori di Polizia per ciascun turno di servizio; anche se tale numero è suscettibile di variazione in relazione all'entità delle presenze. Inoltre, qualora si ravvisino emergenti necessità vengono assegnate adeguate unità di rinforzo dei reparti mobili della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri.
      In conclusione, ritengo che le condizioni attuali della struttura impongano la sua chiusura e il trasferimento dei migranti, Pag. 6in vista anche degli interventi di ripristino, peraltro in parte già autorizzati dall'amministrazione dell'Interno.
      In questa direzione – quindi quella della chiusura –, il prefetto di Agrigento ha disposto i necessari accertamenti per l'individuazione di siti in grado di accogliere temporaneamente gli immigrati prima dell'inserimento in uno dei CARA governativi o in una delle strutture dello SPRAR, collaudati sistemi operativi che consentono di gestire, con interventi ordinari, anche le situazioni di forte criticità come quella che lei ha evidenziato.

      PRESIDENTE. La deputata Maria Iacono ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

      MARIA IACONO. Signor Presidente, io sono parzialmente soddisfatta della risposta del signor sottosegretario. Credo che procedere anche nella direzione di una chiusura temporanea per la sistemazione della struttura stessa sia essenziale, ma credo che l'attenzione vada ulteriormente rivolta, non appena, appunto, sarà possibile riutilizzarla a fini che le sono propri, per fare in modo che non si verifichino più situazioni come quelle che si sono verificate in questi giorni, che non sono, lo ripeto, condizioni da Paese civile.
      Ciò perché la situazione all'interno di questo centro, che io ho potuto vedere attraverso la mia visita, è davvero non degna di un Paese civile. E penso quindi che, oltre a un urgente piano dei trasferimenti degli immigrati che arrivano, ci sia la necessità di attenzionare, in maniera davvero diversa da come è avvenuto finora, oltre quella di cercare di salvaguardare i nuclei familiari, anche quella di avere una struttura dove sia possibile appunto dividere i padiglioni in maniera tale che donne e uomini siano separati.
      Ovviamente, questo essenzialmente per quanto riguarda i minori. Credo che questo possa consentire, appunto, di avere una struttura che è nata per un suo funzionamento corretto.

(Elementi in merito alla vicenda relativa alle esequie e al trasporto della salma di Erich Priebke – n. 2-00260)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Tidei ed altri n. 2-00260, concernente elementi in merito alla vicenda relativa alle esequie e al trasporto della salma di Erich Priebke (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo al deputato Renzo Carella se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario. Prego ne ha facoltà.

      RENZO CARELLA. Signor Presidente, signor sottosegretario, quello che è accaduto il 15 di ottobre ad Albano Laziale naturalmente non può che essere sottolineato da parte nostra, intanto perché rileviamo una indeterminatezza da parte delle autorità di Governo, nella fattispecie del prefetto di Roma e provincia, il quale sospende un'ordinanza del sindaco di Albano. Il sindaco aveva, con ordinanza, vietato il transito di qualsiasi salma sul territorio di Albano, perché dai giornali e dai cronisti aveva saputo degli imminenti funerali di Priebke presso la propria città.
      Il prefetto, con il quale abbiamo parlato costantemente (eravamo tre deputati i presenti, io e il collega Stumpo e il collega Zaratti), sosteneva che quei funerali erano privati, riservati e che in un'ora si sarebbero svolti dopodiché, come dire, avevamo garantito a un morto le esequie secondo Santa Romana Chiesa, nonostante la presa di posizione del cardinale Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, che quei funerali pubblici non si dovevano tenere, e neanche riservati.
      Vorrei ricordare a questa Assemblea che la diocesi di Albano, per chi si intende un po’ di storia della Chiesa, fa parte del clero di Roma perché è una diocesi suburbicaria tant’è che il clero di quella diocesi partecipa all'elezione del Papa. Come tutti sanno, il Papa viene eletto dal clero di Roma; anche i cardinali cinesi per essere elettori del Papa debbono appartenere al clero della città di Roma o delle diocesi suburbicarie. Pag. 7
      Quindi il prefetto sicuramente è stato ingannato, vogliamo pensare questo, da un avvocato in cerca di gloria, l'avvocato che mantiene ancora oggi – e non sappiamo l'epilogo, poi alla fine dirò – la fine... diciamo delle spoglie del criminale Priebke.
      Ma soprattutto, ed è una delle domande che vogliamo rivolgere al Governo, ma se al prefetto di Roma era stata consegnato un elenco di cento persone che dovevano partecipare al funerale, la prima domanda: cento persone per un criminale che è nativo della Germania, riparato in Argentina, che ha un figlio in Argentina che non si può allontanare da quella residenza e un altro figlio a New York che ancora non sappiamo se quel giorno era presente ad Albano (perché anche su questo c’è mistero), ma le altre 99 persone non possiamo annoverarle come parenti e amici stretti del criminale Priebke.
      In realtà, erano dei facinorosi che con la morte di Priebke volevano emularlo come simbolo del nazismo e di quello che ha rappresentato. E cito, sottosegretario, la presenza, che non è che ce l'hanno raccontata ma io e il collega Stumpo l'abbiamo vista, di Boccacci.
      Boccacci stava all'interno della fratellanza San Pio X, Boccacci è un noto nazista condannato agli arresti domiciliari che scorrazzava tranquillamente quel pomeriggio all'interno di questa sede.
      Poi c'era l'altro, Gilberto Cavallini, anche lui condannato, ex NAR, ma tutti questi sono amici e congiunti di Priebke ? No, queste sono persone che con Priebke, come dire, condividono una ideologia nazista e fascista che ha rappresentato nel nostro Paese i lutti che abbiamo ricordato.
      Infine, anche il trattamento riservato al sindaco di Albano, che era presente davanti alla sede della fratellanza San Pio X. Anche qui, signor sottosegretario, aver accettato e quindi condiviso da parte dell'autorità di Governo di far svolgere la funzione a una fratellanza lefebvriana, che è notorio che nega l'olocausto e ha atteggiamenti antisemiti, anche questo è stato un elemento di sfida alla sensibilità della nostra comunità.
      Peraltro i funerali si sarebbero dovuti svolgere ad Albano, come tutti sanno città insignita della medaglia d'argento al valore civile, e proprio da Albano e da Genzano e dai Castelli romani provengono 13 vittime delle Fosse Ardeatine, ma il prefetto di Roma tutte queste cose non le sapeva ? Poteva interloquire con il sindaco di quella città preventivamente per assumere informazioni sull'opportunità o meno di svolgere questi cosiddetti funerali riservati che, secondo il prefetto, in un'ora avrebbero, come dire, assolto alla loro funzione, per portare Priebke dove dopo il funerale ?
      Qui c’è un dilemma, io posso essere testimone perché la telefonata l'ha fatta intorno alle 11 il collega Stumpo al prefetto... se non era per noi, che abbiamo collaborato anche con la nostra presenza che all'inizio da parte delle Forze di polizia è stata vista come una sorta di ingerenza.
      A parte voglio sottolineare, signor sottosegretario, quel sindaco con la fascia tricolore: stava lì ed è stato additato da parte di un funzionario di Polizia con un megafono che lui stava commettendo un reato perché partecipava ad una manifestazione non autorizzata, poi andiamo a leggere l'ordinanza del prefetto che sospende l'ordinanza del sindaco di Albano e lo incarica – il prefetto, al sindaco di Albano – di eseguire l'ordinanza del prefetto nella quale si dice che debbono essere svolti i funerali.
      Ebbene, al sindaco è stato impedito di entrare dentro la cappella e dentro l'area dove c'era il carro funebre, dove c'era la salma di Priebke e dove si sarebbero dovuti svolgere i funerali, quindi al sindaco è stato impedito anche di assolvere a un ordine che gli aveva impartito il prefetto di Roma.
      Noi pensiamo che tutto questo debba essere chiarito, l'elenco, le persone che con il treno e con i pulmini stavano arrivando ad Albano per inscenare appunto una manifestazione che possiamo immaginare con quali contorni; l'assalto di un gruppo di fascisti agli antifascisti di Albano, che Pag. 8hanno manifestato la loro protesta e soprattutto il loro sdegno di fronte a quella sede.
      Infine non le chiedo – poi sarà il collega Stumpo, durante la replica – che fine ha fatto quella salma portata nella notte all'aeroporto di Pratica di Mare, anche per insistenza di noi parlamentari, altrimenti la cittadina di Albano il giorno dopo sarebbe stata teatro di scontri perché si avvertiva già la presenza e soprattutto l'arrivo da tutta Italia di fascisti e nazisti.
      Pertanto, non vogliamo sapere che fine ha fatto la salma di Priebke, noi vogliamo semplicemente chiudere questa vicenda, stigmatizzando comportamenti a dir poco superficiali. Debbo dire, purtroppo, ma non è la prima volta, che da parte della prefettura di Roma non c’è stato un comportamento all'altezza della delicatezza dei casi che sono stati sottoposti a quella giurisdizione.

      PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

      DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'interpellanza che è stata appena illustrata dall'onorevole Tidei, ma che reca molte altre firme, tra le quali anche quella dell'onorevole Stumpo, riguarda una vicenda che ha suscitato un vasto clamore per il forte coinvolgimento emotivo che è ancora legato al ricordo della tragedia delle Fosse Ardeatine – sto ovviamente parlando di ciò che dall'illustrazione si era ampiamente capito, cioè del funerale Priebke – che finisce per interessare tutti coloro che comunque ebbero un ruolo in quell'eccidio.
      In termini di una ricostruzione oggettiva dei fatti – in questo senso vorrei rispondere – non si può non tener conto, dunque, dell'alta carica simbolica che l'episodio, che si è consumato in questi giorni, ha assunto agli occhi, non solo della comunità romana, e in particolare di quella ebraica, ma di tutta l'opinione pubblica nazionale.
      Preliminarmente, va tenuto conto del fatto che il prefetto di Roma, nella gestione di questa delicatissima vicenda, ha dovuto innanzitutto misurarsi con la richiesta avanzata dal legale tutore di Priebke, volta a far sì che il rito funebre dell'ex ufficiale tedesco potesse svolgersi nella chiesa romana di Santa Maria Immacolata di Lourdes. Questa era la richiesta originaria del legale tutore di Priebke.
      A fronte delle reazioni piuttosto accese conseguenti a tale proposta e in considerazione della possibilità di turbative durante le esequie, si è perciò deciso di vietarne lo svolgimento in forma pubblica, con specifica ordinanza del questore di Roma, adottata ai sensi dell'articolo 18 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
      In seguito, il prefetto di Roma, preso atto della disponibilità espressa dalla Fraternità sacerdotale San Pio X di Albano Laziale di ospitare presso la propria sede il rito funebre in forma privata, ha valutato favorevolmente tale disponibilità, anche in considerazione del fatto che era l'unica disponibilità emersa fino a quel momento.
      Il prefetto ha comunque ordinato che lo svolgimento delle esequie avvenisse in forma assolutamente privata – come ho già rammentato prima – e, a tale scopo, si è avvalso del potere di ordinanza previsto dall'articolo 2 dello stesso testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, norma di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, come si diceva.
      Appare evidente che il provvedimento prefettizio, in quanto adottato per specifiche finalità di esclusiva competenza dello Stato, fosse destinato a prevalere da un punto di vista tecnico su ogni altro diverso provvedimento, e, quindi, anche sull'ordinanza del sindaco di Albano, citata dall'interpellante, peraltro motivata anche con riferimento a esigenze di tutela della sicurezza urbana, che restano assorbite nella più vasta competenza del prefetto.
      È noto, peraltro, come il fatto che siano trapelate notizie, anche da fonti giornalistiche, riguardanti il luogo di celebrazione del funerale, abbia attratto molti esponenti di estrema destra a darsi convegno nella cittadina laziale. Questo è un dato oggettivo Pag. 9che abbiamo potuto constatare tutti anche dalle terribili riprese televisive che sono state mandate in onda.
      Voglio ricordare, al riguardo, che la gestione dei servizi di ordine pubblico è stata attentamente valutata, tant’è che, su richiesta del prefetto di Roma, il Dipartimento della pubblica sicurezza ha disposto l'assegnazione di complessive 400 unità di rinforzo dei reparti mobili di Polizia.
      All'evento, in particolare, erano presenti circa 600 persone, tra cui – con l'intento di impedire l'accesso del feretro – anche alcuni sindaci ed amministratori dei comuni limitrofi ed il presidente della locale sede ANPI.
      I disordini e i momenti di forte tensione hanno reso necessario, anche per consentire il passaggio del corteo funebre, l'intervento delle forze di Polizia presenti sul posto, le quali hanno poi proceduto all'identificazione di due facinorosi, che sono stati deferiti all'autorità giudiziaria locale.
      Il prefetto di Roma ha in seguito disposto, con separato provvedimento, il divieto di tumulazione della salma di Priebke in tutta la provincia.
      Anche quest'ultimo provvedimento è stato adottato allo scopo di evitare ulteriori turbative, corrispondendo alla medesima esigenza di tutela dell'ordine pubblico, così come si sviluppava nella vicenda che ho tentato di riassumere.
      Questa ulteriore decisione dimostra come, nella gestione di una vicenda che presentava oggettivi profili di criticità, la massima autorità provinciale di pubblica sicurezza abbia ispirato in realtà la propria azione ad una linea di prudenza e di valutazione obiettivamente ponderata delle diverse esigenze che sono venute in rilievo nel corso della vicenda medesima.

      PRESIDENTE. Il deputato Nicola Stumpo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Tidei n. 2-00260, di cui è cofirmatario.

      NICOLA STUMPO. Signor Presidente, sottosegretario, devo dire che non siamo soddisfatti della risposta per delle ragioni, se posso dire, oggettive. Il 15 ottobre tra Roma ed Albano Laziale c’è stata un'avventura. Non sono stati eseguiti dei funerali e c'entra poco l'umana pietas, diciamo, per chiunque. C’è stata un'avventura in quelle ore, quando lei ci diceva che 600 cittadini manifestavano non per qualcosa di secondario ma per una cosa che nessuno avrebbe mai voluto vedere e che ci auguriamo non succeda mai più, cioè che un uomo, che è stato condannato per omicidio di una gravità enorme, è stato portato in una cittadina e non si sapeva dove dovesse ritornare. Ciò perché alle 21 – lo diceva prima il collega Carella –, anzi alle 22, quando abbiamo parlato con il prefetto gli abbiamo chiesto: «Ma, se fossero state davvero delle esequie private – tra le 17 e le 18 si dovevano fare – dove finiva il feretro ? Lo riportate esattamente dove sarebbe dovuto andare alle 18». Ci hanno detto che servivano 24 ore per trovare un convento in accordo con il Vaticano. C’è qualcosa che non quadra tra quello che è successo e quello che ci è stato ora riferito.
      Sono delle cose che io trovo difficili anche da spiegare e da continuare a vedere e da continuare a pensare. Si è trattato del fatto che un condannato, che è stato in Italia per vent'anni a scontare una pena per un eccidio gravissimo, per quanto riguarda l'ordine pubblico sia stato messo, diciamo, sullo stesso piano di persone che erano lì, familiari delle vittime di quell'immane tragedia delle Fosse ardeatine; che il legale rappresentante ha trattato questa vicenda come se fosse un fatto normale e che, invece, l'ordine pubblico non fosse di ordine superiore rispetto a quello che stava accadendo; che le esequie pubbliche sono state vietate prima nella città di Roma (e solo nella città di Roma), per ragioni che ancora non sono chiare perché solo nella città di Roma, ed era possibile farle, invece, in una cittadina come Albano Laziale, che aveva tanti problemi legati ai ricordi delle Fosse ardeatine e che è anche in una posizione, se le posso dire, essendoci stato, molto difficile da gestire dal punto di vista dell'ordine pubblico. E come mai è stato consentito ad Pag. 10un gruppo, che era stata scomunicato fino a poco tempo fa – e che poi è stato riammesso – proprio per le proprie idee negazioniste, di rientrare nell'ordine ecclesiastico ?
      Lei ci dice che è stata adottata tutta la prudenza, ma in quelle ore la prudenza sembrava altro. Allora, io non sono soddisfatto per queste ragioni, perché in quelle ore scorazzavano per Albano personaggi che non dovrebbero girare liberi e perché si stava facendo una manifestazione neonazista piuttosto che un funerale. Stavano arrivando dei treni, che sono stati fermati, e poi sono arrivati i pullman e in quelle 24 ore, che si chiedevano, sarebbe successo forse l'irreparabile.
      Lo ha detto prima il collega Carella. C’è ormai un segreto di Stato e io mi auguro che tale resti, non come l'ordinanza che doveva dare una segretezza anche a quei funerali e tre secondi dopo quell'avvocato ha mandato alle agenzie di stampa l'orario e il luogo dove si sarebbero svolte le esequie, creando un problema di ordine pubblico. E, mi chiedo, perché dopo l'uscita delle agenzie di stampa non è stato fermato quello che doveva essere un funerale privato e riservato ? Queste sono le ragione – e mi dispiace di questo, sottosegretario – che mi fanno dire che noi non siamo soddisfatti, perché in quel giorno più che prudenza c’è stato dell'altro.
      Non voglio dire cosa penso rispetto «a dell'altro» per rispetto delle istituzioni, ma mi auguro che quanto successo quel giorno ci porti a pensare che questa vicenda, ancora aperta, sia trattata con la massima riservatezza, perché non succeda domani che il luogo dove Priebke (non so se definirlo soltanto così) verrà sepolto resti segreto, perché mai nessuno possa usare quel luogo per far ritornare alle menti quello che è successo.

(Iniziative, anche normative, volte a superare il blocco delle assunzioni per il personale sanitario, con particolare riferimento alla regione Campania – n. 2-00251)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente De Mita n. 2-00251, concernente iniziative, anche normative, volte a superare il blocco delle assunzioni per il personale sanitario, con particolare riferimento alla regione Campania (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo al deputato De Mita se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      GIUSEPPE DE MITA. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'interpellanza in esame sollecita l'attenzione su una questione particolare, però, lo dico subito, vuole evitare di essere una sollecitazione di tipo particolaristico perché, in realtà, partendo da un caso concreto, vuole provare a provocare una riflessione di profilo generale sulle modalità con le quali si sta intervenendo nella sanità, soprattutto per quanto riguarda la spesa e l'eccesso di spesa. Infatti, i provvedimenti adottati, a mia opinione – ma la mia opinione è la conseguenza di un riscontro oggettivo dei fatti –, segnatamente il decreto-legge n.  125 del 2010, stanno mettendo in evidenza una quantità di limiti che esigono dei correttivi, ma dei correttivi non ispirati da demagogia o da rivendicazioni di tipo particolare ma che facciano riferimento al caso concreto. Mai come questa volta il caso concreto può aiutarci a recuperare principi di ordine generale per intervenire nel miglior modo possibile. Dico ciò perché, soprattutto in questa fase politica e anche dell'attività di Governo, visto che il Governo si prepara a discutere la legge di stabilità, il tema di fondo, anche se forse non affrontato così come si dovrebbe – ma mi rendo conto delle condizioni politiche e storiche che stiamo attraversando –, il tema vero è quello dell'intervento di riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica. E la sanità, per certi versi, è la pietra angolare di questo tema non solo dal punto di vista quantitativo, per quanto pesa sui bilanci regionali e per quanto pesa sul bilancio dello Stato, ma anche perché essa fa riferimento all'esigenza di ricercare il bilanciamento possibile tra spesa pubblica e tutela dei diritti di cittadinanza. La sanità, la tutela del diritto alla salute è uno dei diritti Pag. 11sociali cardine, anzi è l'unico diritto sociale riconosciuto come tale all'interno della nostra Costituzione. Noi dobbiamo cogliere il punto che ha dato origine alla crisi. Perché l'eccesso di spesa si è generato in ragione del fatto che all'aumento della quantità dei diritti soggettivi delle persone lo Stato ha corrisposto con un aumento della quantità della spesa. Questo ci ha portato nella condizione in cui siamo. Noi dobbiamo andare alla ricerca di un punto di equilibrio tra la riduzione della quantità della spesa ed il mantenimento di una qualità della tutela. Invece, credo che abbiamo interiorizzato l'eccesso di spesa senza leggerne le ragioni storiche che l'hanno determinato e abbiamo immaginato che la riduzione della spesa fosse di per sé la soluzione.
      Sono stato piacevolmente sorpreso dall'attenzione posta dal ministro Lorenzin sulla questione quando, nel corso dell'audizione svoltasi la settimana scorsa in Commissione riunite, il ministro ha dichiarato limpidamente che la riduzione della spesa in sanità sta determinando una riduzione dei livelli essenziali di assistenza.
      Allora il mio ragionamento parte da questo punto, che è proprio una delle risultanze di questa indagine conoscitiva che sta svolgendo la Commissione bilancio insieme alla Commissione affari sociali. La sanità italiana sinteticamente potremmo dire che si caratterizza per due questioni. La prima è che ha uno dei rapporti più bassi tra spesa sanitaria e prodotto interno lordo tra i Paesi occidentali. Quindi, non è che in relazione alle prestazioni che vengono svolte in altri Paesi noi abbiamo un problema di eccesso di spesa. Inoltre, la sanità italiana ha una forbice molto ampia tra punti di eccellenza e punti nei quali l'organizzazione del sistema è di bassa qualità.
      Allora la questione è razionalizzare la spesa. Certo, la razionalizzazione può anche implicare la riduzione della spesa, ma non è detto che la riduzione della spesa sia di per sé una razionalizzazione della spesa. Per questo noi dobbiamo entrare nel dettaglio e invece – come le dicevo prima – l'evidenza dei fatti ci porta a prendere atto di questo schema: eccesso di spesa, soprattutto su scala regionale; commissariamento delle regioni da parte del Governo; adozione di misure automatiche (aumento delle accise, aumento delle addizionali fiscali, blocco del turn over), che fatte così hanno più il sapore della contravvenzione piuttosto che il sapore del correttivo. Sbagli e ti faccio la multa. Inoltre hanno una dimensione di astrattezza che non aiuta, e arrivo al caso specifico.
      Nelle regioni commissariate c’è il blocco del turn over, cioè per le persone che vanno in pensione non ne possono essere assunte altre. Poi, però, i direttori delle aziende ospedaliere e sanitarie sono tenuti a garantire i livelli essenziali di assistenza e quindi ricorrono agli strumenti ai quali possono ricorrere. Nel caso specifico, in Campania, soprattutto nelle aree interne, che hanno una loro specificità, ricorrono all'autoconvenzionamento, cioè prendono medici che sono già dipendenti del sistema, li convenzionano e una notte di un medico autoconvenzionato costa tra i 500 e i 600 euro – una notte –, o ricorrono a prestazioni atipiche che non vengono contabilizzate nella voce «costo del personale» – quindi noi non sappiamo le misure che adottiamo gli effetti che determinano –, ma vengono contabilizzate sotto la voce «acquisto di beni e servizi», voce che non ha la stessa rigidità in termini di sanzioni rispetto all'altra.
      Questo sta portando alla circostanza che in realtà non c’è una riduzione della spesa e c’è una riduzione della qualità delle prestazioni, perché un medico che smette il proprio turno alle 20 nell'ospedale dove è contrattualizzato e poi va a fare il turno di notte da una altra parte, se deve assistere un paziente che arriva al pronto soccorso, non so il grado di attenzione che possa prestare. Questo vale in generale, ma vale soprattutto per le aree interne. L'interpellanza è rivolta alla sanità, all'economia e agli affari regionali, perché voi siete i tre attori dell'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge, cioè quelli che possono intervenire. Lo dico rivolto al Pag. 12Ministro degli affari regionali: ma se si sta dedicando giustamente, anche nella legge di stabilità, questa attenzione alle aree interne e alle modalità di organizzazione dei servizi, bisognerebbe far cospirare tutte le misure nella stessa direzione.
      Allora, la questione che pongo è questa: non lo sblocco del turn over, perché posta così la questione sarebbe posta in maniera sbagliata; il mantenimento del blocco del turn over, ma la verifica nel caso concreto se il mantenimento del blocco, in termini sanzionatori astratti, così come avviene oggi, non produca effetti contraddittori e se in alcune circostanze non sia preferibile, mantenendo il blocco del turn over, ricorrere alla contrattualizzazione a tempo determinato di giovani medici, perché questo determina una riduzione effettiva della spesa e un miglioramento della qualità delle prestazioni.
      Allora la questione è entrare nel merito: il punto è non ridurre la spesa, ma ridurre lo spreco. L'interpellanza, che parte da questa questione particolare, vuole provocare questa riflessione generale. Io spero davvero che non si arretri rispetto al tema. Non ci basta ascoltare risposte come quelle che abbiamo ascoltato dal Ministero dell'economia e delle finanze in Commissione. Non basta dire: «bisogna ridurre», perché se la riduzione non corrisponde ad una riduzione effettiva dello spreco, ad una razionalizzazione della spesa e ad un miglioramento della qualità dei servizi, noi stiamo dicendo ai nostri cittadini che non siamo più in grado di garantire i diritti sociali che l'evoluzione della società ha consentito di conquistare. E questa sarebbe la vera sconfitta.

      PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Paolo Fadda, ha facoltà di rispondere.

      PAOLO FADDA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente e onorevole De Mita, un ringraziamento anche per l'illustrazione e per la pacatezza che ha dimostrato e per la non strumentalizzazione di fatti gravi, comunque, che sono avvenuti nella sua regione. L'interpellanza, infatti, descrive un contesto sostanzialmente corrispondente alla realtà dell'intero sistema sanitario regionale, sottoposto al blocco del turn over del personale delle strutture sanitarie ed al divieto di effettuare spese non obbligatorie: questo è quanto ha riferito il subcommissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro sanitario nella regione Campania.
      Sempre come riferito dallo stesso subcommissario, l'applicazione di tali misure ha indotto le aziende sanitarie – come è stato descritto anche dall'onorevole De Mita nella sua illustrazione – ed aziende ospedaliere a ricorrere a soluzioni alternative, come quelle dei convenzionamenti interni e/o a prestazioni lavorative aggiuntive – come è stato detto – con costi veramente abnormi, indicate con riferimento alla ASL e all'Azienda Ospedaliera «Moscati» di Avellino, al fine di assicurare quei livelli essenziali di assistenza, anche se nella misura minima.
      In ordine alle attuali iniziative in corso, il Ministero della salute comunica che la regione Campania, sottoposta – come è stato detto – al piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario e al blocco del turn over, ha comunicato agli organismi di monitoraggio (tavolo adempimenti e comitato LEA) dei piani di rientro, di volersi avvalere della facoltà reintrodotta dall'articolo 4-bis del decreto-legge n.  158 del 2012, convertito dalla legge n.  189 del 2012, che prevede quanto segue: nelle regioni sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari, nelle quali sia scattato per l'anno 2012 il blocco automatico del turn over ai sensi della legge n.  311 del 2004, ovvero sia comunque previsto per lo stesso anno il blocco del turn over in attuazione del piano di rientro o dei programmi operativi di prosecuzione del piano, tale blocco può essere disapplicato, nel limite solo del 15 per cento e in correlazione alla necessità di garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, qualora i competenti tavoli tecnici di verifica dell'attuazione dei piani accertino il raggiungimento, anche parziale, degli obiettivi previsti nei piani medesimi. La predetta autorizzazione è disposta con Pag. 13decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport.
      Al fine di dare attuazione alla norma in esame, gli organismi di monitoraggio hanno richiesto alla regione una relazione esplicativa della necessità di assumere personale del ruolo sanitario per garantire i livelli essenziali di assistenza, in coerenza con gli atti di programmazione regionale, e previa attivazione delle procedure di mobilità infraregionale (ai sensi dell'articolo 1, comma 8, del decreto-legge n.  158 del 2012, convertito dalla legge n.  189 del 2012).
      La regione Campania ha inviato gran parte della documentazione richiesta, corredata da tabelle di dettaglio. Le richieste effettuate dalla regione hanno seguito un duplice percorso. In primo luogo, un percorso per deroghe con carattere di urgenza, applicabile a personale sanitario della rete emergenza e urgenza territoriale e ospedaliera e personale di figura apicale per discipline di alta specialità. In secondo luogo, un percorso per deroghe con carattere di non urgenza, applicabile a tutto il restante personale sanitario regionale. Attualmente, è stata completata l'istruttoria della documentazione citata ed è in corso la predisposizione di un apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero per gli affari regionali, il turismo e lo sport, con il quale verrà disposto lo sblocco parziale del turn over, nei limiti convenuti dagli organismi di monitoraggio. Con eventuale successivo decreto, previa adeguata istruttoria, potranno essere autorizzate le rimanenti richieste di deroga. Tuttavia, a giudizio del subcommissario, il percorso finalizzato al parziale sblocco del turn over (ripeto: solo il 15 per cento) non consentirà di risolvere in pieno il problema.
      Gli interpellanti, come riconosciuto dalla struttura commissariale della regione Campania, hanno descritto, ripeto, con precisione un quadro regionale molto, molto preoccupante, che deve indurre il Governo, come è stato richiesto anche dall'onorevole De Mita, e il Parlamento ad una necessaria riflessione sui risultati cui le disposizioni normative in materia sono finalizzate. Non è infatti giustificabile che un sistema sanitario regionale debba ricorrere, per garantire i livelli minimi di assistenza, se corrisponde al vero – e io credo che sia vero – quanto segnalato dall'interpellante, a misure non in linea con la normativa vigente, per reperire le professionalità necessarie per poter operare, determinando, peraltro, livelli di responsabilità, anche di natura personale, per le figure dirigenziali preposte alla gestione del sistema aziendale e regionale.
      Ecco perché ritengo che bisogna procedere con una ricognizione estesa a tutte le regioni in piano di rientro, per verificare se quanto descritto dagli interpellanti sia un fenomeno diffuso per tamponare situazioni di emergenza sanitaria per carenze di figure professionali. Da ultimo, mi faccio carico di verificare la percorribilità di nuove iniziative, anche di natura normativa, per semplificare le vigenti procedure in materia di disapplicazione del blocco del turn over.

      PRESIDENTE. Il deputato De Mita ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

      GIUSEPPE DE MITA. Signor Presidente, devo dichiarare che sono parzialmente soddisfatto della risposta che è stata data. Infatti la soddisfazione origina soprattutto dalla circostanza che il problema è stato assunto nella sua consapevolezza e, quindi, le ultime parole del sottosegretario ritengo siano la parte più impegnativa per il Governo e per il Parlamento. Innanzitutto, proverei a correggere così: non intervenire per uno sblocco del turn over, perché noi rischiamo di introdurre una misura esagerata rispetto anche a una dimensione di lassismo eccessivo, soprattutto per quanto riguarda il personale, la sua distribuzione, la sua produttività, che c’è stato in alcune regioni, e tra esse anche la Campania. Tuttavia, vorrei fare due notazioni che condizionano il mio giudizio di positività. Tutta la questione sullo Pag. 14sblocco parziale del turn over, il 15 per cento per il 2011 e il secondo 15 per cento per il 2012, così come è stata illustrata dal subcommissario, resta nella logica della rigidità che abbiamo detto. Non sono la soluzione, sono dentro la logica. È la contravvenzione che viene emendata parzialmente.
      Infatti se queste misure le traduciamo sul piano operativo in alcune realtà, come quelle della provincia di Avellino, significa sette persone. E se noi lasciamo anche la deroga ad un'applicazione non controllata, avremo ASL che prenderanno infermieri e ASL, non dico quali, che si preparano ad assumere amministrativi. Ora mi domando: se il tema è intervenire per personale che garantisca i livelli essenziali di assistenza, in questo momento gli amministrativi che aiuto possono dare rispetto ad una percezione delle persone di riduzione della dimensione del proprio diritto ?
      L'altra avvertenza: siccome la norma è sbagliata – lo dico in termini eccessivi e provocatori – poi non colpevolizziamo chi, a valle, cerca di trovare le misure adeguate per intervenire. Infatti se andiamo a investigare se i direttori potevano o non potevano fare così: fanno quello che possono ! C’è una norma che blocca il turnover e devono prendere provvedimenti in qualche altro modo nei margini di legittimità. Però non possiamo colpevolizzarli altrimenti commettiamo due volte lo stesso errore. Detto questo, si intervenga. I tre Ministri hanno la possibilità, in ragione della norma citata nell'interpellanza urgente, di intervenire, fermo il blocco del turn over, per individuare le modalità di intervento in alcune aziende ospedaliere, in alcune ASL, consentendo la contrattualizzazione a tempo determinato sempre all'interno di canoni precisi che fissa il legislatore e anche alleggerendo la responsabilità di chi fa davvero «vita di trincea» all'interno degli ospedali, trovandosi ad organizzare un pronto soccorso con personale oggettivamente logorato.
      Mi auguro che il percorso che ha detto il sottosegretario si possa compiere. Sì, certo, compete al Parlamento intervenire e la Commissione bilancio lo farà all'esito di questa attività istruttoria. Ma è importante che il Governo dia un indirizzo, che il Ministero dell'economia e delle finanze svesta i panni dell'ottuso ragioniere e, approfittando della circostanza che dialoga in questa materia con il Ministero della salute, che ha una più spiccata sensibilità sotto altri aspetti per la tutela di altri interessi, e il Ministero per gli affari regionali, individui, caso per caso direi, le modalità di uscita da questo «collo di bottiglia» nel quale ci siamo infilati in materia di spesa pubblica.

(Elementi in ordine alle risorse destinate al Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa per l'anno scolastico 2013-2014 – n. 2-00252)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Carocci n. 2-00252, concernente elementi in ordine alle risorse destinate al Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa per l'anno scolastico 2013-2014 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo alla deputata Maria Grazia Rocchi se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      MARIA GRAZIA ROCCHI. Signor Presidente, ringrazio anche il sottosegretario della presenza alla illustrazione dell'interpellanza urgente. Il Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa, che aggrega le risorse che arrivano alle scuole, per istituti importanti, quali il fondo dell'istituzione scolastica e attività per il gruppo sportivo, la remunerazione alle funzioni strumentali e quant'altro, rappresenta oggi l'insieme di quelle risorse che consentono alle istituzioni scolastiche di avviare, dare corpo e attuazione al piano dell'offerta formativa e che sono oggetto di contrattazione interna d'istituto annuale.
      Ma non è soltanto un problema di erogazione finanziaria. Questa, di fatto, è una delle poche leve che consentono alle istituzioni scolastiche di valorizzare le risorse Pag. 15professionali, di sostenere gli sforzi di innovazione didattica, di innovazione metodologica, di sostenere pertanto le capacità progettuali di un'intera istituzione scolastica e del personale che vi fa parte.
      Più volte, nella mia attività professionale, mi sono trovata a un incontro con docenti in gamba, preparati e capaci, che mi dicevano: guardi preside, lo faccio questo lavoro, ma lei smetta di promettere soltanto, ogni tanto ci dia la possibilità di essere remunerati, riconosciuti, in qualche maniera. Bene, l'incertezza intorno all'erogazione di queste risorse mina alla base la possibilità di utilizzare nel modo più appropriato questa leva, le toglie credibilità, le toglie corpo e certezza. Ecco perché la notizia che al momento le istituzioni scolastiche non hanno avuto comunicazione rispetto agli stanziamenti 2013-2014, bensì, con un'unica nota si comunica loro che possono avviare la contrattazione su eventuali risorse non ancora erogate, ha mandato il mondo della scuola in ennesima fibrillazione, e sappiamo quanto sia stata oggetto di tensioni nell'ultimi anni.
      Per rasserenare il clima e restituire una piccola base di certezza, chiediamo al Governo se non sia il caso di dare qualche notizia rassicurante, iniziando quanto prima un'attività di contrattazione e di negoziazione delle risorse che andranno a coprire il Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa (MOF) 2013-2014, tale da consentire alle scuole di avviare la contrattazione, di assegnare risorse certe al pari dell'offerta formativa. Per questo richiedo al Governo, con questa interpellanza, di conoscere la sequenza e i tempi che si prevedono di utilizzare per comunicare alle scuole l'intero MOF 2013-2014. Ringrazio il Presidente e il sottosegretario.

      PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

      MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Onorevole Presidente, ringrazio gli interpellanti, con i quali non nascondo una certa empatia. Gli interpellanti, infatti, sollecitano la definizione degli importi del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa per l'anno scolastico già avviato, nonché dei criteri per la relativa assegnazione, e tutti noi sappiamo quanto questo sia importante.
      In merito alla procedura per l'assegnazione delle risorse disponibili sul Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa, detto MOF, per l'anno scolastico 2013-2014 è in corso un confronto tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le organizzazioni sindacali. Ricordo, infatti, che la materia in argomento è oggetto di contrattazione collettiva, a norma degli articoli 33, 62 e 85 del contratto collettivo nazionale del computo scuola, sottoscritto il 29 novembre 2007, ancora vigente.
      Dall'inizio del mese di luglio, fino ai giorni scorsi – precisamente in data 4 e 17 luglio, 3 e 25 settembre e, ancora, 10 ottobre, quindi un'attività intensa – si sono svolti una serie di incontri nei quali il Ministero ha formulato diverse soluzioni per l'assegnazione del MOF 2013-2014: in un primo momento è stata proposta l'erogazione dell'intera disponibilità del Fondo – pari a 984 milioni di euro – in un'unica soluzione; successivamente sono state avanzate altre proposte per l'assegnazione di una percentuale di dette risorse, con rinvio a una successiva sequenza contrattuale per l'individuazione dei criteri di impiego della rimanente quota.
      Unitamente all'entità delle risorse sono stati altresì proposti, in attuazione delle disposizioni contenute nel contratto collettivo nazionale del comparto scuola 2006-2009, i criteri per la ripartizione delle stesse tra le varie voci del MOF, vale a dire: il Fondo delle istituzioni scolastiche, importantissimo, il pagamento delle funzioni strumentali del personale docente, degli incarichi specifici del personale ATA, delle ore eccedenti per le attività complementari di educazione fisica e per la sostituzione del personale assente, ed altro.
      Tuttavia, già a partire dallo scorso anno scolastico, la procedura di assegnazione Pag. 16del Fondo in questione risulta connessa con la questione del finanziamento degli scatti di anzianità del personale scolastico. In considerazione di ciò, le organizzazioni sindacali hanno anche chiesto di attendere l'esito della verifica dell'entità delle economie di spesa derivanti dalle misure di contenimento previste dall'articolo 64 del decreto-legge n.  112 del 2008, che saranno impiegate per il pagamento degli scatti maturati nell'anno 2012.
      Desidero comunque assicurare che l'amministrazione continuerà, come sta facendo, a intraprendere tutte le iniziative utili a una sollecita definizione della vicenda, dovendo condividere le preoccupazioni espresse dagli onorevoli interpellanti in merito all'urgenza di assegnare le risorse del MOF per consentire alle scuole di programmare effettivamente gli ampliamenti dell'offerta formativa.
      Per quanto riguarda le scuole collocate in aree a rischio educativo e in zone soggette a forte immigrazione, secondo quanto previsto dall'articolo 4, comma 2, lettera d), del citato contratto nazionale per il quadriennio 2006-2009, i fondi per la realizzazione di progetti specifici sono assegnati in conformità ai criteri definiti con la contrattazione collettiva integrativa. L'ipotesi di tale contratto integrativo è stata sottoscritta il 3 aprile 2013 ed è attualmente sottoposta alla procedura di verifica prevista dall'articolo 40-bis, commi 1 e 2, per la precisione, del decreto legislativo n.  165 del 2001, che prescrive la certificazione di compatibilità finanziaria e il parere congiunto del dipartimento per la funzione pubblica e della Ragioneria generale dello Stato – IGOP (ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico).
      Una volta conclusa questa fase di controllo, si procederà con le successive contrattazioni a livello regionale. Ringrazio ancora gli interpellanti e il Presidente.

      PRESIDENTE. La deputata Mara Carocci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza urgente Rocchi n. 2-00252, di cui è cofirmataria.

      MARA CAROCCI. Signora Presidente, signor sottosegretario, sono parzialmente soddisfatta, nel senso che è di mia soddisfazione la chiarezza e la sincerità della risposta, che ci rende conto di quello che sta succedendo e di quello che noi possiamo riferire alle scuole. Ovviamente non soddisfatta per la situazione, che mi rendo conto non dipende soltanto o, comunque, dipende in minima parte, forse, dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e dipende dalla situazione generale, ma che, comunque, grava sulle scuole in modo pesantissimo. Io ricordo al sottosegretario, che sicuramente ne ha memoria, che l'anno scorso la comunicazione dell'entità dei fondi è stata fatta alle scuole a febbraio o a marzo, se non sbaglio, ormai a fine anno scolastico. È difficile programmare per tempo le attività, chiedere ai docenti di impegnarsi, attivare corsi supplementari se non si ha, non dico la certezza di ricevere i fondi, ma neanche si sa l'entità che avranno questi fondi.
      Ricordava prima il sottosegretario che per quello che riguarda l'erogazione dei fondi per le aree a rischio secondo l'articolo 4 del contratto siamo sì nelle fasi finali, ma è passato più di un anno, ormai, da quando le scuole avrebbero dovuto programmare le attività dell'anno scorso. Tutto questo è francamente molto pesante per le scuole, ma il sottosegretario lo sa, e lo è soprattutto per gli studenti, perché non si può programmare seriamente un'offerta formativa. È difficile dire a un insegnante: guarda, lavora, fammi il corso di recupero, fammi il laboratorio di...in orario extracurricolare però sappi che io probabilmente non ti pagherò.
      Per quanto riguarda la contrattazione mi appello alla sensibilità del Governo, che ci ha dato le date; evidentemente la contrattazione viene fatta in modo serrato.
      Per quello che è di sua competenza, si acceleri il più possibile anche questa fase, proprio nell'ottica di aiutare le scuole, mi preoccupa comunque che anche quest'anno si ripensi ad una riduzione del MOF per poter coprire gli scatti d'anzianità. Le scuole hanno sempre meno nella loro disponibilità e di questo si dovrebbe Pag. 17tenere conto anche quanto si mandano note ministeriali in cui si dice di programmare e contrattare unicamente le risorse eventualmente disponibili provenienti dagli anni decorsi. Difficilmente in una scuola ci possano essere residui degli anni passati, visti i continui tagli che i finanziamenti hanno subito.
      Quindi, ribadisco che mi dichiaro parzialmente soddisfatta, anche se con mio rammarico. Grazie, sottosegretario, grazie Presidente.

(Iniziative volte a garantire che le retribuzioni siano commisurate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente svolto, superando il meccanismo del cosiddetto «galleggiamento» – n. 2-00261)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Giorgis n. 2-00261, concernente iniziative volte a garantire che le retribuzioni siano commisurate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente svolto, superando il meccanismo del cosiddetto «galleggiamento» (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo all'onorevole Giorgis se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      ANDREA GIORGIS. Si, Signor Presidente, intendo illustrarla.

      PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà.

      ANDREA GIORGIS. Signor Presidente, l'illustrazione sarà veramente rapidissima perché la questione è nota ed è, come dire, semplice, pur nella sua complessità.
      Il motivo della nostra interpellanza è anzitutto quello di conoscere le fonti normative a partire dalle quali è stato possibile che questo istituto, cosiddetto del «galleggiamento» si consolidasse nel nostro ordinamento. Naturalmente, l'obiettivo è, una volta acquisita certezza sulle ragioni e, quindi sulle fonti normative, che consentono una simile pratica, considerare l'opportunità di superare tale pratica, per una ragione molto semplice: da un lato quella di corrispondere al principio secondo il quale la retribuzione deve essere commisurata al lavoro concretamente ed effettivamente svolto e, dall'altra, quella di contribuire a questo faticoso – ma, a nostro avviso, necessario – processo di riduzione e di mitigazione di quelle che appaiono come disuguaglianze irragionevoli.
      Sia chiaro, il problema, che nel nostro Paese si è venuto a determinare nel corso degli anni non viene certo risolto da misure che superino il «galleggiamento», ma prendere sul serio il problema della disuguaglianza e prendere sul serio il compito di ridurre disuguaglianze non giustificate io credo che vada perseguito attraverso una pluralità di interventi e di piccole azioni. Questa è ovviamente una piccola azione, che non risana certo il bilancio dello Stato e che non è volta contro alcuno, ma semplicemente ad affermare un principio, ed io credo che quanto più il nostro ordinamento e l'insieme della pubblica amministrazione saprà praticare il principio di uguaglianza e quindi di giusto riconoscimento del lavoro effettivamente svolto, tanto più le nostre istituzioni saranno nella condizione di chiedere sacrifici comprensibili agli italiani. Credo che questo sia il significato della nostra interpellanza e che dunque, si voglia con questo atto contribuire a sostenere un'azione del Governo volta a fare in modo che ci siano le condizioni affinché i sacrifici che noi, purtroppo, stiamo continuando a chiedere ai ceti meno abbienti e alle persone più in difficoltà siano sacrifici percepiti come rivolti a tutta quanta la cittadinanza e, soprattutto, siano ripartiti in modo da gravare di più su chi può permettersi di sopportarne di più.

      PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Stefano Fassina, ha facoltà di rispondere.

      STEFANO FASSINA, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, riguardo all'interpellanza urgente dell'onorevole Giorgis ed altri, per quanto di competenza, si fa presente che la questione Pag. 18attiene all'applicazione non già del cosiddetto galleggiamento, bensì del principio comunemente noto come divieto di reformatio in peius, che trae il suo fondamento dall'articolo 202 del decreto del Presidente della Repubblica n.  3 del 1957 e dall'articolo 3, commi 57 e 58, della legge n.  537 del 1993.
      Il combinato disposto di tali norme determina, nei casi di passaggio di carriera presso la stessa o diversa amministrazione statale, l'attribuzione al personale con retribuzione superiore a quello spettante nella nuova posizione di un assegno personale pensionabile, non riassorbibile e non rivalutabile, pari alla differenza tra la retribuzione in godimento all'atto del passaggio e quella spettante nella nuova posizione.
      Tale principio è stato invocato più volte anche in sede contenziosa e la prevalente giurisprudenza formatasi sulla materia lo ha ritenuto applicabile anche a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo n.  165 del 2001, non avendo il relativo articolo 2, comma 3, espunto dall'ordinamento le predette norme. Ciò, però, solo con riferimento ai passaggi di carriera nell'ambito dello Stato-amministrazione in senso stretto, inteso come soggetto di diritto, al cui interno si articolano varie branche operazionali tra amministrazioni statali.
      Solo in taluni casi del tutto eccezionali, la giurisprudenza ha avallato un'interpretazione estensiva in ragione dello strettissimo collegamento funzionale tra gli enti o gli organismi pubblici cui appartenevano i dipendenti transitati e lo Stato. L'ambito applicativo delle citate disposizioni è stato nel tempo ridimensionato per effetto, oltre che della richiamata norma riguardante i docenti universitari, anche del comma 2-quinquies aggiunto all'articolo 30 del citato decreto legislativo n.  165 dall'articolo 16 della legge n.  246 del 2005, il quale, con riferimento alla mobilità, stabilisce che, cito: «Salvo diversa previsione, a seguito dell'iscrizione nel ruolo dell'amministrazione di destinazione, al dipendente trasferito per mobilità si applica esclusivamente il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto della stessa amministrazione».
      Tuttavia, occorre evidenziare che nell'ordinamento sussistono disposizioni legislative che, nel disciplinare casi di passaggio di personale tra amministrazioni anche non statali a seguito di riorganizzazioni, accorpamenti, e quant'altro, hanno previsto il mantenimento delle voci fisse e continuative della retribuzione in godimento sotto forma di assegno ad personam riassorbibile.
      Con riferimento, infine, alla richiesta riguardante le eventuali iniziative che il Governo intende assumere in merito al problema descritto e, in particolare, per i casi di rientro nell'amministrazione di appartenenza a seguito della cessazione dal ruolo o dall'incarico svolto temporaneamente presso altra amministrazione, si è dell'avviso che la questione dovrebbe essere affrontata mediante appositi interventi legislativi certamente necessari ad affermare il principio di equità che prima l'onorevole Giorgis ricordava.

      PRESIDENTE. Il deputato Andrea Giorgis ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

      ANDREA GIORGIS. Signor Presidente, ringrazio il Governo e ringrazio il viceministro Fassina, perché mi sembra che dalla accurata ricostruzione del quadro normativo emerga, altresì, una condivisione circa l'indirizzo politico che andrebbe seguito. È indubbio che occorra una disciplina di carattere legislativo, non è possibile affrontarlo sulla base di atti fonte subordinati.
      C’è un problema che nell'interpellanza non abbiamo sottolineato, che è quello della quantificazione e quello della fotografia delle situazioni che rientrano dentro questa tipologia; c’è inoltre, come dire, un profilo di carattere molto variegato, molto incerto, molto indeterminato, perché è indubbio che l'istituto del cosiddetto divieto di reformatio in peius ha una strettissima attinenza, anzi in molti casi lo Pag. 19ricomprende con quello del «galleggiamento». C’è da dire che nella giurisprudenza della Corte Costituzionale il tema venne trattato proprio con, diciamo, la formula del cosiddetto galleggiamento, distinguendolo dall'allineamento, un altro istituto sul quale la Corte ebbe modo di intervenire e che, a partire, diciamo, dalla fine degli anni Ottanta, non ha più avuto riconoscimento nel nostro ordinamento.
      Tuttavia io dichiaro la mia soddisfazione per aver sentito da parte del Governo la condivisione e, quindi, diciamo da questo punto di vista, il sostegno ad un'iniziativa legislativa che muova verso la riduzione di disuguaglianze che non appaiano ragionevoli e, dunque, verso il perseguimento di una maggiore equità che, insisto, non significa affatto far venire meno quel giusto riconoscimento che si deve a tutti coloro che svolgono una pubblica funzione e che, dunque, meritano non soltanto stima e apprezzamento ma anche il giusto riconoscimento economico.

(Chiarimenti in merito alla disciplina relativa all'assegnazione delle concessioni balneari, con particolare riferimento al rispetto della normativa comunitaria – n. 2-00262)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Mannino ed altri n. 2-00262, concernente chiarimenti in merito alla disciplina relativa all'assegnazione delle concessioni balneari, con particolare riferimento al rispetto della normativa comunitaria (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo alla deputata Mannino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      CLAUDIA MANNINO. Signor Presidente, signor Viceministro Fassina, le ragioni che mi hanno spinto a presentare questa interpellanza e a farlo con urgenza sono presto dette. Da settimane ormai, attraverso organi di stampa, il sottosegretario all'economia, Pierpaolo Baretta, con delega al demanio, ha più volte manifestato l'intenzione del Governo di inserire la riforma del demanio marittimo nella legge di stabilità. Per un attimo accantono, per ritornarvi in seguito, la circostanza che tali norme ad oggi non sono presenti nel testo depositato pochi giorni fa al Senato.
      Sempre da notizie di stampa, abbiamo appreso che il progetto governativo prevederebbe la sdemanializzazione e la vendita della parte economica redditizia del demanio marittimo, senza evidenza pubblica e senza diretto coinvolgimento delle regioni e degli enti locali.
      L'idea sarebbe di trasformare in patrimonio dello Stato il tratto di arenile che comprende stabilimenti balneari, bar, cabine, ristoranti, per poi cederlo a prezzo calmierato agli operatori già concessionari. L'urgenza dell'adozione di tali misure, ovviamente, ha origine dall'impossibilità di procedere al rinnovo automatico delle stesse concessioni, dall'obbligo di procedere all'assegnazione delle stesse concessioni con procedura ad evidenza pubblica e dall'assenza di un quadro normativo che regoli la situazione giuridica dei soggetti che attualmente sono titolari di concessioni demaniali in scadenza.
      Ma da dove sorge l'urgenza di intervenire così massivamente sulla disciplina vigente, tanto da realizzare una sostanziale privatizzazione delle spiagge ? Per rispondere a questa domanda è opportuno fare alcuni passi indietro e, mio malgrado, ripercorrere dal punto di vista legislativo le peripezie e i rapporti burrascosi che sul tema ci sono stati e ci potrebbero ancora essere tra Unione europea e Stato italiano.
      La procedura di infrazione comunitaria n.  2008/4908, relativa al regime normativo vigente nel nostro Paese in materia di concessioni balneari, è stata infatti avviata per la prima volta, nel febbraio del 2009, dalla Comunità europea, in relazione al cosiddetto diritto di stabilimento protetto allora dall'articolo 43 del Trattato della Comunità europea (oggi articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea).
      Nella procedura di infrazione venivano infatti contestati, in modo particolare, l'articolo Pag. 2037 del codice della navigazione e le disposizioni della legge n.  493 del 1994, allora vigenti, che riconoscevano il cosiddetto diritto di insistenza, ossia il sistema di preferenza per il concessionario uscente e, a seguito delle modifiche introdotte con la legge 16 marzo 2001, n.  88, il rinnovo automatico delle concessioni della durata di sei anni.
      L'Italia, ovviamente, è intervenuta a rimuovere le cause all'origine della procedura di infrazione, inserendo all'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n.  194 del 2009, una disposizione con la quale è stata abrogata la parte dell'articolo 37 del codice della navigazione, che riconosceva appunto il diritto di insistenza. Nello stesso tempo, è stato stabilito che le concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 fossero prorogate fino a quella data. Anche il termine del 2015 però è stato differito al 2020 grazie all'intervento dell'Esecutivo Monti che, nel dicembre 2012, ha fatto una novella legislativa.
      In sede di conversione dello stesso decreto del 2009, è stato quindi modificato l'articolo 1, comma 18, stabilendo che erano fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge n.  400 del 1993, e dunque, richiamando, indirettamente, l'articolo 01, comma 2, dello stesso provvedimento legislativo, si fissava in sei anni la durata delle concessioni e ne prevedeva il rinnovo automatico alla loro scadenza.
      Alla luce di questa disposizione, la Commissione europea ha provveduto, in data 5 maggio 2010, a inviare una lettera di messa in mora ulteriormente a quella già avviata, oltre a mantenere aperta appunto la procedura di infrazione, in considerazione del fatto che l'ordinamento italiano conserva ancora una norma che autorizza il rinnovo automatico delle concessioni demaniali e rilevava, infatti, come l'ordinamento italiano in materia si ponesse in contrasto con l'articolo 12 della direttiva servizi n.  2006/123/CE (la cosiddetta direttiva Bolkestein), che era entrata in vigore, appunto, il 28 dicembre 2009.
      L'Italia è intervenuta nuovamente per rimuovere le cause alla base della procedura di infrazione n.  4908 approvando, all'interno della legge comunitaria 2010 (la legge n.  217 del 2011), alcune modifiche al citato decreto del 1993 e, nello specifico, abrogando il già richiamato comma 2 dell'articolo 01 e tutti i richiami a quest'ultimo comma, contenuti all'interno della stessa legge.
      Con il comma 2 del citato articolo 11 della legge comunitaria, il Governo è stato delegato ad adottare un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime secondo i principi e i criteri direttivi elencati nello stesso comma 2. Tra i principi e i criteri direttivi elencati sono stati inseriti, tra gli altri, i principi di concorrenza e di libertà di stabilimento, voluti appunto dall'Unione europea.
      A seguito dell'approvazione e dell'entrata in vigore quindi della legge comunitaria, la Commissione europea il 27 febbraio del 2012 ha finalmente chiuso la procedura di infrazione n.  4908 del 2008.
      Nel frattempo, sul fronte dell'ordinamento interno la disciplina del demanio marittimo veniva modificata con il decreto legislativo 28 maggio 2010, n.  85, con cui veniva disciplinata l'attribuzione dei beni statali ai comuni, alle province, alle città metropolitane e alle regioni e in cui si stabiliva, all'articolo 3, il trasferimento alle regioni dei beni del demanio marittimo, con cui è stato inoltre stabilito che i beni appartenenti al demanio marittimo non entrano a far parte del patrimonio disponibile delle regioni e che restano assoggettati alle disposizioni del codice civile, del codice della navigazione, delle leggi statali, regionali e delle norme comunitarie di settore, con particolare riferimento alla tutela della concorrenza.
      Esaurita questa illustrazione del pregresso normativo cui l'Italia ha dovuto far fronte per superare l'obiezione europea, fermo restando che secondo noi la proroga al 2020 delle concessioni già ora lascia ampi spazi di critica, sono ora a chiederle, signor Viceministro, un'opinione definitiva del Governo sullo schema, sul progetto Pag. 21Baretta. In particolare, chiedo al Governo di esprimersi sul rischio – a nostro giudizio certezza – di palese violazione della normativa comunitaria, di una svendita in saldo di beni della collettività da realizzarsi attraverso una concessione a prezzi inferiori a quelli di mercato, di beni statali, per giunta già trasferiti alle regioni, con procedure preordinate ad assicurare l'acquisizione degli stessi beni da parte dei soggetti che, attualmente, già vi conducono un'attività economica in forza di una concessione demaniale.
      Vede, signor Ministro, lo so, lei ora ci dirà che nella legge di stabilità non v’è traccia delle norme che sto richiamando, ma sia io che lei sappiamo che tale circostanza non impedisce, con mani accorte, che, nel corso della discussione parlamentare, si aggiungano queste norme.
      Al riguardo, chiedo che lei, a nome del Governo che rappresenta, esprima solennemente la sua contrarietà ad aggiungere normative del genere ed anticipi, qui ed ora, la sua indisponibilità ad inserimenti last minute di eventuali maxiemendamenti governativi nel disegno di legge di stabilità. Su questo tema, anche un'ipotetica neutralità del Governo sarebbe pelosa, ipocrita ed irresponsabile nei confronti dei cittadini e delle istituzioni europee. Non penso – o quanto meno mi auguro – che il Governo italiano, alla vigilia del semestre europeo di Presidenza, voglia presentarsi con un biglietto da visita che viola formalmente una norma di funzionamento dell'Unione europea.
      Quello che inoltre non può essere smentito è che il suo collega di Governo ha convocato formalmente i rappresentanti delle associazioni dei balneari per illustrare questa proposta ed ha anche ricevuto esponenti politici del suo partito, il PD, che – occorre ricordarlo – hanno fatto la campagna elettorale basata sui beni comuni, o, generalizzando, esponenti di quel partito che, per origine geografica e legami con quel mondo, sono molto interessati a definire questa problematica.
      Infine, le chiedo di esprimersi in merito all'articolo pubblicato su l'Espresso lo scorso 22 ottobre intitolato: «Così svendiamo le nostre spiagge» a firma di Gianfrancesco Turano che, ritenendo superato il discorso della sdemanializzazione, descrive una nuova proposta elaborata dall'Agenzia del demanio e invita il suo Ministero a superare la disciplina europea, senza scontentare i balneari. Leggo, quindi, uno stralcio dell'articolo, che cito testualmente: «L'uovo di Colombo sta in un documento riservato, spedito dall'Agenzia del demanio al Ministero di riferimento, il Ministero dell'economia, guidato da Fabrizio Saccomanni, il 9 ottobre scorso, ossia il giorno prima che Saccomanni deliberasse la cessione alla Cassa depositi e prestiti degli immobili pubblici affittati a uffici e ministeri. Il documento cambia in profondità le linee-guida in materia di concessioni demaniali marittime. Oggi funziona così. Lo Stato affida la gestione delle concessioni balneari alle regioni, che la trasferiscono ai comuni per la definizione del canone. Ma i comuni non beccano un euro perché tutti i soldi vanno a Roma». Quindi, nella migliore delle ipotesi, ai sindaci non interessa tirare sul prezzo, nella peggiore, vanno d'amore e d'accordo con i balneari, che portano voti, benessere e, spesso, siedono nelle giunte comunali.
      La prima rivoluzione del 9 ottobre è che i proventi degli ombrelloni e dei lettini vanno alle regioni e non più allo Stato, ma questa cifra sarà compensata da una pari decurtazione dei trasferimenti dallo Stato alle regioni. Le regioni perciò non guadagnano nulla ad alzare il prezzo delle concessioni e a litigare con i balneari, che si sono dotati di una schiera di sindacati battaglieri: Federbalneari, Assobalneari, CNA balneatori, eccetera.
      In quanto alla procedura di gara, l'articolo 4 del progetto avanzato dall'Agenzia di Stefano Scalera, un uomo di Vittorio Grilli, nominato nell'ottobre 2011, è una chiara occasione da goal per chi ha già una licenza in mano, in quanto non si fa menzione di aumentare il canone, ma l'offerta più vantaggiosa è valutata sulla base di un piano economico-finanziario di copertura degli investimenti, come per le concessioni autostradali.Pag. 22
      Insomma, chi più investe in nuove strutture fisse o amovibili ha più possibilità di aggiudicarsi la concessione. Non è una buona notizia per chi pensa che le spiagge italiane siano già abbastanza costruite.
      Per avvantaggiare i concessionari esistenti, il comma j) dello stesso progetto, all'articolo 4, è quello decisivo: il 40 per cento del punteggio complessivo si basa sulla professionalità acquisita dall'offerente nell'esercizio di concessioni di beni demaniali marittimi per finalità turistico ricettive e la professionalità acquisita relativamente all'area alla quale si riferisce la procedura.
      Insomma, chi ha già in gestione un'area messa a gara parte con un bel vantaggio e, se proprio dovesse riuscire a perdere, ha diritto addirittura a un indennizzo dal concessionario subentrante.
      Al riguardo, infine, signor Ministro, le chiedo quanto ci sia di vero in quanto letto e quali siano gli orientamenti del Dicastero di cui lei condivide la responsabilità.

      PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Stefano Fassina, ha facoltà di rispondere.

      STEFANO FASSINA, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, le concessioni demaniali marittime sono oggetto, come segnalano gli onorevoli interpellanti, della procedura di infrazione n.  2008/4908, avviata dalla Commissione europea, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in relazione all'incompatibilità del sistema di attribuzione delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative con il diritto di stabilimento, protetto dall'articolo 43 del Trattato della Comunità europea.
      Nella predetta procedura di infrazione venivano contestati, come è stato appena ricostruito, in modo particolare l'articolo 37 del codice della navigazione e le disposizioni del decreto-legge 5 ottobre 1993, n.  400, allora vigenti, che riconoscevano il cosiddetto diritto di insistenza, ossia un sistema di preferenza per il concessionario uscente nonché, a seguito delle modifiche introdotte con la legge 16 marzo 2001, n.  88, il rinnovo automatico delle concessioni per la durata di sei anni.
      Il legislatore nazionale è intervenuto a rimuovere le cause all'origine della procedura di infrazione mediante l'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n.  194, che ha abrogato la parte dell'articolo 37 del codice della navigazione che, appunto, riconosceva il diritto di insistenza. Nello stesso tempo, è stato stabilito che le concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 fossero prorogate fino a quella data.
      La menzionata procedura di infrazione è stata definitivamente chiusa dalla Commissione europea il 27 febbraio 2012, a seguito dell'approvazione e dell'entrata in vigore della legge 15 dicembre 2011, n.  217, la legge comunitaria 2010. In particolare, l'articolo 11 della citata legge n.  217 del 2011, al fine di chiudere l'accennata procedura di infrazione, ha parzialmente modificato il decreto-legge 5 ottobre 1993, n.  400, abrogando, tra l'altro, il comma 2 dell'articolo 01, concernente la durata del rapporto concessorio e la relativa proroga, in via automatica alla scadenza, per ulteriori sei anni.
      Ciò premesso, gli onorevoli interpellanti riferiscono di avere appreso da notizie di stampa che presso gli uffici del sottosegretario di Stato all'economia, onorevole Baretta, al fine di un riordino della disciplina delle concessioni demaniali e marittime, è stato istituito un tavolo tecnico, cui partecipano tutte le amministrazioni interessate, le associazioni di categoria delle imprese balneari e in alcune occasioni sono stati presenti esponenti parlamentari di diversi partiti, non soltanto del Partito Democratico.
      Come ricordato dall'onorevole interpellante, secondo notizie di stampa il sottosegretario avrebbe reso note le linee di intervento di un progetto di riforma che prevederebbe, tra l'altro: in primo luogo, la sdemanializzazione delle aree frontali delle spiagge, dove insistono gli immobili dello stabilimento e la loro cessione a un Pag. 23prezzo calmierato, da definirsi a livello nazionale, con diritto di prelazione a beneficio del concessionario uscente; in secondo luogo, l'assegnazione della parte restante dell'area demaniale, con meccanismi che riconoscono un diritto di prelazione ai soggetti che acquistano la parte della spiaggia retrostante sdemanializzata.
      In merito alla richiesta e al rischio paventato dagli interpellanti sull'apertura di un'ennesima procedura di infrazione da parte delle istituzioni comunitarie, vorrei precisare quanto segue.
      Come ho ricordato, il sottosegretario Baretta coordina un tavolo nel quale sono presenti rappresentanti delle amministrazioni statali coinvolte, dell'ANCI e delle associazioni di categoria dei balneari.
      Nella discussione a tale tavolo sono state approfondite, registrando le posizioni dei partecipanti, le tematiche più volte oggetto di attenzione circa l'onerosità dei canoni relativi alle pertinenze demaniali marittime nonché in ordine alla disciplina del rinnovo delle concessioni.
      Fatta questa premessa, voglio chiarire che i temi normativi attribuiti con il documento in esame all'iniziativa del sottosegretario di Stato non sono la posizione del Governo, ma sono il riflesso delle questioni in discussione destinate ad ogni ulteriore necessario approfondimento, un percorso che vedrà il coinvolgimento pieno anche della Conferenza delle regioni per arrivare alla definizione di una normativa di delega.
      Non è previsto, da parte del Governo, alcun intervento sulle concessioni demaniali marittime nella legge di stabilità in corso di discussione al Senato.
      Infine, colgo l'occasione per segnalare che le ipotesi di soluzione riportate dalla stampa sono impraticabili in quanto in contraddizione con la disciplina comunitaria.

      PRESIDENTE. La deputata Claudia Mannino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

      CLAUDIA MANNINO. Signor Presidente, signor Viceministro, mi ritengo soddisfatta solo se sono ottimista, proprio perché nell’iter di attuazione o comunque nell’iter parlamentare, come dicevo precedentemente, mi auguro che non intervengano o comunque non vengano avallati dal Governo eventuali emendamenti provenienti anche da altri gruppi parlamentari che aprano la strada a questa problematica e, quindi, si pongano in contrasto con quanto ha appena dichiarato il Viceministro.
      Concludo con un invito rivolto al Governo ad attenzionare l'articolo 4, comma 4-bis, della legge n.  493 del 1993, che stabilisce che questo demanio marittimo deve essere utilizzato rispettando gli habitat, ma soprattutto utilizzando i piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo – che attualmente non ci sono nelle varie regioni –, altra procedura burocratica prevista dal nostro ordinamento ma che tante regioni non rispettano.
      Quindi mi ritengo soddisfatta a condizione di eventuali novità in fase di attuazione della legge di stabilità.

(Iniziative, anche normative, a favore dei concessionari delle strutture portuali della nautica da diporto, con particolare riferimento ai canoni demaniali marittimi – n. 2-00264)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Vitelli n. 2-00264, concernente iniziative, anche normative, a favore dei concessionari delle strutture portuali della nautica da diporto, con particolare riferimento ai canoni demaniali marittimi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo al deputato Vitelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      PAOLO VITELLI. Signor Presidente, signor Viceministro, voglio evidenziare una situazione abbastanza grave che riguarda uno degli aspetti della crisi della nautica da diporto.
      È stato detto in quest'Aula più volte dal Ministro Lupi e ripetuto anche dal Presidente Letta che ci vuole la massima attenzione Pag. 24alla condizione di questa nautica, che ha visto la produzione nazionale scendere del 70 per cento e le vendite nazionali scendere del 90 per cento; cioè, vediamo il 10 per cento di quello che si vedeva cinque o sei anni fa.
      Ovviamente la disoccupazione, i fallimenti, le crisi industriali che ha creato questa situazione sono tantissimi.
      In questo contesto, le strutture che dovrebbero rendere piacevole la navigazione sono i porti turistici e, grazie a provvedimenti fatti dagli anni Novanta agli anni Duemila, sono nati un certo numero di porti turistici, che oggi, però, causa l'industria della nautica così asfittica e così in crisi, sono sostanzialmente semivuoti, anche perché non siamo in grado, per una serie di norme restrittive poco chiare, ad attirare il turismo nautico estero.
      Lo abbiamo prima spaventato con una tassa di stazionamento, e oggi non abbiamo creato quella chiarezza normativa sufficiente a portare dalle coste francesi, dalle coste croate o dalle coste maltesi indietro le barche sulle coste italiane, con una ricaduta negativa su tutto quello che è l'indotto che riguarda 80 mila persone (ristoranti, negozi, servizi tecnici).
      In tutta questa difficoltà, quindi, i porti turistici soffrono pesantemente e l'Assomarinas, l'associazione dei porti turistici, ha evidenziato che negli ultimi due o tre anni quasi tutti i porti turistici sono andati in rosso, in deficit pesante con il rischio che molti sono falliti e alcuni stanno per fallire.
      Perché è successo questo ? Oltre alla crisi del settore, si è aggiunto un problema amministrativo. Questi porti turistici erano stati costruiti in base a una concessione, qualche volta cinquantennale, qualche volta sessantennale, qualche volta quarantennale, comunque di lungo termine. Nel richiedere la concessione il porto turistico deve presentare un piano industriale. Il piano industriale rappresenta i conti della vita del porto dal primo giorno fino a che non cesserà la concessione, al termine del quarantesimo, cinquantesimo, sessantesimo anno.
      Orbene, questa concessione aveva un canone fisso indicizzato che era uno dei pilastri del piano industriale: se uno affitta una casa, sa che quella casa per sei anni o per dodici anni gli costa un certo prezzo. Improvvisamente, a gennaio 2007 è stata introdotta una legge – che si riferiva, per la verità, ai bagni marini, non si riferiva ai nostri porti, ma che è stata allargata anche ai nostri porti, quindi si riferiva a un contesto tutto diverso –, in cui si dice che le concessioni dei porti turistici possono essere alterate e aumentate, parliamo di 6-8 volte.
      Noi siamo convinti che sia stato soltanto un errore di lessico non dire ovviamente che la disposizione si applica alle concessioni ancora da emettere, perché non è possibile che un contratto che è stato stipulato qualche anno prima, con i normali indici e clausole di indicizzazione, venga improvvisamente alterato. Sarebbe come se io affittassi una casa per sei anni e dopo il terzo anno, nonostante abbia contrattualizzato che il canone d'affitto salirà del 6 o del 5 per cento l'anno in base all'indice ISTAT, improvvisamente il padrone di casa mi dice che deve salire di 6 o di 8 volte.
      Questo ha portato due conseguenze. Ha portato questi conti disastratissimi dei porti turistici. Le associazioni di categoria mi hanno fatto vedere delle tabelline tutte in rosso sostanzialmente, meno 1 o 2 su 50 porti, e moltissimi con una situazione patrimoniale deficitaria.
      Nel mio documento ho illustrato le questioni tecniche che dicono soltanto che non è legittimo che una variante di questo genere abbia efficacia retroattiva; il perché non deve avere efficacia retroattiva, al di là del diritto, ma anche al di là della norma precisamente scritta; il perché questi porti turistici dovrebbero casomai seguire dei criteri differenti dalle concessioni demaniali balneari, cioè più sono ampie le superfici date in concessione più il costo per metro quadro dovrebbe decrescere, e tutto questo viene inficiato.
      La conclusione è che i proprietari dei porti per sopravvivere hanno dovuto ricorrere alla magistratura. La magistratura Pag. 25in parecchi casi ha dato esito favorevole, in un caso c’è stato un intervento del Consiglio di Stato, il quale sembra dare sostanzialmente ragione ai proprietari di questi porti. Il Consiglio di Stato, però, ha rinviato la situazione alla Corte costituzionale, per cui ci vorranno ancora molti mesi.
      La nostra interpellanza tende a dire: essendo un argomento che a noi sembra lapalissiano, che non possa cioè una variante di concessione, contrattualizzata con tutti i sacri crismi, essere applicata in modo retroattivo, nell'ambito di un contratto pluriennale che prevede un piano industriale che, in conseguenza di questa variazione, va a pallino, cioè crolla tutto e porta in pesante perdita senza nessun motivo di appello, e che tutto questo avviene in un momento in cui il mercato non c’è, quindi non può essere soddisfatta dal mercato questa ingiustizia, perché ci sia una crescita di ricavi; pertanto, è da correggere l'errore della norma.
      E riteniamo che non si debba aspettare la Corte costituzionale, perché qui si tratta di fare una circolare, una circolare che dica: guardate che la norma si applica per le nuove concessioni o per le concessioni che verranno rinnovate e non può, ovviamente, essere applicata per una concessione retroattiva, data cinque anni prima o dieci anni prima, con un patto ben sottoscritto, che già prevede la sua indicizzazione.
      Quindi preghiamo il Governo e preghiamo lei, signor Viceministro, che il suo Ministero intervenga con questa soluzione, in quanto – lo ripeto ancora – risolvere il problema attraverso una ricorrenza metodica alla magistratura per tutti i 70, 80 o 100 porti nazionali che sono coinvolti è uno scandalo, cioè per avere diritto di una situazione devo fare cento cause di tre livelli, quando basterebbe una semplice circolare per riconfermare questo diritto ?
      Ecco, signor Viceministro, chiederei di guardarlo attentamente questo contesto di chiusura di questi porti e il fallimento di questi porti, oltre alla scarsità di manutenzione: dovendo pagare canoni otto volte più alti, molti di questi porti rinunciano alla manutenzione, creando potenzialmente elementi di pericolo e riducendo ancora il turismo, che ha bisogno di venire a vedere dei porti belli, non dei porti senza fiori, in abbandono, quindi non riusciamo a far venire gli esteri, che vanno tutti nei porti stranieri.
      Quindi, in considerazione di questa urgenza e di questa necessità, chiederei caldamente che sia rivista la questione e sia fatta una semplice circolare che precisi che questi porti turistici, queste concessioni pluriennali, quando sono variate sono variate in occasione del loro rinnovo e non devono avere effetto retroattivo.

      PRESIDENTE. Saluto le alunne e gli alunni della scuola elementare San Giuseppe al Trionfale di Roma ed anche gli insegnanti che li accompagnano, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune. Oggi è una seduta particolare: i deputati interrogano il Governo, quindi l'Aula è vuota per questo motivo.
      Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Stefano Fassina, ha facoltà di rispondere.

      STEFANO FASSINA, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, la questione di costituzionalità sollevata dagli onorevoli interpellanti è ancora pendente presso il giudice delle leggi e la tematica segnalata presenta strutturalmente profili di complessità. In tale quadro è forse utile una ricostruzione pur sintetica del quadro normativo di riferimento.
      L'evoluzione normativa che ha condotto all'adozione del citato comma 251 dell'articolo 1 della legge n.  296 del 2006 e le innovazioni dallo stesso introdotte rispetto alla disciplina dei canoni demaniali marittimi si inseriscono in un contesto in cui le competenze gestionali in materia di demanio marittimo sono state conferite dal decreto legislativo n.  112 del 1998 agli enti territoriali, salvo gli introiti che restano in capo all'erario.
      Il menzionato decreto, nella versione antecedente alle modifiche intervenute con la legge n.  296 del 2006, disciplinava i Pag. 26canoni demaniali marittimi dovuti per le concessioni rilasciate per finalità turistico-ricreative, prevedendo una quantificazione degli stessi in misura fissa e tabellare, in base ad una classificazione in tre categorie delle aree, delle pertinenze demaniali marittime e degli specchi acquei.
      Non avendo le Regioni provveduto alla classificazione del territorio costiero secondo quanto previsto dall'allora vigente decreto-legge, il Ministero dei trasporti e della navigazione ha stabilito che, nelle more di tale classificazione, i canoni per le concessioni demaniali marittime turistico-ricreative venissero applicati calcolando le misure unitarie più basse relative alla categoria C.
      Tale situazione, malgrado i tentativi compiuti dal legislatore di rivedere i parametri del citato decreto-legge, nell'ottica di una gestione economica dei beni dello Stato, è rimasta invariata sino all'adozione della menzionata legge n.  296 del 2006. Tra le modifiche introdotte rientrano i commi 251 e 252 dell'articolo 1 della legge citata. Ai sensi del comma 251, a cui rinvia il comma 252, è stato stabilito un diverso trattamento riservato alle concessioni comprensive di pertinenze demaniali marittime destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, per le quali è stato introdotto un canone commisurato ai valori medi di mercato praticati nella zona di riferimento e stabiliti per attività similari dall'Osservatorio del mercato immobiliare, temperati con coefficienti di abbattimento che, in relazione all'estensione della superficie occupata, consentono di tenere nella giusta considerazione la stagionalità dell'attività, i lavori di manutenzione straordinaria e gli investimenti a carico del concessionario. Per gli altri tipi di utilizzo sono invece rimasti vigenti i criteri di determinazione dei canoni riferiti ai parametri tabellari.
      Ciò chiarito, per valutare correttamente la censurata equiparazione legislativa dei criteri di calcolo per la nautica da diporto con quelli per l'attività turistico-ricreativa, occorre considerare che le concessioni della prima tipologia hanno una durata di gran lunga superiore – di norma oltre cinquant'anni – rispetto a quella delle concessioni per le attività turistico-ricreative che di regola durano sei anni e ciò proprio al fine di riconoscere ai concessionari un più ampio lasso di tempo per poter ammortizzare i maggiori investimenti sostenuti e per poter conseguire dei congrui guadagni dalla gestione delle infrastrutture.
      In aggiunta a ciò, occorre anche considerare che i canoni dovuti dai concessionari per la realizzazione e la gestione delle strutture dedicate alla nautica da diporto vengono calcolati applicando non i valori di mercato abbattuti, bensì i più favorevoli criteri tabellari. Sino al termine delle concessioni, ferma restando in capo ai concessionari la proprietà delle opere costruite e in fase di costruzione sulle aree di demanio marittimo concesse, può essere preteso il pagamento di un canone esclusivamente per l'utilizzo del suolo e non anche per i manufatti. Ed invero, solo al termine delle concessioni le strutture inamovibili costruite dai concessionari vengono incamerate dallo Stato, ai sensi dell'articolo 49 del codice della navigazione, assumendo, quindi, la natura di pertinenze demaniali marittime, rispetto alle quali potranno quindi trovare applicazione i criteri di quantificazione dei canoni commisurati ai valori di mercato, mitigati da alcuni accorgimenti e abbattimenti per le sole pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi.
      A conferma di quanto chiarito, vi è la circostanza che, sino alla scadenza della concessione, le opere in questione risultano accatastate in capo agli stessi concessionari, i quali, peraltro, sempre a norma dell'articolo 41 del codice della navigazione, possono costituire ipoteca sulle opere dai medesimi costruite, previa autorizzazione dell'autorità concedente. A tal proposito, occorre anche considerare che la gran parte delle concessioni rilasciate dagli enti territoriali per la realizzazione e la gestione delle strutture dedicate alla nautica da diporto sono tuttora in corso, con la conseguenza che i titolari Pag. 27delle stesse sono tenuti al pagamento dei canoni tabellari. Ciò in quanto le concessioni in materia hanno di regola un'efficacia pluridecennale.
      Infine, va considerato che, nell'ambito dei compendi dedicati alla nautica da diporto, si rinvengono, oltre alle opere destinate all'ormeggio delle imbarcazioni, anche numerose strutture che prestano servizi di natura complementare (servizi turistico-ricettivi e ludico-sportivi), i quali, di norma, rivestono natura commerciale. Delineati in questi termini i profili della questione segnalata dagli onorevoli interpellanti, vogliamo comunque osservare che la problematica in esame potrà essere oggetto di ulteriori approfondimenti delle amministrazioni competenti e anche di ulteriori interventi legislativi se necessario, anche in relazione agli esiti del pendente giudizio di costituzionalità.

      PRESIDENTE. Il deputato Vitelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

      PAOLO VITELLI. Signor Presidente, signor Viceministro, francamente mi ritengo parzialmente soddisfatto perché lei, giustamente, mi richiama tra i concetti dicendo che la concessione di un'area demaniale prevede la costruzione di beni soprastanti che rimangono nell'uso del concessionario per la durata della concessione e poi verranno incamerati dallo Stato.
      Questa è la vera ragione per la quale, a mio avviso, il costo della concessione del terreno, cioè della superficie concessa, non può essere variato. Nel senso che lo Stato affitta un terreno per cinquant'anni – uso dei termini semplificanti per capirci – il concessionario costruisce degli immobili, che sono suoi, e ha l'obbligo di ammortizzarli in cinquant'anni se la durata è di cinquant'anni, dopo il cinquantesimo anno avranno valore zero.
      Quindi, è molto problematico far stare in piedi un contratto, un tale piano industriale: dopo cinquant'anni normalmente un immobile è raddoppiato di prezzo, nel caso di un bene dato in concessione demaniale con la costruzione fatta a carico del concessionario vale invece zero; cioè io devo ridarla allo Stato che si avvantaggerà nel rifare una nuova concessione a quel punto corredata da quell'immobile e avrà diritto di chiedere un canone di concessione molto più alto, perché sarà il valore del terreno più il valore dell'immobile inserito sopra il terreno.
      Ecco perché l'immobile non può diventare una facilitazione dell'aumento del canone tout court e improvvisamente; il valore dell'immobile è parte del progetto industriale che faccio e sarà attribuito gratuitamente al demanio al termine della concessione.
      Non può giocare durante questo periodo, perché questo non rientra nel piano industriale, come elemento di maggior valore della concessione. Chi ha preso il bene ha fatto un calcolo di quanto costa di affitto e calcolato quanto costa costruire, lo ha ammortizzato per cinquant'anni e sa che alla fine deve darlo indietro, ma non può far gravare il maggior costo dei terreni sull'immobile che è già gravato da un ammortamento di cinquant'anni. Quindi, credo che questa materia sia giusto ricordala e altrettanto vale per la logica dei servizi.
      È vero che su quel terreno andiamo a costruire dei servizi. Sono servizi costosi, e tutti quanti hanno una vita legata alla vita della concessione, quindi non possono contribuire ad aumentare il valore della concessione. Viene dato un valore alla concessione e un valore a quello che costruisco sopra e che dovrò perdere o restituire al termine dei cinquant'anni, e lo Stato avrà il grande vantaggio di poter rinnovare – perché ci sono anche concessioni di dieci anni – la concessione al termine dei dieci anni, maggiorando il canone di concessione del maggior valore che si è creato sui terreni di proprietà del demanio.
      Infine, capisco che lei dica che c’è una Corte costituzionale che ha in esame la pratica. Quanto ci metti ? Quante aziende Pag. 28devono ancora fallire prima che si esprima, visto che la diatriba dura da parecchi anni ? Possiamo fare l'inventario di quante volte la magistratura ha dato ragione a questi concessionari e capire anche dal punto di vista della legittimità e della legalità, c’è un forte supporto giuridico, perché abbiamo molte cause a favore di chi si è opposto a questi aumenti indiscriminati.
      E poi rimangono due concetti: se è vero che dobbiamo rivederlo in via legislativa, perché è vero che il principio è giusto, ma allora rivediamolo in una via molto semplice e con due validissimi principi: non danneggiamo ulteriormente le concessionarie, applichiamo il punto pacta sunt servanda e risolviamolo con una semplice circolare amministrativa, che dice che non è applicabile il principio della retroattività. Quindi, ogni adeguamento di canone partirà per le nuove concessioni.

      PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

      PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

      Lunedì 28 ottobre 2013, alle 10,30:

      1. – Discussione delle mozioni Airaudo ed altri n. 1-00164, Allasia ed altri n. 1-00220 e Costa ed altri n. 1-00221 concernenti iniziative per il rilancio del settore manifatturiero.

      2. – Discussione delle mozioni Vezzali, Valeria Valente, Rampelli, Capelli ed altri n. 1-00151, Mongiello ed altri n. 1-00158, Laffranco ed altri n. 1-00159, Nicchi ed altri n. 1-00215 e Rondini ed altri n. 1-00219 concernenti iniziative in favore dei celiaci, con particolare riferimento alla normativa comunitaria.

      (ore 15).

      3. – Discussione del disegno di legge:
      Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2013, n.  104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca (C. 1574).

      La seduta termina alle 11,20.

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