XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 28 ottobre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,
          premesso che:
              la celiachia, definita anche «sprue» o enteropatia da glutine, è una malattia immuno-mediata scatenata dall'ingestione di glutine che, in soggetti geneticamente predisposti, determina un processo infiammatorio che porta a lesioni della mucosa dell'intestino tenue, con conseguente malassorbimento e manifestazioni extraintestinali;
              il glutine è un complesso proteico presente in alcuni cereali (frumento, segale, orzo, avena, farro, spelta, kamut e triticale). La prolamina è una delle frazioni proteiche che costituiscono il glutine ed è la responsabile dell'effetto tossico per il celiaco. La prolamina del frumento viene denominata gliadina, mentre proteine simili, con il medesimo effetto sul celiaco, si trovano anche in orzo, segale, farro, spelta, kamut, triticale ed avena; il consumo di questi cereali provoca una reazione avversa nel celiaco dovuta all'introduzione delle prolamine con il cibo all'interno dell'organismo. L'intolleranza al glutine genera gravi danni alla mucosa intestinale quali l'atrofia dei villi intestinali. Con dieta aglutinata si definisce il trattamento della celiachia basato sulla dieta di eliminazione di tutti i cereali contenenti glutine;
              la celiachia è una malattia multifattoriale, irreversibile, autoimmune ed a componente autoimmune, riconosciuta dall'articolo 1 della legge n.  123 del 2005 come malattia sociale;
              le persone soggette geneticamente a celiachia devono escludere dalla loro dieta i prodotti alimentari che contengono glutine in modo rigoroso e per tutta la vita;
              solo una rigorosa dieta priva di glutine, ad oggi l'unica terapia nota per il trattamento della celiachia, associata ad una diagnosi precoce consente ai celiaci di evitare le complicanze, anche gravi, derivanti dall'assunzione di glutine, siano esse neoplastiche che autoimmuni;
              il decreto legislativo n.  111 del 1992 ha fissato le procedure di verifica della produzione, di notifica delle etichette e poi di controllo dei prodotti alimentari senza glutine che sono inseriti nell'apposito registro nazionale degli alimenti, istituito dal decreto del Ministro della sanità dell'8 giugno 2001 (cosiddetto decreto Veronesi) e gestito dal Ministero della salute;
              a causa dei prezzi molto alti dei prodotti senza glutine – a titolo di esempio 500 grammi di farina costano 6 euro e 500 grammi di pasta 4,20 euro – dal 1982 in Italia è riconosciuta ai celiaci l'erogazione gratuita di prodotti loro essenziali per la garanzia del diritto alla salute;
              la legge n.  123 del 2005 ha ribadito tale diritto, all'articolo 4, rimandando al Ministero della salute la definizione dei limiti massimi di spesa, stabiliti successivamente con decreto emanato nel 2006, nella misura fissata dal decreto del Ministro della sanità dell'8 giugno 2001, nonostante che i prezzi degli alimenti senza glutine siano aumentati dal 2001 del 17 per cento circa;
              i prodotti alimentari dietetici privi di glutine sono a carico del sistema sanitario; in realtà, i prodotti alimentari senza glutine hanno prezzi insostenibili e il contributo del Sistema sanitario nazionale è abbondantemente insufficiente rispetto ai bisogni delle persone celiache;
              sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 29 giugno 2013 è stato pubblicato il regolamento (UE) n.  609/2013; il citato regolamento entrerà in vigore a partire dal 20 luglio 2016;
              il regolamento (UE) n.  609/2013 dispone che dal 20 luglio 2016 sia abrogato il concetto di «prodotto dietetico» e tutta la normativa specificatamente formulata a tutela della sicura produzione di alimenti per celiaci, rimandando la regolamentazione dei prodotti senza glutine al regolamento (UE) n.  1169/2011, il cosiddetto Fic (Food information to consumers) dedicato alle informazioni al consumatore;
              il rischio è che dal 20 luglio 2016 si riduca la garanzia di sicurezza dei prodotti specificatamente formulati per i celiaci, venendo meno tutte le procedure di cui al decreto n.  111 del 1992, che sarà abrogato lasciando alla libera decisione dei produttori le modalità attraverso cui assicurare quanto affermato in etichetta;
              appare grave la decisione del Parlamento europeo e del Consiglio di non includere i prodotti alimentari per celiaci tra quelli essenziali e indispensabili a cittadini sicuramente vulnerabili;
              le associazioni dei malati di celiachia hanno sottolineato come sia necessario giungere ad un'attuazione del regolamento (UE) n.  609/2013 che, da una parte, detti norme chiare e trasparenti sulla modalità di etichettatura dei prodotti alimentari che distinguano quelli specificatamente formulati per celiaci da quelli senza glutine, ma destinati alla generalità del mercato e dei consumatori e, dall'altra, determini disposizioni che garantiscano sia un elevato livello di qualità che l'assoluta garanzia di assenza di glutine dagli alimenti;
              in relazione al provvedimento attuativo del regolamento (UE) n.  609/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio sarebbe necessario il coinvolgimento formale delle associazioni dei malati di celiachia;
              è necessario, quindi, che tutta la popolazione sia sensibilizzata a non sottovalutare gli eventuali sintomi, a rivolgersi agli specialisti e a sottoporsi ai test diagnostici in modo da arrivare ad una diagnosi corretta e precoce;
              in Italia i malati di celiachia accertati sono circa 135.800, ma stime autorevoli parlano di un numero di malati inconsapevoli superiore a quattro volte il numero dei malati accertati. La relazione inviata al Parlamento sulla celiachia con dati al 31 dicembre 2011 afferma che l'incremento annuale dei casi accertati è di circa il 20 per cento;
              la relazione sulla celiachia al Parlamento stima in 6 anni il tempo necessario per arrivare alla diagnosi di celiachia in Italia; si registrano continui quanto inutili accessi al Sistema sanitario nazionale per eseguire esami e test non utili alla corretta diagnosi, mentre sarebbero necessarie, da una parte, un'efficace e capillare campagna informativa e, dall'altra, iniziative finalizzate alla diagnosi precoce della malattia con politiche di «case-finding»;
              dalla relazione sulla celiachia al Parlamento si evince, altresì, che le mense di cui all'articolo 4 della legge n.  123 del 2005, sulla base dei dati del 2011 rapportati con quelli degli scorsi anni, dopo una significativa diminuzione del 2010, hanno superato il dato rilevato nel 2009, raggiungendo quota 37.858 strutture di cui 28.248 risultano mense scolastiche, 3.578 mense ospedaliere e 6.032 mense annesse alle pubbliche amministrazioni; in tale contesto appare positivo l'aumento delle mense scolastiche e ospedaliere, mentre è assolutamente negativa la diminuzione del 20 per cento delle mense nelle pubbliche amministrazioni,

impegna il Governo:

          a garantire che la normativa italiana, anche successivamente all'entrata in vigore del regolamento (UE) n.  609/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, tuteli integralmente la sicurezza dei prodotti alimentari e preveda la chiarezza e la trasparenza delle etichette relative ai prodotti alimentari destinati ai malati di celiachia;
          a garantire il coinvolgimento diretto delle associazioni dei malati di celiachia anche in relazione ai provvedimenti attuativi del regolamento (UE) n.  609/2013;
          ad attivarsi affinché i prodotti alimentari senza glutine siano inseriti nel regolamento (UE) n.  1169/2011 (Food information to consumers), in modo che siano pienamente tutelati i diritti dei malati di celiachia;
          a rafforzare e a rendere ancora più efficaci e continuativi i controlli sui prodotti alimentari destinati ai malati di celiachia;
          a promuovere una vasta e capillare campagna informativa, destinata anche a sostenere iniziative finalizzate alla diagnosi precoce della malattia;
          a promuovere tutte le iniziative di propria competenza affinché le mense nelle pubbliche amministrazioni invertano il trend di riduzione riscontrato nell'ultima relazione al Parlamento;
          ad assumere iniziative per garantire la circolarità dei prodotti in erogazione, che oggi sono disponibili solo nella regione di residenza del celiaco, fatto che costringe coloro che per motivi di studio o di lavoro sono obbligati a spostarsi, a portare con sé gli alimenti per il fabbisogno quotidiano;
          a evitare che il passaggio della celiachia dall'elenco delle malattie rare alle malattie croniche, previsto dal 2008, comporti la perdita della tutela della diagnosi prevista dal regolamento sulle malattie rare, tenuto conto che la celiachia è una malattia per la quale l'esame precoce richiede almeno 6 anni di tempo e indagini continue;
          a promuovere, d'intesa con le regioni, la revisione e l'aggiornamento del protocollo di diagnosi e follow up, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 febbraio 2008, per il trattamento della celiachia e la sua diffusione attraverso l'inserimento dello stesso nei piani sanitari regionali.
(1-00222) «Cecconi, Lupo, Baroni, Benedetti, Paolo Bernini, Dall'Osso, Di Vita, Gagnarli, Gallinella, Silvia Giordano, Grillo, L'Abbate, Lorefice, Mantero, Parentela».


      La Camera,
          premesso che:
              l'industria manifatturiera rappresenta il settore economico di riferimento del tessuto economico italiano. Le attuali difficoltà nel mantenimento e nello sviluppo dei livelli produttivi di questo comparto rendono necessari interventi di politica industriale volti all'eliminazione delle diseconomie strutturali, legate a normative nazionali, comunitarie e internazionali che hanno contribuito, nell'arco degli ultimi vent'anni, alla perdita di competitività dell'Italia;
              le politiche neoliberiste successive all'Accordo generale sulle tariffe ed il commercio (Gatt) del 1947, ratificato e perfezionato con l'istituzione del WTO (World Trade Organization) nel 1995, hanno spinto alla progressiva compressione di principi come la giusta retribuzione, il diritto alla salute dei lavoratori e il rispetto dell'ambiente, solo recentemente tornati all'attenzione mondiale;
              l'attuale contesto internazionale, che vede in ascesa i Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) nell'ambito di un'economia mondiale ampiamente delocalizzata, ha causato una rapida perdita di posizioni del nostro Paese, travolto dalla crisi economica iniziata nel 2008 e ancora in corso;
              la gravità del contesto macroeconomico internazionale è testimoniata dal fatto che l'Italia nel 2013 sarà fuori dal G8 a causa dell'aumento del debito pubblico – che ha raggiunto il 133,3 per cento del prodotto interno lordo nel secondo trimestre 2013 – mentre il prodotto interno lordo non accenna ad aumentare. L'Italia, infatti, è stata superata dalla Russia, scivolando al nono posto dal sesto in cui si trovava nel 1975, quando entrò nel cosiddetto club dei grandi;
              l'Italia, comunque, continuerà a partecipare ai vertici dei «grandi della Terra», ma solo per ragioni politiche, non economiche, fatto di estrema gravità;
              nel corso degli anni sono state istituite una miriade di agenzie e di società pubbliche – come l'Ice (Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane), Promuovitalia, Invitalia, Simest ed altre – finalizzate a sostenere le imprese nazionali interessate al commercio estero e per l'attrazione di investimenti stranieri. Per quest'ultimo ambito, l'Esecutivo ha recentemente annunciato la nascita di una nuova società, Destinazione Italia spa, rendendo ancora più confuso il quadro di riferimento per gli investitori internazionali;
              malgrado le serie difficoltà riscontrate nei mercati internazionali, le piccole e medie imprese italiane rappresentano un elemento essenziale nell'organizzazione industriale del Paese – sia per il numero di addetti che in termini di contributo al prodotto interno lordo e capacità di creazione e redistribuzione capillare di valore aggiunto – come testimoniato per l’export dalla bilancia commerciale positiva per 8,86 miliardi di euro, registrata nel 2012 dall'Ice;
              le piccole e medie imprese, volano del sistema produttivo italiano, negli anni passati hanno potuto contare su assetti distributivi e su politiche monetarie domestiche di sostegno per la loro affermazione sui mercati internazionali, nonché su politiche di espansione determinate da interventi sui redditi e a favore della piena occupazione che ne hanno favorito anche la persistenza sul mercato interno;
              le criticità maggiori attualmente riscontrate riguardano proprio il mercato domestico, in cui risultano evidenti le debolezze del sistema produttivo, imputabili a svariate cause come un sistema fiscale sbilanciato su imprese e famiglie, gravi ritardi infrastrutturali, la presenza invasiva della burocrazia, la stretta al credito da parte di banche ormai solo finanziarie, il pessimo funzionamento dei servizi, le poche risorse destinate alla ricerca e sviluppo, la presenza di forti squilibri tra il nord e il sud del Paese, unita agli scarsi incentivi allo sviluppo della green economy;
              la mancata riforma strutturale del sistema produttivo ha aggravato la crisi economica in corso, ritardando la competitività del Paese rispetto alle altre economie emergenti e causando, nei primi quattro mesi del 2013, la chiusura di ben 4.218 le aziende, il 13 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2012, già drammatico per aver registrato la media di 34 fallimenti di imprese al giorno (fonte Cerved, gruppo specializzato nell'analisi delle imprese e nella valutazione del rischio di credito);
              è necessario che siano ripristinate le condizioni affinché le realtà industriali di maggior peso e vocazione internazionale, insieme alle piccole e medie imprese allocate nei settori strategici e in altri comparti – come l'automazione meccanica, l'aeronautica, la trasformazione alimentare, il tessile, la moda, la chimica e altri ancora – possano svilupparsi in termini di innovazione nel prodotto e nei sistemi produttivi;
              esistono, inoltre, ampi margini per lo sviluppo di comparti trascurati e suscettibili di forte innovazione, quali quelli della produzione automobilistica legata ai motori a basso impatto ambientale, della costruzione di materiale rotabile e automazione ferroviaria, delle biotecnologie, dell'elettronica, della farmaceutica, delle nanotecnologie, della chimica verde, delle tecnologie di recycling e quant'altro: tutti settori ad altissimo valore aggiunto che andrebbero presi in considerazione nel contesto di una pianificazione industriale mai realizzata e attuata nel nostro Paese;
              le filiere devono essere ottimizzate con una seria radicazione territoriale relativa all'intero ciclo di produzione: non è razionale né economico che, ad esempio, un pantalone venga inviato negli stabilimenti di una città per fare l'orlo e poi viaggi in un'altra per l'applicazione dei bottoni;
              inoltre, le imprese che lavorano nel manifatturiero sanno conquistare il mercato estero con l'alta qualità dei prodotti made in Italy che nascono in larga parte nell'artigianato e nelle piccole aziende ben radicate nei territori italiani. Ma bisogna preservare questo modello produttivo dal mercato della contraffazione che provoca ingenti danni economici e d'immagine a tali realtà. Infatti, bisogna intraprendere un'efficace politica antidumping in sede di Unione europea, per contrastare i fenomeni di concorrenza sleale oltre ad attuare, con strumenti normativi nazionali, una lotta serrata alla contraffazione sul territorio e nelle aree doganali;
              un piano industriale che abbia senso deve tener conto anche della riallocazione efficiente di tutte le risorse produttive, tra le quali spicca la forza lavoro. Quest'ultima è la più importante in quanto assume, dal punto di vista economico, la duplice veste di fattore produttivo e di consumo nel mercato interno,

impegna il Governo:

          ad adottare un serio piano industriale per il settore manifatturiero in base alle seguenti indicazioni:
              a) assumere iniziative per allentare il patto di stabilità interno per favorire gli investimenti degli enti locali e il rilancio dei sistemi produttivi regionali;
              b) semplificare gli oneri burocratici a carico delle aziende;
              c) assumere iniziative per ridurre il cuneo fiscale in modo da abbassare il costo del lavoro legato alle imposte e favorire le assunzioni da parte delle aziende;
              d) ridimensionare la portata degli studi di settore, rideterminando i sistemi di calcolo e i moltiplicatori da aggiornare in base all'andamento dell'economia;
              e) assumere iniziative per abolire l'Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) per le imprese con meno di 10 dipendenti e con un fatturato annuo non superiore a 2 milioni di euro;
              f) riorganizzare ed efficientare agenzie e società finalizzate a sostenere la proiezione nel mercato internazionale delle imprese italiane e a favorire l'attrazione di investimenti stranieri;
              g) assumere iniziative a sostegno delle industrie con un prevalente mercato interno, valorizzando prodotti e filiera totalmente italiani;
              h) promuovere una normativa che vieti gli incroci azionari tra sistema bancario e sistema industriale in modo da evitare, su quest'ultimo, indebite pressioni determinate da speculazioni degli istituti di credito;
              i) procedere all'abolizione dei monopoli di fatto – come quelli che vedono la primazia nei rispettivi comparti di Telecom Italia, Autostrade spa, Eni, Enel e le Ferrovie dello Stato – per garantire una reale concorrenza;
              l) favorire lo sviluppo di reti d'imprese come elemento di aggregazione che consenta alle piccole e medie imprese di affrontare le sfide del mercato nazionale ed internazionale grazie alla fiscalità di vantaggio e all'accesso semplificato al credito;
              m) completare alcune liberalizzazioni – come quelle relative agli ordini professionali – proposte ed auspicate nella relazione annuale 2013 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, accompagnate da interventi che garantiscano l'equità sociale e che favoriscano, anche attraverso appropriate riforme del diritto del lavoro, nuove opportunità di inserimento per i soggetti interessati;
              n) introdurre un sistema premiale per le aziende che producono con processi virtuosi finalizzati a ridurre il consumo energetico per unità di prodotto realizzato e a impiegare materie prime secondarie provenienti dalla filiera del riciclo;
              o) assumere iniziative per allineare le tariffe di energia, connettività, telefonia, elettricità e trasporti agli altri Paesi europei, in modo da favorire sia gli utenti domestici che aziendali;
              p) promuovere la ricerca e lo sviluppo con spiccate capacità innovative, sia in ambito universitario che privato;
              q) attuare immediatamente le misure previste dall'Agenda digitale europea per contrastare il digital divide che non consente lo sviluppo delle aziende, frenando l’e-commerce e le formule alternative di impiego come il telelavoro;
              r) incentivare linee produttive legate alla filiera corta, ecocompatibili e radicate nel territorio;
              s) intraprendere una concreta politica antidumping in sede di politica commerciale europea, per contrastare i fenomeni di concorrenza sleale;
              t) mettere in atto con gli strumenti della politica nazionale una serrata lotta alla contraffazione nelle dogane e sul territorio, in difesa dei consumatori e della produzione nazionale;
              u) intervenire con iniziative urgenti per aumentare la garanzia legale sui prodotti commerciali, in modo da contrastare l'obsolescenza programmata, fenomeno in base al quale un bene tecnologico è deliberatamente progettato per durare solo un certo numero di anni.
(1-00223) «Prodani, Vallascas, Crippa, Della Valle, Da Villa, Fantinati, Mucci, Petraroli, Nuti».


      La Camera,
          premesso che:
              il numero di esseri umani morti nel tentativo di attraversare il Mar Mediterraneo, ammonta ormai a più di ventimila e si tratta di un fenomeno ventennale che in periodi diversi riacquista vigore senza, peraltro, essersi mai interrotto;
              la strage del 3 ottobre 2013 è l'ultimo episodio di una lunghissima serie, e nonostante il numero altissimo di salvataggi, alle aumentate difficoltà di arrivo sulla Riva Nord del Mediterraneo ha corrisposto un incremento del numero delle vittime e del giro di affari dei trafficanti umani;
              Lampedusa e, in altro modo altri punti di approdo in Italia rappresentano la porta Sud dell'Europa e non solo dell'Italia: guerre, persecuzioni, regimi autoritari, grandi trasformazioni appena iniziate sulla Riva Sud del Mediterraneo, privatizzazione della violenza e debolezza o assenza statuale, pulizia etnica e insicurezza di vita spingono centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini a cercare il proprio futuro rischiando la vita;
              tale problema non è più solo emergenziale ed «umanitario», anche se mantiene una drammatica valenza umanitaria che chiama in causa la natura stessa delle nostre democrazie europee, ma strutturale, e richiede interventi profondi e stabili che riguardano la politiche di asilo, le politiche umanitarie e le politiche nei confronti dell'immigrazione irregolare del nostro Paese ed europee;
              la struttura del Centro di prima accoglienza di Lampedusa è attualmente totalmente inadeguata e negli ultimi giorni, come verificato dai deputati che l'hanno visitato, ospita in condizioni inaccettabili – nonostante gli sforzi del personale addetto – circa mille profughi con una capienza legittima di 250, e tra questi molti bambini e minori, inclusi minori con disabilità, mentre la grande maggioranza delle persone destinatarie di accoglienza sono costrette a vivere e a dormire all'aperto, senza neppure un adeguato sistema di protezione civile o tende impermeabili;
              da oltre un anno sono stati stanziati e sono disponibili i fondi per il restauro e la messa in funzione di un secondo centro di prima accoglienza, senza che siano iniziati i lavori già previsti a settembre dello scorso anno,

impegna il Governo:

          a trasferire immediatamente i profughi dal centro di primo soccorso ed accoglienza di Lampedusa oggi sovraccarico, riportando il centro alla sua capacità fisiologica;
          a garantire ai profughi un'adeguata ospitalità presso centri appositi in cui sia garantita altresì l'assistenza psicologica e legale;
          ad avviare immediatamente i lavori per l'ampliamento del centro di primo soccorso ed accoglienza, con riferimento specifico alla ricostruzione delle strutture andate distrutte nell'incendio del 2011;
          a mettere all'ordine del giorno dell'agenda europea la creazione di un primo centro di prima accoglienza europeo sul territorio italiano, in Sicilia, con la presenza delle autorità di frontiera dei Paesi dell'Unione, dove, a fronte di una disponibilità del nostro Paese a farsi carico di una congrua parte dei profughi che, giungono via mare, sia possibile una ricollocazione della parte restante tra gli altri Stati membri, permettendo, ad esempio, il ricongiungimento familiare ed il transito ai migranti che volessero fare richiesta di asilo in uno Stato diverso da quello di primo accesso alla Comunità europea;
          ad implementare la rete di accoglienza dei minori non accompagnati, sostenendo gli enti locali nella creazione di strutture adeguate ad accogliere questi soggetti deboli, accompagnandoli in un percorso di integrazione e di crescita;
          ad abbreviare i tempi di attesa per la valutazione delle richieste d'asilo, aumentando il numero delle commissioni di valutazione;
          a permettere l'avvio della richiesta di asilo e protezione internazionale sulla Riva Sud del Mediterraneo, nei principali Paesi di transito, come Libia e Tunisia, presso consolati e ambasciate italiane, al fine di rendere possibile a candidati con forte titolo per l'accettazione, in quanto provenienti da guerre e aree di persecuzione, la possibilità di avanzare la propria richiesta, senza doversi sottoporre al terribile viaggio via mare nelle mani di trafficanti umani solo per toccare il suolo europeo, rendendo possibile poi il viaggio in condizioni legali, senza ricatti e rischi ulteriori di vita;
          a proporre ai partner europei di adottare analoghe misure per svuotare in questo modo anche il traffico clandestino di esseri umani, sempre più prospero, anche a causa dell'impossibilità di chiedere la protezione internazionale senza toccare il suolo europeo;
          a sollecitare l'Unione europea alla creazione di un Ufficio europeo dell'immigrazione stabile in territorio nordafricano – analogamente a quanto altri Paesi hanno predisposto, come gli Stati Uniti – allo scopo di rendere possibile la richiesta di protezione internazionale senza la necessità di attraversare in condizioni di irregolarità il Mediterraneo;
          a concordare con i partner europei, all'interno dei programmi di cooperazione nel contrasto dell'immigrazione irregolare e del traffico umano, un corridoio umanitario europeo, nel Mediterraneo, che permetta comunque viaggi più sicuri;
          ad operare in Europa perché all'interno dell'accordo europeo Dublino III (n.  604/2013) possa affermarsi una interpretazione più larga che permetta già dal momento dell'avvio della procedura di protezione la possibilità di inserire accanto al Paese di approdo anche i Paesi dell'Unione, dove già vivono membri dello stesso nucleo familiare;
          ad assumere iniziative per abrogare le norme del testo Unico sull'immigrazione (decreto legislativo n.  286 del 1998) che penalizzano l'ingresso e il soggiorno irregolare, il cosiddetto «reato di clandestinità», fermo restando il diritto del Paese, secondo le norme vigenti, all'espulsione come sanzione amministrativa quando non esistano i requisiti per il soggiorno regolare o l'accoglimento dell'istanza di protezione internazionale.
(1-00224) «Marazziti, Raciti, Palazzotto, Pisicchio, Tabacci, Chaouki, Currò, Schirò Planeta, Migliore, Santerini, Galgano, Moscatt, Sberna, Giuseppe Guerini».

Risoluzione in Commissione:


      La IX Commissione,
          premesso che:
              la rete di telecomunicazioni, che possiede caratteristiche di monopolio naturale, è una risorsa strategica per gli Stati poiché garantisce l'esercizio di diritti costituzionali quali la libertà di comunicazione e l'accesso alla conoscenza veicolata attraverso la rete internet, oltre che la competitività e la crescita economica delle imprese;
              in Italia, la rete di accesso è di proprietà di Telecom Italia che, oltre ad essere il principale operatore telefonico del Paese, è uno dei principali attori del mercato finanziario nazionale;
              il valore della rete nazionale posseduta da Telecom Italia si aggira tra gli 8 e i 16 miliardi di euro ed è composta da 110 milioni di chilometri in rame e 4,1 milioni di chilometri in fibra ottica;
              per quanto concerne la rete wireless Telecom Italia registra un patrimonio il cui valore oscilla tra i 500 milioni e il miliardo di euro, con 12 mila antenne Tim;
              sulla base delle risultanze del libro dei soci, delle comunicazioni effettuate alla Consob e alla società ai sensi dell'articolo 120 del decreto legislativo n.  58 del 24 febbraio 1998 e di altre informazioni a disposizione, l'azionariato di Telecom Italia, prima dell'accordo del 24 settembre, vedeva Telco s.p.a. come il principale azionista di Telecom con una partecipazione pari al 22 per cento delle azioni;
              il capitale di Telco era suddiviso in due categorie: azioni A che rappresentavano il 53,82 per cento del capitale azionario posseduto dagli investitori italiani tra i quali, emergevano, Generali, Mediobanca e Intesa e azioni B che rappresentavano il 46,18 per cento del capitale sociale posseduto da Telefonica;
              tutti gli azionisti Telco erano soggetti ad un patto parasociale, firmato in data 28 aprile 2007, che prevedeva il conferimento di tutte le partecipazioni possedute alla stessa Telco;
              il 24 settembre 2013 i soci di Telco, Generali, IntesaSanpaolo, Mediobanca e Telefonica hanno concluso un accordo che modifica il patto parasociale di cui sopra che si articola in due fasi. La prima fase prevede la sottoscrizione da parte di Telefonica di un aumento di capitale in Telco pari al 66 per cento. La seconda fase prevede la sottoscrizione da parte di Telefonica di un ulteriore aumento di capitate sociale Telco di 117 milioni di euro, aumentando la partecipazione di Telefonica in Telco da 66 per cento al 70 per cento. L'accordo prevede inoltre dei percorsi di uscita degli investitori italiani in Telco, consentendo, dunque, a Telefonica di ottenere il 100 per cento delle azioni di Telco e di acquisire la maggioranza nel consiglio di amministrazione di Telco e Telecom Italia;
              Telecom Italia, oltre ad avere un indebitamento netto pari a circa 29 miliardi di euro e un lordo di 38 miliardi, opera in un mercato domestico saturo (caratterizzato da una congiuntura economica negativa) che necessita di continui interventi di ammodernamento della rete;
              sebbene nell'ultimo anno gli utili di Telefonica, grazie soprattutto al mercato brasiliano, siano cresciuti del 21 per cento, l'azienda spagnola Telefonica risulta essere un'azienda molto più indebitata di Telecom. È, infatti, la compagnia telefonica più indebitata d'Europa, con 57 miliardi di euro di debiti, rispetto a Telecom che ne ha per 40 miliardi;
              occorrerebbe sapere da quale finanziatore la Telco intenda prendere le risorse finanziarie per acquistare Telecom e se non intenda reperire le risorse da una banca spagnola, magari, tratta in salvo dall'Unione europea, con l'intervento del fondo «salva Stati» ESM, il quale, a sua volta, è stato rimpinguato dallo Stato italiano con un versamento di 124 miliardi di euro (prima tranche), presi a debito sui mercati finanziari e che verranno restituiti dai cittadini italiani attraverso il pagamento delle tasse attuali e di quelle future;
              l'Antitrust brasiliano ha fatto sapere alla Telco che, qualora dovesse portare a termine l'operazione con Telecom, dovrebbe cedere una delle due reti di cellulari presenti in Brasile, una targata Telefonica e l'altra targata Tim, rinunciando, quindi, ad uno dei mercati — se non l'unico fatta eccezione per l'Argentina — che produce utili;
              il decreto-legge n, 21 del 2012 recante «norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni», al fine di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale conferisce al Governo «poteri speciali» attinenti alla governance delle suddette società (cosiddetta golden power). Tali poteri sono esercitabili dal Governo nei confronti di società pubbliche o private operanti nei settori strategici della difesa e sicurezza nazionale nonché nei confronti delle società che possiedono asset di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni. Con riferimento a tali ultimi settori i poteri speciali esercitabili dal Governo consistono nella possibilità di far valere il veto dell'Esecutivo alle delibere, agli atti e alle operazioni concernenti asset strategici, in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, ovvero imporvi specifiche condizioni;
              l'articolo 2 del decreto-legge di cui sopra dispone che, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro degli affari esteri, oltre che con i Ministri competenti per settore, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono individuati, con uno o più decreti, le reti e gli impianti, ivi compresi quelli necessari ad assicurare l'approvvigionamento minimo e l'operatività dei servizi pubblici essenziali, i beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, nonché la tipologia di atti o operazioni all'interno di un medesimo gruppo ai quali non si applica la disciplina di cui al presente articolo;
              i decreti di cui sopra non sono ancora stati adottati, rendendo, di fatto, inapplicabili le previsioni contenute nel citato decreto-legge n.  21 del 2012;
              sulla base delle previsioni di cui alla direttiva 2009/140/CE del 25 novembre 2009 «recante modifica delle direttive 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, 2002/19/CE relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all'interconnessione delle medesime e 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica», come recepite dal codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 1o agosto 2003, n.  259 modificato dal decreto legislativo 28 maggio 2012, n.  70), l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) ha avviato, anche alla luce delle linee guida sulla separazione funzionale dettate dall'Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC), la fase preliminare di valutazione del progetto di separazione funzionale della rete di accesso presentata da Telecom Italia;
              la separazione funzionale della rete di accesso, oltre che rafforzare l'assetto concorrenziale del mercato a vantaggio dei cittadini, appare una precondizione per consentire l'ingresso di nuovi capitali nella costituenda società in grado di sostenere gli investimenti necessari per l'ammodernamento della rete ed il passaggio alla fibra ottica in linea con gli obiettivi fissati nell'Agenda digitale europea che per il 2020 richiede che il 100 per cento della popolazione italiana sia raggiunta da una connessione di almeno 30 megabit/secondo ed almeno il 50 per cento con velocità di 100 megabit/secondo. Come dimostrato dallo scoreboard sui progressi dell'Agenda digitale europea dedicato all'Italia, il nostro Paese vede una copertura della rete NGA (con velocità di connessione di almeno 30mbps) pari al 14 per cento delle abitazioni contro una media europea del 53,8 per cento mentre la penetrazione della fibra ultraveloce (ad almeno 100mbps) appare dei tutto marginale;
              gli investimenti finora assicurati da Telecom Italia non si sono dimostrati sufficienti per garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti a livello comunitario e la situazione di forte indebitamento di Telecom Italia e di Telefonica non fa presagire un rapido incremento degli investimenti nell'infrastruttura che appare essenziale per garantire l'accesso alla rete ai cittadini ed imprese italiani a condizioni almeno pari a quelle assicurate negli altri Paesi comunitari con effetti benefici sul terreno della crescita del Paese e dell'occupazione,

impegna il Governo:

          ad assicurare piena tutela e valorizzazione dell'occupazione e del patrimonio di conoscenze e competenze di Telecom Italia;
          ad adottare, nei tempi più brevi, il regolamento sulla golden power recante l'individuazione degli attivi ritenuti strategici nel settore delle comunicazioni;
          a garantire, conseguentemente, un'efficace vigilanza, in base ai poteri previsti dalla golden power, sui beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse e la sicurezza nazionale nel settore delle comunicazioni;
          a chiedere nelle più opportune sedi europee garanzie affinché le banche interessate da aiuti provenienti dal fondo «salva Stati» (MES) non utilizzino risorse proprie per finanziare l'acquisto di asset strategici ai danni delle nazioni finanziatrici dello stesso fondo «salva Stati»;
          ad assumere iniziative affinché si pervenga allo scorporo della rete mediante la costituzione di una società della rete, in modo da consentire la gestione pubblica di una risorsa strategica per il sistema Paese, attraverso un investimento pubblico, in un quadro di compatibilità con quanto previsto dalle norme europee, nella costituenda società della rete, a condizione che Telecom Italia riconosca il diritto di opzione a fronte di tale investimento sulle quote di partecipazione della costituenda società.
(7-00146) «Paolo Nicolò Romano, Barbanti, Cristian Iannuzzi, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Catalano, Liuzzi, Dell'Orco, Pesco, Cancelleri, Ruocco, Pisano».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


      PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          la legge di delegazione europea per il 2013 (n.  96/2013) ha prorogato al 4 dicembre 2013 il termine per il recepimento della direttiva europea 2011/24/UE sull'assistenza sanitaria transfrontaliera, fissato in un primo momento al 25 ottobre dello stesso anno;
          l'atto comunitario ha come obiettivo quello di istituire un quadro giuridico chiaro e univoco finalizzato a consentire ai pazienti la libera scelta del luogo di cura, l'accesso e il rimborso all'assistenza sanitaria al di fuori del proprio Paese, nell'ambito dell'Unione. Non tutte le prestazioni sanitarie saranno erogabili sul territorio comunitario: sono esclusi, ad esempio, i servizi di assistenza di lunga durata, i trapianti d'organo e i programmi pubblici di vaccinazione;    
          l'Italia, come la maggiore parte degli altri Paesi dell'Unione europea è in ritardo nell'emanazione degli atti applicativi necessari, e deve risolvere alcuni nodi molto importanti come il tariffario comune, l'eventuale istituzione di un sistema per le autorizzazioni, i certificati e le fatture da tradurre in tutte le lingue comunitarie;
          non sono stati ancora definiti, inoltre, i punti di contatto tra gli Stati membri e non è stato avviato il necessario censimento delle strutture italiane ed europee che erogheranno i servizi sanitari;
          il 24 ottobre 2013 il quotidiano Il Piccolo di Trieste ha pubblicato un articolo intitolato «Sanità transfrontaliera, goriziani penalizzati» in cui si evidenziano i ritardi summenzionati nel recepimento della direttiva comunitaria;
          inoltre, si riporta l'intervista al direttore generale dell'azienda sanitaria isontina Marco Bertoli, il quale afferma di non aver ricevuto nessuna indicazione e che per la questione transfrontaliera «tutto è nelle mani della progettualità del Gect», il gruppo europeo di cooperazione territoriale che consente l'attuazione di progetti cofinanziati dall'Unione europea o la realizzazione di azioni su iniziativa degli Stati membri;
          in attesa del recepimento dell'atto comunitario, Bertoli ha invitato i pazienti italiani frontalieri a non ricorrere alle cure all'estero, a meno che queste non siano strettamente necessarie  –:
          se il Governo intenda adottare immediatamente tutte le iniziative necessarie a dare piena attuazione alla direttiva europea sull'assistenza sanitaria transfrontaliera, in modo da evitare la penalizzazione dei pazienti italiani che ad oggi non possono scegliere liberamente il luogo di cura e ottenere il rimborso della prestazione sanitaria ricevuta in territorio comunitario. (4-02312)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BERGAMINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          un giovane italiano di 19 anni, Joele Leotta, è stato ucciso domenica 20 ottobre 2013 nell'appartamento in cui viveva a Maidstone, in Inghilterra;
          il giovane, originario del Lecchese, si trovava in Gran Bretagna da un paio di settimane e lavorava come cameriere in un ristorante italiano a poca distanza dal luogo in cui è stato ucciso;
          il movente del delitto non è ancora chiaro, anche se è stato ipotizzato l'odio razziale, in quanto il giovane sarebbe stato accusato dai suoi aggressori di aver «rubato il lavoro» a cittadini britannici;
          anche il coinquilino di Leotta, Alex Galbiati, è rimasto ferito in seguito all'aggressione ma, ricoverato in ospedale, è fuori pericolo di vita  –:
          se il Governo possa fornire maggiori dettagli sull'accaduto anche per quanto concerne le iniziative assunte a tutela del connazionale assassinato e della sua famiglia, nonché sugli eventuali passi già compiuti presso le autorità britanniche, valutando altresì l'eventualità di sensibilizzare i competenti organismi dell'Unione europea, in particolare ove sia a conoscenza di fatti analoghi che coinvolgano la – sempre più numerosa e sempre più giovane – comunità italiana all'estero e quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere per evitare che episodi simili abbiano a ripetersi. (5-01302)

Interrogazione a risposta scritta:


      MARCON e FAVA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          si fa riferimento al reportage di Amedeo Ricucci sulla condizione reale dei migranti africani e rifugiati somali detenuti nella nuova Libia per conto dell'Italia, andato in onda il 18 ottobre 2013 su Tv7 (Raiuno);
          il giornalista Rai, già collaboratore del Manifesto, ha raccontato la disperazione di tremila immigrati rinchiusi in un centro di detenzione a 50 chilometri da Tripoli, controllati armi alla mano da miliziani del Jebel Nafusa «che sanno fare la guerra», tutti catturati mentre erano in procinto di lasciare il territorio libico per raggiungere l'Italia e l'Europa, in fuga dalla guerra e dalla miseria della Somalia;
          ora vivono da molti, moltissimi mesi rinchiusi nelle gabbie dei «centri di accoglienza» libica, che assomigliano molto ai campi di concentramento, che l'Italia finanzia e organizza con le «autorità» libiche;
          dal reportage emerge che in quella condizione ci sono più di 50mila persone e che altrettante sono state rispedite nei luoghi di provenienza, mentre urlano da dietro le sbarre il bisogno di libertà, di una condizione migliore della fame, delle guerre;
          sono stati raccolti inizialmente nell'area dello zoo di Tripoli prima di finire nell’«accoglienza» dei «container lager». Quei campi altro non sono che il risultato diretto dei trattati voluti dall'Italia e firmati con la Libia, prima tra Gheddafi e Berlusconi (con approvazione bipartisan del Parlamento italiano) e poi riattivati dopo l'ottobre 2012 con le nuove «autorità» dopo la caduta nel sangue del colonnello libico. E che ora vengono ripristinati dal Governo Letta-Alfano come risposta ai naufragi a mare dei barconi e alle stragi di Lampedusa e Malta;
          la denuncia del reportage televisivo sulla condizione reale dei migranti africani sequestrati in Libia, arriva negli stessi giorni in cui funzionari del Governo italiano trattano con il Governo libico sui rimpatri, la sicurezza dei porti e il pattugliamento a mare; in Libia non esistono autorità, le istituzioni ufficiose centrali per il governare usano milizie armate spesso contrapposte, come dimostrano la cattura recente del premier Zeidan, gli assalti e gli incendi dei Ministeri, gli attentati alle ambasciate e l'uccisione del capo della polizia;
          l'Italia ha avviato, senza discuterne adeguatamente in Parlamento, la «missione militare-umanitaria» per il soccorso a mare dei barconi di esseri umani in fuga e per il contrasto dell'immigrazione clandestina;
          senza memoria di quello che fu nel marzo 1997 la tragedia annunciata della Kater I Rades, contrastata in mare dalla Sibilia della Marina militare che provocò 108 vittime, perché applicava il blocco navale militar-umanitario deciso davanti all'Albania dall'allora Governo di centrosinistra;
          l'attuale missione militar-umanitaria, riporterà gli esseri umani che ci si ostina a considerare clandestini, in Libia (o a Malta perché tornino il Libia o a Lampedusa perché poi tornino in Libia), nei luoghi descritti nel reportage di Amedeo Ricucci;
          si sono registrati solo un rumoroso silenzio militar-umanitario e tante lacrime e parole di circostanza ai funerali senza bare ad Agrigento delle 387 vittime del massacro di Lampedusa. Solo le ultime delle migliaia delle quali si è direttamente o indirettamente imputabili  –:
          se il Ministro interrogato sia informato sui fatti esposti in premessa;
          se l'Italia abbia finanziato, e in che misura, la costruzione dei centri di detenzione sopra citati;
          se non intenda collaborare con le autorità libiche affinché venga rispettata la dignità umana delle persone che si trovano all'interno dei centri di detenzione.
(4-02320)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


      MICCOLI e COSTANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          a Roma, in via Nola 5, vi è uno stabile di 3.550 metri quadrati che fino al 2004 era proprietà del Ministero dei trasporti e sede della Motorizzazione civile, in seguito caduto in uno stato di totale abbandono;
          nel dicembre del 2004 – in attuazione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 9 giugno 2004, emanato ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001 n.  351 convertito dalla legge 23 novembre 2001, n.  410 – il complesso immobiliare è confluito in un fondo immobiliare, denominato FIP (Fondo immobili pubblici) gestito dalla società «Investire immobiliare», che ha l'obiettivo di vendere tali immobili. Uno degli azionisti principali della suddetta società è la Banca Finnat di Gianpietro Nattino e la holding familiare di Gilberto Benetton, che detiene una quota pari al 20 per cento;
          tale conferimento ha riguardato un complessivo portafoglio di 394 immobili pubblici in dismissione ad uso «non residenziale» e generalmente sede di uffici locali di Ministeri, Agenzie fiscali ed enti previdenziali, per un valore di 3,7 miliardi. Il FIP per la costituzione del fondo si è avvalso di un prestito di due miliardi di euro;
          la FIP vende lo stabile di via Nola 5 in data 2 dicembre 2010 alla F&F immobiliare. Si tratta di una società immobiliare di proprietà dei signori Fernando Morelli e Fiorella Pagliuca, rispettivamente di anni 80 e 73, che hanno conferito rispettivamente un capitale di euro 5.000. La società è inattiva e non ha dipendenti e, a fronte di un attivo di euro 10.000, risulta debitrice di euro 4.829.345,00;
          la F&F immobiliare acquista la struttura per un importo di euro 4.700.000, pari a circa 1.325 euro al metro quadrato, circa un terzo del valore minimo della zona secondo i dati ufficiali del Ministero dell'economia e delle finanze (i valori di vendita ufficiali per una zona semicentrale, zona c7 microzona 26 riferiti a via noia sono pari a euro 3.700 al metro quadrato), inoltre l'agenzia del demanio si impegnava a pagare un canone annuo pari a 323.322,00;
          un gruppo di cittadini – disoccupati, precari, istruttori sportivi, tutti abitanti della zona – scandalizzati dall'abbandono dello stabile e desiderosi di compiere una attività sociale e anche bisognosi di lavoro, in data 12 maggio 2012, hanno occupato l'immobile realizzando il progetto denominato SCUP – sport e cultura popolare;
          Scup è un centro di servizi sportivi e culturali per i cittadini, ospita una palestra con 10 corsi, una biblioteca con 8.000 libri, un'aula studio e corsi di lingua, una ludoteca e un centro di assistenza alla genitorialità, uno sportello di ascolto psicologico, una web radio, una osteria, un orto botanico e un mercato di artigiani e produttori, uno spazio per incontri seminari e riunioni, un servizio di progettazione ai cittadini;
          Scup promuove una idea di sport popolare accessibile a tutti, viatico di solidarietà ed emancipazione sociale, contro una idea di sport come business o mero spettacolo;
          dalle notizie in possesso dei cittadini del quartiere e dai partecipanti al progetto Scup risulta che la «reale» proprietà dello stabile sia la società UNIECO, appartenente alla lega delle cooperative di Reggio Emilia, attiva nel settore delle costruzioni, dei trasporti e del commercio, giunta alla ribalta in questi mesi per la condizione di crisi economica in cui versa; infatti, a quanto consta agli interroganti, la UNIECO ha richiesto al tribunale di Reggio di poter accedere alla procedura di concordato preventivo, ottenendone l'autorizzazione. I partecipanti al progetto Scup hanno avuto un incontro con un responsabile UNIECO della sede romana, in cui chiedevano di intraprendere una trattativa per la difesa del progetto di SCUP e la possibilità di continuare a svolgere, presso lo stabile di via Nola, servizi sportivi e culturali da rendere ai cittadini di San Giovanni;
          il FIP ha gestito una operazione di vendita dello stabile di via Nola in modo da non risultare conveniente per lo Stato, che lo ha liquidato ad un prezzo economicamente discutibile se si considerano le valutazioni determinate dal mercato immobiliare;
          le modalità di acquisto, di costituzione, e la situazione patrimoniale della F&F immobiliare, nonché il ruolo non chiaro della UNIECO, chiedono un intervento di trasparenza, trattandosi di un bene che era dello Stato, venduto con una procedura attivata dallo Stato;
          il quartiere di S. Giovanni, a seguito delle trasformazioni urbanistiche recenti, soffre della mancanza di servizi e di spazi di socialità;
          il progetto Scup ha un valore sociale perché realizza dei servizi nel quartiere e offre occasioni di riscatto sociale per istruttori sportivi e operatori della cultura che non trovano lavoro, realizzando anche una collaborazione con il municipio;
          in questa situazione di crisi, lo sport, la cultura e la formazione sono tra le prime spese che le famiglie tagliano  –:
          di quali elementi disponga il Governo anche sulla base degli atti depositati, in merito alla operazione finanziaria di cessione dell'immobile sito a Roma in via Nola 5;
          se intenda verificare se le operazioni del Fondo immobili pubblici concernenti immobili non ancora ceduti si stiano svolgendo in maniera chiara e trasparente.
(4-02322)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BONAFEDE e COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          l'Unione Europea, nella «Raccomandazione del Consiglio» sul programma nazionale di riforma 2013 dell'Italia, ha espresso le seguenti considerazioni: «Per migliorare il contesto in cui operano le imprese occorre completare la riforma della giustizia civile dando rapidamente attuazione alla riorganizzazione dei tribunali, abbreviando la durata eccessiva dei procedimenti e riducendo il volume dell'arretrato e il livello di contenzioso. A seguito della sentenza della Corte costituzionale dell'ottobre 2012 sulla mediazione, è necessario intervenire per promuovere il ricorso a meccanismi extragiudiziali di risoluzione delle controversie»;
          con la conversione in legge del cosiddetto «Decreto del Fare», il 20 settembre 2013 è entrato in vigore un nuovo modello di mediazione sperimentale per quattro anni – diverso da quello precedente – in cui le parti sono chiamate a presenziare, insieme ai loro avvocati, ad un primo incontro gratuito davanti ad un mediatore per valutare le possibilità di concordare l'inizio della procedura di mediazione;
          per il successo del ricorso alla mediazione è essenziale garantire ai cittadini organismi indipendenti e imparziali e mediatori professionali e competenti sotto l'attenta vigilanza del Ministero della giustizia come previsto dall'articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 4, marzo 2010, n.  28. Diversamente vi è il rischio per il cittadino che il tentativo di mediazione divenga un nuovo balzello e una inutile perdita di tempo;
          la trasmissione Report di lunedì 7 ottobre 2013 ha evidenziato che il Ministero della giustizia – così come ha dichiarato il sottosegretario Cosmo Ferri – in quattro anni di vigenza dell'istituto della mediazione non ha mai fatto un controllo sugli organismi di mediazione e sugli enti di formazione esistenti  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga di dover dar corso a specifiche ispezioni ministeriali ed alla ristrutturazione del registro degli organismi di mediazione e degli enti di formazione al fine dell'indispensabile miglioramento della qualità del servizio offerto ai cittadini. (5-01303)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ROSATO, BLAZINA, COPPOLA, ZANIN, BRANDOLIN e MALISANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          da notizie di stampa è emersa l'intenzione di Trenitalia di ridimensionare, con l'avvio dell'orario invernale, la propria offerta di collegamenti interregionali procedendo ad un taglio dei collegamenti operati dai treni Intercity;
          il taglio dell'azienda riguarderebbe 12 collegamenti Intercity in tutta Italia, coinvolgendo nove regioni, tra cui il Friuli Venezia Giulia. Suddetta regione risulta particolarmente penalizzata da questo disimpegno di Trenitalia, in quanto verrebbero soppressi quattro collegamenti di cui due in partenza dalla stazione di Trieste centrale e due con destinazione la medesima stazione ferroviaria;
          i collegamenti Intercity che rischiano la cancellazione sono, nello specifico: l’Intercity 584 in partenza da Trieste centrale alle 07.04 e che giunge a Roma Termini alle 15.20; il suo complementare IC 592 in partenza da Roma Termini alle 15.35 e che giunge a Trieste centrale alle 23.58; l’Intercity 598 in partenza da Trieste centrale alle 13.01 e che arriva a Napoli centrale alle 23.05; e il suo complementare IC 588 in partenza da Napoli centrale alle 08.12 e che giunge a Trieste centrale alle 18.42;
          tutti i quattro treni Intercity, che precorrono la tratta tirrenica Trieste-Venezia-Bologna-Firenze, garantiscono, oggi, gli unici collegamenti diretti del capoluogo giuliano con la capitale, e al contempo rappresentano gli unici collegamenti diretti tra Trieste e altri importanti centri e snodi logistici del centro Italia quali Firenze e Bologna;
          la cancellazione della coppia di treni Intercity Trieste-Napoli e Trieste-Roma, oltre ad aggravare la situazione di isolamento del Friuli Venezia Giulia, recherebbe un danno anche alle singole tratte percorse dai treni lungo la dorsale tirrenica. Gli Intercity in argomento garantiscono ad oggi gli unici due collegamenti diretti non ad alta velocità tra Firenze e Venezia Mestre e servono molte altre stazioni utilizzate anche dall'utenza cosiddetta «pendolare»;
          suddetta cancellazione costringerebbe i viaggiatori in partenza da Trieste centrale e gli utenti del basso Friuli (Cervignano-Aquileia-Grado, Latisana-Lignano-Bibione) ad utilizzare i treni regionali fino allo snodo di Venezia Mestre per poi utilizzare – dopo un'attesa talvolta anche cospicua – una Freccia ad alta velocità, ad un prezzo notevolmente superiore a quello attuato sui treni Intercity;
          si fa presente, inoltre, che in particolare l’Intercity Trieste centrale-Roma Termini delle 07.04, rappresenta un importante collegamento mattutino con Venezia Mestre: escludendo il regionale veloce 2448 delle 06.56 (che raggiunge Venezia Mestre attraverso le stazioni di Udine e Pordenone), si verrebbe a creare un «vuoto» tra le 06.41 e le 08.18, determinando un'assenza di servizio in una fascia oraria particolarmente utilizzata (l'orario di arrivo a Venezia Mestre dei due treni è rispettivamente 8.48 e 10.11);
          i collegamenti Intercity evidenziati sopra hanno sempre visto un importante flusso d'utenza sia sulla lunga percorrenza, sia sui singoli tratti, andando ad implementare o colmare l'offerta dei treni regionali nelle stazioni ferroviarie minori;
          oltre all'indubbio danno ai viaggiatori «pendolari», si segnala che il taglio al servizio degli Intercity appare inaccettabile anche perché costringerà l'utenza all'utilizzo dei convogli ad alta velocità con un evidente aggravio dei prezzi da sostenere, e questo in un momento in cui la crisi ha costretto molti viaggiatori a rivedere al ribasso il loro budget di spesa per le trasferte;
          a parere dell'interrogante si ribadisce, quindi, l'importanza di mantenere varia l'offerta di collegamenti sul territorio nazionale, consentendo gli spostamenti anche a prezzi modici e su convogli non ad alta velocità che servono stazioni ferroviarie altrimenti non utilizzate dalle Frecce  –:
          se il Ministro interrogato confermi o possa smentire gli intendimenti di Trenitalia che sono apparsi sulla stampa circa la volontà di cancellare 12 collegamenti Intercity e, qualora fossero confermate le voci di stampa, quanti e quali sono i collegamenti interregionali che l'azienda intende sopprimere;
          quali misure ed iniziative il Ministro abbia avviato o intenda promuovere nel breve e lungo periodo per salvaguardare gli attuali collegamenti Intercity e garantire la prosecuzione del servizio anche in futuro, a tal proposito si ricorda che già in passato Trenitalia aveva minacciato la cancellazione di simili collegamenti interregionali, rimediando poi con una retromarcia;
          quali iniziative il Ministro intenda assumere, in alternativa, per ovviare, nello specifico, al taglio dei collegamenti Intercity da e per Trieste centrale. (5-01305)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      SCOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          alle ore 23 circa del 19 ottobre 2013 nella villa comunale di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, due venditori ambulanti di origine cingalese sono stati insultati e brutalmente aggrediti da un gruppo di giovani;
          il pestaggio è avvenuto sotto gli occhi di diversi spettatori indifferenti alla scena, ad eccezione di D.C., non ancora ventenne, che è intervenuto per difendere le due vittime dell'aggressione e porre fine alla violenza in corso;
          in un primo momento la situazione sembra calmarsi e stabilizzarsi con l'allontanarsi degli aggressori, ma nel giro di pochi minuti gli stessi tornano sul luogo, questa volta con un folto gruppo di circa una quindicina di giovani, per di più armati di caschi, con l'obiettivo di vendicarsi a colpi di caschi, calci e pugni sul succitato D.C.;
          ancora una volta gli spettatori di questa seconda aggressione non hanno in alcun modo agito per fermare quanto stava accadendo, e l'unica segnalazione effettuata alle forze dell'ordine avrebbe portato ad un intervento tardivo della polizia, avvenuto quando il gruppo di teppisti s'era già allontanato lasciando il ragazzo a terra sanguinante;
          il giovane è stato trasportato in ambulanza presso l'asl 3 Napoli Sud Ospedali riuniti area stabiese, dove, per quanto risulta dal verbale di pronto soccorso n.  2013/49073, sono stati diagnosticati traumi al ginocchio destro ed al ginocchio sinistro, piccola FLC di piramide nasale, epistassi ed FLC della mucosa del labbro inferiore ed un trauma cranio-facciale non commotivo con frattura delle ossa nasali che ha richiesto un intervento chirurgico;
          questi fatti sono stati narrati anche nell'articolo pubblicato dall'edizione online del quotidiano d'informazione Metropolis del 21 ottobre 2013 intitolato «Castellammare, pestati dal branco: due cingalesi picchiati perché “neri”. 19enne interviene per difenderli»;
          quanto accaduto è sintomatico del serio problema culturale che ci si trova ad affrontare in questi mesi: la crisi porta spesso a reagire pensando che la povertà sia causata da chi è ancora più povero di noi, ed a sfogare la rabbia e la frustrazione su chi è più indifeso;
          al contempo si è ben consapevoli di come non tutti i giovani ragionino in questo modo (e D.C. ne è la riprova) e del fatto che il nostro è un grande Paese, in grado di dare accoglienza a chi fugge dalla guerra e dalla fame  –:
          se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
          quali misure intendano, per quanto di competenza, assumere in merito;
          se non si ritenga opportuno prevedere più efficaci e continui controlli sul territorio;
          se non si ritenga opportuno ipotizzare nuove politiche per l'integrazione che permettano sul tema una reale crescita culturale del Paese, ora più che mai fondamentale. (4-02316)


      LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco è una struttura squisitamente tecnica ed operativa attualmente incardinata in un dipartimento del Ministero dell'interno denominato «Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile», la struttura di tale dipartimento prevede, oltre ai dirigenti tecnici del corpo, la presenza di funzionari prefettizi a cui sono affidati compiti di natura amministrativa;
          il decreto del Presidente della Repubblica n.  398 del 2001, concernente il «regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'interno», riserva ai dirigenti tecnici del corpo nazionale dei vigili del fuoco la direzione di quattro direzioni centrali del dipartimento. Altre quattro direzioni centrali sono affidate a funzionari del corpo prefettizio o a dirigenti generali dell’ amministrazione civile del Ministero dell'interno;
          i posti di funzione dirigenziale non generale, da individuare con decreto del Ministro dell'interno corrispondono, quindi, ai ruoli del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, del corpo prefettizio e dei dirigenti del Ministero dell'interno;
          con decreto ministeriale del 22 ottobre 2012 sono stati individuati i posti di funzione dirigenziale non generale da attribuire ai funzionari della carriera prefettizia in seno all'intero Ministero dell'interno compreso il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile;
          tale decreto ha sottratto competenze ai dirigenti tecnici dei vigili del fuoco innescando un forte disagio che ha prodotto una nota di protesta al Ministro firmata dai dirigenti dei vigili del fuoco e persino la proclamazione di uno sciopero degli stessi dirigenti e dei funzionari direttivi;
          nel tentativo di scongiurare lo sciopero, con nota prot. n.  3392 del 6 giugno 2013 il capo dipartimento prefetto Tronca comunicava alle organizzazioni sindacali che i posti di funzione del dipartimento sarebbero stati stralciati dal decreto relativo ai posti funzione della carriera prefettizia per essere definiti in successivo provvedimento; non seguendo, tuttavia, iniziative concrete, lo sciopero suddetto è stato confermato per il 21 giugno 2013 ed ha portato all'astensione dal lavoro ben l'80 per cento della categoria;
          appare evidente, come ripetutamente richiesto dalle organizzazioni sindacali della categoria dei dirigenti e direttivi, che è urgente emanare, previo confronto con le suddette organizzazioni di rappresentanza, il decreto che individua uffici e competenze del Dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile;
          permane, al contrario, vigente ed operante il decreto contestato  –:
          come il Ministro interrogato intenda procedere al fine di salvaguardare, nell'interesse della funzionalità del corpo nazionale dei vigili del fuoco e del corretto funzionamento dei servizi da esso svolti a favore della collettività, le prerogative professionali e gestionali dei dirigenti tecnici dei vigili del fuoco evitando che ad essi vengano sottratte competenze proprie e, di conseguenza, capacità di gestione ed organizzazione generale della macchina del soccorso tecnico urgente. (4-02317)


      PRATAVIERA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          i provvedimenti normativi adottati negli ultimi due anni da parte del Governo italiano e finalizzati ad abbassare gli elevati di spesa pubblica si sono concentrati soprattutto sugli enti locali, e sui comuni in special modo, prevedendo riduzioni di trasferimenti secondo un approccio lineare, ovvero senza valutare adeguatamente le politiche di gestione virtuose e senza altresì valutare adeguatamente come il concorso degli enti locali alla creazione del deficit dell'amministrazione pubblica nazionale sia stato inferiore rispetto a quello creato dai livelli di governo centrale;
          il decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n.  135, ha disposto la riduzione delle risorse destinate ai comuni per un importo pari a 2 miliardi e 250 milioni di euro per l'anno 2013, così che la situazione della finanza pubblica locale risulta pertanto estremamente complessa, sia alla luce della pesante riduzione di risorse operata attraverso la rideterminazione dei trasferimenti erariali, sia per il fatto che le amministrazioni locali, proprio per sopperire a tali deficit, in numerosi casi ricorreranno all'aumento delle imposte locali, a partire dall'IMU;
          il dipartimento delle politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze ha diffuso (31 maggio 2013) le nuove quantificazioni del gettito dell'IMU 2012 ad aliquota di base, unitamente alle conseguenti rettifiche delle attribuzioni del Fondo di sperimentale di riequilibrio, e che la revisione delle stime del gettito Imu ad aliquota di base è stata effettuata, come disposto dalla legge di stabilità 2013 utilizzando, oltre che i pagamenti IMU comprensivi del saldo di dicembre, i dati relativi ai regimi di imposta deliberati dai singoli comuni raccolti e classificati dall'IFEL;
          è evidente un rilevante scostamento tra l'ammontare complessivo della stima dell'IMU standard, valutata dal Ministero dell'economia e delle finanze in 12.252 milioni di euro, e il gettito standard effettivamente incassato dai Comuni, pari a circa 11.703 milioni di euro (-549 milioni di euro), e che tale scostamento comprende, per un importo di oltre 300 milioni di euro, il gettito virtuale dell'IMU sugli immobili di proprietà comunale che non può in alcun modo essere considerato una risorsa sulla quale operare variazioni «compensative» a favore dello Stato;
          permane ancora, inoltre, una sostanziale differenza tra la provvisoria valutazione ISTAT dell'ICI 2010 – adottata dal Governo ai fini della quantificazione delle compensazioni ICI-IMU – e la valutazione revisionata dall'ISTAT nel maggio 2012, più elevata per ben 464 milioni di euro, e che la non considerazione del nuovo ammontare dell'ICI comporta per i Comuni una perdita complessiva di 464 milioni di euro, e che la diversa quantificazione sopra descritta ha determinato, a livello di singolo comune, delle variazioni inattese del fondo al ribasso che, a bilancio 2012 chiuso, condizionano l'equilibrio dell'esercizio 2013;
          la difficoltà attuale degli enti locali è ulteriormente acuita dal fatto che gli amministratori locali si stanno muovendo in quadro normativo estremamente variabile ed incerto, soprattutto con riferimento al gettito della imposta municipale propria, e che questo ha portato al differimento del termine per l'approvazione dei bilanci preventivi 2013;
          il predetto termine, secondo il testo unico degli enti locali, è infatti di norma fissato al 31 dicembre dell'anno precedente l'esercizio finanziario, ed è stato differito per il 2013 una prima volta al 30 giugno dell'anno ad opera dell'articolo 1, comma 381, della legge di stabilità 2013 e, successivamente, al 30 settembre del medesimo anno dall'articolo 10, comma 4-quater 35 del 2013;
          il decreto-legge n.  102 del 2013 reca una ulteriore proroga, rispetto a quelle già precedentemente intervenute, del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2013 degli enti locali, fissandolo alla data del 30 novembre 2013, facendo così coincidere tale adempimento con l'approvazione dell'assestamento di bilancio, e che l'ulteriore proroga deriva dalla necessità di consentire agli enti locali di acquisire maggior certezza sull'entità delle proprie entrate, in considerazione delle numerose modifiche normative apportate in corso d'anno nella materia;
          il decreto-legge n.  54 del 2013 ha sospeso – per l'anno 2013 – il versamento della prima rata dell'IMU, in scadenza il 16 giugno, per determinate categorie immobiliari e che, secondo quanto previsto dal decreto-legge stesso, tale sospensione operava nelle more di una complessiva riforma della disciplina dell'imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare, da realizzare sulla base di alcuni principi;
          il decreto-legge n.  102 del 2013 tratta complessivamente una modifica sostanziale all'applicazione dell'imposta IMU così come era prevista per l'anno 2013 dalla legge di stabilità 2013, nonché ne disciplina le modalità di rimborso verso i comuni, stabilendo con precisione l'ammontare della compensazione dovuto agli enti locali in ragione della sospensione operata ai sensi del decreto-legge n.  54 quantificata in 2.327,3 milioni di euro per l'anno 2013 e di 75,7 milioni a decorrere dall'anno 2014;
          la compensazione disposta copre solo parzialmente le risorse incassate dai comuni per il gettito IMU complessivo incassato nel 2012 che, ad aliquota standard del 4 per mille, ammontava per il comparto a circa 3,8 miliardi di euro, e che gli effetti del provvedimento intervengono di fatto a poco più di due mesi dalla fine dell'esercizio di bilancio 2013, e che mentre i comuni che hanno già approvato il bilancio di previsione ed impegnato, quando non spese, le risorse iscritte in funzione del gettito IMU previsto ad inizio anno, i comuni che devono ancora predisporre i bilanci preventivi non hanno ad oggi conoscenza precisa delle risorse che saranno loro a disposizione come ristoro per il mancato incasso dell'Imposta municipale propria, e che questo potrebbe comportare gravi situazioni di squilibrio economico finanziario nel caso in cui il rimborso non fosse in linea con le previsioni attese;
          i comuni possono modificare le predette aliquote di base (sia per l'abitazione principale che per gli altri immobili), in aumento o diminuzione, entro margini stabiliti dalla legge, ma alla luce delle evidenti difficoltà di redigere i bilanci previsionali, e che tale situazione è peraltro resa più complessa dal fatto che a fronte della vigente normativa sugli immobili D il cui gettito da quest'anno sarà interamente riversato nelle casse dell'erario, è presumibile supporre come, proprio a fronte di un mancato incasso come quello derivante ai comuni dal tributo sugli edifici D, numerosi enti locali saranno costretti ad aumentare le aliquote su tutti gli altri immobili al fine di compensare il gettito oggi mancante dalle disposizioni dello Stato centrale, determinando così un aumento della pressione fiscale a carico dei cittadini  –:
          se non ritenga opportuno, alla luce del complesso quadro normativo vigente e dell'incertezza relativamente alle risorse economiche a disposizione degli enti locali:
              a) provvedere affinché la quota effettiva di rimborso da parte dello Stato verso ogni singolo comune a ristoro della soppressione dell'IMU sia determinata in modo non inferiore a quanto accertato effettivamente a consuntivo sul gettito 2012 derivante dall'applicazione dell'imposta municipale sui medesimi immobili sui quali opera attualmente la soppressione della medesima imposta, così che la norma non determini, rispetto al precedente esercizio, alcuna riduzione sui bilanci degli enti;
              b) a chiarire con precisione, e comunque con congruo anticipo rispetto alla data del 30 novembre, le risorse a disposizione di ogni comune per il fondo sperimentale comunale per l'anno 2013, provvedendo alle dovute spettanze, sia per quanto concerne il Fondo sperimentale comunale che la compensazione IMU, specificando altresì se i dati riferiti al fondo di riequilibrio 2012 presenti sul sito del Ministero dell'interno debbano considerarsi consolidati e quali iniziative si intenda adottare qualora l'ammontare di tali risorse risulti inferiore a quanto previsto incassare dal medesimo comune, stante le proprie proiezioni. (4-02318)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


      NARDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          all'Accademia di belle arti di Carrara il 31 ottobre 2013 terminerà l'incarico ad interim di direttore amministrativo attualmente ricoperto dal dottor Raffaele Guido, funzionario proveniente dal conservatorio di Genova;
          tale incarico è stato assegnato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per il periodo settembre/ottobre 2013, in quanto il posto è vacante;
          in tale periodo il dottor Guido è anche impegnato, a partire dal 22 novembre 2012, nel conservatorio di musica di Trapani;
          l'interrogante vuole fare presente la necessità di poter continuare a contare sull'apporto del dottor Guido, che peraltro ha già ricoperto l'incarico nel periodo 2010/2012, con ottimi risultati gestionali;
          l'Accademia ha, infatti, la necessità di poter contare nella gestione amministrativa su un punto di riferimento continuo ed affidabile, affinché le altissime potenzialità didattiche ed artistiche dell'istituto abbiano la compiuta realizzazione che l'utenza richiede;
          di particolare rilievo sono i problemi delle quattro sedi dell'istituto, che necessitano quanto prima di interventi di ristrutturazione, messa in sicurezza e rifunzionalizzazione, anche a seguito dei numerosi eventi sismici del 2013, che hanno causato forti disagi per uffici ed aule;
          conoscendo già la complessa realtà di questa Accademia, il dottor Guido ha già iniziato ad affrontare la materia edilizia, oltre che la contrattazione di istituto e le svariate attività gestionali da realizzare nel corso dell'esercizio finanziario 2014, con piena fiducia e collaborazione con gli organi di vertice dell'istituto;
          tali attività non possono essere interrotte senza causare seri problemi per l'istituto, che necessita di una programmazione;
          si è conoscenza delle difficoltà, per l'interessato, nel gestire contemporaneamente tre istituti. In tal senso, è appena il caso di rilevare l'onerosità dell'incarico nelle sede siciliana – che comunque risulta terminare il 22 novembre 2013 – nonché la singolarità dello stesso; infatti, oltre agli evidenti problemi logistici, nel conservatorio di Trapani risulta essere già in servizio un direttore amministrativo di ruolo, attualmente affiancato dal dottor Guido;
          inoltre l'interrogante vuole sottolineare la vicinanza tra Genova e Carrara, che hanno in corso rapporti di collaborazione didattico-artistica, afferendo ad un territorio e ad un contesto culturale più affine  –:
          se non si ritenga necessaria l'esigenza di dare continuità all'attuale incarico all'Accademia di belle arti di Carrara, potendosi trovare diverse soluzioni per le altre sedi;
          se non si ritenga possibile il trasferimento in corso d'anno del dottor Guido dal conservatorio di Genova all'Accademia di belle arti di Carrara, oppure – più semplicemente – l'assegnazione, nell'istituto trapanese, delle funzioni di direttore amministrativo ad altro funzionario.
(4-02319)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


      L'ABBATE, GAGNARLI, SCAGLIUSI, PARENTELA, TURCO, LUPO, TOFALO e LOREFICE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il giorno 27 maggio 2013, durante la seduta n.  23, veniva presentata l'interrogazione a risposta in commissione 5-00177 a cui il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Dell'Aringa si è limitato ad elencare dati noti, relativi al solo sito produttivo di Monte Sant'Angelo (FG), mentre i quesiti oggetto della richiesta di informazioni riguardano lo stato del gruppo Sangalli nel suo complesso e h situazione dello stabilimento di Manfredonia in particolare (investimenti futuri, rifacimento forno, salvaguardia dei livelli occupazionali). Tale gruppo, che sta procedendo secondo un piano di ristrutturazione del debito (pari a circa euro 130 milioni), aderendo di fatto all'articolo 67 della legge fallimentare, ha formalmente presentato un'operazione di riorganizzazione aziendale che appare «invasiva» della Sangalli Vetro Manfredonia;
          il gruppo Sangalli ha beneficiato di contributi a fondo perduto, stanziati da tutti e tre i protocolli aggiuntivi al «contratto d'area di Manfredonia» come segue:
              Sangalli Vetro Manfredonia (già Manfredonia Vetro) ha percepito euro 70,048 milioni su euro 98,644 milioni, stando ai dati riportati dalla relazione del responsabile unico del contratto d'area, mentre secondo altre fonti contabili risultano euro 102.620.061,35 su euro 106.941.808,90 di valore dell'investimento;
              la Sangalli Vetro spa (ieri con funzione di controllo e direzione, oggi soltanto immobiliare) ha percepito oltre euro 9 milioni per lo stabilimento «Isola 13» poi dato in fitto a Zadra Vetri, dal dicembre 2011 non più produttiva;
              Sangalli Vetro Satinato srl ha percepito euro 2,87 milioni su euro 5,7 milioni di valore iniziale dell'investimento;
          il Gruppo Sangalli pare abbia utilizzato i conti operativi dell'insediamento industriale di Manfredonia, sottoposto ai vincoli del «contratto d'area di Manfredonia» per ottenere vantaggi in capo alla controllata Sangalli Vetro Porto Nogaro spa di San Giorgio di Nogaro (UD), mettendo in grossa difficoltà l'azienda della Capitanata e ponendola in condizioni di estrema vulnerabilità;
          Sangalli Vetro Porto Nogaro infatti, è garantita da Sangalli Vetro Manfredonia attraverso fidejussioni e, in particolare, da un'ipoteca da euro 90 milioni, a fronte dei euro 45 milioni concessi, che coincidono con la posizione finanziaria netta negativa per circa euro 90 milioni risultante dal bilancio al 31 dicembre 2012. A ciò si aggiunga un'ipoteca derivante da concessione di mutuo fondiario sulla sede legale di Susegana (Treviso) iscritta in data 20 giugno 2012;
          oggi, la sfavorevole congiuntura economica, la riduzione degli ordinativi, il restringimento del credito unito alla fuga di capitali e a fallimenti controllati di aziende finanziate ma mai insediate, hanno decretato di fatto il fallimento del «contratto d'area di Manfredonia». Una situazione che ha visto il gruppo Sangalli lamentarsi delle difficoltà di mercato e delle perdite d'esercizio da un lato e, dall'altro, aprire uno stabilimento pressoché identico, con identica gamma di prodotti, a San Giorgio di Nogaro (UD), raddoppiando e più l'offerta di vetro piano e mettendo di fatto in crisi il mercato interno. Sangalli Vetro Porto Nogaro s.p.a., infatti, in origine avrebbe dovuto produrre «vetro float extrachiaro» tuttavia produce quasi totalmente «vetro float chiaro»: il medesimo dello stabilimento di Manfredonia. Il nuovo sito produttivo avrebbe dovuto rivolgersi in prevalenza al mercato estero, cosa che, nei fatti non si è verificata. Inoltre, come riporta a pagina 5 la «Relazione dei Sindaci» al bilancio al 31 dicembre 2012 di Sangalli Vetro Manfredonia S.p.A., riguardo la procedura ex articolo 67 della legge fallimentare: «Il Presidente in quell'occasione aveva aggiornato in merito agli sviluppi degli incontri con le Banche, alla luce del Piano aggiornato al 6 marzo 2013, sottolineando che gli Istituti di Credito avrebbero provveduto a ripristinare i fidi, garantendo l'operatività del gruppo. L'intesa con le banche dovrà comprendere inoltre la sottoscrizione di una moratoria, l'erogazione di nuova finanza ponte, e la sottoscrizione di un accordo eventualmente dotato delle protezioni fornite dalla legge fallimentare»;
          il 18 giugno 2013, la proprietà (Giorgio Sangalli e i figli Giacomo e Francesco) ha tenuto un incontro con l'assessore regionale al lavoro e politiche del lavoro Leo Caroli, presso la sede della regione Puglia, in cui ha dichiarato che per rilanciare l'attività dello stabilimento di Manfredonia occorre un investimento pari a euro 20 milioni. Una richiesta a cui la regione Puglia ha fatto sapere di poter far fronte sino a euro 6 milioni, finanziabili attraverso il progetto «Puglia Sviluppo», a patto di salvaguardare i livelli occupazionali, e che ha visto la ferma opposizione della proprietà che pare invece orientata alla esternalizzazione di alcuni servizi operando nel contempo un significativo ridimensionamento aziendale con il ricorso a procedure di mobilità per un numero consistente di addetti;
          sempre il 18 giugno 2013, il management Sangalli ha incontrato i rappresentanti dei sindacati ed i sindaci dei comuni di Manfredonia, Mattinata e Monte Sant'Angelo e ha reso noto l'accordo di «transazione strategica» con il gruppo russo «Stis» (leader nella produzione, distribuzione, lavorazione e logistica del vetro float in Russia e nei paesi ex CSI), attraverso la lussemburghese Glasswall Sàrl (già Cilaos Sàrl fino al 19 giugno 2013) che vede come azionista unico un trust domiciliato a Tortola, nelle Isole Vergini Britanniche, dal nome East Investing Ltd. Il CEO del Gruppo Stis Dmitry Sulin, con ogni probabilità dominus del trust di cui sopra, non ha esternato nulla in merito a chi sarà l'azionista di riferimento del gruppo Sangalli né, tantomeno, il contenuto dell'accordo. Ad ogni modo, nulla di tale operazione risulterebbe oggi dai depositi documentali presso il competente registro delle imprese;
          tra le varie concause dello stato di insolvenza lamentato dal Gruppo Sangalli possono essere annoverate:
              a) la frode fiscale internazionale, connessa alla nota vicenda «Lista Pessina» che ha coinvolto il presidente Giorgio Sangalli e molti altri, che hanno chiesto il patteggiamento, e proseguita con un altro contenzioso sempre di natura fiscale; a bilancio emergono oltre 293,066 milioni di euro qualificati come «spese per servizi» di cui i bilanci Sangalli Vetro Manfredonia dal 2004 di fatto non forniscono il dettaglio. Non sorprende che tali spese risultino in forte crescita nel caso dell'ultimo bilancio nonostante il manifesto calo del fatturato e le ingenti perdite d'esercizio (circa 8,6 milioni di euro);
              b) la lussemburghese Saninpart SA, collocata al vertice dell'articolata struttura societaria del gruppo, che ha visto per molti anni come amministratore un professionista come Jean Bodoni, più volte accostato a scandali finanziari (Coppola, Telepiù, Fiorani, Ricucci), a sua volta sottoposta al controllo di alcune strutture fiduciarie (trust) atte a custodire il patrimonio famigliare dei Sangalli. Tali trust sono, con ogni probabilità, ubicati in paradisi fiscali. Non sorprende che i bilanci del gruppo, a quanto consta agli interroganti, non riportino informazioni relative a Saninpart SA;
              c) il terzo protocollo aggiuntivo al contratto d'area di Manfredonia ha stanziato contributi pubblici a favore della Sangalli Vetro Satinato per euro 2,8 milioni, e così pure, anche se indirettamente, della Sangalli Home Glass (società veneta del gruppo controllata da Sangalli Vetro) la quale, prima di chiudere i battenti nell'ottobre 2011, avrebbe beneficiato del trasferimento di alcuni macchinari dalla sede di Manfredonia della controllante. Queste ultime, Sangalli Home Glass e Zadra Vetri (già Sangalli Vetro) sono ora in liquidazione e oltre 150 risultano essere gli esuberi a poche settimane dalla conclusione del procedimento penale per frode fiscale di cui sopra. Trasferimenti che possono aver avuto un impatto sull'occupazione, e in particolare sull'indotto;
              d) il coinvolgimento, infine, di due cariche sociali nel crac di una storica azienda friulana: un consigliere e un sindaco della Sangalli Vetro Porto Nogaro, nonché dirigenti della finanziaria regionale Friulia, socia e creditrice del gruppo sono ora indagati per bancarotta fraudolenta;
          gli azionisti della Sangalli Vetro Manfredonia spa sono stati convocati per le dimissioni dell'organo amministrativo, in prima convocazione, per il giorno 6 novembre 2013;
          si richiama il dichiarato impegno del Ministro interrogato «ad acquisire ulteriori informazioni che possano ulteriormente chiarire le vicende aziendali»  –:
          se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza per:
              a) comprendere quali motivi abbiano spinto la proprietà Sangalli ad aprire uno stabilimento pressoché identico a San Giorgio di Nogaro, mentre il sito produttivo di Manfredonia lamentava nel 2009 difficoltà di mercato come è apparso evidente già allora dal ricorso alla cassa integrazione;
              b) approfondire le cause delle perdite d'esercizio dell'intero gruppo e le difficoltà riscontrate dalla società Sangalli Vetro Manfredonia spa – ex Manfredonia Vetro s.p.a., gli eventuali rapporti, non solo contabili, con la controllante lussemburghese ed i trust di cui sopra, in particolare l'esistenza di macchinose partite di giro, già accertate in parte dalla Guardia di finanza, e l'eventuale collegamento tra questi costi e quelli fatti per conto della controllata Sangalli Vetro Porto Nogaro, visti soprattutto gli ingenti finanziamenti pubblici percepiti dalle aziende manfredoniane del gruppo;
          quali siano le cause alla base del fallimento della società «Zadra Vetri spa – ex Sangalli Vetro», e gli eventuali rapporti con le rispettive società lussemburghesi e le condizioni di vendita e di trasporto dei macchinari ceduti;
          quali siano le azioni intraprese dalla «Sangalli Vetro Manfredonia S.p.A. – ex Manfredonia Vetro S.p.A.» a salvaguardia dei livelli produttivi ed occupazionali;
          se lo stato di insolvenza lamentato dal Gruppo Sangalli, di cui peraltro si ignora l'ammontare complessivo attuale (il dato è riferito al 31 dicembre 2012), sia dovuto non solo alla sfavorevole congiuntura economica ma anche agli altri fattori di natura strategica, fiscale e giudiziaria riportati in premessa. (4-02323)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


      OLIVERIO, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, CARRA, CENNI, COVA e VALIANTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          secondo notizie stampa, i consumatori norvegesi hanno deciso di ridurre il consumo dei pomodori pelati in scatola prodotti in Italia, in segno di protesta contro il fenomeno del cosiddetto caporalato nella raccolta dei prodotti agricoli;
          questa posizione è stata diffusa da un comunicato del segretario nazionale della Uila, Stefano Mantegazza, che il 18 ottobre 2013 ha incontrato una delegazione sindacale della Norvegia per fare chiarezza sul caso: «siamo stati contattati dal sindacato norvegese – rivela Mantegazza – perché i consumatori del loro Paese, dopo avere appreso da giornali e da siti internet, che per la raccolta di pomodori in Italia si usano anche braccianti non retribuiti legalmente, si rifiutano di comprare i pelati in scatola italiani di cui facevano un forte consumo»;
          nel corso di tale incontro, si è posto l'accento sui temi relativi alla certificazione della filiera del pomodoro, al rispetto delle norme e dei contratti di lavoro e alle misure utili a combattere il lavoro sommerso in agricoltura;
          in particolare, è emersa la volontà di elaborare un protocollo finalizzato a certificare l'eticità nei processi di produzione del pomodoro, con l'obiettivo finale di creare un marchio di qualità e di tracciabilità dell'intera filiera produttiva;
          c’è il timore che il comportamento dei consumatori norvegesi si estenda, oltreché a quelli degli altri Paesi scandinavi, anche all'Inghilterra, principale Paese importatore di pomodori made in Italy (acquisti annui per oltre 170 milioni di euro);
          il numero dei lavoratori, vittime del fenomeno del caporalato in Italia, è significativo e questa attività criminale concerne soprattutto la fase di lavoro nei campi agricoli;
          la XIII commissione della Camera dei deputati, nella seduta del 10 luglio 2012, ha approvato un documento, conclusivo di una indagine conoscitiva effettuata anche con l'incontro di enti e istituzioni competenti, con il quale, la stessa, tra le diverse esigenze, ha posto quella della razionalizzazione, semplificazione e unificazione dell'azione degli apparati amministrativi di controllo del settore agricolo e anche di quelli investigativi;
          l'Italia si conferma come leader mondiale dei prodotti alimentari di eccellenza, con una domanda di prodotti italiani in crescita su tutti i principali mercati nonostante il danno di immagine provocato dai falsi prodotti made in Italy; l'iniziativa norvegese potrebbe essere utilizzata a fini discriminatori e distorsivi del mercato nei confronti delle imprese agricole e agroalimentari italiane  –:
          quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di evitare pesanti ripercussioni sull’export agroalimentare nazionale derivante dall'orientamento assunto dai consumatori norvegesi e se non ritengano opportuno sottoporre all'attenzione delle competenti sedi istituzionali dell'Unione europea la situazione esposta in premessa al fine di evitare l'utilizzo di comportamenti con finalità discriminatorie e distorsive del mercato nei confronti delle imprese agricole e agroalimentari italiane;
          quali azioni concrete ed urgenti i Ministeri interrogati, per quanto di loro competenza, intendano mettere in campo per contrastare il fenomeno del caporalato, considerando soprattutto che la più diffusa forma è proprio quella che riguarda la manodopera agricola;
          se alla luce della problematica espressa in premessa, non ritengano utile favorire la costituzione di un marchio etico per tutte le produzioni agroalimentari, che abbia alla base un protocollo e procedure di controllo tali da individuare ed emarginare ogni forma di caporalato;    
          se, a seguito dell'introduzione nel 2011 del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, ex articolo 603-bis codice penale, il Ministero della giustizia abbia elaborato dati statistici in ordine alla repressione giudiziaria del grave fenomeno del caporalato in agricoltura e, in caso di risposta negativa, se intenda adoperarsi celermente in tal senso. (4-02321)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


      AIELLO e RICCIATTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge 25 marzo 2013, n.  24, cosiddetto «decreto Stamina», disciplina, tra l'altro, l'impiego di medicinali per terapie avanzate preparati su base non ripetitiva e l'impiego terapeutico dei medicinali sottoposti a sperimentazione clinica. Esso contiene una serie di disposizioni dirette, in primo luogo, ad autorizzare le strutture pubbliche in cui sono stati avviati, anteriormente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge, trattamenti su singoli pazienti con medicinali per terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali a completare i trattamenti medesimi, sotto la responsabilità del medico proscrittore;
          dette previsioni, trovano origine dal caso ormai noto relativo al «metodo Stamina», trattamento a base di cellule staminali messa a punto dalla «Stamina Foundation», con il quale da tempo sono trattati numerosi casi di patologie neurodegenerative;
          il provvedimento garantisce così la possibilità a tutti i pazienti che hanno iniziato la terapia con le staminali preparate con il metodo adottato dalla Stamina Foundation Onlus, di poter proseguire con le terapie avanzate a base di cellule staminali all'interno delle strutture pubbliche dove sono stati già avviati i trattamenti;
          l'articolo 2 del suddetto decreto, prevede inoltre che il Ministero della salute, con l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e il Centro nazionale trapianti (CNT), promuove lo svolgimento di una sperimentazione clinica, coordinata dall'Istituto superiore di sanità (ISS), da completarsi entro 18 mesi a decorrere dal luglio 2013, concernente l'impiego di medicinali per terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali;
          il 10 ottobre scorso il Ministro della Salute Lorenzin ha comunicato la decisione di uno stop alla fase di sperimentazione del metodo Stamina a seguito del parere negativo fornito dal Comitato scientifico istituito dal decreto ministeriale 18 giugno 2013. Lo stop nasce, a detta del Ministro, dalla non garanzia della replicabilità e sicurezza del metodo, e dal fatto che mancherebbero i presupposti di scientificità e sicurezza per avviare la sperimentazione clinica;
          è bene peraltro sottolineare che il decreto legge n.  24 del 2013 non ha previsto l'istituzione del suindicato Comitato scientifico ai fini della valutazione della sperimentazione, e la stessa interruzione alla sperimentazione decisa dal Ministro, è in contrasto evidente con una norma dello Stato, il decreto-legge n.  24 del 2013 appunto, che non prevede questa possibilità, ma che prevede un preciso iter di avvio e conclusione della medesima sperimentazione;
          rimane comunque il dato incontrovertibile che in questo lungo periodo molti pazienti, soprattutto bambini, sotto la cura con il metodo Stamina hanno ottenuto dei miglioramenti e nessun effetto collaterale. Alla luce di ciò, il 24 ottobre 2013, il Ministero della salute ha comunicato di voler iniziare un lavoro di visione diretta e completa di tutte le cartelle cliniche in possesso degli Spedali Civili di Brescia  –:
          se non ritenga opportuno proseguire e concludere l’iter della sperimentazione del metodo Stamina, nel pieno rispetto di quanto previsto espressamente dal comma 2-bis, articolo 2, del decreto-legge n.  24 del 2013;
          se non reputi indispensabile acquisire tutte le cartelle e i dati clinici dei pazienti sottoposti alla «cura Stamina», non solo presso gli Spedali di Brescia, ma anche presso gli ospedali e gli specialisti che realmente hanno avuto in cura i pazienti stessi. (4-02314)


      BARONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          le stime riguardanti il gioco d'azzardo in Italia, indicano la sua progressiva diffusione sul territorio nazionale. Se nel 2000 nel solo settore delle slot machine e in altri giochi simili si spendevano 14 miliardi di euro, nel 2012 si è arrivati a quota 85 miliardi. Queste cifre rendono l'Italia il terzo Paese al mondo per quote di denaro speso nel gioco d'azzardo e il primo a livello di Unione europea;
          un recente studio, «Azzardopoli 2.0», pubblicato da un'organizzazione dedita alla lotta contro le mafie e riconosciuta dal Ministero dell'interno italiano come l'associazione Libera, evidenzia il coinvolgimento di almeno 49 diversi clan mafiosi nella gestione delle bische illegali e, talvolta, anche nella direzione occulta di case da gioco autorizzate;
          secondo Beppe Pisanu, Presidente della Commissione parlamentare antimafia nella XVI legislatura, che ha realizzato un approfondito lavoro sul tema del gioco d'azzardo, i proventi ottenuti dalla criminalità organizzata per mezzo del controllo del gioco d'azzardo legale e illegale assommano a quasi 80 miliardi di euro all'anno, e «per ogni euro incassato dallo Stato, la criminalità organizzata ne incassa altri 8 considerando il gioco lecito e illecito»;
          nel corso dell'ultimo anno, in Italia, dieci diverse procure della Repubblica hanno indagato sul legame tra gioco d'azzardo e criminalità organizzata;
          secondo il CNR che ha effettuato una analisi dei dati OPSAD Italia 2010-2011, il fenomeno del gioco alle slot machine ha finora prodotto, nel nostro Paese, circa 1.000.000 giocatori patologici e che altri tre milioni di persone si trovano in una situazione di rischio e necessitano di cure, attività di prevenzione e sostegno sociale da parte delle autorità locali civili e sanitarie  –:
          quali iniziative intenda avviare contro le gravi conseguenze di ordine criminale, sociale e sanitario che la proliferazione del gioco d'azzardo sta creando in ambito italiano;
          se non si intendano assumere provvedimenti urgenti, al fine di promuovere una forte azione di contrasto contro le infiltrazioni della criminalità organizzata nel gioco d'azzardo e contro la diffusione delle patologie legate al gioco;
          se non intenda assumere iniziative urgenti per assicurare il recupero coatto delle risorse non incassate dall'erario sia per quanto riguarda il cosiddetto gioco legale sia per quanto riguarda il gioco illegale. (4-02315)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      LUIGI GALLO, BRUGNEROTTO, LOREFICE, MANNINO, BECHIS, GAGNARLI, D'UVA e DE LORENZIS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          la Commissione europea, con decisione n.  C(2007)4265 dell'11 settembre 2007, ha adottato la proposta di programma operativo regionale Campania FESR 2007-2013;
          con le deliberazioni n.  879 del 16 maggio 2008 e n.  1663 del 6 novembre 2009, la giunta regionale ha approvato i criteri di selezione delle operazioni del POR Campania FESR 2007/2013;
          con deliberazione di giunta regionale n.  1371 del 28 agosto 2008, sono state approvate le «Linee di indirizzo per l'attuazione delle attività afferenti agli obiettivi operativi 1.9, 1.11, 1.12 dell'Obiettivo Specifico 1d dell'Asse 1 — POR Campania 2007/2013»;
          tra le strategie delineate nell'ambito del PO FESR 2007/2013, nell'Asse 1 — obiettivo specifico 1d) — sono, tra gli altri, previsti gli obiettivi operativi 1.9 «Beni e siti Culturali» e 1.12 «Promuovere la conoscenza della Campania»;
          pertanto, con successiva deliberazione di giunta regionale n.  197 del 21 giugno 2013, sono state approvate le direttive per la definizione di un programma eventi, di risonanza nazionale ed internazionale, da tenersi sul territorio regionale nel periodo «Settembre 2013 — Gennaio 2015», articolato nelle distinte sessioni «1o settembre 2013 — 31 maggio 2014» e «1o giugno 2014 — 31 gennaio 2015»;
          con il richiamato atto deliberativo la giunta regionale: «... b.1. ha individuato, quale tematica della programmazione in questione, la “scoperta” della Campania e dei suoi attrattori culturali, mirando, ai fini dello sviluppo di un turismo di qualità, ad una moderna attività di promozione e valorizzazione dei beni culturali che guardi non solo alle eccellenze storiche, architettoniche ed archeologiche già ampiamente inserite nei grandi circuiti turistico-culturali, ma anche alle risorse cosiddette “minori” diffuse sul territorio regionale; l'evento si dovrà caratterizzare per l'alta attrattività turistica, la dimensione non locale, la capacità di valorizzazione del territorio e dei suoi beni culturali ed ambientali in maniera integrata e non frammentaria. A tale scopo, l'evento dovrà essere di alto profilo ed avere il carattere dell'unicità. Se lo stesso si articola in più iniziative queste dovranno essere fortemente integrate tra loro, nel tempo e nello spazio, in modo da non poter essere riconosciute nella loro individualità, ma percepite come manifestazioni dell'evento unico»;
          il comune di Piano di Sorrento (NA) con D.G.C. n.  183 dell'11 luglio 2013 approvava: «1) Di partecipare alla selezione di iniziative turistiche di risonanza nazionale ed internazionale PO FESR 2007-2013 Ob Op. 1.12 relativa alla sessione 1o settembre 2013-31 maggio 2014», con l'Evento «18o Premio Penisola Sorrentina Arturo Esposito: La scoperta della Campania»;
          in particolare, nella scheda relativa alla proposta progettuale, così come trasmessa all'ente regionale, nei risultati attesi si scriveva che: «Dall'evento proposto si attendono flussi turistici nell'intera Penisola Sorrentina stimabili in maggiori arrivi e maggiori presente complessive (che includano anche quelle provenienti dalle aree interne e/o dirette verso esse) pari a 100.000 unità», precisando altresì che «Si stima che i flussi previsti concorreranno ad aumentare le presente medie in Penisola Sorrentina nel mese di ottobre dello 0.20 per cento – 0,25 per cento»;
          il progetto presentato dal comune di Piano di Sorrento (NA) vedeva così riconosciuto un finanziamento regionale pari ad euro 160.000,00;
          con successiva delibera di giunta del comune di Piano di Sorrento (NA) n.  213 del 12 settembre 2013, in ottemperanza alle previsione del bando, veniva approvato dunque il progetto esecutivo della rassegna;
          tuttavia, dalla scheda tecnica allegata alla seconda delibera appaiono ampiamente ridotti i «risultati attesi», considerato che viene così riportato: «Dall'evento proposto si attendono flussi turistici nell'intera Penisola Sorrentina stimabili in maggiori arrivi e maggiori presente complessive (che includano anche quelle provenienti dalle aree interne e/o dirette verso esse) pari ad una media di 1000 unità ad evento con un ulteriore incremento nei giorni successivi per la mostra che resterà aperta per tutto il periodo del festival», senza sbilanciarsi sull'incremento e limitandosi a precisare che «Si stima che i flussi previsti copriranno la seconda metà di ottobre che è il periodo scelto dal festival (16-26 ottobre)»;
          nella «seconda versione» della scheda risultano stralciati molti obiettivi generali;
          nella prima versione era prevista la partecipazione di personaggi «... del calibro di Erri De Luca o Fabio Volo o Giorgio Faletti per insegnare ai giovani le emozioni della scrittura creativa», mentre nella seconda ci si limita «... ad un personaggio trasversale come Carlo Lucarelli»;
          è ampiamente ridotto il mercato nazionale di riferimento e totalmente escluso quello internazionale;
          nel progetto esecutivo vengono totalmente stravolti i punti 2 e 5 (inizialmente previste dirette televisive) ed eliminato il punto 3 della coerenza con il tema portante della programmazione;
          nella seconda versione, tra i servizi dedicati ai fruitori dell'iniziativa vengono soppressi: 1) visite guidate; 2) villaggio Campania (spazi espositivi all'interno della struttura) e 3) servizio navetta;
          il cast artistico, originariamente doveva essere così composto: «GIANCARLO GIANNINI, FRED MURRAY ABRAHAM (Premio Oscar per il cinema), MIGUEL ANGEL ZOTTO, ANGELA MOLINA, SERENA AUTIERI, GINO RIVIECCIO, ERRI DE LUCA, IVA ZANICCHI, ALTRI Lo spettacolo di premiazione sarà arricchito dall'Orchestra diretta dal Maestro Quadrini», mentre ora sarà così «Il comitato scientifico del premio composto da personalità come Magdi Cristiano Allam, Iva Zanicchi e Armando Massarenti (associazione culturale e di promozione sociale Il Simposio delle Muse) consegna i premi a personalità della moda (Regina Schrecker), del giornalismo (Mario Orfeo, Direttore del Tg1 Rai), dello spettacolo»;
          nonostante questo evidente ridimensionamento risultano invariati i costi, atteso che la direzione artistica è passata da euro 10.000 ad euro 15.000; il costo del teatro è aumentato di euro 1000; il costo della logistica di euro 2.700; la mostra l'incanto delle sirene è aumentata di euro 300 e, per concludere, la voce relativa al coordinamento, del personale è aumentata di euro 1000, aumenti che di fatto hanno assorbito il risparmio di euro 10.000 dovuto alla riduzione dell'importanza del casting, sceso da euro 50.000 ad euro 40.000;
          nella richiamata scheda, in entrambi le versioni, in riferimento alla struttura di Villa Fondi, si dichiara che «nel giardino all'interno di una serra è stato allestito un fresco e suggestivo punto di bar e ristoro»;
          la proposta progettuale risulta totalmente modificata nel suo progetto esecutivo, finendo a giudizio degli interroganti con il non rispettare gli obiettivi di cui all'intervento di finanziamento  –:
          se e quali iniziative intenda porre in essere il Governo per verificare che siano rispettati i criteri di efficienza e qualità nella realizzazione del progetto e per valutare la destinazione dei suddetti fondi e la correttezza del loro utilizzo in conformità alla normativa nazionale ed europea. (5-01301)


      PRATAVIERA. —Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          è notizia pubblicata sulla stampa locale del 24 ottobre 2013 quella riguardante l'operazione compiuta dalla famiglia Petrovich di chiudere il mobilificio Europeo e riaprire con una nuova società;
          i tre stabilimenti del marchio Europeo, siti in via delle Industrie a Cessalto, in via Magnadola a Motta di Livenza e in via Sagree a Prata di Pordenone, occupano 200 lavoratori, che ora rischiano di ritrovarsi a casa senza alcun apparente motivo;
          secondo quanto pubblicato dall'articolo di stampa, i lavoratori hanno scoperto quanto stava accadendo dalla lettera che Ivan Petrovich, nuovo presidente di Martex spa, con sede in via Sagree a Prata, ha inviato a clienti e fornitori del mobilificio Europeo per informarli del cambio dei riferimenti;
          secondo quanto dichiarato dai lavoratori e riportato sull'articolo di stampa «i nuovi soci sono Aldo Pianca, proprietario del Mobilificio Pianca di Gaiarine, fratello della dottoressa Giovanna Pianca, amministratrice di Europeo, Ivan e Nicola Pterovich, in Europeo fino a maggio di quest'anno ed Enzo Melchiorri (...) compagno della dottoressa Giovanna Pianca:»; la Martex di Pratanon ha macchinari per produrre un armadio o un mobile, quindi i lavoratori suppongono che sarà il Mobilificio Pianca – già in grave crisi – a produrre per la Martex  –:
          se e quali iniziative di propria competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda adottare per acquisire elementi in relazione ai fatti di cui in premessa e salvaguardare i livelli occupazionali dei 200 lavoratori coinvolti. (5-01304)


      PELUFFO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la Electrolux è una multinazionale con sede in Svezia ed è uno dei leader mondiali nel settore degli elettrodomestici e delle apparecchiature per uso professionale;
          secondo quanto riportato dalla stampa nazionale (agenzia ANSA e sito www.ansa.it, in data 25 ottobre 2013), in ragione di una contrazione dell'utile pari al 29 per cento (meno 75 milioni di euro) nel terzo trimestre del 2013, la Electrolux ha annunciato una ridefinizione del proprio assetto produttivo, prevedendo di operare a livello globale duemila tagli (di cui 1.500 in Europa), ossia oltre il 3 per cento della propria forza lavoro complessiva;
          sempre stando alla fonte ANSA, l'Italia, per numero di fabbriche e per numero di occupati, è uno dei Paesi europei dove più è concentrata l'attività della Electrolux. Le fabbriche sono quattro: Forlì, dove sono occupate 800 unità e si producono piani cottura e forni; Porcia (Pordenone), con 1200 occupati e produzione di lavatrici; Solaro (Milano) con 900 unità e produzione di lavastoviglie e Susegana (Treviso), 1.000 occupati e produzione di frigoriferi e congelatori da incasso;
          secondo quanto riportato dal Sole 24 ore in data 25 ottobre 2013, Electrolux comunica di aver messo sotto osservazione le quattro fabbriche presenti al momento sul territorio nazionale, ventilando la prospettiva di una riduzione di circa duecento posti di lavoro italiani, senza escludere il rischio, molto maggiore, di una chiusura dei quattro stabilimenti;
          secondo quanto comunicato dal coordinamento nazionale elettrodomestici della Fiom Cgil i circa 200 esuberi previsti sarebbero individuati col sistema dei tagli lineari; al momento, non risultano essere stati comunicati maggiori dettagli. La fonte sindacale commenta che l'annuncio dell'investigazione significa che l'azienda sta prendendo seriamente in considerazione l'ipotesi di chiusura;
          secondo quanto riportato in un articolo de Il Giorno edizione Monza Brianza del 25 ottobre 2013 a firma di Gabriele Bassani, l'azienda avrebbe comunicato ufficialmente che «la conclusione dell'indagine è attesa entro la fine di aprile 2014 per consentire l'assunzione di decisioni tempestive ed efficaci e la loro implementazione». Nell'articolo si osserva che i lavoratori temono che qualunque sia la fabbrica che verrà eventualmente sacrificata, possa rappresentare un precedente anche per l'eventuale chiusura delle altre;
          secondo quanto riportato dal periodico Solaro informa del marzo 2013, in un articolo a firma di Viviana Vegetti, nel febbraio 2013 la multinazionale svedese aveva annunciato un piano di ridimensionamento che riguardava di 1129 esuberi, così ripartiti: 295 a Porcia, 373 a Susegana, 200 a Forlì e 261 a Solaro. La trattativa sindacale, iniziata il 20 febbraio 2013 è stata comune per tutte e quattro le fabbriche: i sindacati avevano chiesto all'azienda di accordare contratti di solidarietà della durata di 24 mesi che prevedessero un impiego di sei ore al giorno per ogni operaio, così da scongiurare il pericolo dei licenziamenti;
          ora, a soli sette mesi dal precedente accordo, l'azienda rimette in discussione i risultati raggiunti annunciando nuovi tagli lineari al personale e compromettendo l'equilibrio definito con la precedente trattativa  –:
          se si sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
          quali iniziative si intendano intraprendere affinché si faccia chiarezza sulla vicenda e se siano stati rispettati i vincoli contrattuali, sindacali e di legge;
          quali iniziative si intendano intraprendere al fine di prevenire le ricadute sociali e occupazionali sul comparto lavorativo afferente al settore industriale interessato e ai siti nei quali sono presenti gli stabilimenti Electrolux, dove i lavoratori hanno consentito a riduzioni di orario e di stipendio al fine di salvaguardare i livelli occupazionali rischiando ora, per la seconda volta in pochi mesi, di trovarsi senza sostentamento e senza la possibilità di fare affidamento sulle passate e future trattative sindacali. (5-01306)


      TARICCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in Piemonte opera l'INALPI spa, uno dei più grandi polverizzatori di latte d'Italia e d'Europa, per la produzione di polvere di latte, utilizzando 18.000 tonnellate annue di latte di qualità proveniente degli allevamenti italiani, prevalentemente destinata alle produzioni della Ferrero SpA;
          per detta produzione opera un impianto che assorbe circa 3,3 megawatt dalla rete ENEL tramite una linea interrata a 15 kilowatt e una cabina primaria 132/15 kilowatt ubicata a 300 metri dallo stabilimento;
          detto impianto opera a ciclo continuo 7 giorni su 7 per settimana, 24 ore al giorno;
          da dicembre dello scorso anno ad oggi si sono verificate ben 9 interruzioni nell'alimentazione dell'energia elettrica, indispensabile per il funzionamento dell'impianto;
          ogni interruzione, anche di breve durata, comporta per l'impianto la sospensione della produzione di latte in polvere di 20 ore in quanto, dopo l'interruzione anche breve, occorrono 20 ore per eseguire il lavaggio completo di tutte le parti dell'impianto per motivi di sicurezza nell'igiene microbiologica;
          detta situazione rischia di pregiudicare gravemente il funzionamento, la sostenibilità e la competitività del ciclo produttivo dell'azienda;
          l'azienda, oltre ad aver ripetutamente segnalato la questione all'ENEL, ha in più occasioni coinvolto anche l'Autorità per l'energia elettrica senza avere alcuna soddisfazione;
          l'Autorità regola i settori di competenza, attraverso provvedimenti (deliberazioni) e, in particolare svolge una serie di compiti tra i quali:
              a) assicura la pubblicità e la trasparenza delle condizioni di servizio;
              b) definisce i livelli minimi di qualità dei servizi per gli aspetti tecnici, contrattuali e per gli standard di servizio;
              c) accresce i livelli di tutela, di consapevolezza e l'informazione ai consumatori;
              d) svolge attività di monitoraggio, di vigilanza e controllo anche in collaborazione con la Guardia di Finanza e altri organismi, fra i quali la Cassa conguaglio per il settore elettrico, il GSE, su qualità del servizio, sicurezza, accesso alle reti, tariffe, incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate e in materia di Robin Hood tax;
              e) può imporre sanzioni e valutare ed eventualmente accettare impegni delle imprese a ripristinare gli interessi lesi (decreto legislativo n.  93 del 2011);
          l'Autorità per l'energia elettrica e il gas in collaborazione con l'allora Ministero per l'innovazione aveva promosso uno «Sportello per il consumatore di energia», gestito in collaborazione con Acquirente unico, che aveva tra i suoi compiti lo scopo dare informazioni, assistenza e tutela ai clienti finali e ai consumatori-produttori per permettere ai «Clienti finali, consumatori-produttori di energia e associazioni che li rappresentano, quando non abbiamo ricevuto dall'operatore una risposta soddisfacente ad una segnalazione di disservizio o irregolarità, possono ora inviare i reclami all'Autorità attraverso lo Sportello e che lo Sportello, acquisite le necessarie ulteriori informazioni presso gli esercenti interessati, fornirà le indicazioni necessarie per la soluzione delle problematiche lamentate»;
          il meccanismo così articolato non sembra produrre gli effetti attesi  –:
          quali iniziative anche normative intenda porre in atto, affinché fatti pregiudizievoli, quali quelli descritti in premessa, per l'attività delle aziende, non abbiano a ripetersi, anche per non compromettere le possibilità di permanenza e di sviluppo di aziende ed economia sui territori.
(5-01307)

Interrogazione a risposta scritta:


      NUTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il 16 febbraio 2011 veniva firmato a Roma l'Accordo di programma tra il Ministro dello sviluppo economico e la regione siciliana per la disciplina degli interventi di riqualificazione e reindustrializzazione del polo industriale di Termini Imerese, sottoscritto oltre che dal Ministro citato e dalla regione siciliana, anche dalla provincia di Palermo, dal comune di Termini Imerese, dal consorzio ASI di Palermo, dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimento e lo sviluppo d'impresa Spa e dal Gruppo FIAT;
          la finalità di tale accordo si enunciava la promozione di nuovi investimenti produttivi in grado di assicurare la salvaguardia della presenza industriale e dell'occupazione del Polo industriale di Termini Imerese, mantenendo la vocazione produttiva nel settore automobilistico, senza escludere l'inserimento di ulteriori imprese operanti in settori diversificati;
          l'Accordo evidenziava la necessità di sviluppare gli interventi con una tempistica congruente con le esigenze di rioccupazione della manodopera, stabilendo un tempo massimo per dare completezza agli investimenti di 36 mesi;
          in particolare, era stata posta in capo all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimento e lo sviluppo d'impresa Spa il compito di individuare e valutare progetti industriali, anche di aziende diverse, che avrebbero dovuto investire sul polo industriale come sede di produzione;
          tale termine si sta velocemente approssimando, per cui, a nostro avviso, è inderogabile una verifica sull'attuazione dell'Accordo al fine di migliorare gli interventi dei vari soggetti firmatari ed evitare di perdere le fondamentali opportunità che questo Accordo offre;
          l'ammontare degli investimenti programmati era stimato in più di un miliardo di euro per il triennio 2011-2013. 450 milioni di euro sarebbero stati forniti dalle finanze pubbliche, in particolare 100 milioni di euro direttamente dal Ministero dello sviluppo economico e 350 milioni di euro dalla regione siciliana di cui 150 per finanziamento di opere infrastrutturali e 200 a titolo di cofinanziamento delle risorse nazionali;
          la vigilanza sull'esecuzione dell'Accordo era stata posta in capo al Ministro dello sviluppo economico e dal Presidente della regione siciliana, supportati dal cosiddetto gruppo di coordinamento, di cui fanno parte anche rappresentanti degli altri firmatari;
          dopo che il Gruppo FIAT ha deciso di chiudere lo stabilimento di Termini Imerese, l'Accordo costituisce per questa città l'unica possibilità per poter uscire dallo stato di crisi in cui versa;
          quando l'accordo venne firmato, il Ministro dello sviluppo economico pro tempore Paolo Romani dichiarò che non solo entro il 2012 tutti i lavoratori del Gruppo FIAT sarebbero stati nuovamente impiegati, ma si sarebbero creati 3.300 posti di lavoro, ottenendo il plauso e dichiarazioni di piena soddisfazione da parte dei sindacati dei lavoratori;
          la Sicilia, con il suo ricchissimo patrimonio artistico e paesaggistico, dispone di enormi potenzialità economiche nel settore del turismo che potrebbero ridurre sensibilmente la disoccupazione e contribuire alla ripresa economica dell'isola, ma che spesso non possono essere sviluppate a causa della mancanza di una seria politica dedicata al rilancio turistico della Sicilia e di Termini Imerese in particolare  –:
          a quanto ammontano fino ad ora le somme effettivamente investite nel quadro all'Accordo di programma e in quale parte lo Stato e la regione siciliana abbiano contribuito;
          quanti posti di lavoro, direttamente imputabili agli investimenti di cui in premessa, siano stati effettivamente creati;
          quali siano le imprese attualmente coinvolte e quale sia lo stato di attuazione dell'accordo di programma;
          come il Ministro intenda completare gli investimenti entro il termine dei 36 mesi stabilito dai soggetti firmatari;
          se abbia intenzione di promuovere ulteriori iniziative atte ad incidere positivamente sullo stato di crisi industriale in cui versa il polo di Termini Imerese;
          se non intenda valutare la possibilità di riconvertire completamente o parzialmente l'area del polo industriale per il rilancio del settore turistico di Termini Imerese. (4-02313)

Apposizione di una firma ad una mozione.

      La mozione Vezzali e altri n.  1-00151, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mattiello.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Petitti e altri n.  5-01157, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Fiano n.  5-01276 del 23 ottobre 2013.