XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 106 di lunedì 28 ottobre 2013

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ROBERTO GIACHETTI

      La seduta comincia alle 10,30.

      ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 25 ottobre 2013.
      (È approvato).

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baldelli, Balduzzi, Berretta, Nicola Bianchi, Bocci, Boccia, Borletti dell'Acqua, Bray, Brunetta, Carinelli, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Gianni Farina, Fassina, Ferranti, Fico, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, Legnini, Letta, Lorenzin, Lupi, Marazziti, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Mura, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Sani, Santelli, Speranza, Tabacci e Tancredi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
      Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

      Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione delle mozioni Airaudo ed altri n. 1-00164, Allasia ed altri n. 1-00220 e Costa ed altri n. 1-00221 concernenti iniziative per il rilancio del settore manifatturiero (ore 10,35).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Airaudo ed altri n. 1-00164, Allasia ed altri n. 1-00220 e Costa ed altri n. 1-00221 concernenti iniziative per il rilancio del settore manifatturiero (Vedi l'allegato A – Mozioni).
      Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
      Avverto che è stata altresì presentata la mozione Prodani ed altri n. 1-00223 (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

      PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
      È iscritto a parlare il deputato Airaudo, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00164. Ne ha facoltà.

      GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, ogni 15 minuti 28 lavoratori vengono licenziati e 10 imprese chiudono. Tra gennaio e novembre 2013 sono 11.696 le aziende in Italia che hanno chiuso a causa Pag. 2della crisi. Si tratta del 13 per cento in più di aziende chiuse nello stesso periodo del 2012, dopo che, sempre nel 2012, si era segnato il triste record di 34 aziende fallite al giorno, cioè mille al mese, per un totale, alla fine dell'anno, di 12.442 imprese che si sono arrese alla crisi.
      Nel 2013 si è quindi passati da 34 aziende chiuse al giorno alla media attuale di 43 imprese che chiudono ogni giorno o che dichiarano fallimento. Queste 12.696 aziende fallite sino ad oggi nel 2013 vanno ad aggiungersi ai 45.280 fallimenti registrati tra il 2009 e il 2012.
      Tali cifre dipingono un quadro ancora più fosco, se si pensa che nel 2007 era intervenuta una riforma della legge fallimentare che ha escluso dall'ambito di applicazione le imprese più piccole. Ma il risultato, nonostante il crollo iniziale dei numeri, è stato quello di tornare ai livelli precedenti al 2007. Cioè, oggi siamo in una situazione peggiore di quella in cui facemmo questa legge.
      L'industria soffre, dunque, in qualunque settore ed in ogni regione del nostro Paese. Negli ultimi quattro anni, l'occupazione in Italia è scesa da 23.376.000 a 22.919.000: un calo di 465 mila lavoratori. Nel quadriennio 2008-2012 i lavoratori dell'industria, al netto dei lavoratori dell'edilizia, sono calati di 392.562 unità, nonostante le persone in età di lavoro siano aumentate di mezzo milione. I tavoli aperti al MISE, il Ministero per lo sviluppo economico, dal 2008 ad oggi, sono stati più di 700 e coinvolgono più di 160 mila lavoratori. Questo Governo, da quando è insediato, ne ha aperti da solo più di 150, e le soluzioni, spesso, quando ci sono, sono difficili, avventurose, precarie, incerte, non definitive e non tali da dare un futuro né all'impresa, né ai lavoratori, né all'insieme del Paese.
      Soffre la piccola e la media impresa, dove si consumano drammi umani, sociali e imprenditoriali, dove finiscono però anche storie di imprese sane e non in crisi, che chiudono o vendono per assenza di convinzione sul futuro del Paese. È una resa, in alcuni casi, anche quando non ci sarebbe la necessità.
      Ma soffre e si riduce anche la grande impresa, che lascia ai territori tutti i costi e le tensioni sociali; dalla FIAT, che ha ridotto la sua impresa e i suoi investimenti dentro il nostro Paese all'interno di un dimezzamento delle vendite dell'auto.
      Nel 2007 si immatricolavano nel nostro Paese 2.493.105 automezzi, quest'anno si farà fatica a raggiungere il milione e 300 mila: si sono dimezzati gli acquisti di automobili e di immatricolazioni nel nostro Paese.
      La FIAT, che detiene comunque un 29 per cento di questo mercato che si è dimezzato, produce in Italia meno di 400 mila vetture; a questo va affiancato la scomparsa dell’«alta moda» dell'automobile, i famosi carrozzieri, l'ultima vestigia che rimane, che o hanno chiuso o hanno fallito o sono addirittura rifalliti, come la ex Pininfarina-De Tomaso di Torino, o sono stati acquistati, come la Giugiaro dalla Volkswagen.
      Restano irrisolti temi che riguardano l'automobile come quello di Termini Imerese e come il tema della Irisbus e della Bredamenarini, su cui questo Parlamento ha impegnato il Governo a cercare una soluzione, anche nell'ambito di un intervento pubblico per un polo della mobilità pubblica all'interno di Finmeccanica e di cui non si vedono tracce.
      Ma rischia anche il secondo polo della siderurgia italiana, Piombino, che rischia la sua definitiva chiusura se nei prossimi giorni, non molti più di pochi giorni, cesserà l'attività dell'altoforno; rischia la chiusura con i suoi 4 mila addetti dell'indotto e si affianca ai problemi noti dell'Ilva di Taranto: problemi di produzioni, problemi ambientali, problemi proprietari. Come non stanno meglio i settori dell'elettrodomestico: l'Indesit ha dimezzato le sue fabbriche in questo Paese e l'altro giorno...

      PRESIDENTE. La invito a concludere.

      GIORGIO AIRAUDO. Concludo Presidente. È una crisi che anche oggi i lavoratori sardi dell'Alcoa stanno portando a Roma. Noi abbiamo presentato questa mozione perché non siamo convinti che le Pag. 3politiche dell'attuale Governo, che ci paiono in continuità con il precedente, siano all'altezza per affrontarla.
      Sinistra Ecologia Libertà è stato l'unico gruppo parlamentare a presentare questa mozione; a noi appare indispensabile che il Parlamento incalzi il Governo, e che la crisi venga discussa in quest'Aula per il rilancio del settore manifatturiero e per il futuro di questo Paese, per dare risposta a quelle lavoratrici e a quei lavoratori che spesso sono soli nelle loro crisi e soli ad affrontare le loro difficoltà.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marco Rondini, che illustrerà anche la mozione Allasia ed altri n. 1-00220, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

      MARCO RONDINI. Signor Presidente, il settore manifatturiero ha un ruolo di traino dell'economia del Paese, inglobando l'eccellenza della piccola e media impresa italiana che è rappresentata da oltre 450 mila artigiani e piccoli imprenditori, i quali danno lavoro a quasi 2 milioni di addetti e realizzano un valore aggiunto di 60 miliardi di euro.
      Le piccole e medie imprese, a causa del prolungarsi della crisi, sono in uno stato di profonda sofferenza; molte di loro sono ormai condannate alla chiusura a causa della scarsa liquidità di cui dispongono, anche per le difficoltà di accesso al credito bancario.
      Il 2012 è stato finora l'anno più duro della crisi per il numero di imprese che hanno chiuso: tra fallimenti, che sono stati oltre 12 mila, cioè più di mille al mese, 34 al giorno, liquidazioni (90 mila), procedure non fallimentari (2 mila), sono state 104 mila le aziende italiane chiuse; solo nel primo trimestre 2013 sono state avviate 3.500 procedure di fallimento, il 12 per cento in più rispetto al precedente anno.
      Il tessuto delle attività manifatturiere italiane è tra i più performanti d'Europa; in particolare, la Lombardia ed il nord-est presentano un valore aggiunto manifatturiero pro capite più alto in assoluto rispetto ai maggiori Paesi dell'area UE e, nello stesso tempo, sono aree capaci di generare un valore aggiunto pro capite nei rimanenti settori dell'economia tra i più elevati rispetto ai concorrenti europei.
      La perdita di competitività delle imprese manifatturiere ha, quindi, ricadute importanti sull'economia del Paese e, in particolare, sull'occupazione. I dati sulle forze lavoro tracciano un quadro in deterioramento del mercato del lavoro, dove si riduce la crescita dell'occupazione che si associa ad un ulteriore aumento della disoccupazione.
      Nel manifatturiero esiste una vera e propria emergenza occupazionale; in quattro anni, dal 2009 al 2012, gli addetti sono diminuiti del 2,9 per cento, con picchi per settore che si registrano nel calzaturiero, nel chimico e nel comparto tessile. Sono, invece, positivi i dati relativi alle esportazioni che stanno attraversando una fase di espansione.
      Sia a livello europeo, sia a livello nazionale e regionale, si afferma che per fare fronte alla crisi in atto, una delle misure da sostenere sia l'incremento delle attività di ricerca e sviluppo tecnologico, prevedendo una linea privilegiata per il sostegno alle azioni messe in atto dalle imprese che si orientano in questa direzione.
      Gli effetti della crisi stanno mettendo in grande difficoltà soprattutto le piccole e medie imprese del manifatturiero che svolgono attività di ricerca e di sperimentazione; queste imprese, ad elevatissimo investimento in forza lavoro specializzata e dotate di grandi patrimoni immateriali costituiti da brevetti, modelli e marchi, si sostengono con forti anticipazioni di risorse finanziarie da parte degli istituti di credito. Pertanto, è opportuno creare le condizioni affinché non venga meno il canale di finanziamento nei loro confronti.
      In Europa il contributo del settore manifatturiero al prodotto interno lordo si aggira intorno ad una media del 15,2 per cento; l'obiettivo indicato dalla Commissione europea è quello di raggiungere il 20 per cento nei prossimi sette anni, sia per migliorare la produttività dell'Unione europea rispetto agli Stati Uniti ed il Giappone, Pag. 4sia per mantenere i vantaggi competitivi acquisiti in alcuni settori più complessi e di elevata qualità.
      A livello europeo è in fase di studio la possibilità di una revisione dei vincoli del Patto di stabilità, finalizzata ad escludere dai suddetti vincoli gli investimenti destinati allo sviluppo delle infrastrutture, dell'innovazione e della ricerca, al fine di liberare risorse in favore dell'economia reale, oggi invece schiacciata da un'eccessiva politica del rigore. L'Italia potrebbe fornire un contributo importante al raggiungimento degli obiettivi europei.
      Per le imprese manifatturiere, particolarmente sentito è il tema del credito. L'accesso al credito negli ultimi anni è, infatti, diventato sempre più problematico.
      Un ulteriore ostacolo alla crescita competitiva delle imprese è rappresentato dal fenomeno dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Rispetto alla media europea, in Italia occorre più tempo per essere pagati. Il ritardo medio è di 28 giorni. Il periodo medio di pagamento è di 57 giorni per i privati, di 88 giorni per le imprese e di ben 135 per la pubblica amministrazione. Il perpetuarsi del fenomeno dei ritardi di pagamento rischia di generare danni irreparabili all'economia del Paese, è quindi necessaria l'adozione di efficaci strumenti di contrasto a tale fenomeno.
      Nel settore manifatturiero si è ultimamente accentuato un ulteriore fenomeno destabilizzante che si riverbera negativamente sull'intera tenuta del sistema produttivo ed occupazionale del Paese. Si tratta di un aspetto indotto dal processo della globalizzazione e noto come dislocazione dei processi produttivi, ovvero dell'organizzazione del processo produttivo su scala mondiale. Tale fenomeno non interessa più, come in passato, le sole imprese multinazionali, ma si estende ormai a tutte le imprese e prende il nome di delocalizzazione. Si assiste, così, ad un trasferimento vero e proprio di attività e di fasi della produzione dai luoghi di origine verso Paesi come Marocco, Tunisia, Libia, Turchia, Egitto, Romania, Bulgaria, Moldavia, Carinzia e Slovenia, in vista di potere produrre a costi sempre più bassi.
      Il sistema produttivo italiano subisce gravi lesioni dal processo di delocalizzazione che sta portando ad un lento e profondo depauperamento delle risorse economiche ed occupazionali presenti sul territorio; particolarmente colpite e penalizzate dagli effetti della delocalizzazione sono le zone distrettuali del lombardo-veneto e del Piemonte, soprattutto riguardo al settore manifatturiero dell'industria della moda, dell'abbigliamento e del tessile.
      In queste circostanze sarebbe necessario attuare una nuova politica di tutela delle realtà distrettuali nei settori interessati dai processi di delocalizzazione tramite la concessione di agevolazioni e riduzioni degli oneri amministrativi e dei carichi fiscali e sociali, ma ad ogni modo legati al rispetto di specifiche condizioni, tra cui la permanenza nei luoghi d'origine, l'assunzione di forza lavoro locale e l'assegnazione di commesse ad imprese dell'area d'appartenenza.
      Lo sviluppo di particolari settori del manifatturiero, dal comparto moda, all'arredamento, all'elettronica e ai beni di largo consumo è, inoltre, minacciato dalla presenza sui mercati internazionali di prodotti contraffatti provenienti principalmente dai Paesi del sud-est asiatico, come la Cina. Le economie di questi Paesi da tempo minacciano l'Italia e l'Europa con politiche commerciali «aggressive» favorite da bassissimi costi di produzione, anche legati alla violazione dei diritti umani e dei più elementari standard di sicurezza del lavoro, della salute e dell'ambiente.
      Dalla relazione approvata in data 22 gennaio 2013 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, istituita presso la Camera dei deputati nella scorsa legislatura, si apprende che il mercato del falso nel nostro Paese genera un fatturato di 7 miliardi e 109 milioni di euro.
      Le perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali sono Pag. 5calcolate in 5 miliardi e 281 milioni di euro, mentre sono oltre 130 mila i posti di lavoro sottratti all'economia reale.
      Nella scorsa legislatura, in Parlamento è stata più volte evidenziata, in particolare dalla Lega Nord, la necessità di adottare, in ambito nazionale ed europeo, più stringenti disposizioni per la tutela delle imprese italiane ed europee dalla concorrenza sleale, attraverso l'adozione di azioni europee antidumping e la protezione della denominazione e dei marchi di origine.
      Un traguardo è stato raggiunto con l'approvazione della legge 8 aprile 2010, n.  55, recante «disposizioni concernenti la commercializzazione dei prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri» che, introducendo un sistema di etichettatura a garanzia della qualità del made in Italy, rappresenta un valido strumento di contrasto alla contraffazione. La suddetta legge, fortemente ostacolata dall'Europa, non ha ancora trovato definitiva applicazione.
      Il rilancio del settore manifatturiero viene perseguito anche attraverso la realizzazione di un'organica strategia per la riduzione dei costi dell'energia, i quali rappresentano una delle principali cause dello svantaggio competitivo dell'Italia rispetto agli altri Paesi europei.
      La recente revisione dello «spesometro» rappresenta un ulteriore onere a carico dei contribuenti, determinando una sperequazione tra il sistema fiscale nazionale e quello dei principali Paesi europei e, allo stesso tempo, rallentando la ripresa economica delle imprese.
      Vede, noi chiediamo – come Lega Nord – l'impegno da parte del Governo ad attivare un'organica azione di difesa e di sostegno delle imprese del settore manifatturiero, con particolare riferimento ai distretti industriali, ricomprendendo in tale azione l'osservanza da parte dei beneficiari di impegni diretti alla loro permanenza nei luoghi d'origine, al mantenimento e all'incremento della forza lavoro locale, all'assegnazione di lavori e all'eventuale esternalizzazione di processi produttivi e di impresa appartenenti all'indotto in cui essi operano.
      Chiediamo l'impegno a perseguire l'obiettivo del rilancio del settore manifatturiero, anche attraverso l'attivazione di interventi riguardanti la sottoscrizione di accordi con il sistema del credito per la concessione di prestiti temporanei e a tassi agevolati, volti a mantenere in vita le imprese in difficoltà, l'introduzione di rateazioni più lunghe e più flessibili ai fini dell'assolvimento da parte delle piccole e medie imprese dei propri debiti tributari e contributivi, la semplificazione degli adempimenti amministrativi, la riduzione dei carichi fiscali e degli oneri sociali, la concessione di contributi per gli investimenti diretti alla ristrutturazione ed all'ammodernamento, soprattutto in campo tecnologico, l'adozione di misure per la riduzione del costo dell'energia, riportandolo sui livelli degli altri Paesi dell'Unione europea, con particolare riferimento ai settori con elevati consumi energetici, la tutela del made in Italy, anche garantendo l'applicazione della vigente normativa, che introduce un sistema di etichettatura obbligatoria sull'origine e sul luogo in cui avviene ciascuna fase di lavorazione dei prodotti in commercio e, quindi, chiediamo un impegno al Governo ad adottare anche efficaci strumenti di contrasto al fenomeno dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali attraverso l'adozione di misure per l'istituzione di un fondo rotativo che abbia il fine di garantire ai creditori una maggiore tutela contro i ritardi e le incertezze di pagamento.
      Chiediamo un impegno al Governo a rivedere gli attuali vincoli del Patto di stabilità interno, escludendo dagli stessi gli investimenti in innovazione, sviluppo e ricerca, così da favorire una rapida ripresa dell'economia reale ed ancora, a promuovere in ambito nazionale e comunitario iniziative di contrasto alla concorrenza sleale subita dalle imprese italiane ed europee anche attraverso azioni antidumping, volte a contrastare l'ingresso nell'Unione europea di prodotti provenienti dalla Cina che siano il frutto di forme di Pag. 6lavoro illegale, e nocivi per l'ambiente e la salute dei consumatori, ad intensificare e rendere più efficaci i controlli sulle attività esercitate dalle imprese cinesi sul territorio nazionale, in relazione alla conformità dei prodotti alla vigente normativa sulla tutela del lavoro e sulla sicurezza della salute umana e dell'ambiente, nonché alla regolarità degli adempimenti richiesti in materia amministrativa, fiscale e contributiva per l'esercizio dell'attività di impresa.
      E ancora chiediamo un impegno a rilanciare il settore manifatturiero anche incentivando l'occupazione dei giovani di età inferiore ai 35 anni ancora inoccupati, ovvero disoccupati da più di 24 mesi ed infine ad adottare misure di armonizzazione dell'attuale sistema fiscale nazionale con i più moderni sistemi fiscali vigenti in altri Paesi europei, promuovendo altresì una semplificazione degli adempimenti a cui sono sottoposte le piccole e medie imprese per sostenerne la ripresa economica.

      PRESIDENTE. Prima di passare al prossimo intervento, vorrei salutare gli alunni e i docenti della scuola primaria «Santa Teresa del Bambino Gesù» di Santa Marinella, in provincia di Roma, che sono presenti e stanno seguendo i nostri lavori. Chiarisco a voi che in questo momento non c’è molta presenza di deputati in Aula perché stiamo svolgendo la discussione sulle linee generali su alcune mozioni, quindi intervengono soprattutto coloro che devono illustrare le mozioni ed è presente il Governo.
      È iscritta a parlare l'onorevole Dorina Bianchi, che illustrerà la mozione Costa ed altri n. 1-00221, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

      DORINA BIANCHI. Signor Presidente, colleghi, Governo, un Paese che nel XXI secolo non possegga una grande industria manifatturiera si presenta con i caratteri di una colonia subordinata alle esigenze a scelta di quei Paesi che di tale industria dispongono. Ciò vale sia per i settori industriali tradizionali, quali chimica, auto, aviazione civile, che per i settori più recenti, quali l'informatica e l'elettromeccanica. Dal 1960 il nostro Paese ha perduto o ridimensionato drasticamente la propria capacità produttiva in settori industriali nei quali aveva occupato a lungo un posto di primo piano a livello mondiale.
      È il caso di informatica, chimica e farmaceutica, dell'elettronica di consumo e dell'aeronautica civile, dell’high tech, automazione e controllo, sistemi per la distribuzione e il trasporto di energia del settore. Tra il 1980 e il 1985 la caduta di occupazione è di 724 mila posti di lavoro; nel periodo dal 1990 al 1994 raggiunge i livelli record di un meno 10 per cento.
      Quasi cinquantamila imprese del settore hanno chiuso i battenti a causa della crisi nel quadriennio 2009-2012 e gli addetti sono diminuiti del 2,9 per cento. I dati più recenti indicano come nelle imprese manifatturiere e in quelle che svolgono attività di ricerca, sperimentazione e innovazione la flessione dell'occupazione sia più marcata. Nel confronto tra il secondo trimestre del 2012 e lo stesso periodo del 2013 l'occupazione è scesa del 7,2 per cento nel calzaturiero, del 7 per cento nel chimico-farmaceutico e del 6,5 per cento nel comparto tessile.
      Nel solo manifatturiero le aziende attive nel 2012 erano quasi il 5 per cento in meno di quelle attive nel 2009. È stato calcolato che la crisi ha già causato la distruzione di oltre il 15 per cento del potenziale manifatturiero italiano, con una punta del 40 per cento negli autoveicoli e cali di almeno un quinto in quattordici settori su ventidue.
      In Germania invece è salito del più 2,2 per cento. A metà 2013 la manifattura italiana è in condizioni molto critiche. In questo quadro è utile precisare che la produzione manifatturiera va indietro non perché non è competitiva o esporta poco, ma perché si è spenta la domanda finale domestica.
      La struttura produttiva italiana è caratterizzata da due elementi: la presenza di pochi gruppi industriali di grandi dimensioni nel settore della meccanica, dell'aeronautica, Pag. 7nel settore militare, nell'ottica e nell'alimentare, nonché nella moda e nelle costruzioni, la cui grandezza peraltro è mediamente inferiore a quella dei competitori esteri, e la presenza di imprese di piccole dimensioni, micro, piccole e medie, accompagnata da un accentuato localismo produttivo.
      La rilevanza delle piccole imprese nella struttura industriale italiana emerge anche nel confronto con gli altri Paesi europei. Il tessuto delle micro, piccole e medie imprese rappresenta una realtà peculiare e consolidata, un fattore fondamentale di dinamismo e di crescita per l'economia nazionale. Si avverte tuttavia l'assenza nel sistema produttivo di una grande impresa capace di agire in termini di innovazione strategica e di trasferimento di innovazione ai sistemi imprenditoriali di dimensioni minori, svolgendo in tale modo un ruolo trainante e propulsivo. Le grandi imprese sono infatti in tutti i Paesi più avanzati il principale motore di ricerca. È per questo che noi chiediamo che sia garantita una quota significativa di incentivi per gli investimenti diretti alla ricerca e all'innovazione tecnologica, anche per le micro, piccole e medie imprese.
      La principale caratteristica di queste imprese italiane può essere individuata nella forma organizzativa, che ha trovato la forma più completa nei distretti industriali, espressione di uno sviluppo imprenditoriale che nasce dal basso e riflette la capacità delle forze economiche, sociali ed istituzionali presenti in un determinato territorio di autopromuoversi, mettendo a frutto le risorse in termini di capitale umano, di materie prime e di conoscenza disponibili in ambito locale.
      I distretti produttivi rappresentano uno dei maggiori punti di forza del sistema industriale italiano e si configurano come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccola e media dimensione, e dall'elevata specializzazione produttiva. È da rilevare, infatti, che per i principali distretti industriali italiani il primo semestre 2013 si chiude con una crescita dell’export del +5,2 per cento rispetto al primo semestre 2012, evidenziando un andamento nettamente più favorevole rispetto all’export manifatturiero del Paese, in calo dello 0,6 per cento.
      Questo indice evidenzia un altro risultato eccellente delle imprese distrettuali: se si considera l'ultimo anno iniziato a luglio 2012 e terminato a giugno 2013, l’export distrettuale è risultato ampiamente oltre i livelli pre-crisi. Questo dimostra che la strategia vincente è sostenere l'internazionalizzazione al fine di promuovere il made in Italy, potenziando gli strumenti agevolativi esistenti e facilitando i processi di internazionalizzazione e i collegamenti con le università e i centri di ricerca.
      Occorre, inoltre, che l'economia reale sia messa nelle condizioni di poter esprimere il suo potenziale con efficaci azioni di governo, prima fra tutte il taglio del cuneo fiscale, che implica la riduzione delle aliquote contributive che pesano sul costo del lavoro, impegnandosi a reperire le risorse necessarie. L'esperimento fatto 5 anni or sono dal Governo Prodi, infatti, non ha prodotto, nonostante l'investimento complessivo di 5 miliardi di euro, alcun miglioramento nelle condizioni lavorative e non ha creato alcun posto di lavoro in più. Per noi le risorse da impegnare dovrebbero ammontare ad almeno 16 miliardi, a fronte dei 4-5 miliardi prospettati anche da fonti del Ministero dell'economia e delle finanze.
      Altra questione fondamentale è assicurare un sostegno all'occupazione e al reddito dei lavoratori delle imprese in difficoltà, anche attraverso il ripristino di maggiori risorse finanziarie destinate ad ammortizzatori sociali, con particolare riferimento alla CIG ordinaria e straordinaria, alla cassa integrazione in deroga soprattutto alle imprese artigiane e ai contratti di solidarietà, rendendo più facile alle imprese l'accesso alle procedure. Altro determinante problema che causa la perdita di competitività del sistema produttivo manifatturiero è legato al costo dell'energia, e in particolare del metano, il cui Pag. 8differenziale di costo in Italia rispetto ai competitori europei penalizza pesantemente le imprese italiane energivore.
      Occorrono, quindi, politiche di sostegno della concorrenzialità nel mercato del gas e dell'accesso alle reti, per garantire una maggiore pluralità e differenziazione sul lato dell'offerta, in modo da ridurre il costo del gas, principale materia prima di molte imprese manifatturiere. Il costo dell'energia, infatti, è stato segnalato come elemento strutturale di debolezza ed è necessario riportarlo ai livelli degli altri Paesi europei, con particolare riferimento ai settori a più alta intensità energetica.
      Le imprese manifatturiere sono, altresì, esposte più di altre alla concorrenza internazionale. Già nel 1947, con il GATT, e poi con l'Organizzazione mondiale del commercio, nel 1994, si è assistito ad una progressiva caduta dei dazi, che ha comportato una piena e assoluta concorrenza a livello globale e una crescita del prodotto interno lordo di tutti i Paesi industrializzati. Il modello italiano è fondato sulle esportazioni; in quest'ambito, sono presenti realtà di eccellenza, in particolare tessile, ceramica, calzature, pellame, la moda in generale e la meccanica di precisione, che, tuttavia, hanno risentito della grave crisi economica internazionale.
      È, peraltro, vero che le aziende italiane soffrono più delle altre aziende europee di un deficit di sistema, dovuto, soprattutto, a inefficienze di produzione, che dipendono, come già detto, dagli alti costi dell'energia, da una burocrazia eccessiva e lenta, da un sistema fiscale particolarmente farraginoso, dall'insufficiente dotazione infrastrutturale, dalla mancanza di una rete di collegamento fra formazione, ricerca ed imprese.
      A ciò si aggiunge il costo elevato dei servizi bancari e delle assicurazioni, tutti oneri che costituiscono costi di produzione tali da non consentire alle nostre imprese di competere efficacemente sulla scena europea. In questo contesto è quindi necessario perseguire obiettivi di tutela e di aiuto del settore manifatturiero anche attraverso l'attivazione di interventi riguardanti: la sottoscrizione di accordi con le organizzazioni rappresentative del sistema del credito per la concessione di prestiti temporanei a tassi agevolati idonei a mantenere in vita le imprese in difficoltà; la semplificazione degli adempimenti amministrativi; la riduzione del carico fiscale sulle imprese (ad esempio IVA e imposte di produzione) e degli oneri sociali; la concessione di una quota significativa di incentivi per gli investimenti diretti alla ricerca e all'innovazione tecnologica delle micro, piccole e medie imprese manifatturiere.
      La rilevanza dell'imprenditoria manifatturiera risulta dal documento conclusivo dell'indagine conoscitiva svolta nella scorsa legislatura dalla X Commissione (Attività produttive) della Camera dei deputati. In tale documento sono state tracciate le linee di azione per risolvere le criticità del settore individuate, in particolare quelle relative alle piccole e medie imprese. Sempre nel corso della scorsa legislatura, tra i provvedimenti approvati, si segnala lo «Statuto delle imprese» con il quale l'Italia è stato il primo Paese ad introdurre nel proprio ordinamento il contenuto dello Small Business Act (atto sulle piccole imprese) adottato a livello comunitario e attuato con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 maggio 2010.
      Lo Small Business Act sottolinea l'importanza delle micro, piccole e medie imprese, in quanto creatrici di posti di lavoro e protagoniste della crescita delle comunità locali e regionali, e il suo recepimento in Italia ha permesso di varare una serie di misure per rendere più competitive le micro, piccole e medie imprese, soprattutto in tempo di crisi.
      L'approvazione dello «Statuto delle imprese» ha costituito un passaggio fondamentale per la realizzazione di un ambiente giuridico favorevole alle imprese, in particolare per le piccole e medie, ed è la condizione essenziale per favorirne l'avvio, lo sviluppo e la competitività. In attuazione della delega contenuta nello «Statuto delle imprese» è stato emanato il decreto legislativo 9 novembre 2012, n.  192, per l'integrale recepimento della Pag. 9direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell'articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n.  180.
      Tuttavia, è da rilevare che sono ancora molte le disposizioni dello statuto in attesa di essere attuate, tra le quali ricordiamo la legge annuale per le micro, piccole e medie imprese ed altre, la cui applicazione deve essere potenziata e resa effettiva.
      La priorità del rilancio dell'industria europea è stata ribadita anche lo scorso 23 ottobre dai Ministri dell'industria dell'Unione europea riuniti a Parigi, in occasione della prima conferenza ministeriale degli «Amici dell'industria», i quali hanno rivolto un appello al Consiglio europeo – che si svolgerà nel febbraio 2014 e sarà dedicato alla competitività industriale – ad adottare un'ambiziosa agenda industriale per l'Europa, con l'obiettivo quadro dell'aumento della quota dell'industria nel prodotto interno lordo dell'area.
      In questo quadro la mozione presentata dal Popolo della Libertà chiede al Governo di assumere l'impegno di avviare politiche di sostegno dell'attività manifatturiera attraverso tempestive iniziative, anche di carattere normativo.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Prodani, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00223. Ne ha facoltà.

      ARIS PRODANI. Signor Presidente, oggi siamo chiamati a discutere del settore manifatturiero italiano sul quale il MoVimento 5 Stelle e altri gruppi parlamentari hanno presentato delle mozioni. L'attuale contesto macroeconomico del Paese è preoccupante. Malgrado timidi accenni di ripresa, la recessione continua. È del 23 ottobre scorso la notizia che l'Italia nel 2014 sarà fuori dal G8 visto che nel secondo trimestre del 2013, secondo dati Eurostat, il debito pubblico è salito al 133,3 per cento del PIL. Un vero e proprio boom di tre punti percentuali in più rispetto al primo trimestre dell'anno, che relega il nostro Paese al nono posto delle economie mondiali, superato dalla Russia, e che in Europa ci vede penultimi, seguiti solo dalla Grecia, quest'ultima con un rapporto debito/PIL del 169,1 per cento.
      È ben lontano il vertice di Rambouillet del 1975, il primo meeting dei grandi – istituzionalizzato poi come G8 –, quando, con la Presidenza del Consiglio di Aldo Moro, l'Italia era al sesto posto. L'inesorabile perdita di posizioni ha avuto inizio nel 2000, quando siamo stati sorpassati dalla Cina e, in seguito, dal Brasile nel 2010. Secondo alcune proiezioni nel giro di 5 anni perderemo anche la nona posizione mondiale, precipitando all'undicesimo posto, sotto la spinta dell'economia di Canada e India. Il nostro Paese, comunque, continuerà a partecipare ai vertici dei grandi della Terra, ma solo per ragioni politiche, come la Presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea, che inizierà il 1o luglio 2014, fatto questo di estrema gravità.
      Il cattivo stato della nostra economia è confermato anche dai dati diffusi dall'ISTAT nel mese di settembre, che vedono le stime sull'andamento del PIL italiano 2013 ancora più negative. In particolare, nel secondo trimestre dell'anno il prodotto interno lordo è diminuito dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente e del 2,1 per cento nei confronti del secondo trimestre del 2012. La stima precedente, diffusa dall'Istituto di statistica il 6 agosto scorso, era più ottimistica e prevedeva una diminuzione congiunturale dello 0,2 per cento e una diminuzione rispetto al 2012 del 2 per cento. Male anche i principali aggregati della domanda interna, consumi finali nazionali e investimenti fissi lordi, diminuiti dello 0,3 per cento, mentre solo le esportazioni sono aumentate dell'1,2 per cento. Il segno negativo accompagna tutti i comparti economici, dall'agricoltura (meno 2,2 per cento) all'industria (meno 0,1 per cento), e si registra un'ulteriore diminuzione tendenziale del 3,2 per cento per quanto riguarda la spesa delle famiglie.
      Con l'aumento poi, dal 1° ottobre scorso, dell'IVA dal 21 al 22 per cento, che questo Governo non è riuscito ad evitare, proprio i consumi saranno duramente colpiti Pag. 10e non è difficile prevedere un'ulteriore contrazione. Anche gli investimenti fissi lordi hanno segnato nel secondo trimestre dell'anno una complessiva diminuzione tendenziale del 5,9 per cento, con le flessioni maggiori segnalate negli investimenti in costruzioni (meno 7,5 per cento) e nella spesa in macchinari e altri prodotti (meno 5,4 per cento).
      Con un quadro congiunturale di questo tipo ne risente anche il livello occupazionale, come testimoniato dai dati ISTAT sul secondo trimestre dell'anno, pubblicati il 26 ottobre scorso, qualche giorno fa, in base ai quali tra i disoccupati e sfiduciati che non cercano più lavoro si contano circa 6 milioni di persone.
      La responsabilità di questi numeri è da ricercare nell'immobilismo dei Governi precedenti, che per circa trent'anni non hanno varato nessuna riforma strutturale del sistema produttivo nazionale, adottando di volta in volta provvedimenti legati alla semplice contingenza privi di una visione organica. Il nostro Paese ha bisogno, quindi, di un piano industriale a sostegno del settore manifatturiero, composto per lo più dalle piccole e medie imprese, che costituiscono la vera colonna portante del tessuto economico nazionale.
      Le PMI oggi devono affrontare una serie di difficoltà che hanno minato il nostro sistema produttivo, come un sistema fiscale troppo oneroso per famiglie e imprese, gravi ritardi infrastrutturali, l'eccesso di burocrazia, la stretta al credito da parte delle banche, il pessimo funzionamento dei servizi, le poche risorse destinate alla ricerca e allo sviluppo, la presenza di forti squilibri territoriali e nel Paese e scarsi incentivi allo sviluppo della green economy. Queste diseconomie – si badi – non congiunturali ma strutturali stanno condannando il Paese a una lenta agonia, da cui ci si può riprendere solo con una politica coraggiosa e assertiva.
      Con la mozione che presentiamo oggi intendiamo impegnare l'Esecutivo a seguire un pacchetto organico di misure finalizzate al sostegno del tessuto manifatturiero, che deve essere rivitalizzato prima di tutto con interventi di semplificazione burocratica e di natura fiscale.
      Riguardo le procedure amministrative, lo stesso Governo Letta ha avviato una consultazione pubblica, che si concluderà il 15 dicembre prossimo, per consentire alle imprese e ai cittadini di segnalare procedimenti o adempimenti complicati o inutili. Attendiamo, quindi, gli esiti (che potrebbero anche essere scontati), ma soprattutto le successive azioni che il Governo vorrà predisporre. Bisogna comunque ridurre la foresta delle procedure autorizzative-fotocopia, favorire la comunicazione interna tra le amministrazioni pubbliche e la condivisione dei database per sollevare i cittadini e gli imprenditori dal presentare gli stessi documenti a sportelli diversi della pubblica amministrazione, perdendo moltissimo tempo.
      In materia fiscale, chiediamo un serio e credibile allentamento del Patto di stabilità interno, che costituisce un vincolo asfissiante per numerose amministrazioni locali, in modo da favorire gli investimenti e il rilancio dei sistemi produttivi regionali. Chiediamo la riduzione del cuneo fiscale, il rapporto tra tutte le imposte sul lavoro e il suo costo complessivo, in modo da rendere convenienti o comunque non eccessivamente onerose le assunzioni. È impensabile, infatti, che numerose imprese in buone condizioni e con potenziale ulteriore di mercato non assumano a causa del costo eccessivo del lavoro. Bisogna ridurre, inoltre, la pressione fiscale, che secondo le ultime stime dell'ISTAT nel secondo trimestre del 2013 si è attestata complessivamente al 43,8 per cento.
      Tra le iniziative concrete che possono essere attuate, in modo da rivitalizzare le microimprese e fornire loro un reale sostegno, proponiamo l'abolizione dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) per le aziende con meno di 10 dipendenti e con un fatturato annuo non superiore ai due milioni di euro.
      Con coraggio, poi, bisogna continuare sulla via delle liberalizzazioni – come quelle riferite agli ordini professionali – proposte ed auspicate nella relazione annuale 2013 dell'Autorità garante della concorrenza Pag. 11e del mercato, accompagnate però da interventi che garantiscano l'equità sociale e che favoriscano, anche attraverso appropriate riforme del diritto del lavoro, nuove opportunità di inserimento per i soggetti interessati. Bisogna procedere, quindi, all'abolizione di numerosi monopoli di fatto – come quelli che vedono la primazia nei rispettivi comparti di Telecom Italia, Autostrade Spa, ENI, ENEL e Ferrovie dello Stato – per garantire una reale concorrenza.
      Sul versante del mercato interno, siamo convinti che sia necessario sostenere lo sviluppo in tutti i settori produttivi della filiera corta, non solo perché ecocompatibile, ma anche e soprattutto perché in grado di eliminare spese e sprechi nel ciclo produttivo di numerosi beni. Rappresenta un serio squilibrio, infatti, inviare un prodotto in lavorazione da un impianto ad un altro distante centinaia di chilometri pagando spese accessorie, come nel caso di un pantalone a cui, per esempio, si fanno gli orli a Napoli e vengono applicati i bottoni a Prato. I processi industriali vanno quindi ripensati e devono essere premiate le pratiche virtuose, come la riduzione del consumo energetico per unità di prodotto e l'impiego di materie prime secondarie provenienti dalla filiera del riciclo.
      Efficientare la produzione vuol dire anche poter disporre dello strumento informatico, e il nostro Paese presenta un livello di digital divide imbarazzante. Secondo i dati aggiornati a gennaio 2012 dell'Osservatorio nazionale banda larga-Between, l'11 per cento delle imprese dei principali 90 distretti industriali italiani non ha accesso a Internet con un collegamento a banda larga Adsl, a una velocità minima di 2 Megabit al secondo. Si tratta di un dato medio, che nasconde situazioni anche molto più gravi di digital divide, relative alle imprese che si trovano in aree periferiche rispetto ai grandi centri urbani.
      L'Esecutivo deve attuare immediatamente le misure previste dall'Agenda digitale europea e dall'Agenda digitale italiana per contrastare, appunto, il divario digitale che non consente lo sviluppo delle imprese, frenando l’e-commerce e le formule alternative di impiego come il telelavoro.
      Le PMI, inoltre, senza perdere il loro carattere distintivo tipico del dinamismo italiano, devono essere messe in grado di confluire in reti di impresa, elemento di aggregazione che consente di affrontare con maggiore sicurezza le sfide di mercato anche grazie alla fiscalità di vantaggio e all'accesso semplificato al credito.
      Quest'ultimo costituisce un serio problema da quando, nel 2008, ha avuto inizio la crisi finanziaria internazionale legata ai mutui subprime statunitensi. Nel corso degli anni la BCE, tra i numerosi interventi adottati, ha tagliato più volte il costo del denaro, mantenendo successivamente stabili al ribasso i tassi di interesse sull'euro, in modo da favorire le economie degli Stati membri. Queste iniziative della Banca Centrale però non sono state percepite nell'economia reale, dagli utenti e dalle imprese, perché gli istituti di credito hanno consolidato le proprie posizioni, impegnandosi a ricapitalizzare per far fronte ai titoli spazzatura acquistati.
      Le banche devono tornare a svolgere la loro funzione primaria, quella dell'erogazione del credito, e per questo motivo sosteniamo la netta separazione degli istituti a vocazione finanziaria da quelli creditizi.
      Inoltre, è necessario introdurre una normativa che vieti incroci azionari tra sistema bancario e sistema industriale, per evitare indebite pressioni determinate da speculazioni degli istituti di credito.
      La competitività deve essere recuperata anche con l'allineamento delle tariffe nazionali di energia, connettività, telefonia, elettricità e trasporti a quelle degli altri Paesi europei, a vantaggio sia degli utenti domestici che aziendali.
      Per quanto riguarda la proiezione nei mercati internazionali, proponiamo la riorganizzazione e l'efficientemente delle agenzie e delle società finalizzate a sostenere le imprese italiane all'estero e a favorire l'attrazione di investimenti stranieri. Negli ultimi anni, infatti, è stata Pag. 12istituita una miriade di enti e di società pubbliche – come ICE –, Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, Promuovitalia, Invitalia, Simest ed altre – per le finalità summenzionate. L'Esecutivo ha recentemente annunciato la nascita di una nuova impresa, Destinazione Italia Spa, rendendo ancora più confusionario il quadro di riferimento per gli investitori internazionali.
      Questi soggetti pubblici vanno ridotti e razionalizzati, evitando inutili duplicati e lo sperpero del denaro pubblico. All'obiezione su come reperire le risorse finanziarie per realizzare buona parte delle misure fin qui illustrate, possiamo rispondere semplicemente in questo modo: si cominci con una seria ed approfondita spending review per individuare e tagliare gli innumerevoli sprechi della spesa pubblica, secondo una logica che non risponda a semplici tagli lineari in grado di compromettere l'erogazione dei servizi pubblici, ma a ristrutturazioni ottimali della pubblica amministrazione.
      L'assenza cronica di programmazione nel medio e lungo periodo, come abbiamo detto, unita al silenzio normativo delle istituzioni, ha prodotto i pessimi risultati che sono sotto i nostri occhi in questo settore e che, purtroppo, valgono anche per molti altri.
      È necessario, come mai prima d'ora, che il cuore pulsante dell'economia nazionale, che ha visto e vede da sempre le nostre PMI protagoniste nei mercati, sia al centro dell'azione del Governo. Quest'ultimo, però, deve procedere all'adozione delle misure necessarie in base ad una programmazione che non sia unidirezionale, ma interagendo continuamente con i soggetti interessati ed individuando insieme le priorità e i successivi piani di azione. Il Paese non ha davanti a sé molte alternative. Noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo tracciato delle linee programmatiche pratiche che ci auspichiamo vengano accolte dall'Esecutivo e applicate di concerto con la realtà produttiva del Paese.

      PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
      Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente in sede di parere sulle mozioni. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Vezzali, Valeria Valente, Rampelli, Capelli ed altri n. 1-00151, Mongiello ed altri n. 1-00158, Laffranco ed altri n. 1-00159, Nicchi ed altri n. 1-00215 e Rondini ed altri n. 1-00219 concernenti iniziative in favore dei celiaci, con particolare riferimento alla normativa comunitaria (ore 11,16).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Vezzali, Valeria Valente, Rampelli, Capelli ed altri n. 1-00151, Mongiello ed altri n. 1-00158, Laffranco ed altri n. 1-00159, Nicchi ed altri n. 1-00215 e Rondini ed altri n. 1-00219, concernenti iniziative in favore dei celiaci, con particolare riferimento alla normativa comunitaria (Vedi l'allegato A – Mozioni).
      Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
      Avverto che è stata altresì presentata la mozione Cecconi ed altri n. 1-00222 (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

      PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
      È iscritta a parlare l'onorevole Vezzali, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00151. Ne ha facoltà.

Pag. 13

      MARIA VALENTINA VEZZALI. Signor Presidente, Governo, onorevoli colleghi, le ragioni di questa mozione sono diverse e nascono da un recente provvedimento preso dal legislatore europeo che a sua volta è scaturito da una mutata percezione, anche nell'opinione pubblica, della celiachia e dei celiaci. Vorrei, quindi, ripercorrere brevemente con voi la storia particolare di questa patologia. La celiachia è stata per anni una malattia poco conosciuta anche dalla stessa classe medica. Se le prime diagnosi ufficiali di celiachia in Italia risalgono agli anni Settanta, in quel periodo i familiari dei pazienti celiaci, spesso bambini piccoli, che arrivavano alla diagnosi dopo un percorso lungo e faticoso, si ritrovavano ad affrontare una malattia di cui si sapeva davvero poco. I bisogni primari allora erano quelli di trovare alimenti che fossero adatti alla dieta senza glutine, capire dove potevano essere acquistati e se garantivano davvero l'assenza di glutine anche in tracce. E non erano i tempi di Internet e dei social network, quindi reperire informazioni era difficoltoso e complesso. Nessuno a scuola, sul luogo di lavoro, tra parenti e amici, sapeva cosa fosse questa celiachia e gestire l'alimentazione, che tanta importanza ha nella socialità delle persone, era davvero difficile. Negli anni, anche grazie all'impegno dell'Associazione italiana celiachia, era aumentata la conoscenza della patologia. Sono sorte aziende per la produzione di alimenti dietetici specificamente formulati per i celiaci in grado di offrire, a fianco dell'assenza di glutine, anche sapori e gusti sempre più simili a quelli dei prodotti convenzionali.
      Lo Stato italiano dal 1982 garantiva la copertura economica dell'acquisto di questi alimenti tramite il proprio Servizio sanitario nazionale e le prime mense cominciavano ad attrezzarsi per preparare, almeno nelle scuole, pasti sicuri per i bambini celiaci. Nel frattempo, la classe medica approfondiva la conoscenza della malattia potendo così raggiungere la diagnosi e con questa offrire una migliore qualità della vita ai celiaci. La celiachia è un'intolleranza alimentare cronica. Ha una base genetica e può insorgere in qualsiasi momento della vita. L'ingestione di glutine, anche in piccole tracce, provoca gravi danni allo mucosa intestinale che può poi manifestarsi in una sintomatologia anche molto varia e con sintomi così diversi da quelli classici gastrointestinali, per cui spesso non è immediato pensare che la causa possa essere un'intolleranza al glutine e arrivare così alla diagnosi di celiachia che spesso, infatti, richiede alcuni anni per essere compiuta.
      Osteoporosi, infertilità, aborti ripetuti, anemie, patologie dello smalto dentario, diabete, tiroide autoimmune, alopecia, epilessia con calcificazioni cerebrali e linfoma intestinale, sono solo alcuni dei sintomi e delle complicanze che la celiachia può comportare. L'unica cura della celiachia è seguire una dieta senza glutine per tutta la vita. I celiaci, quindi, non possono mangiare il pane, la pasta, i biscotti e tutti quei prodotti da forno che tradizionalmente contengono glutine.
      Per questa ragione quegli alimenti che sono specificamente formulati per sostituire il glutine sono considerati a tutti gli effetti dei dietoterapici perché possono essere considerati alla stregua del farmaco per i celiaci e, come per le terapie per altre patologie, il Sistema sanitario nazionale concorre nel coprire parte della spesa per questi alimenti con un contributo mensile. Il pane, la pasta: questi elementi sono alla base della nostra dieta mediterranea, costituendo una parte importante delle fonti di carboidrati previste dalle linee guida per una sana alimentazione.
      Ma realizzare alimenti sostitutivi per celiaci non significa semplicemente eliminare il glutine dalla ricetta, significa garantirne la sicurezza anche da possibili contaminazioni e sostituire questo fondamentale ingrediente con altri che offrano le stesse caratteristiche nutrizionali di qualità e palatabilità degli alimenti convenzionali con glutine.
      Per queste ragioni, cui c’è da aggiungere che il mercato dei prodotti senza glutine resta un mercato di nicchia, questi Pag. 14elementi hanno costi elevati che rendono fondamentale il sostegno dello Stato alle famiglie per permetterne l'acquisto.
      Un recente studio dell'associazione italiana celiachia ha dimostrato come per i celiaci non sia semplice aderire continuamente e per tutta la vita alla dieta senza glutine. L'aderenza alla dieta è strettamente dipendente dalla possibilità di accedere ad un'offerta ampia e variata di alimenti senza glutine. Negli anni, quindi, lo Stato italiano ha dato un sostegno fondamentale alle persone celiache non solo economico ma anche garantendo la sicurezza, quindi la salubrità degli alimenti per celiaci tramite norme specifiche che prevedono una elevata tutela e controllo delle produzioni. Tali tutele rientravano in un quadro normativo europeo che riconosceva ai celiaci la gravità della loro patologia e la necessità di essere tutelati potendo accedere ad alimenti sicuri e controllati.
      Arriviamo così agli sviluppi recenti. In breve tempo abbiamo assistito al mutare dell'approccio dell'opinione pubblica alla dieta senza glutine. Da qualche tempo, infatti, da terapia assolutamente necessaria e specifica per una categoria vulnerabile della popolazione, i celiaci, emerge una generale interpretazione di questo regime dietetico come dieta salutista adatta alla generalità della popolazione, più leggera o, addirittura, dimagrante.
      Questa interpretazione lanciata da alcuni VIP e diffusa da molti media non ha alcuna base scientifica e sta provocando un effetto dannoso sulla popolazione dei soggetti celiaci che vedono banalizzato il proprio regime dietetico e le difficoltà che incontrano ogni giorno per seguirlo correttamente.
      La prima conseguenza di questa moda è stata la proposta della Commissione europea di un regolamento che, in un effetto domino, rischia di eliminare gran parte delle garanzie a tutela degli alimenti specificamente formulati per i celiaci e, quindi dei celiaci tutti.
      Il regolamento n.  609 del 2013, approvato dal Parlamento europeo lo scorso 12 giugno, ha revisionato l'attuale norma-quadro che regolamenta tutti gli alimenti destinati ad una alimentazione particolare, derubricando i prodotti dietetici per celiaci (pane, pasta, prodotti da forno) da questo speciale regime di controlli e tutele.
      Il rischio di un impatto devastante sul sistema celiachia in Italia è reale e si tratta di un impatto diretto sulla salute delle persone affette da celiachia. Parliamo di sicurezza degli alimenti, parliamo di accesso alla dieta, di sostegno all'acquisto di tali prodotti. L'Italia fino ad oggi è stata all'avanguardia nel trattamento e nell'assistenza ai celiaci, di certo perché la dieta mediterranea che fa un largo uso di pane e pasta ha portato naturalmente ad una maggiore attenzione alla patologia tanto che oggi, anche in campo medico, il nostro Paese si pone tra le eccellenze in termini di conoscenza e ricerca sulla patologia.
      Il rischio che vediamo oggi è che tali eccellenze nella tutela di un cittadino più vulnerabile siano messe a rischio da una svalutazione delle malattia e dei pazienti. L'incidenza della celiachia è di una persona ogni cento. In Italia, quindi, i celiaci dovrebbero essere circa 600 mila ma oggi i diagnosticati sono circa 140 mila. Questo significa che, oggi, in Italia ci sono persone che soffrono che hanno una scarsa o pessima qualità della vita, che pesano anche sul Servizio sanitario nazionale per problemi di salute riconducibili ad una celiachia non ancora diagnosticata e che potrebbero essere facilmente risolti con una dieta appropriata: la dieta senza glutine.
      Queste 500 mila persone hanno il diritto, sancito anche da una legge italiana, la legge n.  123 del 2005, norma destinata proprio ai celiaci, ad avere in tempi brevi una diagnosi, a conoscere la terapia per la loro patologia, a curarsi e a stare di nuovo bene. Quello che chiediamo oggi al Governo italiano è di garantire questo diritto a tutti i celiaci attraverso una piena implementazione della legge n.  123 del 2005, a quelli già diagnosticati, che hanno il diritto ad avere accesso alla terapia, quindi, ad alimenti sicuri che garantiscano un equilibrato apporto di nutrienti, e quelli non ancora diagnosticati – più di Pag. 15mezzo milione, oggi, in Italia, lo ricordo –, che hanno il diritto alla diagnosi precoce, che garantisce anche la prevenzione dalle complicanze, spesso gravi, di questa patologia.
      Dette azioni permetterebbero anche di ridurre sensibilmente i costi socio-sanitari delle complicazioni associate; garantire il mantenimento di sicurezza degli alimenti destinati ai celiaci, secondo quanto oggi previsto dal decreto legislativo n.  111 del 1992 e dal regolamento europeo n.  41 del 2009, che verranno abrogati a decorrere dal 20 luglio 2016 per effetto dell'applicazione del regolamento n.  609 del 2013, che abrogherà il concetto di prodotto dietetico, di cui alla direttiva quadro 2009/39/CE, anch'essa superata da regolamento n.  609 del 2013; che la normativa italiana, da sempre all'avanguardia per i diritti e le tutele dei celiaci, mantenga pari garanzie per la sicurezza del prodotto specificamente rivolto ai celiaci, per la produzione di un piano di campionamento di controllo e mantenga anche il registro nazionale degli alimenti, quale unica fonte per l'erogazione gratuita, anche con l'attuazione della revisione del registro già discussa ai tavoli tecnici del Ministero.
      Il Governo deve mantenere il sostegno economico al celiaco, a garanzia dell'accessibilità agli alimenti specificamente formulati per celiaci, anche per le fasce più svantaggiate della popolazione; che si faccia carico del problema della distribuzione di prodotti in erogazione oggi fruibili per il paziente nella sola provincia e/o regione di residenza, costringendo i celiaci che si muovono per motivi di studio, lavoro o vacanza a portare con sé gli alimenti per il fabbisogno quotidiano. Infine, il decreto 8 giugno 2001 emanato dal Ministero della salute indica, per sesso e per fasce di età, il fabbisogno calorico totale, di cui un 35 per cento è da soddisfare con i prodotti dietetici senza glutine, mentre, per il resto, il celiaco dovrà orientare le proprie scelte alimentari verso alimenti naturalmente privi di glutine, come riso, patate, mais e legumi. La tabella allegata al decreto riporta i corrispondenti tetti di spesa mensili a carico del Servizio sanitario nazionale in età adulta a partire dai dieci anni, di circa 98 euro per le femmine e di circa 140 euro per i maschi, con un fabbisogno calorico calcolato, rispettivamente, di 2.200 calorie e 3.000 calorie. Suddetta tabella non tiene conto del fabbisogno calorico di chi pratica attività fisica pesante o sportiva intensa, che, in media, ha un consumo di calorie giornaliere di 2.900 calorie per le femmine e 3.900 calorie per i maschi.
      Chiediamo, quindi, che venga formulata una linea di indirizzo del fabbisogno calorico totale nell'ambito dei nuovi livelli di spesa, con l'applicazione del principio di fabbisogno calorico sulla base dei livelli di assunzione giornaliera raccomandati dalla Società italiana di nutrizione umana per soggetti che praticano attività fisica pesante o sportiva intensa, con l'equiparazione al tetto massimo di erogazione di maschi e femmine, demandando al Ministero della salute i criteri per la certificazione al fine dell'erogazione massima del tetto di spesa.
      La nostra Costituzione ha sancito che la salute è un diritto fondamentale dell'individuo e va perseguito nell'interesse stesso della collettività. L'Italia, ancora una volta, ha potuto rappresentare negli anni un'eccellenza e un sistema di tutela all'avanguardia in tal senso nei confronti del paziente celiaco. Facciamo sì che mantenga questo primato e che diventi, anzi, un riferimento per il resto d'Europa.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Oliverio, che illustrerà anche la mozione n. 1-00158, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

      NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, signor sottosegretario Fadda, onorevoli colleghi, la celiachia o morbo celiaco è comunemente classificata tra le sindromi da male assorbimento, ed è causata da un'infiammazione dei villi intestinali che pregiudica l'assorbimento da parte dell'organismo di determinati principi essenziali, oltre che di minerali e vitamine. Se ne distinguono due forme: una infantile, che si manifesta a seguito Pag. 16dello svezzamento; e una dell'adulto, che insorge prevalentemente tra i venti ed i trent'anni, anche a seguito di una gravidanza o di un evento traumatico. Secondo autorevoli trattati di patologia medica, la sua incidenza è dello 0,03 per cento, ma secondo le recenti letterature risulta molto più elevata tra i familiari dei pazienti, arrivando al 16 per cento nei fratelli e al 10-12 per cento nei genitori e nei figli.
      Nella relazione annuale al Parlamento sulla celiachia per l'anno 2010, il Ministero della salute definisce la celiachia una enteropatia autoimmune permanente scatenata dall'ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. L'intolleranza al glutine causa gravi lesioni alla mucosa dell'intestino tenue, che possono regredire soltanto eliminando questa proteina dalla dieta ed escludendone qualsiasi contaminazione specifica.
      La reversibilità della patologia è perciò assolutamente legata al regime alimentare, non esistendo alcuna terapia specifica. Un soggetto celiaco resta pertanto vulnerabile per tutta la vita. Si tratta, pertanto, di una patologia fortemente menomante, i cui sintomi possono essere molto generici, andando dal pallore per l'anemia, alla diarrea, al calo ponderale, all'astenia, all'affaticamento, alla depressione, all'ansia, alla dermatite. E nelle donne, in particolare, la malattia può determinare assenza di mestruazioni, sterilità, o aborti spontanei e ricorrenti.
      Sempre secondo la predetta relazione al Parlamento, nel nostro Paese l'incidenza della malattia, sia nei bambini sia negli adulti, è stimata intorno all'1 per cento. La collega bene diceva che, se si considera la popolazione italiana, ne deriva che il numero potenziale dei celiaci si attesta intorno a 600 mila persone, contro i circa 140 mila casi effettivamente diagnosticati e censiti. Ogni anno si riscontrano 5 mila nuove diagnosi e nascono 2.800 nuovi soggetti celiaci, con un incremento annuo di circa il 9 per cento.
      Un'attenzione particolare andrebbe poi posta sulla presenza anche di minime tracce di glutine in alcuni farmaci assumibili per via orale, nei loro eccipienti, nella composizione degli involucri delle capsule e nel rivestimento di determinate compresse. In Italia non esiste ancora una legislazione efficiente che protegga i cittadini affetti da celiachia dall'assunzione involontaria di gliadina, anche in quantità infinitesimali, attraverso i farmaci.
      Nel nostro Paese, ai sensi del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.  111, recante attuazione della direttiva n.  89/398/CEE, concernente i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare, i prodotti senza glutine sono riportati in uno specifico registro nazionale di prodotti dietetici senza glutine e, in applicazione della legge 4 luglio 2005, n.  123, recante norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia, essi sono erogati gratuitamente, in quanto posti a carico del Servizio sanitario nazionale.
      La legge n.  123 del 2005, in particolare, sancisce che la celiachia è una malattia sociale, e la stessa legge prevede il riconoscimento del diritto all'erogazione gratuita dei prodotti dietoterapeutici senza glutine, ma entro un limite massimo di spesa.
      Per l'attuazione della legge del 2005, erano stati previsti 3.760.000 euro annui a decorrere dal 2005. Purtroppo, però, dal 2005 tale importo non è mai stato aggiornato, di fronte all'incremento dei malati di celiachia. Appare evidente che tale ammontare risulta essere sempre più inadeguato rispetto alle necessità. Ad ogni buon modo, con il decreto del Ministro della salute del 4 maggio 2006 sono stati aggiornati e fissati i limiti massimi di spesa per l'erogazione di prodotti senza glutine, prevedendo tetti mensili distinti per sesso e per età, che vanno da un minimo di 45 euro mensili per i bambini da 6 mesi ad 1 anno ad un massimo di 140 euro mensili per gli adulti di sesso maschile e di 99 euro per gli adulti di sesso femminile.
      Veramente poco per quello che serve. Già alla luce di questi importi parrebbe pertanto indispensabile che il Governo prendesse in seria considerazione la necessità di incrementare le risorse stanziate Pag. 17e di aumentare anche gli importi mensili per l'acquisto gratuito degli alimenti senza glutine.
      Fatta questa panoramica sul contesto specifico della celiachia, vorremmo soffermarci sugli ultimi eventi normativi connessi ai profili alimentari e commerciali. Con riferimento alla disciplina dell'Unione europea in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, ricordiamo che la Commissione europea aveva presentato, il 20 giugno 2011, una proposta di regolamento relativa agli alimenti destinati ai lattanti e bambini, agli alimenti destinati a fini medici speciali, finalizzata alla revisione della direttiva quadro sui prodotti dietetici. Tale proposta è stata definitivamente approvata dall'Unione europea nel giugno del 2013, emanando il regolamento n.  609/2013 il quale, tra l'altro, abroga la direttiva 92/52/CEE del Consiglio, le direttive 96/8/CE, 1999/21/CE, 2006/125/CE e 2006/141/CE della Commissione e la direttiva 2009/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, e una serie di regolamenti. Insomma una serie di normative abrogate. Tale regolamento sarà efficace a decorrere dal 20 luglio 2016.
      L'iter di approvazione di questo regolamento è stato particolarmente complesso e molto criticato dall'Italia. Sia la proposta della Commissione europea sia il regolamento approvato prevedono l'abrogazione, tra gli altri, del regolamento n.  41/2009 relativo alla composizione e all'etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine, con il conseguente trasferimento della dicitura «senza glutine» nell'etichetta generica.
      Il Consiglio dell'Unione europea aveva raggiunto, il 7 giugno 2012, un accordo politico sulla proposta prevedendo che l'informazione sull'etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine fosse garantita, non più nell'ambito della proposta di regolamento relativa agli alimenti destinati ai lattanti e ai bambini e agli alimenti destinati a fini medici speciali, bensì nell'ambito delle disposizioni di applicazione del regolamento relativo alla fornitura di informazione sugli alimenti ai consumatori.
      Nel corso del «trilogo» tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione, la delegazione italiana aveva proposto in sede di Consiglio dell'Unione europea un emendamento volto a rafforzare e garantire l'impegno della Commissione europea sulla fornitura di informazioni e sugli alimenti ai consumatori e una maggiore tutela al consumatore per quanto riguarda la composizione delle etichettature dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine.
      Vogliamo, quindi, ricordare che al termine dell'esame della proposta del regolamento la Commissione igiene e sanità del Senato della Repubblica aveva adottato, il 2 agosto 2011, un parere motivato contrario per violazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, con particolare riferimento alle norme applicabili ai prodotti per celiaci. Il Senato aveva ritenuto che l'abrogazione del regolamento si configurasse come un'azione non necessaria né portatrice di un valore aggiunto a livello europeo.
      In Italia, inoltre, l'equiparazione dei prodotti senza glutine ad alimenti di uso corrente avrebbe comportato un evidente arretramento della tutela delle persone affette da celiachia rispetto agli elevati standard di salvaguardia previsti dall'ordinamento italiano.
      Ad ogni buon modo il regolamento n.  609/2013 è stato approvato prevedendo l'abrogazione, nel 2016, del predetto regolamento n.  41/2009, ma nelle sue premesse è stata lasciata ampia memoria dei rilievi e delle richieste poste dal nostro Paese in vista del trattamento delle indicazioni contenute nello stesso regolamento n.  41/2009.
      Per memoria, si cita il contenuto del citato considerando: «Attualmente le norme sull'uso della dicitura “senza glutine” e “con contenuto di glutine molto basso” sono specificate nel regolamento (...). Detto regolamento armonizza le informazioni fornite ai consumatori sull'assenza o sulla presenza ridotta di glutine nei prodotti alimentari e fissa norme specifiche per gli alimenti espressamente prodotti, preparati e/o trasformati al fine di Pag. 18ridurre il tenore di glutine di uno o più ingredienti contenenti glutine o per sostituire tali ingredienti contenenti glutine e altri prodotti alimentari ottenuti esclusivamente da ingredienti che sono naturalmente privi di glutine».
      Il regolamento stabilisce norme sull'informazione da fornire per tutti i prodotti alimentari, inclusi gli alimenti pre-imballati, sulla presenza di ingredienti, quali gli ingredienti contenenti glutine, con effetti allergenici o di intolleranze scientificamente dimostrate, in modo da consentire ai consumatori, in particolare a quello che soffre di allergie o intolleranze alimentari, come le persone intolleranti al glutine, di effettuare scelte consapevoli per la loro sicurezza.
      Per motivi di chiarezza e coerenza, anche le norme sull'uso della dicitura «senza glutine» o «con contenuto di glutine molto basso» dovrebbero essere disciplinate a norma di regolamento. La Commissione dovrebbe inoltre valutare come garantire che le persone intolleranti al glutine siano adeguatamente informate della differenza fra un alimento espressamente prodotto, preparato e trasformato al fine di ridurre il tenore del glutine di uno o più ingredienti contenenti glutine e gli altri prodotti alimentari ottenuti esclusivamente da ingredienti naturalmente privi di glutine, ma purtroppo sull'etichettatura l'Unione europea è sempre particolarmente vaga, generica, lacunosa e molte volte anche di parte.
      Alla luce di quanto illustrato, i presentatori della presente mozione ritengono che, anche se gli intenti espressi nella premessa del nuovo regolamento siano quelli di mantenere le stesse condizioni garantite dal regolamento n.  41/2009 e una corretta informazione al consumatore, le garanzie per i celiaci circa il fatto che vi sarà un corretto trasferimento della norma in questione del regolamento restano comunque vaghe.
      In definitiva, considerate le incertezze che ancora vi sono sull'effettività del trasferimento in altro regolamento della norma applicabile alla dicitura «senza glutine» e «con contenuto di glutine molto basso», con la nostra mozione chiediamo al Governo di promuovere, in sede comunitaria e nell'ambito delle proprie competenze, tutte le iniziative necessarie a tutelare una categoria di cittadini vulnerabili, come i celiaci, dai rischi alla salute e di attivarsi con gli opportuni strumenti di partecipazione, di controllo e di vigilanza in ordine all'attuazione della normativa comunitaria, affinché sia concretamente effettuato il trasferimento delle indicazioni del regolamento n.  41/2009 all'interno del regolamento n.  1169/2011, ciò al fine di garantire il mantenimento delle tutele riconosciute, sino ad oggi, sui prodotti dietetici per celiaci.
      Inoltre, e anche al di fuori dei predetti impegni, con la mozione sollecitiamo il Governo a dedicare una specifica attenzione al tema della celiachia nel nostro Paese, soprattutto facendosi carico anche della necessità di rivedere i limiti massimi di spesa previsti dalla legge n.  123 del 2005, con l'erogazione gratuita di prodotti dieto-terapeutici senza glutine in favore dei soggetti affetti da celiachia e ciò sia per poter incrementare gli importi mensili, sia per poter allargare la platea, in progressivo aumento, delle persone celiache beneficiarie.
      Siamo sicuri che l'attività normativa solida e coerente del Parlamento potrà rafforzare la volontà del Governo di modificare quanto stabilito in sede europea mantenendo alta l'attenzione su tutta l'attività che la nostra legislazione accuratamente prevede e che andrebbero semmai potenziate l'informazione, l'educazione, la diagnosi precoce e l'informazione del personale che ogni giorno entra in contatto con persone affette da celiachia e le loro famiglie, ma anche di coloro, purtroppo in aumento, che sono celiaci e non sanno ancora di esserlo.
      Mi auguro che su una materia così delicata come questa non ci sarà spazio per battaglie ideologiche ma solo per affermare la politica del bene comune e sono convinto che il Governo sarà a completa disposizione del Parlamento per portare avanti una battaglia che è di civiltà ma anche di tutela della salute.

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      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Laffranco, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00159. Ne ha facoltà.

      PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, lo scorso gennaio, nel 2012, avemmo la forte soddisfazione di vedere quest'Aula discutere finalmente di un serio problema che colpisce molte centinaia di migliaia di nostri concittadini. Il Parlamento discusse alcune mozioni e le approvò con l'accordo del Governo perché, in quella fase, c'era da fare una grande battaglia in sede comunitaria contro alcune lobby che spingevano affinché sostanzialmente vi fosse una generalizzazione sulle etichette dei prodotti per celiaci.
      Ecco, penso che fosse doveroso da parte nostra – quindi sono soddisfatto – che la Conferenza dei presidenti dei gruppi abbia inteso, in un momento in cui vi sono tante questioni importanti sul tappeto, dedicare una sessione di questo Parlamento a discutere della questione celiachia e sono anche lieto che molte forze politiche abbiano inteso presentare una serie di atti per poter discutere delle risposte concrete che vanno date ai cittadini colpiti da celiachia.
      Tre sono le grandi questioni che noi abbiamo voluto porre con il nostro atto e di cui vogliamo discutere qui oggi e poi successivamente, mi auguro in sede di approvazione degli atti di indirizzo. La prima è una questione di carattere culturale, che già ci sforzammo di mettere in evidenza lo scorso gennaio, trovando anche ascolto nel Governo di allora e cioè che la celiachia è una malattia vera, innanzitutto, di cui non c’è ancora piena consapevolezza, che colpisce in forma ufficiale 135 mila italiani e italiane (questo è il dato della relazione al Parlamento sulla celiachia del Ministero della salute del 2011, ma si stima che siano oltre mezzo milione coloro che soffrono di questa questione), che l'unica terapia possibile per salvare la vita a coloro che ne sono colpiti è l'esclusione permanente dalla dieta degli alimenti contenenti glutine, e che è assolutamente fondamentale, come peraltro per tante altre malattie, la diagnosi precoce perché questa permette non solo la scomparsa dei sintomi delle malattie associate, ma anche la prevenzione dello sviluppo delle complicazioni che ne possono seguire. Tuttavia, l'esclusione del glutine dalla dieta è cosa tutt'altro che facile da realizzare – un conto è esporla, un conto poi è farla – perché, come è noto a chi conosce la questione, la produzione degli alimenti che non contengono quei cereali che hanno il glutine al loro interno e di cui necessitano i celiaci è piuttosto complicata e le aziende produttrici debbono monitorare, in maniera puntuale e costante, tutte le fasi del processo produttivo, gli ambienti di lavoro, le attrezzature e gli operatori, al fine di evitare anche la più piccola contaminazione. C’è, dunque, una questione di carattere culturale e di carattere informativo e, per esempio, ritengo che il Governo e le regioni potrebbero studiare anche dei percorsi formativi per il personale docente. Ritengo che si debba lavorare perché nelle mense pubbliche vi sia un autentico e concreto diritto al pasto senza glutine, non per un ovvio diritto di uguaglianza dei cittadini che sta scritto nella nostra Costituzione, ma perché, altrimenti, le conseguenze sarebbero assolutamente drammatiche. Ritengo che ci debba essere una maggiore vigilanza sui messaggi pubblicitari relativi a prodotti dietoterapeutici perché in questo caso non si tratta di fare una dieta più sana, ma si tratta di salvare delle vite.
      Ritengo che ci debba essere un'attenta vigilanza sulla questione dei prezzi. Qui mi si consentirà di dire che io non ritengo che il problema sia tanto quello relativo all'aumento del prezzo del buono che viene concesso a chi è affetto da celiachia, quanto la possibilità di spenderlo anche al di fuori delle farmacie. Infatti, come è noto a chi studia questo fenomeno, molto spesso le aziende produttrici hanno addirittura due linee di prodotto uguali, una linea per le farmacie con prezzi più alti e una linea per i supermercati con prezzi più bassi, perché nelle farmacie c’è il buono da spendere.Pag. 20
      Per il celiaco, però, non è assolutamente risolutivo del problema l'innalzamento del buono, ma ci deve essere la possibilità di spenderlo anche fuori dalle farmacie. Lo dice uno che reputa il servizio delle farmacie un servizio essenziale e che si è battuto in tante circostanze perché certi processi di liberalizzazione non fossero troppo spinti, ma il buono per celiaci deve poter essere speso anche al di fuori.
      C’è dunque tutto un processo di carattere culturale affinché della celiachia venga per davvero presa consapevolezza perché, se c’è mezzo milione di italiani che ne sono per davvero affetti, bisogna intervenire. C’è poi la seconda questione, quella della continua battaglia in sede comunitaria, di cui ho già sentito parlare i colleghi che sono intervenuti prima di me, che è stata per la verità già svolta egregiamente anche dai precedenti Governi e che ha portato, se così possiamo dire, ad una soluzione che oserei dire di compromesso. Tutta la battaglia relativa all'ultimo regolamento, per un verso, non ci ha soddisfatto, perché il testo finale non ha incluso gli alimenti destinati ai celiaci tra quelli definiti come essenziali per una categoria vulnerabile, ma ha specificato che i prodotti senza glutine di cui i celiaci hanno bisogno, oltre a risultare chiaramente identificabili – ne facemmo oggetto di un passaggio puntuale nelle mozioni che approvammo nello scorso gennaio – in etichetta debbano mantenere le medesime garanzie di sicurezza oggi previste dalla normativa vigente.
      Il Ministero della salute, nel dicembre 2011, eresse un muro contro il tentativo che veniva fatto in sede comunitaria per fare diversamente e questo Parlamento si pronunciò nel gennaio 2012. Oggi noi abbiamo assoluta necessità che vi sia una corretta attuazione di quel regolamento, che porti a norme chiare per gli alimenti di uso corrente, che informino in maniera corretta i consumatori circa la presenza o assenza di glutine, ma che detti anche precise disposizioni circa i prodotti destinati a quanti soffrono di intolleranza al glutine, i cosiddetti ex dietetici, con chiare indicazioni che ne garantiscano sicurezza e qualità.
      È per questo che la nostra mozione principalmente impegna il Governo a vigilare affinché l'inserimento dei prodotti senza glutine nel Food information to consumers, il regolamento n.  1169 delle 2011, assicuri pienamente i diritti dei celiaci. Infine, come ho accennato in precedenza, c’è il problema di carattere sanitario.
      Il problema sanitario è fondamentale perché, come dicevo in premessa, i celiaci si salvano, per un verso, se escludono dalla propria dieta in modo totale i prodotti con il glutine, ma per l'altro se di questa malattia viene fatta una diagnosi precoce. Allora uno degli impegni che io spero di sentire dal Governo – non so se oggi o quando le mozioni saranno, mi auguro, approvate – è quello a lavorare con la Conferenza delle regioni e con le regioni per il mantenimento dell'esenzione dal ticket per questo tipo di diagnosi, che è particolarmente costosa. Questo è un impegno fondamentale. Allora io penso da questo punto di vista che molto si possa ancora fare. È vero che l'Italia – mi pare lo dicesse forse la collega Vezzali prima – è tra i Paesi che hanno una più forte cultura su questo tema, anche perché è uno dei Paesi che ha il più forte consumo di cibi con glutine. Noi siamo tra i più grandi consumatori di pasta e di pizza, insomma di cose che sono tipicamente italiane, però noi non ci possiamo fermare.
      Quindi, dobbiamo lavorare su questi tre grandi fronti: il fronte culturale, perché vi sia ancora maggiore consapevolezza, sia in campo scientifico sia in campo sanitario, ma anche istituzionale, di questo problema, che colpisce mezzo milione di italiani; dobbiamo continuare la battaglia in sede comunitaria, la deve continuare il Governo, vigilando con grande attenzione, perché è noto che esistono interessi formidabili che tendono a sottovalutare questa questione, perché vi è da vendere di più (è noto che in Europa l'obiettivo sia difficilmente quello della tutela sociale o, Pag. 21almeno, troppo spesso viene messo in secondo piano); e poi vi è una politica sanitaria che Governo e regioni devono fare, e devono fare con attenzione.
      Concludo con questa nota più di carattere politico: leggevo e condividevo la soddisfazione perché, tra le tante cose che non vanno, la legge di stabilità in discussione non dovrebbe aver portato ai consueti tagli in maniera sanitaria. Ecco, io penso che, però, noi non ci possiamo limitare a guardare il pur importantissimo, soprattutto in materia sanitaria, problema della quantità delle risorse, ma dobbiamo anche vigilare e indirizzare queste risorse nella maniera giusta.
      Ecco perché facevo riferimento alla questione del buono: lì non si tratta, a nostro avviso, di incrementare l'entità del buono; si tratta di farlo spendere anche fuori dalle farmacie, perché questo aiuta i celiaci. Se poi vi sono risorse per incrementarlo, non saremo certo noi quelli che dicono di no, ma non mi pare che questo sia il tempo in cui ci si possa consentire ciò. E dobbiamo investire moltissimo nella prevenzione, perché, se investiamo nella prevenzione, non soltanto coltiviamo l'obiettivo primario di prevenire questa autentica malattia, così diffusa, ma riduciamo anche le spese, perché, come noto, quando si fa prevenzione, in termini di economia di scala si ottengono dei risultati estremamente preziosi.
      Concludo auspicando che questa stessa settimana il Parlamento possa terminare l'esame di questi nostri atti. Auspico, se possibile – da parte mia e del gruppo del PdL vi è disponibilità a trovare le forme –, che si possa approvare un unico o comunque il minor numero possibile di documenti che diano ai contenuti che vi sono compresi quella forza politico-parlamentare che possa indurre il Governo, che penso sia già assolutamente indirizzato in questo senso, a condurre sia la battaglia in sede comunitaria sia una politica sanitaria di sempre maggiore e puntuale attenzione nei confronti di questa malattia sociale, perché penso che questo sia uno degli indicatori che segnano il grado di civiltà di una nazione (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Nicchi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00215. Ne ha facoltà.

      MARISA NICCHI. Grazie signor Presidente, grazie sottosegretario Fadda e grazie alla discussione che stamattina il Parlamento ha aperto su un tema che ha un carattere sociale molto delicato. La celiachia è un'intolleranza permanente al glutine, una sostanza che è presente in molti cibi, cibi di largo consumo. In chi ne soffre, il consumo di questi cereali provoca – lo abbiamo già detto – gravi danni alla salute delle persone. Fortunatamente, negli ultimi anni, il numero delle diagnosi è aumentato, grazie ad una sempre maggiore attenzione sociale da parte dei medici di famiglia, ma anche dell'opinione pubblica.
      Vi è una consapevolezza maggiore. Tuttavia, il numero dei celiaci effettivamente diagnosticati nel 2011, che è intorno ai 135.800, è sottostimato. Sono ancora troppo pochi, infatti, rispetto al numero presumibile. Le stime di questa patologia parlano di circa 600 mila casi, una cifra che ricorreva nella discussione fatta finora.
      Si può dire che nel confronto dei dati del 2011 con quelli del 2010, risulterebbero oltre 13.000 nuove diagnosi, quindi la tendenza negli anni si conferma in forte e costante aumento, anche legata probabilmente alla consapevolezza maggiore, fortunatamente.
      Curare la celiachia significa escludere dal proprio regime alimentare alcuni degli alimenti più comuni, pane, pasta, biscotti, pizza, e anche eliminare ogni minima traccia di glutine dalla dieta. Cambia la vita. Cambia moltissimo la vita quotidiana. E siccome poi di questa malattia ne soffrono tanti bambini, ha un grandissimo risvolto sociale, umano anche; incide sulle abitudini, sulla dimensione sociale.
      Voglio ricordare: per capire il tipo di disagio, talvolta anche di sofferenza, immaginiamoci Pag. 22dei bambini celiaci che vanno alle feste con il proprio pacchettino, perché non possono mangiare, assaggiare e condividere con gli altri bambini liberamente i cibi che mangiano. E quindi è un tema delicato, molto delicato, che rende necessaria un'educazione alimentare di tutta la comunità, di tutta la società, non solo dei soggetti e delle famiglie che sono coinvolte; chiede delle garanzie mirate da parte delle aziende che commercializzano i prodotti contenenti glutine e anche una sensibilizzazione più coerente della catena della ristorazione, pubblica e privata. Pensiamo alle mense scolastiche, anch'esse luoghi di socializzazione.
      In Italia i prodotti da usare sono elencati nel Registro nazionale dei prodotti dietetici senza glutine e fino ad un tetto stabilito sono erogati gratuitamente. È una disposizione del Sistema sanitario nazionale italiano e noi, anche per questo, apprezziamo anche questo nostro sistema che vogliamo difendere nella qualità; è stato detto: un vanto, per questa apertura. E il tema ha quindi questa nostra particolare volontà di sostenere le parti positive, le disposizioni positive che nel Sistema sanitario nazionale sono state introdotte. E vogliamo, a partire da questo, affrontare con la nostra mozione due questioni particolarmente rilevanti: la prima è il tema dell'informazione e la seconda è il tema delle tutele sanitarie, della garanzia e anche dell'incremento delle tutele sanitarie. Sul primo punto: attualmente i prodotti senza glutine per i celiaci sono considerati prodotti dietetici e godono per questo di una specifica normativa che ne garantisce la sicurezza. Il recente regolamento (UE) del 2013, che prevede che dal 2016 non venga più applicata la normativa precedente, ha sostituito, quindi, il regolamento comunitario del 2009, in cui erano ben stabiliti i criteri per la composizione e l'etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine ed erano ben chiare le condizioni per poter indicare l'assenza di glutine in alimenti di uso corrente. Questo regolamento che ben stabiliva queste tutele non rimarrà più in vigore. Sarà superato da un nuovo regolamento che per noi è un passo indietro rispetto alla garanzie e alle tutele sul piano della salute dei celiaci. Infatti, bisogna sottolineare che proprio sul piano dell'informazione corretta, la distinzione tra persone sane e persone con problemi di salute, impone, anche sul piano dell'etichettatura, una differente disciplina. Infatti, se per le persone sane può valere la disciplina generica di tutela del consumatore in senso lato, per quelle con problemi di salute, quali sono i celiaci, occorre una disciplina specifica che per quanto riguarda appunto le persone che vivono dentro questa malattia, con questa malattia, è stata individuata proprio da quel regolamento che si vuole abrogare.
      E allora, per questo si prevede – e questo è stato un tema su cui noi abbiamo, mi sembra di cogliere, un'unità – la scomparsa delle etichette con la dicitura «prodotto dietetico». Questo è un passo indietro. È un intento di semplificazione, c’è sempre un motivo, o comunque si adduce un motivo per cui si prendono delle decisioni. L'intento, si dice, è quello di semplificare. Ma con questa semplificazione si indeboliscono le tutele della salute dei celiaci. Si rimuovono, infatti, si saltano, si cancellano quelle particolari, speciali protezioni che sono riservate a questa popolazione vulnerabile, che è garantita proprio da una normativa stringente su quelli che sono i requisiti nutrizionali specifici e sui relativi controlli.
      Il nuovo regolamento è, insomma, un passo indietro rispetto alla tutela oggi riconosciuta dal nostro Paese. E anche quel riferimento che viene introdotto a considerare la proposizione comunque di un intento a trasferire le norme sinora previste a tutela delle persone intolleranti al glutine rimane per noi ancora troppo vago.
      L'altro punto che la mozione affronta è quello relativo al fatto che, con la definizione dei prossimi nuovi livelli essenziali di assistenza, la celiachia, dall'elenco delle malattie rare, passa a quello delle patologie croniche. Allo stato attuale la patologia è infatti inserita nell'elenco delle Pag. 23malattie rare. Tra i diritti riconosciuti a quanti sono affetti da malattie rare si prevede l'esenzione – veniva citata dall'onorevole Laffranco – per il sospetto diagnostico e per il percorso di diagnosi dei parenti.
      È quindi necessario, sottosegretario, che nel prossimo passaggio da malattia rara a malattia cronica venga confermato nei LEA il diritto, a tutt'oggi riconosciuto, dell'esenzione per il sospetto diagnostico. Questo anche in considerazione del fatto che per accertare la celiachia occorrono ancora oggi sei anni di percorso diagnostico, senza dimenticare che ad oggi chi soffre di celiachia ha diritto a prodotti senza glutine, indispensabili per la sua dieta, in modo gratuito fino al raggiungimento di un tetto di spesa mensile. Ma l'acquisto di prodotti per celiaci – anche questo tema veniva ricordato – si può fare solo nelle farmacie o solo nei negozi convenzionati nel territorio dell'ASL di residenza e, nel migliore dei casi, solo nella provincia o nella regione di appartenenza. Questo limite va superato, bisogna mettere in condizioni il celiaco di poter acquistare gratuitamente i prodotti al di fuori dei canali convenzionati delle farmacie e in tutto il territorio, a seconda delle proprie necessità di movimento.
      Insomma, con questa mozione, che raccoglie anche – mi sembra di cogliere – uno spirito e una preoccupazione unitaria, noi vogliamo sollevare un tema rilevante sul piano sociale, diffuso, a sostegno di una tutela della salute, del benessere dei nostri cittadini e delle nostre cittadine.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rondini, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00219. Ne ha facoltà.

      MARCO RONDINI. Signor Presidente, la celiachia è un'intolleranza permanente alla gliadina contenuta nel glutine, un insieme di proteine a loro volta contenute nel frumento, nell'orzo, nella segale, nel farro e in altri cereali minori.
      La celiachia rende tossici – nei soggetti affetti o predisposti – tutti gli alimenti derivati dai suddetti cereali o contenenti glutine in seguito a contaminazione, è una patologia autoimmune sempre più diffusa tra la popolazione e che si manifesta in età sempre più giovane. È la cosiddetta intolleranza al glutine, una sostanza che si forma dall'unione di due proteine per mezzo dell'acqua.
      La malattia celiaca non ha una trasmissione genetica mendeliana, ma è presente un certo grado di predisposizione nei parenti degli affetti. L'intolleranza al glutine genera gravi danni alla mucosa intestinale quali l'atrofia dei villi intestinali. Nel celiaco ingerire glutine attiva in maniera anomala il sistema immunitario, che risponde rifiutando il glutine e danneggiando quindi l'intestino.
      La celiachia non è causata esclusivamente dal glutine, ossia dal fattore ambientale, ma anche da alcuni fattori genetici. La celiachia è infatti una delle malattie genetiche più frequenti.
      Il Parlamento europeo ha approvato, nel mese di giugno 2013, un regolamento che di fatto «declassa» i celiaci dai gruppi di consumatori le cui esigenze nutrizionali vanno particolarmente tutelate; come hanno ricordato anche i colleghi che mi hanno preceduto, è un passo indietro rispetto alle tutele oggi previste, frutto, questo nuovo regolamento, di un modo di normare che non riconosce la realtà, poco attento alle legittime istanze ed esigenze di chi ha bisogno di determinate garanzie.
      Il dibattito che ha impegnato per 20 mesi il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea e la Commissione, è stato in larga misura dedicato alla scelta di includere o meno gli alimenti senza glutine (oggi compresi tra i «dietetici») in questo nuovo regolamento. Alla fine di un lungo confronto, i tre organi di governo europei hanno raggiunto un compromesso, votato a larga maggioranza dall'assemblea di Strasburgo: le persone affette da celiachia non sono comprese tra quelle considerate categoria «vulnerabile» dall'Unione europea – e questo è un problema –, ma i prodotti senza glutine di cui hanno bisogno, oltre a risultare chiaramente identificabili in etichetta, dovranno comunque Pag. 24mantenere le stesse garanzie di sicurezza oggi previste dalle normative vigenti.
      Il regolamento punta a semplificare la materia con la cancellazione delle norme riguardanti i prodotti considerati «dietetici», rivolgendo il proprio campo di applicazione ai prodotti giudicati «essenziali» per categorie «vulnerabili» della popolazione per tutelarne la salute.
      Trasferire la tutela dei consumatori celiaci, portatori di una specifica patologia, a un regolamento generale che interessa la generalità dei prodotti alimentari destinati al comune consumatore, è assolutamente inappropriato e inaccettabile.
      La disposizione approvata va ad impattare sui prodotti destinati ad alcune categorie vulnerabili della popolazione, che comprendono i lattanti, i bambini nella prima infanzia, chi ha bisogno di alimenti per i cosiddetti «fini medici speciali» e perfino chi deve perdere peso, ma non i celiaci.
      L'Associazione italiana celiachia (AIC) con forza ricorda che la celiachia non è una «moda» alimentare, i 135.000 pazienti italiani diagnosticati – tra l'altro sottostimati – devono necessariamente sottoporsi a diete prive di glutine come unica terapia alla loro patologia autoimmune.
      Quindi noi chiediamo al Governo: di tutelare i celiaci e le loro famiglie, attraverso lo stretto monitoraggio della definizione degli atti delegati e di esecuzione successivi all'approvazione del regolamento n.  609/2013, che, come noto, esclude gli alimenti senza glutine dalle categorie di prodotti ritenuti essenziali per categorie vulnerabili della popolazione, tra cui, quindi, non annovera i celiaci; ad assicurare il mantenimento delle garanzie di sicurezza degli alimenti destinati ai celiaci, secondo quanto oggi previsto dal decreto n.  111 del 1992 e dal regolamento n.  41/2009, che verranno abrogati a decorrere dal 20 luglio 2016 per effetto dell'applicazione del regolamento n.  609/2013, che abrogherà il concetto di «prodotto dietetico», di cui alla direttiva quadro 2009/39/CE, anch'essa superata dal regolamento n.  609/2013; a garantire, per quanto di competenza, che la normativa italiana, da sempre all'avanguardia per i diritti e le tutele dei celiaci, mantenga pari garanzia per la sicurezza del prodotto specificamente rivolto ai celiaci, per la produzione, notifica delle etichette e piano di campionamento di controllo e mantenga anche il Registro nazionale degli alimenti, quale unica fonte per l'erogazione gratuita, anche con l'attuazione della revisione del Registro già discussa ai tavoli tecnici del Ministero; a garantire il mantenimento delle tutele oggi riconosciute ai celiaci, secondo quanto previsto dalla legge n.  123 del 2005 agli articoli 4 e 5; a garantire i tetti di spesa del decreto del Ministro della sanità dell'8 giugno 2001 (cosiddetto decreto Veronesi) e l'applicazione del principio del fabbisogno calorico sulla base dei recenti livelli di assunzione giornalieri di nutrienti della Società italiana di nutrizione umana; a farsi carico dell'annoso problema della circolarità dei prodotti in erogazione, oggi disponibili per il paziente nella sola regione di residenza, costringendo i celiaci che si spostano per studio o lavoro per brevi periodi a portare con sé gli alimenti per il fabbisogno quotidiano; a tener presenti, in attesa dell'approvazione dei LEA (dal 2008 è previsto il passaggio della celiachia dall'elenco delle malattie rare alle croniche), i rischi per la perdita dell'importante tutela della diagnosi che il regolamento delle malattie rare prevede, con esenzione dal ticket, per una malattia il cui esame precoce richiede ancora, mediamente, sei anni di tempo e indagini (dati della relazione annuale al Parlamento); a promuovere, altresì, la diagnosi precoce, che riduce i costi sanitari inutili, i costi sociali e l'esposizione dei sospetti celiaci alle complicanze del ritardato ricorso alla dieta, che dovrà essere perseguita con adeguate politiche ritenute dalla comunità scientifica più efficaci dello screening di massa; a promuovere, altresì, la revisione e un aggiornamento del protocollo di diagnosi, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 febbraio 2008, per il trattamento della celiachia e la sua diffusione.

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      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cecconi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00222. Ne ha facoltà.

      ANDREA CECCONI. Signor Presidente, sottosegretario, mi rivolgo oggi all'Aula perché ci si possa soffermare su una patologia che investe sempre più persone e che non può essere sottovalutata, la celiachia. Con questo nome si individua la enteropatia da glutine, una malattia immunomediata scatenata dall'ingestione di glutine da parte di soggetti con una predisposizione genetica. Il conseguente processo infiammatorio porta lesioni dell'intestino tenue responsabili di fenomeni anche gravi di malassorbimento. Il glutine è un complesso proteico che si trova in alcuni cereali di uso comune quali il frumento, il farro, la segale e l'orzo. Una delle frazioni proteiche che lo costituiscono è la prolamina, che è la diretta responsabile della reazione immune dei soggetti affetti da celiachia.
      L'intolleranza al glutine provoca gravi danni alla mucosa intestinale consistenti nell'atrofia dei villi intestinali, con potenziali conseguenze disastrose sull'equilibrio nutritivo del celiaco. L'unica terapia plausibile e possibile ad oggi è il mantenimento di una dieta che viene definita agglutinata, ossia un'astensione rigorosa e perpetua dall'ingestione di glutine. La legge n.  123 del 2005 ha riconosciuto la celiachia come una malattia sociale, in quanto coloro che ne sono affetti devono escludere completamente gli alimenti che contengono glutine nella loro dieta, con conseguente ricorso all'acquisto di prodotti speciali e particolarmente costosi. Il rigoroso mantenimento di una dieta agglutinata, unita ad una diagnosi precoce, consente però ai celiaci di condurre una vita sana, riducendo la maggior parte delle dannose conseguenze che la malattia potrebbe avere sulla loro salute.
      Con decreto del 1992 sono state fissate in Italia le procedure di produzione, verifica ed etichettatura dei prodotti alimentari privi di glutine, che sono stati poi inseriti nel 2001 nel Registro nazionale degli alimenti voluto da Sandro Veronesi e gestito dal Ministero della salute. I prodotti alimentari privi di glutine hanno dei costi altissimi. Si pensi che mezzo chilo di farina arriva a costare ben 6 euro. Pertanto, dal 1982 viene riconosciuta ai celiaci l'erogazione gratuita di prodotti essenziali per la loro alimentazione. Con legge del 2005 è stata ribadita la necessità di sostenere economicamente le spese alimentari dei celiaci da parte del Sistema sanitario nazionale, rimandando però al Ministero l'onere di individuare dei massimali di spesa pro capite. Già a questo punto della vicenda vanno evidenziate delle criticità, dato che i livelli di erogazione pubblica in favore dei celiaci sono stati fissati con decreto del 2006 in misura identica a quelli fissati con decreto Veronesi del 2001, non considerando che i prezzi dei prodotti per celiaci avevano subito nel frattempo un aumento del 17 per cento.
      Allo stato attuale, purtroppo, nonostante una teorica previsione normativa che pone gli alimenti per celiaci a carico del Servizio sanitario nazionale, si è di fronte a prodotti dai prezzi altissimi e ad un contributo del sistema sanitario del tutto insufficiente.
      Il 29 giugno di quest'anno poi è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea il regolamento n.  609 del 2013 che entrerà in vigore nel luglio 2016.
      Tale regolamento andrà ad incidere sulle regole di produzione degli alimenti per celiaci, e il rischio è che venga messa in pericolo la salute di questi soggetti. Lo stesso, infatti, prevede l'abolizione della dicitura «prodotto dietetico» dall'etichettatura dei prodotti e l'eliminazione di tutta la normativa specificatamente formulata a tutela della produzione in sicurezza degli elementi per celiaci, rimandando al Food information to consumers (FIC) del 2011 per l'informazione al consumatore.
      Vi è l'altissimo rischio che si riduca la sicurezza con cui sono prodotti gli alimenti senza glutine e che non vi sia un'adeguata informazione in merito per i malati di celiachia. L'entrata in vigore della normativa europea senza opportuni correttivi potrà provocare danni alla salute Pag. 26di soggetti che lo Stato ha da tempo riconosciuto come bisognosi di tutela speciale.
      Ciò perché con l'entrata in vigore del regolamento, il decreto legislativo n.  111 del 1992 sarà abrogato automaticamente e verranno meno le procedure di produzione degli alimenti senza glutine, lasciando ai produttori maggiore autonomia circa la modalità di assicurare quanto affermato sull'etichetta, e la prevedibile assunzione di procedure meno scrupolose ma più convenienti sul piano economico. Ciò soprattutto perché i prodotti per celiaci non sono stati inseriti nel FIC, e ciò non può che considerarsi gravissimo specie alla luce delle conseguenze patologiche che una dieta poco scrupolosa può avere su un soggetto affetto da celiachia.
      A tal proposito l'associazione dei malati di celiachia ha portato alla luce la necessità che si giunga ad un'attuazione del regolamento tale per cui vi siano chiare norme di etichettatura e che si distinguano le regole per la produzione di prodotti specifici per celiaci da quelle della produzione di prodotti senza glutine da destinarsi alla totalità del mercato. E infatti è indispensabile che i primi siano garantiti come assolutamente privi di glutine da procedure ed etichettature scrupolose.
      Ci rivolgiamo pertanto oggi al Governo affinché si impegni al fine di coinvolgere l'associazione dei malati di celiachia nella redazione del provvedimento attuativo del regolamento n.  609 del 2013, così che possa essere garantita appieno la rispondenza della normativa alle loro delicate esigenze alimentari.
      Inoltre, visti i dati di diffusione della celiachia è indispensabile porre in essere una campagna di sensibilizzazione della popolazione nei confronti di questa malattia, specie per quanto attiene alla necessità di diagnostica precoce.
      Stime autorevoli, signor Presidente, ipotizzano che in Italia, a fronte di quasi 136 mila malati accertati, vi sia un numero quattro volte superiore di malati inconsapevoli. L'ultimo studio al riguardo parla di un aumento annuale di casi accertati del 20 per cento. Purtroppo però la relazione sulla celiachia del 2011 stima in sei anni il tempo per giungere ad una definitiva diagnosi della malattia: tempi che potrebbero essere sensibilmente ridotti da una campagna informativa efficace e da un'adeguata politica di case-finding.
      Raggiungere una diagnosi precoce è senza dubbio prezioso per evitare le peggiori conseguenze della malattia. Inoltre la stessa relazione del 2011 ha evidenziato lo stato di attuazione della legge n.  123 del 2005 in merito alle mense che garantiscono la reperibilità degli alimenti specifici per celiaci nelle strutture sanitarie e scolastiche della pubblica amministrazione.
      A fronte di un progressivo aumento delle strutture nel complesso si registra però una preoccupante diminuzione del 20 per cento delle mense della pubblica amministrazione, e ciò non può essere tollerato.
      Pertanto, signor Presidente, lo scopo della mozione che presentiamo oggi è quello di impegnare il Governo su più fronti al fine di garantire tutela opportuna alle persone affette da celiachia. Si chiede in primis un fattivo impegno affinché nelle sedi comunitarie si riconosca l'opportuna tutela ai malati di celiachia che sino ad ora lo Stato italiano ha garantito in quanto indispensabile, con particolare riferimento alla regolamentazione di produzione e di etichettatura dei prodotti specifici per celiaci. In tal senso riteniamo opportuno il coinvolgimento dell'associazione dei malati e delle personalità scientifiche esperte sulla materia.
      Riteniamo, inoltre, indispensabile l'inserimento dei prodotti per celiaci nel Food information to consumers, perché i diritti dei loro consumatori siano pienamente tutelati a livello europeo. Chiediamo, poi, al Governo che si pongano in essere delle campagne di sensibilizzazione volte al conseguimento di diagnosi sempre più precoci, indispensabili per un ottimale decorso della malattia, che abbia minore impatto possibile sulla salute del malato.
      Vi è, poi, Presidente, un terzo ordine di interventi, per il quale si chiede oggi un impegno al Governo, e riguarda la semplificazione della vita dei pazienti celiaci Pag. 27attraverso una maggiore attenzione. Chiediamo di garantire, ove di competenza nazionale, un opportuno servizio da parte delle mense pubbliche, specie alla luce delle risultanze della relazione del 2011. Urge, inoltre, la modifica delle condizioni di circolazione dei prodotti in erogazione ai soggetti celiaci, poiché riteniamo che non sia concepibile confinare all'ambito regionale la loro disponibilità, specie alla luce della grande libertà di circolazione delle persone di cui è intrisa la società moderna. Ancorare i soggetti celiaci alla regione di appartenenza per poter usufruire dell'erogazione di prodotti senza glutine è miope e discriminatorio, in un mondo ad alto tasso di circolazione delle persone come quello in cui viviamo.
      Aggiungo e concludo che io credo che non ci sia spazio rispetto a tutte le mozioni presentate per fare una battaglia politica e di bandiera, perché, come spesso accade, anzi, come sempre accade quando si parla di salute dei cittadini, le idee politiche vengono messe da parte e si cerca maggiormente la tutela del cittadino. Vorrei aggiungere che, nonostante anche questa volta ce lo chieda l'Europa, si possono, comunque, attuare i dovuti correttivi a un regolamento sul quale lo Stato italiano si è battuto tanto in sede europea e che, così com’è uscito dal Parlamento europeo, trova un'applicazione parziale, deve trovare un'applicazione parziale sullo Stato italiano. Mi aspetto dal Governo e anche da tutti gli altri colleghi in questo consesso una collaborazione, affinché la tutela dei cittadini venga rispettata.

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà, per tre minuti.

      PAOLA BINETTI. Signor Presidente, signor rappresentate del Governo, colleghi presenti in Aula, abbiamo sentito cose totalmente condivisibili nel dibattito di questa mattina; abbiamo anche, però, potuto capire come una parte del dibattito si centri su un elemento importante, che è la possibilità di fare una diagnosi precoce che permetta a chi soffre di celiachia e che, come abbiamo sentito, molto spesso, non sa di soffrirne, di evitare quelle che possano essere le conseguenze secondarie legate alla celiachia. Teniamo presente che, soprattutto per i bambini, la celiachia può comportare una serie di disturbi che interessano il processo della crescita, dello sviluppo delle capacità e che, comunque, possono indurre una sofferenza grave di tutto quello che è il sistema e l'apparato gastrointestinale, il sistema renale e tutta una serie di alterazioni che rendono più difficile la vita di questi bambini.
      C’è una proposta di legge a mia prima firma presentata, signor Presidente, esattamente il primo giorno di apertura di quest'Aula, il 15 marzo di quest'anno: in questa proposta di legge c’è proprio un riferimento a un screening precoce messo a punto secondo una metodica dell'Istituto di pediatria dell'Università «La Sapienza», che è tutt'altro che invasiva: è una metodica molto semplice, che si fa sulla saliva dei bambini. È stata già sperimentata su 5 mila bambini del comune di Roma e ha dato risultati positivi nella possibilità di evidenziare in termini di sensibilità e specificità una malattia che, altrimenti, sarebbe stata ignorata, oppure che avrebbe dato i suoi segni successivamente.
      Quello che io vorrei è che, al di là di questa mozione, che sarà importante, che impegna il Governo, ma parla soprattutto all'Europa e parla soprattutto alla difesa di quella che è una cultura, una tradizione, la tutela del diritto alla salute, che da sempre il Governo italiano fa, anche a livello europeo, vorrei che a livello italiano, per quello che riguarda il nostro territorio, davvero si lavorasse non tanto sulla prevenzione, per lo meno, non sulla prevenzione primaria – perché non è possibile intervenire sulla prevenzione primaria –, ma sulla prevenzione secondaria, attraverso un test, che potrebbe davvero avere un carattere inizialmente sperimentale in tanti luoghi, d'accordo con la Conferenza Stato-regioni, ma che possa permettere una presa di posizione molto chiara e molto netta nel momento stesso in cui i bambini cominciano l'esperienza scolastica, laddove diventa davvero anche Pag. 28più difficile garantire questa totale sicurezza dalla non assunzione del glutine in tutte le sue forme.
      Detto questo, credo che per noi sia importante capire come una legge, la n.  123 del 2005, definisce il morbo celiaco una malattia sociale, e quindi, in quanto tale, offre una serie di garanzie anche dal punto di vista dell'assunzione gratuita dei farmaci. Infatti, non ci sono farmaci che possono curare la celiachia; l'unico farmaco è la precauzione dietetica, quindi l'assunzione di alimenti privi di glutine. Credo che accanto a questo, per quello che accadrà l'anno prossimo, credo nel 2015, dall'entrata in vigore della legge comunitaria che abbiamo approvato quest'anno, noi ci troveremo davvero in difficoltà davanti ai celiaci.
      È stato detto che il morbo celiaco non è una moda alimentare, però sappiamo anche che i cibi per i celiaci costano tre volte tanto rispetto a quelli assunti dalle persone che non ne sono affetti, e quindi è fondamentale distinguere con grande chiarezza i soggetti che ne sono affetti da coloro che non ne sono affetti, ed è di giustizia che questa distinzione venga fatta il più precocemente possibile.
      Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

      PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
      Il rappresentante del Governo ha fatto sapere che intende intervenire in sede di espressione dei pareri sulle mozioni.
      Quindi, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con la discussione del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2013, n.  104 recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca.

      La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 17.

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Carrozza e Gianluca Pini sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
      Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2013, n.  104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca (A.C. 1574-A).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, n.  1574-A: Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2013, n.  104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca.
      Dovrei dichiarare aperta la discussione sulle linee generali ma, ahimè, dobbiamo constatare che il Governo non è presente e quindi auspicando che la presenza si manifesti il prima possibile, atteso che peraltro avevamo una convocazione alle 15 che poi abbiamo rimandato alle 17, sono costretto a sospendere la seduta che riprenderà non appena il Governo sarà presente.
      La seduta è sospesa.

      La seduta, sospesa alle 17,05, è ripresa alle 17,10.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1574-A)

      PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Scelta Civica per l'Italia ne ha chiesto l'ampliamento.Pag. 29
      Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza, onorevole Ghizzoni.

      MANUELA GHIZZONI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Ministro, finalmente un provvedimento che si occupa specificamente di scuola, università e ricerca è stato esaminato nella sua sede naturale, cioè in Commissione cultura. Si è percepito un senso di stupore, ebbene sì, è così, perché in effetti da anni, forse da troppi anni, misure destinate ad incidere sul sistema pubblico di conoscenza, spesso con approcci peraltro settoriali e scoordinati, sono state approvate in leggi omnibus, in decreti omnibus, con il principale obiettivo di ridurre il bilancio a disposizione del Ministero.
      L'esito – è stato ricordato anche recentemente nel rapporto Giarda, dell'allora Ministro Giarda, del 2012 nel quale si legge: la spesa del MIUR è ridotta nell'ultimo triennio – si faceva riferimento al 2009-2011 – di ben 3,5 miliardi, di cui 2,2 nella scuola e quasi 1 nell'università e, per gli ultimi due decenni, rilevava una forte caduta della quota della spesa pubblica per l'istruzione, dal 23,1 per cento al 17,7 per cento del totale, con una corrispondente caduta della quota sul PIL.
      Scusi Presidente, cerco di mettere un po’ meglio questo microfono perché vuole sfuggire...

      PRESIDENTE. Se vuole può anche cambiare microfono, onorevole Ghizzoni, è autorizzata.

      MANUELA GHIZZONI, Relatore per la maggioranza. In effetti questa era l'alternativa, ma dovrei far scomodare il presidente eccetera. No così dovrebbe stare.
      L'istruzione è stato, insieme a quello dell'ordine pubblico e della sicurezza, l'unico settore della spesa pubblica in contrazione, calando di ben 5,4 per cento, in netta controtendenza con le scelte attuate invece da altri Paesi europei o dell'OCSE, in periodi di crisi. È dunque ipocrita – io credo – interrogarsi sulle performance deludenti nelle analisi internazionali del nostro sistema formativo. Sappiamo bene che la spesa pubblica non è necessariamente sinonimo di qualità e sviluppo, ma certamente non lo sono nemmeno i tagli lineari che si abbattono anche sui comportamenti virtuosi e sulle buone prassi senza certezza di efficacia sugli sprechi.
      Va dato quindi atto al Governo Letta di avere emanato misure urgenti per far intraprendere al nostro Paese una politica di investimenti in favore del sistema pubblico della conoscenza. Un investimento – uso non a caso questa parola – costituito sia da idee, iniziative – ad esempio per il welfare studentesco, per le politiche professionali e per l'ambito educativo, didattico e organizzativo – sulla scorta di quelle idee che da tempo vengono dibattute in seno alla Commissione cultura, sia da risorse finanziarie aggiuntive, risorse che assommano a 315 milioni per il 2014 e a oltre 390 milioni annui dal 2015 in poi. Tema, quello delle coperture, sul quale la Commissione ha molto dibattuto senza trovare, al momento, una sintesi con il Governo; ma ho fiducia che il lavoro, al quale non ci sottrarremo nelle ore che ci separano da qui al dibattito in Aula, possa raggiungere un esito favorevole e il più ampiamente condiviso. Abbiamo lavorato in questi giorni per raggiungere questo risultato, ancora non ci siamo riusciti, ma personalmente sono fiduciosa.
      Ora, comunque, mi preme sottolineare che lo sforzo finanziario e di idee concretato nel decreto varato dal Governo non è sfuggito ai tanti e diversi soggetti ascoltati in audizione. Sebbene essi non si siano giustamente sottratti a segnalare le criticità contenute nel testo – molte delle quali però noi abbiamo assunto in emendamenti poi approvati in Commissione – hanno comunque riconosciuto e apprezzato un'inversione di tendenza fatta di risorse e proposte nuove sulle quali mi soffermerò.
      Signor Presidente, dati gli accordi intercorsi tra i gruppi parlamentari sulla necessità di ridurre i tempi dei nostri interventi, mi permetta e chiedo già adesso di allegare in calce alla pubblicazione Pag. 30dello stenografico l'intero mio intervento, così che io in Aula possa esporre soltanto la parte di premessa, che vuole raccontare e raccogliere i tratti salienti e più importanti del provvedimento, soprattutto alla luce delle modifiche apportate durante l'esame in Commissione.
      Vi sono stati emendamenti approvati come conseguenza del lavoro meticoloso svolto dalla Commissione, avvenuto a seguito di un lavoro fatto con grande passione e con grande determinazione da parte di tutti i gruppi che qui voglio ringraziare, come voglio ringraziare – mi permetta di farlo, Presidente – anche l'onorevole Galan, presidente della Commissione, per la fiducia che ha voluto accordarmi affidandomi in sua vece il ruolo di relatrice del provvedimento.
      Il decreto prevede come primo nucleo di disposizioni quelle relative al welfare degli studenti, con l'incremento di 15 milioni per le spese di trasporto degli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado e di 3 milioni per l'assegnazione di premi di merito artistico per gli studenti dell'alta formazione artistica e musicale.
      Si potenzia altresì l'offerta formativa con ulteriori 3 milioni di finanziamento, che permetteranno alle scuole di costituire ed aggiornare laboratori tecnico-scientifici che utilizzino materiali innovativi, ed ancora, sempre alle scuole, ma anche alle università ed alle accademie, consentiranno di avviare progetti didattici in collaborazione con musei e istituzioni culturali e scientifiche.
      Ancora, si interviene per contenere il costo dei libri di testo, sia modificando le regole per l'adozione dei medesimi, sia mediante agevolazioni alle famiglie in difficoltà; per quanto riguarda le regole, si afferma la possibilità, in loco di quella che prima era un'obbligatorietà, dell'adozione dei libri di testo, stabilendo il principio che le risorse possano essere destinate all'utilizzo di materiali alternativi anche autoprodotti dalle scuole, mentre per l'acquisto di libri da dare in comodato alle famiglie in difficoltà si stanziano oltre due milioni e mezzo nel 2013, cioè a far data dall'anno scolastico in corso, e cinque milioni e mezzo nel 2014.
      Il tema della dispersione scolastica viene affrontato proponendo un programma di didattica integrativa anche attraverso il prolungamento dell'orario scolastico, soprattutto nelle zone di maggior evasione dell'obbligo, volto al rafforzamento delle competenze di base e rivolto a tutti gli ordini di scuola.
      Già dall'anno scolastico in corso, le scuole potranno potenziare le attività di orientamento. Il provvedimento, infatti, inizialmente rivolto all'ultimo biennio della scuola secondaria superiore, è stato esteso anche all'ultimo anno della secondaria inferiore, cioè le scuole medie – perché così ci capisce chi ci sta seguendo da casa – questo perché abbiamo ritenuto che questi due momenti (l'iscrizione alle scuole medie e l'iscrizione alle scuole superiori) siano momenti cruciali in cui gli studenti effettuano una scelta determinante per il loro futuro formativo.
      Con le disposizioni che io adesso ho sinteticamente enunciato, si affrontano quindi i problemi più urgenti per offrire un concreto aiuto agli studenti ed alle famiglie, affinché a tutti vengano date reali opportunità per acquisire quelle competenze necessarie ad esplicare le proprie potenzialità individuali e a divenire cittadini consapevoli, favorendo al contempo il difficile compito delle scuole che tutti giorni, in trincea, combattono contro la dispersione e l'abbandono.
      Voglio qui anche accennare ad un'altra norma importantissima, dedicata all'edilizia scolastica, alla quale non credo sia stata data, soprattutto dai media, la giusta rilevanza perché in effetti, con quanto prevede l'articolo 10, cioè con la disponibilità da parte dello Stato di accendere dei mutui che avranno una durata trentennale a carico intero dello Stato, con un costo di 40 milioni l'anno, si potrà generare un flusso di risorse in favore degli enti proprietari delle scuole attraverso le regioni, che avranno il compito di coordinare la scelta degli interventi di almeno – possiamo dire così – 850 milioni di euro, Pag. 31senza che questo gravi sulle casse di enti locali, quindi di province e comuni proprietari degli edifici. Credo che questo sia un intervento straordinario anche perché queste risorse sono escluse dal Patto di stabilità, come stiamo chiedendo da molti anni, e mi fa piacere poterlo dire che in quest'Aula, ma credo che ci saranno colleghi che lo riprenderanno, perché l'edilizia scolastica è un tema caro alla Commissione, la quale sta dedicando a questo tema molta attenzione.
      Vengo alle norme dedicate al personale scolastico.
      Troppo a lungo si è pensato che per recuperare in qualità sarebbe stato necessario stornare risorse dal capitolo dei costi del personale nel bilancio del MIUR; troppo a lungo si è parlato della scuola come grande bacino occupazionale di dipendenti statali, trascurando che a loro è affidato il delicato compito di formare, educare, sostenere la libera espressione del pensiero e la crescita personale.
      Ecco, anche in tal senso occorre cambiare passo e pensare al lavoro dei docenti e del personale della scuola come ad una risorsa da coinvolgere e da valorizzare. Nelle linee programmatiche presentate ai parlamentari dal Ministro Carrozza questo tema assume una nuova centralità, diventa leva di crescita degli standard qualitativi e non più costo da comprimere. Al contempo in esse si coglie la volontà di innovare ogni ambito della professione docente: dal reclutamento alla formazione in servizio, dall'esercizio della professione a nuove modalità di organizzazione del lavoro. In coerenza con quanto delineato, il decreto affronta quindi alcune emergenze che attengono al personale della scuola, quale quella del reclutamento dei dirigenti scolastici, i cui ultimi travagliatissimi iter concorsuali hanno prodotto incertezze e rallentamenti nella stessa conduzione delle istituzioni scolastiche. Inoltre, grazie al lavoro attento e tenace della Commissione sulla dolorosa, spinosa, tormentata e annosa questione del personale inidoneo all'esercizio della funzione docente, si è giunti a stabilire un principio: la prevalenza della tutela della salute e della dignità professionale sul fattore di contenimento della spesa. Ma si affronta anche un nodo strutturale e cruciale come quello di garantire stabilità agli organici: il piano triennale disposto dal decreto-legge consentirà di assumere personale scolastico a tempo indeterminato su posti in organico di diritto. È poi particolarmente positivo che il decreto-legge preveda l'immissione in ruolo di 26 mila docenti specializzati sul sostegno, ambito nel quale si era duramente abbattuta la precedente scure dei tagli. Questa misura, infatti, dispone il graduale ripristino degli organici del sostegno esistenti al 2008. Come pure significativa è l'attenzione al bisogno di formazione in servizio dei docenti, soprattutto finalizzato a sostenere, in particolare, il difficile lavoro dei docenti impegnati – così come è risultato il nuovo testo dopo il lavoro in Commissione – in aree con forti criticità, espresse, ad esempio da alti tassi di abbandono scolastico, da alte concentrazioni di alunni con bisogni educativi speciali o da una elevata presenza di alunni migranti. Vengo ora alle principali misure del capo 3, quelle relative all'AFAM, cioè all'Alta formazione artistica e musicale, alla ricerca e al diritto allo studio. Da registrare positivamente il fatto che con questo decreto-legge il Governo Letta interrompe la lunga e colpevole disattenzione della politica nei confronti dell'alta formazione artistica e musicale. Infatti, grazie alle norme contenute nel decreto-legge e alle modifiche introdotte dalla Commissione trovano risposta positiva alcune delle attese dei docenti precari che da anni operano nelle istituzioni e si dà finalmente un concreto segnale di attenzione, atteso dal 2007, agli istituti superiori di studi musicali ex pareggiati e alle accademie storiche non statali, per i quali è messo a disposizione un fondo per far fronte alle gravi difficoltà finanziarie in cui versano tali istituti. La Commissione è intervenuta anche sulla questione di maggiore risonanza sui media: l'abolizione del bonus maturità per l'accesso ai corsi di laurea con numero programmato. La modifica, approvata all'unanimità grazie ad una proficua interlocuzione Pag. 32con il Governo salvaguarda, da un lato, i diritti di tutti gli studenti che già frequentano i corsi di laurea per aver ottenuto un esito positivo ai test, ma, con un intervento di sanatoria valido solo per l'anno accademico 2013-2014, consente altresì l'immatricolazione in soprannumero a quegli studenti che sarebbero stati ammessi, in base ai risultati conseguiti al test, se il bonus non fosse stato abrogato negli stessi giorni in cui si tenevano le prove di ammissione. Quel che è comunque certa è l'urgenza di una riflessione meno estemporanea sull'accesso programmato ai corsi di laurea e sulle modalità di ammissione, riflessione che non può che essere collegata a scelte strategiche di fondo sul diritto all'istruzione, sulla flessibilità della formazione post-secondaria, sul legame formazione-lavoro.
      Passando al tema ricerca, mi soffermo sulle disposizioni relative al personale precario. Esprimiamo apprezzamento per l'assunzione in cinque anni di 200 ricercatori precari e la proroga degli attuali contratti a tempo determinato in favore dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che soffre di un'endemica precarietà del personale. Ma l'apprezzamento è mitigato dal limitato raggio d'azione della norma che non ha permesso di raccogliere le istanze degli altri enti di ricerca, che pur conoscono estesi fenomeni di precarietà del personale.

      PRESIDENTE. Onorevole Ghizzoni, la prego di concludere.

      MANUELA GHIZZONI, Relatore per la maggioranza. Lei ha ragione. Cerco di accelerare per gli accordi che abbiamo preso. Affido al testo che consegno le altre considerazioni sul tema della ricerca. Mi faccia però fare due considerazioni finali.
      L'una è quella relativa al diritto allo studio universitario, nella consapevolezza che ogni intervento in questo ambito è un passo compiuto contro l'ineguaglianza e verso il progresso e lo sviluppo. Riteniamo positiva, pertanto, l'approvazione dell'emendamento che «sterilizza» per il prossimo anno accademico eventuali aumenti della tassazione e della contribuzione studentesca; un anno che il Parlamento dovrà mettere a frutto per approvare una legge che definisce i criteri nazionali affinché le tasse universitarie siano ispirate al principio di equità e di progressività.
      Riteniamo ugualmente positiva l'approvazione dell'emendamento, avvenuta questa mattina in Commissione, che stabilizza a 150 milioni la capienza del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio. Vado con la considerazione finale, Presidente, anche perché ci tengo, perché è rivolta soprattutto alle forze di opposizione.
      Si tratta di una riflessione che è un invito che desidero rivolgere, in particolare, alle forze di opposizione, che ringrazio nuovamente per il comportamento costruttivo che hanno contribuito a determinare durante la discussione in Commissione, testimoniato, peraltro, dall'approvazione all'unanimità di molti emendamenti presentati dall'opposizione e dalla maggioranza.
      Questo decreto-legge è stato emanato in un momento difficile per il nostro Paese, che potremmo sintetizzare usando le parole di Nicola Cacace: siamo il Paese più vecchio del mondo, con la disoccupazione giovanile più alta d'Europa, ma siamo anche il Paese europeo con meno laureati; eppure abbiamo il più alto livello di laureati disoccupati o sottoccupati. E siamo un Paese «congelato», perché il nostro sistema di istruzione non funziona più da ascensore sociale.
      Ed è ovvio che a nessuno di noi sfugge il fatto che il nostro sistema di conoscenza ha molto a che fare con questa situazione di blocco del nostro Paese, e quindi anche gli effetti dispiegati dal decreto in esame incideranno su quella che è una paralisi sociale che attanaglia il Paese.
      Comprendo, quindi, le attese, le molte attese, riposte in questo decreto-legge, che, per le opposizioni, non sono state tutte adeguatamente evase, ma credo, al contempo, che non si possa chiedere ad un provvedimento di misure urgenti, forzatamente circoscritte, ancorché pensate con Pag. 33un approccio sistemico, di risolvere in un solo colpo tutti i problemi della scuola, dell'università e della ricerca.
      Metteremo a segno un primo obiettivo con l'approvazione del decreto-legge, come modificato in Commissione: altri – ne siamo consapevoli – restano da fare, lo sappiamo, ma saranno tanto più efficaci se saranno frutto di un lavoro condiviso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
      Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

      PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Buonanno, per dieci minuti.

      GIANLUCA BUONANNO, Relatore di minoranza. Signor Presidente, ringrazio la relatrice per la maggioranza per il lavoro che sta svolgendo da questa mattina, visto il cambio in corsa del relatore, e ringrazio anche il relatore e presidente di Commissione Galan, per quello che ha fatto in precedenza. Li ringrazio, anche se io, ovviamente, non ritengo soddisfacente quello che si propone, quello che, tramite il Ministro, il Governo, si vuole far approvare.
      Diciamo subito, signor Ministro, che io intitolerei questo disegno di legge non «decreto istruzione», ma lo chiamerei «decreto distruzione»; non «d'istruzione», con l'apostrofo, proprio «distruzione». Infatti, nella sostanza, ancora una volta, questo Paese che tanto si vanta – forse anche lei è una di quelle che sostiene il cambiamento di questo Paese in una maniera innovativa – fa l'errore madornale che hanno fatto praticamente tutti in questi ultimi decenni, e cioè «bastonare» i cittadini.
      Infatti, si parla tanto di scuola e poi vediamo che, per finanziarla, non avete neanche la fantasia di modificare quelle che sono le nuove tassazioni che consentono al suo Ministero di fare degli investimenti sulla scuola e, coniglio dal cilindro, si chiede di applicare ulteriori accise sulla birra e sugli alcolici per tirare su dei soldi.
      Ma io penso – e credo anche lei, signor Ministro – che l'attuale scuola italiana non goda di ottima fama. Abbiamo visto, anche ultimamente, delle classifiche che dicono chiaramente – lei, qui sì, si dovrebbe vergognare – che vi sono gli studenti che sono dei «somari», lo dico tra virgolette, ma vi sono gli stessi insegnanti che sono dei «somari», sempre tra virgolette.
      Infatti, questa classifica dice che, in pratica, chi insegna non è aggiornato e tante cose non le sa, e chi deve apprendere, ovviamente, ne sa ancora meno di chi cerca di insegnare. Allora, per prima cosa, credo sia opportuno che ci sia una classe di insegnanti competitiva, che abbia voglia di studiare e di aggiornarsi e che abbia voglia di fare. Questo non credo che sia, ahimè – tranne ovviamente le tante eccezioni che ci sono nel nostro Paese – il modello che lei vuole, perché il modello attuale è proprio questo: insegnanti il cui unico interesse – non dico tutti, ovviamente, ma una parte – è solo avere la seggiola per poter avere la cattedra, e che non sono istruiti in maniera tale da poter essere competitivi, e studenti che, ahimè, devono relazionarsi con chi nella realtà magari non è neanche capace di parlare l'italiano. Questo in linea di massima.
      Per quanto riguarda, ribadisco, le tasse: ma secondo lei, signor Ministro, è così difficile fare un po’ di autocritica ? Io vorrei veramente che lei nell'intervento che dovrà fare, facesse un po’ di autocritica nelle scuole, perché in Commissione noi abbiamo parlato degli emendamenti, di quello che giustamente ognuno di noi ha come idea, ma le autocritiche non si fanno mai, non c’è nessuno che dice: «la scuola deve essere migliorata in questo, perché siamo stati carenti su questi fronti, perché non siamo stati capaci di fare queste cose, perché abbiamo sperperato del denaro pubblico». Qui si chiede sempre denaro per quello che serve per la scuola italiana, ma non si dice mai che, Pag. 34magari, il denaro che già attualmente va nei vari rami della scuola italiana, magari – e senza magari – alle volte viene buttato via. Io credo che non sia solo una questione di quantità di denaro, ma che sia anche una questione di qualità e di che cosa si spende e per che cosa si spende, il denaro. Siccome già abbiamo delle difficoltà – come lei sa e anche il suo Governo lo sa benissimo –, magari vediamo di verificare bene le spese di questo denaro. Aggiungo una cosa che ho citato anche sempre nella Commissione di cui faccio parte, ad esempio, sulla ricerca: tutti si riempiono la bocca «dobbiamo dare più soldi ai ricercatori». Ci mancherebbe: senza la ricerca questo Paese continua ad andare indietro. È vero, perché ci sono Paesi molto più evoluti di noi come gli Stati Uniti, l'Inghilterra e la Francia, la Germania, che puntano molto sulla ricerca. Poi però noi veniamo a scoprire – non certo per merito mio – che ci sono ricercatori che non fanno un tubo dalla mattina alla sera e che dicono testualmente che vengono pagati senza sapere neanche che cosa devono fare. Questo secondo lei perché accade ? Perché siamo competitivi ? Noi paghiamo dei ricercatori per fare «pinule» tutto il giorno ? Non credo sia una cosa meritoria. Certo, ci saranno ricercatori che invece fanno benissimo il loro mestiere e sono, diciamo così, un vanto per il nostro Paese. Ma evidentemente anche in quel campo ci sono quelli che nella realtà sono dei parassiti. Allora, perché non verificare anche queste cose ? Perché io penso che poi alla fine quando uno viene e dice «ci sono delle cose che non vanno, io ve le elenco, e ci sono delle cose che possono andare meglio, e io ve le elenco», anche chi come me è negativo su quelle che sono le proposte fatte potrebbe anche votare positivamente. Invece, mi sento sempre dire che mancano solo i soldi, che gli insegnanti sono tutti bravi, che la scuola comunque merita di più, e poi vediamo che nelle università noi continuiamo a perdere competitività. Lei arriva dal mondo universitario: secondo lei è logico che questo Paese abbia più università che province ? È logico che qui si abbia il giochino di avere tutte le università sotto casa, e poi non ne abbiamo neanche più una veramente competitiva e per trovarci nella classifica, tra virgolette, «mondiale», dobbiamo scendere più del centesimo posto ? È una cosa normale, visto che la culla dell'università è proprio il nostro Paese ? Secondo lei è normale una cosa del genere, o forse questo aumentare a dismisura il numero delle università è stato un gioco che ha interessato tutti ? E non c’è mai nessuno che dice di chi è la colpa. Un altro problema di questo Paese è che tutti sono responsabili fino a un certo punto, poi non c’è più la responsabilità. Non si capisce chi è responsabile di qualcosa, e non viene mai punito e non succede mai niente, perché comunque questo Paese vive solo di quello che riguarda le difficoltà. Quando si è proprio veramente in difficoltà...

      PRESIDENTE. Prego, onorevole Buonanno.

      GIANLUCA BUONANNO, Relatore di minoranza.. .. allora si cercano dei rimedi.
      Ad esempio, per quanto riguarda gli stranieri abbiamo puntato molto sul fatto che nel nostro Paese (sono in aumento costante, malgrado la crisi mondiale, per cui molti poi se ne vanno pure), nelle scuole, vi sia un'istruzione specifica, per fare in modo che gli stranieri, che sono nel nostro Paese, non debbano rappresentare un problema per i nostri figli. Nel senso che...

      PRESIDENTE. Presidente Baldelli, sia gentile...

      GIANLUCA BUONANNO, Relatore di minoranza. No, no, magari non interessa a nessuno quello che dico io, però...

      PRESIDENTE. Le sono rimasti un paio di minuti, onorevole Buonanno. Prego.

      GIANLUCA BUONANNO, Relatore di minoranza. Dicevo, per quanto riguarda gli stranieri, non deve essere un problema il Pag. 35fatto di avere tanti bambini stranieri, che poi va a discapito dei nostri figli. Abbiamo chiesto di stanziare dei fondi per fare in modo che vi siano insegnanti di sostegno che possano aiutare l'integrazione. Pensavamo ci fosse questa possibilità e non c’è stata.
      La stessa cosa c’è per quanto riguarda i permessi di soggiorno. Ma perché non continuare di anno in anno a dare permessi di soggiorno a chi è straniero nel nostro Paese e ha diritto allo studio ? Invece, adesso continuamente si fanno cose a lungo termine. Secondo me, alla fine sembra quasi che uno può venire in Italia, dice che studia, poi magari ci mette quindici anni e il risultato finale è che ha il permesso di soggiorno, per cui uno non è che prende il permesso di soggiorno perché merita, prende il permesso di soggiorno perché comunque dice di studiare. Ma chi è che verifica poi tutte queste cose ? Io penso che la parola «meritocrazia» in questo provvedimento – ahimè ! – manca.
      Chiudo, visto che abbiamo poco tempo perché, essendo relatori di minoranza, ci lasciano solo dieci minuti. Abbiamo già perso tempo tutto il giorno ad aspettare il provvedimento, che poi quando dobbiamo parlare ci lasciano dieci minuti, già una cosa molto strana, ovviamente in negativo.
      Nel 2014 lo Stato stanzia 112 milioni di euro per il diritto allo studio, 37,4 in meno rispetto allo scorso anno. Meno male che si diceva che il Governo Letta metteva più denaro su queste cose. Poi, le regioni ne mettono 45 milioni circa. Gli studenti, che sarebbero quelli che devono prendere i soldi del diritto allo studio, cioè quelli che devono essere gratificati di questo, sono quelli che tirano fuori i soldi, perché alla fine con le tasse regionali per il diritto allo studio gli studenti tirano fuori 215 milioni di euro: cioè gli studenti hanno diritto allo studio ma allo stesso tempo si devono pagare automaticamente il loro diritto. Non mi sembra una bella cosa per un Governo che si è presentato in quest'Aula, dicendo che la scuola era un punto essenziale del programma.

      PRESIDENTE. Deve concludere.

      GIANLUCA BUONANNO, Relatore di minoranza. Chiudo, signor Presidente, veramente. A lei signor Ministro dico che ancora una volta, secondo me, questo Governo non ha avuto coraggio, non ha coraggio, vive come Ponzio Pilato, sta un po’ così, fa qualcosa e quel qualcosa lo fa, tassando di più i cittadini. Non venite a dirci: «Non stiamo aumentando le tasse», perché si mettono le accise qui o là, o sopra e sotto e alla fine chi paga è il cittadino. Quindi, è un'altra presa per i fondelli e per trovare i soldi, ancora una volta, paga sempre «Pantalone».

      PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Buonanno. Ne approfitto per salutare gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale infanzia primaria e secondaria di Guglionesi, in provincia di Campobasso, che assistono ai nostri lavori (Applausi).
      Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, l'onorevole Luigi Gallo.

      LUIGI GALLO, Relatore di minoranza. Signor Presidente, Ministro, colleghi, il MoVimento 5 Stelle presenta una relazione di minoranza al decreto n.  104 per altre motivazioni rispetto alla relazione di minoranza già presentata. Non pensiamo assolutamente che le risorse all'università e alla scuola siano già abbastanza, ma riteniamo che il provvedimento sia fortemente insufficiente sotto il profilo delle risorse aggiunte in questo decreto, né che si affronta il tema dal punto di vista strutturale. Noi abbiamo affrontato questo decreto in Commissione, tenendo conto che i problemi della scuola, dell'università e della ricerca non siano episodici, ma siano problemi strutturali, problemi che portano oggi tanti studenti a non poter accedere allo studio.
      Abbiamo il fenomeno degli idonei alle borse di studio, quindi che hanno i requisiti ma che non avranno mai la possibilità di accedere a quelle risorse. Allora siamo in un Paese in cui il diritto allo studio è negato sostanzialmente, il diritto al lavoro anche e in pratica, senza delle riforme Pag. 36strutturali importanti, che sono la vera emergenza del Paese, si mandano al macero due o tre generazioni di italiani secondo me.
      Che cosa è accaduto nella precedente legislatura ? Nella precedente legislatura c'era stata la devastante finanziaria di Tremonti per il 2008, quindi per il collega Buonanno individuiamo dei responsabili. In quella finanziaria e poi con la legge tristemente nota nel mondo della scuola, la n.  133 del 2008, in pratica si sono decurtati e mai reintegrati oltre 130.000 lavoratori della scuola. Questi 130.000 lavoratori della scuola avevano un apporto di qualità all'interno della scuola. Magari si poteva e si può mettere in discussione il quadro orario, si possono mettere in discussione gli interventi, ma non la necessità di un personale qualificato all'interno della scuola e non i numeri.
      In questo decreto ci sono tante mancanze. Non le elencheremo adesso perché abbiamo solo 10 minuti, ma nel corso della seduta avremo modo di individuare quali sono queste mancanze. Noi crediamo che un problema sia proprio emergenziale: la qualità dell'informazione di una società che si deve basare sulla conoscenza. In questo decreto non vediamo un intervento in tal senso.
      Rispetto ai docenti e ai diversi professionisti della scuola, un altro elemento che vediamo negativo del decreto è che si individuano misure di tipo coercitivo verso i docenti, per esempio nella formazione di tipo obbligatorio. Ora, noi riteniamo che le politiche che si sono susseguite in questi anni hanno fatto una grossa propaganda – e continua a farla anche Buonanno in questa sede – sul fatto che all'interno della scuola ci siano fannulloni, ci siano soggetti non qualificati. Eppure abbiamo laureati che seguono e che effettuano una specializzazione di due anni prima e adesso di un anno dopo la laurea, quindi che arrivano ad un livello di preparazione che dovrebbe essere elevato. E noi affrontiamo questo sistema, cioè lo valutiamo attraverso un modo totalmente inappropriato, che è il sistema Invalsi. Il sistema Invalsi individua, attraverso dei test, dei quiz, vuole arrogarsi il diritto di valutare la qualità della scuola. Dopodiché che cosa si prevede e si prevedeva in questo decreto, poi leggermente migliorato in Commissione ? Si prevedeva che gli insegnanti che appartenevano a quelle classi dove i test avevano dato esito basso, dovevano fare una formazione obbligatoria, come se appunto fosse totalmente collegato l'intervento del docente all'effetto delle competenze sullo studente.
      Ora sicuramente c’è un parziale intervento del docente su una misura che è effettiva, ma noi consideriamo che un docente si trova in un sistema dove non ha strumenti tecnologici a sua disposizione, non ha laboratori, non ha strumenti didattici e organizzativi adeguati alla qualità della scuola, non ci sono le persone e il personale di supporto e in tutto questo sistema la colpa e il carico devono essere sempre del docente. A nessuno viene in mente che una seria valutazione dovrebbe tenere in conto dei successi formativi, lavorativi e di vita degli studenti.
      La fondazione inglese Varkey Gems ha realizzato uno studio mondiale comparativo intitolato: «Varkey Gems 2013, global teacher status index», che segnala come i docenti italiani sono secondi in Europa, solo dopo la Finlandia, per influenza positiva nella vita degli studenti.
      Quindi, magari è qualcosa di non misurabile subito con un test e con un quiz e, invece, si utilizza un approccio di tipo aziendalistico, economicista, per valutare quello che avviene all'interno della scuola. Io la relazione su tutti gli articoli la darò per letta, perché è depositata, però mi voglio soffermare sull'articolo 15, che di per sé è arrivato blindato in Commissione, sia perché diversi emendamenti del MoVimento 5 Stelle su questo articolo sono stati dichiarati inammissibili, sia perché tutti gli emendamenti della minoranza su questo articolo hanno ricevuto un parere negativo del Governo e del relatore per la maggioranza.
      L'articolo 15 riguarda il personale scolastico e definisce un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo e ATA per gli Pag. 37anni scolastici 2014-2016 tenuto conto dei posti vacanti disponibili in ciascun anno. Il testo della legge risulta piuttosto omertoso riguardo ai numeri di questo piano triennale. Per conoscerli, infatti, bisogna ricorrere alla scheda tecnica allegata al decreto-legge, dalla quale apprendiamo che l'intervento non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Certo, perché le assunzioni copriranno a malapena i pensionamenti. Si prevedono 27.872 docenti e 13 mila ATA e non comporteranno incrementi di personale se non per il sostegno, il cui organico di diritto aumenterà di 26.684 unità, peraltro nell'arco di tre anni invece che nell'immediato.
      Tirando le somme, quindi, il piano triennale prevede l'assunzione a tempo indeterminato di 67.956 unità tra docenti, sostegno e personale ATA in tre anni. E non è tutto: l'attuazione di questo ambiziosissimo piano di immissioni in ruolo è espressamente subordinato all'esito di una specifica sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola che assicuri l'invarianza finanziaria. A saper leggere significa, come per l'immissione in ruolo del 2011, che a pagare il prezzo della stabilizzazione saranno i neoassunti stessi che dovranno con buona probabilità rinunciare agli scatti di anzianità e rimanere ancorati ancora per chissà quanto tempo al loro modesto stipendio. Questi patti, di questo genere, sono stati già fatti tra Governi e organizzazioni sindacali e fortemente disattesi. In altre parole, anche nelle volte precedenti in pratica si era detto che c'era un piano triennale di assunzione, c'era il blocco degli scatti, dopodiché quel piano triennale non è stato rispettato. Dobbiamo inoltre notare che, come accade ormai troppo spesso negli ultimi anni, ai proclami trionfalistici riguardo i numeri delle assunzioni nella scuola non corrispondono mai i fatti. Innanzitutto, dalla scheda tecnica sembra che nel conto dei posti disponibili per le immissioni in ruolo rientrino anche quelli dell'anno scolastico 2013-2014 che avrebbero dovuto essere già coperti quest'anno per il 50 per cento con i precari delle graduatorie ad esaurimento e per il restante 50 per cento con i vincitori del concorsone bandito nel 2012. Quindi, sono inclusi nelle cifre nonostante Profumo avesse annunciato già queste immissioni in ruolo.
      Vado alla conclusione, e vorrei precisare che alla valutazione estremamente critica nei confronti dell'intero provvedimento che emerge dalla presente relazione, è comunque seguita durante l'esame in Commissione una serie di proposte emendative al testo, anche a dimostrazione della nostra volontà di non svolgere una mera funzione di interdizione agli indirizzi dell'attuale Governo, quanto piuttosto un'azione costruttiva nell'interesse del Paese. È con profondo rammarico che dobbiamo però constatare che molte delle nostre proposte sono state dichiarate incomprensibilmente e ingiustificatamente estranee per materia al provvedimento e, dunque, inammissibili. Vorremmo fare solo un esempio affinché l'intero Parlamento e poi l'opinione pubblica vengano a conoscenza di quanto accaduto. Abbiamo scelto un esempio davvero eclatante che riguarda alcune nostre proposte emendative all'articolo 5 del decreto-legge in esame. L'articolo 5 ha per argomento il potenziamento dell'offerta formativa e prevede, al comma 1, come già ricordato, l'inserimento di un'ora settimanale di insegnamento di geografia in una delle due classi del biennio degli istituti tecnici e professionali. Chiedevamo l'inserimento, come ampliamento dell'offerta formativa, anche delle materie come latino e italiano che erano state già escluse dalla riforma Gelmini. Vado a conclusione...

      PRESIDENTE. No, deve proprio concludere, onorevole Luigi Gallo.

      LUIGI GALLO, Relatore di minoranza. Ci si nasconde sempre, anche in Commissione, dietro alle risorse esigue per questo provvedimento, colpevolmente esigue: la dimostrazione che questo Governo ha deciso di puntare su altro, ha deciso di puntare su armi letali da guerra e non Pag. 38sull'istruzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo, Ministro Carrozza, si riserva di intervenire in sede di replica.
      È iscritta a parlare l'onorevole Rocchi. Ne ha facoltà.

      MARIA GRAZIA ROCCHI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, mondializzazione degli scambi, società dell'informazione, progresso scientifico e tecnico: ogni giorno possiamo renderci conto dei cambiamenti prodotti da questi fenomeni. In seno all'impresa essi conducono a nuove forme di lavoro. A scuola esigono nuove forme del sapere. Nella vita di tutti i giorni modificano le abitudini. Queste mutazioni non sono una semplice parentesi, ma preannunciano la società del domani.
      Per l'Europa, per ciascuno di noi ciò che conta è assumere il controllo di tali trasformazioni per evitare di subirle. Non avendo saputo prevederle, i nostri Paesi conoscono un livello drammatico di disoccupazione e di esclusione sociale. Le mutazioni in corso hanno incrementato le possibilità di ciascun individuo di accedere all'informazione ed al sapere. Al tempo stesso, questi fenomeni comportano una modifica delle competenze necessarie e dei sistemi di lavoro, che necessitano di notevoli adattamenti.
      Per tutti questa evoluzione ha significato più incertezza. Per alcuni si è venuta a creare una situazione di emarginazione intollerabile. Sempre più la posizione di ciascuno di noi nella società verrà determinata dalla conoscenza che avrà acquisito. La società del futuro sarà, quindi, una società che saprà investire nelle intelligenze, una società in cui si insegna e si apprende, in cui ciascun individuo può costruire la propria qualifica.
      In tale contesto, l'istruzione e la formazione svolgono evidentemente un ruolo chiave. Tutto questo è stato scritto nel 1996. È una sintesi tratta dal libro bianco dell'Unione europea della commissione Cresson e, dopo 17 anni, avvertiamo quanti siano ancora attuali queste parole e ancora oggi le riascoltiamo dalle parole del Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco. Cito: «Viviamo una congiuntura economica molto difficile che sta imponendo grandi sacrifici a gran parte delle famiglie». Ma in Italia la recessione ha effetti ancora più gravi per «il forte e diffuso indebolimento della capacità del nostro Paese di crescere e di competere» e nell'analizzare le ragioni dei ritardi italiani si concentra sull'istruzione, citando Benjamin Franklin, e afferma che: «Il rendimento dell'investimento in conoscenza... è più alto di quello di ogni altro investimento. È la radice del progresso umano e sociale, la condizione per lo sviluppo economico».
      Un monito significativo per l'Italia che, come sottolinea il rapporto dell'OCSE 2012, con una spesa per l'istruzione pari al 9 per cento del totale della spesa pubblica si attesta al trentunesimo posto su 32 Paesi, che hanno una media OCSE del 13 per cento. Ed è una spesa in calo, poiché nel 2000 essa rappresentava il 9,8 per cento. Tale spesa, se rapportata al PIL, è pari al 4,9 per cento contro una media OCSE del 6,2 per cento.
      Considerare l'istruzione e la formazione in relazione con il problema dell'occupazione non significa che l'istruzione e la formazione debbano ridursi a un'offerta di qualifiche professionali. La loro funzione essenziale è e rimane l'inserimento sociale e lo sviluppo personale, mediante la condivisione di valori comuni, la trasmissione di un patrimonio culturale, l'apprendimento dell'autonomia e lo sviluppo della capacità di promuovere nuovo apprendimento.
      Con la relazione resa dal Ministro Carrozza alle Commissioni riunite della Camera e del Senato sulle proprie linee programmatiche, vengono individuate chiare direttrici lungo le quali si intendono orientare nuove politiche per l'istruzione nei prossimi anni: investire di più e meglio in istruzione e ricerca scientifica.
      Tra gli interventi di sistema delineati nella relazione si definiscono quelli sull'edilizia, Pag. 39ad esempio, sull'edilizia scolastica perché ogni educazione alla legalità cade nel vuoto se i nostri ragazzi sono accolti in ambienti degradati ed insicuri.
      Progettare nuovi ambienti di studio e di lavoro, più accoglienti, più sicuri, adatti ad apprendimenti cooperativi, alla differenziazione dei tempi e dei modi dell'apprendimento, è dimostrato, incide significativamente sul successo formativo; ed ancora, evidenzia l'esigenza di sostenere l'autonomia delle scuole, garantendo loro una maggiore stabilizzazione nelle risorse finanziarie e professionali, perché si riconosce l'autonomia come fattore che sviluppa istruzione e formazione di qualità; pone particolare attenzione alla valorizzazione del personale della scuola e alla progressiva stabilizzazione dei precari; infine, declina interventi per gli studenti tali da favorire l'accesso ai vari livelli dell'istruzione, che oggi è seriamente ostacolata dalla crisi economica delle famiglie, per garantire a tutti e a ciascuno l'acquisizione di saperi e competenze atti a contrastare fortemente la dispersione scolastica, anche attraverso l'ampliamento dei tempi e degli spazi per l'apprendimento.
      Il decreto-legge n.  104 del 2013 che oggi andiamo a discutere, lo sappiamo bene, non rappresenta la risposta risolutiva ai problemi delineati, che esigono interventi e risorse di altra portata: esigono un'altra articolazione pluriennale, necessitano dell'avvio di una nuova stagione di confronto con tutti gli attori del sistema su una visione di istruzione che regga la sfida dei cambiamenti sociali e produttivi di qui ai prossimi venti anni, argomenti che richiedono altri strumenti di discussione, altri strumenti normativi, altre coperture finanziarie, ne siamo consapevoli. Però, in questo decreto-legge, vogliamo leggere l'intenzione di cambiare rotta rispetto al recente passato, sia rispetto alla qualità degli interventi, che al loro finanziamento.
      Già il decreto in discussione, a regime, destina circa 400 milioni di euro all'istruzione: si obietterà che sono risorse scarse per l'ampia serie di interventi contenuti, ma si inizia un reintegro di risorse al settore dell'istruzione che, negli ultimi anni, ha perso oltre 3 miliardi di euro, ha perso oltre 120 mila unità di personale. Dunque, chiaro e nuovo appare il segnale di attenzione all'istruzione dei nostri bambini e ragazzi, così come chiara appare la volontà del Ministro di perseguire con coerenza gli obiettivi delineati nelle linee programmatiche.
      Con il decreto si intende sostenere lo studente con misure che incrementano le risorse per il diritto allo studio. Gli emendamenti approvati in Commissione renderanno tali risorse più facilmente gestibili e velocemente erogabili da parte di regioni e enti locali. Si interviene, inoltre, sulle dotazioni didattiche individuali, consentendo, questa volta in modo netto e categorico, alle scuole di utilizzare materiali diversi dai libri di testo, di vigilare attentamente sui tetti di spesa, di agevolare e sostenere l'acquisto delle dotazioni da parte di famiglie con minori mezzi economici.
      Sono rivolte a sostenere gli sforzi delle scuole per il miglioramento dell'offerta formativa le misure che favoriscono la possibilità di allungare i tempi di apertura pomeridiana delle scuole o che favoriscono l'implementazione di nuove tecnologie per l'innovazione didattica e metodologica. Appare, infine, di particolare importanza l'attenzione rivolta all'orientamento, al quale viene data nuova centralità, riconoscendo la funzione orientante della scuola come indispensabile per la maturazione, nei giovani, della capacità di operare scelte consapevoli.
      Il decreto contempla un nuovo importante sostegno ai progetti di edilizia scolastica: con una rata annua di 40 milioni per trent'anni a carico dell'amministrazione statale si possono mobilitare prestiti per centinaia di milioni, rapidamente convogliabili da parte delle regioni in progetti di edilizia scolastica.
      Ed ancora voglio sottolineare l'impegno per la programmazione e stabilizzazione dell'organico del personale scolastico. È significativo che il decreto preveda l'immissione in ruolo proprio di 26 mila docenti specializzati sul sostegno, ambito Pag. 40nel quale si è duramente abbattuta la scure dei tagli, incrinando un modello di integrazione scolastica, di cui il nostro Paese poteva vantarsi.
      Come pure significativo è che si ponga attenzione sul bisogno di formazione in servizio dei docenti, soprattutto di finalizzarlo a sostenere il difficile lavoro di coloro che sono maggiormente impegnati in aree con forti criticità espresse da abbandono, concentrazioni complicate di alunni con bisogni educativi speciali o a forte componente migratoria.
      Dunque, il decreto-legge n.  104 del 2013 ritengo rappresenti veramente un importante cambio di passo con il quale si inizia a restituire fiducia ed attenzione alle comunità scolastiche.
      Concludo, Presidente, ricordando una scuola che mi è molto cara, un istituto professionale per l'industria e l'artigianato di Livorno; una scuola, onorevole Buonanno, con molti insegnanti che arrivavano molto prima dell'inizio delle lezioni. Erano competenti e attenti ai bisogni dei loro ragazzi. Arrivavano prima perché andavano a cercare i loro alunni che stazionavano in piazza o nei bar della zona per riportarli in classe. Per questi ragazzi che preferivano inforcare i motorini e fuggire da scuola, e per quei docenti che facevano di tutto per portarceli a scuola – in una buona scuola – questo decreto, e molto altro, è doveroso (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Costantino. Ne ha facoltà.

      CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, Ministra, onorevoli colleghe e colleghi, il decreto che ci troviamo a discutere è perfettamente in linea con l'azione dimostrata da questo Governo fino a questo momento. È cioè un'azione riparatrice, un Governo che cerca di aggiustare le decisioni irresponsabili intraprese dai passati Governi, mettendo delle pezze a delle emergenze che sono sotto gli occhi di tutti. Ma a quello, purtroppo, si ferma, senza mai guardare alla qualità del sistema, al futuro, alle possibilità concrete di cambiamento. Come altri decreti, anche questo presenta a parole una possibilità di rinnovamento della materia, ma fermandosi ad una superficie che fa sembrare molto consistente un decreto-legge che purtroppo non lo è.
      Dietro un linguaggio evocativo, utile alla comunicazione ritroviamo un decreto che ha capito esattamente quali sono i problemi, ma non può o vuole affrontarli. Il decreto-legge investe circa 450 milioni di euro a regime. Se si pensa che solo per rimettere in sesto l'edilizia scolastica «Cittadinanzattiva» ha calcolato che servono 13 miliardi di euro, già si comprende la sproporzione. Il rapporto OCSE disegna come ogni anno un quadro disastroso per l'Italia: il nostro Paese si colloca tra i sette con un livello di istruzione superiore ed universitaria più bassa; la percentuale delle studentesse e degli studenti inseriti in un percorso formativo in Italia non si è modificata dal 2005 al 2010; nel 2010 circa il 50 per cento dei diplomati si è iscritto all'università, mentre la percentuale di chi arriva a laurearsi è una percentuale ancora inferiore.
      Strettamente legato a questi dati bisogna considerare l'aumento del numero di NEET – giovani che non sono inseriti in percorsi di istruzione o formazione, non hanno un impiego e non stanno cercando un'occupazione – che raggiunge il 25 per cento, rispetto ad una media europea del 15,8, e che fa piazzare l'Italia quinta su trentadue Paesi. Per non parlare della formazione. Il nostro Paese si colloca trentaquattresimo su un totale di 35 Paesi per qualità generale, costo medio per lo Stato di ogni studente e investimenti in istruzione. In totale, la spesa italiana in questo settore è circa il 5 per cento del PIL, inferiore all'investimento medio dei Paesi OCSE, del 6,4 per cento sulla scuola.
      Stiamo parlando di formazione, ma la situazione non cambia se parliamo di sicurezza. Prendersi cura della scuola, infatti, vuol dire anche manutenzione degli edifici, luoghi in cui i ragazzi, i bambini, passano molto tempo della loro esistenza. Spazi in cui la sicurezza dovrebbe essere Pag. 41prioritaria, e invece ci accorgiamo di quanto siano fragili e a rischio solo quando accadono incidenti. È una strada da continuare a seguire, quella di far pagare allo Stato gli interessi dei mutui per l'edilizia scolastica, ma vorremmo ricordare che la copertura, limitata a 40 milioni, partirà dal 2015, mentre gli interventi dovrebbero essere fatti immediatamente. E soprattutto, cosa si potrà fare con questa spesa modesta ? Manca una visione della scuola del presente e di quella del futuro. Ed è facile notare tali assenze da tre indici principali: si fa finta che non esista un divario tra scuole del nord e scuole del sud; non si affronta concretamente il tema della dispersione e il diritto allo studio continua ad essere insufficiente. Quest'ultimo nodo è per noi centrale. Il Fondo integrativo per la concessione di borse di studio, incrementato dal decreto di 100 milioni annui a partire dal 2014, sebbene non sia difficile riconoscere che si tratti dell'inizio di un'inversione di tendenza in materia, pensiamo sia decisamente sottodimensionato di almeno 130-150 milioni di euro.
      Siamo davvero lontani dalla garanzia di una reale possibilità per gli studenti di accedere al sistema universitario. Infatti con il rifinanziamento del Fondo non si raggiungerà l'obiettivo né di eliminare la figura dell'idoneo non vincitore, né di garantire altri servizi agli studenti. Come ad esempio gli alloggi per i fuori sede: i posti letto gestiti dagli enti regionali per il diritto allo studio sono circa la metà del numero di studenti che ne hanno diritto. Sul totale degli studenti, la percentuale che beneficia di posto letto è del 3 per cento, in base ai dati Eurostudent, su 23 paesi europei siamo gli ultimi.
      Risposte mancate anche per l'Alta formazione artistica, musicale e coreutica. L'articolo 19 purtroppo risolve solo in parte il problema. Secondo la FLC CGIL è una vergogna non permettere a un'intera generazione di docenti che da anni sostiene con il proprio lavoro l'intero sistema dell'AFAM la possibilità di poter entrare a tutti gli effetti negli organici, così come reso possibile ai precari della legge n.  143 del 2004.
      Per il giudizio complessivo occorrerà distinguere, in questa discussione che ci apprestiamo a fare, tra il piano dell'efficacia del decreto e la sua capacità di risollevare l'istruzione, e il piano dei suoi riflessi psicologici, legati alle misure tampone, una tantum e a costo zero. Sul primo piano il nostro giudizio è decisamente critico, Signora Ministro. Sul piano psicologico pensiamo che vi stiate assumendo una responsabilità importante per i mesi a seguire e per il futuro, che diluirà queste misure.
      In quest'aula però dobbiamo confrontarci sul giudizio politico: per l'ennesima volta ci viene presentato un decreto d'urgenza che risolve alcune questioni emergenziali facendo finta di affrontare in maniera strutturale i problemi. Non è così, e purtroppo si vede.
      È necessaria una riforma organica dell'istruzione, che abbia una visione del futuro, che scelga come reclutare i suoi docenti, che abbia il coraggio di rimettere in discussione tutte le categorie esistenti, che non abbia paura di incrementare i fondi per la ricerca, magari allineandoli, guardate un po’, agli obiettivi europei.
      Prendiamoci cura dei nostri giovani, dei nostri studenti. Che in questi anni si sono sentiti dire bamboccioni, choosy, sfigati e ultimamente inoccupabili. Non è un tema che riguarda solo loro, ma investe tutti noi, le famiglie, vero e proprio welfare in mancanza dello Stato, il tema del reddito minimo – che vorremmo fosse garantito –, la fuga dei cervelli, la precarietà esistenziale, l'abbandono scolastico.
      Approfittiamo di questa discussione per sottolineare un altro tema che il Governo ha goffamente cercato di dimostrare di tenere a cuore: la lotta al femminicidio. Lo abbiamo detto più volte, dalla ratifica della Convenzione di Istanbul all'approvazione del Pacchetto sicurezza: la scuola è centrale nella prevenzione alla violenza di genere. L'ha detto anche lei Ministro Carrozza, eppure l'emendamento e la nostra proposta che vede l'introduzione dell'educazione Pag. 42sentimentale nelle scuole del primo e del secondo ciclo non sono stati condivisi. Un insegnamento che possa promuovere percorsi di formazione tesi a stimolare nei ragazzi e nelle ragazze la capacità di riflettere e ragionare sull'emotività, sull'affettività; fornire strumenti necessari a gestire i conflitti, i fallimenti, i rifiuti; sradicare pregiudizi, stereotipi, in grado di alimentare, giustificare o motivare la discriminazione o la violenza di un genere sull'altro. In questo senso voglio ricordare in quest'aula che ieri un ragazzo di 21 anni si è suicidato – e questa cosa ci segnala ancora una volta un problema irrisolto di cui la politica deve farsi carico – esclusivamente perché era omosessuale. La volontà/necessità di questo Governo di risolvere tutto con mediazioni al ribasso non risponde alle esigenze dei cittadini ma cerca solo di risolvere le esigenze delle rispettive classi dirigenti «Siate affamati, siate folli» diceva Steve Jobs. «Siate ribelli» ha detto lei Ministra Carrozza in visita al liceo Socrate di Roma. Spero che prima di tutto ciò questo Parlamento sia in grado di dire ai giovani: «Siate liberi». L'esatto opposto della vostra politica perennemente sotto ricatto e a svantaggio delle persone in carne ed ossa.

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Petrenga. Ne ha facoltà.

      GIOVANNA PETRENGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi quest'Aula inizia l'esame di un provvedimento che reca misure eterogenee riguardanti la scuola, l'università e la ricerca. Si tratta di misure condivisibili ma che necessitano di essere migliorate su molti punti attraverso una riflessione e un dibattito approfonditi che ci auguriamo di poter svolgere in questa sede. Condividiamo la scelta che è stata operata dal Governo ed in particolare dal Ministro dell'istruzione Carrozza, di introdurre, in concomitanza con l'avvio dell'anno scolastico, misure che agevolassero il funzionamento della scuola italiana.
      Partiamo da alcuni dati che devono far riflettere su quello che è oggi lo stato della scuola nel nostro Paese: l'Ocse ha analizzato lo status dei sistemi educativi in 40 Paesi e il quadro che ne emerge boccia per l'ennesima volta il nostro Paese in materia di istruzione. Sebbene nelle scuole primarie e secondarie italiane la spesa per studente rientri nella media Ocse, l'Italia – si legge nel Rapporto – è l'unico Paese dell'area OCSE che dal 1995 non ha aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria. A fronte di una media OCSE di un aumento del 60 per cento, l'Italia ha infatti aumentato di appena lo 0,5 per cento la spesa per studente nelle scuole primarie e secondarie.
      Situazione totalmente diversa all'università, dove l'aumento della spesa italiana per studente (39 per cento) supera la media OCSE che è del 15 per cento. Un aumento riconducibile a finanziamenti provenienti da fonti private e non da fondi pubblici per l'istruzione. Per quanto riguarda i laureati, si registra un calo della percentuale degli iscritti alle università, scesa al 48 per cento nel 2011 rispetto al 56 per cento nel 2006 e contro una media OCSE del 60 per cento. Drammatici anche i dati relativi agli insegnanti: quelli italiani sono i più anziani e con le retribuzioni tra le più basse rispetto alla maggior parte dei Paesi dell'OCSE.
      Secondo le classifiche a livello internazionale il nostro Paese presenta un quadro drammatico rispetto ai principali Paesi europei riguardo alle competenze maturate dai giovani al termine della scuola dell'obbligo e ad un tasso di abbandono scolastico al 18 per cento, contro la media dell'Unione Europea del 13,4 per cento e rispetto all'obiettivo posto dall'Europa 2020 di ridurlo al 10 per cento. Senza considerare tutti quei giovani che non studiano e non lavorano. Un'ulteriore indagine promossa dall'OCSE e realizzata in Italia per quanto riguarda gli studenti italiani, in una scala che va da zero a cinquecento, nelle abilità alfabetiche fondamentali per vivere e lavorare, riescono a raggiungere un punteggio pari soltanto a 250, contro una media OCSE di 273. Tra l'altro nella penisola il 70 per cento degli Pag. 43italiani non sarebbe in grado di leggere un testo mediamente complesso o affrontare operazioni aritmetiche.
      Dunque siamo di fronte all'ennesima pesante bocciatura della scuola italiana, che ne ha mostrato i segni della inadeguatezza ad affrontare le sfide delle competenze-chiave richieste dalla modernizzazione, con i dati definiti «allarmanti» dai Ministeri del Lavoro e delle politiche sociali e dell'Istruzione, dell'università della ricerca e che ha indotto il MIUR a lavorare per migliorare il sistema dell'istruzione italiano, attraverso maggiori investimenti pubblici e collaborazione a livello nazionale, con il reperimento di risorse destinate alla valorizzazione della professione dei docenti, all'edilizia scolastica, al diritto allo studio ed al sostegno del successo formativo.
      Ricordiamo, inoltre, che le indicazioni dell'Unione europea, in particolare della Strategia UE 2020 e della precedente Strategia di Lisbona 2010, sono finalizzate a sviluppare un'economia basata sulla conoscenza, caratterizzata da riforme profonde e finalizzata alla promozione di una crescita sostenibile, dell'occupazione, dell'innovazione, della competitività, al rafforzamento della coesione sociale, economica e territoriale.
      Occorre investire nelle persone non soltanto maggiori risorse ma anche attraverso una strategia più mirata ed efficace che copra l'intero corso della vita. In quest'ottica risulta indispensabile ridefinire la spesa pubblica e gli investimenti, in particolar modo quelli relativi all'istruzione, formazione, università e ricerca, in linea con gli obiettivi UE 2020.
      Alla luce di queste premesse, passiamo ad un'analisi del provvedimento oggi in esame, di cui, ribadisco, apprezziamo le misure che contiene che pure, in molti casi, si discostano ampiamente dalla logica riformatrice che ha caratterizzato l'operato dei Governi Berlusconi in materia di istruzione.
      Nella prima parte il provvedimento reca misure dirette agli studenti ed alle loro famiglie. Giudichiamo positivamente l'attribuzione dei benefici e contributi a favore degli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, con particolare attenzione per i pendolari e i fuori sede e l'incremento del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio agli studenti universitari, l'erogazione di premi per gli studenti delle Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM).
      Altrettanto positive le disposizioni relative alla tutela del diritto alla salute nelle scuole attraverso l'estensione del divieto di fumo nei locali chiusi anche alle aree all'aperto o dell'utilizzo delle sigarette elettroniche nei locali chiusi delle istituzioni scolastiche. Stesso discorso anche per l'elaborazione di programmi di educazione alimentare nelle scuole e l'introduzione di cibi di qualità, prodotti biologici per una corretta alimentazione.
      Voglio però evidenziare che gli iniziali 400 milioni di euro stanziati nel provvedimento si perdono in tanti rivoli e una cifra piuttosto esigua viene ad esempio destinata alla formazione degli studenti che, invece, riteniamo costituisca uno dei punti fondamentali su cui bisogna investire, per formare i giovani studenti nel loro percorso di studi e prepararli adeguatamente per l'ingresso nel mondo del lavoro. Questo è stato sottovalutato. Un'adeguata formazione si tradurrà nel futuro in una forza lavoro specializzata, necessaria ad un Paese che deve essere in grado di trasformare il proprio sistema produttivo in un'economia moderna e creativa.
      Riteniamo positive le misure relative alla riduzione della spesa per l'acquisto dei libri scolastici ed il Programma sperimentale di didattica integrativa finalizzato ad evitare la dispersione scolastica, che costituisce anche una grave piaga sociale. Siamo convinti, però, che un provvedimento come quello che esaminiamo oggi debba porre al centro dell'attenzione la figura dello studente, mentre ciò non è avvenuto.
      Il secondo capo del provvedimento è dedicato alle scuole. In modo particolare voglio soffermarmi su quella che è una vera e propria emergenza per il nostro Pag. 44Paese e cioè l'edilizia scolastica. Riteniamo che essa debba essere considerata una priorità assoluta, perché la sicurezza non può e non deve essere considerata come un problema di secondaria importanza. Si tratta infatti di garantire l'incolumità degli studenti e di tutti coloro che operano nel settore scolastico, nonché la tranquillità delle varie famiglie.
      Bene poi le misure riguardanti l'integrazione nel sistema nazionale delle anagrafi degli studenti, delle anagrafi regionali e di quella nazionale.
      Altro punto su cui vorrei soffermarmi è quello che si riferisce alla scuola statale mentre conosciamo bene l'importanza del ruolo delle scuole paritarie, su cui esiste un forte pregiudizio ideologico e con risvolti di carattere economico, che invece svolgono una funzione sussidiaria di qualità, offrendo un servizio a migliaia di studenti e garantendo la libertà di scelta alle famiglie nell'educazione dei propri figli, nell'ottica del pluralismo educativo.
      Tra le varie disposizioni, voglio evidenziare l'importanza dell'area unica di sostegno, per consentire l'integrazione degli alunni con disabilità.
      Per quanto riguarda il reclutamento dei docenti, ci aspettavamo qualche segnale di novità mentre invece il provvedimento non presta la giusta attenzione a tutti quei giovani che, ad esempio, si sono formati con i TFA ordinari e che invece non vedono riconosciuti i loro sforzi e i loro studi.
      Un giudizio positivo esprimiamo per ciò che riguarda la modernizzazione delle attività didattiche e l'integrazione delle anagrafi nazionale e delle anagrafi regionali.
      Per quanto riguarda il terzo capo, bene le disposizioni relative alla controversa questione del cosiddetto bonus maturità, cancellato in corso d'opera con i test d'ammissione in corso per accedere alle facoltà in cui è previsto l'accesso programmato. Grazie ad una modifica avvenuta durante l'iter in Commissione, la validità del bonus resta per l'anno accademico in corso. Positive anche le misure relative alla proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato a favore dei ricercatori, tecnologi e figure di supporto impiegate presso gli enti di ricerca fino al 2018.
      Dunque, auspichiamo una fattiva collaborazione e un confronto costruttivo su una tema delicato come quello dell'istruzione, perché la scuola costituisce uno dei luoghi deputati alla formazione dei giovani, futuri cittadini del nostro Paese e mi auguro che questo sia solo un punto di partenza per quanto riguarda tutta la ristrutturazione del comparto scolastico e che si trovino anche le coperture necessarie per poter far fronte a tutto ciò che è previsto in questo decreto.

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Chimienti. Ne ha facoltà.

      SILVIA CHIMIENTI. Signor Presidente, gentili colleghi, Ministro Carrozza, è ormai da più di un mese che lavoriamo alacremente su questo decreto, tentando di emendarlo e migliorarlo in tutte le sue parti.
      Qualunque cittadino italiano sa bene che nel mondo della scuola ci sono delle urgenze non più prorogabili. Citiamone solo quattro, le più macroscopiche, quelle che davvero non dovrebbero attendere un solo giorno di più per essere risolte: sicurezza degli edifici, sovraffollamento delle classi, abbandono scolastico precoce, precariato.
      Quando è approdato in Commissione un decreto-legge recante il titolo «Misure urgenti per la scuola, l'università e la ricerca» siamo stati felicemente sorpresi: finalmente, dopo anni, si tornava a intervenire sulla scuola. Abbiamo letto il decreto-legge pieni di aspettative, ma con sgomento, pagina dopo pagina, ci siamo resi conto che il Governo non solo non aveva risolto nessuna delle urgenze sopra citate, ma non le aveva neppure prese in considerazione.
      E allora, a fronte di questo vuoto, di quest'assenza totale di risposte, quali sono state le misure «urgenti e irrinunciabili» adottate dal Governo ? Il divieto di fumare sigarette elettroniche, un'ora in più di geografia alla settimana negli istituti tecnici e professionali, vaghi percorsi di Pag. 45orientamento scolastico e di lotta alla dispersione, corsi di formazione obbligatoria per docenti, musei gratuiti per gli insegnanti.
      La scuola italiana «ripartirà» da qui, dunque: da un'idea di emergenze e di priorità distorta, frazionata e confusa, frutto di un accumulo di distanza tra gli attori del mondo della scuola e gli uffici del Ministero, cresciuto negli anni e ormai incolmabile. Una distanza abitualmente ridotta solo durante i mesi di campagna elettorale, con promesse alle varie categorie docenti, poi perennemente disattese, come ci confessano stupiti i rappresentanti stessi di queste associazioni, a cui era stato garantito pieno appoggio e tutela dei diritti, ma che oggi in concreto non hanno visto alcun sostegno. Tutto dimenticato, tutto cancellato, così come le promesse di cui si è ampiamente abusato in campagna elettorale e nei primi giorni di Governo, i proclami rimasti nei cassetti a prendere polvere. Proclami di cui in realtà si continua ad abusare anche in questi giorni, continuando a parlare di un'inversione di rotta per la scuola dopo anni e anni di tagli.
      Eppure, leggendo le rubriche dei vari articoli del decreto, ci si trova di fronte a titoli altisonanti: il welfare dello studente, il diritto allo studio, la lotta alla dispersione, il potenziamento dell'offerta formativa, l'orientamento, la riduzione del costo dei libri di testo, l'edilizia scolastica, il wireless nelle scuole, la tutela della salute e molto altro ancora.
      Non c’è da illudersi: sono bellissimi spot, ma l'amara verità è che questi 450 milioni non produrranno effetti sensibili sulla realtà e questo non soltanto per la cifra irrisoria che viene stanziata per ogni ambito di intervento, ma anche perché si tratta di misure estremamente frammentarie che in concreto mirano a mettere qualche toppa qua e là, ma fondamentalmente non risolvono nessuno dei problemi della scuola. Una «macedonia» venuta male, perché gli ingredienti scelti sono di bassa qualità.
      Ma scendiamo nel dettaglio: ad esempio, non sono un investimento le 70 mila stabilizzazioni in tre anni, dal momento che i pensionamenti annuali nella scuola sono tra i 20 e i 30 mila, dunque chiamiamolo turn over fisiologico, non investimento per le stabilizzazioni. Abbiamo chiesto al Governo di assicurarci che i posti che andranno ad occupare i vincitori dell'ultimo «concorsone» bandito dal ministro Profumo non siano inclusi nel piano di assunzioni previsto dal decreto. Il Governo non ci ha risposto e questo non ci fa presagire nulla di buono. Il caso più emblematico è però quello dell'articolo 2, in cui si stanziano 100 milioni di euro per il diritto allo studio. Presidente, sa quanto si è investito in Spagna nel 2011 per il diritto allo studio ? 819 milioni di euro ! Sa quanto si investe in Germania e Francia per le borse di studio agli studenti ? Oltre 2 miliardi l'anno ! Con che coraggio vantiamo davanti all'opinione pubblica questi 100 milioni che sono una cifra molto inferiore anche ai 250 milioni che stanziavamo nel 2009, in piena crisi economica ? Le misure per il potenziamento dell'offerta formativa, poi, fanno davvero sorridere: al comma 1 dell'articolo 5 si reintegra un'ora di geografia nei quadri orari degli istituti tecnici e al comma 2 si prevede la possibilità di attuare progetti didattici in collaborazione con i musei. Ci saremmo aspettati il ripristino del tempo pieno e delle ore falcidiate dalla riforma Tremonti-Gelmini in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Abbiamo proposto emendamenti a questo articolo, emendamenti che miravano a reintrodurre ad esempio la geografia anche nei bienni dei licei o le ore di lingua e cultura latina nei licei scientifici e linguistici. Questi emendamenti, così come molti altri, incredibilmente ci sono stati resi inammissibili per estraneità di materia. L'incoerenza ha raggiunto livelli inimmaginabili. Solo la scorsa settimana approvavamo in Aula un decreto sul femminicidio che conteneva provvedimenti in materia di province e di militarizzazione dei territori come la Val Susa e oggi ci sentiamo dire che provvedimenti veramente necessari e urgenti come la già citata questione del sovraffollamento delle classi non sono materia di un decreto che Pag. 46si chiama «misure urgenti in materia di scuola, università e ricerca» ? E che dire del fatto che il decreto ignora completamente l'urgenza forse più grande della scuola italiana e cioè quella del reclutamento docenti ? E dunque è per loro, i docenti e gli aspiranti docenti italiani, che voglio utilizzare il tempo che mi resta a disposizione. Sapete bene che fuori da quest'Aula ci sono decine di migliaia di persone sfinite: precari storici che non hanno mai avuto la gioia di vedersi stipulare un contratto a tempo indeterminato, aspiranti docenti disperati che si fanno la guerra al mezzo punto in graduatoria, giovani preparatissimi con lauree, dottorati, master, abilitazioni che si rivolgono ai sindacati per veder tutelati i loro diritti perché lo Stato da tempo ha deciso di smettere di farlo, frantumandoli volontariamente in mille categorie perché non si coalizzino nelle loro giuste rivendicazioni. Quali sono le ragioni per cui con questa categoria di lavoratori ci si è accaniti più che con tutte le altre ? Non sarebbe più sensato, più utile, più produttivo – magari questo aggettivo può fare effetto su quest'Aula – che un insegnante restasse con la propria classe anno dopo anno, con vantaggio sia suo che soprattutto degli allievi ? Non sarebbe degno di un Paese, non dico avanzato, ma di un Paese normale programmare annualmente il fabbisogno di docenti e sulla base di questo fabbisogno stabilizzare il personale ed utilizzare i contratti a termine solo ed esclusivamente per le maternità e le supplenze brevi ? Per quale motivo i docenti devono avere contratti che vanno dal 1 settembre al 30 di giugno e che vengono rinnovati ogni anno per non retribuire loro le ferie che spetterebbero ? Gli abusi che da anni si stanno perpetrando sono davvero tanti e sarebbe difficile esaurirli in questi pochi minuti. Una cosa però, noi del MoVimento 5 Stelle ci teniamo a dirla e la ripeteremo d'ora in poi, fino allo sfinimento. Se proprio non riuscite a smettere di precarizzare la gente, se proprio non riuscite a fare un calcolo almeno approssimativo di quanto personale necessiti ogni classe di concorso ogni anno, se proprio non avete intenzione di porre mano alla questione in maniera seria e ragionevole, almeno fate una cosa: smettetela di disgregare e di alimentare antagonismi tra le vittime di un sistema inceppato e ingolfato che proprio voi avete ideato e mantenuto con scelte sbagliatissime calate dall'alto sui docenti. Per quale motivo ad esempio avete bandito i TFA ordinari e avete selezionato duramente 11 mila docenti se sapevate benissimo che l'anno successivo sarebbero stati banditi i percorsi abilitanti speciali per un bacino di utenza che potrebbe aggirarsi tra le 70 e le 90 mila unità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Quali poteri forti, quali interessi si celano dietro questa scelta così cieca, così sbagliata, così poco lungimirante ? Avete solo creato nuovi precari, li avete abilitati ma non avete dato loro neppure la possibilità di spendere il loro titolo quest'anno, aggiornando almeno le graduatorie d'istituto. E ora, i percorsi abilitanti speciali, che vendete come un regalo, come un gesto di magnanimità, non sono altro che un atto dovuto per non incorrere nelle sanzioni dell'Unione europea che riconosce nelle tre annualità di servizio non solo il valore abilitante alla professione ma un vincolo rigido ad una assunzione a tempo indeterminato.
      E allora siate sinceri con gli aspiranti docenti italiani, dite loro la verità: dite loro che non ci sono soldi per la scuola e che i tagli di Tremonti ancora non bastano, che tutti loro potrebbero entrare in ruolo domani mattina, se solo noi ripristinassimo il tempo pieno, le compresenze, le ore e le cattedre tagliate con una scure malferma dalla Gelmini, ma che non c’è la volontà politica di farlo, perché il MEF destina i soldi ad altri Ministeri, come ad esempio a quello della difesa, per rifinanziare ogni anno le missioni militari.
      Dite queste cose alle persone, non continuate a generare categorie e sottocategorie di precari in guerra tra loro, che vedono nei propri colleghi e, semmai, in quelli che sono stati i propri compagni di università la minaccia per il proprio futuro, il nemico da combattere con la logica del mors tua vita mea. Noi del MoVimento Pag. 475 Stelle abbiamo proposto emendamenti su questo tema, ben consapevoli che toccare gli interessi dell'una o dell'altra categoria non porta voti o apprezzamenti, ma solo critiche.
      Tuttavia, non ci sembrava giusto lasciare tutto allo status quo, senza prenderci le responsabilità che, in quanto rappresentanti delle istituzioni, abbiamo nei confronti dei cittadini. In Commissione, tutti voi, PD, PdL e Scelta Civica, ci avete detto che non si può affrontare un tema così delicato in un decreto-legge. Anche qui, la vostra incoerenza ci ha spiazzato: affrontiamo tutti i giorni tutti gli argomenti, anche quelli che toccano più da vicino la vita delle persone, con i decreti-legge.
      Siamo i primi a pensare che ci voglia una progettazione più ampia e globale sul tema del reclutamento e siamo noi del MoVimento 5 Stelle che vi ripetiamo da 8 mesi che lo strumento della decretazione d'urgenza non ci va bene, ma se ora c’è un «decreto scuola» e un articolo nello specifico, che è l'articolo 15, che si riferisce al personale docente, a noi sembra tanto una scusa e un modo per non prendersi le proprie responsabilità dire che l'argomento è delicato e va affrontato con un disegno di legge in futuro.
      Alcune urgenze circoscritte, come quella dei diplomati magistrali, quella degli immatricolati in scienze della formazione primaria tra il 2008 e il 2011, quella dei TFA ordinari, potevano benissimo essere risolte in questo decreto-legge; anzi, la politica avrebbe, per una volta, dato un segnale all'esterno di assunzione delle proprie responsabilità e di volontà di farsi interprete del malessere e delle necessità dei cittadini.

      PRESIDENTE. Onorevole, concluda.

      SILVIA CHIMIENTI. A fronte di tutto questo, nonostante le lacune, le criticità e le contraddizioni, non possiamo che augurarci che questo decreto-legge abbia almeno una conseguenza tangibile e rilevante, e cioè riaprire un dibattito serio sullo stato dell'istruzione nel nostro Paese.
      Questo dibattito, da costruire in maniera sinergica, con i cittadini e in Rete, potrà indicare la strada verso un ritorno alla scuola che immaginarono i nostri padri costituenti: una scuola inclusiva, aperta a tutti, luogo di crescita e di formazione di persone non solo istruite, ma anche critiche e consapevoli, centro propulsore di cultura e di nuove idee, vero cuore pulsante della società (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

      PAOLA BINETTI. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, il Presidente del Consiglio, recentemente, proprio nel momento della presentazione di questo decreto-legge, disse: ci interessa ricominciare ad investire sull'educazione e sull'istruzione dopo anni di tagli. L'istruzione è il centro per il rilancio del Paese. Queste sono solo le prime risposte, perché le risorse sono limitate, ma ne verranno altre.
      E finalmente ritorna l'impegno per il diritto allo studio, uno dei temi più complessi, controversi e, purtroppo, più tagliati. Il decreto-legge mira ad assicurare un inizio alla vita scolastica e alla vita accademica più agevole possibile, ma, principalmente, punta a creare le fondamenta per un futuro migliore per la scuola e l'università, riportando i settori della formazione al centro della vita dello Stato e garantendo nuove risorse.
      Sono decisamente molti gli ambiti di intervento che il decreto-legge intende toccare, a cominciare dal personale scolastico, dai dirigenti ai docenti di sostegno, passando per i libri di testo, nell'ottica di un maggiore risparmio, ma anche dell'innovazione, e per le misure a favore del welfare studentesco, borse di studio o trasporti, mensa, accesso al wireless e così via.
      Un posto di rilievo è dato anche alla lotta contro la dispersione scolastica, alla formazione dei docenti, al miglioramento e all'innovazione dell'offerta formativa e al rilancio dell'alta formazione artistica, musicale Pag. 48e coreutica. È apprezzabile la determinazione del Ministro, che ha adottato il provvedimento in esame in coerenza con quanto esposto nelle linee programmatiche a suo tempo esposte.
      Per cui, pur sottolineando che le norme che si vanno ad esaminare sono contenute in un decreto-legge, e non in un'organica legge di riforma del settore dell'istruzione, questo stesso decreto-legge mette al centro dell'attenzione gli studenti, e questa credo che sia la principale, e a mio avviso fondamentale, novità di questo stesso decreto-legge.
      Si apprezzano in particolare le disposizioni di cui all'articolo 1 del provvedimento, che hanno ad oggetto il welfare dello studente, utilizzando una terminologia che va oltre il semplice sostegno del diritto allo studio. Direi, a modo suo, anche in questo senso, una terminologia abbastanza innovativa. Di fatto al centro del sistema scuola c’è lo studente e dobbiamo quindi garantire, come è stato fatto in altri modi, al welfare dello studente, in primo luogo, aspetti concreti del diritto allo studio e la possibilità per i capaci e per i meritevoli privi di mezzi di poter studiare senza ostacoli. In questo senso, sono stati stanziati 15 milioni di euro che dovrebbero favorire il raggiungimento dei più alti livelli negli studi e il pieno successo formativo degli studenti delle scuole medie superiori. Per il prossimo anno sono stati stanziati altri 15 milioni di euro. Gli obiettivi in base ai quali ripartire questi fondi sono tutto sommato profondamente condivisibili. Da un lato, vi è l'esigenza di alleggerire la spesa delle famiglie per pasti e trasporti. Per la prima volta, cerchiamo di prendere in considerazione lo studente non solo, come dire, svincolato da quello che è il suo contesto naturale, ma ci rendiamo conto che molte delle ragioni del successo o dell'insuccesso dello studente sono anche strettamente collegate al contesto sociale da cui proviene, e quindi, se si vuole migliorare la qualità delle sue performance, è necessario sapere che queste sono strettamente collegate anche a una maggiore attenzione prestata alla sua famiglia. Vi sono, quindi, le condizioni economiche dello studente valutate in base ai parametri ISEE, e su questo invece avremo qualche cosa da vedere, qualche cosa da discutere, perché non sempre le nostre valutazioni sui parametri ISEE sono state, per esempio, coincidenti con quelle che la stessa Viceministro Guerra ha esposto in Commissione affari sociali. Ma poi vi è un altro aspetto importante, che è il metodo degli studi in base alla valutazione scolastica di ognuno degli studenti. Ossia cerchiamo di mettere e di integrare insieme quello che è un macrosistema, il macrosistema sociale, con il sistema famiglia e con il sistema scuola, cercando di far dialogare questi mondi fra di loro perché il risultato del successo dello studente è soltanto la punta di un iceberg che rivela in che misura questi mondi rispondano a logiche davvero di analisi di bisogni e quindi di risposta concreta ai loro bisogni. Proprio per questo però – mi consenta, signor Ministro – in questo campo ci saremmo aspettati anche una misura più esplicita a favore dei collegi universitari, vere palestre di eccellenza, come il Ministro sa, anche a partire dalla sua esperienza alla Normale di Pisa. Invece, il «decreto scuola» ora, e il «decreto stabilità» domani, non fanno accenno a questa rete di servizi qualificati che rende davvero efficace la mobilità degli studenti, e garantisce quelle condizioni che vanno oltre la semplice accoglienza, ma consentono una più profonda integrazione tra culture diverse e un efficace aiuto per le famiglie. Peraltro, è apprezzabile nel decreto anche l'attenzione particolare posta alla lotta alla dispersione scolastica, non soltanto per l'entità dello stanziamento, pari a circa 15 milioni, ma soprattutto per il riferimento a un programma di didattica integrativa che contempli il rafforzamento delle competenze di base e i metodi didattici individuali, compreso il prolungamento dell'orario per i gruppi di alunni nelle realtà in cui è maggiormente presente il fenomeno dell'abbandono e dell'evasione dell'obbligo, con attenzione particolare alla scuola primaria. Se c’è una realtà in cui abbiamo bisogno di una didattica fortemente Pag. 49personalizzata, è proprio quella che guarda alla dispersione scolastica. È un contesto in cui le risposte soggettive non possono essere omologate. Ogni bambino reagisce in modo diverso alle sue difficoltà, e ogni difficoltà richiede un intervento qualificato e misurato su quella che è la sua specificità individuale. Molto interessanti – procedo velocemente; il Presidente mi ha permesso poi di consegnare la relazione, quindi posso semplicemente accennare ad alcuni aspetti che sono interessanti – gli aspetti che riguardano, per esempio, lo stretto legame tra ambiente, legalità e sviluppo, con una osservazione molto particolare concretamente posta dal Ministro, quando dice: «i più giovani che purtroppo hanno sempre meno fiducia nella politica, si impegnano invece sempre di più per le iniziative legate ai problemi dell'ambiente e del territorio». Questo significa restituire ai giovani, ai ragazzi, la consapevolezza e la responsabilità nei confronti dell’habitat in cui sono inseriti. Anche questo però – forse loro non lo sanno ancora – è un buon modo, forse il miglior modo, di fare politica.
      Questo aiuterà. Poi aiuta sicuramente anche per l'attenzione che il decreto pone alle esigenze di integrazione davanti ad una società globale. Devo dire che, a parte il riferimento specifico concreto, che io ho guardando con molta positività, che è il prolungamento del permesso di soggiorno agli studenti che sono iscritti, che frequentano una scuola, è importante anche la dimensione apparentemente tecnica, che è quella di inserire un'ora di studio di geografia, di geografia generale ed economica in più, come un modo di fornire non soltanto risposte sul piano emotivo, anche sul piano etico, ma risposte anche concrete sul piano cognitivo, sul piano della consapevolezza delle realtà concrete da cui queste persone provengono e a cui probabilmente dovrebbero tornare, però con un potenziamento di tutta la dimensione delle loro capacità e delle loro competenze.
      Particolarmente interessante è sicuramente anche il riferimento all'importanza del lavoro quotidiano e silenzioso degli insegnanti e mi sia concesso sottolineare in modo particolare, con particolare gratitudine, anche l'attenzione posta agli insegnati di sostegno. Più che mai abbiamo vissuto negli anni precedenti una tentazione di scaricare tutti i tagli sugli insegnanti di sostegno, perché sembra quasi un oggetto di lusso rispetto all'andamento complessivo e strutturale della classe. Viceversa, è proprio l'attenzione allo studente che pone i problemi di maggiore disagio, quella che a me piace chiamare «l'etica della cura», che è quella che, in realtà, forgia la qualità del rapporto di qualunque studente con il proprio insegnante. Vedere l'insegnante che si occupa con attenzione, con delicatezza di uno studente con difficoltà, che spiega e rispiega, che non si spazientisce è una di quelle molle più profonde, più importanti per mettere in gioco i propri talenti e le proprie capacità, sia per svilupparle sotto il profilo tecnico sia per svilupparle sotto il profilo del servizio rivolto agli altri.
      E per questo ben venga tutto il riferimento che il decreto-legge contiene rispetto alla formazione obbligatoria del personale scolastico. Formazione obbligatoria che si muove secondo il duplice binario. Da un lato, vi sono le competenze tecnologiche, quindi il superamento di quello che è una sorta, non dico di analfabetismo perché ormai non si può parlare di analfabetismo, però di ritardo strutturale nell'apprendimento delle nuove tecnologie. Lo soffriamo tutti quanti noi rispetto alla vivacità e alla vitalità con cui i giovani riescono invece a farsi carico delle fonti del loro sapere. Questo lo sappiamo tutti, una volta l'insegnante sapeva sempre di tutto e di più rispetto agli studenti. Oggi la prima forma di umiltà tecnologica che l'insegnante deve assumere è la competenza di molti degli studenti rispetto a una serie di fonti del sapere, che sono decisamente più avanti di lui.
      Voglio anche qui dire velocemente che, rispetto al tema della ricerca, che mi sembra sempre poco finanziata, nonostante il tentativo di finanziarla, mi ha fatto particolarmente piacere un passaggio: quando si inserisce tra le iniziative Pag. 50della ricerca la ricerca che ogni facoltà deve fare rispetto alla propria qualità didattica e ai propri sistemi di valutazione. Troppo spesso – come il Ministro sa – nel mondo universitario la ricerca è sempre la ricerca allo stato puro, quella ricerca che si traduce nella qualità della relazione con gli studenti, nella qualità del perfezionamento progressivo e continuo delle proprie metodologie didattiche viene considerato un oggetto di seconda categoria, di seconda qualità. L'idea che invece anche questi progetti godano, incontrino il consenso e che quindi vadano rafforzati e potenziati a me sembra che potrà migliorare di molto il tema della valutazione intesa come attività ordinaria nell'attività scolastica.
      Ma ho lasciato per ultimo – ma non per ultimo, per me – il passaggio sugli articoli 20 e 21. Per quanto riguarda l'articolo 20 è stato detto ed è stato riassunto – mi sembra – con grande chiarezza tutta la tematica relativa al bonus maturità e questa sorta di shock che soprattutto lo studente bravo, quello che poteva vantare nel suo curriculum anni di impegno ordinario, ha vissuto come se ci fosse stato un piccolo tradimento, come se gli fosse stato tolto qualcosa a cui aveva diritto. Per cui la soluzione di riaprire in parte queste graduatorie, di riammettere questi studenti sarà sicuramente vista positivamente da parte degli studenti, anche perché il Ministro non ignora che si è recentemente creata questa sorta di emorragia verso la Romania – non solo verso la Romania –, per cui studenti che non hanno superato i test in Italia di fatto poi si iscrivono in altre università europee, la cui consistenza degli studi io non voglio assolutamente giudicare, ma mi piace pensare che da sempre noi abbiamo posto nella formazione degli studenti un'attenzione molto alta e mi piacerebbe che i nostri studenti si formassero qui in Italia, per lo meno negli anni della formazione di base. Però – e questo è forse una delle cose a cui tengo maggiormente nel mettere in evidenza – esiste un bias strutturale gravissimo in un punto concreto della facoltà di medicina ed è il punto di raccordo tra gli anni dedicati alla formazione di base – quindi per arrivare alla laurea – e il momento in cui si ci si iscrive nella scuola di specializzazione.
      Penso che in questi casi i numeri siano forse la documentazione più concreta. Quest'anno, signora Ministro, come lei ben sa, si sono laureati circa 7.500 studenti e si sono laureati anche bene, perché lo studente di medicina, checché se ne dica, checché qualcuno possa pensare, ama, ama studiare, ama fare i suoi studi. Peccato però che le borse, i contratti di lavoro che le scuole di specializzazione mettono a loro disposizione erano l'anno scorso 4.500 e quest'anno si ventila, anche se effettivamente non ho la cifra esatta, che possano essere ridotte, il che significa che tra gli studenti laureati e gli studenti che saranno ammessi alle scuole della specializzazione c’è una perdita secca di quasi il 40 per cento. È questa la sacca in cui si annidano da un lato le raccomandazioni, da un lato le preferenze, da un lato i sotterfugi, dall'altro le frustrazioni, le delusioni, l'amarezza, il sospetto di corruzione del sistema, le critiche alla baronia.
      Quindi, anche se la graduatoria nazionale verrà condotta con criteri di massima equità, anche se – come io mi auguro – si risolverà il problema del confronto tra le medie degli esami e il voto di laurea e quindi ci sarà un accordo, suppongo, tra i presidi e i presidenti di consiglio di corso di laurea, per avere la massima coerenza e confrontabilità tra i sistemi di valutazione, se mi auguro che i quiz possano avere un carattere autenticamente selettivo e quindi capace di discriminare tra chi sa di più, chi sa di meno, chi tutto sommato ha acquisito le competenze reali per poter accedere alla scuola di specializzazione più di altri, pur tuttavia questo bias è un'ingiustizia gravissima nei confronti degli studenti di medicina. Infatti, se chi si laurea in legge può poi pensare di fare il notaio, il magistrato, il funzionario, l'uomo politico, l'impiegato, il libero professionista, chi si laurea in medicina vuole solo fare il medico. E gli studenti di medicina si laureano in percentuali di circa il 90 per cento. Finché non avremo Pag. 51garantito ad ogni laureato in medicina la possibilità di accedere ad una scuola di specializzazione, noi avremo un punto di debolezza strutturale nel sistema, che darà sempre il destro al rischio di una manipolazione, al rischio di una preferenza.
      Il Ministro poi ha visto e sa anche perfettamente che si parla anche di possibilità di acquisire borse o contratti di lavoro di tipo privato, e quindi questo aprirà comunque una sorta di tallone d'Achille. Allora io credo, Ministro, che se noi riusciremo a contemplare, con un sistema unitario, numero di studenti che si iscrivono a medicina (90 per cento, quindi togliamo un 10 per cento) e numero di contratti di lavoro per questi ragazzi attraverso le scuole di specializzazione, noi avremo fatto una cosa giusta (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia.
      Non aggiungo altro, consegnerò il testo integrale della mia relazione – di cui chiedo la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna – e ringrazio il Presidente della sua amabilità e anche i colleghi (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

      PRESIDENTE. Sono io che la ringrazio, onorevole Binetti, come ringrazio tutti i colleghi che stanno cercando di stare nei tempi che si sono assegnati.
      È iscritta a parlare l'onorevole Marzana. Ne ha facoltà.

      MARIA MARZANA. Signor Presidente, signora Ministra, colleghi, era il 5 giugno 1224 quando Federico II di Svevia, con la generalis lictera, ordina che a Napoli saranno insegnate tutte le arti professionali e sarà stabilita una sede di studi, cosicché tutti quelli che sono affamati di sapere scopriranno nel regno i mezzi per soddisfare le loro necessità di conoscenza e non saranno obbligati ad andare all'estero per amore degli studi.
      Se l'esigenza di istruzione assumeva tale centralità per un regnante circa 800 anni fa, ancora maggiore consapevolezza dovremmo attenderci oggi da una moderna classe politica. Viviamo in una società della conoscenza, dell'aggiornamento in tempo reale, della comunicazione istantanea, in cui la competizione è una dimensione globale. Bisognerebbe puntare quindi principalmente alla scuola come elemento di sviluppo del Paese, ciò allo scopo di formare giovani consapevoli, capaci e competenti, all'altezza della complessità delle sfide che il mondo globale ci pone. La grande velocità con cui cambia la nostra società impone di non lasciare immutato il nostro impianto scolastico, ed è per questo che il MoVimento 5 Stelle ha sostenuto, sin dalle prime battute dell'esame di questo decreto, un cambio di passo del sistema scuola, attraverso una maggiore attenzione agli studenti, la formazione continua del corpo docente, un reale potenziamento dell'offerta formativa, la trasformazione dell'organico di fatto in organico di diritto e l'ampliamento di quest'ultimo nell'ottica di un effettivo miglioramento della didattica.
      Purtroppo, dobbiamo constatare che questo Governo ha seguito un percorso che non è all'altezza delle sfide che abbiamo innanzi a noi. Il Governo affronta il problema della scuola puntando principalmente al risparmio della spesa. Le stesse risorse previste, davvero esigue, se da un lato dimostrano che era necessario correggere il tiro rispetto ai molteplici tagli già operati dai disastrosi interventi del duo Moratti-Gelmini, dall'altro risultano essere totalmente insufficienti per assegnare all'intero comparto dei saperi quel ruolo chiave necessario per il rilancio del Paese. Oggi ci troviamo ad esaminare questo decreto-legge nella sua stesura successiva alle modifiche apportate dalla competente Commissione parlamentare, nella consapevolezza che il suo corpo normativo presenta delle contraddizioni di fondo che non sono state ancora risolte.
      Per cominciare, il principio economico che ispira questo decreto non trova pari nel quadro comunitario. Altri Paesi d'Europa che condividono con noi comuni esigenze di bilancio e preoccupazioni per l'instabilità finanziaria, hanno investito in istruzione, ricerca e innovazione. Francia e Germania hanno accompagnato le loro Pag. 52misure di programmazione economica e finanziaria con massicci investimenti in conoscenza, consapevoli che ogni risorsa allocata per la filiera della conoscenza può divenire, in un sistema che funziona, moltiplicatore di sviluppo e catalizzatore di ripresa economica. In questo decreto manca la centralità dello studente intorno al quale costruire un sistema che possa assolvere ai suoi compiti istituzionali. Continua a preoccupare il capitolo «diritto allo studio», a causa delle scarsissime risorse stanziate per garantirlo. Nel nostro Paese appena l'8 per cento degli studenti riceve una borsa di studio. Circa la metà degli studenti idonei, perché meritevoli, ma privi di mezzi economici sufficienti, non è assegnatario del contributo economico cui ha diritto. Nel Mezzogiorno gli assegnatari sono addirittura una netta minoranza. A ciò si aggiunge la difficoltà da parte di diversi enti locali del Sud ad assicurare il trasporto gratuito agli studenti pendolari delle scuole secondarie di secondo grado e addirittura il trasporto e l'assistenza specialistica degli studenti con disabilità. Tutto questo mentre il diritto allo studio è solennemente sancito come principio inderogabile dall'articolo 34 della nostra Costituzione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 18,50)

      MARIA MARZANA. Ancora una volta assistiamo a un decreto-legge pomposamente annunciato, che però non si concretizza in misure tangibili e che non trova soluzione ai problemi già esistenti, soprattutto per una scarsa disposizione di fondi. Occorre una legge coraggiosa di riforma della scuola, che sappia guardare al futuro delle nuove generazioni, che affronti i nodi che abbiamo evidenziato e che a gran voce sono rivendicati da tutti i suoi attori, docenti, studenti, ricercatori, collaboratori scolastici, personale amministrativo.
      C’è l'urgenza non tanto di singole misure correttive ed estemporanee, quanto di un provvedimento che metta a sistema l'intera cornice legislativa che disciplini il mondo della scuola secondo il paradigma della conoscenza e della responsabilità. Non c’è quasi nulla di strutturale nel decreto, ma questo non ci sorprende. Non è il decreto-legge lo strumento per le riforme strutturali. Sappiamo bene che è il vostro mezzo di propaganda, trovate per comunicati spot ! Le stabilizzazioni, ad esempio, saranno quasi equivalenti ai pensionamenti e saranno sottoposte agli ormai consueti compromessi con i diritti dei lavoratori, segno che la scuola proprio non riparte.
      Si attendeva ben altra inversione di tendenza, soprattutto da Letta, dalla Carrozza e dal loro partito, il PD, che, dopo anni di presunta opposizione alle decisioni di Tremonti e Gelmini, dopo alcuni mesi di Governo e di buoni propositi, hanno partorito il classico topolino. Ho anche letto di inversione di tendenza da parte di questo decreto ma, per quanto mi sforzi, non riesco a trovare conferma se penso alle due cifre: i circa 400 milioni stanziati dal Governo per la scuola e gli 8 miliardi che alla scuola pubblica, statale, sono stati sottratti nel corso degli ultimi cinque anni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E questa bazzecola, a fronte della colossale cifra sottratta dalla Gelmini, oggi viene furbescamente venduta come un'inversione di tendenza. Ma stiamo scherzando ?
      Ed eccoci a quello che nel decreto non c’è e che noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo cercato di inserire attraverso i nostri emendamenti, trattandosi di priorità. Innanzitutto, lo scorporo degli alunni disabili gravi dal rapporto un docente-due alunni disabili che chiaramente implica dei costi aggiuntivi. Ma non se ne dovrebbe neppure discutere, visto che si tratta di una spesa destinata ad alunni e famiglie già fortemente penalizzati da disagi, deficit e difficoltà di varia natura. Tra l'altro, i dati dimostrano che tale rapporto non è rispettato nemmeno per i disabili lievi.
      A proposito di sostegno, vorrei soffermarmi su un emendamento a firma Centemero, approvato in Commissione, che prevede l'unificazione rateizzata delle aree di sostegno alla scuola secondaria di secondo Pag. 53grado. Sul tema abbiamo sentito gli insegnanti di sostegno e abbiamo incontrato la Federazione italiana per il superamento dell'handicap. Riteniamo corretto il principio dell'unificazione delle aree di sostegno in vista del conseguimento dell'obiettivo fondamentale dell'integrazione dello studente con disabilità nel contesto scolastico. L'insegnante di sostegno, infatti, viene assegnato alla classe in cui è inserito lo studente con disabilità e non al singolo studente. La specializzazione dell'insegnante nel sostegno, e non nella disciplina, assicura il supporto allo studente per superare le difficoltà legate al suo deficit grazie a strategie didattiche adeguate. La specializzazione nella materia, invece, può comportare la delega da parte del docente di classe del processo di insegnamento-apprendimento all'insegnante di sostegno. Tuttavia ci siamo astenuti sul tema in quanto siamo dell'idea che si sarebbe dovuto procedere all'unificazione delle aree di sostegno nell'ambito di un provvedimento che affrontasse la tematica dell’handicap in modo organico per superare le numerose problematiche che ancora permangono, quali un'insufficiente collaborazione tra docente di classe e di sostegno e tempi della redazione del PEI, piano educativo individualizzato, troppo lunghi e non funzionali alla realizzazione di una vera programmazione didattico-educativa.
      Inoltre, con l'unificazione delle aree di sostegno, si procede ad una modifica rilevante delle classi di concorso che, ricordiamo, non è materia di questo decreto e richiederebbe un adeguato confronto. La nuova riformulazione, tra l'altro, istituisce un regime di transizione verso l'area unica. Infatti, alcuni insegnanti saranno collocati in un'area unica, altri nelle quattro aree almeno fino al 2017, creando una palese disparità di trattamento e ulteriori ingiustizie nel reclutamento e nelle supplenze tra docenti all'interno delle province e tra province, dando così il via all'ennesima montagna di ricorsi. Inevitabilmente questo tema ci conferma che, nel ritenere ammissibili prima e nell'avere il parere favorevole del Governo agli emendamenti poi, sono stati utilizzati due pesi e due misure. Infatti, in questo decreto-legge non è stato possibile affrontare il tema delle graduatorie per il reclutamento dei docenti, un'altra emergenza sociale, perché maggioranza e Governo intendono discuterlo in un provvedimento ad hoc. Noi abbiamo l'impressione, invece, che vogliano mantenere le disparità tra categorie perché ciascuna rappresenta un bacino elettorale a cui promettere puntualmente la risoluzione dell'ingiustizia subita, tranne poi vedere disattendere le promesse e favorire una perenne lotta tra legittime richieste di cittadini.
      Un'altra priorità per il MoVimento 5 Stelle è rappresentata dalla formazione continua del personale docente in rapporto alla presenza in classe di alunni con bisogni educativi speciali, cioè di alunni che nel loro percorso scolastico hanno bisogno di particolari attenzioni e strategie didattiche adeguate. Ci aspettavamo che si trattasse di una priorità anche per il Ministro dell'istruzione: di recente ha emanato una direttiva e una circolare che prevedono la realizzazione di un piano didattico personalizzato anche per gli alunni con disturbi specifici dell'apprendimento, dello sviluppo o che si trovano in situazione di svantaggio economico, linguistico o culturale. E, invece, con questo decreto vengono stanziati solo 10 milioni che, peraltro, sono subordinati principalmente all'esito delle discutibili prove INVALSI. Sono forti le preoccupazioni tra i docenti che temono un carico eccessivo di lavoro ed è per questo che si deve garantire loro un'adeguata formazione allo scopo di favorire una reale presa in carico di ciascun alunno con le proprie specificità. Un adeguato stanziamento di risorse per la formazione ai BES (non certo soli 5 milioni di euro dell'emendamento Santerini) consentirebbe agli insegnanti di classe di operare adattamenti il più possibile naturali e di fornire aiuti decisivi e risolutivi che offrano all'alunno la possibilità di svolgere i compiti come e insieme ai suoi compagni.
      Nel decreto si parla di programmi per la prevenzione della dispersione scolastica, Pag. 54dopo i moniti dell'Europa, a cui sono però destinate cifre irrisorie, 15 milioni, e che dopo l'approvazione di un emendamento, saranno spalmati, tra l'altro, su tutti i gradi di scuole. Eppure si rendevano necessarie risposte ben precise come, ad esempio, la reintroduzione del tempo pieno e prolungato.
      Difatti, dopo i tagli della Gelmini, le famiglie continuano a vedere insoddisfatte le loro richieste di servizio scolastico pomeridiano, che le scuole spesso possono offrire soltanto a pagamento. Ci siamo sbagliati, ed io per prima, quando pensavamo che la Gelmini fosse un'incapace, questo è l'epiteto più educato che riesco a pensare. In effetti, lei è stata un'ottima esecutrice, un infallibile sicario: è stata incaricata di portare al degrado la scuola pubblica (l'unica che la stragrande maggioranza può permettersi), mentre si favorisce quella ultracostosa, per pochissimi.
      Appare chiaro come anche questo Governo stia sottovalutando il valore dell'istruzione, con una politica miope, che dimentica come il danno che la povertà materiale, culturale e di opportunità educative produce sull'infanzia ha effetti rilevanti sulla formazione dei nostri ragazzi. Con la mancanza del tempo pieno, la dispersione scolastica, soprattutto in alcune zone del Sud, continua ad essere elevatissima, e ovviamente l'insuccesso scolastico si lega al rischio di essere arruolati in circuiti di sfruttamento e di criminalità, indebolendo gli sforzi di affermare una cultura della cittadinanza e della legalità. Occorre, invece, un investimento strutturale contro la dispersione, che parta dal dato che nelle regioni in cui è più alto il tasso di dispersione scolastica solo il 5 per cento delle scuole elementari ha il tempo pieno, mentre, ad esempio, in Lombardia, dove il tasso di dispersione è molto più basso, l'85 per cento delle scuole primarie adotta il tempo pieno. Al fine di attuare, quindi, un serio piano di prevenzione della dispersione scolastica, bisogna ridurre la forbice esistente tra queste due aree, attestando la media nazionale del tempo pieno sulla percentuale dell'85 per cento.
      Concludo davvero, dicendo che saremo davvero soddisfatti solo il giorno in cui il Governo del Paese ridurrà il numero degli alunni per classe, riconoscerà la dignità e la professionalità degli insegnanti, garantirà la partecipazione democratica alla gestione della scuola, eliminerà il precariato, ponendo una volta per tutte fine ad un ridimensionamento selvaggio del sistema scuola. Colleghi, signora Ministra, ottocento anni dopo Federico II, si respira aria di monarca nei palazzi del potere, e di Medioevo nella gestione della cosa pubblica. Ciò che non si respira, invece, è aria di istruzione all'interno del Ministero (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carocci. Ne ha facoltà.

      MARA CAROCCI. Signor Presidente, signora Ministro, cercherò di sintetizzare al massimo il mio intervento, limitandomi ad analizzare alcuni aspetti del Capo I, in quanto secondo noi sono esemplificativi. Intanto, esemplificativi del fatto che si ricomincia ad investire sull'istruzione: è questa l'inversione di tendenza, perché passare dai segni «meno», «meno», «meno» al segno «più», comunque, un'inversione di tendenza lo è; e, poi, perché si decreta d'urgenza, in modo da rendere immediatamente disponibili le risorse messe in campo. È esemplificativo anche del fatto, però, che in Commissione si è agito e lavorato con uno spirito collegiale e costruttivo, di cui tutti i gruppi hanno dato prova, pur nel permanere di elementi di forte tensione e di opinioni anche marcatamente differenti.
      Si affrontano per primi, nel Capo I, i temi del welfare e, in particolare, con riferimento alle spese di trasporto degli studenti pendolari, per i quali, come si è già ricordato, si incrementano di 15 milioni le risorse per il trasporto già nel 2014. Gli emendamenti approvati in Commissione hanno migliorato il testo, introducendo, oltre ai requisiti di reddito, anche quelli di frequenza, per rafforzare la ratio del provvedimento volta a favorire, Pag. 55appunto, la frequenza scolastica degli studenti più a rischio di dispersione ed abbandono, permettendo ed incentivando, in primo luogo, il raggiungimento delle scuole.
      Voglio sottolineare come questo e molti altri emendamenti, sia della maggioranza che dell'opposizione, siano stati approvati all'unanimità, a testimonianza, appunto, di un lavoro collegiale che ha visto discutere in Commissione, entrando nel merito di ciascuno, tutti gli emendamenti, uno per uno, ed erano 450 emendamenti.
      Si affronta, quindi, la tutela della salute nelle scuole, con nuove norme sul divieto di fumo, che però in Commissione abbiamo ritenuto di ampliare negli aspetti educativi, introducendo emendamenti volti a far rimanere nelle scuole i proventi delle multe, affinché vengano utilizzati per la realizzazione di attività formative di educazione alla salute (contro il tabagismo, le dipendenze, i disturbi alimentari; saranno le scuole ovviamente a decidere), e norme volte anche a garantire la qualità nutrizionale del menù delle mense scolastiche, in particolare con l'apporto di prodotti ortofrutticoli locali, stagionali e biologici.
      Altro tema riguarda il potenziamento dell'offerta formativa che si intende incrementare attraverso tre misure: l'introduzione dell'ora di geografia in un anno del biennio degli istituti tecnici e professionali dove non sia già previsto (se ne è già parlato).
      Contemporaneamente, però, un emendamento introdotto in Commissione prevede di dar subito corso al monitoraggio già previsto dai decreti sul riordino dei cicli della scuola secondaria di secondo grado, i cui risultati serviranno alla ridefinizione degli indirizzi, dei profili e dei quadri orari. In questo ambito sarà possibile un intervento sistematico di modifica e di riordino, meditato e di ampio respiro, non affrontabile secondo noi in sede di decretazione d'urgenza – al di là di facili semplificazioni –, perché così si potranno prendere in esame in modo approfondito, e senza creare eventuali altri danni, ulteriori eventuali integrazione di materie.
      Altro provvedimento riguarda i progetti didattici che scuole, università ed accademie potranno attuare in collaborazione con musei, siti di interesse culturale, archeologico, in generale istituzioni culturali e scientifiche, per organizzare mostre, elaborare guide o realizzare aule o laboratori multimediali o libri e materiale illustrativo, anche multimediale. Inoltre, si prevede la costituzione e l'aggiornamento di laboratori tecnico-scientifici che utilizzino materiali innovativi. Questo renderà più faticoso forse, più gratificante anche, però, il lavoro dei docenti, docenti che io conosco da trent'anni. Dal 1984 fino al marzo scorso io ho lavorato nella scuola e devo dire – mi dispiace che non ci sia il collega Buonanno – che questa fannullaggine e ignoranza da lui rilevate nelle scuole che evidentemente sono vicine a casa sua, io per fortuna mia non l'ho rilevata. Anzi, ho trovato in genere insegnanti poco pagati, assolutamente non riconosciuti socialmente, a cui tutto si chiede e poco si dà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
      Ancora, vorrei dire, si interviene per contenere il costo dei libri di testo, sia attraverso regole per l'adozione, sia con agevolazioni per le famiglie in difficoltà. Per ciò che riguarda le regole: l'adozione è facoltativa. In Commissione abbiamo esteso la normativa anche ai materiali didattici integrativi e a tutti gli ordini di scuola. Inoltre, è stato abrogato il riferimento alla responsabilità disciplinare del dirigente in caso di approvazione di delibera che superi i tetti di spesa, in quanto la delibera è di esclusiva pertinenza del collegio. Si incentiva l'adozione di una nuova generazione di testi scolastici, preferibilmente su piattaforme aperte che prevedano la collaborazione di studenti e docenti.
      Si affronta il tema della dispersione scolastica, soprattutto nelle zone di maggior evasione dall'obbligo.
      Per il rafforzamento delle competenze di base, si avvia già da quest'anno un programma di didattica integrativa che, anche attraverso il prolungamento dell'orario scolastico, si possa attuare. Nel Pag. 56testo del decreto-legge l'intervento era particolarmente rivolto alla scuola primaria, in Commissione abbiamo inteso estenderlo anche ai successivi ordini di scuola. Il MIUR, a tal proposito, emanerà, sentite le regioni, un decreto con linee guida – quindi non con norme prescrittive – per supportare le scuole nella progettazione, e che contenga criteri per la selezione delle scuole assegnatarie delle risorse. Le scuole potranno avvalersi di associazioni e fondazioni senza scopo di lucro abilitate dal MIUR e particolarmente competenti in materia. Il programma mira al rafforzamento delle competenze di base e dei metodi didattici con la finalità di sviluppare soluzioni innovative e percorsi specifici per gli studenti più a rischio di abbandono scolastico.
      Già da questo anno, le scuole potranno potenziare le attività di orientamento. Il provvedimento, inizialmente rivolto all'ultimo biennio della scuola secondaria superiore, è stato esteso anche all'ultimo anno della secondaria inferiore, della scuola media, cioè ad entrambi i momenti cruciali in cui gli studenti effettuano una scelta determinante per il loro futuro formativo.
      Le attività di orientamento potranno essere svolte in collaborazione con Camere di Commercio, agenzie per il lavoro, associazioni studentesche, imprese e rappresentanze del mondo del lavoro e delle professioni. Sempre la Commissione ha suggerito la predisposizione di un apposito portale telematico in cui gli studenti possano chiedere informazioni su orientamento e diritto allo studio. Relativamente alle attività aggiuntive svolte dai docenti in relazione all'organizzazione, programmazione e realizzazione dei progetti, potranno essere remunerate sia dai fondi messi a disposizione dai progetti stessi, sia dal fondo di istituto.
      Ho voluto quindi esaminare come dicevo prima solo alcuni aspetti del primo capo del decreto, perché secondo me esemplificativi dello spirito della norma: ricominciare ad investire sull'istruzione, affrontare i problemi più urgenti per offrire un concreto aiuto agli studenti ed alle famiglie, perché a tutti vengano date pari opportunità, ed alle scuole che tutti giorni in trincea combattono contemporaneamente contro la dispersione e l'abbandono, e per dare a tutti le competenze necessarie ad esplicare tutte le proprie potenzialità individuali e divenire cittadini consapevoli.
      Volevo anche ricordare al collega Buonanno che in realtà il Fondo per le borse di studio è stato portato a 150 milioni di euro, probabilmente gli è sfuggita questa notizia, viste le sue frequenti assenze in Commissione.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gianluca Vacca. Ne ha facoltà.

      GIANLUCA VACCA. Grazie Presidente, colleghi, Ministro. I colleghi che mi hanno preceduto, i colleghi della maggioranza, hanno dipinto un quadro dei lavori in Commissione nel quale francamente non ci ritroviamo. Il clima idilliaco dipinto appunto conferma i nostri sospetti: l'approvazione di alcuni nostri emendamenti viene sbandierata dalla maggioranza come dimostrazione di una presunta apertura alle istanze del Movimento 5 Stelle. Falso, questo è assolutamente falso. Tutto è stato fatto a costo zero perché in realtà, lo sappiamo benissimo, chi comanda anche nel Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è il MEF, il Ministero dell'economia e delle finanze. Allora, Ministro, noi vorremo inaugurare questo intervento riprendendo quanto da lei dichiarato nel corso dell'audizione davanti alle Commissioni riunite. Il livello di formazione ha un legame diretto con il tasso di sviluppo economico di una certa popolazione, di un certo Paese in un dato momento storico.
      Noi aggiungiamo che il grado di civiltà, di onestà, di coesione, solidarietà sociale e di pace è proporzionale al grado di istruzione dell'individuo. Partendo da questa riflessione noi del Movimento 5 Stelle rivolgiamo le nostre energie e competenze per invertire la colpevole e volontaria tendenza alla destrutturazione e al depotenziamento del sistema di istruzione e Pag. 57formazione italiano, che ha caratterizzato l'ultimo ventennio. Tale intento colposo è sempre più avvalorato da tutti gli atteggiamenti e i provvedimenti che si sono susseguiti negli ultimi anni. Infatti, se da un lato gli ultimi governi dichiaravano intenti a dir poco favolosi, dall'altro operavano in maniera strategica e strumentale contro ogni spinta di miglioramento e a favore di un continuo depotenziamento del sistema statale dell'istruzione. Ma questo non solo mortifica un intero comparto fatto da milioni di utenti, ma di fatto ha condannato l'Italia ad una lenta ma inesorabile agonia, anche e soprattutto economica. Proporre un forte investimento economico sull'istruzione e sulla cultura cui va affiancato uno sforzo istituzionale per modificare le leggi e i regolamenti attualmente in vigore, significa investire sul futuro, sul lavoro e sullo sviluppo.
      Siamo convinti che non possa esistere uno sviluppo economico capace di resistere ai continui mutamenti del mondo globalizzato senza una società coesa e culturalmente avanzata. Chiedere maggiori risorse per l'istruzione non è in sintonia con le linee programmatiche del governo ? Come possono essere garantiti la qualità della didattica, il welfare degli studenti, il diritto allo studio universitario, la tutela della salute nella scuola, il potenziamento dell'offerta formativa, la riduzione del costo dei libri scolastici, la prevenzione della dispersione scolastica, personale scolastico e organizzazione didattica all'altezza di un Paese moderno, la formazione specialistica dei medici, personale degli enti di ricerca e dell'università che possono garantire servizi adeguati, ricercatori competenti, come può essere garantito tutto ciò se non attraverso l'investimento di ingenti risorse ? Invece con questo decreto-legge assistiamo ad una serie di provvedimenti di facciata, di specchietti per le allodole che fanno notizia ma non affrontano alcun problema nevralgico del mondo della formazione italiana, perché questo decreto non è altro che uno spot mediatico ad uso dei salotti televisivi e delle interviste giornalistiche senza contraddittorio.
      Non è un segreto che noi perseguiamo l'obiettivo di una scuola statale di qualità, efficace ed efficiente che riduca i divari culturali sia tra individui che tra aree geografiche. La coesione sociale, come valore imprescindibile per il raggiungimento del bene individuale, può essere raggiunto solamente rafforzando il settore dell'istruzione, della ricerca e della cultura.
      Già lo strumento del decreto-legge appare del tutto ingiustificato; questo Governo, come i precedenti, sta perseguendo una modifica di fatto dell'assetto costituzionale legiferando in maniera illegittima attraverso lo strumento del decreto-legge, che dovrebbe essere adottato in casi straordinari di necessità e d'urgenza; nel decreto-legge in esame non si ravvisano complessivamente queste urgenze, sono presenti provvedimenti che entreranno in vigore nel 2015 o che avanzano programmazioni triennali, come nel caso della pianificazione triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale scolastico e che non dovrebbe avere carattere d'urgenza ma essere strutturalmente compreso in una azione ordinaria di ogni Governo. Così come dovrebbero essere strutturalmente stabili i fondi destinati alle scuole: che senso ha dotare le scuole di connessioni wireless, quando poi a causa dei tagli ai fondi le stesse scuole o non hanno computer adeguati o sono costrette a trascurare i laboratori informatici perché non possono permettersi di pagare la normale manutenzione informatica ?
      Una delle grandi emergenze del Paese è la qualità del sistema di formazione che non può essere affrontata per decreto-legge e trattata in Parlamento con la logica della contrapposizione maggioranza-minoranza. Dovrebbero essere messe in campo tutte le energie, le idee, le competenze e dimostrare la volontà politica di cambiare le cose. Voi pretendete e ci volete far credere, ormai da decenni, che è possibile fare riforme a costo zero: una balla colossale che viene ripetuta come un disco rotto. Prima di tutto bisogna investire sulla classe docente, umiliata fino all'inverosimile anche da interventi insulsi e tipici di Pag. 58persone che ignorano il mondo della scuola, come quello del deputato Buonanno che mi ha preceduto. Una categoria, quella dei docenti, che da anni aspetta una riforma meritocratica della progressione in carriera e che nel frattempo ha visto i propri stipendi, già mortificanti, bloccati e, dunque, ridotti a fronte di un aumento del carico di lavoro. È una guerra tra poveri, diciamolo. Nel migliore dei casi, un docente, prima di acquisire la posizione di ruolo effettivo, ha dovuto subire almeno 6/8 anni di precarietà; le conseguenze negative non sono soltanto individuali ma anche sulla comunità scolastica nella sua completezza. La precarietà nella scuola non rappresenta un problema marginale; i numeri parlano chiaro: più di 100 mila precari ogni anno sono riassegnati alle scuole e le conseguenze negative sono molteplici. Nella scuola secondaria di primo e secondo grado sono molte le classi di alunni che iniziano il percorso didattico in ritardo a causa della precarietà dei docenti. Personalmente ho visto moltissime classi di studenti che potevano cominciare il percorso di studi di alcune discipline a ottobre se non novembre, e parliamo di matematica, italiano, mentre gli uffici scolastici provinciali e regionali sono sovraccaricati di lavoro soprattutto nel periodo estivo per garantire il regolare inizio delle lezioni a settembre. Alla luce di ciò, un piano triennale come quello da voi previsto in questo decreto appare assolutamente inadeguato a risolvere la piaga del precariato.
      Per non parlare del caos reclutamento, di cui hanno già abbondantemente parlato in precedenza. Questa schizofrenia sul reclutamento ha provocato una vero e proprio disagio della classe docente; a questo punto ci chiediamo: tutto questo è voluto o è frutto di incompetenza e dilettantismo ? Come è possibile che ogni problematica della scuola non venga mai risolta in maniera definitiva ? Gli esempi sono tantissimi, dall'ultimo pasticcio targato «quota 96» alla problematica mai risolta del collocamento dei docenti inidonei; dal precariato del personale ATA e dalla vicenda assurda degli ATA ex enti locali, all'insufficienza di servizi nelle scuole.
      Nel corso degli anni, si è operato in maniera sistematica a vantaggio delle scuole private con delle regole che tendono a favorire profitti, storture del sistema, e che mettono in difficoltà la scuola statale. Pensiamo al problema urgente e non affrontato dei «diplomifici», mercati di titoli di studio, dai quali escono ogni anno migliaia di diplomati in maniera piuttosto discutibile; sono diversi i casi balzati alla cronaca nazionale. E pensiamo allo sfruttamento dei docenti e di giovani laureati nelle scuole private. Ebbene, nel decreto-legge voi destinate il personale da assumere, anche per combattere i «diplomifici», al Sistema Nazionale di Valutazione, tanto contestato e inadatto al sistema di istruzione italiano perché fondato sulla scuola a quiz di stampo INVALSI, che umilia e banalizza l'intero percorso formativo. La degenerazione cui assistiamo non tende a frenarsi, ma giorno dopo giorno trova spazio nel Governo fino al punto da ipotizzare l'introduzione del sistema INVALSI anche nell'Università. Follia pura.
      Le soluzioni dichiarate sulla stampa da lei, Ministro, sono molteplici e discordanti e gettano ancora più nel panico un mondo della scuola già abbastanza provato. Il Governo dovrebbe chiarire il motivo per cui non ha affrontato le vere emergenze. Ad esempio ci chiediamo se non sia una emergenza il sistema dei concorsi truccati alle università: tutti sanno ma nessuno ne parla, tutti sanno ma nessuno agisce.
      Lei, Ministro, ha dichiarato in un nostro question-time di voler aspettare l'esito delle indagini: noi le ricordiamo che lei non è una cittadina normale, è il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e come tale dovrebbe affrontare, insieme al Parlamento, il problema del reclutamento promuovendo forme concorsuali che non siano gestibili dalle baronie, svecchiando completamente la classe docente universitaria e immettendo tanti giovani Pag. 59ricercatori, abolendo il blocco del turn over realmente, e rivedendo il sistema dei punti organico.
      Anche per l'università i tagli di risorse sono ingenti, i provvedimenti targati Gelmini e Monti hanno fatto ricadere tutti i tagli al FFO sulle spalle degli studenti e delle rispettive famiglie provocando un incremento delle tasse di iscrizione, contraendo il diritto allo studio e il numero di borse di studio assegnate, riducendo al lumicino i servizi che gli atenei possono erogare a causa della cronica mancanza di risorse. Soprattutto sul diritto allo studio e sulla tassazione a carico degli studenti abbiamo proposto alcune soluzioni sia attraverso progetti di legge sia attraverso una serie di emendamenti che, puntualmente, sono stati bocciati. Si evince chiaramente che la classe politica e partitica attualmente al Governo sta facendo di tutto per precarizzare il mondo della ricerca e della formazione universitaria, vuole far ricadere tutti i costi sulla comunità degli studenti regalando la gestione degli atenei a, ormai, potentissimi rettori e baroni.
      Queste sono le vere emergenze, ma state dimostrando che non c’è nessuna volontà politica di affrontarle. D'altronde, come ripetiamo ormai in molte circostanze, sembra davvero difficile chiedere alle stesse forze politiche che hanno rovinato il nostro Paese (in questo caso la scuola e l'università) di invertire la rotta e risolvere quei problemi da loro creati.
      Vorrei chiudere, Presidente, con le profetiche parole di un padre della nostra Repubblica, Calamandrei, che 63 anni fa così affermava con incredibile lungimiranza: «Come si fa a istituire in un Paese la scuola di partito ? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Ma c’è un'altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, così come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime. Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito unico al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito ? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada. Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato !»
      Ebbene, con queste parole vi ringrazio, Ministri e deputati del partito unico dominante (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Vezzali. Ne ha facoltà.

      MARIA VALENTINA VEZZALI. Signor Presidente, Ministro, colleghi, svilupperò il mio intervento in via principale per rilevare un aspetto che, a mio avviso, poteva trovare in questo importante provvedimento una sua collocazione ed una soluzione, se non definitiva, almeno sperimentale. Mi riferisco all'inserimento dell'insegnamento dell'educazione motoria all'interno dei curricula obbligatori della scuola primaria.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 19,20)

      MARIA VALENTINA VEZZALI. Senza voler scorrere il pensiero dall'antica Grecia al Medioevo fino all'età moderna, l'importanza che l'educazione motoria riveste nello sviluppo e nella crescita del bambino è un fatto ormai noto, quello che non è noto è il perché la scuola italiana non abbia dato adeguata importanza e spazio a questa necessità. Sebbene i vari programmi ministeriali pongano l'accento Pag. 60sulla primaria importanza della formazione fisico-motoria, dobbiamo rilevare una contraddizione di fondo, nel senso che il tempo che le viene dedicato è irrisorio rispetto alle finalità che si dovrebbero raggiungere.
      Le considerazioni di ordine economico-finanziario possono giustificare solo in parte questa assenza e comunque non fanno venir meno le ragioni per un suo inserimento all'interno dei curricula. Voler dare la precedenza all'educazione intellettuale non deve necessariamente escludere il bisogno di ogni bambino di scoprire le potenzialità ed i limiti del suo corpo e svilupparne le capacità. Attraverso una buona educazione motoria si aiuta non solo il bambino di oggi, ma l'uomo di domani, se ne aiuta cioè lo sviluppo psicofisico e la corretta cura del suo corpo, con ricadute positive anche sui sistemi sanitari di un Paese.
      In questo modo, si aiuta il bambino a prendere confidenza non solo con le proprie potenzialità, ma lo si fa entrare in relazione anche con i suoi simili.
      Attraverso l'educazione motoria, o più comunemente, attraverso lo sport, si viene a contatto con valori ormai quasi smarriti, come il rispetto degli altri, il sacrificio, lo spirito di squadra ed una sana competizione.
      Anzi proprio perché oggi i modelli nello sport che ci vengono proposti sono improntati più al guadagno che ad altro e diventano modelli per i nostri ragazzi, occorre una rieducazione che rifaccia scoprire il vero e più sano significato dello sport.
      Questo era l'obiettivo dell'emendamento presentato dai rappresentanti del gruppo Scelta Civica presso la VII Commissione: colmare una grave carenza nello sviluppo motorio del bambino in una fascia di età delicata, anche perché oggi quel po’ di attività che viene fatta a livello di scuola materna ed elementare, viene svolto da maestri generalisti, considerata l'assenza di un insegnante di scienze motorie.
      Sebbene anche l'UNESCO raccomandi di dedicare all'attività motoria almeno un sesto dell'orario scolastico settimanale, oggi più di uno studio sulle abitudine alimentari e motorie dei bambini ha sottolineato come i genitori italiani giudichino i propri figli pigri o sedentari.
      Mentre in Europa prevale un modello in cui l'educazione motoria è prevista a volte già nelle scuole materne e, comunque, sin dalla scuola primaria, l'Italia rappresenta un'eccezione, in quanto l'educazione fisica come materia di insegnamento obbligatoria è prevista solo dalla scuola media, un gap che non possiamo permetterci e che spero il Governo possa colmare al più presto.
      Tornando al merito del decreto-legge, valutiamo positivamente un testo che rimette al centro l'istruzione, la scuola e gli insegnanti dopo che, per anni, sono stati poco presenti nell'agenda dei Governi che si sono succeduti.
      Si tratta di un cambio di rotta fondamentale per la politica dell'istruzione e della ricerca scientifica in Italia, un settore che è stato colpito negli ultimi anni da ingenti tagli, che hanno provocato veri e propri danni, sia dal punto di vista delle strutture, che dell'offerta formativa, ed è stato depotenziato in alcuni importanti settori, quali il contrasto alla dispersione scolastica, l'integrazione degli studenti migranti, l'accoglienza e il sostegno ai ragazzi affetti da disabilità.
      Anche il Presidente della Repubblica, Napolitano, si è espresso al riguardo, in occasione dell'inizio dell'anno scolastico, ricordando la politica del passato dei tagli ingiustificati di risorse al settore della scuola. Ed è apprezzabile, Ministro, la sua determinazione, adottando il provvedimento in esame, in coerenza con quanto esposto nelle linee programmatiche del suo Dicastero, illustrate di fronte alle Commissioni cultura riunite di Camera e Senato, in linea anche con la sensibilità dimostrata dal Presidente del Consiglio, Letta.
      Il decreto mira ad assicurare un inizio del nuovo anno scolastico e accademico più agevole possibile, ma principalmente punta a creare le fondamenta per un futuro migliore per la scuola e l'università, Pag. 61riportando i settori della formazione al centro della vita dello Stato e garantendo nuove risorse.
      Sono decisamente molti gli ambiti di intervento toccati dal decreto: a cominciare dal personale scolastico, passando per i libri di testo (nell'ottica di un maggiore risparmio, ma anche dell'innovazione) e per le misure a favore del welfare studentesco (borse di studio per trasporti e mensa, accesso al wireless a scuola). Un posto di rilievo è dato anche alla lotta contro la dispersione scolastica, la formazione dei docenti, il miglioramento e l'innovazione dell'offerta formativa e il rilancio dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica.
      Pur sottolineando che le norme che si vanno ad esaminare sono contenute in un decreto-legge e non in una organica legge di riforma del settore dell'istruzione, lo stesso mette al centro dell'attenzione gli studenti. Si apprezzano, in particolare, le disposizioni di cui all'articolo 1 del provvedimento, che hanno ad oggetto il welfare dello studente, utilizzando una terminologia che va oltre il semplice sostegno del diritto allo studio. Sono altresì da considerare favorevolmente le disposizioni di cui all'articolo 6, concernenti la riduzione del costo dei libri scolastici, ed in particolare l'aver reso facoltativo, da parte del collegio dei docenti, l'adozione dei libri di testo oltre ad aver reso effettivo il rispetto dei tetti di spesa, così come quelle relative al comodato d'uso dei libri di testo, per il quale sono state attribuite risorse aggiuntive.
      Per quanto concerne la prevenzione della dispersione scolastica, particolarmente importanti sono le disposizioni ivi comprese, nell'ottica del raggiungimento degli obiettivi in materia previsti dall'agenda «Europa 2020», la quale indica il raggiungimento del livello del 10 per cento di dispersione, a fronte del 18 per cento attuale. Di rilievo sono le disposizioni finalizzate alla valorizzazione del personale, soprattutto di quello docente, in particolare con la previsione di un opportuno piano pluriennale per la stabilizzazione del personale precario, ivi compresi circa 27 mila docenti di sostegno, a tutela del diritto allo studio degli studenti con disabilità. Alcuni temi del provvedimento quali la stabilizzazione degli insegnanti di sostegno, il welfare scolastico e l'orientamento scolastico vanno verso la giusta direzione. Occorre tuttavia fare delle riflessioni su alcuni argomenti che a mio avviso devono essere migliorati e sviluppati. Ad esempio bisogna dare maggiore responsabilità alla scuola statale, dare una maggiore stabilità e una maggiore efficacia al sistema di valutazione delle scuole, attraverso l'incremento e l'utilizzo di ispettori, i concorsi devono essere migliorati al fine di ottimizzare il funzionamento del sistema. Bisogna porre maggiore accento sul merito, cioè riconoscere il merito di selezione, ad esempio per i TFA, oppure per chi ha conseguito la laurea in formazione primaria o ha un buon curriculum scolastico. Dopo tanti tagli stiamo quindi facendo una serie di piccoli passi, in vari settori importanti, nella giusta direzione: si sta cioè ridando attenzione al mondo della formazione, che è un cruciale volano di crescita e sviluppo non soltanto economico, bensì anche culturale e sociale. Nel decreto-legge c’è spazio anche per la salute e la tutela della sicurezza degli studenti; infatti è stato ampliato il divieto di fumo a scuola: viene esteso anche alle aree all'aperto che sono di pertinenza degli istituti. Proibito è anche l'uso della sigaretta elettronica nei locali chiusi delle scuole. Per quanto riguarda il sistema universitario e della ricerca sono state previste varie misure. A cominciare dall'anno accademico 2013-2014, l'importo dei contratti dei medici specializzandi è fissato ogni tre anni e l'ammissione alle scuole di specializzazione avverrà sulla base di una graduatoria nazionale. La durata del permesso di soggiorno degli studenti stranieri è parificata a quella del loro corso di studi o di formazione, nel rispetto della disciplina vigente sulle certificazioni degli studi e dei corsi formativi. Nella sfera della ricerca scientifica, per premiare il merito e l'eccellenza nella ricerca, la quota premiale del fondo di finanziamento degli enti di ricerca è erogata, Pag. 62per la maggior parte, in base ai risultati conseguiti nel procedimento di valutazione della qualità della ricerca. Ricercatori, tecnologi e personale di supporto alla ricerca, per un massimo di duecento unità, potranno essere assunti dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia per attività di protezione civile, di sorveglianza sismica e vulcanica, nonché di manutenzione delle reti di monitoraggio. Sono previste misure per facilitare l'assunzione di ricercatori e tecnologi da parte degli enti di ricerca. Per questo non possiamo che esprimere il nostro convinto consenso in merito alla strada da lei intrapresa, Ministro, e dal Governo nel suo insieme, attraverso l'emanazione di un decreto-legge capace di ridare dignità alla componente studentesca meritevole ma meno fortunata dal punto di vista economico, di rimettere al centro la formazione del personale docente, che noi vorremmo peraltro continuativa e stabile, di ridare priorità al recupero della dispersione, nonché di incrementare gli sforzi in materia di controlli e valutazione dei percorsi formativi e delle strutture scolastiche (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Uva. Ne ha facoltà.

      FRANCESCO D'UVA. Signor Presidente, ho ridotto il mio intervento per garantire una certa velocità dei lavori e spero che non abbia perso il suo significato iniziale. Il decreto-legge n.  104 del 2013 che ci apprestiamo a convertire affronta per la quasi totalità dei suoi articoli il tema della scuola, la quale effettivamente verte in uno stato a dir poco pietoso, come hanno sottolineato i miei colleghi. Eppure, la problematica più urgente da affrontare non è dovuta alla malapolitica degli ultimi venti anni, ma, che ci crediate o meno, al decreto-legge stesso. Sì, perché all'articolo 20 del suddetto si dispone la sacrosanta – che mi trova perfettamente d'accordo, per carità – abolizione del bonus maturità per l'accesso ai corsi a numero programmato già dall'anno in corso. E ciò è stato reso noto mentre gli studenti erano seduti a fare i test. Quest'assurda ingiustizia inferta ai giovani italiani che perseguono i loro sogni e le loro attitudini sembrava non interessare al Governo, stando almeno alle parole pronunciate da un suo portavoce, un sottosegretario, in quest'Aula in risposta ad una mia interpellanza sul tema.
      Eppure le continue pressioni dei parlamentari di maggioranza e opposizione, sommate alle centinaia di richieste dei partecipanti ai test, hanno prodotto qualcosa. Non si tratta della soluzione definitiva, quella che tutela tutti i partecipanti ai test, ma l'unica che il MIUR è stata in grado di avallare, ovvero l'immatricolazione in sovrannumero per tutti coloro che con i punti bonus avrebbero avuto diritto di accesso ai corsi e la contemporanea tutela dei diritti acquisiti di coloro che sono già all'interno della graduatoria, consentendo loro di cambiare sede l'anno accademico successivo, se consentito dal nuovo punteggio. Un emendamento presentato l'ultimo giorno utile, che, prendere o lasciare e in assenza di alternative valide secondo il MIUR, ci ha visto d'accordo. Ma è inevitabile, signor Presidente, sbagliare quando si fanno le cose di fretta. Infatti, l'emendamento è passato senza considerare i corsi delle professioni sanitarie. Le poche ore di sonno, il troppo lavoro, le troppe discussioni: sono tante le motivazioni che hanno causato questa grave omissione. E io mi danno. Mi danno, signor Presidente, per non essermene accorto nemmeno io. Mi danno per i ritmi serrati imposti dal Governo. Mi danno perché quello che decidiamo qui cambia la vita degli italiani e ciò impone tempo e riflessione, parole che non vanno d'accordo con «decreto-legge», che, come sappiamo, decade dopo 60 giorni.
      Abbiamo preparato un emendamento per l'Aula per rimediare a quest'errore commesso dalle istituzioni tutte, ma chissà, magari non ce n’è bisogno. Magari l'Aula decide di votare l'altro emendamento che abbiamo presentato, quello che chiede l'abolizione del numero chiuso per l'anno in corso, anche se effettivamente il Pag. 63Governo ha dato parere negativo; quindi, ci spero poco, purtroppo. Questo sì che eliminerebbe, però, ogni ingiustizia ! Del resto, che in Italia mancano i medici è un dato di fatto. Certo, servono più posti per le scuole di specializzazione: a questo ci ha pensato il collega di maggioranza Crimì, a cui va tutta la mia stima per l'impegno mostrato. Un emendamento all'articolo 21, prima inammissibile, poi reso ammissibile attraverso il ricorso, quindi accantonato, riformulato e votato. Un emendamento lungo e articolato, che è riuscito a passare dalle fitte maglie dell'inammissibilità. Sicuramente una fortuna per il nostro Paese, ma mi chiedo se ciò sarebbe accaduto egualmente con un emendamento-riforma presentato dal MoVimento 5 Stelle. Noi, comunque, speriamo che la prossima volta – perché ci sarà sicuramente una prossima volta, visto che andiamo avanti a decreti-legge – la riformulazione di un emendamento pervenga in Commissione per tempo, e non a ridosso della votazione, perché, così facendo, non ci costringereste all'astensione, poiché, anche se d'accordo nel merito, come è stato, non lo siamo stati nel metodo.
      Il MoVimento 5 Stelle accoglie con favore la formazione di un'unica graduatoria nazionale per l'ammissione alle scuole di specializzazione. Questo provvedimento, infatti, inibisce parecchio il potere dei baroni universitari e dà il giusto peso al merito. Certo, stiamo cambiando le regole in corsa e ciò non è proprio ortodosso, ma, purtroppo, con un'instabilità politica del genere, del domani non v’è certezza.
      Così, posticipare il provvedimento all'anno accademico successivo, come sarebbe, magari, meglio, potrebbe significare addirittura la non applicazione del provvedimento stesso. Ma andiamo avanti, signor Presidente. Vogliamo parlare dell'Anvur ? Sarei tentato di rispondere no, visto che il solo nominarlo mi fa un po’ venire il bruciore di stomaco, ma è mio dovere farlo. Parliamo di un'agenzia di valutazione che non è riuscita ad ottenere la membership all'ENQA, European association for quality assurance in higher education, ma solo l’affiliation, un titolo dal sapore di premio di consolazione. Scusate, ma davvero i nostri atenei e i nostri enti di ricerca dovrebbero essere valutati da quest'agenzia ? Un'agenzia che dispone del potere di decidere a chi devono essere assegnati i fondi premiali in base ad una valutazione ? Sì, era l'Europa che ci chiedeva di fare una valutazione, ma ci chiedeva anche di farla bene ! Il Ministero, in barba a tutto ciò, si preoccupa, piuttosto, del metodo di nomina dei componenti del consiglio direttivo dell'Anvur, che adesso è di totale discrezionalità del MIUR. Noi chiediamo che sia un comitato di selezione appositamente nominato a farlo, costituito da personalità scelte da più parti, e non solo dal MIUR, e che, infine, siano le Commissioni parlamentari di competenza a varare la scelta. Solo così l'agenzia può slegarsi dal MIUR e riscattarsi dalla fama di mero «braccio armato della politica», perché così se ne parla negli atenei.
      Una politica che talvolta premia, ma più spesso punisce. I fondi premiali dovrebbero essere un premio, un qualcosa in più rispetto al fondo ordinario. Invece sono fondi ritagliati dal fondo ordinario stesso, ritagliati cioè dal fondo che garantisce il corretto funzionamento degli enti. Questo significa che il premio consta di fondi che erano già garantiti o, al più, significa che agli atenei che già arrancavano adesso invece di aiutarli diamo loro meno soldi, aggravando la loro situazione.
      Il nodo della questione infatti è questo: i fondi. È giusto amministrarli e distribuirli bene, ma è ancora più giusto distribuirli. E qui non è una critica al Ministro Carrozza che è sicuramente più competente di molte altre persone e di me stesso, ovviamente, per quanto riguarda la ricerca, la didattica universitaria. Io chiedo al Ministro di andare a battere i pugni sul tavolo agli altri Ministri che magari dispongono di portafogli, perché in questo momento il Ministero dispone di pochi fondi. È questa la verità. Lei li può amministrare come vuole. Lo ha fatto per il turnover dal 20 al 50 cento e di questo gliene sono personalmente grato, ma bisogna Pag. 64fare di più – so che lei è più sensibile di me a questo argomento – e sono fiducioso che lo farà. Quante volte dobbiamo dirlo che la ricerca ha bisogno di maggiori attenzioni da parte delle istituzioni ? Certo non pretenderete che ci accontentiamo di due articoli alla fine del decreto. Non penserete che ci accontentiamo del reclutamento di 200 unita per l'INGV. Per sanare la ricerca serve ben altro, e prima lo capisce il Governo, il Governo tutto, meglio sarà per tutti quanti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Malpezzi. Ne ha facoltà.

      SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora Ministra, io inizio con il dirle grazie. Grazie perché ha tenuto fede, con un segnale che non è sicuramente esaustivo, però è un segnale, sia a quanto detto dal Presidente Letta il giorno del suo discorso qui alle Camere, il giorno del suo insediamento, sia a quanto detto da lei, all'inizio del suo mandato «Nessun taglio alla scuola». Ora, noi ci siamo purtroppo abituati ad anni, e veniamo da anni di tagli continui alla scuola. L'obiettivo primario degli ultimi Governi è stato il taglio orizzontale. Abbiamo assistito ad anni di depauperizzazione del sistema. Oggi, nonostante quello che si dica, noi stiamo assistendo ad un'inversione di tendenza, perché laddove gli altri tagliavano, noi aggiungiamo, laddove gli altri portavano via le risorse, noi ce le mettiamo. Non sono tantissime, sono quelle, però ce le abbiamo messe, ed una differenza c’è. Potremmo fare di più. Molto probabilmente lo faremo, anche quando saremo in un'altra situazione economica; la presente, la difficoltà – anche politica – non c’è lo consente, ma abbiamo dato un segnale e di questo io gliene sono grata, e anche il Partito Democratico. È un segnale, quindi, e questo glielo devono riconoscere tutti: è un dovere morale. Come tutti dovrebbero avere il dovere morale di riconoscerle di avere introdotto il concetto di welfare degli studenti e di avere indicato alcune linee guida all'interno di questo decreto che, essendo un decreto, appunto, decreta delle misure d'urgenza, ma fa anche intravedere, a nostro parere, una direzione, delle indicazioni per il futuro, una strada da percorrere che è quella verso una scuola nuova, verso una rivisitazione di tutto il sistema scolastico, che può avvenire solo attraverso l'aggiunta, e non la sottrazione di risorse.
      Ho anche molto apprezzato – glielo dico da madre e da insegnante – le sue visite in alcune scuole. Lei è andata in scuole in difficoltà ed è andata anche a visitare scuole all'avanguardia. Le visite, le scelte che lei ha fatto in queste visite, ben ci offrono la fotografia dello stato della scuola in Italia, la scuola che funziona e la scuola che non funziona, la scuola che è in difficoltà e la scuola che non è in difficoltà. E non è una differenza tra scuola pubblica e scuola paritaria, è una differenza di scuole: alcune riescono, altre non ce la fanno.
      Lei ha potenziato in questo decreto l'edilizia scolastica. Lei non ha avuto timore a dire che senza prima mettere le scuole, gli edifici scolastici, in condizioni strutturali tali da consentire il funzionamento con la Rete... e qui il potenziamento del wireless, e io mi stupisco a sentire colleghi, non deputati e basta, ma anche insegnanti, che parlano ancora di laboratori di informatica, quando l'obiettivo è quello di trasformare tutte le classi in possibili e potenziali laboratori, perché noi stiamo cercando di portare i tablet nelle scuole e mettere ogni classe nella possibilità di funzionare. Lei ha avuto anche l'accortezza di dire che è inutile potenziare questo, se poi non c’è una didattica che va a fianco e che affianca questo sistema.
      Di conseguenza, ecco l'importanza della formazione degli insegnanti in questa direzione, perché LIM e multimedialità sono solamente degli strumenti, senza gli insegnanti che poi li sanno far funzionare, senza gli insegnanti che sanno portare Pag. 65avanti una didattica diversa e che devono essere preparati a questa didattica, non si va da nessuna parte.
      Io mi permetto anche di aggiungere l'importanza di aprire l'istruzione con la nuova iniziativa europea per promuovere la conoscenza delle tecnologie dell'informazione e per favorirne l'uso da parte di tutti i cittadini, migliorando l'alfabetizzazione e l'inclusione nel mondo digitale, una delle sette linee d'azione dell'Agenda digitale, che per noi è un punto di riferimento.
      Purtroppo queste visite – in particolare l'ultima che lei ha fatto – sono state oggetto di critiche, come se dire che una scuola che presenta un modello positivo sia un delitto, un delitto semplicemente perché questa è una scuola paritaria e, quindi, c’è stata anche l'incapacità di leggere invece che una scuola che porta avanti una sperimentazione, che riduce di un anno il ciclo della secondaria superiore potrebbe anche essere un bel modello, potrebbe. Io ci leggo questo: ci leggo il desiderio di portare una scuola accessibile a tutti, una scuola di qualità, che possa andare bene per tutti ed essere a disposizione di tutti, e anche un sano esame di coscienza sullo stato della nostra scuola e sulla necessità di nuove proposte, non calate dall'alto, sono suggerimenti, sono proposte. Si deciderà poi insieme per questa scuola, che è chiaramente in sofferenza, signora Ministra. È in sofferenza per i curricula ed è in sofferenza per il proprio personale, ed è qui che dobbiamo intervenire.
      Il decreto, all'articolo 15, presenta le misure per il personale scolastico, misure – come si specifica proprio nell'articolo – che purtroppo devono assicurare invarianza finanziaria nel rispetto degli obiettivi programmati di finanza pubblica. Con questi limiti e nonostante questi limiti, lei è riuscita, facendo giustamente delle scelte, a portare avanti un piano di assunzioni triennali pari a più di 26 mila docenti e 13.400 ATA, ad inserire, sempre per il prossimo triennio, più di 26 mila docenti di sostegno, a dare una risposta per il personale inidoneo: una scelta.
      Però, signora Ministra, noi dobbiamo osare di più. L'articolo 15 è stato tra i più discussi all'interno della Commissione e oggetto dei maggiori emendamenti, anche da parte del Partito Democratico, molti dei quali non sono neppure stati accolti, molti dei quali, nonostante fossero stati accolti, hanno ricevuto il parere contrario. Quindi, non è molto vero quello che viene detto da alcuni colleghi che i nostri emendamenti hanno avuto una corsia preferenziata e altri no. Semplicemente quelli che parlavano dello stesso tema non sono stati accolti o è stato espresso parere contrario, tanto che, per esempio, alcuni a me e al mio partito molto cari sono stati ritirati. Ora, questi emendamenti riguardavano TFA, AFAM, SFP, tanto per citarne qualcuno: sigle, dietro le quali, però, ci sono volti, ci sono persone, storie, docenti che un sistema malato ha costretto a una guerra tra poveri, perché questi sono vittime del male peggiore della scuola italiana, che è il precariato. Non ne è lei l'artefice, signora Ministra, non ne è lei l'artefice, ma si trova di fronte a una situazione che è un disastro.
      In questo decreto noi non siamo riusciti – e lo dobbiamo dire – a dare risposte a questo problema, e ci è stato detto che è necessario un provvedimento successivo che riorganizzi tutta la materia. Ebbene, questa è la materia del Partito Democratico, signora Ministra. Il Partito Democratico non la lascerebbe mai sola ad affrontare questo spinoso problema, che va affrontato, anche se complicato e insidioso, perché solo risolvendolo potremmo dare una vera svolta alla scuola e una vera risposta a tutti quei precari che le risposte le attendono da noi. Osiamo, signora Ministra, dobbiamo osare. Osare per risolvere e osare per rispondere. Penso anche ai problemi di ATA e ITP ex enti locali rispetto al mancato riconoscimento dell'anzianità maturata. C’è già una risoluzione pronta dello scorso Governo, basterebbe applicarla. Il Partito Democratico non ha voluto affrontare l'articolo 15 mettendo lì e piantando una serie di bandierine, avrebbe potuto, non lo ha fatto. Ma è nostra intenzione mantenere acceso l'interesse Pag. 66su queste problematiche, che senza una soluzione rischiano di paralizzare tutto il sistema.
      In questa battaglia, che lei dovrebbe intestarsi davvero, Ministro, noi le saremo a fianco; come siamo stati a fianco ai docenti penalizzati dal blocco quinquennale, che ora aboliamo, come dobbiamo stare a fianco dei docenti delle classi di concorso che rischiano di scomparire se non riorganizzate; come siamo stati a fianco di quegli studenti che stavano affrontando i test di ammissione ad alcune università a numero chiuso mentre il decreto veniva presentato.
      Come Partito Democratico siamo completamente favorevoli all'abolizione del bonus maturità. Siamo infatti convinti che il merito, che va premiato, non sia però garantito dal bonus così com'era stato formulato. Ma siamo altresì convinti che i nostri studenti abbiano bisogno di regole chiare e certe, che non devono cambiare in corsa. Ed è per questo che noi la ringraziamo per avere accolto le nostre istanze ed aver trovato una soluzione per l'anno in corso.
      Signora Ministra, noi appoggiamo questo decreto. La direzione è quella giusta. Non ci resta che proseguire sulla stessa strada, varcando questa volta i limiti imposti dall'invariante finanziaria. Diciamolo ad insegnanti, famiglie e soprattutto a studenti, che noi siamo pronti ad ascoltare le loro istanze, a lavorare per una proposta di scuola che risponda sempre di più alle esigenze di una società che è cambiata, e non è più quella di vent'anni fa. E la scuola deve cambiare: deve essere una scuola della dignità, dell'inclusione, dell'innovazione, del merito e della solidarietà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà.

      GIUSEPPE BRESCIA. Signor Presidente, colleghi, questo decreto-legge sull'istruzione è stato annunciato dal Presidente Letta e dalla Ministra Carrozza come il grande intervento, il provvedimento che rimette la scuola al centro dell'agenda politica di Governo, il decreto che farà ripartire la scuola. Certo, negli ultimi mesi ci siamo abituati alle bugie del Presidente Letta, quindi nessuno si offenderà se adesso proviamo a dire la verità agli italiani. Con questo provvedimento si stanno investendo nel comparto circa 450 milioni, ovvero solo il 5 per cento degli 8 miliardi di euro sottratti solo nella scorsa legislatura.
      Abbiamo lavorato molto a questo decreto, abbiamo lavorato giorno e notte in Commissione. A tal proposito, permettetemi di togliermi un sassolino dalla scarpa. Sapete, noi non andiamo molto in TV, quindi questa è l'unica sede che ci permette di rispondere alle accuse che ci vengono ingiustamente rivolte da qualcuno: noi abbiamo lavorato moltissimo a questo provvedimento, mentre il sindaco di Firenze, il più giovane tra i vecchi politici, partecipava alla sua maratona televisiva. E mentre non lavorava, aveva il coraggio di invitare noi del MoVimento 5 Stelle a farlo. Insomma, il nuovo che avanza, un nuovo che assomiglia tanto, troppo al vecchio, un altro politico che, invece di fare il suo lavoro, pensa a fare lo showman: e pensare che ce ne siamo appena tolti uno di mezzo e ci abbiamo messo vent'anni a farcela (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Probabilmente questa propensione allo spettacolo il sindaco di Firenze l'ha ereditata proprio dal suo mito Berlusconi, visto che i due si sono conosciuti personalmente in occasione della visita di Renzi ad Arcore nel 2010. Sarà stato amore a prima vista, dato che da allora il giovane rampante del PD ha sempre più assunto le sembianze del vecchio decadente pregiudicato del PdL (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), così simile da essere stato condannato anche lui nel 2011 dalla Corte dei conti della Toscana per danno erariale.
      Ma scusate la divagazione e torniamo a parlare di cose serie. Il MoVimento 5 Stelle punta ad un modello di scuola efficiente, innovativo, una scuola che sia davvero trampolino di lancio per i ragazzi Pag. 67per poter arrivare all'università o per affrontare il mondo del lavoro da protagonisti. Insomma, con i nostri emendamenti abbiamo cercato di creare una controriforma Gelmini. Emendamenti che, ad esempio, con la realizzazione effettiva della «scuola 2.0», farebbero risparmiare, da domani, dai 400 ai 700 euro all'anno alle famiglie. Altro che i 14 euro lordi restituiti dal Governo Letta ! Ma la scuola digitale purtroppo dovrà aspettare ancora e non perché non si sia pronti, anzi: dovrà aspettare solo perché i partiti non hanno alcuna volontà di mettere in pratica provvedimenti che intacchino gli interessi delle lobby delle case editrici. Siete troppo preoccupati di preservare le aziende dell'editoria che vi sostengono, quando non sono proprio di vostra proprietà. Purtroppo però la situazione della scuola è davanti agli occhi di tutti. Penso alla seria problematica dell'edilizia scolastica: le aule cadono a pezzi, 10 mila istituti andrebbero addirittura abbattuti perché non sono a norma. Tra l'altro, le classi sovraffollate, grazie alla riforma Gelmini, arrivano a contenere 40 alunni dove ce ne andrebbero 20, con tutti i rischi per la sicurezza che potete immaginare.
      Dobbiamo aspettare la tragedia ? Dobbiamo aspettare che qualche classe cada addosso ai nostri figli per darci una mossa ? Anzi, scusatemi, dimenticavo che problemi del genere già si sono verificati. Un esempio: l'anno scorso è crollato un controsoffitto di 15 metri al liceo «Galileo». Un incidente avvenuto nella notte e che solo per questo non ha fatto registrare feriti o peggio. Ricordo, solo a titolo di cronaca, che il liceo «Galileo» è situato nella città di Firenze e che le cause del crollo, secondo una denuncia del presidente della provincia, Andrea Barducci, sarebbero da cercare proprio nella sede del comune di Firenze. Magari se invece andare in TV, facesse il suo mestiere, si risparmierebbero queste tragedie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Ma torniamo a noi. Con il «decreto del fare», 150 milioni di euro si erano destinati all'edilizia scolastica. Peccato che per accedere ai fondi gli enti locali avrebbero dovuto elaborare e presentare dei complessi progetti di ristrutturazione in pochissimi giorni. È emblematico il caso della Sardegna, in cui il decreto è stato emanato il 12 settembre e gli enti locali, per accedere al finanziamento, dovevano presentare il progetto entro il 15 settembre, ovvero dopo tre giorni. Ora forse con questo decreto arriveranno risorse strutturali finalmente. Noi abbiamo trovato le coperture per raddoppiare i fondi che il Ministro ha assegnato. Vedremo se avete il coraggio di bocciare i nostri emendamenti.
      Questo decreto-legge rispecchia l'atteggiamento generale di questo Governo, perché è il decreto delle occasioni perse. Non si è affrontato il tema delle «classi pollaio», eppure al Senato era stata approvata una nostra risoluzione. Ci chiediamo come mai non sia stata inserita in questo provvedimento. Stessa sorte è toccata ad un'altra nostra risoluzione, quella sui docenti inidonei, anch'essa approvata all'unanimità in Commissione e anch'essa non ha trovato posto nel decreto-legge. Temi forse troppo spinosi per questo Governo. Come spinoso era pure il tema dei «quota 96», lavoratori che hanno avuto la sola sfortuna di essere capitati tra le mani della Fornero, persone che chiedono di andare in pensione e ai quali fanno da contraltare migliaia di giovani che chiedono a gran voce di entrare nel mondo della scuola. E, quindi, appunto, il tema del reclutamento, anch'esso rinviato a data da destinarsi.
      Rimarrà irrisolto anche il problema, enorme, della dispersione scolastica. Vi ricordo che l'Europa ci chiede di passare dal 18 all'11 per cento entro il 2020. Come mai in questo caso il Governo non si adopera, non obbedisce, non usa la solita formula «ce lo chiede l'Europa» e non investe che qualche spicciolo per far fronte a questo dramma ?
      E poi, a conferma del fatto che questo provvedimento non farà ripartire la scuola, l'università e la ricerca – a proposito, di ricerca non c’è neanche l'ombra nel decreto –, mi preme ricordare che quell'elemosina destinata al diritto allo Pag. 68studio non servirà a finanziare nulla più che una minima parte delle borse di studio che dovrebbero essere assegnate e che, quindi, permarrà la vergogna, lo scandalo tutto italiano degli idonei non vincitori.
      Se sommiamo questo scenario alle indicazioni che ci arrivano dalle classifiche internazionali, capite bene che non riparte proprio nulla. Ci vorrà un Governo a 5 Stelle, un Governo coraggioso, che faccia ciò che né questo, né nessun altro partito potrà mai fare, ossia meno F-35, più diritto allo studio, meno TAV, più edilizia scolastica, meno finanziamento pubblico ai partiti, più scuola digitale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E potrei continuare all'infinito, invece mi avvio al termine. Per mettere al centro l'istruzione, dovremo aspettare ancora un po’. L'inversione di marcia arriverà solo quando i cittadini torneranno al potere, speriamo il più presto possibile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Coccia. Ne ha facoltà.

      LAURA COCCIA. Signor Presidente, signora Ministra, viviamo una fase dove i cittadini chiedono in modo legittimo e pressante risposte adeguate che consentano di fare un passo in avanti. Significa lavorare per offrire soluzioni, e non per chiedere solo sacrifici. Lo stanziamento di 450 milioni di euro è un primo passo che consente di ridare ossigeno ad un sistema al collasso, che negli anni scorsi è stato usato come un bancomat. Penso finalmente alle misure per il diritto allo studio, alla riduzione del costo dell'istruzione per le famiglie, alla lotta per la dispersione scolastica, con la continuità didattica all'educazione speciale attraverso l'adeguamento dell'organico di diritto dei docenti di sostegno, alle norme sull'orientamento, oppure a quelle sul potenziamento delle azioni per l'edilizia scolastica.
      Tuttavia sappiamo bene che il decreto-legge in esame rappresenta solo un primo tassello di un mosaico che va ricostruito attraverso una riforma organica e complessiva che da troppi anni si rinvia o, più semplicemente, si compie con azioni simboliche di piccolo cabotaggio che nulla hanno a che vedere con una riforma profonda e articolata, una riforma che consenta alla scuola di tornare ad essere un luogo sicuro, accogliente dove nessuno si sente escluso, un luogo dove le nuove generazioni possano formarsi in modo adeguato, in linea con il sistema e gli standard europei.
       Per questo l'azione di Governo dovrà continuare su questo terreno anche nei prossimi mesi attraverso ulteriori provvedimenti e nuovi investimenti. Una scuola che vuole dirsi veramente al passo con l'Europa è anche una scuola che investe sulla alfabetizzazione motoria, soprattutto in vista di una candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024. I grandi risultati si costruiscono con i piccoli passi quotidiani e noi atleti lo sappiamo bene. Per questo ho sostenuto un incremento del progetto di alfabetizzazione motoria realizzato in questi anni, che ha rappresentato un primo passo importante per quel che riguarda la diffusione dell'attività motoria nella scuola primaria. Con la proposta del PD di cui sono prima firmataria questo progetto otterrà nuovi finanziamenti.
      Penso che sia fondamentale che il MIUR avvii una seria riflessione su una riforma che gli consenta di assumere un ruolo centrale nella gestione delle attività motorie nella scuola primaria, attualmente detenuto dal CONI. La mancanza di chiarezza nei ruoli reciproci tra il mondo scolastico il mondo sportivo ha, infatti, condotto ad una situazione di incertezza che ha trovato il terreno di coltura nella mancanza di trasparenza normativa. Per questo credo che il primo passo da compiere sia quello di una nuova formulazione dell'attività motoria a scuola, che consenta di contrastare l'obesità infantile, la sedentarietà, la dispersione e favorisca l'integrazione degli studenti stranieri o con diversa abilità, e non sia mera ricerca di un campione.
      Occorre una revisione delle norme attraverso la stesura di nuovi programmi, e poi penso a nuovi criteri di formazione del Pag. 69personale docente, con l'inserimento di figure professionali adeguate. Abbiamo esempi a cui attingere in tutta Europa. Affidare a un laureato in scienze motorie le due ore di educazione fisica nella scuola primaria è il nostro obiettivo, ma per farlo occorre aggiungere due ore di attività curricolare a tutte le scuole, per un investimento annuo di almeno 300 milioni di euro, quasi tutto lo stanziamento del decreto-legge. Questa è la mia posizione, ed è molto netta. Per questo ho trovato assolutamente sconcertante il modo in cui sia stata riportata la mia posizione sul social network di un deputato 5 Stelle membro della mia stessa Commissione, in modo assolutamente pretestuoso, e che da questa decisione siano scatenate mail anonime con l'obiettivo di screditare me e il mio lavoro e sullo stesso profilo Facebook del collega si sono scatenati molti insulti, spesso minacciosi, rivolti a me. Nessuno purtroppo ha pensato di censurare l'accaduto, né pubblicamente né in privato. Nonostante tutti sappiano in quest'Aula come in Commissione che io, data la gravità della mia disabilità, sono sempre accompagnata da qualcuno.
      Sono entrata in Parlamento portando con me la mia storia. Ho imparato a correre nel giardino della mia scuola media a 11 anni con le mie gambe, nonostante i medici fossero contrari e mi consigliassero di correre con la carrozzina, e sono arrivata in nazionale. Non ho avuto paura di rincorrere i miei sogni e le mie idee, tanto meno le posso avere adesso davanti a persone che mi insultano e mi minacciano nascoste dietro a un monitor di un computer. Io non ho paura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Blazina. Ne ha facoltà.

      TAMARA BLAZINA. Signor Presidente, salterò la prima parte dell'intervento dove tratterei temi già affrontati dai colleghi del mio gruppo. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

      PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

      TAMARA BLAZINA. La seconda parte del mio intervento è dedicata a un segmento particolare del sistema scolastico italiano, cioè alle scuole della minoranza linguistica slovena.
      Voglio fare una premessa: in Italia, abbiamo alcuni territori in cui ci sono le minoranze linguistiche tutelate dalla legge n.  482 del 1999, dove è previsto l'insegnamento della lingua minoritaria come una delle materie, anche se, finora, questo diritto non è stato sempre garantito e sarà necessario dedicarvi un po’ più di attenzione anche da parte del Parlamento, oltre che del Governo. Le tre minoranze storiche – cioè, la tedesca, la francese e la slovena – dispongono, invece, di istituti scolastici dove la lingua di insegnamento di tutte le materie è la lingua minoritaria, che diventa così lingua veicolare.
      Mi soffermerò sulle scuole slovene, visto che, nel Trentino Alto Adige e nella Valle d'Aosta, le rispettive regioni o province autonome hanno competenza primaria per quanto riguarda l'istruzione, mentre così non è nel Friuli Venezia Giulia. Ricordo ancora che il diritto all'istruzione nella propria madrelingua è uno dei diritti fondamentali delle minoranze sancito da diversi documenti nazionali, ma anche da alcune leggi interne dello Stato italiano, come ad esempio la legge n.  38 del 2001. Per esse – le minoranze –, la scuola rappresenta lo strumento principale per la salvaguardia della propria lingua e della propria cultura. Va aggiunto, inoltre, che le scuole della minoranza slovena, al pari di quelle della minoranza italiana in Slovenia e Croazia, sono riconosciute da accordi internazionali sottoscritti dall'Italia e dall'ex Iugoslavia e da alcune convenzioni bilaterali.
      In questi anni, anche le scuole slovene hanno risentito degli interventi nazionali e le diverse norme adottate non hanno sempre tenuto conto delle specificità. Rimangono, quindi, non risolte alcune questioni, come, ad esempio, la formazione iniziale Pag. 70del reclutamento del personale docente oppure la mancanza di dirigenti scolastici e dirigenti tecnici. Proprio per dare delle risposte a queste emergenze, che non sono state affrontate dal decreto-legge, ho presentato alcuni emendamenti approvati in Commissione ed altri che ho presentato in Aula. In questo modo, vengono affrontati gli aspetti più contingenti, mentre un ragionamento più complessivo dovrà essere fatto mediante un provvedimento organico da approvare quanto prima.
      Vorrei sottolineare che stiamo parlando della necessità di garantire agli appartenenti alla minoranza linguistica slovena un'istruzione adeguata nella propria lingua materna. Non va, poi, sottovalutato un dato molto significativo e, cioè, che la popolazione scolastica di queste scuole è cresciuta in maniera esponenziale, in controtendenza rispetto al calo demografico generale: un più 20 per cento nel triennio e un più 50 per cento negli ultimi dieci anni. Tale dato costituisce un rilevante indice del livello di consolidamento raggiunto nel processo di integrazione delle diverse comunità e, nello stesso tempo, dà un'indicazione precisa circa l'importanza sociale e culturale che queste scuole rappresentano per le popolazioni locali. Stiamo parlando di otto istituti comprensivi, con le relative scuole dell'infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di primo grado e nove scuole secondarie di secondo grado, con un totale di circa 4.700 alunni nelle province di Trieste, Gorizia e Udine.
      Auspico che, come già sperimentato in Commissione, ci possa essere anche in Aula un confronto costruttivo e una disponibilità al dialogo da parte del Governo, che ci permetta di migliorare ulteriormente il testo complessivo del decreto-legge, nella convinzione che la scuola è un bene comune che va salvaguardato, rafforzato e valorizzato. È un investimento per il futuro del Paese e, soprattutto, un nostro preciso dovere nei confronti delle nuove generazioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 1574-A)

      PRESIDENTE. L'onorevole Ghizzoni, relatore per la maggioranza, ha ancora un paio di minuti residui. Prendo atto che non intende intervenire in sede di replica.
      I due relatori di minoranza hanno, comunque, concluso il loro tempo. Posso dare un minuto a testa, se proprio lo ritenete indispensabile. Prendo atto che non intendono intervenire.
      Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

      MARIA CHIARA CARROZZA, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vi preoccupate, perché non sto per fare un discorso lungo. Volevo solo ringraziare chi è intervenuto, perché, al di là di alcune intemperanze, discussioni e sottolineature, alcune negative altre positive, il dibattito è stato molto costruttivo. Le critiche e le analisi che sono state fatte sono sicuramente utili – al di là di questo provvedimento – per impostare in questa sede un dibattito sulla scuola e sul suo futuro che tenga conto anche di queste istanze, sulla necessità di dare stabilità al reclutamento, stabilità a questo mondo, e una visione della scuola di lunga durata.

      PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 20,10).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Umberto D'Ottavio, che però non vedo in Aula. Si intende vi abbia rinunciato.

      PAOLO NICOLÒ ROMANO. Chiedo di parlare.

Pag. 71

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      PAOLO NICOLÒ ROMANO. Signor Presidente, deputati colleghi, domani ci sarà il tanto atteso incontro a palazzo Chigi tra il Presidente del Consiglio e César Alierta, il presidente di Telefónica, la compagnia di telecomunicazioni spagnola che lo scorso 24 settembre si è aggiudicata l'opzione di acquisto del cento per cento delle azioni Telco, l'organismo finanziario che gestisce il 22,4 per cento dell'azionariato Telecom, avendo quindi la possibilità di prendere il controllo della più importante azienda telefonica del nostro Paese.
      Come MoVimento 5 Stelle, chiediamo a lei, signor Presidente, di attivarsi affinché il Presidente Letta venga a riferire quanto prima in Aula. Ricordo che esattamente un mese fa, la notizia della scalata di Telefónica destò in quest'Aula e ovunque nel Paese grande stupore. Il Governo aveva dato la sua disponibilità a riferire, e infatti l'informativa era prevista per il 1o ottobre scorso, ma il blocco istituzionale causato dalla minaccia di dimissioni di massa di un intero gruppo parlamentare della maggioranza ha annullato tale seduta. Quanto successo in questi giorni rappresenta una pagina nera per la nostra democrazia. Mentre gruppi economici stranieri conquistavano asset strategici del nostro Paese, il dibattito politico è stato polarizzato dai destini personali di una persona, già giudicata dalla magistratura e dalla storia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Spero che una cosa del genere non si verifichi mai più. Per questo, le chiedo, signor Presidente, di attivarsi presso il Governo in modo da venire a sanare questo vulnus nella nostra democrazia. Chiediamo, pertanto, che il Governo venga a riferire in quest'Aula in merito all'incontro con il presidente di Telefónica e a comunicarci anche le iniziative che intende intraprendere per tutelare la nostra infrastruttura di rete, chiarendo anche una volta per tutte qual è la posizione sulla modifica della disciplina dell'OPA, su cui al Senato è stato approvata una mozione, considerando le perplessità e le divergenze ancora presenti in sede di Consiglio dei ministri.

      PRESIDENTE. La ringrazio. Il Governo è presente, e comunque la Presidenza si farà carico di far conoscere la sua richiesta al Governo.

      ROBERTO RAMPI. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ROBERTO RAMPI. Signor Presidente, intervengo solo per un minuto per ricordare un grande del cinema italiano che è scomparso ieri, Luigi Magni, un grandissimo regista e sceneggiatore. Io credo che la sua trilogia sulla città di Roma, in cui noi siamo, sulla nascita della Repubblica romana, sugli ultimi anni dello Stato pontificio siano tra i più grandi capolavori del cinema italiano, siano quella dimostrazione di che cosa è stato per questo Paese il cinema e la sua capacità di fornire un pezzo di cultura della storia e un pezzo di cultura democratica di questo Paese. Infatti, in quei film c’è la nascita di uno Stato moderno, c’è l'inizio della concezione di che cos’è la partecipazione del popolo e di che cos’è la democrazia e credo che sia una riflessione ancora molto utile in questi giorni, in queste ore, in questi anni, in questi tempi. Credo che, in particolare per le nuove generazioni, siano film che potrebbero ancora dire molto e che non sono sicuramente invecchiati. Per questo, credo che con lui e con Nino Manfredi, che gli è stato sempre collegato e vicino, abbiamo perso veramente un pezzo della cultura di questo Paese.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Silvia Giordano. Ne ha facoltà.

      SILVIA GIORDANO. Purtroppo si è consumata l'ennesima tragedia che dovrebbe porre al centro del dibattito politico l'attenzione verso la perdita di valori e del senso di rispetto del prossimo in una fetta sempre più grande di cittadini italiani. Simone, un ragazzo di 21 anni si è Pag. 72ucciso l'altra notte gettandosi dagli edifici della ex fabbrica Pantanella a Roma perché stanco di essere vittima di omofobia. Il grido d'allarme è nel biglietto rinvenuto nel borsello trovato addosso al cadavere. L'ipotesi più probabile è che il giovane si sia tolto la vita a causa di una delusione molto forte in quanto gay. Se questo fosse confermato, gli agenti indagheranno anche sul versante del reato di istigazione al suicidio. I suicidi o i tentativi di suicidio di giovani omosessuali sono un dato allarmante: circa 20 mila contatti all'anno ricevuti dalle associazioni di categoria dimostrano che un omosessuale su dieci nella sua vita ha pensato al suicidio. Mi associo al grido di allarme delle associazioni gay: è ora di dire basta. Le istituzioni diano una risposta urgente nella lotta all'omofobia e nell'allargare la sfera dei diritti gay. Ecco Presidente, noi abbiamo cercato di farlo questo, abbiamo cercato di farlo qui alla Camera e lo porteremo avanti al Senato, sperando che questa volta si uniscano davvero tutte le forze politiche perché questa situazione non può andare avanti in questo modo.

Ordine del giorno della seduta di domani.

      PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

      Martedì 29 ottobre 2013, alle 9,30:

      1. – Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

      (ore 15,30).

      2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
      Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2013, n.  104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca (C. 1574-A).
      Relatori: Ghizzoni, per la maggioranza; Buonanno e Luigi Gallo, di minoranza.

      3. – Discussione congiunta dei documenti:
      Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2012 (Doc. VIII, n.  1).
      Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2013 (Doc. VIII, n.  2).

      4. – Seguito della discussione delle mozioni Airaudo ed altri n. 1-00164, Allasia ed altri n. 1-00220, Costa ed altri n. 1-00221 e Prodani ed altri n. 1-00223 concernenti iniziative per il rilancio del settore manifatturiero.

      5. – Seguito della discussione delle mozioni Vezzali, Valeria Valente, Rampelli, Capelli ed altri n. 1-00151, Mongiello ed altri n. 1-00158, Laffranco ed altri n. 1-00159, Nicchi ed altri n. 1-00215, Rondini ed altri n. 1-00219 e Cecconi ed altri n. 1-00222 concernenti iniziative in favore dei celiaci, con particolare riferimento alla normativa comunitaria.

      La seduta termina alle 20.15.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DELLA DEPUTATA PAOLA BINETTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLE MOZIONI NN. 1-00151, 1-00158, 1-00159, 1-00215 E 1-00219

      PAOLA BINETTI. Onorevoli colleghi, discutiamo oggi una mozione, a prima firma Valentina Vezzali, sottoscritta da colleghi di tutti i gruppi parlamentari, che sono felice di poter illustrare anche perché sia nella precedente legislatura, che nel primo giorno di questa legislatura avevo presentato una proposta di legge sul medesimo argomento, convinta che rappresenti uno di quei problemi sociali che creano un profondo disagio nei soggetti che ne sono affetti e nelle loro famiglie, e che invece una diagnosi precoce potrebbe davvero risolvere in maniera definitiva.
      Mi auguro quindi che la mozione venga accolta all'unanimità insieme a quelle dei Pag. 73colleghi Laffranco e Mongiello, per dare via successivamente anche ad una rapida approvazione di una legge che darebbe un carattere decisamente più forte a quella che – come ho già detto – spero che sia la volontà parlamentare.
      Cos’è la celiachia. La celiachia è una intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, orzo, segale, che, in soggetti geneticamente predisposti, determina un processo infiammatorio che porta a lesioni della mucosa dell'intestino tenue, con conseguenti malassorbimento e manifestazioni extraintestinali.
      È una patologia autoimmune con predisposizione genetica.
      L'articolo 1 della legge 4 luglio 2005, n.  123, recante «Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia», ha riconosciuto la celiachia come malattia sociale. Chi ne è affetto, deve seguire una dieta senza glutine per tutta la vita, essendo quest'ultima, l'unica terapia a oggi conosciuta. A questo scopo viene riconfermata l'erogazione gratuita dei prodotti senza glutine e, per la prima volta, viene riconosciuta la possibilità di ottenere la somministrazione degli stessi nelle mense scolastiche, ospedaliere e nelle mense di strutture pubbliche. Tale intervento è stato previsto allo scopo di agevolare l'inserimento nelle attività scolastiche, sportive e lavorative attraverso l'accesso equo e sicuro ai servizi di ristorazione collettiva.
      Un celiaco che assume anche solo tracce di glutine mette gravemente a rischio la propria salute.
      È importante aver presente che la celiachia, non è una «moda» alimentare, i circa 140.000 pazienti diagnosticati devono necessariamente sottoporsi a diete prive di glutine come unica terapia alla loro patologia autoimmune. Pertanto, la dieta aglutinata è di fatto terapia salva vita per i celiaci.
      Cos’è e dove si trova il glutine. Il glutine è un composto proteico contenuto nelle farine derivanti dai cereali ed è costituito dalle proteine glutenina e gliadina. Quest'ultima è la frazione in grado di evocare l'abnorme risposta immunitaria che determina la patologia.
      Grazie alle sue proprietà visco-elastiche, il glutine è ampiamente usato nell'industria alimentare: non solo per la produzione di pane, pasta e prodotti da forno, ma anche in altri alimenti quali condimenti già pronti, salse, zuppe o stuzzichini salati. Ci sono, tuttavia, molti cibi naturalmente privi di glutine quali, ad esempio, il latte e i suoi derivati, frutta e verdura fresche, frutta secca, carne, uova, pesce, legumi, mais, riso e grano saraceno. Le possibili origini della celiachia non sono ancora note.
      Quanti sono i Pazienti affetti da Celiachia. Ogni anno sono effettuate 10.000 nuove diagnosi e gli studi epidemiologici, in Italia e nel mondo, confermano che l'incidenza della celiachia è di 1:100 – 150.
      La celiachia può mostrare in età pediatrica un ampio spettro di manifestazioni cliniche:
          forma tipica: si manifesta di solito tra i sei mesi e i due anni di età, dopo l'introduzione di glutine nella dieta. Il bambino presenta sintomi gastrointestinali da malassorbimento quali scarsa crescita, diarrea cronica, distensione addominale, astenia, ipotonia muscolare, inappetenza ed irritabilità. La «crisi celiaca», caratterizzata da diarrea acquosa esplosiva, marcata distensione addominale, disidratazione, squilibri elettrolitici, ipotensione e letargia, si presenta più raramente;
          forma atipica: compare in età scolare. Questi bambini presentano sintomi intestinali atipici, come dolori addominali ricorrenti, stipsi oppure manifestazioni extra-intestinali, come bassa statura, ritardo puberale, anemia sideropenica, alopecia, stomatite aftosa, osteoporosi, difetti dello smalto dentario, miocardite autoimmune, aumento delle transaminasi.

      In Italia ci sono circa 465.000 celiaci che non sanno di esserlo.
      Secondo alcune informazioni diffuse dai media, la sensibilità al glutine sarebbe presente nel 2-6 per cento della popolazione Pag. 74mondiale, ma non si tratta di stime realistiche, perché i numeri derivano da studi condotti sui pazienti di ambulatori gastroenterologici, per cui selezionati e non rappresentativi della popolazione generale.
      Diagnosi precoce della Celiachia. La diagnosi nel bambino della malattia celiaca (MC), secondo le linee guida dell'European e della North American Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition, si effettua se la biopsia intestinale dimostra la presenza di atrofia dei villi con iperplasia delle cripte.
      Bisogna sottolineare che gli screening effettuati su gruppi numerosi hanno dimostrato che in età pediatrica sono più frequenti le forme silenti di MC che non quelle sintomatiche. Se la malattia non viene diagnosticata precocemente possono comparire le complicazioni: endocrinopatie, alterazioni del fegato, delle ossa, dei reni, lesioni a carico del sistema nervoso, infertilità, poliabortività, nascita di bambini pre-termine, tumori, cardiomiopatia dilatativa eccetera. Alcune complicazioni, come quelle autoimmuni, possono insorgere già nell'adolescenza. Risulta quindi evidente la necessità di individuare precocemente i soggetti celiaci per prevenire l'insorgere delle complicanze e per garantire una crescita soddisfacente del bambino.
      Presso i dipartimenti di pediatria e di scienze cliniche dell'università «La Sapienza» di Roma è stata messa a punto una metodica innovativa, ad alta sensibilità, specificità e riproducibilità, che permette di dosare gli anticorpi anti-transglutaminasi tissutale (Ab tTG), un importante marker della MC determinato abitualmente nel sangue, anche nella saliva, fluido che può essere raccolto in maniera semplice e non invasiva. Questa tecnica, a livello nazionale e internazionale viene eseguita esclusivamente presso il policlinico Umberto I e appare particolarmente indicata per i bambini dai cinque anni in poi, età in cui la dieta senza glutine può essere messa in atto in un ambiente controllato (casa, scuola) e accettata dal piccolo paziente. Se la diagnosi è più tardiva, come nell'adolescente, è infatti più difficile ottenere una buona aderenza alla dieta, che rappresenta l'unica strategia disponibile per evitare le complicazioni della celiachia e per permettere un accrescimento ottimale.
      Lo screening su 5.000 bambini delle prime due classi delle scuole primarie del comune di Roma è stato portato a termine con successo (accettazione da parte dell'85 per cento delle famiglie, prevalenza della malattia nel campione studiato dell'1,3 per cento) e i risultati sono stati presentati in diverse occasioni, tra cui al Congresso mondiale di gastroenterologia pediatrica, in seduta plenaria. I risultati dello studio, ottenuti con una metodica innovativa, poco costosa, non invasiva e semiautomatizzata, costituiranno la base di eventuali screening di popolazioni scolastiche o di soggetti appartenenti a gruppi in cui è maggiore il rischio della MC (familiari di celiaci, pazienti anemici, con patologie autoimmuni, con alcune sindromi cromosomiche eccetera).
      La presente proposta di legge, che consta di due articoli, mira a individuare il manifestarsi della malattia nei bambini di età compresa tra sei e dieci anni al fine di prevenire i danni causati dall'evolversi della malattia, che potrebbero essere limitati se monitorati e prevenuti in tempo.
      L'articolo 1 prevede l'obbligo di effettuare nella scuola primaria la diagnosi precoce, nei bambini di età compresa tra sei e dieci anni, mediante test diagnostici.
      L'articolo 2 assicura che tale obbligo sia adempiuto dalla azienda sanitaria locale.
      Alimenti senza glutine. Diventa quindi urgente e necessario definire quali siano gli alimenti senza glutine, che costituiscono l'unica forma di terapia, almeno per ora, per questi pazienti.
      In Italia dal 2001 i prodotti dietetici senza glutine sono contenuti in un elenco, il Registro nazionale degli alimenti, redatto ed aggiornato dal Ministero della salute, che costituisce anche l'unica fonte per l'erogazione gratuita degli alimenti senza glutine ai celiaci.Pag. 75
      Secondo quanto previsto dal Regolamento 41/2009, e secondo quanto definito dal Codex nel 2008, possono definirsi «senza glutine» solo gli alimenti con contenuto di glutine 20ppm, sia che si tratti di prodotti dietetici (cioè destinati all'alimentazione particolare di specifiche categorie), sia che si tratti di prodotti di libero consumo, che, pur non essendo stati prodotti specificamente per i celiaci, possono da questi essere consumati.
      Il Problema a livello europeo. Il Parlamento Europeo, riunito a Bruxelles il 14 giugno 2012 in seduta plenaria aveva adottato il Rapporto Ries (l'introduzione degli alimenti per celiaci nella proposta di regolamento della Commissione, COM 353/2011, accanto agli alimenti destinati ai lattanti e ai bambini, agli alimenti destinati a fini medici speciali e a quelli destinati a diete a basso (LCD) e a bassissimo contenuto calorico), VLCD.
      Ma lo stesso Parlamento europeo, più recentemente, l'11 giugno 2013, ha approvato definitivamente il Regolamento COM 353/2011 che abroga il concetto di prodotto dietetico ed esclude i celiaci dalle categorie vulnerabili della popolazione con esigenze nutrizionali tutelate (lattanti, prima infanzia, fini medici speciali e persone che devono perdere peso).
      La Commissione europea, fin dalla prima proposta del COM 353 nel giugno 2011, ha considerato i celiaci come meri consumatori e la dieta senza glutine come un'alimentazione comune, con l'unica necessità per i prodotti di ben evidenziare in etichetta l'assenza di glutine. Banalizzare la dieta senza glutine a dieta di moda, ha portato l'Europa a non riconoscere più le esigenze nutrizionali dei celiaci.
      La Commissione europea non ha ritenuto di dover tutelare alcune categorie sensibili e vulnerabili di consumatori, come quella dei celiaci, e ciò comporta una serie di rischi: il regolamento rimuove la speciale salvaguardia riservata ai celiaci garantita da una normativa rigorosa sui requisiti nutrizionali e sui relativi controlli.
      D'altra parte se si fanno scorrette diagnosi d'intolleranza al glutine, imponendo quindi una dieta specifica e inutilmente costosa per un prodotto si spendono in media tre volte di più rispetto all'analogo senza glutine, con un evidente spreco di risorse e di potenziale danno per la salute.
      Serve educazione alimentare. Si ritiene che a tale superficiale approccio alla celiachia e alla dieta senza glutine abbia contribuito anche la confusione tra celiachia, malattia irreversibile ed autoimmune, sensibilità al glutine non ancora meglio identificata e dieta salutista. L'equivoco è che molti, pensando di avere sensibilità al glutine, consumano cibi speciali. Ciò comporta anche una spesa considerevole: 600.000 famiglie italiane spendono circa 6 milioni di euro al mese per acquistare prodotti senza glutine di cui non hanno bisogno. Una scelta pericolosa, perché può impedire di diagnosticare adeguatamente casi di vera celiachia.
      Serve una maggiore consapevolezza sui rischi della malattia celiaca per professionisti come i pediatri di base, ma serve anche una maggiore educazione alimentare a livello familiare: diagnosi mancate sono pericolose per la salute, ma diagnosi improprie non giovano né ai soggetti né ad una corretta gestione della già scarse risorse in sanità.
      Ripercussioni a livello italiano.
      Ogni anno in Italia si spendono 250 milioni di Euro per prodotti aglutinati, ma solo 190 milioni sono quelli erogati gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale per pazienti con celiachia diagnosticata. La situazione italiana, poi, è ancora di più a rischio, in quanto, il Regolamento approvato in sede europea, porterà, con decorrenza giugno 2016, all'abrogazione del decreto legislativo n.  111 del 1992 (Norma nazionale di recepimento delle direttive europee sui dietetici) e del Regolamento 41/2009, mettendo in serio rischio quindi il Registro nazionale dei «prodotti dietetici» senza glutine, categoria abrogata dal Regolamento 609/2013 (COM 353/13).Pag. 76
      Conseguenze per la salute dei celiaci: il rispetto della legge n.  123/2005.
      Non è possibile tutelare i pazienti celiaci, affetti da una patologia cronica con un Regolamento che non garantisce gli specifici apporti nutrizionali e salutistici. Ciò è inadeguato e inammissibile.
      Per attuare una delle più rilevanti finalità della legge n.  123 del 2005, la diagnosi precoce, è stato definito il Protocollo di diagnosi e follow-up per la celiachia dal «Gruppo Celiachia» presso il Ministero della salute, cui ha contribuito il Comitato scientifico nazionale dell'Associazione Italiana Celiachia che oggi conta circa 62.000 soci.
      L'articolo 4, comma 1, della legge n.  123 del 2005 afferma che «al fine di garantire un'alimentazione equilibrata, ai soggetti affetti da celiachia è riconosciuto il diritto all'erogazione gratuita di prodotti dietoterapeutici senza glutine».
      Si tratta di un diritto, introdotto per la prima volta con il decreto del Ministro della sanità del 1o luglio 1982, e progressivamente modificato nella norma di attuazione, definito con legge dello Stato. Spetta alle regioni mediante le aziende sanitarie nazionali, l'erogazione gratuita degli alimenti ai pazienti affetti da celiachia con tetti di spesa suddivisi tra età, uomini e donne.
      Difficoltà a livello europeo e responsabilità del contributo italiano. Il 14 novembre 2012 in sede europea, si è svolto un confronto tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo sulla proposta di regolamento della Commissione COM 353/2011, da cui è scaturita la versione finale del testo di regolamento; ma nonostante la lunga e consistente battaglia dell'Italia (Governo e AIC), il Regolamento emanato dalla Commissione COM 353/2011 esclude dal campo di applicazione delle categorie di prodotti giudicati essenziali per categorie vulnerabili della popolazione, i prodotti senza glutine destinati ai celiaci, e ne rimanda la regolamentazione al regolamento 1169/2011, il cosiddetto Food Information to consumers (FIC), impegna il Governo:
          ad assumere urgenti iniziative affinché sia scongiurata l'applicazione del Regolamento Europeo senza l'introduzione di modifiche migliorative;
          a tutelare, con misure di propria competenza, i celiaci, categoria vulnerabile della popolazione, da provvedimenti molto restrittivi;
          a formulare, nell'ambito dei nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA), una linea d'indirizzo nazionale che garantisca i tetti di spesa del decreto del Ministro della sanità dell'8 giugno 2001 e l'applicazione del principio del fabbisogno calorico sulla base dei recenti LARN della SINU;
          constatato che il fabbisogno energetico dei giovani pazienti celiaci che praticano attività sportiva agonistica è superiore rispetto a chi non la pratica, equiparare in tutte le regioni i tetti di spesa, (previa certificazione comprovante lo svolgimento dell'attività sportiva agonistica svolta dai pazienti celiaci) alla fascia superiore di erogazione di prodotti senza glutine;
          a farsi carico del problema della distribuzione di prodotti in erogazione, oggi fruibili per il paziente nella sola provincia o/e regione di residenza, cosicché i celiaci che si muovono per motivi di studio, lavoro o vacanza, sono attualmente costretti a portare con sé gli alimenti per il fabbisogno quotidiano;
          a tener presente, in attesa dell'approvazione del Lea (dal 2008 è previsto il passaggio della celiachia dall'elenco delle malattie rare alle croniche), i rischi per la perdita dell'importante tutela della diagnosi che il regolamento delle malattie rare di cui al decreto del Ministro della sanità n.  279 del 2001 prevede con l'esenzione del ticket, per una malattia il cui esame precoce richiede ancora, mediamente, 6 anni di tempo e indagini (dati della Relazione annuale al Parlamento);
          a promuovere la diagnosi precoce, riducendo sensibilmente i costi socio-sanitari, che dovrà essere perseguita con strumenti alternativi, già indicati dalla legge n.  123 del 2005, in considerazione di Pag. 77quanto previsto dal protocollo di diagnosi e follow up, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nel febbraio 2007 per il trattamento e follow up della celiachia;
          a garantire che la normativa italiana, da sempre all'avanguardia per i diritti e le tutele dei celiaci, anche a seguito della presentazione della proposta di regolamento del Parlamento europeo concernente gli alimenti destinati ai lattanti e ai bambini e agli alimenti destinati a fini medici speciali, continui a tutelare la sicurezza del prodotto rivolto ai celiaci, per la produzione, notifica delle etichette e piano di campionamento di controllo, e mantenga anche il registro nazionale degli alimenti, quale unica fonte per l'erogazione gratuita, anche con l'attuazione della revisione del registro già discussa ai tavoli tecnici del Ministero della salute.
      Approvazione della legge.
      Art. 1. (Modifica all'articolo 2 della legge 4 luglio 2005, n.  123).
      1. Alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 2 della legge 4 luglio 2005, n.  123, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, prevedendo, in particolare, l'obbligo di effettuare nella scuola primaria test diagnostici nei bambini di età compresa tra sei e dieci anni».
      Art. 2. (Modifica all'articolo 3 della legge 4 luglio 2005, n.  123). Al comma 1 dell'articolo 3 della legge 4 luglio 2005, n.  123, è aggiunta, in fine, la seguente lettera: «c-bis) effettuare nella scuola primaria i test diagnostici obbligatori cui all'articolo 2, comma 3, lettera a), assicurando l'erogazione gratuita dei prodotti dietoterapeutici senza glutine in favore dei bambini risultati positivi a tali test».

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO MANUELA GHIZZONI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1574-A

      MANUELA GHIZZONI, Relatore per la maggioranza. Onorevoli colleghi, signor Presidente, finalmente un provvedimento che si occupa specificamente di scuola, università e ricerca è stato esaminato nella sua sede naturale, cioè in Commissione Cultura.
      Se percepisce un senso di stupore è perché da anni, da troppi anni, misure destinate ad incidere sul sistema pubblico della conoscenza, spesso con approcci settoriali o scoordinati, sono state approvate in leggi omnibus, con il principale obiettivo di ridurre il bilancio a carico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
      Con l'esito che è stato ricordato nel rapporto dell'allora ministro Giarda del 2012 e cioè che «La spesa del MIUR si è ridotta nell'ultimo triennio di 3,5 miliardi, di cui 2,2 nella scuola e quasi 1 nell'università» e, per gli ultimi due decenni, rilevava «una forte caduta della quota della spesa pubblica per l'istruzione, dal 23,1 per cento al 17,7 per cento del totale, con una corrispondente caduta della quota sul PIL».
      L'istruzione è stato, insieme a quello dell'ordine pubblico e della sicurezza, l'unico settore della spesa pubblica in contrazione, calando del -5,4 per cento, in netta controtendenza con le scelte degli altri paesi europei e dell'OCSE in periodi di crisi.
      È dunque ipocrita interrogarsi sulle performance deludenti nelle analisi internazionali del nostro sistema formativo. Sappiamo bene che la spesa pubblica non è necessariamente sinonimo di qualità e sviluppo, ma certamente non lo sono nemmeno i tagli lineari che si abbattono anche sui comportamenti virtuosi e sulle buone prassi senza certezza di efficacia sugli sprechi.
      Va dato quindi atto al Governo Letta di avere emanato misure urgenti per far intraprendere al nostro Paese una politica di investimenti in favore del sistema pubblico della conoscenza.
      Un investimento – uso non a caso questa parola – costituito sia da iniziative per il welfare studentesco, per le politiche professionali e per l'ambito educativo-didattico e organizzativo, sulla linea di idee Pag. 78da tempo dibattute nella nostra commissione, sia da risorse finanziarie aggiuntive.
      Risorse aggiuntive che assommano a 315 milioni per il 2014 e a oltre 390 milioni annui dal 2015 in poi. Tema, quello delle coperture, sul quale la commissione ha molto dibattuto senza trovare, al momento, una sintesi con il Governo; ma ho fiducia che il lavoro, al quale non ci sottrarremo nelle prossime ore, possa raggiungere un esito favorevole e il più ampiamente condiviso.
      Ora, comunque, mi preme sottolineare che lo sforzo finanziario e di idee concretato nel decreto varato dal Governo non è sfuggito ai tanti e diversi soggetti ascoltati in audizione. Sebbene essi non si siano giustamente sottratti a segnalare le criticità contenute nel testo – molte delle quali risolte con emendamenti approvati in commissione – hanno comunque riconosciuto e apprezzato un'inversione di tendenza fatta di risorse e proposte nuove sulle quali mi soffermerò.
      Dati gli accordi intercorsi con i gruppi parlamentari di ridurre il tempo degli interventi, mi permetta Presidente di chiedere già ora la pubblicazione dell'intera relazione in calce al resoconto della seduta, così che io possa limitarmi ad esporne in Aula la sola premessa, che raccoglie i tratti salienti del provvedimento, soprattutto alla luce delle modifiche apportate durante l'esame in commissione, avvenute a seguito del meticoloso lavoro svolto da tutti i gruppi, che qui voglio ringraziare per la passione e la determinazione con la quale hanno atteso all'esame del provvedimento.
      Desidero altresì ringraziare il presidente on.  Galan per la fiducia che voluto raccordarmi affidandomi, in sua vece, il ruolo di relatrice del provvedimento.
      Il decreto prevede come primo nucleo di disposizione quelle relative al welfare degli studenti, con l'incremento di 15 milioni per le spese di trasporto degli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado e di 3 milioni per l'assegnazione di premi di merito artistico per gli studenti AFAM.
      Si potenzia altresì l'offerta formativa con ulteriori 3 milioni di finanziamento che permetteranno alle scuole di costituire ed aggiornare laboratori tecnico-scientifici che utilizzino materiali innovativi, ed ancora, sempre alle scuole ma anche alle università ed alle accademie, consentiranno di avviare progetti didattici in collaborazione con musei e istituzioni culturali e scientifiche.
      Ancora, si interviene per contenere il costo dei libri di testo sia modificando le regole per l'adozione sia mediante agevolazioni alle famiglie in difficoltà; per ciò che riguarda le regole si afferma la possibilità, in loco della già prevista obbligatorietà, dell'adozione dei libri di testo, stabilendo il principio che le risorse possano essere destinate all'utilizzo di materiali alternativi anche autoprodotti dalle scuole, mentre per l'acquisto di libri da dare in comodato alle famiglie in difficoltà si stanziano 2,7 milioni nel 2013 e 5,4 nel 2014.
      Il tema della dispersione scolastica viene affrontato proponendo un programma di didattica integrativa anche attraverso il prolungamento dell'orario scolastico, soprattutto nelle zone di maggior evasione dall'obbligo, volto al rafforzamento delle competenze di base e rivolto a tutti gli ordini di scuola.
      Già dall'anno scolastico in corso le scuole potranno potenziare le attività di orientamento. Il provvedimento, inizialmente rivolto all'ultimo biennio della secondaria superiore, è stato esteso anche all'ultimo anno della secondaria inferiore, cioè ad entrambi i momenti cruciali in cui gli studenti effettuano una scelta determinante per il loro futuro formativo. A questo fine sono stati stanziati 1,6 milioni per il 2013 e 5 milioni per il 2014.
      Con le disposizioni sinteticamente enunciate, si affrontano dunque i problemi più urgenti per offrire un concreto aiuto agli studenti ed alle famiglie, affinché a tutti vengano date reali opportunità per acquisire quelle competenze necessarie ad esplicare le proprie potenzialità individuali e a divenire cittadini consapevoli, favorendo al contempo il difficile compito Pag. 79delle scuole che tutti giorni, in trincea, combattono contro la dispersione e l'abbandono.
      Accenno qui a una norma importante che attiene all'edilizia scolastica. Di particolare valore è quanto previsto nell'articolo 10 per l'edilizia scolastica.
      Con 40 milioni di euro all'anno per 30 anni si attiverà un mutuo di circa 800 milioni disponibili nel 2014.
      Insieme con le regioni si concorderà quali interventi i comuni e le province realizzeranno.
      Priorità verrà data alla sicurezza e dove sarà necessaria anche a nuovi edifici.
      Vengo alle norme dedicate al personale scolastico.
      Troppo a lungo si è pensato che per recuperare in qualità sarebbe stato necessario stornare risorse dal capitolo dei costi del personale nel bilancio del MIUR; troppo a lungo si è parlato della scuola come grande bacino occupazionale di dipendenti statali, trascurando che a loro è affidato il delicato compito di formare, educare, sostenere la libera espressione del pensiero e la crescita personale.
      Ecco, anche in tal senso occorre cambiare passo e pensare al lavoro dei docenti e del personale della scuola come ad una risorsa da coinvolgere e da valorizzare.
      Nelle linee programmatiche presentate dal Ministro Carrozza questo tema assume una nuova centralità, diventa leva di crescita degli standard qualitativi e non più costo da comprimere. Al contempo in esse si coglie la volontà di innovare ogni ambito della professione docente: dal reclutamento alla formazione in servizio, dall'esercizio della professione a nuove modalità di organizzazione del lavoro.
      In coerenza con quanto delineato, il decreto affronta quindi alcune emergenze che attengono al personale della scuola, quale quella del reclutamento dei Dirigenti Scolastici, i cui, ultimi, travagliati iter concorsuali hanno prodotto incertezze e rallentamenti nella stessa conduzione delle Istituzioni Scolastiche.
      Inoltre, grazie al lavoro attento e tenace della commissione, sulla dolorosa questione del personale inidoneo all'esercizio della funzione docente, si è giunti a ristabilire un principio: la prevalenza della tutela della salute e della dignità professionale sul fattore di contenimento della spesa.
Ma si affronta anche un nodo strutturale e cruciale come quello di garantire stabilità agli organici: il piano triennale disposto dal decreto consentirà di assumere personale scolastico a tempo indeterminato su posti in organico di diritto.
      È poi particolarmente positivo che il decreto preveda l'immissione in ruolo di 26.000 docenti specializzati sul sostegno, ambito nel quale si era duramente abbattuta la precedente scure dei tagli: questa misura, infatti, dispone il graduale ripristino degli organici del sostegno esistenti al 2008.
      Come pure significativa è l'attenzione al bisogno di formazione in servizio dei docenti, soprattutto finalizzato a sostenere, in particolare, il difficile lavoro dei docenti impegnati in aree con forti criticità, espresse – ad esempio – da alti tassi di abbandono scolastico, da alte concentrazioni di alunni con bisogni educativi speciali o da una elevata presenza di alunni migranti.
      Vengo ora alle principali misure in favore di AFAM, ricerca e diritto allo studio. Da registrare positivamente il fatto che con questo decreto il Governo Letta interrompe la lunga e colpevole disattenzione della politica nei confronti dell'alta formazione artistica e musicale.
      Infatti, grazie alle norme contenute nel decreto e alle modifiche introdotte dalla commissione trovano risposta positiva alcune delle attese dei docenti precari che da anni operano nelle Istituzioni e si dà un concreto segnale di attenzione – atteso dal 2007 – agli Istituti superiori di studi musicali ex pareggiati e alle accademie storiche non statali, per i quali è messo a disposizione un fondo per far fronte alle gravi difficoltà finanziarie in cui versano tali istituti.
      La commissione è intervenuta anche sulla questione di maggiore risonanza sui media: l'abolizione del «bonus maturità» per l'accesso ai corsi di laurea con numero Pag. 80programmato. La modifica, approvata all'unanimità grazie ad una proficua interlocuzione con il Governo salvaguarda da un lato i diritti di tutti gli studenti che già frequentano i corsi di laurea ma, con un intervento di sanatoria valido solo per l'anno accademico 2013/14, consente altresì l'immatricolazione in soprannumero a quegli studenti che sarebbero stati ammessi, in base ai risultati conseguiti al test, se il bonus non fosse stato abrogato negli stessi giorni in cui si tenevano le prove di ammissione. Quel che è comunque certa è l'urgenza di una riflessione meno estemporanea sull'accesso programmato ai corsi di laurea e sulle modalità di ammissione, riflessione che non può che essere collegata a scelte strategiche di fondo: sul diritto all'istruzione, sulla flessibilità della formazione post-secondaria, sul legame formazione-lavoro.
      Passando al tema «ricerca», mi soffermo sulle disposizioni relative al personale precario.
      Esprimiamo apprezzamento per l'assunzione in cinque anni di 200 ricercatori precari e la proroga degli attuali contratti a tempo determinato in favore dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che soffre di un'endemica precarietà del personale. Ma l'apprezzamento è mitigato dal limitato raggio d'azione della norma che non ha permesso di raccogliere le istanze degli altri enti di ricerca, che pur conoscono estesi fenomeni di precarietà del personale, alle quali neppure il recente decreto sulla razionalizzazione nella pubblica amministrazione ha dato risposta.
      Per gli enti e per gli Atenei, quindi, resta ora la possibilità disposta dall'articolo 23 di attivare contratti a tempo determinato purché non ricadano su fondi ordinari; questa norma è certamente positiva perché consente di non espellere dal sistema giovani di talento che fanno buona ricerca e didattica, ma dall'altra li trattiene in una condizione di stabile precarietà ! Un paradosso, purtroppo, che siamo chiamati a sciogliere, Governo e Parlamento, per la responsabilità che portiamo sulle spalle di non tradire la fiducia dei giovani, nel futuro.
      E vengo all'ultima questione, quella relativa al diritto allo studio universitario, nella consapevolezza che ogni intervento in questo ambito sia un passo compiuto contro l'ineguaglianza e verso il progresso e lo sviluppo, anche in termini di PIL come ci insegna il premio nobel Stiglitz. Riteniamo positiva l'approvazione dell'emendamento che sterilizza per il prossimo anno accademico eventuali aumenti della tassazione e della contribuzione studentesca: un anno che il Parlamento dovrà mettere a frutto per approvare una legge che definisce i criteri nazionali affinché le tasse universitarie siano ispirate ai principi di equità e di progressività.
      Riteniamo ugualmente positiva l'approvazione dell'emendamento, avvenuta stamane in commissione, che stabilizza a 150 milioni, rispetto ai 100 previsti dal decreto, la capienza del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio. Si tratta di una norma importante perché è la prima volta che il governo dà certezza nel tempo alla consistenza del Fondo.
      Conosco le obiezioni che le opposizioni faranno a questa affermazione, nei confronti delle quali mi permetto di giocare in anticipo dicendo: un primo passo per il diritto allo studio è compiuto, insieme possiamo fare gli altri passi, necessari a dare una risposta a tutti i ragazzi meritevoli anche se privi di mezzi e a cancellare l'inganno dei cosiddetti idonei senza borsa.
      Concludo la mia premessa con una riflessione, che è anche un invito che desidero rivolgere in particolare alle forze di opposizione, che ringrazio nuovamente per il comportamento costruttivo che hanno contribuito a determinare durante la discussione in commissione, testimoniato dall'approvazione unanime di numerosi emendamenti, presentati sia dall'opposizione sia dalla maggioranza.
      Questo decreto è stato emanato in un momento molto difficile per il Paese, perché stiamo vivendo un passaggio epocale soprattutto dal punto di vista economico e sociale: siamo infatti, come scrive Nicola Cacace «il Paese più vecchio del mondo (età media 45 anni) con la disoccupazione Pag. 81giovanile più alta d'Europa (oltre il 30 per cento contro il 20 per cento europeo); siamo il Paese europeo con meno laureati eppure abbiamo il più alto livello di laureati disoccupati o sottoccupati. E siamo un Paese “congelato” perché da tempo la scuola non è più quell'ascensore sociale di cui si è favoleggiato a lungo: oggi solo il 10 per cento dei figli di operai diventa professionista, mentre il 45 per cento dei figli di medici sono medici, di architetti sono architetti, di ingegneri sono ingegneri.»
      E a nessuno di noi sfugge il fatto che il nostro sistema di conoscenza ha molto a che fare con la situazione sintetizzata da Cacace. E quindi anche gli effetti dispiegati dal decreto in esame incideranno su quella paralisi sociale che attanaglia il Paese.
      Comprendo pertanto le attese, le molte attese riposte in questo decreto, e che per le opposizione non sono state tutte adeguatamente evase, ma credo al contempo che non si possa chiedere ad un provvedimento di misure urgenti, forzatamente circoscritte ancorché pensate con un approccio sistemico, di risolvere in un solo colpo tutti i problemi della scuola, dell'università e della ricerca.
      Metteremo a segno un primo obiettivo con l'approvazione del decreto, come modificato in Commissione: altri ne restano da fare, lo sappiamo, ma saranno tanto più efficaci se frutto di un lavoro condiviso.
      Passo ora ad una disamina puntuale dei 31 articoli di cui è composto il decreto-legge dando conto delle più rilevanti modifiche intervenute durante l'esame in sede referente.
      L'articolo 1, modificato, autorizza la spesa di 15 milioni di euro per l'anno 2014 per l'attribuzione di contributi e benefici a favore degli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado che, in possesso di condizioni economiche individuate sulla base dell'ISEE, abbiano esigenza di servizi di trasporto.
      Rispetto al testo del decreto-legge, durante l'esame in sede referente sono stati eliminati il riferimento al requisito del merito negli studi, nonché il riferimento ad esigenze di servizi di ristorazione.
      Inoltre, confermando che la ripartizione delle risorse fra le regioni è demandata ad un decreto MIUR-MEF, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, è stato previsto che lo stesso sia emanato entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (e non entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del D.L). I contributi erogati dalle regioni sono esclusi dal patto di stabilità interno.
      L'articolo 2, modificato, incrementa di 137,2 milioni di euro annui, a decorrere dal 2014, il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio agli studenti universitari, da ripartire tra le regioni così che sommati ai 12,8 milioni attualmente previsti a bilancio il ... porta complessivamente a 150 milioni. Le spese per gli interventi di diritto allo studio universitario realizzati dalle regioni e finanziati con le risorse del Fondo sono escluse dal patto di stabilità interno. Durante l'esame in sede referente è stata, inoltre, inserita la previsione secondo cui, dal 2014, secondo modalità da definire con DM – per la cui emanazione non è previsto un termine – il MIUR invia a tutti gli studenti iscritti alle scuole secondarie di secondo grado, per via telematica, anche attraverso il portale telematico di cui all'articolo 8, comma 1, lettera d), un opuscolo informativo sulle borse di studio universitarie, nonché gli indirizzi web di tutti gli organismi regionali per il diritto allo studio.
      La previsione deve essere coordinata con quella di cui all'articolo 8, comma 1, lettera d), citato.
      Quest'ultimo, infatti, prevede la realizzazione di un portale telematico attraverso il quale gli studenti degli ultimi due anni della scuola secondaria di secondo grado possono chiedere di ricevere sul proprio indirizzo di posta elettronica le informazioni riguardanti le iniziative di orientamento (che, peraltro, in base alle modifiche apportate al comma 1, lettera c), del medesimo articolo 8 riguardano anche gli studenti dell'ultimo anno della scuola secondaria di primo grado) e le modalità di Pag. 82accesso agli interventi regionali per il diritto allo studio, di cui al decreto legislativo 68/2012.
      Ulteriori contenuti inseriti nel corso dell'esame in sede referente hanno riguardato: una modifica all'articolo 9, comma 9, del decreto legislativo 68/2012, in materia di pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari da parte degli studenti che presentino i requisiti di eleggibilità per il conseguimento della borsa di studio, che si iscrivono a un anno di corso successivo al primo: tale modifica deve peraltro deve essere chiarita, perché il primo e il secondo periodo appaiono contraddittori; la previsione che, per l'a.a. 2013/2014, il disposto di cui all'articolo 5, comma 1-quinquies, del decreto del Presidente della Repubblica 306/1997, in base al quale l'incremento della contribuzione studentesca non può essere maggiore dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività, riguarda gli studenti in corso il cui ISEE familiare non superi euro 80.000: in altre parole le tasse e la contribuzione studentesca sono sterilizzate; la specifica in base alla quale il livello minimo fissato per la contribuzione da parte delle regioni al finanziamento delle borse di studio in favore degli studenti universitari (pari al 40 per cento dell'assegnazione relativa al Fondo integrativo statale) è da considerarsi al netto del gettito derivante dall'importo della tassa regionale per il diritto allo studio.
      L'articolo 3, modificato, dispone l'erogazione di premi – e non più di borse di studio, come previsto nel testo del decreto-legge – a favore degli studenti iscritti, nell'a.a. 2013-2014, presso le Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM), cumulabili con le borse di studio di cui al decreto legislativo 68/2012. A tal fine, si autorizza, per l'anno 2014, una spesa che, nel corso dell'esame in sede referente, è stata ridotta da 6 a 3 milioni di euro (a fronte degli interventi disposti all'articolo 19). Durante l'esame in sede referente è stato anche specificato che i bandi stabiliscono i settori di intervento, con particolare riguardo «a Piani nazionali di ricerca» e iniziative nazionali di promozione del settore Afam. Sembrerebbe opportuno sostituire le parole «a Piani nazionali di ricerca» con le parole «a progetti di ricerca di rilevanza nazionale», poiché nel settore AFAM non risulta l'esistenza di Piani nazionali di ricerca.
      L'articolo 4, modificato, estende il divieto di fumo alle aree all'aperto delle istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione. Inoltre, introduce il divieto di utilizzo delle sigarette elettroniche nei locali chiusi, nonché nelle aree all'aperto, di pertinenza delle stesse istituzioni, comprese le sezioni di scuole operanti presso le comunità di recupero e gli istituti penali per i minorenni, nonché presso i centri per l'impiego e i centri di formazione professionale. Rispetto alle previsioni recate dal decreto-legge – che faceva riferimento alle istituzioni scolastiche statali e paritarie – durante l'esame in sede referente si è così ampliata la platea dei destinatari, comprendendo anche le istituzioni regionali che erogano istruzione e formazione professionale (v. articolo 2, comma 1, lettera d), L. 53/2003). Per la violazione dei divieti è prevista l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie. Durante l'esame in sede referente è stato anche disposto che il personale incaricato dal dirigente scolastico di assicurare l'osservanza del divieto di fumo non può rifiutare l'incarico se non per documentata incompatibilità. Mentre il comma 1, come modificato, fa riferimento alle istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione, il comma 1-bis fa riferimento (solo) alle istituzioni scolastiche. Inoltre, è stato disposto che i proventi delle sanzioni comminate in caso di violazione del divieto di utilizzo delle sigarette elettroniche sono versati all'entrata del bilancio dell'istituzione scolastica che ha contestato la violazione (e non più, come nel testo del decreto-legge, all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati allo stato di previsione del Ministero della salute), per essere poi utilizzate per attività formative finalizzate all'educazione alla salute. Si segnala che nel comma 4, come modificato, si fa Pag. 83riferimento solo alle istituzioni scolastiche: tuttavia, il comma 2 fa riferimento anche ai centri per l'impiego e ai centri di formazione professionale. Non è, dunque, chiara la destinazione dei proventi in questione nel caso di violazioni accertate in tali sedi.
      L'articolo 4, inoltre, dispone l'elaborazione di programmi di educazione alimentare nelle scuole al fine di favorire il consumo consapevole di prodotti ortofrutticoli – com’è stato specificato in sede referente – locali, stagionali e biologici. Durante tale esame è stato aggiunto, inoltre, che, per l'elaborazione dei programmi, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali può collaborare con associazioni e organizzazioni di acquisto solidale. La definizione delle modalità attuative è demandata ad un decreto interministeriale, per la cui emanazione non è fissato un termine. Durante l'esame in sede referente sono stati, infine, inseriti ulteriori contenuti, riguardanti: le gare di appalto per l'affidamento e la gestione dei servizi di refezione scolastica e di fornitura di alimenti nelle strutture che abbiano come utenti soggetti fino a 18 anni di età; l'elaborazione di ulteriori programmi di educazione alimentare al fine di favorire la consapevolezza sui rischi connessi ai disturbi del comportamento alimentare; la pubblicità di liquidi o ricariche per sigarette elettroniche contenenti nicotina.
      L'articolo 5, modificato, reca disposizioni volte al potenziamento dell'offerta formativa. In particolare: è introdotta, a decorrere dall'a.s. 2014/2015, un'ora (settimanale) di insegnamento di «geografia generale ed economica» in una classe del primo biennio degli istituti tecnici e professionali, laddove non sia già previsto l'insegnamento di geografia. A tal fine, è autorizzata la spesa di euro 3,3 mln per il 2014 e di euro 9,9 mln a decorrere dal 2015; si prevede la pubblicazione, da parte del MIUR, entro il 30 ottobre 2013, di un bando di concorso per il finanziamento e la realizzazione di progetti didattici nei luoghi della cultura, finalizzati a promuovere la formazione continua dei docenti della scuola e la fruizione del patrimonio culturale. La definizione di criteri e modalità di selezione dei progetti è demandata ad un decreto MIUR-MIBACT, per la cui emanazione non è previsto un termine. A tal fine, è autorizzata la spesa di 3 mln di euro per il 2014. Occorre coordinare il settimo periodo, nel quale si continua a fare riferimento solo alle accademie di belle arti, con il secondo periodo, nel quale il riferimento a tali accademie è stato sostituito con quello a tutte le istituzioni AFAM. In assenza di coordinamento, infatti, tutte le istituzioni AFAM potrebbero partecipare al concorso ed elaborare i progetti, ma solo i docenti delle accademie di belle arti potrebbero realizzarli; a decorrere dall'a.s. 2013-2014, parte delle risorse del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa sono riservate al finanziamento di progetti per la costituzione o l'aggiornamento, presso istituzioni scolastiche statali, di laboratori scientifico-tecnologici che utilizzano materiali innovativi. Le modalità applicative sono demandate ad un decreto del MIUR, per la cui emanazione non è previsto un termine. Durante l'esame in sede referente sono stati, infine, inseriti ulteriori contenuti, riguardanti: l'avvio del monitoraggio e della valutazione dei percorsi dei licei, degli istituti tecnici e degli istituti professionali, già previsti dai decreto del Presidente della Repubblica n.  87/2010, decreto del Presidente della Repubblica n.  88/2010 e decreto del Presidente della Repubblica n.  89/2010, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, e la loro conclusione entro 12 mesi dall'avvio. I risultati rilevano per la ridefinizione di indirizzi, profili e quadri orari dei tre percorsi di studio; la facoltà, per l'amministrazione scolastica, di promuovere, in collaborazione con le regioni e a valere su risorse finanziarie messe a disposizione dalle regioni medesime, progetti inerenti ad attività di carattere straordinario, anche ai fini del contrasto della dispersione scolastica, della durata di tre mesi, prorogabili a otto. I progetti sono realizzati utilizzando docenti e personale Pag. 84amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) inclusi nelle graduatorie provinciali. Al personale impegnato è riconosciuta la valutazione del servizio ai soli fini dell'attribuzione del punteggio nelle graduatorie; la definizione, con regolamento ministeriale da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, dei diritti e dei doveri degli studenti dell'ultimo biennio della scuola secondaria di secondo grado impegnati nei percorsi di alternanza scuola-lavoro. Il regolamento ridefinisce anche le modalità di applicazione agli studenti impegnati in stage, tirocini o alternanza scuola-lavoro, delle disposizioni in materia di tutela e sicurezza nei luoghi di lavoro. L'articolo 6, modificato, reca disposizioni volte al contenimento della spesa per l'acquisto di testi e strumenti didattici da parte degli studenti, intervenendo innanzitutto sulle regole per l'adozione dei libri di testo. In particolare, si stabilisce che: l'adozione dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado è facoltativa; il collegio dei docenti può indicare testi consigliati (oltre a quelli adottati) solo se questi rivestono carattere di approfondimento o monografico; per l'a.s. 2013-2014. non può essere preclusa allo studente la possibilità di avvalersi di libri di testo anche nelle edizioni precedenti, purché conformi alle Indicazioni nazionali. Si prevede, inoltre, l'assegnazione alle istituzioni scolastiche di 2,7 milioni di euro nel 2013 e 5,3 milioni di euro nel 2014 per l'acquisto di libri di testo e dispositivi per la lettura di materiali didattici digitali da concedere agli studenti in comodato d'uso. L'assegnazione di tali risorse è effettuata dal MIUR con proprio decreto (già adottato il 25 settembre 2013). Nel corso dell'esame in sede referente, in particolare, è stata estesa la validità delle disposizioni di cui all'articolo 15 del decreto-legge 112/2008 (volte anch'esse al contenimento della spesa per libri scolastici) a tutte le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione e, dunque, anche alle scuole paritarie private e degli enti locali. È stata, invece, soppressa la previsione secondo cui costituisce illecito disciplinare l'esecuzione da parte del dirigente scolastico di delibere del collegio dei docenti che determinino il superamento dei tetti di spesa dell'intera dotazione libraria necessaria. Al comma 1-bis, il riferimento alle istituzioni scolastiche di cui ai titoli V e VI (della parte II) del decreto legislativo 297/2004 potrebbe non essere appropriato, dal momento che le denominazioni dei corsi di studio ivi presenti non tengono conto del riordino del sistema di istruzione secondaria superiore operato con i decreto del Presidente della Repubblica 87, 88 e 89 del 2010. Inoltre, il titolo VI reca anche disposizioni riguardanti Istituzioni ora rientranti nel sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale-AFAM, che, peraltro, hanno cessato di essere efficaci. Al comma 3, si valuti l'opportunità di fare riferimento anche alle Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento negli istituti tecnici e negli istituti professionali.
      L'articolo 7, modificato, prevede che nell'a.s. 2013/2014 è avviato in via sperimentale un programma di didattica integrativa riferito – a seguito delle specifiche inserite in sede referente – alle scuole di ogni ordine e grado finalizzato ad evitare la dispersione scolastica e autorizza, a tal fine, la spesa di 3,6 milioni di euro nel 2013 e di 11,4 milioni di euro nel 2014. La disciplina applicativa è demandata ad un decreto ministeriale, da adottare sentita la Conferenza unificata (e non la Conferenza Stato-regioni, come nel testo del decreto-legge), per la cui emanazione non è previsto un termine. Durante l'esame in sede referente, inoltre, sono state introdotte, sempre al fine di prevenire la dispersione scolastica, disposizioni per la promozione della pratica sportiva. In particolare, «si provvede alla possibilità» di inserire l'attività motoria nel piano dell'offerta formativa extracurricolare. Agli oneri derivanti da tali previsioni – non quantificati – si provvede utilizzando quota parte dei fondi stanziati per il progetto di alfabetizzazione motoria nella scuola primaria promosso dal CONI e dal MIUR.
      Poiché l'offerta formativa extracurricolare è rimessa all'autonomia di ciascuna Pag. 85istituzione scolastica, occorrerebbe valutare l'opportunità di sostituire le parole «e si provvede alla possibilità di inserire nel piano dell'offerta formativa extracurricolare l'attività motoria» con le parole «e si promuove l'inserimento dell'attività motoria nella progettazione extracurricolare delle istituzioni scolastiche».
      L'articolo 8, modificato, intende potenziare le attività svolte per l'orientamento degli studenti delle scuole ai fini della prosecuzione degli studi: a tal fine, tra l'altro, a decorrere dall'a.s. 2013-2014, anticipa l'avvio dei percorsi di orientamento – finora previsti nel quinto anno delle scuole secondarie di secondo grado – al quarto anno delle stesse, nonché, in base alle modifiche intervenute durante l'esame in sede referente, prevede il loro inserimento anche nell'ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado. A tali fini, si autorizza una spesa di 1,6 milioni di euro nel 2013 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2014, da assegnare direttamente alle scuole. Durante l'esame in sede referente è stato precisato che, in presenza di alunni con disabilità certificata, sono previsti interventi specifici di orientamento.
      In considerazione del fatto che il comma 1 prevede, a seguito delle modifiche approvate durante l'esame in sede referente, che le iniziative di orientamento devono svolgersi anche nell'ultimo anno di corso della scuola secondaria di primo grado, occorrerebbe valutare la congruità del riferimento, che permane nel comma 2, alla «possibilità» di utilizzare le risorse anche per iniziative di orientamento per gli studenti delle scuole secondarie di primo grado.
      Inoltre, al comma 1, il riferimento all'articolo 5 del decreto-legge 76/2013 non appare il più idoneo ad identificare la Garanzia per i giovani, che è prevista dalla Raccomandazione 2013/C 120/01, mentre, invece, l'articolo 5 citato ha solo istituito una struttura di missione per la sua attuazione.
      L'articolo 8-bis, inserito durante l'esame in sede referente, dispone in materia di istruzione e formazione per il lavoro. In particolare, prevede che i percorsi di orientamento di cui all'articolo 8 e i piani di intervento di cui all'articolo 2, comma 14, del decreto-legge 76/2013 (L. 99/2013) – finalizzati alla realizzazione di tirocini formativi presso imprese o enti pubblici per gli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali, e di cui si stabilisce ora l'adozione entro il 31 gennaio 2014 – comprendono anche misure per: far conoscere il valore educativo e formativo del lavoro, anche attraverso giornate di formazione in azienda, agli studenti, a partire dal primo biennio del secondo ciclo, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali; sostenere la diffusione dell'apprendistato di alta formazione nei percorsi degli Istituti tecnici superiori (ITS).
      A tale proposito si anticipa che i commi 1-ter e 1-quater dell'articolo 14, inseriti durante la sede referente, ad esclusione di quelle telematiche, e gli stessi ITS possono stipulare convenzioni con le imprese per la realizzazione di progetti formativi che prevedono lo svolgimento da parte dello studente di un periodo di formazione presso le aziende, sulla base di un «contratto di apprendistato». Le convenzioni stabiliscono, fra l'altro, i corsi di studio interessati e il numero di crediti formativi riconoscibili ad ogni studente, entro un massimo di 60.
      L'articolo 9, modificato, estende la durata massima del permesso di soggiorno per la frequenza a corsi di studio o per formazione per l'intero periodo del corso frequentato, anziché per un singolo anno, rinnovabile di anno in anno. In sede referente, in particolare, è stata specifica la possibilità di prolungare il permesso per ulteriori 12 mesi oltre il termine del percorso formativo compiuto (c.d. permesso per attesa occupazione). Gli effetti della disposizione sono differiti all'adozione della normativa di attuazione, cui si provvede entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.Pag. 86
      L'articolo 10, modificato, reca disposizioni finalizzate a consentire alle regioni interessate la stipula di mutui trentennali per il finanziamento di interventi in materia di edilizia scolastica, nell'ambito della programmazione 2013-2015. I pagamenti effettuati dalle regioni per l'attuazione degli interventi di edilizia scolastica, finanziati con la stipula dei mutui in oggetto, sono esclusi dal patto di stabilità interno. Gli oneri di ammortamento sono a carico dello Stato. A tal fine, sono stanziati contributi per 40 mln di euro annui, per la durata dell'ammortamento, a decorrere dal 2015. Durante l'esame in sede referente è stato precisato che le rate di ammortamento dei mutui sono pagate agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato, coerentemente con le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 75, L. 311/2004. L'individuazione delle modalità di attuazione è demandata ad un decreto adottato dal MEF, di concerto con il MIUR e il MIT, da adottare, come precisato durante l'esame in sede referente, entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, in conformità ai contenuti dell'intesa sottoscritta in Conferenza unificata il 1o agosto 2013. Sempre durante l'esame in sede referente è stato previsto l'invio ogni anno al Parlamento di una relazione interministeriale MIUR-MEF-MIT sullo stato di avanzamento dei lavori relativi a interventi di edilizia scolastica e sull'andamento della relativa spesa. Ai fini dell'elaborazione della predetta relazione, devono essere richiesti elementi informativi alle amministrazioni territorialmente competenti. Inoltre, con riferimento alla previsione, contenuta nell'articolo 18, comma 8-ter, del decreto-legge 69/2013, in base alla quale i sindaci e i presidenti di provincia, interessati dai piani per la riqualificazione e la messa in sicurezza delle scuole statali, operano in qualità di commissari governativi, fino al 31 dicembre 2014, è stata inserita la specifica che ciò vale per gli interventi finanziati con le risorse di cui ai commi 8 (euro 100 mln per il periodo 2014-2016 da parte dell'INAIL) e 8-sexies (euro 150 mln dal Fondo speciale della ricerca applicata), nella misura definita dal DPCM che definisce i poteri derogatori dei predetti commissari rispetto alla normativa vigente. Infine, l'articolo 10 include le spese sostenute in favore delle istituzioni AFAM e delle università tra le detrazioni IRPEF per erogazioni liberali, purché finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica, all'edilizia universitaria, all'ampliamento dell'offerta formativa.
      L'articolo 10-bis prevede che, con proprio decreto, il Ministro dell'interno aggiorna la normativa tecnica antincendio per gli interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici e universitari e individua le prescrizioni per l'adeguamento, da realizzare entro il 31 dicembre 2015.
      L'articolo 10-ter prevede, fino al 30 giugno 2014, la possibilità di sottoscrivere in forma olografa le convenzioni relative ai programmi straordinari stralcio di interventi urgenti sul patrimonio scolastico, di cui alle delibere CIPE 32/2010 e 6/2012.
      In luogo della «forma olografa» della sottoscrizione delle convenzioni, potrebbe essere opportuno fare riferimento alla possibilità che i rappresentanti legali delle amministrazioni sottoscrivano personalmente le convenzioni medesime. Infatti, nella normativa vigente il termine «olografo» è usato esclusivamente in riferimento al testamento e, comunque, a documenti redatti interamente di proprio pugno dal sottoscrittore.
      L'articolo 11, non modificato, reca un'autorizzazione di spesa per gli anni 2013 e 2014, rispettivamente di 5 milioni di euro e di 10 milioni di euro, per assicurare alle istituzioni scolastiche statali secondarie, prioritariamente a quelle di secondo grado, la realizzazione e la fruizione della connettività wireless, in modo da consentire agli studenti l'accesso ai materiali didattici e ai contenuti digitali.
      L'articolo 12, modificato, interviene in materia di criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA) e per la sua distribuzione fra le regioni: in particolare, a seguito delle modifiche approvate nel Pag. 87corso dell'esame in sede referente, l'applicazione della disciplina recata dall'articolo 19, comma 5 e 5-bis, del decreto-legge 98/2011 (L. 111/2011) è stata limitata agli a.s. 2012/2013 e 2013/2014, rinviando la definizione dei criteri a regime ad un decreto MIUR-MEF di natura non regolamentare, da emanarsi previo accordo da raggiungere in sede di Conferenza unificata. Sulla base di tale accordo, le regioni provvedono autonomamente al dimensionamento scolastico.
      Durante l'esame parlamentare è stato anche disposto che per le scuole con lingua di insegnamento slovena si provvede previo parere vincolante della Commissione scolastica regionale per l'istruzione in lingua slovena. Infine, è stata soppressa la previsione in base alla quale la Scuola per l'Europa di Parma era inserita fra le pubbliche amministrazioni.
      L'articolo 13, modificato, è finalizzato ad assicurare l'integrazione dell'anagrafe nazionale degli studenti e delle anagrafi regionali degli studenti nel sistema nazionale delle anagrafi degli studenti, già prevista dall'articolo 3 del decreto legislativo 76/2005, entro l'a.s. 2013-2014. Le modalità di integrazione sono definite prevedendo la funzione di coordinamento del MIUR e acquisendo il parere del Garante per la privacy. Durante l'esame in sede referente è stata disposta la trasmissione all'anagrafe delle diagnosi funzionali degli alunni disabili, prive di elementi identificativi, al fine di consentire il miglioramento dell'integrazione scolastica mediante l'assegnazione dei docenti di sostegno. Con decreto del MIUR, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, L. 400/1988, previo parere del Garante, sono stabiliti i criteri e le modalità relativi all'accessibilità e alla sicurezza dei dati sensibili, comunque assicurando che nell'Anagrafe le diagnosi funzionali siano separate dagli altri dati.
      L'articolo 14, modificato, elimina il divieto di costituzione di più di un Istituto tecnico superiore (ITS) in ogni regione per la medesima area tecnologica e relativi ambiti, introdotto con l'articolo 52, comma 2, lettera a), del decreto-legge 5/2012 (L. 35/2012).
      L'articolo 15, modificato, prevede: in esito ad una sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola, la definizione, con decreto interministeriale, di un piano triennale 2014-2016 per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo e ATA (rappresentando, dunque, la prosecuzione di analogo intervento disposto per il triennio 2011-2013 con l'articolo 9, comma 17, del decreto-legge 70/2011 – L. 106/2011). Per l'emanazione del D.I. non è previsto un termine; la rideterminazione della dotazione organica di diritto relativa ai docenti di sostegno e l'autorizzazione all'assunzione di ulteriori unità di personale a decorrere dall'a.s. 2013/2014. Al riguardo, durante l'esame in sede referente è stata introdotta la previsione secondo cui, dall'a.s. 2014/2015, il riparto dei docenti di sostegno è assicurato in maniera equa a livello regionale. Inoltre, si è disposto in materia di unificazione delle quattro aree disciplinari delle attività di sostegno nella scuola secondaria di secondo grado. In tal senso, nella XVI legislatura era stata approvata la risoluzione 8-00197; l'abrogazione, dal 1o gennaio 2014, della disciplina in materia di docenti inidonei all'insegnamento per motivi di salute recata dall'articolo 14, comma 13, del decreto-legge 95/2012 (L. 135/2012) e la ridefinizione della materia con la previsione di una disciplina a regime per i docenti dichiarati permanentemente inidonei successivamente al 1o gennaio 2014 e di una disciplina transitoria per i docenti già dichiarati permanentemente inidonei alla data di entrata in vigore del decreto-legge. In particolare, durante l'esame in sede referente, è stata introdotta, per i docenti dichiarati permanentemente inidonei alla propria funzione per motivi di salute dopo il 1o gennaio 2014, la possibilità di chiedere, in prima istanza, la dispensa dal servizio. Inoltre, nelle more dell'applicazione della mobilità intercompartimentale – che, a seguito della modifica prima illustrata, diventa Pag. 88una delle alternative – lo stesso personale può esser utilizzato per iniziative volte alla prevenzione della dispersione scolastica (incluse quelle di cui all'articolo 7 del decreto-legge), nonché per attività culturali e di supporto alla didattica, anche in reti scolastiche; l'integrazione della disciplina relativa ai docenti delle classi di concorso C999 e C555, recata dall'articolo 14, comma 14, dello stesso decreto-legge 95/2012. Al riguardo, durante l'esame in sede referente la nuova disciplina prevista dal decreto-legge è stata integrata prevedendo che ai docenti in questione è consentito anche permanere negli organici degli uffici tecnici previsti dai decreto del Presidente della Repubblica n.  87/2010 e decreto del Presidente della Repubblica n.  88/2010 (v. articolo 4, comma 3, e articolo 8, comma 7, dei due decreti del Presidente della Repubblica), se già utilizzati in tali ambiti e in possesso del relativo titolo di studio, subordinatamente all'esistenza di posti in organico e ad invarianza finanziaria. Inoltre, durante l'esame in sede referente sono stati introdotti ulteriori contenuti, riguardanti, in particolare: la soppressione del limite temporale presente nell'ultimo periodo del comma 4-bis dell'articolo 1 della L. 62/2000, in base al quale, fino alla conclusione di corsi abilitanti appositamente istituiti, nelle scuole dell'infanzia paritarie possono insegnare i docenti «in servizio» in possesso di diplomi conseguiti presso scuole o istituti magistrali.
      Al riguardo si osserva che, se l'obiettivo è quello di consentire anche per il futuro ai soggetti in possesso dei suddetti titoli di studio di insegnare nelle scuole dell'infanzia paritarie, nel secondo periodo del comma 4-bis dell'articolo 1 della L. 62/2000 occorre sopprimere le parole «in servizio»; per i docenti a tempo indeterminato, la riduzione (da 5) a 3 degli anni di effettivo servizio nella provincia di titolarità necessari per la richiesta di trasferimento, assegnazione provvisoria o utilizzazione in altra provincia; la previsione che la normativa con cui è stato sancito il blocco delle retribuzioni nel pubblico impiego per gli anni 2011-2013 non trova applicazione nei confronti del personale ATA, con riguardo alle posizioni economiche orizzontali attribuite per lo svolgimento delle ulteriori e più complesse mansioni di cui alla sequenza contrattuale del 25 luglio 2008.
      L'articolo 16, modificato, autorizza la spesa di 10 milioni di euro per il 2014, da utilizzare per iniziative di formazione obbligatoria del personale scolastico. In base alle modifiche introdotte durante l'esame in sede referente, le attività sono rivolte, in particolare, alle zone ad alto rischio socio-educativo (mentre è stato eliminato il riferimento alle zone in cui i risultati dei test di valutazione sono meno soddisfacenti, presente nel testo del decreto-legge), ed è stato ampliato il novero degli obiettivi: in particolare, puntualizzando che il rafforzamento delle conoscenze e competenze degli alunni è finalizzato anche a migliorare gli esiti nelle valutazioni nazionali INVALSI, è stato specificato che le attività mirano anche all'aumento delle competenze per potenziare i processi di integrazione a favore di alunni con disabilità e bisogni educativi speciali, delle competenze relative alla didattica interculturale, al bilinguismo e all'italiano come lingua seconda (in particolare nelle aree a forte concentrazione di immigrati), nonché di quelle relative all'educazione all'affettività e al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere. Con riferimento ai bisogni educativi speciali, è stato, altresì previsto che, in via sperimentale per l'a.s. 2014-2015, i docenti assegnati ad una classe nella quale è presente almeno un alunno in tale situazione, devono partecipare ad almeno un corso di formazione. A tal fine, è stata disposta un'autorizzazione di spesa specifica, pari a 5 milioni di euro annui dal 2013. Fatta salva la necessità di un miglior coordinamento fra il comma 1 e il comma 1-bis, poiché in entrambi si fa riferimento a iniziative formative per i bisogni educativi speciali, al comma 1-bis l'autorizzazione di spesa è prevista in termini annui – peraltro, a decorrere dal 2013 – mentre, invece, la partecipazione alle iniziative di formazione è prevista, in via sperimentale, solo per l'a.s. 2014-2015. Pag. 89La definizione delle modalità di organizzazione e gestione delle attività formative è demandata ad un decreto del MIUR, per la cui emanazione non è previsto un termine. Durante l'esame in sede referente è stato specificato che le convenzioni cui si può ricorrere per l'organizzazione e gestione in questione possono essere stipulate, oltre che con università statali e non statali (come prevede il decreto-legge), anche con associazioni professionali accreditate dal MIUR. Inoltre, è stato disposto che il medesimo decreto disciplina anche lo svolgimento di iniziative di formazione dei docenti all'interno di aziende, finalizzate a favorire i percorsi di alternanza scuola-lavoro. L'articolo 16 prevede anche, in via sperimentale per il 2014, l'accesso gratuito dei docenti – di ruolo e con contratto a termine, come precisato durante l'esame in sede referente – ai musei e ai siti di interesse archeologico, storico e culturale gestiti dallo Stato, nei limiti della disponibilità di 10 milioni di euro. La definizione delle modalità di fruizione del servizio è demandata ad un decreto interministeriale, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
      L'articolo 17, modificato, prevede: – nuove modalità di reclutamento dei dirigenti scolastici, attraverso un corso-concorso selettivo di formazione bandito annualmente dalla Scuola nazionale dell'amministrazione. Durante l'esame in sede referente è stato modificato il requisito dell'anzianità necessaria per la partecipazione al concorso per l'accesso al corso-concorso, facendo riferimento ad «un'anzianità complessiva nel ruolo di almeno cinque anni» (invece che al requisito di un «periodo di servizio effettivo di almeno cinque anni dopo la nomina in ruolo»). La definizione delle modalità applicative è demandata ad un DPCM, da adottare entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, che, come disposto sempre durante l'esame in sede referente, dovrà anche prevedere l'adeguamento dell'organizzazione della Scuola nazionale dell'amministrazione. Durante l'esame in sede referente è stato anche disposto che, contestualmente al concorso (rectius: corso-concorso) nazionale, si svolge un corso-concorso per le scuole con lingua di insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno-italiano del Friuli-Venezia Giulia, bandito dall'Ufficio scolastico regionale competente; – per il solo a.s. 2013-2014, una deroga alla normativa vigente in materia di esoneri dall'insegnamento per i docenti con funzioni vicarie, nelle scuole affidate in reggenza nelle regioni in cui non è stato completato l'iter dei concorsi per dirigente scolastico, nonché la possibilità di nomina dei vincitori degli stessi concorsi durante l'anno scolastico; – in caso di rinnovo delle procedure concorsuali per dirigente scolastico bandite nel 2011 (precisazione intervenuta durante l'esame in sede referente), annullate a seguito di pronunce giurisdizionali, la possibilità, qualora il numero dei concorrenti sia superiore a 300 unità (anziché 500), di costituire sottocommissioni, cui non può comunque essere assegnato un numero di candidati inferiore a 100. Con riferimento a tali procedure concorsuali, durante l'esame in sede referente è stato anche disposto che le relative graduatorie regionali sono «trasformate in graduatorie ad esaurimento» e che esse conservano la loro validità fino all'assunzione di «tutti i vincitori», che dovrà avvenire, fatta salva la disciplina autorizzatoria vigente, prima dell'indizione di un nuovo corso-concorso. Al riguardo occorre un chiarimento perché, mentre il primo periodo prevede l'esaurimento delle graduatorie (nelle quali sono presenti vincitori e idonei), il secondo periodo prevede che le stesse graduatorie rimangono valide fino all'assunzione dei (soli) vincitori. Ulteriori disposizioni introdotte durante l'esame in sede referente riguardano: – il conferimento di incarichi di presidenza per il solo a.s. 2013/2014 nelle regioni in cui il concorso è stato rinnovato a seguito di pronuncia giurisdizionale. Gli incarichi sono conferiti, a domanda, a quanti abbiano superato tutte le prove del concorso e cessano di diritto all'atto di immissione in ruolo del titolare. Al riguardo, visto il riferimento all'articolo Pag. 901-sexies del decreto-legge 77/2005 (L. 43/2005), che ha stabilito che, a decorrere dall'a.s. 2006-2007, non sono più conferiti nuovi incarichi di presidenza, fatta salva la conferma degli incarichi già conferiti, e che i posti vacanti di dirigente scolastico sono conferiti con incarico di reggenza, è necessario chiarire se l'intenzione sia quella di conferire incarichi di reggenza. Occorrerebbe, inoltre, specificare a quale/i concorso/i si intenda fare riferimento; – la previsione di una procedura concorsuale riservata, per titoli ed esami, che consta di un corso-concorso, per i docenti che, dall'a.s. 2006/2007, hanno avuto la conferma dell'incarico di presidenza per almeno un triennio e che non sono già collocati in quiescenza. I docenti che superano le prove sono inseriti in coda nelle graduatorie regionali relative ai concorsi banditi nel 2011, a decorrere dall'a.s. 2015/2016. In caso contrario, essi sono ricollocati nei ruoli di appartenenza a decorrere dall'a.s. 2016/2017. Al contempo, si prevede l'abrogazione, a far data dall'immissione in ruolo dei vincitori, e comunque non oltre il 1o settembre 2017, della disciplina vigente sul conferimento di incarichi di presidenza; – la previsione che i candidati idonei a seguito dell'espletamento di un concorso per dirigente scolastico bandito prima del 1o gennaio 2011, che non hanno partecipato al corso di formazione, sono inseriti in coda alle graduatorie regionali relative ai concorsi banditi nel 2011 e, al termine del periodo di prova, sono sottoposti ad una prova scritta e una prova orale. All'esito positivo delle stesse, essi sono confermati in servizio con il riconoscimento del servizio prestato, a tutti gli effetti, dal giorno dell'assunzione. In caso di esito negativo sono ricollocati nei ruoli di appartenenza; – la previsione che i soggetti non in quiescenza per i quali è pendente un contenzioso giurisdizionale relativo al concorso per dirigenti scolastici del 2004 sono ammessi ad un corso-concorso che prevede il superamento di una prova scritta e una prova orale. Nel caso di superamento di tali prove, essi sono inseriti, a partire dall'a.s. 2015-2016, in coda alle graduatorie regionali relative ai concorsi banditi nel 2011. La definizione delle modalità applicative delle procedure relative alle tre fattispecie da ultimo indicate è demandata decreto ministeriale, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge; – la novella dell'articolo 10 del TU spese di giustizia (decreto del Presidente della Repubblica 115/2002), aggiungendo il processo in materia di integrazione scolastica di cui alla L. 104/1992 tra quelli esenti dal contributo unificato. Al riguardo, elementi chiarificatori si ricavano dall'interpellanza urgente 2-00183, discussa il 20.9.2013. Il riferimento è ai ricorsi in materia di sostegno scolastico. Il semplice riferimento alla L. 104/1992 non sembra in grado di identificare il processo richiamato, che sembra essere, tuttavia, quello derivante dai ricorsi al TAR concernenti «l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti ... posti in essere da pubbliche amministrazioni» (articolo 7, comma 1, decreto legislativo 104/2010). Una meno generica formulazione potrebbe fare riferimento ai «ricorsi amministrativi per la garanzia dell'attività di sostegno per gli alunni con handicap fisici o sensoriali, ai sensi dell'articolo 13, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.  104».
      L'articolo 18, modificato, autorizza il MIUR ad assumere i vincitori e gli idonei del concorso per dirigente tecnico bandito nel 2008, a decorrere dal 2014. Al relativo onere, quantificato in 8,1 milioni di euro dal 2014, si fa fronte attraverso risparmi sulla spesa relativa alle commissioni degli esami di Stato al termine della scuola secondaria di secondo grado, conseguente alla restrizione dell'ambito territoriale nel quale gli stessi possono essere nominati.
      L'articolo 19, modificato, dispone in materia di conferimento di incarichi di insegnamento nelle Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM). Durante l'esame in sede referente è stato stabilito che il regolamento che deve disciplinare le procedure di reclutamento del personale (articolo 2, comma 7, lettera e), L. 508/1999) deve Pag. 91essere emanato entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge È stato, inoltre, previsto che i docenti inclusi nelle graduatorie di istituto che hanno maturato almeno 3 anni accademici di insegnamento sono inseriti, nelle more dell'emanazione del suddetto decreto, in apposite graduatorie nazionali da utilizzare per l'attribuzione di incarichi a tempo determinato, in subordine alle graduatorie nazionali di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 97/2004 (L. 143/2004), trasformate dal medesimo articolo 19 del decreto-legge in graduatorie nazionali ad esaurimento utili per l'attribuzione degli incarichi a tempo determinato e indeterminato. Le modalità di inserimento sono definite con decreto ministeriale, per la cui emanazione non è indicato un termine. Inoltre, è stata soppressa la disciplina relativa al conferimento dell'incarico di direttore amministrativo delle stesse Istituzioni. Il finanziamento agli Istituti superiori di studi musicali, ex pareggiati – che il decreto-legge stabiliva in 3 milioni di euro nel 2014 – durante l'esame in sede referente è stato aumentato a 5 milioni di euro, utilizzando parte delle risorse destinate ai premi di cui all'articolo 3. La ripartizione sarà effettuata con decreto del MIUR, per la cui emanazione non è indicato un termine, sentiti gli enti locali che finanziano gli Istituti. Durante l'esame in sede referente è stato previsto anche un finanziamento di 1 milione di euro per il 2014 – coperto con la riduzione delle risorse destinate ai premi di cui all'articolo 3 – per le accademie di belle arti non statali finanziate in misura prevalente dagli enti locali: anche in tal caso, la ripartizione sarà effettuata con decreto del MIUR, per la cui emanazione non è indicato un termine. Infine, è stata disposta l'assunzione a tempo indeterminato presso le Istituzioni AFAM del personale ATA che abbia superato un concorso pubblico per l'accesso alle nuove aree EP o Terza (come definite dal CCNL del 4 agosto 2010), a condizione che abbia maturato almeno 3 anni di servizio, nel rispetto della procedura di programmazione delle assunzioni presso le PP.AA.
      L'articolo 20 abroga l'articolo 4 del decreto legislativo 21/2008, relativo al c.d. «bonus maturità» per l'accesso ai corsi di laurea ad accesso programmato, disponendo che lo stesso bonus non è applicato neanche alle procedure già indette ma non ancora concluse alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Durante l'esame in sede referente è stato, però, introdotto un meccanismo di immatricolazione in soprannumero per i candidati che hanno sostenuto gli esami di ammissione per l'a.a. 2013/2014 per i corsi di Medicina e chirurgia, Odontoiatria, Medicina veterinaria, Architettura, e che non si sono collocati, a causa dell'abrogazione dell'articolo 4 sopra citato, in posizione utile in graduatoria. In particolare, è previsto che essi sono ammessi in soprannumero nell'a.a. 2013/2014 nel corso di studi e nella sede alla quale avrebbero potuto iscriversi in base alla graduatoria che sarebbe conseguita all'applicazione del «bonus», ovvero possono scegliere di iscriversi in soprannumero nell'a.a. 2014/2015, con il riconoscimento dei crediti acquisiti nell'a.a. 2013/2014 per gli insegnamenti comuni ai corsi. Al riguardo si ricorda che il DM 449/2013, citato nel testo, riguarda anche le prove di ammissione ai corsi di laurea delle professioni sanitarie. Occorre dunque valutare le conseguenze della disparità di trattamento che si determina per i candidati che hanno partecipato al test di ammissione ai corsi di laurea delle professioni sanitarie, predisposto da ciascuna università e svoltosi il 4 settembre 2013, sulla base delle indicazioni del DM 449/2013, ai quali pure, in base all'articolo 10, comma 3, lettera b), dello stesso DM, si sarebbe dovuto applicare il bonus, secondo criteri autonomamente determinati da ciascuna università. Occorre, altresì, valutare la posizione dei candidati che hanno partecipato alla prova di ammissione ai corsi di laurea in scienze della formazione primaria, per i quali il Decreto Ministeriale 15 luglio 2013, n.  615 ha stabilito che la valutazione del percorso scolastico, per un punteggio massimo di 10 punti, è effettuata dalle singole università, secondo criteri autonomamente determinati. Pag. 92Lo stesso DM, peraltro, ha disposto, all'articolo 1, comma 11, che «la graduatoria degli ammessi al corso non può essere in alcun caso integrata con altri candidati» e che «non sono consentite ammissioni in soprannumero».
      L'articolo 21, modificato, reca alcuni interventi in tema di formazione specialistica dei medici, prevedendo un'unica commissione preposta all'ammissione alle scuole di specializzazione e la formazione di un'unica graduatoria nazionale. Dispone, inoltre, che, a partire dall'a.a. 2013/2014, la determinazione del trattamento economico da corrispondere agli specializzandi avvenga con cadenza triennale, invece che annuale, sempre adottando un DPCM, come già previsto. Durante l'esame in sede referente è stato anche previsto che con decreto interministeriale MIURSalute, da emanare entro il 1o gennaio 2014, è ridotta, a partire dall'a.a. successivo all'emanazione, la durata dei corsi di formazione specialistica, nel rispetto dei limiti minimi previsti dall'UE, riorganizzando contestualmente le classi e le tipologie degli stessi corsi. Eventuali risparmi devono essere destinati all'incremento dei contratti di formazione specialistica medica. Si segnala che nel ddl di stabilità attualmente all'esame del Senato (A.S. 1120), all'articolo 10, comma 31, è prevista una riduzione da 5 a 4 anni delle scuole di specializzazione di area sanitaria, a decorrere dall'a.a. 2014/2015. Con decreto del MIUR, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, entro il 30 marzo 2014, può essere prevista una diversa durata dei corsi di formazione specialistica, entro il limite massimo di cinque anni. Nulla è specificato in merito agli eventuali risparmi che derivano dalla riduzione della durata dei corsi. Inoltre, è stato previsto che alla determinazione del numero globale degli specialisti da formare, per ciascuna tipologia di specializzazione, si proceda annualmente. Al contempo, sono stati modificati i criteri in base ai quali procedere a tale determinazione, aggiungendo, tra l'altro, l'obiettivo di migliorare progressivamente la corrispondenza tra il numero degli studenti ammessi a frequentare i corsi di laurea in medicina e chirurgia e quello dei medici ammessi alla formazione specialistica. Infine, è stata disciplinata la procedura per l'accesso ai periodi di formazione dei medici specializzandi all'interno delle aziende del Servizio sanitario nazionale, nonché la loro responsabilità assistenziale.
      L'articolo 22, modificato: disciplina a livello legislativo la procedura di nomina dei componenti del consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) – che, in base all'articolo 2, comma 140, del decreto-legge 262/2006 (L. 286/2006), era stata definita con il decreto del Presidente della Repubblica 76/2010 – introducendo, a regime, alcune novità e facendo salva la disciplina transitoria già prevista dallo stesso decreto del Presidente della Repubblica 76/2010 per i componenti in carica. Durante l'esame in sede referente, in particolare, è stato reintrodotto, ai fini della nomina, il previo parere delle Commissioni parlamentari competenti (non presente nel decreto-legge); reca alcune novità in materia di nomina dei presidenti e dei componenti dei consigli di amministrazione degli enti di ricerca vigilati dal MIUR di designazione governativa, di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 213/2009. In entrambi i casi, durante l'esame in sede referente è stato portato da uno a due anni il termine di validità dell'elenco di persone dal quale il Ministro avanza la proposta di nomina.
      L'articolo 23, modificato, reca disposizioni inerenti: le assunzioni a tempo determinato presso gli enti di ricerca, le università e le scuole superiori ad ordinamento speciale, nonché altri organismi. A tal fine, novella l'articolo 1, comma 188, della L. 266/2005, di recente modificato dall'articolo 9, comma 16-quinquies, del decreto-legge 76/2013 (L. 99/2013), in particolare reintroducendo la possibilità di ricorso a tali assunzioni per l'attuazione di progetti finalizzati al miglioramento di servizi anche didattici per gli studenti; il meccanismo di finanziamento degli enti di ricerca vigilati dal MIUR, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 213/2009. In particolare, Pag. 93la considerazione dei risultati della valutazione della qualità della ricerca (VQR) rileverà solo per la ripartizione del finanziamento premiale. Durante l'esame in sede referente è stata, inoltre, prevista l'assegnazione per il 2013 al Fondo per il funzionamento ordinario delle università (FFO, cap. 1694) di somme relative al progetto bandiera denominato «Super B Factory», inserito nel Programma Nazionale della Ricerca 2011-2013, nel limite di euro 40.891.750, negli anni 2011 e 2012, e di euro 966.000 relativi al 2013. Con riferimento a quanto disposto per il 2011 e il 2012, si osserva che si prevede la destinazione ad altre finalità di somme già impegnate, benché non ancora pagate, e dunque di somme che dovrebbero risultare gravate da obbligazioni giuridicamente perfezionate. Sarebbe pertanto opportuno un chiarimento. Con riferimento a quanto disposto per il 2013, si osserva che si stabilisce l'utilizzo di somme di parte capitale per altre finalità, di parte corrente, senza prevedere il versamento all'entrata del bilancio dello Stato delle stesse somme per la loro successiva riassegnazione.
      L'articolo 24, modificato, autorizza l'assunzione, nel quinquennio 2014-2018, di 200 unità di personale ricercatore, tecnologo e di supporto alla ricerca presso l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV). Il decreto interministeriale per l'approvazione del fabbisogno di personale, già previsto dall'articolo 5, comma 4, del decreto legislativo 213/2009, deve essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge Durante l'esame in sede referente è stato, inoltre, previsto che, fino al completamento delle procedure di assunzione, e comunque non oltre il 31 dicembre 2018, l'INGV può prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato attivi alla data di entrata in vigore del decreto-legge per gli stessi profili professionali per i quali è autorizzata l'assunzione a tempo indeterminato. L'articolo 4, comma 9, del decreto-legge 101/2013 (in corso di esame) dispone la possibilità, per le pubbliche amministrazioni (e quindi anche per gli enti di ricerca), di prorogare i contratti a tempo determinato dei lavoratori che abbiano maturato almeno 3 anni di servizio, non oltre il 31 dicembre 2016. Prevede, altresì, che gli enti di ricerca pubblici (e non solo gli enti di ricerca vigilati dal MIUR, come nel testo del decreto-legge) possono procedere ad assunzioni di ricercatori e tecnologi in deroga alle procedure di cui all'articolo 34-bis del decreto legislativo 165/2001, che stabilisce l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di utilizzare il personale già collocato in disponibilità o in mobilità prima di avviare le procedure per le nuove assunzioni.
      L'articolo 25, non modificato, interviene in materia di accisa, disponendo aumenti scadenzati (dal 10 ottobre 2013, dal 1o gennaio 2014 e dal 1o gennaio 2015) delle aliquote di accisa relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico.
      L'articolo 26, non modificato, attraverso una novella all'articolo 10 del decreto legislativo n.  23 del 2011 (c.d. federalismo municipale), interviene in tema di determinazione, con decorrenza dal 1o gennaio 2014, delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, relativamente ai trasferimenti immobiliari.
      L'articolo 27, modificato, reca: – il rifinanziamento del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (FISPE); – le norme di copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento.
      L'articolo 28 dispone l'immediata entrata in vigore del decreto-legge.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DELLE DEPUTATE PAOLA BINETTI E TAMARA BLAZINA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1574-A

      PAOLA BINETTI. Il Presidente del Consiglio: «Ci interessa ricominciare a investire sull'educazione e l'istruzione dopo anni di tagli», ha esordito il Premier Enrico Letta illustrando il decreto al termine della riunione del Governo. «L'istruzione Pag. 94è il centro per il rilancio del Paese. Queste sono solo le prime risposte, perché le risorse sono limitate, ma ne verranno altre. E finalmente ritorna l'impegno per il diritto allo studio, uno dei temi più complessi, controversi e purtroppo più tagliati».
      Il decreto mira ad assicurare un inizio del nuovo anno scolastico e accademico più agevole possibile, ma principalmente punta a creare le fondamenta per un futuro migliore per la scuola e l'università, riportando i settori della formazione al centro della vita dello Stato e garantendo nuove risorse. Sono decisamente molti gli ambiti di intervento che il decreto intende toccare, a cominciare dal personale scolastico (dai dirigenti, ai docenti di sostegno), passando per i libri di testo (nell'ottica di un maggiore risparmio, ma anche dell'innovazione) e per le misure a favore del welfare studentesco (borse per trasporti e mensa, accesso al wireless a scuola). Un posto di rilievo è dato anche alla lotta contro la dispersione scolastica, la formazione dei docenti, il miglioramento e l'innovazione dell'offerta formativa e il rilancio dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica. È apprezzabile la determinazione del Ministro Carrozza, la quale ha adottato il provvedimento in esame in coerenza con quanto esposto nelle linee programmatiche sul suo dicastero, illustrate di fronte alle Commissioni cultura riunite di Camera e Senato, in linea anche con la sensibilità dimostrata dal Presidente del Consiglio Letta.
      Pur sottolineando che le norme che si vanno ad esaminare sono contenute in un decreto-legge e non in una organica legge di riforma del settore dell'istruzione, lo stesso mette al centro dell'attenzione gli studenti. Si apprezzano in particolare, le disposizioni di cui all'articolo 1 del provvedimento, che hanno ad oggetto il welfare dello studente, utilizzando una terminologia che va oltre il semplice sostegno del diritto allo studio.
      Il Ministro Carrozza (Inaugurazione anno scolastico 2013/2014 al Quirinale)
      Sogno un'Italia che sia consapevole dell'importanza dell'istruzione come fattore propulsore per la mobilità sociale, per la coesione territoriale, per la promozione della cultura e della tecnica, in modo sostenibile con la valorizzazione del nostro patrimonio paesaggistico, culturale e artistico. Per questo è fondamentale che le istituzioni prestino costantemente attenzione all'istruzione: le risorse utilizzate per l'istruzione siano considerate come investimento in un'ottica pluriennale e non come «spese». È compito, infatti, di chi oggi ha responsabilità di governo, pensare alle generazioni future.
      Articolo 1 del Decreto: Welfare dello studente. Al centro del sistema-scuola c’è lo studente. Dobbiamo quindi garantire, come abbiamo fatto con le misure di welfare dello studente contenute nel provvedimento urgente, in primo luogo il diritto allo studio e la possibilità per i capaci e meritevoli privi di mezzi di poter studiare senza ostacoli. Stanziati 15 milioni di euro nel 2014 per «favorire il raggiungimento dei più alti livelli negli studi» e «il pieno successo formativo» degli studenti delle medie e delle superiori. Questo è uno dei compiti essenziali di uno Stato moderno, che non può limitarsi a garantire i diritti a una «media» di cittadini, ma deve garantire il diritto a ogni individuo. Le istituzioni, anche per il diritto allo studio, devono lavorare per questo.
      Per il 2014 il Dl investe sul «welfare dello studente» con 100 milioni per aumentare il Fondo per le borse di studio a partire dal 2014, con altri 15 milioni per garantire ai capaci e meritevoli ma privi di mezzi il raggiungimento dei più alti livelli di istruzione, in base a tre parametri: l'esigenza di alleggerire la spesa delle famiglie per pasti e trasporti; le condizioni economiche dello studente sulla base dell'Isee; il merito negli studi in base alla valutazione scolastica).
      In questo campo ci saremmo aspettati una misura a favore anche dei Collegi universitari vere palestre di eccellenza, come il Ministro sa anche a partire dall'esperienza della Normale di Pisa. Invece il Decreto scuola ora e il Decreto stabilità Pag. 95domani non fanno cenno di questa rete di servizi qualificati che rende davvero efficace la mobilità degli studenti e garantisce quelle condizioni che vanno oltre la semplice accoglienza, ma consentono una più profonda integrazione tra culture diverse e un efficace aiuto per le famiglie.
      Ci sono poi 15 milioni (3,6 per il 2013 e 11,4 per il 2014) per la lotta alla dispersione scolastica, con un programma di didattica integrativa che contempla il rafforzamento delle competenze di base e metodi didattici individuali e il prolungamento dell'orario per gruppi di alunni nelle realtà in cui è maggiormente presente il fenomeno dell'abbandono e dell'evasione dell'obbligo, con attenzione particolare alla scuola primaria.
      Per la prima volta dopo molti anni, un provvedimento del Governo contiene investimenti per la scuola nel suo complesso, cioè a favore degli studenti, delle famiglie, degli insegnanti, del personale tecnico amministrativo.
      «Gli studenti potranno utilizzare i libri di testo delle edizioni precedenti – ha spiegato il ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza –, a patto che siano “conformi alle indicazioni nazionali”». Cambiano anche le regole sui tetti di spesa dei libri: d'ora in poi dovranno essere i dirigenti scolastici ad assicurarne il rispetto non approvando le delibere del collegio dei docenti che ne prevedono il superamento. Mentre è previsto uno stanziamento di 8 milioni di euro (2,7 per il 2013 e 5,3 per il 2014) per finanziare l'acquisto di libri di testo e e-book da parte delle scuole secondarie, che li destineranno agli alunni in situazioni economiche disagiate in comodato d'uso.
      Il governo ha stanziato 15 milioni, subito spendibili, per la connettività wireless nelle scuole secondarie, con priorità per quelle di secondo grado. «Gli studenti potranno accedere a materiali didattici e contenuti digitali in modo rapido e senza costi».
      La dimensione orientativa dell'insegnamento riguarda tutti gli insegnanti e per questo le attività inerenti ai percorsi di orientamento sono ricomprese tra le attività funzionali all'insegnamento non aggiuntive e riguardano l'intero corpo docente (articolo 8).
      Dobbiamo trarre da questi eventi l'occasione per sviluppare la coscienza civile di tutti, nello stretto legame tra ambiente, legalità e sviluppo. Non partiamo da zero: i più giovani che purtroppo hanno sempre meno fiducia nella politica si impegnano invece sempre di più per le iniziative legate ai problemi dell'ambiente e del territorio. Dobbiamo prenderci cura di questa sensibilità, della loro curiosità e ricettività su questi temi, lanciando una grande campagna su ambiente e legalità nelle scuole e accentuando sempre più i temi legati all'esercizio di una cittadinanza attiva. Dobbiamo ritrovare insieme l'importanza di una partecipazione politica attiva che torni ai valori primari, istruzione, lavoro, ambiente. La Cittadinanza e la Costituzione vanno di pari passo e sono rafforzate, non solo nei programmi scolastici, ma nell'attività quotidiana, da quella capacità di ribellarsi davanti ai soprusi e all'illegalità che non è una forma di immaturità, bensì il germoglio di una coscienza civile che noi tutti abbiamo la responsabilità di nutrire.
      5. Sono sempre più forti anche le esigenze di integrazione davanti a una società globale ed in cui i flussi migratori verso il nostro Paese, soprattutto dalle aree meno ricche del mondo spesso anche teatro di guerra, sono ogni giorno più frequenti. L'integrazione è un fattore di arricchimento per i nostri ragazzi e per le nostre ragazze. È l'occasione per imparare a orientarsi nel mondo, per sviluppare il sentimento di solidarietà e per comprendere la varietà dei problemi da diverse prospettive. La scuola è il luogo principe per l'integrazione, è il luogo in cui i giovani hanno le prime esperienze di relazioni sociali indipendenti dalle famiglie, in cui convivono con coetanei di altre culture, religioni, tradizioni. Studiare geografia economica è dunque importante per capire la propria cultura e quella degli altri in un contesto globale. Estensione del permesso di soggiorno per studenti stranieri.Pag. 96
      Attenzione particolare, infine, alla geografia generale ed economica con lo stanziamento di 13,2 milioni (3,3 per il 2014 e 9,9 per il 2015) per il potenziamento dell'insegnamento: un'ora in più negli istituti tecnici e professionali al biennio nazionale. L'articolo parla di Potenziamento dell'offerta formativa.
      Alcuni temi del provvedimento quali la stabilizzazione degli insegnanti di sostegno, il welfare scolastico e l'orientamento scolastico vanno verso la giusta direzione. Occorre tuttavia fare alcune riflessioni su alcuni argomenti che a mio avviso devono essere migliorati e sviluppati. Ad esempio bisogna riconoscere più esplicitamente che il sistema scuola pubblica è costituito dalla scuola statale e dalla scuola non statale, dando maggiore stabilità e maggiore efficacia al sistema di valutazione delle scuole, ponendo maggiormente l'accento sul merito, ad esempio ai TFA, oppure a chi ha conseguito la laurea in formazione primaria e ha un buon curriculum scolastico.
      6. Vorrei qui sottolineare l'importanza del lavoro quotidiano e silenzioso degli insegnanti che svolgono con abnegazione e passione un ruolo di rappresentanti dello Stato nelle frontiere della nostra società. Nel decreto legge abbiamo previsto investimenti per la formazione degli insegnanti per valorizzare le loro competenze e per migliorare il rendimento della didattica. Immissione in ruolo. 27 mila immissioni in ruolo di insegnanti di sostegno triennale che prevede l'assunzione complessiva di 69 mila insegnanti. Cifre importanti, che includerebbero la stabilizzazione dei posti attualmente ricoperti da supplenti (oltre 26 mila nel triennio 2014-2016), oltre all'assunzione entro il 2016 di 16 mila Ata (ausiliari tecnici e amministrativi).
      Al fine di migliorare il rendimento della didattica, particolarmente nelle zone in cui i risultati dei test di valutazione sono meno soddisfacenti ed è maggiore il rischio socio-educativo, e potenziare le capacità organizzative del personale scolastico, per l'anno 2014 è autorizzata la spesa di euro 10 milioni, oltre alle risorse previste nell'ambito di finanziamenti di programmi europei e internazionali, per attività di formazione obbligatoria del personale scolastico.
      Il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza mediante corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell'amministrazione. Il corso-concorso viene bandito annualmente per tutti i posti vacanti, il cui numero è comunicato dal MIUR.
      7. La mia esortazione oggi va infine ai giovani: siate pronti a prendere in mano la vostra vita e il vostro paese  ! Sviluppate la vostra personalità nel confronto con gli altri, senza farvi marginalizzare e trovando ogni occasione per partecipare alla vita pubblica. La politica ha bisogno di voi, e del vostro rinnovamento, ha bisogno di spirito di servizio, di onestà, di voglia di cambiare e di discontinuità. Maturate la vostra indipendenza ed entrate nel dibattito pubblico. Il vostro futuro dipenderà dalla vostra formazione, dal vostro impegno, dalla vostra capacità di innovare e di creare quindi le condizioni per un futuro migliore.
      8. Ricerca. Novità, inoltre, sul fronte della ricerca: la quota premiale del fondo di finanziamento degli enti di ricerca (almeno il 7 per cento del Fondo totale) sarà erogata, in misura prevalente, in base ai risultati ottenuti nel procedimento di valutazione della qualità della ricerca (Vqr). Per la prima volta tra le attività di ricerca sono inseriti anche «progetti finalizzati al miglioramento di servizi anche didattici per gli studenti, i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle università, fatta eccezione per quelli .........».
      Il tema della valutazione della scuola come oggetto di ricerca scientificamente fondata: La valutazione nella (della) scuola è diventata oggi una rilevante «sfida» istituzionale, oltre che una complessa questione pedagogica. Si registra infatti una forte domanda sociale di valutazione, innescata da una maggiore attenzione alla formazione intesa come risorsa fondamentale a disposizione della società intera e di Pag. 97ciascuno dei suoi membri. I genitori e le istituzioni pubbliche sono diventati più esigenti e selettivi nei confronti della formazione; tendono ad utilizzare criteri di comparazione tra costi e benefici; si interrogano sulla sua produttività «culturale»; in fondo, assumono un continuo anche se inconsapevole atteggiamento valutativo. In questo quadro, il terreno della valutazione (qui intesa come etica del render conto) può rappresentare l'occasione per ricostruire un rapporto positivo tra scuola e società civile, oggi fortemente deteriorato. La «ratio» di molte riforme di questi anni sembra implicare uno scambio virtuoso tra un possibile aumento delle risorse dedicate alla scuola e una migliore affidabilità (rendicontazione) degli esiti. Di questi diversi aspetti si occupa il sistema nazionale di valutazione. Ma sarebbe quanto mai opportuno fare diventare i dati: a partire dalle tipologie di prove, dai criteri di somministrazione, dall'interpretazione dei dati, ecc. oggetto di riflessione scientifica per tutti gli operatori scolastici. Nel nostro paese, non solo la pratica delle verifiche sistematiche degli apprendimenti è assai sporadica, ma manca totalmente un'azione di feed-back tra curricoli reali, prove di valutazione, verifiche sistematiche degli apprendimenti e conseguente formazione dei docenti che coinvolga direttamente gli operatori scolastici.
      9. Bonus maturità e Facoltà di Medicina e Chirurgia.
      Nell'articolo 20 e 21 del Decreto ci sono a nostro giudizio una serie di luci e di ombre. Cominciamo dal primo: Il bonus maturità non vedrà mai la luce. Lo prevede il decreto legge «Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca», approvato proprio in concomitanza con i test di ammissione a Medicina e Odontoiatria, per cui si prevede come sempre il numero chiuso. «Era di difficile applicazione e avremmo creato iniquità», ha detto E. Letta. I ragazzi usciti dalla maturità potevano contare su alcuni punti in più in base al voto dell'esame di stato: da un minimo di 1 a un massimo di 10, per i voti compresi tra l'80 e i 100 centesimi. A maggio scorso, prima che il test fosse posticipato dal 23 luglio al 9 settembre, la pubblicazione del calcolo del bonus maturità in base alla media dell'istituto scolastico frequentato, aveva fatto insorgere professori, studenti e genitori al punto da convincere il Ministero a far slittare la prova e a semplificare il calcolo del punteggio, eliminando la graduatoria tra istituti. Ma anche questo non era bastato e quindi con il decreto Scuola si è provveduto a cancellarlo del tutto. Ma cambiare le regole in corso d'opera, mentre circa 84 mila studenti svolgevano il test nella consapevolezza dell'esistenza del bonus ha spiazzato tutti e ha creato la possibilità di ricorsi, su cui la Commissione ha trovato, tutto sommato, una buona mediazione.
      In realtà non si può ignorare ciò che sta accadendo a livello europeo, in Romania prima di tutto.. ma non solo. Molti studenti che non hanno superato i tests in Italia si iscrivono nelle facoltà di Medicina di altri Paesi europei, da dove tentano di rientrare in Italia per chiedere il riconoscimento degli esami fatti e comunque – nel caso si fossero laureati all'estero – tentano di rientrare per frequentare le scuole di specializzazioni, perché vige il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti nei diversi Paesi europei. È una situazione che si sta diffondendo molto in questi ultimi anni e va tenuta presente per garantire il riconoscimento della qualità di formazione anche al di là del semplice riconoscimento dei crediti acquisiti...
      Il decreto all'articolo 21 prevede inoltre anche l'istituzione della graduatoria unica nazionale per i medici che vogliono accedere alle scuole di specializzazione e la rivisitazione triennale, non più annuale degli importi dei contratti di formazione specialistica. «All'esito delle prove è formata una graduatoria nazionale in base alla quale i vincitori sono destinati alle sedi prescelte, in ordine di graduatoria...». Obiettivo della norma è quello di ridurre il rischio dei favoritismi da parte degli Atenei di appartenenza, attuando una «Rivoluzione antibaroni», così definita, per lasciare spazio a Principi di Trasparenza ed Equità. Alla base della valutazione Pag. 98ci saranno dunque criteri oggettivi che permetteranno di privilegiare le esperienze formative effettivamente maturate dall'aspirante medico. Con la prova su base nazionale si analizzeranno anche i curricula e la valutazione finale seguirà schemi ben definiti, assolutamente uguali per tutti. Occasione questa per riqualificare il percorso formativo di ogni medico. Soddisfatta l'Associazione nazionale giovani medici: «L'adozione di una graduatoria unica nazionale e di criteri di valutazione non più discrezionali consentirà di rilanciare e di rendere più competitivo il sistema formativo professionalizzante post laurea di medicina».
      Poiché sembra che i due criteri fondamentali per la formazione della graduatoria saranno la valutazione del curriculum degli studenti: media più voto di laurea, e una prova oggettiva con DSM in due batterie (quiz generali e quiz di scuola specifica) , sarà urgente definire i criteri per modulare le valutazioni di tutti gli esami del curriculum e del voto di laurea secondo criteri il più possibile trasparenti e condivisi. E si rende necessario che i quesiti utilizzati, sia come test di cultura medica generale che come test specifici per le diverse scuole, abbiano davvero un valore selettivo che consenta di formulare una graduatoria oggettiva e ben articolata.
      Ma tutto ciò non risponde alla vera complessità del problema che nasce dallo scollamento tra il numero dei laureati in medicina e il numero di contratti di lavoro a disposizione nei diversi anni. Attualmente, anno accademico 2012-2013 ci sono oltre 7000 laureati per un numero complessivo di poco più di 4000 contratti, il che significa che almeno un 40 per cento di laureati dovranno attendere per poter entrare nella SS, senza neppure averne la certezza. Finché il gap tra questi due dati non si riduce ci sarà sempre una cultura del sospetto che immagina alcuni più «fortunati» di altri, per non parlare di procedure assai meno corrette che gli stessi giovani laureati denunciano con estrema crudezza sui loro siti e nel comune linguaggio di FB o di Tw.
      Poiché oggi un laureato in medicina non può esercitare la sua professione senza aver conseguito o un diploma di specializzazione o aver frequentato la Scuola di medicina generale questi dati vanno messi assolutamente in relazione l'uno con l'altro, fino a considerare la SS come se fosse una laurea magistrale che di fatto abilita all'esercizio qualificato della professione medica.
      Quest'anno ad esempio sono stati ammessi alla frequenza del corso di laurea in Medicina e Chirurgia circa 10.000 studenti, di cui le statistiche ipotizzano almeno un 90 per cento di laureati. Nell'anno accademico 2019-2020 avremo bisogno di almeno 9000 contratti di lavoro per consentire un accesso alla SS che non allunghi di ulteriori 2-3 anni il curriculum di studi. I nostri specializzandi arrivano spesso a 30 anni alla soglia prevista per un loro esercizio autonomo della professione, ammesso che il turn over per allora si sia sbloccato... Se poi per caso, i migliori di loro volessero frequentare un dottorato di ricerca... i tempi della formazione di base: laurea + specializzazione + dottorato... li condurrebbero velocemente sulla soglia dei 35 anni ! Sempre che nel frattempo non ci siano stati buchi neri nel passaggio da uno step all'altro...
      La giovane classe medica italiana gode attualmente di un grande prestigio anche presso università straniere molto qualificate e il rischio è che davvero i nostri giovani migliori si disperdano in luoghi e contesti in cui trovano più facilmente una collocazione che reputano adeguata...
      Per questo chiediamo al Ministro della PI che in accordo con il ministro della salute trattino il tema delle iscrizioni alla Facoltà di medicina e quello dei contratti di lavoro, come un unico tema-problema le cui soluzioni vanno concordate e coordinate.
      Tra l'altro un adeguato coordinamento di questi due dati metterà uno step definitivo a quello che molti giovani medici considerano una sorta di mercato, in alcuni casi una specie di compravendita degli accessi alle scuole di specializzazione. Pag. 99Quando ognuno potrà accedere alla sua scuola molte storture del sistema si risolveranno...
      10. Salute.
      Nel provvedimento l'altolà alle sigarette elettroniche nelle scuole inizialmente previsto nel Ddl Lorenzin approvato a fine luglio dal Consiglio dei ministri. È stato inserito nel nuovo Dl per consentire l'entrata in vigore in concomitanza con l'inizio dell'anno scolastico.
      Conclusione.
      Per questo non possiamo che esprimere il nostro consenso alla strada intrapresa dal Ministro Carrozza e dal Governo nel suo insieme, attraverso l'emanazione di un decreto capace di ridare dignità alla componente studentesca meritevole ma meno fortunata, dal punto di vista economico, di rimettere al centro la formazione del personale docente, che noi vorremmo peraltro continuativa e stabile, di ridare priorità al recupero della dispersione, nonché di incrementare gli sforzi in materia di controlli e valutazione dei percorsi formativi e delle strutture scolastiche.
      Si tratta di un provvedimento emergenziale che reca parti innovative, accanto ad altre, per così dire, di manutenzione; nell'ambito di queste, peraltro, ritengo che le riforme debbano essere ispirate a principi strategici di intervento.
      L'investimento complessivo è molto più consistente. «Il decreto prevede interventi totali da 13 milioni nel 2013, 305 milioni nel 2014 e, a regime, 400 milioni nel 2015», ha spiegato la ministra Carrozza, aggiungendo che la copertura arriva per lo più dalle accise sugli alcolici.
      Dobbiamo smettere di separare, di dividere e riprendere una prospettiva unificante e creativa di studio, cultura e sviluppo economico. Qual è la risposta di oggi alla diffusa domanda di una nuova politica economica credibile ? È l'istruzione, che deve essere il cuore pulsante del nuovo «rinascimento» di questo Paese.
      Il ministro si dice convinto che sia possibile «riprodurre un Rinascimento italiano nel Paese». «Credo che ci siano quattro punti fondamentali per il rilancioistruzione, solidarietà, lavoro e tutela dell'ambiente ...».

      TAMARA BLAZINA. Grazie Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, signora Ministro, il tema dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stato spesso all'ordine del giorno di quest'aula in occasione dei diversi provvedimenti affrontati e non potrebbe essere diversamente, visto che proprio attraverso la scuola, l'università e la ricerca il nostro Paese potrà riscattarsi e ripartire. Ne abbiamo discusso nell'ambito della mozione presentata dal gruppo PD e degli altri, in occasione dei vari interventi del Presidente Letta, che continua a porre al centro dell'attenzione del Governo questo settore strategico per l'Italia e poi ancora discutendo della mozione sui giovani. In questo caso però è diverso, perché non stiamo solo dichiarando degli intendi, ma stiamo affrontando il tema con politiche concrete. Il decreto 104 è infatti un coacervo di interventi che si ripromettono di dare delle risposte ad alcune criticità ed emergenze che si sono stratificate negli anni. Non è una riforma globale o la soluzione di tutti i mali della scuola italiana, ma è certamente un primo significativo atto nel settore dell'istruzione, che indica un'inversione di tendenza rispetto al passato e presenta comunque dei punti innovativi. Purtroppo il nostro sistema scolastico è stato in questi anni oggetto di molteplici interventi, anche dannosi, che non avevano una visione complessiva del modello scolastico che si intendeva costruire. Si è trattato di misure parziali, settoriali che hanno contribuito a potenziare le già tante criticità e soprattutto a gettare tutto il mondo della scuola in una grande incertezza. E ciò riguarda gli studenti, le loro famiglie ed il personale. A partire dal decreto 112 del 2008 si è voluto colpire il segmento del sistema scolastico italiano che funzionava meglio e rappresentava un fiore all'occhiello dello stesso e cioè la scuola primaria. La riduzione del numero delle ore, l'introduzione del maestro unico, l'impossibilità di rafforzare l'esperienza del tempo pieno, l'innalzamento Pag. 100del rapporto numerico alunni-docente. E mi fermo qui, perché già da questo elenco approssimativo si può desumere, quanto la nostra scuola primaria sia stata in questi anni depauperata a danno soprattutto degli utenti. Essa è uno strumento fondamentale nel processo educativo, ma è nello stesso tempo un presidio sociale, in particolare nei territori dove è più marcata la dispersione scolastica.
      Siamo ancora lontani dagli obiettivi Europa 2020, ma dobbiamo proseguire sulla strada indicata dal decreto 104, a partire dalla prossima legge di stabilità, dove sarà necessario allocare maggiori risorse per la scuola. Dopo anni di tagli e di pseudo-razionalizzazioni è venuto il tempo di cambiare rotta, a dimostrazione che alle parole possono finalmente seguire i fatti. Molte misure presenti nel provvedimento di oggi lo testimoniano, ne cito solo alcuni, visto che ne hanno parlato in maniera approfondita gli altri membri del gruppo: le risorse aggiuntive per l'edilizia scolastica, le disposizioni concernenti la prevenzione della dispersione scolastica, gli interventi sul diritto allo studio. Sul personale ci sono alcune importanti novità, tra le quali vorrei segnalare il piano per la stabilizzazione dei precari, compresi gli insegnanti di sostegno. Non è certamente sufficiente, non è ciò che fuori da quest'Aula aspettavano, ma è un segnale positivo che va nella direzione giusta.
      La seconda parte del mio intervento è dedicata ad un segmento particolarmente importante del sistema scolastico italiano. Mi riferisco alle scuole della minoranza linguistica slovena. Voglio fare una premessa: in Italia abbiamo alcuni territori in cui vi sono le minoranze linguistiche tutelate dalla legge n.  482 del 1999, dove è previsto l'insegnamento della lingua minoritaria come una delle materie, anche se finora questo diritto non è stato sempre garantito e sarà necessario dedicarvi un po’ più di attenzione anche da parte del Parlamento. Le tre minoranze storiche, e cioè la tedesca, la francese e quella slovena, dispongono invece di istituti scolastici dove la lingua di insegnamento di insegnamento di tutte le materie è la lingua minoritaria, che diventa così lingua veicolare. Mi soffermerò sulle scuole slovene, visto che nel Trentino Alto-Adige e nella Val d'Aosta le rispettive regioni e province autonome hanno competenza primaria per quanto riguarda l'istruzione, mentre così non è nel Friuli Venezia-Giulia. Ricordo ancora che il diritto all'istruzione nella propria madrelingua è uno dei diritti fondamentali delle minoranze, sancito da diversi documenti internazionali, ma anche ad alcune leggi interne dello Stato italiano, come la legge n.  38 del 2001. Per esse la scuola rappresenta lo strumento principale per la salvaguardia della propria lingua e della propria cultura. Va aggiunto inoltre che le scuole della minoranza slovena, alla pari di quelle della minoranza italiana in Slovenia e Croazia, sono riconosciute da accordi internazionali sottoscritti dall'Italia e dalla ex Jugoslavia e da alcune convenzioni bilaterali. In questi anni anche le scuole slovene hanno risentito degli interventi nazionali e le diverse norme adottate non sempre hanno tenuto conto delle specificità.
      Rimangono quindi non risolte alcune questioni, come ad esempio la formazione iniziale ed il reclutamento del personale docente; oppure la mancanza di dirigenti scolastici e di dirigenti tecnici. Proprio per dare delle risposte a queste emergenze, che non sono state affrontate nel decreto, ho presentato alcuni emendamenti in Commissione ed altri ne ho presentati in Aula. In questo modo vengono affrontati gli aspetti più contingenti, mentre un ragionamento più complessivo dovrà essere fatto mediante un provvedimento organico da approvare quanto prima. Vorrei sottolineare che stiamo parlando della necessità di garantire agli appartenenti alla minoranza linguistica slovena un'istruzione adeguata nella propria lingua materna. Non va poi sottovalutato un dato molto significativo e cioè che la popolazione scolastica delle scuole slovene e bilingue è cresciuta in maniera esponenziale, in controtendenza rispetto al calo demografico generale, un più 20 per cento nel triennio e un più 50 per Pag. 101cento negli ultimi dieci anni. Tale dato costituisce un rilevante indice del livello di consolidamento raggiunto nel processo di integrazione delle diverse comunità e, nello stesso tempo, dà un'indicazione precisa circa l'importanza, sociale e culturale, che queste scuole rappresentano per le popolazioni locali. Stiamo parlando di otto istituti comprensivi con relative scuole dell'infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di primo grado e nove scuole secondarie di secondo grado, con un totale di 4700 alunni nelle province di Trieste, Gorizia e Udine.
      Auspico che come già sperimentato in Commissione, ci possa essere anche in Aula un confronto costruttivo e una disponibilità al dialogo da parte del Governo, che ci permetta di migliorare ulteriormente il testo, nella convinzione che la scuola è un bene comune, che va salvaguardato, rafforzato e valorizzato. È un investimento per il futuro del Paese e soprattutto un nostro preciso dovere nei confronti delle nuove generazioni.

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